Spedizione C/B - Blätter, per Ardyn e Elda

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 1/4/2021, 23:03     +1   -1
Avatar


Group:
Narratori
Posts:
5,483

Status:


CITAZIONE
Ciao ragazze (oddio sembro Clio Makeup a inizio videolog...)
faccio un'apertura abbastanza atipica per me: di solito preferisco iniziare con qualche riga GdRON, ma stavolta farò diversamente, un po' per la stanchezza del momento, un po' perché gestire PNG non coniati da me mi fa stare sempre sempre sulle spine.
Tra l'altro abbiamo in ballo due cose complesse da gestire, come l'attuale ""residenza"" di Masaru (massì, usiamo un eufemismo) e come coniugare questo status ancora indefinito con la necessità di tirare dentro Hachi.

L'idea che si incontrino per caso non mi piace nemmeno per sbaglio: stavolta Masaru farà la brava professionista e ingaggerà Kacchan, perché è una persona su cui ormai può fare affidamento.
Veeeeeeero?

Il motivo è il seguente: Satomi – medico e vecchia conoscenza di Masaru – la contatta per vie traverse perché ha bisogno di un aiuto efficace e discreto. Deve recuperare un piccolo carico di materiale dall'arcipelago a sudest, ma vuoi per le dimensioni del pacco, vuoi per la lunghezza del viaggio, non se la sente di affidarsi esclusivamente agli spedizionieri: si tratta di materia prima di origine vegetale, che potrebbe potenzialmente essere utile per alleviare o curare gli effetti del Morbo. Da qui l'esigenza di avere il pacco a tutti i costi.
Satomi raccomanda fortemente di muoversi con discrezione, fare attenzione alla barriera culturale esistente con la cultura indigena e mantenere buoni i rapporti con gli isolani, per lasciare aperte possibilità future di ottenere altri campioni da parte loro.
La committente consiglia a Masaru di farsi accompagnare da una persona di sua massima fiducia, perché un paio di occhi in più non guasta mai e i mari del sudest sono troppo pieni di avventurieri senza scrupoli da potersi dire sicuri.

Sulla mappa che consegna a Masaru è indicata Sado, una cittadina portuale nel Paese dell'Acqua, da cui potranno salpare dal molo sud, il 6 Ottobre, col traghetto delle 5; una volta approdate sull'isola dovranno soltanto attendere di essere raggiunte dal contatto locale di Satomi e farsi consegnare il pacchetto, per poi rientrare con la prima nave disponibile.

Dato che non si tratta di una Missione del Villaggio, potete gestirvi con una certa libertà la preparazione alla Missione: Masaru può benissimo presentarsi da Satomi con Kacchan, dopo aver ricevuto la lettera dalla dottoressa, oppure contattare Kacchan solo dopo aver ricevuto tutte le istruzioni e incontrarsi in un luogo comodo per entrambi. Io subentro solo nel momento in cui arrivate a Sado: fermatevi lì coi vostri post. Vi descrivo qualcosetta e si parte.
 
Top
view post Posted on 11/4/2021, 17:18     +1   -1
Avatar

A Man of No Consequence

Group:
Member
Posts:
2,041

Status:


• Da qualche parte nel Paese dei Fiumi, 3 ottobre 252 DN

Il respiro affannoso era l’unico suono che si sentiva all’interno di quella stanza buia e spoglia, priva di alcun tipo di ornamento. Probabilmente si trattava di uno sgabuzzino, data la presenza di scaffali a coprirne le pareti, ricolmi di casse e cianfrusaglie varie, ma l’uomo presente lì, in quella stanza, non era affatto interessato agli oggetti ivi contenuti, tutt’altro, era l’ultimo dei suoi pensieri.

Legato ad una sedia, le braccia erano strette lungo i braccioli della sedia, le mani completamente spappolate, il viso tumefatto, le labbra gonfie e spaccate da cui si intravedevano le gengive a cui erano stati strappati via dei denti. Doveva aver pianto, almeno stando alle chiazze di umido presenti sulle bende che gli coprivano gli occhi ed un ragionamento analogo poteva esser fatto per i suoi pantaloni, ma in quel momento l’uomo voleva solamente che la sua agonia finisse, che il suo aguzzino lo lasciasse libero, in un modo o nell’altro.

«T-ti prego… T-ti ho detto tutto quello… che volevi sapere… » Piagnucolò, ansimando, cercando di direzionare lo sguardo verso il suo aguzzino, ma non potendolo vedere, non aveva la benché minima idea di dove si trovasse…. E furono dei passi a fargli capire dove volgere lo sguardo reso cieco dalle bende, cosa che lo iniziò a far tremare, disperato, riprendendo a piagnucolare per aver salva la vita.

L’aguzzino si fermò dietro la sedia del suo ostaggio, mentre un nuovo rumore fece sobbalzare l’uomo sulla sedia, aumentando l’intensità del suo piagnucolio. Era un fruscio pesante, simile a quello che producono indumenti di cuoio quando vengono sfilati e, a giudicare dal tonfo prodotto quando questi toccarono terra, doveva trattarsi di qualcosa di non proprio leggero e di un certo spessore. L’ostaggio capì immediatamente che si trattava dei grossi guanti che il suo aguzzino aveva indossato, prima di torturarlo, lunghi fin sopra il gomito, simili a quelli che sono soliti utilizzare fabbri e maniscalchi nella lavorazione del metallo.

Lo scricchiolio che ne seguì e la vibrazione lungo la sedia gli fecero capire che quel mostro, perché chiunque gli aveva fatto una cosa del genere non poteva ritenersi affatto umano, si era poggiato proprio sullo schienale e… Si, percepiva il suo respiro sopra la testa e l’odore forte e penetrante di cioccolato e caffè tostato lo colpirono come un pugno nello stomaco, serrandogli la gola. «P-perché… Perché continui a farmi q-q-questo...»

Lo scatto di un accendino e quella fragranza si fece ancora più intensa, mentre il suo aguzzino sbuffava direttamente il fumo sopra di lui, facendolo tossire. Un inferno, per la sua bocca devastata e la gola riarsa. «Perché, mi chiedi? Dovresti saperlo, il perché...» Pronunciò l’aguzzino, spostandosi di fianco all’uomo, a passi lenti e strascicati, in modo tale da permettergli di sapere esattamente dove lui fosse. «M-ma gli affari… Nel mondo degli affari… F-funziona così… Io ho solo… Ho solo venduto al miglior offerente...» «Mh, certo… Vendere merce pagata e attesa da altri alla famiglia del Daimyo mi sembra un affare più che ragionevole da fare, no?» L’ostaggio emise un verso stridulo, singhiozzante, timoroso di esser bruciato con la brace della sigaretta, cosa che però non avvenne… Non a questo giro, per lo meno.

«M-ma n-non l’ho ancora consegnata… T-te l’ho detto… È ancora qui… P-potete prenderne metà…. N-no, no, anche t-tutta… Ma vi prego, lasciatemi andare...» «E perché dovrei? Grazie al tuo preziosissimo contributo, so fin dove posso spingermi con la tortura psicologica, e poi… » Sobbalzò nel sentire la mano dell’aguzzino vicino alla sua testa e, finalmente, fu nuovamente in grado di vedere, gli occhi liberi dalle bende e, nel vedere ciò che aveva davanti, il mercante urlò di terrore, desiderando di non essersi mai cacciato in quella situazione: gli occhi del suo aguzzino erano zaffiri che splendevano nel nero abisso dell’inferno, mentre schiere di forme umanoidi, scure e spettrali, lo circondavano attendendo, fameliche, il loro turno per poter agire. «C’è chi ha ancora un conto in sospeso, con te… Dopotutto, il ritardo nella consegna di quei medicinali ha causato la morte di diverse persone, sai? E non vedono l’ora di chiarirsi con te, faccia a faccia...» Sorridendo sornione, Kacchan, sigaretta in bocca, diede un buffetto affettuoso al mercante e, voltandogli le spalle, si diresse verso la porta, mentre l’uomo iniziò ad implorarlo di non lasciarlo solo con loro. «Mi raccomando ragazzi, non esagerate troppo, con lui… Non sia mai che poi ci tocchi sorbircelo anche da morto...» E si chiuse la porta alle spalle, ignorando le urla disumane che venivano dall’altra parte.

Ancora poggiato sulla porta, tirò qualche altra boccata alla sigaretta, cercando di rilassare i muscoli contratti, gli occhi chiusi, nel tentativo di cercare un sollievo che, però, non sembrò arrivare. Era proprio necessario spingersi a tanto? Gli domandò Chiyo, circondandogli con un braccio le spalle nude e poggiandosi di peso a lui. Un tempo non sarebbe stato facile, per Kacchan, reggere l’enorme stazza dell’Akimichi, ma questo era quando lei era ancora in vita. Da morta, invece, la sua anima arenata non pesava nulla, eppure l’ombra che delineava era sempre mastodontica come quando era in vita.L’hai visto anche tu, no? L O R O hanno insistito tanto affinché quel verme ricevesse parte del dolore che sono stati costretti a patire per colpa della sua sete di denaro. Se i medicinali fossero arrivati per tempo, forse molti di loro si sarebbero potuti salvare e...

«Kacchan? Qui abbiamo finito… Tu a che punto sei?» La figura di Shiroko si sporse oltre l’ingresso del magazzino sotterraneo, costringendo così lo Yamanaka ad interrompere il discorso con Chiyo. « Qui ho finito... » Rispose stancamente, concludendo la frase con un profondo sospiro. Quando raggiunse l’albina, non poté fare a meno di notare il brivido leggero che la percorse da capo a piedi, nonostante l’impassibilità fosse un suo tratto distintivo, e come darle torto. Non gli serviva di certo avere uno specchio per sapere in che stato era ridotto, cosa che giustificava senza troppi problemi la reazione avuta dalla collega: decine di impronte di mani avevano marchiato la pelle pallida dell’uomo, sporca di fuliggine e sangue; profonde occhiaie scure marcavano il suo sguardo stanco, mentre lacrime nere gli rigavano il viso, man a mano che la sclera ritornava del suo colore originario. « Hai bisogno di riposare? » Gli domandò la donna, porgendogli il suo giaccone, che Kacchan indossò con un brivido, la pelle estremamente sensibile al contatto col tessuto pesante. « Nah, non serve… Prima riconsegniamo la merce ai legittimi proprietari, prima mi riposerò. » Esclamò, usando la t-shirt che aveva indossato in precedenza per pulirsi almeno il viso.

All’esterno, Makoto li attendeva seduta sulla coda di un carro trainato da una coppia di cavalli. Nel vederli arrivare, l’adolescente balzò giù, chiudendo la sponda mobile e mettendosi al posto del guidatore, dove venne raggiunta da Shiroko, che prese le redini del mezzo. Kacchan, invece, con uno sforzo immane, si tirò su, lasciandosi cadere pesantemente all’interno del piano di carico, sdraiato di fianco alle dieci casse di medicinali che avevano recuperato. « Aaallora… Che ne è stato del mercante? L’hai accoppato? » Domandò incuriosita la ragazzina, raggiungendo il giovane mentre il carro proseguiva verso la loro prossima destinazione. Kacchan, per tutta risposta, grugnì, coprendosi il viso con un braccio, nel tentativo di riposare, ma la Yotsuki era un tipo terribilmente insistente. « No. Era ancora vivo quando l’ho lasciato. Certo, era messo male, ma se la caverà… Loro non lo uccideranno. Alla fin fine, deve aver modo di imparare la lezione, no? » Sentì la ragazzina annuire, eppure percepiva chiaramente qualcosa di strano… E, di fatti, Makoto era ancora accanto a lui, i vispi occhi ametista spalancati nello scrutarlo con troppo attenzione, per i suoi gusti…

« Si può sapere cosa hai da fissare così tanto? » « Lo sai che giorno è oggi? » Gli domandò, con un entusiasmo nella voce che mise immediatamente in allerta lo Yamanaka. Conoscendo Makoto, non c’era da fidarsi di lei quando era così euforica: era il presagio di un mare di guai. Nel vedere la sua perplessità, la ragazzina alzò gli occhi al cielo, voltandosi verso l’amica, alle prese con la guida del carro. « Non ci credo… Shiroko, ma fa sul serio secondo te? » « Beh, abbiamo avuto parecchio da fare in questi giorni… Non mi sorprenderebbe se gli sia passato di mente... » « Ma si può sapere di cosa stracazzo state parlando? » « Ma del tuo compleanno, bakacchan che non sei altro! » « Ah. » Non che gli importasse particolarmente. Alla fin fine, i giorni, per lui, erano diventati tutti uguali e la sola idea di festeggiare un nuovo anno della sua miserabile vita gli sembrava troppo… Cazzo, ricordava fin troppo bene l’ultima volta che lo aveva festeggiato, e sembrava esser passata una vita intera. « Dobbiamo festeggiare come si deve! Ho già organizzato tutto e... » « No Makoto, ti prego… L’ultima volta che abbiamo festeggiato alla tua maniera ci siamo ritrovati in mezzo ad una rissa da taverna, ubriachi fradici… » « Lascia perdere quella volta. A questo giro mi sono superata, fidati… Non rimarrai a bocca asciutta. Non so se mi spiego, eh eh eh eh.» Fece la ragazzina con una risatina maliziosa, tirando una leggera gomitata al giovane che, esasperato, si tirò su a sedere, mentre Shiroko esalò un sospiro di rassegnazione.

« D’accordo, d’accordo… Basta che non sia nulla che attiri troppo l’attenzione… » Capitolò infine, rassegnato, venendo investito dall’entusiasmo di Makoto che, nella foga, si strinse al suo braccio, iniziando a descrivergli il programma della serata. Fingendo interesse, Kacchan si accese una sigaretta e, componendo alcuni sigilli, richiamò una piccola cassetta di latta, che era solito usare per scambiare messaggi con quei pochi contatti che gli erano rimasti, da quando aveva lasciato Konoha. Al suo interno trovò un rametto di Myosotis dai piccoli fiori color indaco col centro giallo a contrasto, e boccioli rosa pallido. Sorrise malinconico il giovane, accarezzando i petali delicati di quel piccolo ramo di non ti scordar di me lasciatogli da sua madre, per poi prendere una lettera in busta chiusa, sigillata con alcune gocce di ceralacca. Quando l’aprì, pensò di riconoscere la grafia di sua madre, ma rimase sorpreso nello scoprire che quella lettera non apparteneva affatto alla sua genitrice, ma a… « Masaru? » « Oddio, se vuoi farla venire, possiamo sempre chiederglielo, sempre se riesce a raggiungerci in tempo, però… Non è che poi ha da ridire? Voglio dire, dovevamo andare a conquiste, e... » « No, ma che hai capito… Masaru ha bisogno di me per svolgere un incarico… Vuole che ci incontriamo a Sado, nel Paese dell’Acqua, tra tre giorni. » « Se parti subito, dovresti riuscire ad arrivare per tempo… » « Cosa!? E rinunciare alla fantastica festa di compleanno che ti ho organizzato?! » « Mi dispiace Makoto, ma lo sai bene… Prima il dovere e poi il piacere… »

La ragazzina si scostò dallo Yamanaka, fulminandolo con lo sguardo per poi sogghignare sorniona, sfregandosi le mani. « Oh beh, se la metti così allora, non posso che alzare le mani, però… Di certo non puoi andarci conciato così, se vuoi mantenere un basso profilo...» « Makoto, mi preoccupi quando mi guardi a quel modo… » « Oh, tranquillo anaki, lascia fare a me. Quando avrò finito, nemmeno tua mamma saprà riconoscerti...»

• Sado, Paese dell'Acqua, 6 ottobre 252 DN, ore 3:00

Seduto su una bitta di uno dei moli più esterni del porto, Kacchan era intento a fumarsi una delle sue solite sigarette, gli occhi chiusi a godersi l’arietta frizzante della sera. Con un sospiro profondo, osservò il suo riflesso nell’acqua scura, passandosi una mano tra i capelli, con una smorfia. Makoto glieli aveva tinti utilizzando una tintura a base di barbabietola rossa e adesso erano diventati di un improponibile colore rossiccio, simile a quello dei fagioli rossi. Ma come gli era venuto in mente di lasciarsi conciare in quella maniera? Beh, dai, non sei poi così male… Guarda! Finalmente riesco a vedere anche quel tuo bel faccino senza tutto quell’acciaio che ti porti appresso! E poi quei tatuaggi! Che fighi che sono… Perché non te li fai fare per davvero da Makoto? Scherzò Chiyo, facendo riferimento al fatto che fosse completamente sbarbato e senza i soliti piercing sul viso, lasciandosi i soli dilatatori alle orecchie, mentre il collo e metà braccio sinistro erano tatuati, nei punti proprio dove aveva le cicatrici lasciate dalle ustioni. [X]

Rabbrividì leggermente, stringendosi al collo il bavero del giaccone, scrutando la gente di passaggio. A quell’ora della notte non c’era molto movimento, ma eccola, tra i passanti, una figura a lui familiare… E no, non la riconobbe subito, dacché anche lei aveva usato un travestimento per non farsi riconoscere. A fargli capire che si trattava di Masaru era l’anima arenata che l’accompagnava, l’inseparabile Ryunosuke, il suo primo grande amore.

Come avrebbe dovuto sentirsi, nel rivederla dopo tutto quel tempo che era passato? In ansia, con il cuore in gola ed un vuoto nello stomaco? Forse, eppure, in quel momento, non sentiva affatto quell’agitazione sotto pelle che ti prende quando fremi nel rivedere la persona che… ami? Aveva mai davvero provato una sensazione simile, in vita sua? Certo, c’era una certa attrazione fisica, tra lui e Masaru e, tutto sommato, la considerava un’amica, allo stesso livello di Chiyo e Natsuko… Nel ripensare alla Hyuga, non poté fare a meno di abbassare lo sguardo, chiudere gli occhi e massaggiare la radice del naso, sbuffando nel tentativo di non dar peso al groppo che sentiva in mezzo allo stomaco. Ecco, forse era quello il vero problema, di tutta quella situazione…

« Lo so, fa strano anche a me...» Fece lo Yamanaka, sorridendo stancamente a Masaru, la quale sembrava esser rimasta imbambolata ad osservarlo. « Sarà un'impresa tornare al mio colore naturale... Certo, i pigmenti naturali sono meno aggressivi, ma sui capelli chiari sono comunque infernali da togliere... Per non parlare delle lenti a contatto... Porco Kagutsuchi, se non sono fastidiose... » Gli sfuggì una risata roca mentre piegava un braccio sul ginocchio e poggiava la testa sulla mano, picchiettando leggermente la sigaretta per far cadere la cenere in eccesso. « Si. Un vero dramma... » Fu la risposta della donna e, a quel punto, Kacchan non poté fare a meno di sorridere divertito, nel osservare la sua espressione e percepire il suo subbuglio emotivo. « Makoto ha insistito troppo… Non ce l’ho fatta a dirle di no... » Le spiegò, continuando ad osservarla attento. E lei poteva ben intuire come lui la stesso sondando, con quel suo sguardo reso verde smeraldo dalle lenti a contatto. « Mi dispiace. » « Nha, alla fin fine è necessario, se voglio mantenere un basso profilo... Purtroppo la mia faccia è ancora troppo riconoscibile e diciamo che ultimamente il lavoro ci sta spingendo troppo a... Metterci la faccia. Vedo che anche tu non ci sei andata giù leggera… » Le fece, alzandosi in piedi e divertendosi un mondo nel vederla alzare gli occhi al cielo. Ecco una cosa che gli piaceva di Masaru: a differenza del rapporto con Natsuko, era lui a fare la parte dello stronzo.

Le si avvicinò, sogghignando come un gatto malefico, iniziando a pungolarle una guancia con la punta del dito. « Ma guardala, la donna di ghiaccio... Com'è poco imperturbabile in mia presenza... » Per tutta risposta lei lo scrutò con sguardo minaccioso, incrociando le braccia al petto. « Fai meno lo spiritoso, Azuki, abbiamo da lavorare. » Azuki. Lo aveva davvero chiamato come i fagioli rossi? Sibilò tra i denti, facendo una smorfia, grattandosi dietro la nuca. « Touche. Te lo concedo. » Per poi schiarirsi la gola, cercando di riassumere un atteggiamento serio. « Allora, cosa abbiamo? »

Le domandò, incrociando le braccia al petto e ascoltando le informazioni riguardo quello che avrebbero dovuto fare. In apparenza non sembrava un compito difficile, ma le insidie potevano nascondersi dietro l’angolo: incomprensioni con le popolazioni locali, gruppi avversi interessati alla loro merce, incognite meteorologiche… Insomma, se i Kami avessero voluto, avrebbero trovato facilmente mille e uno modi per mettergliela in culo. « Bene. » Commentò semplicemente il suo resoconto, terminando di fumare la sigaretta. Bene un paio di balle: non era mai stato nelle Isole Orientali e quel che sapeva delle popolazioni locali erano scarse informazioni raccolte dal mero sentito dire dei spedizionieri che vi avevano interagito. In quell’ultimo periodo si era semplicemente impegnato ad eseguire incarichi da recupero crediti per la Compagnia e per qualche piccolo villaggio che si era ritrovato a fare commerci con loro, e sempre in territorio del continente, quindi… Sarebbe stato bene rimanere vigili fin dal primo momento… « Per il resto, invece? Come...come va? » E addio concentrazione sul lavoro. Perché diavolo doveva incespicarsi in interazioni sociali che in quel momento erano del tutto superflue? Ah, già, aveva quel tipo di relazione con Masaru, doveva pur sempre fingere un minimo di interesse… E dire che ti lamentavi di Natsuko… Certo che sei proprio stronzo, quando ti ci metti...

« La situazione si è stabilizzata, mio padre deve ancora riprendersi del tutto ma... Sta migliorando. » « Cazzo, non sapevo, mi spiace… È un bene che si stia riprendendo... Lo sai, se dovesse servire... » Ma poi sventolò la mano davanti al viso, quasi a voler scacciare materialmente quelle parole appena pronunciate. « Ma sicuramente sarà assistito da un'ottima equipe medica... » Nel sentirlo sminuirsi in quella maniera, Chiyo non poté fare a meno di fulminarlo con lo sguardo, stringendo le mani intorno al bavero della sua giacca, quasi a volerlo strangolare. Santi numi, perché devi sempre mortificarti in questa maniera, bakacchan che non sei altro.

« Tu invece? Come stai? » Eh, bella domanda. Come stava? Uno schifo, ecco come stava. Nonostante la compagnia di Makoto e Shiroko, si sentiva perennemente solo, soffocato dalla sensazione di sentirsi inutile: con la morte di Chiyo, causata dal morbo, si era ripromesso di accantonare le sue ricerche per concentrarsi sulla ricerca di una cura o, quanto meno, di un palliativo, ma su quel frangente era completamente impantanato, così come erano impantanate le sue ricerche… Ed era convinto che questo “blocco” non fosse causato dalla mancanza d'informazioni, quanto da lui stesso, dalla sua incapacità di mettersi appieno in gioco.

Questo avrebbe dovuto risponderle, ed invece… « Che dire, si tira avanti con quel che si può... Le ragazze mi tengono impegnato... Ehm, non in quel senso eh! Intendo dire col lavoro! Quando ho ricevuto la tua lettera, con Makoto e Shiroko avevamo appena terminato un incarico e... Beh, la solita roba, insomma... » « Le tue ricerche? » Ed eccola un’altra domanda affilata come una stilettata gelida dritta dritta al suo ego martoriato. « Sono ad un punto morto... O per la meno, mi sono imposto di metterle da parte, almeno fino a che questa situazione col morbo non rientra...Una delle mie compagne... Chiyo.... Beh, non ce l'ha fatta e... Bhe, io non sono stato in grado di fare nulla e... Beh, hai capito insomma… » Incerto sulle parole, abbassò lo sguardo, incurvandosi leggermente con le spalle, le mani infilate in tasca alla ricerca di una nuova sigaretta da accendere, nel tentativo di dissipare col fumo tutte quelle parole vane e vuote… Perché diamine dovevano perdersi in chiacchiere? Non potevano avviarsi subito per portare a termine sto parto?

Si sentì sfiorare il viso dalla mano esile di Masaru, che cercò di consolarlo come meglio poté e, per tutta risposta, lo Yamanaka indietreggiò, sottraendosi a quel contatto tanto dolce, paonazzo in viso. Davvero Kacchan, certe volte non ti capisco… Ti sei ripromesso di essere sincero nelle tue intenzioni, eppure perché con lei non lo sei? Insomma, che intenzioni hai con lei? Provi qualcosa o stai solo usando i suoi sentimenti per cancellare quelli che provi per Natsuko? Ti prego Chiyo, non adesso... Aspetta… Non mi dire che sei combattuto per via di quello che ti ha raccontato Shiroko!


« Hai… Hai bisogno di qualcosa? Devi aver fatto un viaggio molto lungo... » Le domandò Kacchan, cercando di ignorare l’ombra di Chiyo che lo tartassava su quelle domande. Non è il momento di farmi da strizzacervelli… Ci ha già pensato mio cugino, costringendomi a quelle sedute del cazzo...

Edited by ArdynIzunia - 2/5/2021, 11:13
 
Top
view post Posted on 20/4/2021, 14:47     +1   -1
Avatar


Group:
Iwa
Posts:
3,970
Location:
Cair Paravel

Status:


Un viaggio inaspettato
Era diventata ormai qualcosa che apparteneva al vivere quotidiano dell'intero mondo, ninja e non, quella strana malattia che aveva colpito indistintamente chiunque, chi più chi meno, e chi poteva dirlo come - se - si sarebbe conclusa quella odissea se non il tempo?

Risultava però difficile convivere con una simile realtà nel momento in cui i sintomi più gravi colpivano la propria persona, o quella dei propri cari, e se Masaru poté dirsi salva sotto quell'aspetto, e con suo sommo sollievo anche suo figlio, lo stesso non si poteva dire invece di Hisoshi Sakimoto, il padre adottivo della Takeda e, paradossalmente, uno tra i migliori medici della vecchia guardia di Iwa.

C'era da dire che fu inaspettato per la kunoichi quando lesse la lettera della dottoressa con tutte le istruzioni, in primis perché era la prima volta che la donna le affidava un incarico - l'ultima volta era stata lei a proporsi.
Finiti gli impegni della giornata, giunse fino alla nuova casa della dottoressa anche per sapere come stesse Hisoshi. Era il crepuscolo ormai e il veterano, che aveva scelto di sua sponte di farsi curare da Satomi, stava riposando in una delle tre stanze che occupavano il primo piano.

Si fermarono entrambe ai piedi della scalinata, laddove Masaru rifletté su eventuali domande da porre, informazioni che seppure secondarie potevano tornarle utili insomma, come ad esempio il modo in cui avrebbe potuto riconoscere il suo contatto e se sapeva qualcosa in merito al come evitare di recare offesa agli abitanti di quelle terre sconosciute.

La presenza di Kaede lì le permise di salutare non solo l'anziano medico, ma anche lui, che avrebbe tanto voluto accompagnare sua madre però era molto richiesta la sua presenza in ospedale e, inoltre, doveva aiutare Satomi, dato che la dottoressa lavorava spesso da sola.
Il bambino interiore che non aveva ancora abbandonato del tutto quel giovane, nonostante la sua età, non riuscì a non ripensare alla presenza di Masaru e al sollievo che gli aveva dato in quei mesi terribili, e a come gli sarebbe di certo mancata, seppure sapeva che li lasciava solo per qualche giorno.
Non era un caso dunque se se ne infischiò di come sarebbe parso ad occhi esterni - anche se fuori dalla porta c'erano solo loro due - con quel suo abbraccio improvviso nel momento dei saluti, inaspettato per la giovane donna, che dopo una sorpresa iniziale ricambiò stringendolo a sé con gentilezza, incrociando il suo sguardo con il proprio quando si staccarono. Le mani di lei ancora poggiate sulle sue spalle mentre lo osservava.

"Non lasciarti abbattere da niente e nessuno."

"Nemmeno tu, Masaru!" le rispose con occhi complici il giovane, e la Jinton non poté fare a meno di sorridergli.


Ancora prima di tornare a casa, la donna occhialuta sapeva già chi poter contattare.
Oh sì, lui, Kacchan Yamanaka. Era da un po' che non si vedevano e ripensare a lui le fece uno strano effetto, ma non per questo spiacevole. Una volta certa che si sarebbe aggregato a lei, Masaru fece i dovuti preparativi e si mise in viaggio.
Seguendo le indicazioni della mappa che Satomi le aveva dato, dopo pochi giorni di strada finalmente la Takeda giunse nel Paese dell'Acqua. Prese in noleggio un cavallo per poter arrivare per tempo, se non anche in anticipo, e così fu.
Come da appuntamento, la donna si presentò al molo due ore prima dell'arrivo del traghetto, così da avere entrambi il tempo per organizzarsi. I suoi erano passi leggeri, calmi, circospetti mentre camminava lungo il molo, eppure il ragazzo lì seduto e a lei sconosciuto la vide, nel buio della notte, e la riconobbe pure, salutandola.

Il fantasma se ne stette con le mani sui fianchi. Lei invece si guardò attorno con circospezione al di là del suo cappello di paglia e delle ciocche tinte di nero, ma alla fine decise di raggiungere Kacchan ma, quando gli fu vicina, perse un battito, restando a fissarlo come una perfetta cretina. Senza tutti quei gingilli addosso, senza la sua solita barba e con quel colore d'occhi, Kacchan assomigliava fin troppo a Ryunosuke - eccetto per i capelli, che invece di corvini erano rosso fagiolo. Si tolse la maschera da corvide e si mostrò meglio a lui.

"Lo so, fa strano anche a me..." e quel che lei sentì dopo fu, "blablabla... blablabla... blabla... bla... blabla lenti a contatto... blablabla fastidiose."

Al quale Masaru, con un tono e una faccia piuttosto ilari a vedersi, spostando lo sguardo altrove rispose "Sì. Un vero dramma..."

Il seguito lo sentì solo vagamente, troppo presa nel suo cervello a chiedersi perché cazzo si stesse comportando come una ragazzetta qualsiasi dell'accademia, tanto che pure le due illusioni del suo passato che si era abituata a vedere saltar fuori di tanto in tanto la prendevano in giro. La fredda assassina Tamashi imitò drammatica una stupida innamorata, a palese sfottò del quale se la rise persino la bambina seduta sulla bitta.
La Takeda del presente le ignorò, sforzandosi di non innervosirsi per degli stramaledetti parti della sua mente. Ed era un peccato che non poteva vedere invece l'anima del suo ex spasimante, che la guardava intenerito.
Si concentrò sul ragazzo, con l'accenno di un sorriso, "Mi dispiace."

"Nha, alla fin fine è necessario, se voglio mantenere un basso profilo... Purtroppo la mia faccia è ancora troppo riconoscibile e diciamo che ultimamente il lavoro ci sta spingendo troppo a... Metterci la faccia."

L'idiozia aveva permeato talmente tanto l'aria a quella battuta che lei non riuscì a non alzare gli occhi al cielo.

"Ma guardala, la donna di ghiaccio, com'è poco imperturbabile in mia presenza"

Ah il fastidio che seguì quando ridendo lui le punzecchiò la guancia col dito, un gesto che sapeva infastidirla. Ok, fine dei giochi. La Takeda riprese la sua tipica e calma serietà, con le braccia incrociate al petto, guardandolo minacciosa, "Fai meno lo spiritoso, Azuki, abbiamo da lavorare." anche se c'era un velo d'ironia, o meglio sarcasmo, in quel nomignolo. Il cavallo a cui aveva legato briglie nel palo che stava sulla terraferma, poco prima delle travi in legno del molo, sbuffò.
Colpito e affondato.

"Allora, cosa abbiamo?"

"Discrezione è la chiave di questo incarico," esordì lei, sistemandosi gli occhiali in un gesto istintivo, solo per ricordarsi d'essersi messa anche lei le lenti, di un castano chiaro, "e non mi riferisco soltanto all'identità. Dobbiamo prelevare un carico di materie prime importate che sono importanti per la ricerca di una cura a questa malattia globale, per questo dovremo assicurarci che arrivi integro alla dottoressa che mi ha reclutata. È stato inoltre suggerito di mantenere buoni rapporti con gli isolani e la loro particolare cultura. Tradotto, il modo migliore per scatenare le loro ire su di noi è mettere il naso nei loro affari."
Guardò poi attorno a sé e verso la costa, circospetta, "Una volta giunti sull'isola l'ordine è di non muoverci da dove siamo e attendere, ci raggiungerà il nostro contatto per consegnarci il carico, dopodiché torneremo a Sado e rientreremo al Paese della Terra per consegnarlo, sempre se vuoi venire, il mandante si trova fuori dal villaggio."
Nonostante la semplicità di quell'incarico, Masaru non si sentiva proprio a suo agio, anche solo stando laggiù, considerato che si trattava del paese dell'acqua e le voci che giravano in merito non erano certo le migliori. Oltretutto doveva prendere un traghetto, e lei e il mare aperto andavano d'amore e d'accordo.

"Bene," la risposta del konohano la riportò al presente, "per il resto, invece? Come...come va?"

Lei gli sorrise gentile, "la situazione si è stabilizzata, mio padre deve ancora riprendersi del tutto ma... sta migliorando."

"Mi fa piacere che stia meglio... Lo sai, se dovesse servire..." si ferma, facendo una smorfia "ma sicuramente sarà assistito da un'ottima equipe medica..." si vede che vuole sorvolare sulla cosa.

La Jinton gli si avvicinò, osservandolo intensamente: "Tu invece? Come stai?"

A seguito della sua risposta si fece più seria, "le tue ricerche?" una domanda che sembrò averlo messo parecchio a disagio, specie considerate le notizie che le diede.

"Hai le mie condoglianze. Dev'essere stato terribile," enunciò la donna, "tuttavia, non penso ci sia nulla da rimproverarsi, la lista dei morti è lunga, anche tra chi aveva i migliori medici."
Non era semplice per una come lei consolare il prossimo, però ci provò lo stesso, accennando persino un sorriso sincero, come lo era la carezza che azzardò sul viso del ragazzo, "e la tua presenza qui con me adesso, il tuo aiuto per questo incarico in particolare, significano molto e non solo per me."

Rimase un po' perplessa nel vederlo abbassare lo sguardo imbarazzato, rosso come un peperone, e indietreggiare leggermente per staccarsi da quel contatto, "G-grazie...."

Dopo quanto avvenuto tra loro... ma era come la prima volta.

Ancora piuttosto confusa, malinconica anche, tanto quanto lo era il silenzioso spirito di Ryunosuke, che spostava lo sguardo tra i due a voler vedere cosa sarebbe accaduto, Masaru non si accorse subito della propria mano ancora a mezz'aria, prima di ritrarla a sé, spostando lo sguardo da lui e nel perimetro circostante, e tornando con la sua tipica espressione neutra e distaccata.

"Hai già mangiato?" ma l'interesse in quella domanda era solo parziale, poiché la sua mente stava già navigando possibilità: cose dette, scritte o fatte che avevano potuto in qualche modo farlo ripensare. E a dirla tutta l'eventualità non l'avrebbe sorpresa, considerata a detta propria la sua grande abilità nel relazionarsi sentimentalmente con qualcuno.
L'interesse a quel bisogno era tuttavia sincero, dato che lei dall'ultima sosta di diverse ore prima aveva viaggiato senza mangiare nulla, non avendo appetito. Adesso invece lo sentiva eccome ed era meglio essere ben preparati, specie dovendo affrontare quel viaggio a lei tanto spiacevole.

code © psiche
 
Contacts  Top
view post Posted on 30/4/2021, 22:39     +1   -1
Avatar


Group:
Narratori
Posts:
5,483

Status:




6 Ottobre 252 DN – Da Sado a...

La strana coppia in incognito avrebbe avuto tutto il tempo del mondo per rifocillarsi, prima di tornare sul molo e imbarcarsi su di un mercantile di media grandezza, il quale - a quanto pare - offre un passaggio anche ad un ristretto numero di viaggiatori solitari... i quali sarebbero rigorosamente rimasti in disparte, ciascuno per conto proprio, sin dal momento della partenza. Difficile dire se un assetto così favorevole ai due sia stato volutamente ricercato da Satomi, o se forse sia un caso fortuito.

L'equipaggio è troppo ridotto per riuscire a riconoscere i vari ruoli degli uomini nell'ambito della gerarchia interna, anche a causa dell'abbigliamento, costituito da pratici abiti più volte rattoppati o piuttosto lisi; quello che forse è uno degli ufficiali di bordo avrebbe sommariamente controllato una lista di passeggeri fornitagli, in cui sia Masaru che Kacchan sarebbero apparsi sotto il nome della loro mandante.

Le correnti sono sfavorevoli questa giornata.
Alle ore necessarie alla traversata, se ne sarebbero aggiunte alte non previste; il Capitano avrebbe annunciato senza mezzi termini che sarebbero giunti a destinazione non prima dell'imbrunire, notizia accolta da rassegnati commenti, occhiate, sbuffi e alzate di spalle da parte dei marinai, che non devono essere nuovi a questo genere di rallentamenti. Per quanto riguarda i vari viaggiatori, sarebbero rimasti chi a coppie, chi da solo, passeggiando oziosamente sul ponte o tracannando qualche bicchierino di sakè di media qualità sottocoperta, sugli stessi tavoli utilizzati dall'equipaggio per mangiare. Di spazi per intrattenersi non ce ne sono, né tanto meno cuccette per schiacciare un pisolino: si vede lontano un miglio che quella nave è tutto fuorché un'imbarcazione adatta ai passeggeri, e che nessuno si è mai sforzato di far sì che le cose appaiano diversamente.



Nuvole pensierose si assiepano all'orizzonte, subito prima che il profilo gibboso di un'isoletta si affacci lentamente al di sopra del profilo del mare. Il sole ormai è alle loro spalle da un pezzo e si tuffa chissà dove, nel mare che bagna l'arcipelago del paese dell'Acqua; lentamente gli altri passeggeri - una quindicina in tutto - appaiono sul ponte, l'uno dopo l'altro, trascinandosi dietro i loro bagagli, tutti assai poco voluminosi. Studiosi, curiosi, speculatori, esploratori... chissà di che razza di gente si tratta. Gente che si dilegua prontamente, come ratti quando viene aperta la porta della stiva, non appena la passerella messa giù dall'equipaggio tocca il legno grezzo del piccolo molo dell'isola.

Ormai è giunto l'imbrunire: la brezza fresca fa stringere tutti nei propri abiti, senza avere tuttavia il tocco gelido di quella che al tramonto sferza le nebbie di Kiri: il clima è più gentile qui, lo si sente con chiarezza, e forse l'autunno non si porterà via tutte le foglie che è solito fare nel Continente lontano. I marinai scaricano le pesanti casse, vuotando la stiva della nave che già attende di essere nuovamente caricata: contenitori del tutto diversi da quelli messi a terra attendono, allineati sulla banchina. Sul molo si affaccendano due popoli, mischiati fra loro, senza parlare davvero: gesti e grugniti la fanno da padrone, parole sillabate lentamente, ad alta voce, come se ciò potesse superare quella barriera che si erge insuperabile tra gli uni e gli altri, osservati con aria imperscrutabile dai rispettivi capi e supervisori.

E al di là di questo affaccendarsi, nulla di più all'orizzonte: la foresta ormai buia estende il suo cipiglio ombroso fino a pochi metri dalla battigia; sulla sinistra, in lontananza, poche luci palpitanti tradiscono la presenza di case nascoste tra le fronde. Quando finalmente ciascuno ha adempiuto al suo compito, gli uni e gli altri spariscono come paguri ritratti nel guscio: i marinai sottocoperta, gli indigeni lungo la spiaggia, marciando e conversando, alla volta delle proprie case.




CITAZIONE
Se volete farvi qualche giro in autonomia per giocare qualche interazione durante il viaggio, basta che mi avvisate di *non* postare finché non avete terminato.

In ogni caso, quando sul molo finiscono le operazioni di carico della nave, non si vede più un cane. Che fare? XD
 
Top
view post Posted on 6/5/2021, 16:40     +1   -1
Avatar

A Man of No Consequence

Group:
Member
Posts:
2,041

Status:


6 Ottobre 252 DN

Non era nuovo nella città portuale di Sado: era stato lì quel tanto che bastava, per via dei suoi incarichi con le Kage no Hotaru, da conoscere i luoghi più utili alle loro circostanze come, ad esempio, la giusta locanda verso cui dirigersi, per permettersi di rifocillare senza avere grossi fastidi dettati da gente impicciona ed indisponente.

I silenzi tra i due vennero riempiti con le solite chiacchiere di cortesia, quelle poco pretenziose di chi vuole mostrarsi cordiale senza apparire troppo insistente: com’era andato il viaggio, se aveva avuto problemi durante il tragitto, il meteo di quel giorno, la speranza di trovare bel tempo in mare... Insomma, chiacchiere vuote, tutto sommato. Dopotutto, cosa c’era da dirsi, di più? Quel che aveva da dire glielo aveva detto, eppure....

Si sentiva strano, Kacchan, come se avesse un vuoto d’aria all’altezza della bocca dello stomaco. Una sensazione che lo metteva a disagio, alla quale cercava di non pensare, mentre era intento a fumare una sigaretta, sul ponte a babordo, lo sguardo rivolto verso il mare che sciabordava contro la fiancata del mercantile, il sole, in lontananza, una palla di fuoco a tingere il cielo di rosa, aprendolo dalle tenebre, così da permettere la vista della sua nascita dalle acque.

Era la prima volta che si dirigeva verso le Isole, forse era per quello che si sentiva così nervoso? Dopotutto, avrebbe avuto ben presto a che fare con culture di cui non sapeva nulla, di cui aveva solamente sentito accennare, dai racconti dei marinai e mercanti che erano soliti fare la spola tra un molo e l’altro, a causa dei loro traffici.

No, non era quello a renderlo così irrequieto. Con la coda dell’occhio cercò Masaru, ma probabilmente era sottocoperta, o dall’altro lato della nave, a cercar di ricacciare la nausea e, nel caso, sfruttare a suo favore il lato della nave a favore di vento. A pensarci... Da quand’era, che non la vedeva? Da quella volta a Kumo era passato si e no un mese, ma come incontro non era stato poi chissà che e lui, tra l’altro, a stento ne ricordava i dettagli, ciucco com’era durante quel giorno di festa.

Gli ultimi ricordi di lei risalivano a... Si lasciò sfuggire un’imprecazione a fior di labbra, sbuffata via insieme al fumo della sua sigaretta, quando si rese conto che erano passati quasi due anni e mezzo da quando avevano affrontato insieme Kuroichi, salvato la vita di Makoto e... Essersi avvicinati l’uno all’altra in modi che due semplici “colleghi” non avrebbero mai potuto fare.

E in quel lasso di tempo lui non l’aveva mai cercata, non le aveva mia chiesto come stava, come passava le sue giornate... Insomma, non si era mai interessato della sua routine, o se lei, ad Iwa, stesse bene e al sicuro. Non che lei si fosse comportata diversamente: nemmeno lei lo aveva cercato, se non in quello specifico momento, quando aveva bisogno di qualcuno di fidato che le guardasse le spalle.

Sbuffando, spense il mozzicone contro la balaustra per poi infilarselo in tasca, una mano a scompigliarsi infastidito i capelli. Che situazione del cazzo, tra loro due, gli sembrava di essere nuovamente alle prese con Natsuko, dei suoi alti e bassi, preda dei suoi picci e malumori.

”Se è davvero tuo desiderio abbracciare la volontà di Jashin, sappi che devi essere disposto a rinunciare a tutto, sacrificare quello che più ami, anche te stesso, per compiacere il Divino... Sei davvero convinto di volerlo fare? Pensaci bene...” Quel monito, da parte di Shiroko, aveva continuato a tormentarlo per giorni e ora, a cavallo di quei pensieri, aveva ripreso a battere insistente come un rullo di tamburi. Se era davvero sua intenzione prendere quella strada, forse era un bene che, tutto sommato, loro due non si fossero avvicinati più di così, no?

Con una smorfia, il giovane si massaggiò le tempie, infastidito dal costante mormorio che lo circondava. Non aveva nulla a che vedere col vociare dei marinai o degli altri avventori che, come loro, avevano ottenuto un passaggio via mare, quanto dei loro accompagnatori invisibili, quelli che solo lui era in grado di vedere e che, almeno per il momento, sembravano non essersi accorti di lui. Rovistò nelle tasche, tirando fuori un flaconcino contenente una manciata di pillole: un blando analgesico per quel suo costante mal di testa, che in quel momento ingollò come se fosse manna caduta dal cielo.

Negli ultimi tempi quei mal di testa erano diventati parecchio fastidiosi, progredendo di pari passo con le sue capacità di manipolazione della chiralina: più migliorava quelle sue abilità, più le sfruttava e più quei fastidi diventavano insistenti. Per lo meno quel giorno poteva ritenersi fortunato, nel cavarsela con solo un mal di testa: alcuni giorni era stato tanto male da temere di non riprendersi più del tutto...

Ora che la mente era un po’ più libera, cercò di concentrarsi sulle presenze dei vivi intorno a lui, cercando di carpire quello che passava loro per la testa. Un tempo leggere la mente era facile, per uno con le sue capacità, ma adesso che le anime arenate lo circondavano costantemente, era diventato impossibile, per lui, riuscire a scindere il vociare mentale dei vivi con i lamenti dei morti. Aveva quindi sviluppato un modo tutto suo per ovviare al problema. Certo, aveva dovuto affinare non poco le sue nozioni sulla psicologia e sullo studio del comportamento umano, ma il tutto gli era servito per riuscire a delineare, seppur in maniera approssimativa ed intuitiva, la sfera mentale delle persone studiandone lo stato d’animo, il modo in cui le loro emozioni si emanavano dalle loro menti. Insomma, semplicemente aveva imparato a sintonizzarsi su di una diversa frequenza d’onda.

Studiò oziosamente quelle dei presenti, più per passare il tempo che per mero interesse, non trovandoci niente di particolarmente interessante, almeno finché non percepì sensazioni di malessere e... ”Ed ecco dov’è finita Masaru... Seguendo quelle sensazioni, non gli fu difficile trovarla: in piedi, poggiata contro il parapetto dell’imbarcazione, sul lato a favore di vento, cercava malamente di mantenere la sua solita facciata gelida e distaccata, ma il colorito pallido e il leggero velo di sudore che le imperlavano la pelle tradivano il suo attuale stato di salute.

Le si affiancò, poggiandosi sul parapetto, scrutandola con occhio clinico. « Mal di mare? Hai bisogno di qualcosa? » Le domandò, ma conoscendola, non si sorprese nel ricevere quella risposta. « Certo... Certo... » Finse di assecondarla, posandole una mano dietro la schiena, proprio in mezzo alle spalle, iniziando a muoverla lentamente, infondendole quel calore e quel chakra utile per farla stare meglio. « Te come stai? » « Annoiato. Devo assolutamente trovarmi qualcosa da fare, o rischio di bruciarmi tutto il fumo prima ancora di toccare terra... » Sbuffò annoiato, poggiando la testa su una mano, per poi spostare l’altra, limitando il contatto fisico, toccandole solo la spalla con un dito, con il quale iniziò a tracciare piccoli cerchi.

È visibile l’effetto benefico che il contatto del medico ha sulla donna, il cui colorito inizia pian piano a virare verso una tonalità più salubre. « E non ho trovato niente di interessante nemmeno nelle persone a bordo... Non ci sta inculando nessuno, almeno per ora...» Le sussurrò, volgendo lo sguardo alle spalle un istante, quasi a volerle fare intendere che, in realtà, non era con gli occhi che li stava tenendo sotto controllo. Per tutta risposta, Masaru dapprima lo fissò negli occhi, per poi volgere lo sguardo sul suo sedere e .... « E te ne lamenti pure? »

Quella battuta ironica, velato riferimento ad un loro precedente incontro, lo colse quasi di sorpresa, tanto da ritrovarsi costretto a coprire la metà inferiore del viso per nascondere una risata. « Assolutamente no. » E si ritrovò costretto a mordersi la lingua, per evitare di aggiungere altro. Meglio restare vigili e... E niente, fu più forte di lui, specie dopo l’affermazione della donna. « Ah si? E qual era l’altra ipotesi a cui hai pensato? » Le domandò, poggiandosi di peso sul parapetto in maniera abbastanza spavalda, sul viso quell’espressione furbetta e maliziosa che faceva sempre venir voglia di prenderlo a pizze in faccia.

« No, non quello. Intendevo appunto controllare equipaggio e passeggeri. » Lo Yamanaka fece spallucce, tirando nuovamente fuori sigaretta ed accendino. « Sono puliti. Nei nostri riguardi non hanno intenzioni ostili. » Le confermò, prendendo una lunga boccata da quel sottile cilindretto di carta pieno di tabacco. Osservò il fumo venir disperso dalla brezza del mare, l’odore di cioccolato e caffè tostato della sua miscela di tabacco mescolarsi a quello marino, creando un mix davvero strano. « Do fastidio se fumo? » Le domandò, quasi temendo di infastidirle lo stomaco più di quanto non stesse facendo la sua chinetosi. E, di fatto, notando il suo fastidio, immediato schiacciò la brace tra pollice ed indice, infilandosi il restante della sigaretta in tasca.

Il silenzio calò tra loro, regnando per qualche minuto, lasciandogli il tempo di scrutare la distesa azzurra davanti ai suoi occhi, prima che si riposassero su Masaru, scrutandola curioso, inclinando leggermente il capo. « Una volta mi hai detto che potevi leggere la mente delle persone... » « Gneeee... Non proprio. È da un po’ che mi viene difficile, ma perché me lo chiedi? » « Quindi non sei in grado di dirmi a cosa sto pensando. »

Kacchan si volse verso di lei, in parte ancora poggiato al parapetto, corrucciando il viso in un’espressione concentrata, fin troppo grottesca. Se era sua intenzione giocare, per occupare il tempo, chi era lui per tirarsi indietro? La sua personalissima radio mentale iniziò a girare un po’ le manopole di regolazione in modo tale da sintonizzarsi quanto meglio alla lunghezza d’onda emessa dall’antenna mentale di Masaru, cercando di correggere le alterazioni dovute dalle onde esterne. Percepiva curiosità nella donna, insieme ad una punta di malinconica confusione, e poi... ”Merda...”

L’espressione dello Yamanaka si rilassò leggermente, quasi a voler cancellare dal volto la giocosità del momento, cercando di assumere un’espressione più neutra e seria. Quasi come di riflesso, si portò la mano alla bocca, in cerca della sigaretta, ma non trovandola, si limitò a massaggiarsi la mascella. Quello che percepiva non andava affatto bene, se prendeva in considerazione il futuro che lo attendeva.

Lo sguardo blu cobalto, reso però verde smeraldo dalle lenti a contatto, volse alle spalle della donna, dove riusciva ad intravedere l’anima arenata che si portava quasi sempre appresso. Ryunosuke, il suo primo grande amore. E quelle emozioni che percepiva in lei, apparivano come echi legati a quel suo caro passato, ma tendenti ad incentrarsi, sul presente, a lui. Le spezzerai il cuore...

« Se vuoi, potrei farti parlare direttamente con lui.. » Quella proposta gli uscì di getto, quasi senza pensarci davvero sopra, spinto dal senso di rimorso, quasi a voler cercare di trovare un modo per rimediare a qualcosa che, a conti fatti, non aveva ancora fatto.

Non aveva semplicemente lanciato un sasso nell’acqua, aveva direttamente scaraventato in mare una bomba tale da creare enormi cavalloni. Così approva ora la psiche di Masaru, dopo quella rivelazione che la sconvolse completamente. « Si, insomma... Se vuoi parlare con lui, posso fare in modo che prenda in prestito il mio corpo, però...» Forse stava esagerando. Anzi, togliendo il forse, stava decisamente esagerando: non aveva ancora pienamente sperimentato quel tipo di comunione e i precedenti tentativi erano stati abbastanza disastrosi.

« Ok, questo non è decisamente ne il luogo, ne il momento adatto per parlarne... Fa finta che non ti abbia detto nulla. » Ma ormai aveva instillato nella donna tutta una serie di sensazioni negativi che decisamente potevano essere nocivi, specie considerando l’incarico che dovevano svolgere. Occorreva che rimanesse lucida, presente a se stessa, e il fatto che la stesse agitando tanto a quel modo, poteva decisamente compromettere la buona riuscita della missione. Doveva quindi cercare assolutamente di distenderle l’animo, tranquillizzarla, sia lei che il fantasma che si portava appresso, anche lui turbato dalle sue parole.

Tirando l’indice con il pollice, lo fece scattare sulla sua fronte, producendo un ebbero schiocco. « Non ci pensare. Abbiamo un incarico da portare a termine. Quando avremo finito ne riparleremo, promesso. » E quelle parole non erano dirette solo a Masaru, ma anche al suo invisibile compagno.

« Ok, ora indovina a cosa sto pensando io... » Cercò di sviare il discorso, provando a ritornare ad un piano più leggero su cui rimanere. Pensò ad una delle ricette che sua madre era solita preparare, in quella stagione: il profumo del sesamo bianco che veniva tostato; il rumore della lama del coltello che batteva sul tagliere, mentre tagliava la zucca ed i funghi; l’acqua che sobbolliva, mentre la stanza si riempiva dell’odore di quella zuppa; il sapore del miso.... Ecco, ora aveva una maledettissima voglia di mangiare una kabocha miso soup.

« Dal tuo sguardo suppongo tu stia pensando a dove poterlo fare indisturbati, fosse anche negli abissi dell’oceano, e magari stai anche pensando a come potrebbe essere farlo sott’acqua... Oppure... Stai facendo di proposito quello sguardo per sviarmi...» ”Povera ingenua...” Si ritrovò a pensare, cercando di trattenere una risata. Ah, se solo sapesse l‘importanza che aveva il mare, nei suoi incubi... Fare sesso sott’acqua era decisamente l’ultimo dei suoi pensieri.

« Direi più per la seconda... » Riuscì a dire, prima di scoppiare a ridere quando Ryunouke gli fece notare che Masaru e musona erano sinonimi. Con un profondo sospiro, si ricompose, tornando a volgere lo sguardo verso il mare. Basta fare il cazzone, era il momento di tornare seri e pensare al lavoro. « Chissà come saranno queste fantomatiche isole... Prima volta ance per te? » Le domandò, mugugnando pensieroso. Sulla carta sembrava un lavoro facile, tutto sommato, ma... Perché era convinto che qualcosa sarebbe andato storto?

[...]


Ecco. Sapeva che non poteva filare tutto liscio: dopotutto, la vita doveva far vedere di essere una indomita puttana, no? Ora stava solo facendo intravedere la punta dell’iceberg che aveva in serbo per loro. Il viaggio era durato più del previsto, poiché avevano incontrato correnti sfavorevoli. E adesso?

Seduto sulla bitta, osservava l’ambiente, il brulicare di vita di quel piccolo pontile che, in qualche modo, sembrava escluderli, ignorarli completamente. Dove diavolo era finito il tizio che avrebbero dovuto incontrare? Spazientito, si guardò intorno, cercando di sondare quante più menti possibile. Forse il loro travestimento dava problemi al contatto, magari non riusciva a riconoscerli e preferiva tenersi distante. Magari, per via del ritardo sulla tabella di marcia, li aveva aspettati invano, per poi andarsene, o peggio... Chi poteva dire che il tizio non fosse stato ucciso e il pacco che doveva consegnare trafugato?

Con un’imprecazione sfuggita a denti stretti, si alzò, avvicinandosi a Masaru in modo tale da non farsi sentire dagli altri. « Senti un po’, ma... Come riconosciamo questo tizio che dobbiamo incontrare? Hai una descrizione, qualcosa... » La risposta che Masaru gli diede lo lasciò alquanto basito. Che voleva dire che dovevano solo aspettare? Come diavolo aveva fatto ad accettare di incontrare qualcuno d sconosciuto, in territorio straniero e ignoto, senza avere nemmeno un minuscolo, misero dettaglio per riconoscerlo?

Rimase per un attimo a fissarla, sconcertato nel constatare, da parte di una persona che si ritiene cauta e razionale, un comportamento così sciatto e sconsiderato. Cosa diavolo le passava per la testa? Dopo quello che aveva letto dagli appunti d Kuroichi, pensava che avesse messo un po’ di sale in zucca, ma a quanto pareva...

« Seriamente? Non hai nulla che ci permetta di identificare il contatto? Bah... » Commentò, abbastanza deluso, allontanandosi per potersi fumare l’ennesima sigaretta. « Ti credevo più minuziosa sul lavoro, ma evidentemente mi sbagliavo. »

Se c’era una cosa, che si poteva affermare su Kacchan, era che quando entrava in modalità lavorativa, era uno stronzo di prima categoria: non guardava in faccia nessuno, poteva anche essere sua madre, ma se questa avesse fatto una cazzata, si fosse comportata in maniera sconsiderata, o peggio, avesse messo a rischio a riuscita di un intero lavoro solo per un inezia, lui non avrebbe esitato neanche un solo istante a rinfacciare l’errore commesso. Ne sapevano qualcosa i suoi ex-colleghi all’ospedale di Konoha o, per ultimi, la stessa Hokage.... Forse era da quell’ultima missione che non rimaneva deluso da qualcuno a quella maniera.

« Quindi adesso che facciamo? Restiamo qui? O torniamo indietro a comunicare al committente che il tizio non si è presentato? » « Ha detto di attendere. » « Oh, bene... Restiamo qui allora! » E, con un tono carico di pungente e amara ironia, si sedette su un grosso scoglio lì vicino, scuotendo il capo, incredulo. « Se ti aspettavi qualcosa di più esaltante puoi sempre tornare a casa. » « Odio la sciatteria sul lavoro, è ben diverso il discorso. »

Solo allora la donna si degnò di voltarsi, incenerendolo con quel suo sguardo d’acciaio. Percepiva distintamente tutto il fastidio che stava provando per quell’intera situazione, ma soprattutto per le parole che le stava rivolgendo, ma non gliene importava un accidenti. Bisognava saper agire in maniera cauta e coscienziosa, appurando tutti i possibili rischi del caso, ma lei, invece, puntualmente e costantemente, dall’alto della sua supremazia, era convinta di avere davvero tutto sotto controllo, di saper gestire completamente la situazione. Tanto, le avevano semplicemente detto Vai lì, aspetta qualcuno di cui non ti dò alcun carattere distintivo col quale riconoscerlo, prendi ciò che ha da darti e torna qui. Ah, ovviamente devi incontrarlo in un luogo ancora non del tutto esplorato, di cui si conosce ancora poco sulla popolazione locale, ma va tranquilla, tanto sei la cazzo di Masaru super donna, non avrai alcun tipo di problema. Che rabbia che gli faceva questa cosa...

« Beh, sei tu che hai parlato col committente e sei sempre tu che non hai sufficientemente insistito per farti dare maggiori dettagli su come riconoscere il contatto. Sei in terra straniera, completamente ignara delle usanze locali, della lingua e della cultura del posto, se non per qualche nozione teorica di cui si potrebbe discutere sull'attendibilità. Al tuo posto mi sarei rifiutato di non avere le informazioni che chiedevo. Sai com'è, ci tengo alla pellaccia, e per quanto ne possiamo sapere, il tuo contatto può essere bello che morto. »

« Probabilmente non lo sapeva neppure lei, trovo assurdo che non abbia voluto dirmelo nonostante le mie richieste. E' una Chunin molto attenta. » Strabuzzò gli occhi nel sentirsi dare quella spiegazione, passandosi una mano tra i capelli per cercar di scacciare il nervosismo che stava provando in quel momento. « Oh, ma certo... » « Se tieni alla pelle puoi sempre tornartene indietro e lasciare fare a me. » « Certo, incosciente come sei, sono convinto che poi dovrò pure tenerti sulla coscienza... »

Eddai Kacchan, non prendertela con lei, adesso....Evidentemente ad Iwa fanno a gara a chi sia più superficiale, altrimenti non me lo spiego... Chiyo, alle sue spalle, cercò invano di placare il suo ardore, ma conosceva fin troppo bene Kacchan per sapere che a nulla sarebbe servito: quando si impuntava su di una cosa, era difficile smuoverlo. Se continui a comportarti così, finirai per farti odiare da lei...E forse sarebbe meglio... L’Akimichi, sorpresa, si sporse oltre la sua spalla, piazzandoglisi davanti, le mani sui fianchi. La sua figura mastodontica avrebbe messo soggezione a chiunque, in quel momento, a vederla in quella posa, ma trattandosi ormai di un mero riflesso di quel che era in vita, adesso difficilmente avrebbe fatto timore a qualcuno... Hachi Yamanaka. Stai facendo apposta lo stronzo per farla allontanare da te? Il konohaniano, per tutta risposta, le rivolse un’occhiataccia, quasi a voler invitare l’amica a farsi un minimo di fatti suoi. E con la coda dell’occhio notò un certo astio anche da parte dell’altra anima arenata, quella di Ryunosuke, che come l’Akimichi, non sembrava molto contento dell’atteggiamento che stava avendo con la sua amata. Ma lo sapete che avete entrambi un po’ rotto i coglioni?Con un sospiro esasperato, Chiyo alzò lo sguardo al cielo, alzando le mani in segno di resa. Ah! Stupido baka-cchan. Fa come ti pare. Tanto sappiamo già come andrà a finire.

« Va bene allora, visto che sei superiore a me sentiamo che idee avresti per trovarlo adesso. » Alzando gli occhi al cielo, Kacchan si rialzò con un grugnito, andandole sotto. Si guardò intorno prima di avvicinarsi ulteriormente a lei, in modo tale da sussurrarle con quel tono di voce suadente e serpentino.

« Tesoro mio, devo forse ricordarti che sono solo il tuo sottoposto? Mi hai assoldato tu per guardarti le spalle. Non posso mica riparare le uova che tu hai rotto nel paniere. » Così dicendo, indietreggiò di un passo, prendendo un grosso tiro dalla sigaretta e il suo sguardo volse oltre la figura di Masaru, soffermandosi su quello che normali occhi non sarebbero stati in grado di cogliere, mentre con la mente riprendeva a fare quel suo giochetto di percezione emotiva. Come sulla nave, anche lì, su quella spiaggia, non vi era nessuno che catturasse la sua attenzione. D’altro canto, non poteva dire lo stesso sul lato delle anime presenti lì: ce ne erano e non poche, ma trattandosi, probabilmente, di gente locale, non aveva ben idea di come potessero tornarti utili. Tra l’altro, non avendo nemmeno una descrizione della persona che dovevano incontrare, nulla poteva vietare che, nel peggiore degli scenari, ci potesse essere anche la sua anima, a vagare tra quelle lande...

Sembrò ascoltare quasi di sfuggita la proposta di Masaru, tanto era in quel momento preso con quella sua analisi. « Ho già controllato i dintorni, e non ci sono persone che ci tengono d'occhio, ma sai cosa? Fa come ti pare... » Le diede quindi le spalle, osservando la nave con cui erano arrivati fino a li. Chissà, magari tra l’equipaggio avrebbe trovato qualcuno in grado di usare la lingua del posto. A quel punto, gli sarebbe bastato chiedere alla gente del posto, con l’aiuto dell’interprete, di condurli... Dove? Da quel che sapeva, la popolazione locale era suddivisa in tribù, magri poteva essercene qualcuna particolarmente portata per la coltivazione o per lo studio della botanica, che conoscesse gli effetti delle piante presenti nel loro ambiente sulle persone. Con le sue conoscenze, non sarebbe stato poi molto difficile intrecciare le loro nozioni di erbologia, per poi trovare quei campioni di piante che potevano tornare utili al loro scopo, no?

« Litigare è l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno adesso! » Le sentì dire, costringendolo a tornare indietro e affrontarla nuovamente, con quell’aria di supponenza che di certo non gli avrebbe evitato un pugno in faccia. « Perché, stiamo litigando? Ti sto solo mostrando quali errori stai commettendo. E ora spera che nell'equipaggio ci sia qualcuno che parli la lingua locale. » E, così dicendo, riprese nuovamente ad allontanarsi da lei. Chiyo. Tienila d’occhio mentre io non guardo. E dimmi subito se qualcuno le si avvicina. Solo se mi prometti di smetterla di fare lo stronzo... L’ho mai fatto? Sigh. Sei un caso perso... ma ti voglio bene lo stesso.

CITAZIONE
Durante il viaggio in mare e una volta approdati, Kacchan fa uso di questa azione per sondare tutti quelli che si ritrova appresso


Azione - 共感 - Kyōkan ◄ Empatia ► (Limite: 1) [CHK: -3] {Mantenimento: CHK: -1}
Tratti: Supporto
“Prima del disastro, gli Yamanaka erano rinomati per la loro straordinaria abilità di saper leggere con facilità la mente altrui, permettendogli così di poter comunicare telepaticamente con gli altri. Sfortunatamente, a causa del morbo che ha colpito la popolazione, gli Yamanaka sembrerebbero aver perso le loro capacità telepatiche, rese se non impossibili, estremamente difficoltose.
Nel particolare caso di Kacchan, riuscire a percepire i pensieri degli altri gli è diventato impossibile a causa del costante 'brusio di fondo' presente nella sua testa, generato dalla presenza costante intorno a sé delle Anime Arenate. Per ovviare al problema, lo Yamanaka ha quindi optato nel concentrare principalmente la sua attenzione non tanto sui pensieri, ma sulle emozioni che lo circondano, le quali non subiscono alterazioni da parte delle anime. ”

Effetti:
Permette a Kacchan di percepire chiaramente le emozioni delle persone che gli stanno intorno.
Usato in combinazione con Cercare, permette di ridurre la Copertura dei ninja nascosti di LV.
 
Top
view post Posted on 11/5/2021, 18:58     +1   -1
Avatar


Group:
Iwa
Posts:
3,970
Location:
Cair Paravel

Status:


Un viaggio inaspettato
La... colazione? A quell'ora? Oh beh, la colazione, la scelse ricca di proteine e carboidrati che la aiutassero nel viaggio senza appesantirla, fortuna che c'erano dei locali aperti già da quell'ora, di certo sapendo che quella località in particolare era un continuo viavai di viaggiatori e non. Kacchan sembrava conoscitore del luogo, considerato che sapeva già che direzione prendere e non gli ci volle molto a scegliere un locale buono, ma anche tranquillo.
La conversazione non fu nulla di troppo entusiasmante, forse perché la donna era in parte persa nei suoi pensieri, in parte impegnata a finire il pasto. Ciò non significava che disdegnasse la compagnia del ragazzo, solo che era ancora molto perplessa su alcune cose. Cercò quantomeno di essere di compagnia, inconsapevolmente osservata di tanto in tanto dal suo ex, Ryunosuke Masamune, lì in piedi, che era per lo più tranquillo, osservatore di poche parole, come ormai aveva imparato di lui Kacchan.




Il viaggio non fu altrettanto tranquillo, e non era un riferimento alle condizioni del tempo o ai compagni di viaggio. Oh no, era ben altro ad essere totalmente in subbuglio: lo stomaco di Masaru. Agli inizi si era messa sottocoperta, standosene per gli affari suoi nella speranza che le si alleviasse il malessere, ma non le ci volle molto ad apprendere che no, questo peggiorava le cose.
Allora provò a trascinarsi - possibilmente senza farsi accorgere ammalata, anche perché di sti tempi non si sapeva mai - non stava proprio malissimo, almeno per il momento, quindi vista la scarsità di risorse in quel periodo decise di resistere ancora prima di prendersi qualcosa.
Per quanto assurdo, più osservava il mare e più il suo cervello sembrava adattarsi e trovare una quadra a quel movimento continuo, certo questo non significava che le fosse passato, ma finché il movimento rimaneva stabile poteva sopportarlo. Un altro movimento continuo era quello del suo antistress preferito, le biglie avute in dono da suo figlio, piccole sfere trasparenti con all'interno disegnati oggettini casuali e che continuava a ruotare tra le dita, se ne portava sempre dietro tre o quattro.
E per quanto cercasse di nasconderlo, allo Yamanaka era praticamente impossibile non notarlo. Infatti...

"Mal di mare? Hai bisogno di qualcosa?"

Lei non distolse un attimo lo sguardo dall'oceano. "Non è niente di serio..."

Ovviamente Masamune scosse la testa con rassegnazione, sapendo che non era proprio così.

"Certo... certo..."

Si accorse della mano che le massaggiava la schiena, quando si sta male si è più sensibili a quello che ci circonda, non era un caso se all'inizio ebbe un fremito a quel contatto inaspettato, rilassandosi subito dopo e togliendo la mano dalla tempia, considerato che il mal di mare oltre alla nausea le aveva portato il mal di testa.

"Te come stai?"

"Annoiato. Devo assolutamente trovarmi qualcosa da fare, o rischio di bruciarmi tutto il fumo ancor prima di toccare terra..." lo sentì spostare la mano sulla sua spalla, tracciando piccoli cerchi con un dito mentre il mal di mare le veniva meno.

Persino un bambino avrebbe intuito cosa stava facendo, considerato che lui era un medico, ma ancora non distolse l'attenzione dall'oceano.

"E non ho trovato niente di interessante nemmeno nelle persone a bordo. Non ci sta inculando nessuno, almeno per ora..."

Quelle ultime parole suscitarono in Masaru qualcosa, inaspettata si girò a guardarlo negli occhi, poi gli guardò il posteriore...

"E te ne lamenti pure?" scosse la testa mentre si massaggiava il naso, il tutto intriso di palese ironia che fece scoppiare dal ridere pure Ryunosuke.

Oh, l'aveva detto lui che si annoiava.

"Assolutamente no." lo sentì ridere.

Dopo poco tornò seria, "Comunque questo annulla una delle due ipotesi che avevo in mente," sospirò, "Se hai già controllato i presenti... non ci resta che parlare tra noi."

"Ah sì? E qual era l'altra tua ipotesi?"

La Takeda gli lanciò un'occhiata perplessa, sollevando il sopracciglio. Non aveva capito quello che gli aveva appena detto o fingeva? Oppure... "No, non quello. Intendevo appunto controllare equipaggio e passeggeri." c'era l'ombra di un sorriso adesso.

Rimase in silenzio ancora un po', lei, annuendo alle informazioni ricevute mentre se ne tornava ad osservare il mare, "Bene..."

"Do fastidio se fumo?"

Lei aggrottò leggermente la fronte, "Solo un po'..." non ebbe il tempo di dirgli che non aveva importanza, tanto erano all'aria aperta e lei stava meglio, che lui spense subito la sigaretta.
Lo ringraziò e dopo un altro minuto di silenzio sembrò venirle l'illuminazione. "C'è una cosa che mi sono sempre chiesta... Una volta mi hai detto che potevi leggere la mente delle persone..." lo guardò con aria complice.

"Gneeee... È da un po' che mi viene difficile... Ma perché me lo chiedi?"

Lei annuì più come a pensare che ad affermare, sempre con quello sguardo astuto, "quindi non sei in grado di dirmi a cosa sto pensando."

A quell'affermazione poté vedere Kacchan che si concentrava, fissandola e corrucciando la fronte... anche se sfortunatamente non poté vedere il suo ex che faceva il cretino imitandolo.

Era curiosa, tristemente confusa per qualcosa e, inoltre, più lo osservava e più il ragazzo avrebbe sentito quello che la sua espressione controllata non esprimeva, qualcosa che lui in qualche modo, involontariamente, era riuscito a far riemergere e che lei non sentiva da tempo immemore.

"Se vuoi potrei farti parlare direttamente con lui..."

Fu inaspettato. Completamente. Non era quello a cui stava pensando. Era l'ultima cosa a cui stava pensando e la colpì come un fulmine a ciel sereno. Era evidente la sua sorpresa, come quella del fantasma del resto, almeno a livello emotivo. Sorpresa che lei espresse ammutolendo e sbattendo le palpebre tra un secondo e l'altro, come se stesse cercando di tornare al presente. "...cosa?" disse a fior di labbra, come se avesse un nodo in gola.

"Sì, insomma... Se vuoi parlare con lui, posso fare in modo che prenda in prestito il mio corpo, però..." lo fissò mentre lui si guardava intorno, "ok, questo non è decisamente ne il luogo ne il momento adatto per parlarne... Fa finta che non ti abbia detto nulla."

Non capiva che non era quello il problema. C'era una ragione se non gliel'aveva mai chiesto, per quanto tentata. Masaru sentì assalirla un senso di disagio e di colpa che tutt'ora la divorava, anche se non come un tempo, poiché era qualcosa che si trascinava da anni, che la vide ad aggrapparsi alla ringhiera e voltare altro lo sguardo.
Nemmeno Ryunosuke sembrava molto lieto e si grattava dietro la nuca con malinconia negli occhi, spostando più volte lo sguardo su entrambi, quasi a chiedere al giovane di fare qualcosa.

Qualcosa Kacchan fece, le diede un colpetto sulla fronte con le dita, cosa che la infastidì, riportandola forzatamente al presente, "non ci pensare. Abbiamo un incarico da portare a termine. Quando avremo finito ne riparleremo, promesso."

Il fantasma tuttavia non sembrava molto convinto, mentre lei, da quando lui aveva tirato fuori quell'argomento, era tornata neutrale, esternamente, reingoiando a forza tutto, neanche troppo piano in realtà, abituata a reprimere tutto con la sua solita seriosità.

"Ok, ora indovina a cosa sto pensando io."

Lei sospirò stancamente, tornando a guardarlo ancora seria, studiandolo in quel suo sguardo malupino.

"Dal tuo sguardo suppongo tu stia pensando a dove poterlo fare indisturbati, fosse anche negli abissi dell'oceano, e magari stai anche pensando a come potrebbe essere farlo sott'acqua... oppure... stai facendo di proposito quello sguardo per sviarmi..."

"Direi più per la seconda" difficile resistere a quell'occhiolino.

Già, resistere nel tirare un sospiro rassegnato, sollevando gli occhi al cielo e smettendo di ruotare per un momento quelle biglie. E qui ci si mise pure Ryunosuke con una faccia e un tono da perfetto deficiente: "Sempre detto io che Masaru e Musona sono sinonimi."

Masaru lo sentì ridere come un cretino e si guardò attorno, giusto per accertarsi di non avere attirato troppe attenzioni, anche se... le stava tornando l'ironia, pur non dandolo a vedere nel guardare di nuovo l'orizzonte.

"Chissà come saranno queste fantomatiche isole... Prima volta anche per te?"

La kunoichi annuì calma. "Ho avuto modo di documentarmi."

Alla fine di quella conversazione l'avrebbe ringraziato, non lasciando trasparire se per la cura infondatale o per la distrazione.
Le ore seguenti però non sarebbero state tranquille, non solo per il tempo, ma anche per il suo stomaco - di nuovo - e visto che Masaru stava cambiando colorito peggio di un camaleonte, forse era il caso di prendere quel rimedio, adesso, se non voleva diventare un arcobaleno ambulante.



Una volta scesi sulla banchina, mentre attendevano, la Jinton mise da parte lo stupore nel vedere gli abitanti locali e pensò di cogliere l'occasione per capire meglio gli indigeni, i loro gesti, gli atteggiamenti, il linguaggio, ma anche in che modo i loro interlocutori comunicavano con loro. Gli errori da non commettere e cosa invece avrebbero potuto gradire.
E l'attesa. L'attesa fu infinita. Tanto che rimasero da soli, loro, i pesci che sguazzavano lì vicino e la fauna locale.

Oook. Non era poi chissà che tragedia no? Dopotutto dovevano solo attendere.

"Senti un po', ma... Come riconosciamo il tizio che dobbiamo incontrare? Hai una sua descrizione, qualcosa..." il tono le suggerì poca pazienza da parte dello Yamanaka.

Ma chi voleva prendere in giro... ?

Dalla sua pazienza, persino Ryunosuke comprese che non gli sarebbe piaciuta la risposta, ma non disse nulla e non si fece accorgere, lasciando fare a lei.
Già, lei che nel momento in cui le venne chiesto, si trovò in conflitto con sé stessa. Scosse la testa, sospirando e sistemandosi gli occhiali - ops, portava le lenti - ma con fare più calmo e professionale di lui, "Soltanto di aspettarlo qui."

Abbassò la voce. "So che è molto dedita al suo lavoro, anima e corpo, e vista l'austerità non sembra affatto il tipo da giocare strani scherzi. Del resto non è la prima volta faccio qualcosa per lei e lei per noi..." fece una pausa, osservando circospetta i dintorni. Stava cercando di dirgli che si fidava di quella donna? Sì.
Era poco convinta? Abbastanza.

Ok, la reazione di lui fu inaspettata. Non troppo forse... ma neanche così sentita insomma. Rimase calma e seria, non lo guardò neppure, ma dietro quella calma lui avrebbe sentito come inizialmente era rimasta di merda, trattenendo la voglia di mandarlo a fanculo.

"Quindi adesso che facciamo? Restiamo qui? O torniamo indietro a comunicare al committente che il tizio non si è presentato?"

"Ha detto di attendere."

"Oh, bene, restiamo qui allora..."

"Se ti aspettavi qualcosa di più esaltante puoi sempre tornare a casa." gli disse lei perentoria.

"Odio la sciatteria sul lavoro, è ben diverso il discorso."

Trovò irritante il suo modo di spiegare ad altri gli errori commessi, inevitabile stavolta per lei non fulminarlo con lo sguardo. "Quindi adesso è colpa mia? Non ha voluto dirmi nulla su di lui."

"Sì, è un po' strano..." rifletté Ryunosuke tra sé e sé.

"Beh, sei tu che hai parlato col committente e sei sempre tu che non hai sufficientemente insistito per farti dare maggiori dettagli su come riconoscere il contatto. Sei in terra straniera, completamente ignara delle usanze locali, della lingua e della cultura del posto, se non per qualche nozione teorica di cui si potrebbe discutere dell'attendibilità. Al tuo posto mi sarei rifiutato di non avere le informazioni che chiedevo. Sai com'è, ci tengo alla pellaccia, e per quanto ne possiamo sapere, il tuo contatto può essere bello che morto!"

Sospira pesantemente, lo senti che sta ricacciando a forza tutte le peggio emozioni per mantenere la calma. "Probabilmente non lo sapeva neppure lei, trovo assurdo che non abbia voluto dirmelo nonostante le mie richieste. E' una Chunin molto attenta."

A una certa smise persino di guardarlo, per non dover sentire l'impellente desiderio di farlo volare in acqua, "Se tieni alla pelle puoi sempre tornartene indietro e lasciare fare a me."

"Certo, incosciente come sei, sono convinto che poi dovrò pure tenerti sulla coscienza..."

Ah. Quindi adesso gli interessava sapere se sarebbe rimasta in vita.

Ryunosuke scosse la testa, comprendendo le intenzioni visto che lui stesso ma guardandolo comunque irritato, "Non le sei d'aiuto così. Ormai siete arrivati alla meta."

Lo sguardo che Kacchan gli lanciò gli fece venire un brivido lungo la schiena, ma il fantasma, per quanto intimorito dal fatto che lui possa manipolare gli spiriti, questo non lo frenava dal dirgli ciò che pensava. Non disse altro semplicemente perché c'era la sua amica che lo stava già redarguendo.

Nel frattempo Masaru continuò a mantenere la calma, anche se c'era del sarcasmo nelle sue parole: "Va bene allora, visto che sei superiore a me sentiamo che idee avresti per trovarlo adesso."

Fu in quel momento che sentì, prima che vedere, il giovane avvicinarsi a lei, ma non lo guardò perché se lo avesse fatto era convinta che stavolta lo avrebbe seriamente fatto volare. "Tesoro mio, devo forse ricordarti che sono solo il tuo sottoposto? Mi hai assoldato tu per guardarti le spalle. Non posso mica riparare le uova che tu hai rotto nel paniere."

"Suvvia Baka-chan... Che ti aspettavi? Coccole e complimenti?"

"Io direi più... c o m p a t i m e n t i."

Queste le frecciatine di scherno che poteva udire sussurrate dietro le proprie orecchie, una a destra e l'altra a sinistra, e che richiamando a sé tutta la sua pazienza ignorò.

"Benissimo allora. Dubito che il nostro contatto sappia di te come mio alleato, l'ideale quindi potrebbe essere che tu ti nasconda, useremo l'effetto sorpresa in caso ci tenda qualche trappola o non sia colui che attendiamo."

Ma le seguenti parole lasciarono sorpresa la donna, che si chiese che problemi avesse e stavolta non riuscì a non voltarsi nella sua direzione. Seriamente, ma quanti anni aveva?

"Rose e spine per il vostro amore."

"Che in questi anni di distanza lui ti ha dimostrato col silenzio e con la supponenza."


"Litigare è l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno adesso!" era grave adesso, lo fissò gelida e senza timore mentre le si avvicinava.

"Perché, stiamo litigando? Ti sto solo mostrando quali errori stai commettendo. E ora spera che nell'equipaggio ci sia qualcuno che parli la lingua locale."

Non mutò lo sguardo mentre lo osservava allontanarsi, soltanto dopo pochi istanti lo puntò altrove, riflettendo. Già, le stava mostrando i suoi errori: "come se tu non sbagliassi mai." sussurrò a fior di labbra quando fu fuori portava uditiva.
Fu quello l'unico sfogo che si concesse, dopo il quale ricacciò indietro qualsiasi pensiero o emozione inerente la sfera privata e si ancorò saldamente alla missione. Anche se... sicuramente quello di Kacchan non era stato un atteggiamento piacevole, ma a ripensarci...

"Con tutte le precauzioni che quella donna le ha suggerito... perché dovrebbe nasconderle un dettaglio del genere?" il fantasma era perplesso tanto quanto lei, nel riflettere ad alta voce.

Perché ignorarlo a priori? Credeva che si sarebbe presentata con il coprifronte in modo da farsi riconoscere? L'aveva messa alla prova?

"O forse Iwa ti vorrebbe morta."

Difficile negare che prima ancora che dalle sue illusioni, quel pensiero veniva da una piccola parte di sé che sapeva non ci sarebbe stato da sorprendersi, quella ancorata al passato e che malevola si arrampicava nei suoi pensieri, minacciando di crearle le peggiori paranoie e affossare la sua anima nell'idea che ogni volta che le cose sembravano andarle per il verso giusto...
Poi la sua espressione, la stessa di chi aveva trovato l'illuminazione a un dilemma, non senza malinconia.

"Alla fine ci sono riusciti..." non si accorse d'averlo sussurrato a fior di labbra, con occhi distanti persi chissà dove. Fu un batter di ciglia, dopodiché sembrò svegliarsi, strappò con una volontà indomita quelle supposizioni e si concentrò meglio sul presente, sui dintorni, su qualsiasi cosa meno che distrazioni.
Ryunosuke sembrò comprendere quello che intendeva e la osservò con eloquenza, ma contrario a quella possibilità.

Forse Satomi aveva avuto solo paura che sapendo l'aspetto o il nome di costui sarebbero andati a cercarlo, violando quindi un suo ordine. Satomi doveva certo esser sicura di sé, sapendo che probabilmente lui avrebbe fatto tardi di proposito, da solo, così da poterlo riconoscere, e viceversa, e non avere nessun altro ad osservarli o creare loro noie.
Sì, si disse che era la cosa più plausibile, al di là delle suddette.
Con un sospiro atto quasi a gettar via ogni distrazione e raccogliere la calma, la Takeda spostò il peso da una gamba all'altra, incrociando le braccia e studiando con minuzia il perimetro circostante, in attesa.

code © psiche


CITAZIONE
Uso psicologia, che ho al livello massimo.

Psicologia: 17
  • 3d10
    5
    10
    2
  • Inviato il
    11/5/2021, 19:58
    ~Eldarius
 
Contacts  Top
view post Posted on 15/5/2021, 21:50     +1   -1
Avatar


Group:
Narratori
Posts:
5,483

Status:




6 Ottobre 252 DN – Nell'arcipelago

L'attesa è già di per sé una compagna sgradevole, se la pesantezza dei minuti che scorrono non venisse inasprita dall'assenza di indicazioni sul loro contatto locale. Per l'una c'è in gioco una fiducia costruita su solide basi, per l'altro una leggerezza sintomo di scarsa professionalità: difficile dare ragione all'una o all'altra parte, senza aver vissuto nei rispettivi panni.

Lo Yamanaka avrebbe fatto del suo meglio per sondare animi e intenzioni della curiosa compagine umana che li circonda: l'avrebbe investito un miscuglio confuso di stanchezza, ansia, reciproca diffidenza, lieve frustrazione addirittura, nei momenti in cui né le parole, né i gesti sembrano riuscire ad assicurare la comunicazione tra marinai ed indigeni indaffarati. Per quanto riguarda la Takeda, i cui occhi scrutano l'approdo sempre più immerso nelle ombre, il panorama non differisce di molto: le occhiate che i due ricevono sembrano per lo più volte a sincerarsi delle intenzioni non bellicose di quella coppia di stranieri che ciondola sulla banchina, con le mani in mano, senza apparentemente aver bisogno di cercare alloggio, scambiare merci o andare a farsi una bevuta. Dopo un po', nessuno sembra fare più caso a loro e il porticciolo si svuota, lasciando Hachi e Masaru in compagnia del suono della risacca.

Passa una manciata di minuti, prima che gli occhi vigili della donna captino un movimento.

Lungo la palizzata che delimita il villaggio, laggiù, sul lato destro rispetto al varco di accesso al centro abitato: una figura umana si sporge, a mala pena visibile, nero sul grigio della foresta che fa da sfondo.
Lo si nota subito: sembra guardingo. È difficile indovinarne le fattezze: una lunga palandrana col cappuccio ne ammanta l'intera figura da capo a piedi e come se non bastasse, il nuovo arrivato non porta con sé neppure una torcia per illuminare davanti a sé; ciò nonostante, si muove con passi rapidi e sicuri attraverso la spiaggia, evitando le rocce affioranti tra la sabbia, puntando dritto dritto verso la coppia di shinobi logorati dall'attesa. Che sia proprio lui, il contatto tanto atteso?

Mano a mano che quello si avvicina, anche Hachi ha finalmente modo di sondarne le intenzioni e... avverte un'ansia vibrante, irrequieta sprigionarsi dal suo essere, che si acuisce in picchi esasperanti nei momenti appena precedenti a quelli in cui si volta per guardarsi alle spalle. Quando avanza verso di loro... sembra provare... sollievo? Speranza? Con una pesante nota di disperazione, che accompagna tutte le altre emozioni come un pesante bordone ininterrotto.
Non ha intenzioni cattive nei loro confronti, poco ma sicuro.
Eccolo, arriva: rallenta, si ferma, li guarda circospetto, fa un passo o due, si arresta di nuovo, li scruta preoccupato, si inchina una volta in modo un po' goffo, li guarda, avanza un poco e si inchina di nuovo, guardandoli di sbieco per capire se stiano ricambiando o meno i suoi rustici convenevoli.

In base a ciò che i due shinobi hanno avuto modo di osservare nella mezz'ora precedente, l'inchino non è tra i gesti di saluto utilizzati tra gli indigeni; non c'è dubbio tuttavia che il nuovo arrivato sia proprio nativo dell'isola, come lasciano intuire i piedi scalzi da sotto la palandrana. “Arriva bene” sussurra finalmente, giunto a un paio di metri da loro. “Arriva bene. Segue me. Segue” ripete voltando loro le spalle, facendo qualche passo e tornando a voltarsi, come per assicurarsi che i due gli tengano dietro.
Il tragitto che segue è identico a quello che ha seguito all'andata: radente al limitare della foresta il più possibile, puntando a sparire il più velocemente possibile. La fretta è facilmente percettibile da Hachi e se anche il ragazzo non avesse voluto sondare le emozioni dell'indigeno, i numerosi “segue, segue” ripetuti ossessivamente avrebbero comunicato quanto strettamente necessario.

Camminare al buio è una menata. Camminare nella foresta è una menata.
Camminare al buio nella foresta cercando di non farsi sentire, è uno strazio.

L'uomo – dal timbro di voce sembra un maschio intorno ai vent'anni – sembra perfettamente a suo agio e si muove senza particolari problemi nella penombra, leggendo la conformazione del suolo grazie ai pallidi raggi lunari che spiovono dall'alto, filtrati dalle foglie di alberi esotici di cui né Kacchan, né Masaru saprebbero dire il nome. Le rare volte che i suoi ospiti producono più rumore di quello che lui ritiene opportuno, riesce a farlo capire senza fatica eccessiva: si volta di colpo, agitando le mani in aria prima di coprirsi le orecchie coi palmi delle mani. Pare proprio che farsi sentire sia l'ultimo dei suoi desideri.
Il fatto è che la camminata sembra durare un'eternità.

Il sole è tramontato da almeno un paio d'ore prima che il giovane conceda ai due una prima sosta: giunto apparentemente al riparo da orecchie indiscrete, fa segno agli shinobi di attenderlo prima di sparire nella boscaglia; ne riemerge pochi minuti dopo, posando ai loro piedi cinque frutti oblunghi. Difficile intuire il colore della buccia, con così poca luce; ci avrebbe pensato il padrone di casa a mostrare come mangiarli, estraendo un coltello d'osso da sotto gli abiti e ritagliando uno spicchio dal frutto più piccolo. La parte centrale è costituita da numerosi semi neri, lucidi e rotondi, che lui scarta abilmente, affondando poi i denti nella polpa, evitando però la buccia. Il sapore ricorda vagamente quello delle pesche, anche se è più dolce e floreale di qualsiasi frutto mai assaggiato sul Continente.
Sarebbero stati fermi non più di dieci minuti: riprendere la marcia sarebbe stata una gran fatica, ma infine sarebbero giunti a destinazione, più o meno alla mezzanotte.

Lo sciabordare ritmico tradisce la presenza di una spiaggia vicina, il baluginare di un fuoco da campo indica la presenza di un insediamento umano. Le tre casupole di legno e liane che si materializzano tra i tronchi, perfettamente mimetizzate col paesaggio circostante, accolgono i due stranieri come una gradita sorpresa; l'uomo apre la tenda che copre il varco della terza abitazione, quella più vicina al mare, e fa cenno ai due di entrare. “Ferma qui” dice stringato, e dopo essersi accertato che i due abbiano compreso, sparisce all'esterno della casetta.

Finalmente qualche minuto di privacy.




CITAZIONE
Potete interagire con l'indigeno, ma avete già intuito che le sue capacità linguistiche sono assai ridotte. Come sempre, taggatemi su WA quando dovete farmi una domanda diretta, o non distinguo i messaggi importanti dalle ciance^^”
 
Top
view post Posted on 3/6/2021, 08:00     +1   -1
Avatar

A Man of No Consequence

Group:
Member
Posts:
2,041

Status:


Evidentemente, la chiave di volta per risolvere quella situazione d’impasse era davvero, semplicemente, il dover aspettare lì, in attesa dell’arrivo di qualcuno che aveva i suoi buoni motivi per non farsi scorgere, motivi che, al momento, sarebbero rimasti all’oscuro dei due ninja.

Kacchan si era allontanato giusto di qualche metro, ritrovandosi quasi a ridosso del pontile d’accesso alla loro imbarcazione, quando lo spettro di Chiyo lo chiamò perentoria: uno scambio di sguardi fugaci, lo spettro dell’imponente Akimichi ad indicargli,con un cenno del capo, il limitare del villaggio. Nelle tenebre che ormai avanzano col sopraggiungere della sera, a ridosso della foresta, una figura incappucciata si avvicina a loro, guardingo e circospetto. Immediato lo Yamanaka iniziò a sondare la sua sfera emotiva, per carpirne le intenzioni e... Un’imprecazione, soffiata fuori a denti stretti, gli sfuggì dalle labbra increspate in una smorfia, mentre si riavvicinava a Masaru. Quella sua ansia di venir scoperto da qualcuno, il sollievo nel vederli lì, la speranza di averli incontrati... Tutti gli faceva intuire che quel tizio non avrebbe in alcun modo consegnato loro il “pacchetto”, o, almeno, non in quel momento. Ed il fatto che, poi, in modo abbastanza rudimentale, insisteva nel farsi seguire nel volerli condurre in un luogo la cui ubicazione era nota solo ai Kami, beh... ”Altro che solamente prendere in consegna il pacco. Minimo quel tizio lo userà come merce di scambio per fare qualcosa in cambio per lui... Gran bella merda.”

Silente, si limitò a seguire l’indigeno, sul volto un’espressione neutra, nonostante mantenesse alta la concentrazione, l’ordine perentorio agli spettri di Chiyo e Ryunosuke di sondare la zona, spingendosi dove i suoi occhi non potevano arrivare. In altre circostanze, si sarebbe maggiormente soffermato sulla flora locale, ben diversa da quella a lui nota, cercando di studiarla e reperire qualche campione da analizzare, ma... No, quello non era decisamente il momento più adatto per riesumare le sue conoscenze erboristiche e botaniche. Chissà, magari più in là, in una situazione più calma e pacifica...

Un comportamento inusuale, per lui, che generalmente era sempre così curioso su tutto ciò che per lui era nuovo e misterioso, comportamento che quasi certamente non sarebbe sfuggito a Masaru. E anche la sosta fatta, in religioso silenzio, senza un minimo di commento riguardo alla particolarissima e strana frutta loro offerta, sembrò smuovere la feroce curiosità dello Yamanaka. Cosa diavolo gli prendeva? ”Se vuole davvero un favore in cambio, per la merce, probabilmente ci porterà in un luogo a lui più sicuro... E ho il sospetto che lui non sarà nemmeno il nostro mandante. Probabile che ci voglia condurre dall’anziano del suo villaggio?” Mi spieghi perché devi sempre fasciarti la testa ancor prima di spaccartela? ”Lo sai benissimo, Chiyo... Immagino quanti più scenari possibili per essere pronto al peggio...”

Perciò non fu particolarmente sorpreso quando l’aborigeno li condusse in un piccolo accampamento, invitandoli ad accomodarsi in una delle capanne lì presenti, costruite in maniera tale da confondersi con il resto della vegetazione. Ad un’attenta occhiata, Kacchan riuscì a scorgere la forma di almeno altre due piccole capanne, non dissimili da quella verso cui erano diretti... Bastò uno sguardo d’intesa e gli spettri di Chiyo e Ryunosuke immediatamente iniziarono a perlustrare i dintorni, mentre lo Yamanaka sondava la zona con le sue facoltà psichiche: non erano soli, percepiva la presenza di almeno altre due persone e, stando ai resoconti che gli fornirono le due anime arenate, stavano discutendo animatamente in una delle capanne lì vicino, nervosi ed agitati per una situazione che il muro linguistico impediva loro di comprendere, ma di cui Kacchan si era fatto già un’idea. ”Hanno un problema, ma l’idea di lasciarlo risolvere a dei forestieri li mette in agitazione, perché temono che potrebbe peggiorare ulteriormente le cose... Ah, Masaru mia, in che razza di guaio ci ha cacciato il tuo fidato contatto?”

Scrutò con occhio severo la Jinton prima di entrare dentro, osservando gli interni di quella piccola abitazione: dire che era essenziale era un eufemismo. Si guardò per un attimo in giro, soffermandosi sui piccoli contenitori di terracotta stipati su di una mensola, sui fastidì erba lasciati ad essiccare, pendenti dal basso soffitto, per poi sedersi su uno dei giacigli li presenti, lasciandosi sfuggire un profondo sospiro. Non si permise di accendere una sigaretta, ma si limitò a tenerne tra le labbra una già in parte consumata, giusto per avere quel vago sentore di fumo tra le labbra. « Partiamo con le scommesse... Quanto ci giochiamo che useranno il pacchetto per la tua amica come merce di scambio per ottenere qualcosa in cambio? »
 
Top
view post Posted on 6/6/2021, 18:55     +1   -1
Avatar


Group:
Iwa
Posts:
3,970
Location:
Cair Paravel

Status:


Un viaggio inaspettato
Un'attesa sfiancante per tutti, più pressante quando diventò palese la letterale presenza di soltanto loro due sopra quel dannato molo. Masaru però attese, e attese, e attese. Camminò di tanto in tanto, giusto per sgranchirsi le gambe, senza tuttavia distogliere l'attenzione nei dintorni.
Poi, un movimento, qualcosa di completamente diverso da quello che poteva essere il vento contro il fogliame. Una figura. Una figura umana. La sua guardia tornò pienamente alta, la Jinton drizzò le spalle e la scrutò con attenzione in ogni sua mossa, in ogni singola caratteristica, tentando di sondarne atteggiamenti e intenzioni. E intuiva una furtività insolita, forse anche paura, ma lei restò lì ferma ad attenderla mentre essa le si avvicinava, rendendo evidente come forse, e dico forse, poteva trattarsi davvero del loro contatto.
Anche se... dove diamine si trovava la roba che doveva portargli?

Lo guardò con diffidenza mentre quello strano individuo faceva ciò che sembrava a tutti gli effetti il saluto tipico del Continente. Lei azzardò a ricambiare, ma non si scompose oltre.

"Chi sei?" una domanda del tutto normale, seguita da una reazione che non lo era.

Inclinò appena la testa, lei, nel vederlo agitare le mani e scuotere la testa, senza rispondere. A giudicare dal tono di voce quando gli sussurrò di seguirlo doveva essere molto giovane, ma adesso un altro quesito si aggiungeva ad altri in quella sempre più assurda situazione: Che fare?

Le era stato ordinato di non muoversi di lì, certo. Ma era anche vero che non le era stato detto se questa consegna sarebbe stata fatta sul molo o avrebbero dovuto seguirlo, inoltre doveva assicurarsi di mantenere buoni rapporti con gli isolani. Ed era anche convinta che se in quel momento non aveva risposto alla domanda su chi fosse, pregandola al silenzio, sicuramente non le avrebbe fornito altre spiegazioni.

Non restava che seguirlo, anche perché non era certa che a quell'ora qualcun'altro si sarebbe fatto vivo e quel tipo sembrava innocuo. A giudicare dal suo atteggiamento quando decise, seguita da Kacchan, di seguirlo però non era certa se si poteva dire altrettanto dei dintorni. Circospetta e cauta, mentre camminava cercando di non far rumore Masaru rifletté molto sulle possibilità che potevano portare un nativo della zona a comportarsi a quel modo, specie considerato l'ambiente 'relativamente' tranquillo che aveva potuto osservare poche ore prima tra gli altri indigeni e gli stranieri.

Il tragitto pareva senza fine, e a renderlo più infinito era quella costante aria di tensione che aleggiava nel cercare di non farsi sentire, impossibile inoltre decifrare la fauna locale con le sue conoscenze, considerato che i suoi occhi non avevano mai visto nulla di quanto li circondava. Quando poi si fermarono per mangiare qualcosa, la Takeda non staccò mai gli occhi di dosso a quell'indigeno e non azzardò mangiare quel frutto finché non avesse visto lui fare altrettanto, dopo averlo ispezionato con cura - al limite del possibile considerata la poca visibilità.

Fu quando finalmente giunsero laddove poté osservare tre dimore messe in piedi strategicamente che la Jinton vide il giovane acquisire un atteggiamento più rilassato. Li invitò entrambi all'interno della propria e lei, sempre mantenendo la sua imperscrutabilità, prima di addentrarvisi studiò con attenzione gli interni. Non ebbe il tempo di dirgli alcunché però, che quello lasciò lei e Kacchan da soli.

Già, il ragazzone che la accompagnava e che continuava ad ostentare quell'aria di supponenza, tale da fare impallidire quelle volte in cui lei stessa in passato lo era stata. Una supposizione detta con un tono poco amichevole che lei con tutte le sue forze non volle raccogliere, lasciandoselo scivolare addosso senza rispondere con altre provocazioni o che altro. Forse era la stessa ragione che l'aveva tenuta in silenzio anche durante la pausa di quello strano cammino, forse.

Non disse nulla nemmeno quando furono da soli, limitandosi a sospirare rassegnata e restando sfuggente sotto certi aspetti, a partire dallo sguardo, ma ascoltò comunque ciò che aveva da dire. Dopotutto, l'ultima cosa che voleva era rischiare di mettere nei guai entrambi e bruciare il loro obiettivo per questioni personali e, d'altro canto, sapeva per esperienza che cercare di risolvere un conflitto con altri conflitti non avrebbe portato comunque a nulla di buono.

Ma tornando al qui ed ora, e all'ipotesi di Kacchan: Già. Probabilmente li aveva portati fin lì per chiedergli un favore, ma non volle scommettere su nulla. Quell'indigeno poteva anche aver parlato direttamente con il mandante fingendo dall'inizio di essere chi non era, oppure aveva promesso a Satomi una cosa per un'altra o le suddette ipotesi erano tutte inesatte e davvero voleva solo dargli la merce, ma era assoggettato da qualcosa o da qualcuno in quel luogo per farlo in pubblica piazza... o forse era impossibile per loro prendere la merce senza finire nei guai... era proibito condividerla... era qualcosa di raro o chissà che altro che dovevano prendersela da soli.

Nulla era da escludere, bastava solo ricordarsi perché fossero lì e agire come appariva più opportuno.

Senza distrazioni emotive.

Si ricordò che le era stato detto di non intromettersi nei loro affari ma al tempo stesso di mantenere buoni rapporti con le genti del posto. Se le premesse però erano quelle, sarebbe stato complicato cercare di ottemperare a tutte le direttive. Impossibile non proprio, ma complicato senza dubbio.

code © psiche
 
Contacts  Top
view post Posted on 11/6/2021, 22:53     +1   -1
Avatar


Group:
Narratori
Posts:
5,483

Status:


b31cff



6 Ottobre 252 DN – Nell'arcipelago

Qualcosa non corrisponde alle aspettative dei due shinobi: in base alle indicazioni ricevute, avrebbero dovuto intascare la merce e ripartire il prima possibile; nessuna menzione era stata fatta inoltre di eventuali pagamenti, implicando – in teoria – che lo scambio fosse già stato effettuato dalla stessa Satomi, o da un suo collaboratore.
Per quale motivo i due sono stati quindi trascinati in quelle baracche in mezzo alla foresta?
C'entrerà qualcosa il comportamento del taciturno indigeno?

Nemmeno le Anime arenate di Kacchan riescono a farsi un'idea più precisa di cosa stia accadendo, ma dopo una decina di minuti è lo stesso ometto a tornare a farsi vivo. Il volto è segnato dalla stanchezza e dal timore, dalla mortificazione addirittura, incisi dalle lunghe ombre della lucerna sul viso ancora risparmiato dall'età: con la coda tra le gambe, invita a gesti i due a seguirlo di nuovo. Il tragitto stavolta è alquanto breve: l'uomo è diretto alla capanna di mezzo, scosta la tenda decorata da motivi geometrici che ne copre l'entrata e fa strada a Masaru e Kacchan, mentre dalla prima baracca escono gli altri due isolani con cui stava discutendo poco prima.

Gli ultimi apparsi, al contrario del primo, hanno volti induriti dall'irritazione: scrutano la scena con severità, soppesando i movimenti degli altri tre con estrema cura. La guida evita di incrociare le loro occhiate pesanti, mentre con aria desolata mostra ciò che dall'esterno era impossibile scorgere: file di casse cariche di frutta dal profumo intenso, fasci di erbe appesi al soffitto, un involto di piccole dimensioni appeso alla parete di destra... e la parete di fondo della struttura, che è stata letteralmente aperta. Dal contenuto di quel magazzino – stando ai gesti che vengono rivolti ai due ninja – è stato prelevato qualcosa. L'indigeno indica con insistenza un rettangolo di terra sul quale probabilmente dovevano trovarsi delle casse di frutta, identiche alle altre allineate lungo le pareti; da quanto si riesce a intendere, l'assenza delle casse è correlata col varco aperto sul retro del piccolo magazzino: il giovane uomo mima prima l'azione di sollevare una cassa per trasportarla all'esterno, poi ritorna sui suoi passi, e stavolta mima l'azione di staccare da uno dei supporti sulle pareti qualcosa di più piccolo, che sta comodamente nelle due mani aperte, e sembra decisamente più leggero di una cassa di frutta. Qualcosa di identico - probabilmente - all'involto appeso alla parete di destra. Anche nel caso del secondo articolo, il mimo si dirige verso l'esterno, ma stavolta la scenetta si conclude con l'indigeno che punta il dito in direzione della fitta foresta che si stende dietro alle tre casupole.

Gli arbusti prossimi al muro posteriore sembrano spezzati; a terra sono stati poggiati i fasci di vegetali che componevano la parete, prima che le funicelle vegetali che li tenevano in posizione venissero tagliate – e i margini netti dei tagli sono un indizio chiarissimo del fatto che quel lavoro non sia stato opera di animali affamati.


 
Top
view post Posted on 16/6/2021, 14:21     +1   -1
Avatar


Group:
Iwa
Posts:
3,970
Location:
Cair Paravel

Status:


Un viaggio inaspettato
Dal fronte di Masaru continuò ad esserci un silenzio forzato, almeno finché non seguirono l'indigeno, dall'aria meno rilassata rispetto a prima e il mistero che tanto faceva preoccupare i due ninja venne alla luce finalmente.
La donna osservò con attenzione ogni dettaglio ed ogni mimica dell'individuo al fine di comprendere ogni sfumatura dell'accaduto. Semplicemente confermò quello che sembrava palese: della merce era stata rubata.

Era quello il problema, alla fine, e la kunoichi puntò lo sguardo su Kacchan con eloquenza. L'eloquenza di chi sapeva che qualcuno si era fatto ottantaquattromila viaggi mentali - con annessa irascibilità e influenzando la suddetta - per scoprire che no, entrambi non ne avevano azzeccato neanche uno.
Non che le dispiacesse ovviamente.

Tornando al loro obiettivo, la donna studiò ancora per un momento la tenda, prima di passare con lo sguardo ai suoi proprietari, osservandone i comportamenti. Non restava che eviscerare tutto il possibile da quella incresciosa situazione, facendo loro delle domande, per questo la Jinton avrebbe cercato di usare anche il linguaggio non verbale, oltre alle parole, avendo cura di scegliere quelle più adeguate e masticabili per loro per farsi capire.
Il primo tentativo non andò proprio benissimo, poiché non avendo modo di spiegare che 'hanno rubato solo quelle cose, quindi sapevano cosa c'era dentro e come prenderla.' fu impossibile chiedere. Nemmeno quando chiese loro che diamine ci fosse dentro per rubare solo quelli andò benissimo, dato che la guardarono storto.
Era piuttosto frustrante non avere modo di comunicare come si deve, tuttavia non si arrese e fece del suo meglio, riuscendo bene o male a districarsi con le altre domande, venendo così a sapere che a loro era destinata solo la merce più piccola, quindi quella sorta di involto; che il fatto era successo il giorno prima; che verso dove era fuggito il ladro, o i ladri, c'era solo il mare, quindi forse nessuna isola e che non potevano procurare loro la stessa merce per cui erano giunti, lasciando adito al fatto che loro fossero solo un tramite con il fornitore, cosa che purtroppo non poté constatare, non riuscendo a chiederglielo direttamente.

Perché aveva un vago sentore di dove tutto ciò avrebbe rischiato di condurli?

Di sapere - più per istinto che altro - se ci fossero pericoli a cui stare attenti in quell'isola non se ne parlava, poiché a quella domanda la guida la pregò al silenzio, avendo il timore anche solo a proferire parola, mentre di fargli da guida o avere anche solo una mappa non se ne parlava proprio - giustamente, considerato che non dovrebbero neanche essere lì.

Osservò allora con attenzione tutto l'osservabile delle altre merci, cercando di memorizzare come fossero fatte le casse e capire ad occhio cosa ci fosse dentro - se visibile - cercando di carpire qualche informazione in più come ad esempio se fossero presenti simboli o altro di interessante, ma nulla del genere, inoltre chiese loro di mostrare cosa ci fosse nell'involto più piccolo.
Chiederlo non sembrò una grande idea, al punto che quelli allontanarono l'involto non appena osservarono un minimo di interesse per esso. Un'altra domanda importantissima giunse stavolta da Kacchan, che domandò se fosse possibile avere la stessa merce, ma tra quella già presente.
Anche quella, pessima domanda, poiché Masaru osservò irritarsi visibilmente gli indigeni a quella richiesta.

Lei fece il gesto di sistemarsi gli occhiali per istinto, ma ricordando di non averli si massaggiò il vertice del naso. Non ebbe il tempo di formulare alcunché che il konohano chiese inaspettatamente delle proprietà nutritive di ciò che era nell'involto, al che loro fecero capire che donava una forza smisurata. La Takeda annuì piano, riflettendo sul perché qualsiasi cosa ci fosse lì dentro venisse considerata in particolar modo, anche da chi l'aveva rubata.
Probabilmente doveva anche essere difficile da procurare, altrimenti chi l'aveva presa non si sarebbe neppure preso il disturbo di un gesto tanto estremo, ma c'era un'altra cosa che lei voleva osservare, per cui fece a Kacchan un cenno con la mano per indicargli che sarebbe intervenuta, mentre si rivolse a loro con tutta la calma e cordialità che poteva, chiedendo all'incirca: 'Se quello che è stato rubato era destinato a noi, dovete aiutarci a capire come riaverlo. Sapete chi è stato?'

La domanda, più che per capire se sapessero chi fosse stato, era stata fatta per osservare le loro reazioni e vedere se qualcuno di loro ne fosse stato complice. Certo, molto palesava l'opposto, ma poteva anche essere che ci fossero delle diatribe tra di loro, diatribe che potevano rischiare di mettere nella melma anche lei e Kacchan, quindi preferì esserne sicura. (Lancio dado)

Del resto, non sapevano nulla di quel luogo né di chi fosse il ladro, non avevano la benché minima idea di come muoversi e di come funzionavano le cose laggiù, o di cosa fossero capaci quegli uomini, inoltre erano sprovvisti di una mappa e di avere una guida neanche per l'anticamera.
E no, loro in quelle terre non dovevano manco esistere, tra virgolette, ma del resto erano stati loro a portarli laggiù e lei metteva tra le priorità anche il cercare di andare d'accordo con quegli indigeni, purtroppo o per fortuna.

Ritentò dunque con la domanda già fatta dal giovane, stavolta a modo suo, seppure poco convinta: 'Siamo venuti qui soltanto per prendere la nostra merce. Questo e nient'altro. Visto che la nostra merce è stata rubata, sareste così gentili da darci quella che avete qui ora?'

Infatti, non accettarono. Fu a quel punto che Kacchan intervenne, chiedendo di poter contattare l'altro compratore, idea che non la convinse affatto e che li spaventò non poco. Nel frattempo lei rifletté sulle opzioni disponibili che potessero conciliare nel limite del possibile anche gli ordini ricevuti dal superiore, e se proprio non potevano dare loro la merce ancora presente allora...

>> Se voi potete contattare il fornitore, chiedete altra merce per noi. Siamo anche disposti ad aspettare.

code © psiche



edit consentito dal master, avevo erroneamente messo reazioni dell'altro pg.
Psicologia: 4
  • 3d10
    1
    2
    1
  • Inviato il
    16/6/2021, 15:21
    ~Eldarius


Edited by ~Eldarius - 16/6/2021, 16:51
 
Contacts  Top
view post Posted on 22/6/2021, 13:29     +1   -1
Avatar

A Man of No Consequence

Group:
Member
Posts:
2,041

Status:


I due giovani rimasero in silenzio, lì ad attendere in quella casupola. Kacchan percepiva distintamente il fastidio covato nell’intimo più profondo della sua compagna, causato da quel suo modo di fare le cose… ma che poteva farci? Lui era fatto così e, se Masaru voleva ancora stargli appresso a quel modo, se lo doveva far andare bene. ”Se credeva di avere a che fare con un cagnolino docile come il suo ex, beh, può stare fresca allora…” Pensò il giovane Yamanaka, succhiando a vuoto dal mozzicone di sigaretta spento, più per gesto anti stress che per vera necessità di fumo.

Non era quello, però, il momento di soffermarsi sulle faccende sentimentali: il loro lavoro, lì, era ben lungi dal finire e, date le premesse, ne avrebbero avute ancora per molto, e non sarebbe stato piacevole portarlo a termine. Mugugnando, fece rotolare tra pollice d indice il filtro consumato, mettendo ordine a quel suo flusso così caotico di pensieri. A quale possibile scenario era arrivato, nella sua ricostruzione mentale di quello che avrebbero dovuto affrontare?

Lo scenario n° 27 qual era? Quello che ci catturavano ed usavano le nostre ossa per macinare la loro fantomatica medicina, o era il n° 57? No, quello era il 64, ma penso che a breve scopriremo con cosa abbiamo a che fare… Si confrontò il giovane con lo spettro della sua amica, quand’ecco che, per l’appunto, l’indigeno che li aveva accompagnati fin lì ritornò da loro, invitandoli nuovamente a seguirli.. E, a giudicare dall’aria da cane bastonato, c’era solo un possibile scenario pronto ad attenderli. «Non me lo dire… È il fottuto scenario 46.» Sospirò tra se e se, alzandosi in piedi e chiudendo la fila del gruppo, ignorando volutamente l’occhiata lanciatagli dalla Takeda. Ci mancava solo che volesse fare la petulante con lui. ”Non avevo forse ragione?…” Sembrò dirle con sguardo eloquente.

L’indigeno li accompagnò in una nuova capanna, mentre dall’altra uscirono gli altri due aborigeni di cui Chiyo gli aveva informato della presenza: erano irritati, parecchio, e non tanto per la loro presenza, quanto dalla situazione in cui si erano ritrovati e, stando a quello che la guida spiegò loro, a tentoni, Kacchan poteva benissimo immaginarne i motivi. Si ritrovò così a sfregarsi il viso con le mani, lasciandosi sfuggire un profondo sospiro irritato. Quasi non riusciva a credere all’ironia della sorte: aveva lasciato il continente svolgendo un’incarico di recupero merce e adesso gli toccava fare la stessa cosa.

«Cazzo…» Boffonchiò il giovane, lasciando a Masaru l’onere di porre le domande, permettendogli così di guardarsi in giro e scrutare meglio le reazioni dei presenti, anche se, bene o male, aveva una mezza idea di come si fossero svolti i fatti: i due tizi più anziani dovevano essere quelli che gestivano la baracca e la loro guida l’ultimo arrivato, il novellino a cui volevano insegnare il lavoro. Probabilmente, durante la giornata, gli avevano affidato il compito di sorvegliare la merce, ma evidentemente qualcosa era andato storto: qualcuno si era introdotto e aveva sgraffignato parte delle loro merci, tra cui quella a loro destinata. E ora toccava a loro recuperarla? Gran bella seccatura…

«Possibile che tra tutta quest’ambaradan non abbiate una scorta della merce che ci dovevate dare? » Domandò il konohano, aiutandosi a gesti per farsi capire. La loro guida, se fosse stato possibile, apparve rimpicciolirsi sempre più, tanto era mortificato, mentre di pari passo sembrò aumentare l’irritazione degli altri due. Kacchan socchiuse gli occhi, guardingo, spostandosi verso l’apertura lasciata dai ladri ed iniziando a studiare il modo in cui questi si erano introdotti.

Quando fai quella faccia è perché ti sta frullando qualcosa in testa… Se fossero loro i diretti produttori dell’erba che dobbiamo prendere, non si farebbero tutti sti problemi a darcene una nuova dose. L’unica cosa che mi viene in mente è che, evidentemente, deve trattarsi di una qualche pianta di cui la loro tribù va particolarmente gelosa e, di cui, forse, ignorano addirittura questi traffici col continente. Un po’ come noi Akimichi e la ricetta delle nostre pillole… La custodiamo gelosamente, ma se dovessimo scoprire che qualcuno del clan la rivende per proprio tornaconto… Per l’appunto. Ora non ci resta che capire chi abbia rubato questa erba miracolosa…«A proposito… Cazzo fa sta merda? Che succede se la mangi? » Domandò gesticolando, chino sul terreno pieno di rami spezzati ed orme, che si dirigevano verso la foresta oltre quel piccolo insediamento.

Gli risposero a gesti, facendogli capire che quella particolare sostanza conferiva, a chi la assumeva, una forza smisurata, e il giovane non potè fare a meno di scambiare un’occhiata con Masaru, che immediata chiese aiuto per individuare un eventuale ladro, o addirittura attendere per ricevere un’altra fornitura. Lo Yamanaka alzò gli occhi al cielo, sospirando. «Che situazione del cazzo… Facciamo prima a parlare con l’altro compratore e cercare di convincerlo a farci dare la sua fornitura…» Propose, con una finta ingenuità, giusto per capire che reazione avrebbero potuto avere gli aborigeni, nel saperli colloquiare con altri loro clienti.

E quanto gli stava dando sul cazzo il modo in cui Masaru, con lo sguardo o con lievi cenni della mano, cercava di tenerlo a bada? «È inutile che ci speri… Questi qui non ci daranno altra roba. Non vogliono che si sappia che la vendono, quindi è molto probabile che sia una sorta di “segreto di famiglia” e vogliono evitare che la loro tribù scopra che la rivendano a degli stranieri, o sbaglio?» Si pronunciò a riguardo, tirando fuori una sigaretta ed accendendola, assaporando estasiato la miscela di tabacco bruciare. «Chi altri, oltre quelli della vostra tribù, è a conoscenza delle proprietà di quest’erba?»

CITAZIONE
Provo a fare un tiro di Psicologia e uno di Diplomazia, vediamo cosa ne esce fuori… Intanto continuo a tenere le antenne sensoriali ben inzippate, specie verso la direzione verso cui si inoltrano le tracce, per vedere se riesco a percepire qualcosa.


Tiro per Psicologia (C - risultato minore): 12
  • 2d10
    2
    10
  • Inviato il
    22/6/2021, 14:29
    ArdynIzunia
Tiro per Diplomazia (C - risultato minore): 8
  • 2d10
    6
    2
  • Inviato il
    22/6/2021, 14:29
    ArdynIzunia
 
Top
view post Posted on 1/7/2021, 11:19     +1   -1
Avatar


Group:
Narratori
Posts:
5,483

Status:


CITAZIONE
Ho inserito io alcune delle cose cui accennavamo in privato, perché mi sembravano importanti per il setting!



6 Ottobre 252 DN – Nell'arcipelago

I due shinobi ce la stanno davvero mettendo tutta: dispiegando le loro strategie diplomatiche, cercano in qualche modo di superare la barriera linguistica che li separa dagli indigeni, un muro alto e spesso più di quello del palazzo del Daimyo di Iwa, nonostante sia soltanto una barriera metaforica. Di mappe non se ne parla, nemmeno per sbaglio... difficile capire se conoscano l'esistenza di quello strumento, dato per assodato dalla civiltà sorta sul Continente.

Per quanto i due si sforzino, purtroppo, pare proprio che della miracolosa medicina non sia possibile procurarsene altra: i tre si consultano brevemente, e le teste si scuotono un po' troppe volte per dare adito a speranze di qualunque tipo; di cedere loro il secondo pacchetto nemmeno a parlarne! Al solo menzionare la possibilità, i tre si sarebbero irrigiditi – la guida non avrebbe perso l'atteggiamento sottomesso e mortificato – e uno dei due suoi supposti “superiori” avrebbe semplicemente staccato l'involto dalla parete per portarselo via, lontano dagli occhi e dalle grinfie di quegli stranieri.

Insomma, i due poveretti si sono trovati dall'effettuare una stupida consegna di merce, al restare in stallo su un'isola del cavolo, vincolati alle raccomandazioni della propria mandante, che tuttavia si aspetta di ricevere quanto promesso, ignara dell'incidente.

Di buono, tra le parole incomprensibili o inesatte farfugliate dai locali e i gesti, forse più eloquenti dell'idioma isolano, c'è che il furto pare essere avvenuto di recente e date le caratteristiche del suolo, probabilmente non è nemmeno piovuto. Il che vuol dire tracce fresche.
Se i due si fossero preso qualche minuto per ispezionare il retro della casupola, avrebbero identificato con facilità i segni di taglio sulle cordicelle vegetali che tengono assieme le componenti dell'edificio: la lama deve essere stata assai rudimentale, per sfilacciare i cordini in quel modo. Appena fuori, impronte di piedi nudi sulle foglie marcite e rametti spezzati: chiunque fosse stato a razziare il deposito, non si è dato particolarmente da fare per non lasciare tracce. È assai probabile che i due avrebbero potuto ripercorrere la pista dei ladri, se avessero cercato con attenzione nel sottobosco; certo, resta l'incognita dell'utilità di un'azione del genere: se davvero da quella parte c'è il mare...

In effetti, il paragone con le leggendarie pillole alimentari degli Akimichi avrebbe potuto essere calzante, peccato non poterne sapere di più su questa fantomatica erba miracolosa: l'ultima domanda di Kacchan probabilmente avrebbe potuto avere un'unica risposta, ossia nessuno, ma la parola che lo shinobi riceve è un'altra - “Basta!” esclama seccato quello che pare essere il più anziano del trio, che poi fa cenno di attendere lì, si volta e torna ad infilarsi nella prima casupola, tornando con una cassa di legno che per una volta, mostra chiaramente di essere stata fabbricata sul Continente, posandola ai piedi degli shinobi.

Le eventuali riflessioni che il gesto potrebbe scatenare sono tuttavia interrotte bruscamente dal fruscio insistente che proviene dalla destra del piccolo insediamento, in un punto in cui la foresta sembra diradarsi per lasciare posto ad una posta di erba alta. Nonostante la tensione, dopo un primo momento di allarme, i tre sembrano calmarsi, ripetendosi l'un l'altro una parola nella loro lingua e annuendo: sembrano aspettarsi visite, ed in effetti le tre persone che escono dalla boscaglia sono decisamente dei visitatori.

Abbigliati grossomodo secondo la moda del Continente, se chiudiamo un occhio su qualche dettaglio di evidente provenienza esotica.

Il più giovane avrà sui vent'anni, il più maturo una quarantina; sfoggiano l'abbronzatura tipica di chi lavora in mare e muscoli da mercenario, armi da taglio di diversi tipi appesi alla cintola e scimitarre di fattura estera appese alla schiena: gente abituata a suonarle di santa ragione a chiunque, per avere ciò che vuole.
Le occhiate che ricevono Kacchan e Masaru dagli estranei sarebbero state un misto di sorpresa e sospetto, ma l'incedere degli sconosciuti non sarebbe rallentato; giunti al cospetto degli indigeni, avrebbero rivolto loro saluti nella lingua locale – di salutare gli shinobi manco a parlarne – ed avrebbero ricevuto saluti a loro volta, seguendo un breve rituale decisamente più rilassato e significativo dello scambio sconnesso di gesti che poteva essere realizzato con gente che non mastica affatto la parlata isolana. Decisamente più rilassati sono anche i tre indigeni, inclusa la guida, che però continua a tenere lo sguardo basso; il più anziano si reca subito nella capanna accanto e ne esce con l'involto tra le mani, che porge al più anziano del trio appena arrivato, ricevendo in cambio una bisaccia in pelle dall'aria pesante, decisamente ricolma di qualcosa che non è dato conoscere.

Nonostante la calma ostentata, la sensazione di essere tenuti sotto controllo dai tre non avrebbe abbandonato la kunoichi di Iwa e il giovane medico, oggetto di continue occhiate in tralice da parte del trio marinaresco; gli indigeni ora sembrano quasi allegri, come se fosse stato tolto loro un grosso peso dalla groppa.
Indovinate un po' chi sono le persone meno felici, in questo ameno quadretto?


 
Top
view post Posted on 3/7/2021, 16:25     +1   -1
Avatar


Group:
Iwa
Posts:
3,970
Location:
Cair Paravel

Status:


Un viaggio inaspettato
Quella situazione stava diventando sempre più aggrovigliata, tra il desiderio di Masaru di conciliare in qualche modo alle richieste poste in essere dal suo mandante, le richieste - giustificabili - di Kacchan e la tragica vicenda che aveva colpito gli indigeni, c'era decisamente poco da fare. Era piuttosto frustrante, ma non abbastanza da dare alla Takeda l'idea di arrendersi e tornarsene a mani vuote.
A fermare gli accordi una singola parola, esclamata dal più anziano con irritazione. Lo sguardo di lei, come forse quello degli altri, andò così al nativo del luogo. In piedi a braccia conserte, la donna della Roccia seguì con le iridi cristalline l'indigeno mentre egli usciva dalla casupola. Una breve occhiata agli altri due, prima di rivolgerne una anche a Kacchan, piuttosto perplessa dal cosa sarebbe avvenuto di lì in poi. Non restava che attendere.

E l'attesa diede presto i suoi frutti, manifestati sotto forma di una cassa lasciata dinanzi ai due shinobi. Non proprio frutti gradevoli quindi, considerato che a giudicare dall'aspetto Masaru intuì si trattasse della merce con cui Satomi aveva chiesto lo scambio.
Inutile dire che la Jinton si sentì morire dentro, perdendo colore. Tornare in un villaggio come Iwa con un simile fallimento, peggio se per una cosa tanto banale e di cui semplicemente non aveva colpa.
Né tantomeno al konohano dava colpe di sorta, perché lui, come lei, aveva posto delle semplici domande e cercato una soluzione che non fosse piangersi addosso o tornare a mani vuote. Erano quelli ad essere teste calde e Kacchan avrebbe potuto percepire la tempesta della Takeda dietro la sua calma, persino la frustrazione verso di lui era svanita, anche se quella non c'era già da un po' ormai.

L'unico segno che tradiva come lei si sentisse a riguardo fu l'ulteriore stringersi delle dita contro le braccia conserte, oltre alla mascella leggermente serrata, però in quel tumulto interiore c'era tutto tranne rassegnazione.
All'infuori di quelle reazioni, ogni riflessione in merito venne bruscamente interrotta da un rumore sospetto, che come aveva messo in guardia gli indigeni, allo stesso modo aveva portato lei sull'attenti. Le iridi prima fisse sulla fonte del suono si intervallano tra essa e gli indigeni quand'essi cominciarono a parlare tra loro e rilassarsi.

Lei però, l'unica cosa che rilassò fu la postura e, anzi, se possibile, vedere i nuovi arrivati non fu affatto di consolazione. La misero ancor più sul chi va là, non troppo sorpresa, avendo in precedenza riflettuto sulle ragioni che avevano portato gli indigeni ad intimorirsi all'idea di Kacchan.

Le priorità erano cambiate... non aveva intenzione di darla vinta agli indigeni e tornare a mani vuote o, peggio, senza la possibilità di effettuare altri scambi - a giudicare dal 'rimborso' - quindi le opzioni, pur sapendo di rischiare d'irritare i venditori di quella roba, restavano tre, barattare con quegli uomini visto che adesso avevano anche la merce per effettuare uno scambio diretto; chiedere il loro contributo nel tentare di riacciuffare il ladro oppure indagare da soli nell'ombra, tentando di non farsi scoprire. Le ultime due erano estremamente rischiose, per cui Masaru avrebbe optato per cominciare con la prima, lasciando spazio però a Kacchan per proporla direttamente, visto che aveva avuto lui la buona idea.

Prima di ogni cosa però, andavano fatti i dovuti accertamenti, come per esempio assicurarsi del muro linguistico che poteva esserci tra loro e degli atteggiamenti posti in essere da quegli uomini, che avrebbero potuto confermare o meno la loro apparenza bellicosa: "Chiedo scusa," si approcciò ai nuovi con cortesia e calma, attendendo cautamente il momento più opportuno per intervenire e accompagnando con cura le parole con i gesti più appropriati possibili, lenti e sicuri, ricacciando indietro il timore di fare un passo falso, "voi parlate la nostra lingua?"

Nel mentre che chiedeva ciò, Masaru li stava studiando al di là dello sguardo tranquillo, con l'intenzione di carpire quanto poteva di loro dal linguaggio non verbale, ma anche in cerca di eventuali segni come tatuaggi e simboli particolare in ciò che indossavano, e chissà, magari riuscire a individuare vagamente cosa potrebbe interessare loro al di là di quanto già intuibile. (dado)

code © psiche


CITAZIONE
Lancio dado per psico!


Psicologia: 20
  • 3d10
    6
    9
    5
  • Inviato il
    3/7/2021, 17:25
    ~Eldarius
 
Contacts  Top
view post Posted on 4/7/2021, 10:28     +1   -1
Avatar

A Man of No Consequence

Group:
Member
Posts:
2,041

Status:


Sfortunatamente per i due, la situazione non mostrava alcun segno di miglioramento. Inutile dire che furono inutili i loro tentativi di cercare di convincere gli aborigeni a consegnar loro la dose di erba pattuita o, forse, non ci avevano messo la giusta enfasi, non avevano premuto i tasti giusti per azionare il meccanismo vincente che avrebbe permesso lo scambio. Semplicemente ogni loro tentativo non portò altro che accrescere la loro frustrazione ed irritazione tanto che, il più anziano del trio, li zittì, allontanandosi per poter riconsegnare loro quello che, suppose Kacchan, era la merce con cui Satomi aveva avuto intenzione di barattare l’erba.

Il konohaniano non potè fare a meno di trattenere uno sbuffo, il fumo di sigaretta a sfuggire lento dalle narici, tanto da render ancora più cupa la sua espressione, lo sguardo rivolto su una Masaru che, in quel momento, si raggelò sul posto. Era un messaggio fin troppo evidente, il loro: Riprendetevi la vostra roba. Da noi non avrete più niente.

Il giovane ebbe giusto il tempo di chinarsi sulla cassa, per poterne vedere il contenuto, quando Chiyo gli si accostò da sopra la spalla, attirando la sua attenzione. Arrivano. Gli sussurrò, poggiandogli le mani sulle spalle e dandogli quella giusta pressione da fargli capire verso dove rivolgere lo sguardo.

Sebbene gli Yamanaka fossero rinomati per le loro capacità sensoriali, non furono quelle a fargli capire il grado di pericolosità del nuovo terzetto che si stava avvicinando loro. Niente a che vedere, quindi, con la percezione del chakra o simili, ne tantomeno fecero da campanello d’allarme le armi che si portavano appese addosso… Quello che fece strabuzzare gli occhi al giovane, costringendolo a trattenere il brivido che gli risaliva lungo la schiena era la schiera di anime che si portavano appresso. Tante ed estremamente eterogenee, tra loro, ma tutte accomunate da un unico, grande fattore: l’odio e il risentimento che provavano verso coloro i quali si erano legati.

Li vedeva fluttuare al loro fianco, ignari, mentre li scrutavano in cagnesco, bramosi quasi di voler serrare le loro mani sulle loro gole, forse per ripagarli della stessa moneta con la quale erano stati trattati loro. Quel mood di emozioni, il loro modo di fare, gli ricordò tremendamente il gruppo di anima appartenenti al villaggio per cui aveva compiuto il suo ultimo lavoro, nel Continente. La rabbia di una cittadinanza che si era vista sottrarre con l’inganno, a causa della cieca avidità di un singolo, il palliativo alla malattia che li stava facendo tanto soffrire. E ancora ricordava come quel loro risentimento, quella loro rabbia, si fosse riversata in lui quando, alla fine, avevano trovato il mercante. Il modo in cui lo aveva seviziato e torturato….

Scosse il capo, cercando di ignorare il bruciore fastidioso agli occhi. Se quelle anime si accorgessero di lui, sarebbe un grosso, grossissimo guaio… E addio copertura. Interagire. Con Chiyo o con Ryunosuke poi, in quel momento, era anche ancora più rischioso: li avrebbe messi in allerta, e a quel punto sarebbe stato facile, per loro, capire che lui poteva vederli e, di conseguenza, riuscire ad esaudire le loro ultime richieste.

«Merda.» Bisbigliò a denti stretti, osservando come gli aborigeni, in loro presenza, si fossero decisamente molto più tranquillizzati. Mercenari, assassini prezzolati senza dubbio. E a giudicare dal loro aspetto, penso proprio si tratti di pirati. E non è la prima volta che questi qui fanno affari con loro, anzi. Sembrano piuttosto clienti fin troppo abituali… E quasi sicuramene non li pagheranno con… Cazzo sta nella cassa? Abbassò leggermente lo sguardo, ma Chiyo aveva già iniziato a sbirciare all’interno, mentre Ryunosuke, allarmato anche lui dal modo in cui quegli uomini si erano messi a squadrarli, si era messo vicino a Masaru, in modo da proteggerla.

Che strano… Sembra un kit di pronto soccorso, e poi… Coltelli e… Barrette energetiche? Sule serio!? «Ci credo che non abbiano voluto consegnarci altra merce… Minimo quelli la pagano al triplo del suo peso in oro. Quella tua amica doveva essere proprio un’ingenua, se sperava di poter avere potere d’acquisto con delle semplici barrette nutritive. » Sussurrò a Masaru, alzandosi nuovamente in posizione eretta, ma lei sembrò non prestare attenzione alle sue parole. Cocciuta com’era, tentò di interagire con loro, sperando forse di poter trovare un accordo con loro.

Pessima scelta, almeno secondo il punto di vista di Kacchan che, serrando i denti, sibilò la sua frustrazione, andandole vicino e poggiandole una mano dietro la schiena, proprio al centro delle spalle. «Tesoro, non credo sia il caso…» Cercò di acquietarla, provando a tirarla di un passetto indietro, ma ormai Masaru aveva attirato su di sé l’attenzione dei tre mercenari che, ilari come solo la gente più becera sa essere, risposero a tono, buttandola sull’ambito sessuale. E ti pareva… Conoscendo Masaru, una frase del genere non l’avrebbe mandata giù con tanta facilità e, di certo, lui non aveva sto grande potere coercitivo su di lei, però c’era sempre un modo per assecondare le sue ragioni. Certo, l’avrebbe messo a rischio, però, con le giuste precauzioni….

Dalla mano poggiata sulla sua schiena, la donna avrebbe potuto facilmente percepire un brivido sinistro percorrerla da capo a piedi, una sensazione fin troppo familiare che l’avrebbe riportata indietro di qualche anno, a quando Kacchan le aveva mostrato quello che lui era in grado di fare, in quel villaggio completamente disabitato nel Paese della Pioggia.

Il giovane chiuse gli occhi, cercando di nascondere agli altri il loro repentino mutamento di colore, percependo chiaramente la chiralina iniziare a tingerli di nero, mentre le lenti a contatto, pian piano, iniziavano quasi a sciogliersi sotto le palpebre, incrementando ulteriormente il fastidio. Per un attimo, Masaru avrebbe avuto la fugace visione dello stuolo di anime che accompagnavano i nuovi arrivati, giusto il tempo di un battito di ciglia, perché immediato il ragazzo ruppe il contatto, perché aveva percepito già una di quelle anime scattare sull’attenti, drizzare le orecchie per cercare di capire chi, tra loro, sembrava essersi accorto della sua presenza. «Ti prego, evitiamo di avere a che fare con loro…»

Alzò nuovamente il viso, sorridendo affabile in direzione del gruppetto. «Non fate caso a noi, tanto adesso ce ne stiamo andando, vero Facendole poi cenno verso l’abitazione da cui erano usciti poco prima, quella da dove si erano introdotti i ladri che avevano rubato la loro merce. Se voleva evitare di tornare ad Iwa con un fallimento in mano, la loro unica alternativa era mettersi alla ricerca di chi aveva sottratto loro il maltolto, sempre ammesso che sarebbero riusciti nell’impresa. Quantomeno avevano una pista da cui poter iniziare, sempre meglio di niente….

Tiro di Diplomazia (C) su Masaru: 16
  • 2d10
    7
    9
  • Inviato il
    4/7/2021, 11:28
    ArdynIzunia
 
Top
48 replies since 1/4/2021, 23:03   1162 views
  Share