Kiri, Dojo di Hōzuki Aoi.
24 Settembre 249 DN.
Il passo cadenzato sui listelli di legno tirati a lustro del Dojo, gli occhi oltremare attenti, mentre passavano ad osservare ora l’una, ora l’altra coppia d’allenamento nella palestra, i lunghi capelli neri legati in una coda bassa che sbattevano sulla schiena ad ogni passo calcolato. A Yu sembrava quasi di sentirne il fruscio, mentre fronteggiava Hisakata in quella battaglia d’allenamento. Incredibile a dirsi, ma quello che camminava attorno alle varie coppie era proprio suo padre. Severo come sempre. Altero nella sua rigida compostezza, ma allo stesso tempo accorto e silenzioso, mentre controllava il lavoro di tutti, pronto, elencandosi mentalmente gli errori di ognuno, ma tenendoseli per sé, in quel primo momento di studio. Come ci fosse finito in quel posto non era difficile da intuire: semplicemente non era riuscito a dire di no al suo adorabile fratellino. Nonostante sapesse di essere una frana in quel genere d’arte, aveva accettato per fare piacere a lui e, perché no, anche per imparare qualche cosa. Lo stesso Fuyu, quando gli aveva raccontato la cosa, aveva espresso l’opinione che, in fin dei conti, male non gli avrebbe fatto, quindi si era ritrovato incastrato in quella promessa fatta al giovane Hisakata. E da quel giorno, tutte le mattine, salvo cause di forza maggiore, era lì. Non era stato semplice ricominciare ad imparare qualcosa di nuovo, in cui era tutto fuorché esperto. I primi giorni erano stati tremendi. Aoi aveva ripreso più lui di tutti gli altri presenti al Dojo messi assieme. Ma sebbene ora fossero dei parigrado, era perfettamente conscio di non potergli dare contro in un contesto come quello. Era il suo Dojo. E lui un allievo. Poteva solo stringere i denti, rialzarsi, rimettersi in posizione e riprovare. Sbagliare. E riprovare ancora. Funzionava così. Solo in quel modo si poteva migliorare. Eppure, era difficile per lui togliersi dalla testa l’idea che suo padre si concentrasse tanto nel riprenderlo, perché lo voleva fuori dai piedi quanto prima. Uno spettro maligno che faticava ad abbandonarlo, anche ora che, errore su errore, aveva raggiunto un livello tale da non essere più così tanto bersagliato dai suoi rimproveri.
Leva quella spada dal suolo, o il tuo nemico non avrà la stessa cortesia di redarguirti. Un colpo secco con la spada dal basso verso l’alto sul legno della lama di uno dei suoi discepoli che l’aveva abbassata a terra a causa della stanchezza. I muscoli delle braccia bruciavano arrivati ad una certa ora e comprendeva la fiacchezza del compagno d’armi. Tuttavia…suo padre aveva ragione. Nessuno avrebbe avuto pietà di nessuno fuori dalle mura del Villaggio - tanto meno dentro, a dire il vero - anzi, posare l’arma equivaleva ad una resa o al porgere direttamente il proprio collo all’avversario. Combattete la stanchezza, se volete eccellere. Nessuno aspetterà che riprendiate fiato e sfrutteranno ogni apertura per farvi del male. Concentrazione! Spalle ben dritte, lama contro il nemico!
Aoi redarguì l’intero Dojo, richiamandoli all’attenzione. E mentre gli occhi di Yu si posavano su quelli di Hisakata, di fronte a lui con la lama in posizione, sentì chiaramente i passi del padre avvicinarsi a loro. Immaginava già il perché. Il giovane Hōzuki di fronte a lui era praticamente perfetto, si allenava da quando era un mocciosetto, probabilmente aveva tenuto in mano prima una spada di un lecca lecca. Lui, invece…lui ancora non aveva raggiunto un tale livello di perfezionismo. Lo sapeva da sé. Senza contare che la stanchezza iniziava a pesare sulle membra. Doveva concentrarsi anche solo per evitare che i muscoli avessero degli spasmi e gli facessero tremare la presa sull’elsa. Erano ore che si allenavano, ma questo non stava a significare che non fosse possibile resistere alla stanchezza fino alla fine. Fu mentre si concentrava per non cedere che avvertì la presenza di suo padre accanto a sé. Gli afferrò le braccia, direzionando meglio la spada di legno verso Hisa, aggiustando la sua posizione imperfetta e maldestra.
Dimenticatevi della compassione. La vostra vita e quella dei vostri compagni di squadra è in ballo.
Allora Yu strinse i denti. Acuì i sensi.
E, senza farselo ripetere, tirò un altro fendente.
Aaaaah, ho la schiena a pezzi… E faceva davvero un male cane, pure se stava sdraiato su quel manto d’erba fresca, all’ombra del loro albero preferito. Tu, invece, sembri quasi un fiorellino.
Hisakata era davvero eccezionale. Seduto contro il tronco, non sembrava minimamente soffrire la stanchezza delle lunghe ore di esercizio appena terminate. Se ne stava lì, pacifico. Se non avesse avuto il kimono da allenamento e quel po’ di sudore di troppo, avrebbe potuto essere tranquillamente lì per leggersi un libro. Sono solo abituato. Ridacchiò umile, come pochi del suo Clan. All'inizio anch’io avevo gambe e schiena a pezzi, ma pian piano tutto passa. Vedrai che dopo un po' anche tu non avvertirai più nulla, parola! Farsi consolare da suo fratello minore era al contempo mortificante e piacevole. Strano. E comunque, sei stato forte là dentro. Hai retto meglio di altri che si allenano da più tempo!
Eeeeh, dici? Non era che fosse molto convinto e sicuramente sarebbe trasparito. Ma non gli importava. Parlare con Hisakata dopo gli allenamenti era diventato un rituale. Un po’ come se si avvicinassero sempre di più, scambiando quelle poche parole. Conoscendosi piano piano, ognuno esprimendo i propri dubbi e le proprie perplessità quando si trovavano nel campo dell’altro. Eppure tuo padre non ha perso occasione per riprendermi, come al solito. Sbuffò una mezza risata, tirandosi su a sedere con una gamba piegata e un braccio appoggiato sul ginocchio. Non che sia una novità il fatto che non gli piaccia.
Ma no, non è come credi… Ah, quel ragazzino era un libro aperto. Avrebbe dovuto insegnargli come non far capire agli altri troppo facilmente cosa gli passava per la testa. Anche in quel momento era chiarissimo il suo dispiacere per la situazione e la sua paura. Probabilmente temeva che, un giorno, il rapporto negativo tra il padre e Yu, avrebbe potuto ripercuotersi anche sul loro ritrovato legame. Se lo ricordava ancora come era felice quando aveva scoperto che il Rosso era suo fratello maggiore, sebbene solo a metà. Arrabbiato per averlo saputo solo adesso, ma felice. Lui fa così perché ci tiene che tu faccia bene. E' il suo modo di dimostrare attenzione e cura. Sorrise timidamente, con un fare quasi nostalgico, facendosi più vicino al più grande. Quando ero piccolo e sbagliavo qualcosa, nonostante piangessi, Otōsan non veniva a consolarmi…non nella maniera canonica. Lui rimarcava il mio errore, mi riprendeva e faceva di tutto per spronarmi a sollevare la testa e asciugare le lacrime. Correggendomi nella postura, come ha fatto con te, o colpendo la spada per svegliarmi dallo sconforto. E' fatto così.
Evitò di dire a Hisakata cosa faceva Aoi, quando era piccolo lui…Ma sì, non faceva fatica a immaginare la situazione descritta dal fratello. L’aveva notato come fosse un po’ impacciato nei comportamenti che normalmente dovrebbe avere un genitore. Come gli era capitato di vedere anche in missione a Kokuhyō. Può essere. Ammise. Ho notato che non riprende mai il Trio Arroganza che si mette in fondo…non mi vengono i nomi, ma parlo di quelli che arrivano sempre qualche minuto in ritardo, quei due moretti insolenti e quell’albino con la faccia da schiaffi. Ma piuttosto si concentra su quelli che si danno da fare. Ci pensò un attimo. Tipo Kappa-kun! Hai capito di chi parlo no? Quel ragazzo con la capigliatura strana, simile alla chierica! Kuso…come diavolo si chiama? A furia di usare i soprannomi che lui e Kurama affibbiavano alla gente, iniziava a non ricordarne più i nomi reali. Katō Fumiaki, giusto! Lui si prende davvero un sacco sul serio e si impegna più di chiunque, forse anche troppo. Eppure viene ripreso di continuo.
Un sorriso soddisfatto increspò il viso di Hisakata. L’hai notato, eh? Sembrava gli piacesse avere un fratello sveglio. “Ho già sprecato troppo tempo, non ho intenzione di sprecarne ancora.”
Fece, cercando di riprodurre la voce del padre e il suo fare un po’ impettito e fiero, ma risultando un tantino grottesco. Imitare non era proprio il suo forte! Tant’è che Yu non riuscì a non ridere. Lo guardò qualche secondo con gli occhi chiari sbarrati, prima di scoppiare in una fragorosa risata, tale da fargli lacrimare gli occhi dall’estremità. Suo fratello che imitava Aoi era assurdamente divertente e non ci somigliava nemmeno un po’, anche se in qualche modo si intuiva che stesse tentando di emulare lui. Si, beh, capisco il ragionamento. Consentì, appena ripresosi dalle risate. In questo modo, chi non si impegna probabilmente abbandonerà presto, lasciando il posto a chi vuole imparare davvero, così che lui possa concentrarsi meglio su di loro. Una specie di scrematura forzata.
Esattamente! Il giovane Hōzuki confermò il suo pensiero, non appena smise lui stesso di ridere della sua pessima imitazione. E, forse, non hai notato un altro dettaglio… Qualcos’altro? Cosa gli era sfuggito ancora? Si volse verso il fratellino, incuriosito, incrociando gli occhi coi suoi. Si è messo in gioco, con te. Iniziò sorridendo. Si è avvicinato e ti ha mostrato la postura corretta, proprio come faceva con me al tempo. Con Katō-kun è stato più pesante, quasi violento e senza un briciolo di compassione.
Osservò il sorriso dolce di Hisakata. Intuiva il messaggio nascosto dietro quelle parole. In realtà, neanche troppo nascosto. E, in effetti, forse aveva ragione. A lui sembrava sempre che Aoi gli si rivolgesse in maniera aspra, ma era conscio che probabilmente era solo il negativo che gli aveva cucito addosso. L’ombra dei suoi ricordi. Nonostante questa specie di consapevolezza, però, era difficile da levare via completamente, perché si trovava in un luogo in cui anche la luce irradiata da Hisa, faticava ad arrivare. Tuttavia se lo diceva lui, doveva essere vero. Lo conosceva meglio di Yu, infondo. Quanto meno, la sua parte migliore.
Davvero? Sai, io…
E stava per aggiungere qualcos’altro, ma la voce di Mikoto richiamò l’attenzione dei due Shinobi. La ragazza si inerpicò fino al punto dove i fratelli si erano accomodati per riposare un po’ e prendere aria, armata di asciugamani e sali minerali. Era una delle assistenti del Dojo. Come le altre si occupava di loro. Lavava le divise sporche, organizzava e sistemava gli spogliatoi, rimetteva a posto la palestra e la tirava sempre a lucido. Una volta da loro, porse ad entrambi gli asciugamani, e offrì i bicchieroni armati di cannuccia: uno bello grande per Hisakata - in quanto Hōzuki era necessario si reidratasse a dovere - e uno di dimensioni normali a Yu.
Sistematosi l’asciugamano sulle spalle e passatosi un lembo sulla fronte, il Rosso afferrò il bicchiere sfiorando appena le dita della giovane, prima di ringraziare con un semplicissimo Arigatō, accompagnato da un sorriso. L’avesse mai fatto! Mikoto cercò di rispondere qualcosa, ma incespicò sulle parole, pigolando una frase incomprensibile, per poi arrossire e fuggire via di fronte ad un attonito, ma anche un po’ rassegnato Yu. Non era la prima volta che succedeva. Infatti, Hisakata scoppiò a ridere non appena la ragazza fu fuori portata. A momenti si affogava…e per un Hōzuki era tutto dire.
Lo sapevo che c'eri tu dietro a quello strano atteggiamento! Ci avrei scommesso qualsiasi cosa. Stava ancora ridacchiando quando aggiunse Come diavolo fai? Sputa il rospo!
Ma non ho fatto nulla di particolare! Non coscientemente almeno… provò a difendersi di fronte alla curiosità puramente accademica del fratellino. Infatti, era evidente fosse più interessato al metodo che al risultato, in quanto, timiduccio com’era, probabilmente di fronte ad una ragazza avrebbe fatto una ritirata strategica. E se Takumi sapesse di tutte le lettere che trovo nell’armadietto dello spogliatoio, sarebbero guai. Aggiunse, quasi più tra sé e sé che diretto al fratello, benchè cosciente che qualcosa avesse capito del loro rapporto. A quel punto decise di divertirsi un po’ e passare all’attacco. Maaaa, piuttosto, come mai ti interessa? Che c’è? Hai qualcuna che ti piace, mh? Si avvicinò pericolosamente al viso del fratello, con un sorriso furbetto stampato in volto. Hisakata non ebbe nemmeno il tempo di finire di ridere sulla sua battuta circa Takumi che si ritrovò ad arrossire di botto e ad allontanarsi nel vano tentativo di nascondere l’imbarazzo. I-io? N-no…c-certo che no! Neanche si stesse discolpando da un crimine.
Visto? Ora sì l’ho fatto di proposito! Rise, finendo di prendere in giro Hisa, prima di tirare su una bella sorsata di sali minerali dalla cannuccia. Mentre alzava lo sguardo al cielo, osservando la nebbia che, serpentina, copriva la volta di Kiri, il discorso di poco prima riemerse nella leggerezza degli ultimi scambi, prendendo piede tra i suoi pensieri. Restò in silenzio qualche attimo, perso tra gli stessi, prima di esternarli al fratellino, di punto in bianco, senza che ci fosse un reale attacco al discorso. Sai, mi piacerebbe riuscire a vedere quello che vedi tu. Ammise, sincero, aprendosi al giovane accanto a lui. Mi piacerebbe, ma allo stesso tempo lo temo.
Perché?
Perché lo temo? Fece eco per conferma. Semplicemente…ho paura che lasciando un’apertura sul fianco, ci si possa piantare una lama.
Alla fine era questo che lo tratteneva. Era questo che gli impediva di lasciarsi andare, di perdonare. Non riusciva ancora a fidarsi completamente di quell’uomo. Ne aveva parlato anche con Kurama, dopo essere tornato da Kokuhyō. Se suo padre durante quella missione non si fosse dimostrato diverso da quello che i suoi ricordi conservavano, sarebbe stato tutto più semplice. Invece si era presentato cambiato, migliore forse. E questo aveva fatto vacillare tutte le sue convinzioni, mettendo in guardia quella parte dentro di lui che urlava di fare attenzione, di non fidarsi, di non dargli modo di ferirlo ancora, e risvegliando quel desiderio fanciullesco ed eternamente sopito di lasciare uno spazio, di conoscere un genitore che gli volesse bene davvero. Non cambiava ciò che aveva fatto. Tanto meno quello che non aveva fatto, però il desiderio di dargli una possibilità, c’era. Combattuto. Nascosto. Fievole. Ma c’era. A volte malediceva Fuyu per averlo mandato in quella missione. Altre volte lo ringraziava perché non c’era solo un risvolto negativo in quei fatti. Il giovane che aveva accanto a sé, quel fratellino ritrovato che gli era piaciuto sin da subito anche quando non sapeva chi fosse e che ora sicuramente stava perdendosi in ragionamenti superflui per le sue parole, era un tesoro prezioso che non avrebbe restituito al tempo mai. Anche tornando indietro, avrebbe controllato lo stesso il fiume pur d’incontrarlo.
A me la mostri, quell'apertura sul fianco. Acuto come sempre. Anche mentre pensieroso rivolgeva i suoi dubbi al cielo. Non hai paura che possa piantarci una lama? Pensa un po’ se doveva farsi rimproverare - bonariamente - da suo fratello minore. Razionalmente capiva cosa volesse dire. Ma non era ugualmente facile da accettare. Se ho imparato una cosa da nostro padre, è che gli errori li facciamo tutti, ma rimediare agli stessi denota coraggio. E' così che si distinguono gli uomini dalla feccia.
Oi che fai adesso? Mi copi le battute? Reagì con una steccata con le dita in fronte al più piccolo, Yu, riferendosi al fatto che quella frase fosse molto simile a quella che lui stesso gli disse per tirarlo su di morale, quando stavano fuggendo dalla grotta della hone-onna. Sorrise nel vederlo andare a strofinarsi il punto leso, farfugliando un Non ho copiato… poco convinto, prima di farsi nuovamente serio. Comunque è diverso. Tu non lo hai mai fatto. C’era un “Lui, invece, sì” non detto e grande come un Bijuu, in quella frase, ma dannatamente percepibile a parole. Perché sì, Aoi lo aveva tradito già due volte: prima ripudiandolo come figlio, poi abbandonandolo. “Non c’è due senza tre” dicevano, ma era anche vero che, apparentemente, non era più quello di un tempo. Lo so che può essere sia cambiato. Guardò il fratellino e subito si corresse. So che probabilmente è cambiato. Si ritrovò a pensare a quando lo aveva corretto sulla postura. Alla presa salda, però in qualche modo gentile. Cercò di ricordare anche il tono di voce, senza il filtro sporco dei suoi ricordi. So anche che ci sta provando, a modo suo, a rimediare. Semplicemente la mia ferita è dura da guarire. Ma non significa che non guarirà mai. Con un gesto gentile e giocoso, gli scompigliò i capelli, tirandolo un po’ a sé, sorridendo. Infondo, non manco un giorno, no?
Il più piccolo distolse lo sguardo, facendo cenno di no con la testa mentre Yu gli arruffava la zazzera scura. Ormai lo aveva capito che quel dispetto gli piaceva, tant’è che lo vide quel tirarsi di labbra sereno, dimentico della tristezza di poco prima. Ti aiuterò io. Convintissimo, gli si rivolse pieno di speranza, come il ragazzo pratico, ma un po’ sognatore quale era. Risanerò quella ferita, in un modo o nell’altro. Te lo prometto. Anche se per ora non riesci ancora a fidarti, sono sicuro che Otōsan rimedierà alle sue colpe e riuscirà a dimostrarti quello che ancora non ti ha dimostrato.
Era incredibile come quel ragazzino lo capisse senza bisogno di essere diretti e cristallini. Sapeva leggerlo bene tanto quanto Yu riusciva a fare con lui. Chissà, magari era perché, infondo, un po’ si somigliavano. Fatto sta che, in qualche modo, il suo ottimismo era contagioso. Riuscì a strappargli un sorriso tanto quanto per i Takoyaki era facile fargli brontolare le budella. Promessa da Shinobi? Gli chiese, porgendogli il pugno.
Scosse la testa. Non da Shinobi. Lo corresse. Da fratello.
E non era difficile capire quanto per lui fosse ancora più vincolante la cosa. Era personale. Voleva aiutarlo, voleva essere quel fratello minore che spalleggiava quello più grande, che imparava da lui, ma che era anche sempre lì quando questo aveva bisogno. Non importava se le loro madri erano diverse: condividevano lo stesso sangue ed era chiaro che Hisakata vedesse in Yu quel fratello mai avuto, da ammirare, l’esempio da seguire…e per questo avrebbe fatto di tutto per aiutarlo.
Da fratello. Confermò allora il Rosso, quando il pugno del più piccolo batté contro il proprio, sigillando un patto che, in fin dei conti, faceva stare meglio entrambi.
Sarebbe rimasto con lui volentieri ancora un po’, ma entrambi avevano i loro impegni. Si sarebbero comunque visti il giorno seguente, alla solita ora, nel solito posto, quindi non si trattava di una separazione così drastica. Chiacchierando delle ultime cose, si diressero entrambi nello spogliatoio, lasciando i kimono da allenamento nella cesta della biancheria che le assistenti avrebbero provveduto a lavare, e infilandosi veloci sotto la doccia. Una cosa rapida, prima di usare il trucchetto del Suiton per asciugarsi in rapidità e infilarsi gli abiti usuali, lasciati negli armadietti.
Ehi, Aniki! Ricordati che hai promesso di allenarmi, domani!
Aniki. Ancora non si era abituato a sentirsi chiamare così. Però era bello. Certo che me lo ricordo! Vedrai, ci divertiremo! Ridacchiò. Almeno, io mi divertirò di sicuro. Schivando un proiettile d’acqua di Hisakata, e rispondendo alla sua linguaccia con una di altrettanto valore, Yu si avviò verso casa, voltandosi solo per salutare il fratello. Ci vediamo, Hisa!
« Così lo farai morire d’infarto, il piccoletto. Scommetto che starà facendo i salti di gioia. »
Dici? Per così poco?
« Ci potrei scommettere le code. »
Se si fosse girato indietro un’ultima volta, avrebbe effettivamente visto Hisakata congelato sul posto. Un sorriso raggiante dipinto sul viso, mentre si rivolgeva a suo padre, sopraggiunto in ritardo sull’uscio. Mi ha chiamato Hisa! Talmente entusiasta da contagiare lo stesso Aoi, che sorrise di rimando al figlio, appoggiandogli una mano sulla spalla. Sì, ho sentito.
Kiri, Anima di Yu.
12 Febbraio 250 DN.
ADESSO BASTA! Non ne posso più di queste code! Sono ingombranti!
Uno Yu imbronciato se ne stava col culo poggiato sulla piattaforma di ghiaccio che caratterizzava la tana di Kurama all’interno della sua anima. Palesemente fuori di sé.
Già non era facile conciliare le missioni con gli allenamenti ANBU di Fuyu, l’addestramento al Dojo di suo padre e gli esercizi per migliorare le sue prestazioni con il chakra del Kyūbi, se poi ci si metteva anche il fatto che quelle dannate code lo facevano impazzire, il bicchiere iniziava a risultare un tantino troppo pieno per contenere qualcos’altro. E non era che gli pesasse il culo. Si impegnava davvero tanto in tutto. Potevano confermarlo sia Kai, che Shizuka, che Takumi, che chiunque avesse a che fare con lui. Però, per tutti i Kami…Imparare a gestire la totalità del chakra di Kurama era già stata una bella impresa. Riuscire a manipolarlo nella sua forma più pura, amministrare interamente la massa d’energia che rappresentava in modo chirurgico. Non troppo, né troppo poco. La giusta quantità per essere efficace, non farsi del male e non causare un cataclisma ogni volta…Era stato come reimparare daccapo come si controllava il chakra, solo che al massimo livello di difficoltà. Prima era venuta la coscienza di tutto quel potere. Poi, piano piano, la gestione della sua interezza. E, infine, il controllo. Ma tutto questo era solo il primo passo di tanti altri. E quello che stava affrontando in questo momento era ben più infernale di tutto ciò che aveva fatto fino a quel momento. Trovare il modo di rendere funzionali quelle dannatissime ed altrettanto ingombranti nove code di chakra. Stupende eh, coreograficamente fantastiche…ma cazzo se erano d’intralcio ai movimenti! Ancora non riusciva a capire come Kurama facesse a sopportarle. Ma di più, come potesse anche solo credere che lui riuscisse a combattere manifestando quelle cose, del tutto inadatte a movimenti agili e senza ostacoli.
« Te l’ho già detto, ragazzo. Il tuo corpo è troppo piccolo per gestire la totalità del mio chakra, senza dargli un respiro. Manifestarlo è necessario se vuoi impiegarlo in qualche tecnica. » Il Bijuu, sdraiato a terra, con il muso appoggiato mollemente sulle zampe anteriori incrociate, sbuffò una folata d’aria calda, osservandolo con i suoi grandi occhi cremisi. « Avanti, non essere noioso. »
Non essere noioso..?
Non si tratta di essere noiosi o cocciuti, Kurama. E’ che queste code sono grandi, ma soprattutto sono TANTE! E lo so che per te sono fonte d’orgoglio, ma non è che siano così comode se devo tenerle durante un combattimento! Si alzò in piedi, allargando le braccia per indicare le estremità volpine. Guarda! Occupano più spazio di me! Kurama lo guardò, crucciato come se non capisse dove fosse il reale problema delle sue perplessità. …Che c’è?
« Non ricordo di averti mai detto che debbano restare così. Sbaglio? » La Volpe, alzò il capo dalle zampe, portando la sua immensa mole in posizione seduta. « Il mio chakra è il tuo chakra, Yu. Hai bisogno di manifestarlo in qualche modo, ma la sua forma…quella puoi deciderla tu in base a quello che ritieni più consono alle tue attitudini. » Sogghignò nel notare la faccia sbigottita del suo compagno umano. Un “Perché non me lo hai detto prima?!” stampato a chiare lettere nella sua espressione. « Oh, era divertente vederti annaspare. Ma ti stavi amareggiando troppo, quindi ho pensato fosse il momento di dirtelo. »
Magnanimo da parte tua, rendermi partecipe di questa informazione ora, dopo giorni che cerco di cavarne un ragno dal buco. Incrociò le braccia al petto, un po’ piccato, sfogando l’irritazione con uno sbuffo secco dal naso. Ma riconosco che avresti potuto fare a meno di dirmelo e lasciarmi crogiolare nella collera. Quindi grazie. D’altronde i battibecchi tra lui e Kurama finivano sempre così, in un baffo di fumo che partiva bello intenso per sfumare rapidamente in cielo. Nessuna offesa, tanto meno nessuna presa in giro era mai oltre il perdono. Tenersi il muso, quello sì sarebbe stato da veri idioti, considerato che dovevano convivere. In fin dei conti, accettarsi significava anche questo, no? Dunque, hai detto che posso dargli la forma che voglio? Mano a grattarsi il mento, Yu iniziò a passeggiare sulla piattaforma ghiacciata, code di chakra al vento. Proprio qualsiasi?
« E’ più un “quella che riesci ad ottenere” considerato il tuo attuale livello di controllo. Ma diciamo di sì. » Tornò ad abbassarsi Kurama, appoggiando questa volta il gomito dell’arto anteriore a terra, posando il muso sulla zampa aperta. « Conta, comunque, che dovrà piacere anche a me. »
Ryōkai, ryōkai! Fammici provare.
Non sembrava un’impresa facile. Doveva trovare una forma adatta al combattimento, che lui fosse in grado di plasmare e, al contempo, che fosse di gradimento anche a Kurama. Già non era un gioco da ragazzi manifestare quelle code e riuscire a mantenerne stabile la forma, trovare qualcosa di minimamente comparabile e abbastanza semplice da riprodurre, non sarebbe stato immediato. Ma non aveva intenzione di darsi per vinto prima di iniziare!
Ci si mise d’impegno, concentrandosi sia nel trovare qualcosa che potesse essergli comodo e utile, sia che fosse alla sua portata. Con tutti i libri che leggeva, qualcosa avrebbe maturato di sicuro! Tutto stava nel riuscire a farla. Il controllo del chakra e il manifestarlo in forme differenti, era sia qualcosa di nuovo per lui sia qualcosa di navigato. Infondo un po’ già lo faceva quando utilizzava le tecniche del Gruppo Awa. Forse fu per questo che la prima forma che gli venne in mente furono delle bolle. Creare delle sfere perfette fu più difficile di quanto non potesse sembrare. L’Hakanai gli dava un grande aiuto in questo senso. Tuttavia, dopo qualche tentativo andato a vuoto, riuscì ad ottenere nove sfere di chakra fluttuanti, in realtà non troppo diverse dal normale utilizzo che avrebbe potuto fare del chakra della Volpe, nella sua forma più pura. E forse per questo non era molto convinto lui stesso della cosa, quando chiese l’opinione di Kurama. Tant’è che il muso del Bijuu rispose ancora prima che il suo vocione cavernoso vibrasse nel petto del Rosso.
« A che ti servono altre bolle? Ne fai già fin troppe con quel tuo affare. Nah, non ci siamo. » Scosse la testa dalle lunghe orecchie. « Pensa a qualcos’altro, prova ad uscire dai soliti schemi. Ricorda che quelle code sono i tuoi artigli, ragazzo! »
Uscire dai soliti schemi, diceva lui. Provare qualcosa di diverso, insomma, e non fossilizzarsi nella propria zona sicura. Scambiò uno sguardo con la Volpe. Gli occhi cremisi, in qualche modo gli ricordavano lo sguardo lungimirante di Fuyu-sensei…come se il Bijuu stesse già guardando oltre, come se Kurama una mezza idea di cosa potesse fare ce l’avesse già, ma volesse che fosse lui ad arrivarci con le sue gambe e la sua testa. Quasi una piccola sfida tra loro due, e Yu non era di certo tipo da tirarsi indietro. Provò e riprovò, dando sfogo alla sua immaginazione e a tutta la sua capacità di manipolazione del chakra. Senza rendersene conto, ogni tentativo lo migliorava. Erano tutti buchi nell’acqua, ma nonostante questo la sua abilità nel plasmare il chakra di Kurama aumentava, si affinava…così come la sua stanchezza. Mantenere stabili le code nella loro forma - qualsiasi essa fosse - stava diventando più difficile. Le forze venivano meno, le membra pesavano, la mente si offuscava e, all’ennesima risposta negativa della Volpe, una gamba cedette, facendolo cadere in ginocchio sul ghiaccio. Col respiro mozzato, mentre guardava l’ombra del suo riflesso distorto sulla piattaforma gelata, Yu stava convincendosi di non avere più buone idee. Il Bijuu aveva bocciato ogni suo singolo tentativo e adesso…adesso non sapeva più cosa fare. Forse era il caso di prendersi la notte per pensarci su: dormire, riposare e riprovarci domani. La stanchezza influiva negativamente sul suo pensiero e sulle sue idee, continuando così non avrebbe ricavato nulla di buono. Eppure…Eppure Kurama era ancora lì, in silenzio, che lo guardava. Come se aspettasse il momento in cui avrebbe capito, in cui sarebbe scattata la scintilla giusta. Come se sapesse che sarebbe accaduto. Lì, quel giorno.
« Combatti la stanchezza, se vuoi eccellere. »
Sbarrò gli occhi nel sentire quelle parole mentre si rimetteva faticosamente in piedi. Piegato in due, volse lo sguardo verso la Volpe che, a sua volta, si stava tirando su dalla sua posizione sdraiata. Fiero e altero, come colui che stava citando.
« Nessuno aspetterà che tu riprenda fiato e sfrutteranno ogni apertura per farti del male. Concentrazione! » Tuonò, con quella voce che rimbombava nel petto come i botti di un matsuri. « Spalle ben dritte… » Un sibilo a denti stretti, prima di cacciare un ringhio che fece vibrare tutto il mondo attorno a loro. « Lama contro il nemico! »
Fu allora che una delle sue zampe, coi lunghi artigli sguainati, si alzò per abbattersi pericolosamente su di Yu. Veloce, potente. Una scia rossiccia che non avrebbe permesso al suo impreparato umano di scansarsi nemmeno se fosse stato nel pieno delle sue facoltà. L’ultima cosa che Yu vide furono quelle grinfie. L’ultima cosa che sentì furono le parole di suo padre, citate dalla Volpe, seguite dal fruscio insidioso del suo attacco. Razionalmente si vide morto ancor prima di avvertire lo spostamento d’aria sulla faccia. Istintivamente, il suo desiderio di autoconservazione agì per lui. Quando aprì gli occhi, abbassando le braccia incrociate davanti al viso per proteggersi, la zampa di Kurama era ancora lì, ma non lo stava toccando. Non ci stava riuscendo, perché qualcosa glielo impediva. Anche una volta che il Bijuu ritrasse la sua grinfia, tutto soddisfatto, ci vollero alcuni secondi perché Yu comprendesse cosa fosse accaduto. Il cuore gli batteva all’impazzata nel petto, rimbombando nelle orecchie come un tamburo posseduto, mentre, allibito, osservava la forma che aveva dato alle code per difendersi. Posò gli occhi sulle formazioni di chakra e poi su Kurama che palesemente aveva forzato quella sua reazione di proposito, mettendolo in una situazione di pericolo. Ora il Kyūbi stava mostrando un sogghigno soddisfatto che metteva in bella vista una chiostra di candide zanne aguzze. Gli occhi cremisi assottigliati e compiaciuti.
« Oooh-oh, ora sì che ci siamo. Niente male davvero, Yu. »
Kiri, Villaggio e dintorni.
Tra Settembre 250 DN e Settembre 252 DN.
Relativamente andava tutto bene. Nonostante la mole di impegni, stava riuscendo a destreggiarsi al meglio. Era anche riuscito a scegliere i compagni che lo avrebbero affiancato nella ricerca di Shi. Persone come lui, a cui non interessava una morte onorevole, ma riportare la pelle a casa. Persone a cui non piaceva perdere e che, con le loro attitudini, si completavano a vicenda. Avevano iniziato delle indagini di massima, senza dare troppo nell’occhio e senza prendersi esageratamente sul serio. Insomma, erano ben avviati. Tutto quadrava, tutto funzionava, tutto era come sempre. Fino a quel giorno.
Non ricordava bene la data precisa - se avesse guardato nei registri ANBU sicuramente l’avrebbe trovata - tanto meno cosa stesse facendo in quell’esatto istante. Ricordava solo che era iniziato in sordina. Proprio come accadeva con le epidemie, piano piano le persone iniziarono a manifestare i problemi più svariati. Iniziarono a chiamarlo “il Disturbo”. L’entità e la gravità erano variabili e sembrava come se agguantasse ognuno in maniera differente, non sempre in modo logico. Si sarebbe potuto dire che si presentasse come lo spettro di ognuno - uno debole di stomaco, avrebbe dovuto presentare nausea e vomito, uno debole alle vie respiratorie avrebbe dovuto presentare raffreddori e sinusiti, cose di questo tipo - ma non era così. Non sembrava esserci uno schema, bastava pensare che i disturbi presentati da Kai erano mal di testa e febbre che andava e veniva. Febbre! Uno Yuki! E non era finita. Qualsiasi cosa fosse questa specie di epidemia…o forse pandemia, avrebbe dovuto chiedere ad Urako il nome più calzante, in alcuni casi era mortale. Che fossero Shinobi o persone comuni, se decideva di uccidere lo faceva. E nessuno era esente dai sintomi. Gli ospedali erano pieni. I medici lavoravano giorno e notte, senza sosta, ma come tutti anche loro cadevano vittime del Disturbo, senza contare la cosa più grave: il chakra. Da quando i problemi si erano presentati, chiunque fosse avvezzo ad utilizzarlo, iniziò a lamentare forti difficoltà nel suo controllo.
Yu stesso si trovò a non essere più in grado di utilizzare tecniche conosciute precedentemente. Non riusciva più a ricorrere al Raiton, e molte mosse ormai sedimentate col passare degli anni erano inutilizzabili. Gli stessi insegnamenti del Gruppo Awa gli creavano fatica nell’essere gestiti, così come il chakra di Kurama! Ma la cosa peggiore fu rendersi conto, di punto in bianco, di non essere più capace di evocare i Rospi. Accadde un giorno qualunque. Preso dall’ansia iniziale di quel caos, aveva provato a fare un po’ di tutto e non appena si accorse di non avere più il Dono di Gamakichi e Gamatatsu alle mani, venne preso dall’angoscia. Provò, riprovò e riprovò, ancora, ancora e ancora, tirandosi uno straccio. Ma niente. Non riuscì a far apparire neanche un girino. Era come se il legame con i Rospi si fosse spezzato. E, di certo, con quel disastro in atto, non poteva prendersi la libertà di partire per Konoha. Si trattava di un’emergenza nazionale, se non addirittura globale. I problemi e le mire individuali vennero messe in secondo piano, soprattutto in quei primi momenti. Quindi si arrese all’evidenza, anche un po’ consolato dalle parole di Kurama che gli venne incontro dicendogli che, forse, era meglio così: d’altronde si sentiva da tempo in colpa nei confronti dei Rospi per dovergli tenere nascosto il Bijuu. Una colpa del tutto simile a quella che avvertiva in quel momento nei confronti di un po’ chiunque.
Aveva aspettato molti giorni, conscio e sicuro che prima o poi qualche disturbo si sarebbe presentato anche a lui, ma…non accadde mai. A parte il problema nel controllo del chakra, il suo corpo non accusò alcun altro colpo. Stava bene. Quanto meno, stava meglio degli altri.
Quando si rese conto della cosa, iniziò a fingere. Troppo strano che non presentasse disturbi. Troppo strano che proprio lui non avesse niente. Legò immediatamente lo strano fenomeno alla presenza di Kurama nel suo corpo, nonostante la Volpe non stesse facendo nulla per resistere ad un attacco esterno e non avesse nemmeno idea di cosa potesse causarlo.
Quando rivelò questo retroscena a Fuyu-sensei, questi si dimostrò non solo stupito, ma anche concorde con la strada intrapresa da Yu. In secondo luogo, visto che il suo giovane allievo ebbe l’ardire di prenderlo un po’ per i fondelli, considerato che lui stava bene e lo Yuki invece accusava il peso di quello strano fenomeno, il Capo ANBU scaricò su di lui parte dei compiti che il Disturbo gli impediva o gli creava difficoltà a fare. Se l’era meritato.
Passo così quegli ultimi anni. Simulando mal di testa e spossatezza e aiutando il suo sensei nei compiti che gli spettavano. Dividendosi tra missioni atte ad aiutare chi si trovava in difficoltà o ad indagare sullo strano fenomeno che stava dilagando sul Continente, e nel cercare di riprendere il controllo del proprio chakra.
Fu utile. Impegnarsi così tanto fu davvero utile per superare lo shock iniziale. Arrendersi all’evidenza non era nel suo stile, se poteva trovare una soluzione l’avrebbe trovata, inutile incaponirsi e sbattere la testa su un muro che mai sarebbe crollato. Tanto meglio ingegnarsi.
Decise, quindi, di abbandonare ciò che non riusciva più a fare, inventandosi nuovi jutsu per aggirare il problema, cercando di recuperare il controllo del resto. Incredibilmente, il chakra di Kurama fu il primo a cui riuscì a rimettere le redini. Chissà, forse perché il Bijuu stava nella sua anima, fatto sta che, seppure avesse avuto difficoltà nel tornare a controllarlo come prima, fu quello che si trovò in cima al podio del suo lento, ma efficace recupero. Recarsi giornalmente all’Hikisaku per confrontarsi con gli altri “Grandi” e cercare di cavare una bolla dall’Hakanai, fu invece utile per rimettere in piedi gli insegnamenti del Gruppo e anche qualcosa di nuovo. Pure allenarsi con Hisakata e suo padre aveva un buon effetto, così come con Fuyu, Takumi, Kai e Shizuka…sebbene quest’ultima avesse qualche problema nel comunicare a causa del fenomeno che aveva colpito tutti. Piano piano, recuperò abbastanza da potersi ancora considerare un Jonin efficiente. Solo una cosa gli era rimasta incastrata in gola e proprio non voleva saperne di scendere. L’evocazione.
Dannazione, ora ne ho abbastanza! Entrò dalla porta di casa come una furia, dirigendosi in camera ancora con gli abiti da lavoro addosso. Se avessi avuto i Rospi con me, questa missione l’avremmo finita in un attimo!
Quello era davvero il suo unico rammarico. E bruciava, bruciava davvero. Forse nemmeno tanto per aver perso una famiglia o i suoi amici anfibi in sé - non era mai stato nemmeno al loro Eremo, ma era sicuro che, se un giorno li avesse rivisti, tra loro le cose sarebbero state come sempre - ma proprio perché, per lui, un compagno in missione non era quantificabile. D’altronde lo aveva sempre sostenuto: qualcuno che potesse coprirti le spalle era più importante di qualsiasi tecnica. E non perché si sentisse debole o non sapesse fare da solo, per i Kami, altrimenti come avrebbe fatto fino ad ora? No. Era semplicemente che, a volte, una testa in più, degli arti in più, potevano fare la differenza. Sembrava poco, ma era così. In fin dei conti le squadre esistevano per questo. Kuso, gli pesava da morire!
Si buttò sul letto a pancia in su con le braccia aperte, fissando il soffitto come se lì avesse potuto trovare la risposta ai suoi problemi. Ah, a proposito di problemi. Fortunatamente sembrava che ormai il Disturbo fosse sotto controllo. Chi aveva a che fare col chakra si era ingegnato per evitare il peggio e, in generale, a distanza di qualche anno, la salda presa dei problemi che aveva colto tutti impreparati si era attenuata, risultando ormai abbastanza sotto controllo. C’era voluto un po’, ma almeno il peggio era passato. Restava da capire da cosa tutto fosse dovuto…e scongiurare la possibilità che potesse capitare ancora. Le autorità si stavano muovendo in questo senso e non erano poche le missioni che venivano affidate anche agli ANBU mirando a questo obiettivo. Quella da cui tornava lui quel giorno non aveva nulla a che fare con quello scopo, ma gliene erano capitate sia in qualità di Zenko che in qualità di Yu. Tuttavia, per il momento, non avevano nulla di concreto in mano.
Sei tornato, Yu-nii? La voce di Kohaku proruppe dal corridoio dopo tre colpi di nocca alla porta. Con chi ce l’hai questa volta?
Lui e Kai, come si erano ripromessi, erano andati a recuperarlo non appena entrambi si considerarono autosufficienti. Il che coincideva, a loro modo di vedere, col traguardo del rango Jonin. L’idea originale era quella di riunire tutta la famiglia, ma ovviamente non c’era nessuna garanzia che la totalità del loro gruppo fosse ancora al vecchio orfanotrofio, dove si erano conosciuti. In realtà era rimasto solo Kohaku senza un posto dove stare. I gemelli Naoki e Tsuyu erano stati adottati da una buona famiglia e, come da loro sogno, si erano imbarcati nella carriera da Shinobi. Mentre Izumi…beh, lei era stata adottata dalla Direttrice dagli Occhi Grigi da Lupo. Di fatto viveva ancora all’orfanotrofio come figlia, nonché aiutante della vecchia senza età. L’incontro con Kohaku era stato giustamente burrascoso. Pensava che Kai e Yu si fossero scordati la promessa, e poi lo si sa, l’adolescenza è un periodo difficile. Per fortuna era passato: adesso era un bel ragazzone, allievo di Tako-san! Abitava lì con loro, e aveva preso possesso dell’ultima stanza disponibile.
Con l’Esistenza!
Aaaaahn, capito. Sarà meglio mi metta a fare qualche Takoyaki per migliorarti la giornata, allora.
Per grazia dei Kami anche lui stava meglio. Quando erano andati all’orfanotrofio aveva nausea e vomito ogni volta che sentiva odore di cibo e, per un aspirante cuoco, non era proprio il massimo.
Sospirò, affranto, rigirandosi sul letto. I Takoyaki lo avrebbero sicuramente tirato su di morale, ma il problema restava. Ed era un tarlo che stava scavando come un forsennato nella sua mente, tanto da essere fastidioso anche per Kurama. Lo aveva sopportato per anni, pensando fosse qualcosa di passeggero, una perplessità che presto o tardi se ne sarebbe andata come tutte le altre, ma, forse, aveva sottovalutato la cosa.
« E’ così importante per te? »
La domanda a bruciapelo della Volpe lo fece sobbalzare sul letto. Non mi tormenterebbe tanto se non lo fosse. Si tirò su a sedere. Lo so che dal tuo punto di vista ho già te e questo dovrebbe bastarmi da qui all’infinito. Tuttavia la sicurezza di poter contare su un compagno in qualsiasi situazione, che mi copra le spalle quando ne ho bisogno…anzi, che le copra ad entrambi, sia me che te, non ha prezzo. Sorrise nostalgico al ricordo di quando poteva richiamare quei Rospi logorroici. Alla fine erano divertenti, anche se era d’accordo col Kyūbi sul fatto che il peso del non poter parlare liberamente con i suoi alleati anfibi di lui, stesse diventando troppo greve. E poi il legame che si instaura è probabilmente la parte più importante. Ormai dovresti saperlo anche tu.
E ci sarebbe stato ancora tanto da dire, ma non ce n’era bisogno. Kurama poteva percepirlo direttamente dalla sua anima, senza aver bisogno di una comunicazione diretta…quel suo sentirsi incompleto. Mancante di un pezzo.
« Se la metti su questo piano… » Yu lo avvertì chiaramente stiracchiarsi le membra, mentre diceva quelle parole. « Hai qualche giorno di licenza adesso, no? »
Mh? Sì, perch-..?
« Perfetto. » Kurama non attese nemmeno che finisse. Di fronte alla giusta confusione di Yu, non diede spiegazioni di alcun tipo. « Avvisa il tuo superiore e preparati. Ti porto in un posto. »