蛹 Sanagi, Urako Yakamoto, sessione #10

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 21/2/2021, 11:43     +1   -1
Avatar


Group:
Narratori
Posts:
5,484

Status:


CITAZIONE
Siamo sopra i 20k con codici, non dovremmo avere problemi di lunghezza.





Kirigakure no sato, 20 Settembre 252 DN


Il pulviscolo danza pigramente a mezz'aria, sospeso nel fascio di luce dorata che spiove dalla finestra.
Non è una visione consueta.
Il sole, dico.
Ci pensa mentre sbatte le palpebre, appena sveglia, mentre fissa le travi del soffitto e la polvere che riempie l'aria della stanza.

Il futon che aveva prima non le piaceva: si alzava sempre con la nuca ammaccata. Questo nuovo che ha preso va meglio. Forse troppo. Diventa più difficile strisciare fuori dalle coperte, quando stai comoda.

Raggiunge a piedi nudi la soglia della stanza da letto, poggia una mano sullo stipite della porta e si ferma, pensierosa.
Anche fare dieci passi senza vomitare l'anima, non è una cosa consueta.

*



Non crede più di ricordare la data: 10 Ottobre? 12?
Quella mattina si è svegliata, si è alzata, ha messo mezzo piede nel soggiorno.
L'istante dopo aveva gli occhi all'altezza delle assi di legno del pavimento e le orecchie registravano un tonfo sordo, le ossa vibravano per il colpo e lo stomaco di lì a poco avrebbe riversato tutto il suo contenuto – non molto, a dire il vero – a terra, dandole appena il tempo di rotolare un po' di lato per non vomitarsi addosso.
Non ci avrebbe messo molto a correlare i due eventi: muoversi troppo equivaleva a vomitare.
Fine.
Le ore seguenti le avrebbe trascorse passando mentalmente in rassegna la sintomatologia di tutte le malattie di sua conoscenza, prepararsi psicologicamente ad averne contratte almeno due o tre nel reparto Infettivi, e a stupirsi perché, nonostante fosse ormai in ritardo mostruoso per il turno mattutino, a nessuno venisse in mente di venire a controllare che fine avesse fatto.

Cioè, oddio, ripensandoci... forse avrebbe dovuto sorprendersi SE fosse accaduto.

Chi cavolo avrebbe dovuto cercarla? La Sakamoto? Hatsue? Kai Yuki? Yuzora o Takumi Harada?
È quello il prezzo che paghi, quando non coltivi i rapporti umani a dovere.
Il mondo attorno va avanti, cammina, e tu sei con te stessa e lo vedi passare da sotto la finestra.

Così è rimasta spalmata sul pavimento per almeno sei ore, accanto alla chiazza di bile e succhi gastrici, sempre più infreddolita, senza che i suoi arti accennassero minimamente a sostenerla: ha provato molte volte, ma trascinarsi sul pavimento sembrava essere il massimo movimento consentito dal suo stomaco, sia per le braccia che per le gambe. Era una situazione così stupida, così ridicola e inverosimile, che lei per prima non riusciva a crederci.
Si è ripetuta tante volte che forse era un sogno, ed altrettante volte ha dovuto rassegnarsi all'evidenza: era più che sveglia. Dal piano di sotto nemmeno un alito.
Eppure la signora Nakano, la padrona dell'edificio, sorda come una campana, avrebbe dovuto iniziare a gridare contro i suoi gatti più o meno alle sette e mezza di mattina.

Quello stronzo di Kirotaba...
… no, Nuibari era silente, inerte, come ci si aspetta da un normale pezzo di ferro insomma, accuratamente sigillata e lontana da sguardi indiscreti.
Alla fine, verso l'una del pomeriggio, l'ira funesta del suo stomaco in un modo o nell'altro le ha consentito di guadagnare la postura eretta e dopo essersi infilata addosso qualcosa a caso – con estrema cautela, per non doversi cambiare daccapo di nuovo - si è incamminata con lentezza inverosimile verso l'ospedale, non senza aver prima indossato guanti e mascherina chirurgica, che si sa mai che accidenti avesse beccato, e ci mancava solo di contagiare tutto il vicinato.
In strada non c'era quasi nessuno.
I pochi che c'erano, avevano facce spiritate.
Un silenzio spettrale.
Sui tetti nemmeno un ANBU. Niente shinobi per le vie.
Merda – si era detta, e aveva ragione a imprecare contro qualsiasi ente umano o divino a portata di insulto, perché l'ospedale si era trasformato in una specie di obitorio a sei piani.
Quando i colleghi l'hanno vista arrivare, era un misto di “dottoressa, finalmente, eravamo in pensiero!” e “Yakamoto, dove cazzo eri finita?!” a cui non ha avuto fiato per rispondere né si preoccupava particolarmente di riuscire a farlo; quelli hanno capito subito che non c'era trippa per gatti, l'hanno acchiappata per le spalle e l'hanno scaricata nel suo ufficio, facendole capire senza mezzi termini che non era abbastanza moribonda per essere visitata subito, visto che era arrivata lì sulle sue gambe. E niente, dal poco che è riuscita a capire mentre la trascinavano via in sedia a rotelle, stava succedendo “un gran casino con un sacco di morti”.
Grazie tante.
Specie perché nessuno poteva garantirle che presto non avrebbe tenuto compagnia agli altri cadaveri, giù in obitorio, e sicuramente il numero esiguo di medici dall'aspetto ancora sano contribuiva al bilancio.

In quelle lunghe ore di solitudine, tante cose le sono passate per la mente... avvisare Hayate, per dirne una. Cosa infattibile, nelle sue condizioni. Da parte dello stesso Artefice, nemmeno l'ombra di un contatto.
Unica consolazione: se l'avesse cercata, avrebbe saputo dove trovarla. Sperando che stesse bene anche lui... o meglio, che almeno si reggesse in piedi. Se però quel disastro aveva colpito tutti, non c'era ragione di pensare che avesse risparmiato lui... o gli altri, ben più giovani, deboli e inesperti. Hiramekarei non è una katana clemente, il suo nindo non lascia scampo al portatore, anche se era quell'idiota di Kanada quello messo peggio, ovunque egli fosse.
Se le Sogliole sono inflessibili, Samehada è semplicemente insaziabile.

Mizuguchi... non pervenuto, nemmeno lui.
La Sakamoto e Hatsue svanite nell'aria.
Si è trovata a fissare il vuoto con sguardo vacuo.
Non sapeva più cosa pensare.



Forse era già scesa la notte, quando finalmente ha riaperto gli occhi, dopo un tempo imprecisato di dormiveglia sconsolato: era buio e lei ancora appollaiata sulla sedia a rotelle. Aspettare lì era servito a poco, non era passato nessuno a controllare se fosse morta nel frattempo. Aveva freddo ai piedi, alle gambe, alla schiena. Si sentiva vuota, insensibile, come un pezzo di legna secca. Niente nausea, per il momento. Forse il riposo le aveva fatto bene.
Ha provato a quel punto ad alzarsi... e ci è riuscita: ha camminato cauta, il corpo non provava dolore, solo non voleva vomitare di nuovo.
Era chiedere tanto?

Ha guadagnato poco alla volta la porta dello studio, da sotto la quale filtrava la luce al neon del corridoio.
Ha messo una mano sulla maniglia, le pareti attorno a lei hanno fatto un balzo all'indietro e... è finita con la faccia sopra qualcosa di bianco, relativamente morbido e tiepido, prima di sentire un paio di braccia acchiapparla di peso e tirarla in piedi. Quando ha sollevato lo sguardo, si è trovata a fissare negli occhi niente meno che – rullo di tamburi – Kai Yuki.
Il che avrebbe potuto scatenarle un mezzo attacco di panico, cosa che ha evitato non certo a causa dell'aspetto del chuunin – pallido come un cadavere e decisamente stravolto – bensì “grazie” ad un nuovo, puntualissimo conato di vomito.
A questo punto la situazione si è fatta scabrosa.
Perché lo Yuki sembrava assolutamente convinto di fare la cosa giusta trattenendo Urako lì dov'era, mentre lei cercava disperatamente di non vomitargli addosso e non poteva spiegarglielo senza aprire la bocca... e compiere l'IRRIMEDIABILE.
Se la cavò tirandogli un cazzotto nello stomaco – perfetto, no? - e lanciandosi con una piroetta scomposta sul cestino della carta straccia dietro la porta, sotto lo sguardo esterrefatto del ragazzo.


“Sou desu ka.”
Dieci minuti dopo, a crisi finita, ancora abbarbicata al cestino, è riuscita a biascicare qualche frase sconnessa per spiegare allo Yuki perché fosse chiusa nello studio, da sola, al buio: un sorriso divertito e stanco si allarga sul viso del medico, che si è stropicciato gli occhi cerulei con un sospiro. Pareva che “quella roba” ce l'avessero quasi tutti, anche se i sintomi erano troppo diversi da poter applicare lo stesso protocollo per ciascuno, e il numero dei contagiati fosse talmente elevato da rendere inutile l'istituzione di una quarantena; lui se la stava cavando con febbre e mal di testa intermittenti, ma non abbastanza forti da impedirgli di trascinarsi in corsia... cosa che Urako per forza di cose non sarebbe riuscita a fare, se non avesse voluto vomitare addosso ai pazienti. “E comunque, sempai, non ti reggi in piedi” le ha fatto notare lui col solito garbo.
Urako ha annuito, il viso inespressivo.

Di lì a poco, hanno convenuto che fosse il caso di tentare di mettere qualcosa nello stomaco... nel caso di Urako, anche solo del riso al vapore, per reintegrare un poco le energie. Dopotutto, erano quasi ventiquattro ore che non mangiava, e pare che andasse molto di moda tra gli individui indeboliti rimanerci secchi.
“Militari e medici sono colpiti allo stesso modo dei civili, l'incidenza impedisce una qualunque reazione. Speriamo solo di non trovarci un esercito sulle spiagge domattina” commentava Kai con aria preoccupata.
“... guerra biologica?”
“Non si sa. Stanno analizzando campioni di acqua potabile e suolo, la merce sulle navi straniere attraccate al molo, addirittura la nebbia, ma finora non hanno individuato niente di anomalo. Gli shinobi sensitivi non rilevano nulla, e con nulla... vuol dire che non sentono più niente. Zero.”
Urako ha aggrottato le sopracciglia, rimestando sovrappensiero il riso nella ciotola.
“Radiazioni? Genjutsu?”
“Capaci di investire un intero arcipelago, incluso il Paese delle Onde?”
“E gli altri Paesi Ninja?”
“Poche notizie. Però pare che qualcosa non quadri anche da loro. Ho sentito che gli shinobi di pattuglia al confine hanno rilevato problemi analoghi nella popolazione civile stanziata nei paraggi. Stanno male anche gli equipaggi appena rientrati nel porto, e non importa se siano in mare da una settimana o un mese: hanno iniziato a stare male tutti nello stesso giorno, il medesimo in cui sono state colpite la terraferma e le isole.
I sintomi assomigliano in alcuni casi a quelli dell'insufficienza di chakra, altre volte il chakra è tanto in esubero da ustionare i pazienti, ma l'utilizzatore collassa subito dopo averlo impastato. Emi-sama e Kurage-sama hanno vietato tassativamente di utilizzare le jutsu mediche, per salvaguardare sia i pazienti che noi medici.
Per questo l'ipotesi del contagio mi fa storcere il naso. L'idea che ci possa essere la mano di un essere umano dietro a tutto questo... non so. Forse non voglio nemmeno pensarci, è troppo fuori scala. È come se... boh... all'improvviso, i raggi del sole fossero diventati tossici, e il corpo umano stesse reagendo come per bilanciare uno squilibrio ignoto.
Prima Watashi, poi Sabaku no Keiichi, poi i Bijuu e Fukagizu... non c'è pace...”

Gli avrebbe preso la mano, se non fosse che... ma... sai cosa... la mano l'ha allungata lo stesso. Gli ha dato due colpetti con le dita sul dorso della sua.
Il massimo consentito dal suo calore umano.
“Non fare quella faccia. Dobbiamo solo capire qual è il problema, poi lo risolveremo: come si è fatto per Watashi, per i gaijin invasori, per i Bijuu e per Fukagizu.”
Peccato che Watashi fosse stato ricacciato grazie all'intervento di un gaijin a caso, i gaijin invasori se ne fossero andati praticamente sua sponte, i Biju fossero spariti non-si-sa-come e lo scontro a Fukagizu fosse finito malissimo. Il processo finale a Kataritsuen non aveva certo resuscitato i morti.
Lo Yuki non si è mostrato particolarmente sollevato, com'era ovvio che fosse, ma ha comunque stiracchiato un mezzo sorriso e ha annuito stancamente; proseguendo la conversazione, Urako avrebbe appreso che Yu non sembrava essere in pericolo di vita, almeno stando a quanto visto in mattinata: la cosa sembrava confortare l'ex-orfano rapito, che ha disteso un poco quel cipiglio che aveva scolpito in fronte. “Mangia, Yakamoto-sempai”, le ha ripetuto alla fine, con un cenno più deciso alla volta della ciotola di riso.

Avrebbe trascorso quella prima nottata in studio, su di un futon di fortuna buttato giù da una Hatsue esausta e mezzo sorpresa di vederla lì... viva.
L' ultima cose che le ha detto prima di addormentarsi è stata che l'obitorio era talmente stracolmo che non c'era più spazio per niente e nessuno e di conseguenza, di avere pietà dei suoi colleghi nel seminterrato ed evitare di aumentare il loro lavoro.

*



Le settimane che sono seguite non le ricorda troppo bene. Ci ripensa mentre carica la cuociriso e piazza il bollitore sul fornello. Il pulviscolo dorato prosegue le sue danze nel soggiorno dal soffitto spiovente; deve resistere alla tentazione di arrotolarsi in una coperta a caso e lasciarsi andare sul divano, o sa già che alzarsi di lì sarà difficile... colazione o non colazione.
Di buono c'è che nessun esercito straniero era mai venuto a bussare alle porte di Kiri, mettendo alla prova quei Sette-che-non-ci-sono.

*



Ricorda di aver scoperto che la signora Nakano fosse morta solo una settimana dopo il fattaccio, e a quell'ora dei suoi gatti ne erano rimasti davvero pochi in giardino: la maggior parte si era allontanata, spinta dalla fame. Ricorda di essersi sentita sollevata, una decina di giorni dopo l'insorgere del Cataclisma, perché di nuovo riusciva a camminare e muoversi normalmente senza stare male, tanto che ha deciso di lasciare lo studio in ospedale (diventato una specie di tana per lei, Hatsue e la Sakamoto) e tornare nella sua mansardina; poi ha provato a impastare del chakra – poco poco, giusto per capire che aria tirasse.
Quello che ha vomitato un secondo dopo probabilmente era tutto il cibo ingerito dalla famosa cena con Kai Yuki in avanti. E quando la mattina seguente si è impavidamente alzata dal suo futon, convinta di poter ripartire dal livello del giorno precedente, non ha fatto in tempo ad accorgersi di star vomitando, che era già svenuta nella pozza tiepida di bile e succhi gastrici. Diverse ore dopo è rinvenuta, scossa da tremiti e assalita da una brutta emicrania, con l'odore disgustoso di vomito ancora addosso: per poco non ha dato di nuovo di stomaco. Poi ha pianto, per un tempo imprecisato; fuori è diventato buio. Sentiva freddo. Era sola, ancora. È strisciata fuori dai vestiti insudiciati ma non ha osato raggiungere il bagno per lavarsi, per paura di non riuscire più a uscirne.
Raggiunto il frigo, ne ha cavato fuori quel poco che c'era ancora e ha cercato di ridare un poco di energia a quel corpo che sembrava desiderare tutto, tranne che sopravvivere.

Il giorno dopo si è svegliata sul divano. Faceva freddo. Si avvicinava l'inverno, la signora Nakano era morta – per l'appunto – e il riscaldamento della mansarda dipendeva da quello del piano terra: prima che riuscisse a far passare uno dei nipoti della donna, sono trascorsi tre o quattro giorni durante i quali è passata dal desiderare di dare fuoco alla casa per riscaldarsi, allo strisciare nuovamente in ospedale... dove se non altro, non sarebbe rimasta sola né le sarebbe mancato del cibo caldo.

*



Il tè nero è rimasto in infusione per troppo tempo, è diventato di nuovo amaro, ma non tanto quanto la volta scorsa. Sta migliorando. Forse riuscirà a farne di decente entro fine mese.
In generale, la sua vita ci ha messo un bel po' di più del suo tè a migliorare, e le sue capacità di cuoca sono messe anche peggio.

*



Lati positivi dello stare tappata in ospedale: non sorbirsi in continuazione le lagne e le pressioni di sua madre perché rientrasse a casa, tenere d'occhio di persona le gemelle ricoverate per un mesetto – i geni in comune tra gli Yakamoto avevano elargito anche a loro un'abbondante dose di malesseri, confrontarsi con medici e shinobi sulle difficoltà incontrate nelle attività un tempo ritenute ordinarie e banali, essere informata in tempo reale delle nuove scoperte sul disturbo, evitando voci di seconda o terza mano. E sì, vedere Kai Yuki ogni tanto.

Lati negativi: nessun orario di lavoro preciso, veder morire gente a palate, non avere praticamente tempo per riprendere la riabilitazione all'uso del chakra. E rendersi conto che Kai Yuki è circondato da una folta schiera di ammiratrici, vuoi per il corredo genetico blasonato, vuoi per la mancanza di genitori che combinino il tuo matrimonio quando sei ancora in fasce. In parole povere: uno Yuki libero come l'aria. Orfano, ma pur sempre uno Yuki.

Uno di quei soggetti che Urako Yakamoto ha sempre visto col fumo negli occhi, ma che nel suo essere persona unica e irripetibile, slegata da quelle dinamiche sociali del Clan vero e proprio... insomma... Kai Yuki era ed è una persona non disprezzabile.
Un ragazzo accettabile.
Il ragazzo che ti illumina la giornata quando passa, senza essere uno Youton che ha appena dato fuoco al tuo peggior nemico, e che ti fa ribollire di acido senza azzeccarci niente con uelli del Futton, quando lo vedi chiacchierare con l'ennesima collega diversa (e tu credevi ingenuamente di aver mappato con precisione estrema la rete di relazioni umane che lo coinvolge sul lavoro).
E chissà fuori dall'ospedale che aria tira.
Chiedere informazioni a Yu è NATURALMENTE fuori discussione, perché a Urako Kai Yuki non interessa PER NIENTE in quel modo lì.
È giusto... come chiamarlo?
Un interesse estetico.
Come si può ammirare un bel fiore, un bel vaso, una bella xilografia, così si può provare una piacevole sensazione in compagnia di un essere umano di pregio, no?
Il ragionamento filava perfettamente. Ma quello zotico del rosso non avrebbe mai capito una tale sofisticazione, e avrebbe finito per riderle dietro di gusto, magari spifferando tutto al fratello e facendole fare una figuraccia atroce. Yuki-san avrebbe finito per uscire con una di quelle biondine scodinzolanti del reparto di chirurgia estetica, e lei avrebbe dovuto trovarsi un altro elemento di “interesse filosofico”.
E così si esercitava ogni giorno all'inevitabile distacco da questo vezzo adolescenziale, mentre si preparava psicologicamente a non sentirsi chiamare più “sempai”, in vista di una promozione che presto o tardi sarebbe arrivata anche a lui. Nessuno più di lui riusciva a sollevare il morale a colleghi e pazienti, forse perché in una situazione simile ci si era già trovato, anche se in altri termini: una disperazione completa, totalizzante, senza uscita, morte e sofferenza che ti tendono le mani ossute in fondo al tuo viaggio carico di angoscia e atrocità.

*



Che brutti momenti, quelli – si dice, lasciando che il tè la riscaldi dentro come solo una bevanda calda sa fare. Brutti, fanno stare male, eppure perché ha l'impressione di volerne provare ancora?

Il riso stavolta è venuto crudo. Dopo un paio di bocconi, con i chicchi che le si incastrano tra i denti, decide di lasciar perdere: e tramezzino dell'ospedale sia.

*



Dopo un paio di mesi è parso chiaro che provare a impastare chakra, medico o suiton che fosse, infliggeva al suo organismo un trauma tanto intenso da azzerare completamente i progressi faticosamente ottenuti nei giorni precedenti. Ha pianto per questa cosa lacrime amare.
Ha pianto per un'immagine, un'idea di sé che si era costruita in quegli anni che ormai ammontavano a sei, un periodo in cui aveva dato tutta se stessa per battere una propria pista, forgiare qualcosa di suo, un percorso, un risultato che le appartenesse davvero, che non potesse appartenere a nessun altro: tutto andato, dissolto, inconsistente, come la nebbia che avvolge con la sua ostinata cappa l'intero arcipelago. Non le restava che quello stupido spiedo di acciaio, e uno Spettro ostinatamente muto.
Si era aspettata di poter comunicare con la sua katana così come Mizuguchi faceva con Kubikiri: col demone-lupo e tutto il resto, qualcosa che le ricordasse che la sua arma era davvero speciale. Che sputarci sangue sopra era davvero valso la pena. Che investirci su il suo futuro sarebbe davvero stata una scelta sensata.
Con questo spirito – spezzato, sfiduciato, senza un minimo di aspettative o attese – si è recata ai campi di allenamento, e ha cominciato a ricostruire tutto da zero.

Respirazione, massa muscolare, velocità, resistenza, agilità.

Tutto come quando aveva otto anni, e il sensei in Accademia insisteva tanto coi giri di campo, i salti, gli addominali e tutti quegli esercizi mortalmente noiosi, che ora iniziavano magicamente ad avere un senso, uno scopo diverso dal prendere un buon voto: i giorni che passano, il corpo che cambia aspetto, un poco alla volta. No, quel piattume desolante sul torace, sempre piatto sarebbe rimasto, ma lentamente la ragazzina-mezza-morta iniziava ad assomigliare ad una kunoichi rispettabile, costretta com'era a dare tanto più spazio alle armi, piuttosto che alle arti magiche: quello spazio che prima era dedicato al Ninjutsu, all'impasto del chakra, ora è dedicato a irrobustire quegli arti che dovranno brandire Ago, affondarne la lama nelle carni di altri esseri umani, sopportare la trazione del filo e poi controllarla, schivare, scappare, correre a perdifiato, arrampicarsi, scattare all'improvviso.
Di cadaveri su cui fare pratica ce ne sono pure troppi in obitorio.
Tuttavia...

*




Tuttavia.
Per quanto la feccia abbondasse a Kiri, in quell'orribile momento storico, non ha ancora trovato la risolutezza di appendere qualcuno ancora vivo alle porte della città.
Figuriamoci: nemmeno l'ultimo dei maledetti Ashura ha voluto debellare, e nemmeno sa se sia successo per paura o per pietà. Più tempo passa e meno riesce a capirsi.

Aveva creduto di voler raccontare la storia di Kaede al mondo, giusto, no? Far vivere gli Ashura nel ricordo storico, e bla bla bla...
È bastata una sola occhiata ai volti di porcellana degli ANBU arrivati a prenderla, per farle ingoiare la lingua.
Vorreste sapere cosa avesse raccontato, alla fine?

Un mucchio di stronzate vaghissime, che si è ripetuta in testa un numero sufficiente di volte da riuscire a riferire senza contraddirsi: di come Kaede fosse un genio assoluto, santo martire, spirato poco dopo aver trovato la cura al terribile male di cui egli stesso era caduto vittima. Ha raccontato di una variante locale del Morbo degli Ashura, venuta fuori chissà come, forse a partire da un cadavere riesumato; del fatto che il bacillo responsabile del male prediligesse un particolare marcatore genetico tipico degli abitanti di Gashima, categoria a cui San Kaede (buonanima) apparteneva, ma lei no. Che fortuna, insomma.
La pestilenza sarebbe stata curata quasi per caso, in uno degli svariati tentativi effettuati dallo stesso Kaede, il quale – ripetiamolo – era un genio assoluto, ma terribilmente disordinato... tanto che ricostruire i passaggi per ottenere la cura sarebbe stato impossibile, per una come lei.
Ovviamente Urako ha sconsigliato in tutti i modi di dare fuoco al laboratorio e agli appunti dello scienziato, sia mai che potessero tornare utili in futuro...
E quando hanno chiesto come fosse possibile che nessuno sull'isola ricordasse un'epidemia mortale?

Difficile da sistemare, quel problema.
Allora...
Ecco: quel genio di Kaede, preoccupato di prevenire la diffusione dei contagi, avrebbe un filino gonfiato i numeri per stimolare una reazione rapida delle alte sfere... prevedendo che le vittime sarebbero cresciute rapidamente fino ad uguagliare la stima presentata a Kiri. Per fortuna nel frattempo era anche riuscito a isolare gli infetti, che una volta guariti sembravano aver perso ogni memoria della malattia.
Sicuramente colpa del bacillo.
Non avete idea di come riducesse i poveri pazienti.
Oh, che orribile agente patogeno.
Si capisce, perché il Villaggio fosse così preoccupato di debellarlo!
E che eccellente medico Kaede, capace di essere sempre un passo avanti al Morbo... che terribile perdita per il mondo scientifico!

E così sono passati quei pochissimi mesi in cui Kiri si è potuta permettere il lusso di mettere una pietra sopra alla faccenda degli Ashura e Urako ha mal sopportato i sensi di colpa, per le menzogne da un lato e le promesse mancate dall'altro. Hayate sempre terribilmente impegnato, difficilissimo trovare il momento adatto per prenderlo da parte e raccontargli delle scoperte sulla terribile storia di quel Clan sterminato ingiustamente... finché ecco, l'occasione per parlare non c'è stata più. I problemi grossi sono diventati altri per tutti, gli Ashura sono caduti nel dimenticatoio e dopo aver raccolto i cocci, si è messa a cucire cani già morti e ad appenderli in giro per il Villaggio.

I campioni di sangue che ha messo da parte, sopravvissuti miracolosamente al terribile disturbo del Chakra, avrebbero potuto attendere ancora un po'.


*



Cani, ratti... gatti no. I gatti proprio non riesce.
Un capitolo del cavolo, quello del Sarto.
Vogliamo parlare di quando ha deciso definitivamente di non presentarsi al pubblico in veste di Tessitore? Di quando ha comprato la prima maschera e l'ha dipinta? Di come abbia iniziato ad assentarsi improvvisamente dal lavoro, dare buca agli appuntamenti, ad essere sempre più sola, ed abbia giustificato questo come un prezzo giusto da pagare per l'onore di brandire Nuibari?
Una parte divertente c'è: spargere in giro voci terribili sul Sarto, ed ascoltarle ripetere nei corridoi, sempre più arricchite di dettagli truculenti. Quelli sono i momenti migliori della giornata: quando scappa via, sghignazzando dietro alla mascherina.

*




Sul fondo della tazza vuota resta sempre qualche fogliolina di tè.
Tre anni sono passati.
È un po' più grande di tre anni fa, un po' più forte ed esperta di tre anni fa. Un po' più sola. Un po' più triste. Più stupida, forse: non dovrebbe avere motivo di essere triste. Lei è il Tessitore. Dovrebbe esserne fiera, non... vagamente spaventata.

Le cose che avrebbe voluto tornare al loro posto, alla fine, non ci sono mai andate. O meglio, se si sono sistemate in qualche modo, non sono andate sicuramente come lei immaginava.

Cioè, parliamone: a Kumo è salito al trono un Jashinista, che non si fa problemi a dire in giro che razza di Kami adora. L'ha sentito con le sue orecchie dirlo chiaro e forte al mondo, pochi istanti prima di dichiarare che i dannati Bijuu – sì, i mostroni giganti con le code – sono ancora in circolazione, e che lui ne porta uno addosso. E l'ha detto così, senza vergogna. Forse un po' lo invidia.
D'accordo, qualunque persona che non sia un Kage, dopo un discorso del genere, sarebbe stato arrestato e rinchiuso in una clinica psichiatrica. Lui no: è il Raikage e nessuno ha potuto o voluto dire “a”, specie dopo aver provato quella sensazione spaventosa emanata incontrovertibilmente dalla sua persona.
Quando ci ripensa, ha ancora i brividi.

Deposita la tazza nel lavandino e lancia un'occhiata distratta fuori dalla finestra impolverata.

Il mondo è sempre più strano e gira al contrario, ci sono Paesi governati dai mostri, malattie incomprensibili, ma ci sono anche i turni di lavoro, lo stipendio a fine mese, la faccia amica di Yu che non sembra mai scontento di vederla, anche se si fa viva una volta ogni mai.
E per ora, queste cose se le farà bastare.


*



Non le capitava da un po' di fare così tardi, e per "tardi" intendiamo le sette e mezza... invece delle sei di mattina, il che presuppone l'andare a dormire con le galline, ma non siamo qui per parlare delle routine di una diciottenne senza vita sociale.
Certo, un po' si sente in colpa per quell'ora e mezza buttate via così, ma non può non riconoscere il segnale di torpida soddisfazione proveniente dal suo corpo costantemente sotto pressione.
Ha organizzato la settimana in modo da alternare la pratica del Richiamo con quella del Chakra medico e la preparazione atletica da sostenere per Nuibari; oggi è alla katana che tocca, quindi è uscita di casa direttamente con maschera e arma in resta.

Anche abituarsi a combattere con un campo visivo ridotto è stato un lavoraccio, ma a quello hanno pensato i gatti: Marumi in particolare, quando Shibuki-sensei ha deciso di tirarsi indietro. Diciamo che tra le varie cose ha dovuto imparare a fare affidamento su altri sensi, oltre che la vista, e questo le ha dato una certa quantità di benefici assai versatili; le ha procurato anche una lunga, lunga serie di graffi sanguinolenti, ma senza di quelli probabilmente si sarebbe sforzata molto meno di raggiungere il suo obbiettivo.
Se ve lo state chiedendo, la risposta è sì: si è allenata con la classica benda sugli occhi e sì, accorgerti se un gatto sta per azzannarti un polpaccio senza poterlo vedere è qualcosa di infame. Adesso però riesce a scattare sull'attenti appena sente una mosca volare, nonostante la parrucca che le scende sulle orecchie.

Alla fine di quel percorso accidentato ha guadagnato un certo autocontrollo, una bella capacità di sopportare il dolore prima di lasciarsi trascinare dalla frustrazione e una reattività sufficiente a caricare il bersaglio immediatamente dopo averlo inquadrato, prima che quello possa spostarsi in un angolo cieco.
Cosa?
Seriamente qualcuno credeva che avrebbe imparato a combattere a occhi chiusi?
Abbiamo detto "benefici assai versatili", non superpoteri.

La preparazione necessaria al combattimento all'arma bianca non è qualcosa con cui scherzare: ci ha messo mesi per inquadrare una routine, incavolarsi da morire perché i muscoli non venivano fuori come lei si aspettava, piangere perché sollevare il proprio peso con le sole braccia è diffiiiiicile e non ci sarebbe MAI riuscita, piangere perché Nuibari è pesante e le fa male la spalla destra dopo un quarto d'ora, incavolarsi per i calli doloranti, andare in paranoia perché nessun ragazzo avrebbe mai voluto toccare una mano così callosa, rassegnarsi per i calli, rassegnarsi all'equipaggiamento fisico che ha a disposizione - e per il fatto che né i muscoli, né le tette sembrano voler sporgere più di tre centimetri - e alla fine seguire quotidianamente la trafila di esercizi che si è scelta, alzando un poco il tiro ad ogni sessione.

Oggi si tratterà bene: si è prenotata un campo di allenamento abbastanza nuovo, con un'area piena di alberi e un'altra irta di pali levigati, da cui sporgono pioli collocati a diverse altezze. Inizia sempre con una bella corsa, annotando su un taccuino la velocità media, poi passa immediatamente alla pratica con la katana, prima con un braccio e poi con l'altro. No, ovviamente con la sinistra non tirerà mai stoccate precise come quelle di destra, ma nemmeno può affidarsi alla fortuna e contare sulla speranza di non venire mai ferita a un arto.

Non ci sono vere e proprie figure codificate per Nuibari e se un tempo esistevano trattati o spiegazioni, devono essere state nascoste o distrutte. Ha rimediato con l'aiuto dei soliti gatti. Ci sono stati rari momenti in cui l'ha colpita una sorta di strana intuizione... come se affiorasse una memoria di Kirotaba in persona, ma erano frangenti così rapidi da non riuscire a percepire altro, se non la consapevolezza della sequenza di movimenti da impostare. Sta di fatto che quelle sequenza hanno sempre - SEMPRE - funzionato, e sono tutte tecniche in grado di mandare buona parte dei felidi dell'Eremo a gambe all'aria.

Chiude l'allenamento la parte che sopporta di meno. Cioè quegli esercizi che fanno crescere i muscoli a tutto il Continente ninja, eccetto lei.
E forse è un bene: se mettesse su più massa, finirebbe per perdere velocità. E lei non vuole assolutamente rallentare.
Passati i venti-ventiquattro anni, farà i conti con un inevitabile calo fisiologico: i tempi per raggiungere il pieno del suo potenziale non sono più così larghi, ringraziando quello stupido Morbo che l'ha ridotta ad una larva inutile.
A volte riesce ad arrivare in fondo a quella tortura solo pensando al bagno caldo che la aspetta una volta tornata a casa, a volte riesce a non arrabbiarsi guardandosi allo specchio e pensa che, tutto sommato, non è messa poi così male. Altre volte ancora, è quando mena le mani che si rende conto di star facendo un ottimo lavoro: succede quando sente sulla schiena lo spostamento d'aria di un colpo che avrebbe potuto tranciarla in due, se solo non l'avesse schivato.
In quei casi merita un premio: bagno caldo extra per la Yakamoto, con una abbondante dose di sentirsi più vivi del solito.




CITAZIONE
Posso chiedere di segnare il vecchio compenso? Questioni pratiche: almeno aggiungo tutto all'exp della Passaggio e faccio il calcolo in blocco, per convertire la scheda.

Edit: vista la parte esigua dedicata alla narrazione dell'allenamento, aggiungo una parte che renda la sessione più conforme alla tipologia.

Edited by -Egeria- - 28/2/2021, 16:03
 
Top
view post Posted on 21/2/2021, 13:40     +1   -1
Avatar


Group:
Iwa
Posts:
3,971
Location:
Cair Paravel

Status:


CITAZIONE
Maaaaa il mondo è sempre stato strano, e dal progresso al regresso è un attimo. Pochi capperi.
Ti sto odiando, dopo sta lacrima strappastorie ho voglia di abbracciarla.
Non credo ci sia molto da dire in realtà e Megeria™️ rende bene a livello qualitativo - altrimenti sarebbe nei narra solo per reggere il moccolo :troll: .
Per me è un dieci tondo e un pattone una pacca sulla spalla.

Toh! *le lancia la ricompensa™️*

Conta 1.000 EXP con il vecchio regolamento.
Se invece ti contano quello nuovo sono 100.

E comunque ho un kunai in un occhio, non sto piangendo va bene!?!!


Edited by ~ErudaJibibi - 21/2/2021, 15:42
 
Contacts  Top
view post Posted on 28/2/2021, 16:04     +1   -1
Avatar


Group:
Narratori
Posts:
5,484

Status:


Ho aggiunto un pezzo in fondo per ampliare la sezione incentrata sull'allenamento, visto che rischiavo di essere un po' al di sotto dello standard richiesto.
 
Top
view post Posted on 1/3/2021, 11:39     +1   -1
Avatar


Group:
Meccanici
Posts:
1,082

Status:


Direi che adesso sia perfetto, l'unica cosa che ti rimane da fare è prenderti la tua ricompensa.
 
Top
3 replies since 21/2/2021, 11:43   88 views
  Share