Kawaakari 川明かり - I Custodi del Crepuscolo, Quest Eremita delle Kitsune per Lucifergirl88

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view post Posted on 27/12/2020, 14:39     +1   -1
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|| Non credo siano necessarie presentazioni, considerato che conosci perfettamente i miei standard qualitativi. Come promesso, hai completa libertà d'espressione su questo primo post per allacciarti alla questione del timeskip; ovviamente farò riferimento a quello che scrivi per aprire le danze di questa particolare quest. Se preferisci fare accennare qualcosa a Kurama sulle volpi (in maniera generica ovviamente) puoi farlo.

Buon divertimento! :flower: ||
 
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view post Posted on 31/12/2020, 17:39     +1   -1
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Kiri, Dojo di Hōzuki Aoi.
24 Settembre 249 DN.

Il passo cadenzato sui listelli di legno tirati a lustro del Dojo, gli occhi oltremare attenti, mentre passavano ad osservare ora l’una, ora l’altra coppia d’allenamento nella palestra, i lunghi capelli neri legati in una coda bassa che sbattevano sulla schiena ad ogni passo calcolato. A Yu sembrava quasi di sentirne il fruscio, mentre fronteggiava Hisakata in quella battaglia d’allenamento. Incredibile a dirsi, ma quello che camminava attorno alle varie coppie era proprio suo padre. Severo come sempre. Altero nella sua rigida compostezza, ma allo stesso tempo accorto e silenzioso, mentre controllava il lavoro di tutti, pronto, elencandosi mentalmente gli errori di ognuno, ma tenendoseli per sé, in quel primo momento di studio. Come ci fosse finito in quel posto non era difficile da intuire: semplicemente non era riuscito a dire di no al suo adorabile fratellino. Nonostante sapesse di essere una frana in quel genere d’arte, aveva accettato per fare piacere a lui e, perché no, anche per imparare qualche cosa. Lo stesso Fuyu, quando gli aveva raccontato la cosa, aveva espresso l’opinione che, in fin dei conti, male non gli avrebbe fatto, quindi si era ritrovato incastrato in quella promessa fatta al giovane Hisakata. E da quel giorno, tutte le mattine, salvo cause di forza maggiore, era lì. Non era stato semplice ricominciare ad imparare qualcosa di nuovo, in cui era tutto fuorché esperto. I primi giorni erano stati tremendi. Aoi aveva ripreso più lui di tutti gli altri presenti al Dojo messi assieme. Ma sebbene ora fossero dei parigrado, era perfettamente conscio di non potergli dare contro in un contesto come quello. Era il suo Dojo. E lui un allievo. Poteva solo stringere i denti, rialzarsi, rimettersi in posizione e riprovare. Sbagliare. E riprovare ancora. Funzionava così. Solo in quel modo si poteva migliorare. Eppure, era difficile per lui togliersi dalla testa l’idea che suo padre si concentrasse tanto nel riprenderlo, perché lo voleva fuori dai piedi quanto prima. Uno spettro maligno che faticava ad abbandonarlo, anche ora che, errore su errore, aveva raggiunto un livello tale da non essere più così tanto bersagliato dai suoi rimproveri.

Leva quella spada dal suolo, o il tuo nemico non avrà la stessa cortesia di redarguirti. Un colpo secco con la spada dal basso verso l’alto sul legno della lama di uno dei suoi discepoli che l’aveva abbassata a terra a causa della stanchezza. I muscoli delle braccia bruciavano arrivati ad una certa ora e comprendeva la fiacchezza del compagno d’armi. Tuttavia…suo padre aveva ragione. Nessuno avrebbe avuto pietà di nessuno fuori dalle mura del Villaggio - tanto meno dentro, a dire il vero - anzi, posare l’arma equivaleva ad una resa o al porgere direttamente il proprio collo all’avversario. Combattete la stanchezza, se volete eccellere. Nessuno aspetterà che riprendiate fiato e sfrutteranno ogni apertura per farvi del male. Concentrazione! Spalle ben dritte, lama contro il nemico!

Aoi redarguì l’intero Dojo, richiamandoli all’attenzione. E mentre gli occhi di Yu si posavano su quelli di Hisakata, di fronte a lui con la lama in posizione, sentì chiaramente i passi del padre avvicinarsi a loro. Immaginava già il perché. Il giovane Hōzuki di fronte a lui era praticamente perfetto, si allenava da quando era un mocciosetto, probabilmente aveva tenuto in mano prima una spada di un lecca lecca. Lui, invece…lui ancora non aveva raggiunto un tale livello di perfezionismo. Lo sapeva da sé. Senza contare che la stanchezza iniziava a pesare sulle membra. Doveva concentrarsi anche solo per evitare che i muscoli avessero degli spasmi e gli facessero tremare la presa sull’elsa. Erano ore che si allenavano, ma questo non stava a significare che non fosse possibile resistere alla stanchezza fino alla fine. Fu mentre si concentrava per non cedere che avvertì la presenza di suo padre accanto a sé. Gli afferrò le braccia, direzionando meglio la spada di legno verso Hisa, aggiustando la sua posizione imperfetta e maldestra.

Dimenticatevi della compassione. La vostra vita e quella dei vostri compagni di squadra è in ballo.

Allora Yu strinse i denti. Acuì i sensi.
E, senza farselo ripetere, tirò un altro fendente.

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Aaaaah, ho la schiena a pezzi… E faceva davvero un male cane, pure se stava sdraiato su quel manto d’erba fresca, all’ombra del loro albero preferito. Tu, invece, sembri quasi un fiorellino.

Hisakata era davvero eccezionale. Seduto contro il tronco, non sembrava minimamente soffrire la stanchezza delle lunghe ore di esercizio appena terminate. Se ne stava lì, pacifico. Se non avesse avuto il kimono da allenamento e quel po’ di sudore di troppo, avrebbe potuto essere tranquillamente lì per leggersi un libro. Sono solo abituato. Ridacchiò umile, come pochi del suo Clan. All'inizio anch’io avevo gambe e schiena a pezzi, ma pian piano tutto passa. Vedrai che dopo un po' anche tu non avvertirai più nulla, parola! Farsi consolare da suo fratello minore era al contempo mortificante e piacevole. Strano. E comunque, sei stato forte là dentro. Hai retto meglio di altri che si allenano da più tempo!

Eeeeh, dici? Non era che fosse molto convinto e sicuramente sarebbe trasparito. Ma non gli importava. Parlare con Hisakata dopo gli allenamenti era diventato un rituale. Un po’ come se si avvicinassero sempre di più, scambiando quelle poche parole. Conoscendosi piano piano, ognuno esprimendo i propri dubbi e le proprie perplessità quando si trovavano nel campo dell’altro. Eppure tuo padre non ha perso occasione per riprendermi, come al solito. Sbuffò una mezza risata, tirandosi su a sedere con una gamba piegata e un braccio appoggiato sul ginocchio. Non che sia una novità il fatto che non gli piaccia.

Ma no, non è come credi… Ah, quel ragazzino era un libro aperto. Avrebbe dovuto insegnargli come non far capire agli altri troppo facilmente cosa gli passava per la testa. Anche in quel momento era chiarissimo il suo dispiacere per la situazione e la sua paura. Probabilmente temeva che, un giorno, il rapporto negativo tra il padre e Yu, avrebbe potuto ripercuotersi anche sul loro ritrovato legame. Se lo ricordava ancora come era felice quando aveva scoperto che il Rosso era suo fratello maggiore, sebbene solo a metà. Arrabbiato per averlo saputo solo adesso, ma felice. Lui fa così perché ci tiene che tu faccia bene. E' il suo modo di dimostrare attenzione e cura. Sorrise timidamente, con un fare quasi nostalgico, facendosi più vicino al più grande. Quando ero piccolo e sbagliavo qualcosa, nonostante piangessi, Otōsan non veniva a consolarmi…non nella maniera canonica. Lui rimarcava il mio errore, mi riprendeva e faceva di tutto per spronarmi a sollevare la testa e asciugare le lacrime. Correggendomi nella postura, come ha fatto con te, o colpendo la spada per svegliarmi dallo sconforto. E' fatto così.

Evitò di dire a Hisakata cosa faceva Aoi, quando era piccolo lui…Ma sì, non faceva fatica a immaginare la situazione descritta dal fratello. L’aveva notato come fosse un po’ impacciato nei comportamenti che normalmente dovrebbe avere un genitore. Come gli era capitato di vedere anche in missione a Kokuhyō. Può essere. Ammise. Ho notato che non riprende mai il Trio Arroganza che si mette in fondo…non mi vengono i nomi, ma parlo di quelli che arrivano sempre qualche minuto in ritardo, quei due moretti insolenti e quell’albino con la faccia da schiaffi. Ma piuttosto si concentra su quelli che si danno da fare. Ci pensò un attimo. Tipo Kappa-kun! Hai capito di chi parlo no? Quel ragazzo con la capigliatura strana, simile alla chierica! Kuso…come diavolo si chiama? A furia di usare i soprannomi che lui e Kurama affibbiavano alla gente, iniziava a non ricordarne più i nomi reali. Katō Fumiaki, giusto! Lui si prende davvero un sacco sul serio e si impegna più di chiunque, forse anche troppo. Eppure viene ripreso di continuo.

Un sorriso soddisfatto increspò il viso di Hisakata. L’hai notato, eh? Sembrava gli piacesse avere un fratello sveglio. “Ho già sprecato troppo tempo, non ho intenzione di sprecarne ancora.”

Fece, cercando di riprodurre la voce del padre e il suo fare un po’ impettito e fiero, ma risultando un tantino grottesco. Imitare non era proprio il suo forte! Tant’è che Yu non riuscì a non ridere. Lo guardò qualche secondo con gli occhi chiari sbarrati, prima di scoppiare in una fragorosa risata, tale da fargli lacrimare gli occhi dall’estremità. Suo fratello che imitava Aoi era assurdamente divertente e non ci somigliava nemmeno un po’, anche se in qualche modo si intuiva che stesse tentando di emulare lui. Si, beh, capisco il ragionamento. Consentì, appena ripresosi dalle risate. In questo modo, chi non si impegna probabilmente abbandonerà presto, lasciando il posto a chi vuole imparare davvero, così che lui possa concentrarsi meglio su di loro. Una specie di scrematura forzata.

Esattamente! Il giovane Hōzuki confermò il suo pensiero, non appena smise lui stesso di ridere della sua pessima imitazione. E, forse, non hai notato un altro dettaglio… Qualcos’altro? Cosa gli era sfuggito ancora? Si volse verso il fratellino, incuriosito, incrociando gli occhi coi suoi. Si è messo in gioco, con te. Iniziò sorridendo. Si è avvicinato e ti ha mostrato la postura corretta, proprio come faceva con me al tempo. Con Katō-kun è stato più pesante, quasi violento e senza un briciolo di compassione.

Osservò il sorriso dolce di Hisakata. Intuiva il messaggio nascosto dietro quelle parole. In realtà, neanche troppo nascosto. E, in effetti, forse aveva ragione. A lui sembrava sempre che Aoi gli si rivolgesse in maniera aspra, ma era conscio che probabilmente era solo il negativo che gli aveva cucito addosso. L’ombra dei suoi ricordi. Nonostante questa specie di consapevolezza, però, era difficile da levare via completamente, perché si trovava in un luogo in cui anche la luce irradiata da Hisa, faticava ad arrivare. Tuttavia se lo diceva lui, doveva essere vero. Lo conosceva meglio di Yu, infondo. Quanto meno, la sua parte migliore.

Davvero? Sai, io…

E stava per aggiungere qualcos’altro, ma la voce di Mikoto richiamò l’attenzione dei due Shinobi. La ragazza si inerpicò fino al punto dove i fratelli si erano accomodati per riposare un po’ e prendere aria, armata di asciugamani e sali minerali. Era una delle assistenti del Dojo. Come le altre si occupava di loro. Lavava le divise sporche, organizzava e sistemava gli spogliatoi, rimetteva a posto la palestra e la tirava sempre a lucido. Una volta da loro, porse ad entrambi gli asciugamani, e offrì i bicchieroni armati di cannuccia: uno bello grande per Hisakata - in quanto Hōzuki era necessario si reidratasse a dovere - e uno di dimensioni normali a Yu.
Sistematosi l’asciugamano sulle spalle e passatosi un lembo sulla fronte, il Rosso afferrò il bicchiere sfiorando appena le dita della giovane, prima di ringraziare con un semplicissimo
Arigatō, accompagnato da un sorriso. L’avesse mai fatto! Mikoto cercò di rispondere qualcosa, ma incespicò sulle parole, pigolando una frase incomprensibile, per poi arrossire e fuggire via di fronte ad un attonito, ma anche un po’ rassegnato Yu. Non era la prima volta che succedeva. Infatti, Hisakata scoppiò a ridere non appena la ragazza fu fuori portata. A momenti si affogava…e per un Hōzuki era tutto dire.

Lo sapevo che c'eri tu dietro a quello strano atteggiamento! Ci avrei scommesso qualsiasi cosa. Stava ancora ridacchiando quando aggiunse Come diavolo fai? Sputa il rospo!

Ma non ho fatto nulla di particolare! Non coscientemente almeno… provò a difendersi di fronte alla curiosità puramente accademica del fratellino. Infatti, era evidente fosse più interessato al metodo che al risultato, in quanto, timiduccio com’era, probabilmente di fronte ad una ragazza avrebbe fatto una ritirata strategica. E se Takumi sapesse di tutte le lettere che trovo nell’armadietto dello spogliatoio, sarebbero guai. Aggiunse, quasi più tra sé e sé che diretto al fratello, benchè cosciente che qualcosa avesse capito del loro rapporto. A quel punto decise di divertirsi un po’ e passare all’attacco. Maaaa, piuttosto, come mai ti interessa? Che c’è? Hai qualcuna che ti piace, mh? Si avvicinò pericolosamente al viso del fratello, con un sorriso furbetto stampato in volto. Hisakata non ebbe nemmeno il tempo di finire di ridere sulla sua battuta circa Takumi che si ritrovò ad arrossire di botto e ad allontanarsi nel vano tentativo di nascondere l’imbarazzo. I-io? N-no…c-certo che no! Neanche si stesse discolpando da un crimine.

Visto? Ora sì l’ho fatto di proposito! Rise, finendo di prendere in giro Hisa, prima di tirare su una bella sorsata di sali minerali dalla cannuccia. Mentre alzava lo sguardo al cielo, osservando la nebbia che, serpentina, copriva la volta di Kiri, il discorso di poco prima riemerse nella leggerezza degli ultimi scambi, prendendo piede tra i suoi pensieri. Restò in silenzio qualche attimo, perso tra gli stessi, prima di esternarli al fratellino, di punto in bianco, senza che ci fosse un reale attacco al discorso. Sai, mi piacerebbe riuscire a vedere quello che vedi tu. Ammise, sincero, aprendosi al giovane accanto a lui. Mi piacerebbe, ma allo stesso tempo lo temo.

Perché?

Perché lo temo? Fece eco per conferma. Semplicemente…ho paura che lasciando un’apertura sul fianco, ci si possa piantare una lama.

Alla fine era questo che lo tratteneva. Era questo che gli impediva di lasciarsi andare, di perdonare. Non riusciva ancora a fidarsi completamente di quell’uomo. Ne aveva parlato anche con Kurama, dopo essere tornato da Kokuhyō. Se suo padre durante quella missione non si fosse dimostrato diverso da quello che i suoi ricordi conservavano, sarebbe stato tutto più semplice. Invece si era presentato cambiato, migliore forse. E questo aveva fatto vacillare tutte le sue convinzioni, mettendo in guardia quella parte dentro di lui che urlava di fare attenzione, di non fidarsi, di non dargli modo di ferirlo ancora, e risvegliando quel desiderio fanciullesco ed eternamente sopito di lasciare uno spazio, di conoscere un genitore che gli volesse bene davvero. Non cambiava ciò che aveva fatto. Tanto meno quello che non aveva fatto, però il desiderio di dargli una possibilità, c’era. Combattuto. Nascosto. Fievole. Ma c’era. A volte malediceva Fuyu per averlo mandato in quella missione. Altre volte lo ringraziava perché non c’era solo un risvolto negativo in quei fatti. Il giovane che aveva accanto a sé, quel fratellino ritrovato che gli era piaciuto sin da subito anche quando non sapeva chi fosse e che ora sicuramente stava perdendosi in ragionamenti superflui per le sue parole, era un tesoro prezioso che non avrebbe restituito al tempo mai. Anche tornando indietro, avrebbe controllato lo stesso il fiume pur d’incontrarlo.

A me la mostri, quell'apertura sul fianco. Acuto come sempre. Anche mentre pensieroso rivolgeva i suoi dubbi al cielo. Non hai paura che possa piantarci una lama? Pensa un po’ se doveva farsi rimproverare - bonariamente - da suo fratello minore. Razionalmente capiva cosa volesse dire. Ma non era ugualmente facile da accettare. Se ho imparato una cosa da nostro padre, è che gli errori li facciamo tutti, ma rimediare agli stessi denota coraggio. E' così che si distinguono gli uomini dalla feccia.

Oi che fai adesso? Mi copi le battute? Reagì con una steccata con le dita in fronte al più piccolo, Yu, riferendosi al fatto che quella frase fosse molto simile a quella che lui stesso gli disse per tirarlo su di morale, quando stavano fuggendo dalla grotta della hone-onna. Sorrise nel vederlo andare a strofinarsi il punto leso, farfugliando un Non ho copiato… poco convinto, prima di farsi nuovamente serio. Comunque è diverso. Tu non lo hai mai fatto. C’era un “Lui, invece, sì” non detto e grande come un Bijuu, in quella frase, ma dannatamente percepibile a parole. Perché sì, Aoi lo aveva tradito già due volte: prima ripudiandolo come figlio, poi abbandonandolo. “Non c’è due senza tre” dicevano, ma era anche vero che, apparentemente, non era più quello di un tempo. Lo so che può essere sia cambiato. Guardò il fratellino e subito si corresse. So che probabilmente è cambiato. Si ritrovò a pensare a quando lo aveva corretto sulla postura. Alla presa salda, però in qualche modo gentile. Cercò di ricordare anche il tono di voce, senza il filtro sporco dei suoi ricordi. So anche che ci sta provando, a modo suo, a rimediare. Semplicemente la mia ferita è dura da guarire. Ma non significa che non guarirà mai. Con un gesto gentile e giocoso, gli scompigliò i capelli, tirandolo un po’ a sé, sorridendo. Infondo, non manco un giorno, no?

Il più piccolo distolse lo sguardo, facendo cenno di no con la testa mentre Yu gli arruffava la zazzera scura. Ormai lo aveva capito che quel dispetto gli piaceva, tant’è che lo vide quel tirarsi di labbra sereno, dimentico della tristezza di poco prima. Ti aiuterò io. Convintissimo, gli si rivolse pieno di speranza, come il ragazzo pratico, ma un po’ sognatore quale era. Risanerò quella ferita, in un modo o nell’altro. Te lo prometto. Anche se per ora non riesci ancora a fidarti, sono sicuro che Otōsan rimedierà alle sue colpe e riuscirà a dimostrarti quello che ancora non ti ha dimostrato.

Era incredibile come quel ragazzino lo capisse senza bisogno di essere diretti e cristallini. Sapeva leggerlo bene tanto quanto Yu riusciva a fare con lui. Chissà, magari era perché, infondo, un po’ si somigliavano. Fatto sta che, in qualche modo, il suo ottimismo era contagioso. Riuscì a strappargli un sorriso tanto quanto per i Takoyaki era facile fargli brontolare le budella. Promessa da Shinobi? Gli chiese, porgendogli il pugno.

Scosse la testa. Non da Shinobi. Lo corresse. Da fratello.

E non era difficile capire quanto per lui fosse ancora più vincolante la cosa. Era personale. Voleva aiutarlo, voleva essere quel fratello minore che spalleggiava quello più grande, che imparava da lui, ma che era anche sempre lì quando questo aveva bisogno. Non importava se le loro madri erano diverse: condividevano lo stesso sangue ed era chiaro che Hisakata vedesse in Yu quel fratello mai avuto, da ammirare, l’esempio da seguire…e per questo avrebbe fatto di tutto per aiutarlo.

Da fratello. Confermò allora il Rosso, quando il pugno del più piccolo batté contro il proprio, sigillando un patto che, in fin dei conti, faceva stare meglio entrambi.

Sarebbe rimasto con lui volentieri ancora un po’, ma entrambi avevano i loro impegni. Si sarebbero comunque visti il giorno seguente, alla solita ora, nel solito posto, quindi non si trattava di una separazione così drastica. Chiacchierando delle ultime cose, si diressero entrambi nello spogliatoio, lasciando i kimono da allenamento nella cesta della biancheria che le assistenti avrebbero provveduto a lavare, e infilandosi veloci sotto la doccia. Una cosa rapida, prima di usare il trucchetto del Suiton per asciugarsi in rapidità e infilarsi gli abiti usuali, lasciati negli armadietti.


Ehi, Aniki! Ricordati che hai promesso di allenarmi, domani!

Aniki. Ancora non si era abituato a sentirsi chiamare così. Però era bello. Certo che me lo ricordo! Vedrai, ci divertiremo! Ridacchiò. Almeno, io mi divertirò di sicuro. Schivando un proiettile d’acqua di Hisakata, e rispondendo alla sua linguaccia con una di altrettanto valore, Yu si avviò verso casa, voltandosi solo per salutare il fratello. Ci vediamo, Hisa!

« Così lo farai morire d’infarto, il piccoletto. Scommetto che starà facendo i salti di gioia. »
Dici? Per così poco?
« Ci potrei scommettere le code. »

Se si fosse girato indietro un’ultima volta, avrebbe effettivamente visto Hisakata congelato sul posto. Un sorriso raggiante dipinto sul viso, mentre si rivolgeva a suo padre, sopraggiunto in ritardo sull’uscio. Mi ha chiamato Hisa! Talmente entusiasta da contagiare lo stesso Aoi, che sorrise di rimando al figlio, appoggiandogli una mano sulla spalla. Sì, ho sentito.

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Kiri, Anima di Yu.
12 Febbraio 250 DN.

ADESSO BASTA! Non ne posso più di queste code! Sono ingombranti!

Uno Yu imbronciato se ne stava col culo poggiato sulla piattaforma di ghiaccio che caratterizzava la tana di Kurama all’interno della sua anima. Palesemente fuori di sé.
Già non era facile conciliare le missioni con gli allenamenti ANBU di Fuyu, l’addestramento al Dojo di suo padre e gli esercizi per migliorare le sue prestazioni con il chakra del Kyūbi, se poi ci si metteva anche il fatto che quelle dannate code lo facevano impazzire, il bicchiere iniziava a risultare un tantino troppo pieno per contenere qualcos’altro. E non era che gli pesasse il culo. Si impegnava davvero tanto in tutto. Potevano confermarlo sia Kai, che Shizuka, che Takumi, che chiunque avesse a che fare con lui. Però, per tutti i Kami…Imparare a gestire la totalità del chakra di Kurama era già stata una bella impresa. Riuscire a manipolarlo nella sua forma più pura, amministrare interamente la massa d’energia che rappresentava in modo chirurgico. Non troppo, né troppo poco. La giusta quantità per essere efficace, non farsi del male e non causare un cataclisma ogni volta…Era stato come reimparare daccapo come si controllava il chakra, solo che al massimo livello di difficoltà. Prima era venuta la coscienza di tutto quel potere. Poi, piano piano, la gestione della sua interezza. E, infine, il controllo. Ma tutto questo era solo il primo passo di tanti altri. E quello che stava affrontando in questo momento era ben più infernale di tutto ciò che aveva fatto fino a quel momento. Trovare il modo di rendere funzionali quelle dannatissime ed altrettanto ingombranti nove code di chakra. Stupende eh, coreograficamente fantastiche…ma cazzo se erano d’intralcio ai movimenti! Ancora non riusciva a capire come Kurama facesse a sopportarle. Ma di più, come potesse anche solo credere che lui riuscisse a combattere manifestando quelle cose, del tutto inadatte a movimenti agili e senza ostacoli.


« Te l’ho già detto, ragazzo. Il tuo corpo è troppo piccolo per gestire la totalità del mio chakra, senza dargli un respiro. Manifestarlo è necessario se vuoi impiegarlo in qualche tecnica. » Il Bijuu, sdraiato a terra, con il muso appoggiato mollemente sulle zampe anteriori incrociate, sbuffò una folata d’aria calda, osservandolo con i suoi grandi occhi cremisi. « Avanti, non essere noioso. »

Non essere noioso..?

Non si tratta di essere noiosi o cocciuti, Kurama. E’ che queste code sono grandi, ma soprattutto sono TANTE! E lo so che per te sono fonte d’orgoglio, ma non è che siano così comode se devo tenerle durante un combattimento! Si alzò in piedi, allargando le braccia per indicare le estremità volpine. Guarda! Occupano più spazio di me! Kurama lo guardò, crucciato come se non capisse dove fosse il reale problema delle sue perplessità. …Che c’è?

« Non ricordo di averti mai detto che debbano restare così. Sbaglio? » La Volpe, alzò il capo dalle zampe, portando la sua immensa mole in posizione seduta. « Il mio chakra è il tuo chakra, Yu. Hai bisogno di manifestarlo in qualche modo, ma la sua forma…quella puoi deciderla tu in base a quello che ritieni più consono alle tue attitudini. » Sogghignò nel notare la faccia sbigottita del suo compagno umano. Un “Perché non me lo hai detto prima?!” stampato a chiare lettere nella sua espressione. « Oh, era divertente vederti annaspare. Ma ti stavi amareggiando troppo, quindi ho pensato fosse il momento di dirtelo. »

Magnanimo da parte tua, rendermi partecipe di questa informazione ora, dopo giorni che cerco di cavarne un ragno dal buco. Incrociò le braccia al petto, un po’ piccato, sfogando l’irritazione con uno sbuffo secco dal naso. Ma riconosco che avresti potuto fare a meno di dirmelo e lasciarmi crogiolare nella collera. Quindi grazie. D’altronde i battibecchi tra lui e Kurama finivano sempre così, in un baffo di fumo che partiva bello intenso per sfumare rapidamente in cielo. Nessuna offesa, tanto meno nessuna presa in giro era mai oltre il perdono. Tenersi il muso, quello sì sarebbe stato da veri idioti, considerato che dovevano convivere. In fin dei conti, accettarsi significava anche questo, no? Dunque, hai detto che posso dargli la forma che voglio? Mano a grattarsi il mento, Yu iniziò a passeggiare sulla piattaforma ghiacciata, code di chakra al vento. Proprio qualsiasi?

« E’ più un “quella che riesci ad ottenere” considerato il tuo attuale livello di controllo. Ma diciamo di sì. » Tornò ad abbassarsi Kurama, appoggiando questa volta il gomito dell’arto anteriore a terra, posando il muso sulla zampa aperta. « Conta, comunque, che dovrà piacere anche a me. »

Ryōkai, ryōkai! Fammici provare.

Non sembrava un’impresa facile. Doveva trovare una forma adatta al combattimento, che lui fosse in grado di plasmare e, al contempo, che fosse di gradimento anche a Kurama. Già non era un gioco da ragazzi manifestare quelle code e riuscire a mantenerne stabile la forma, trovare qualcosa di minimamente comparabile e abbastanza semplice da riprodurre, non sarebbe stato immediato. Ma non aveva intenzione di darsi per vinto prima di iniziare!
Ci si mise d’impegno, concentrandosi sia nel trovare qualcosa che potesse essergli comodo e utile, sia che fosse alla sua portata. Con tutti i libri che leggeva, qualcosa avrebbe maturato di sicuro! Tutto stava nel riuscire a farla. Il controllo del chakra e il manifestarlo in forme differenti, era sia qualcosa di nuovo per lui sia qualcosa di navigato. Infondo un po’ già lo faceva quando utilizzava le tecniche del Gruppo Awa. Forse fu per questo che la prima forma che gli venne in mente furono delle bolle. Creare delle sfere perfette fu più difficile di quanto non potesse sembrare. L’Hakanai gli dava un grande aiuto in questo senso. Tuttavia, dopo qualche tentativo andato a vuoto, riuscì ad ottenere nove sfere di chakra fluttuanti, in realtà non troppo diverse dal normale utilizzo che avrebbe potuto fare del chakra della Volpe, nella sua forma più pura. E forse per questo non era molto convinto lui stesso della cosa, quando chiese l’opinione di Kurama. Tant’è che il muso del Bijuu rispose ancora prima che il suo vocione cavernoso vibrasse nel petto del Rosso.


« A che ti servono altre bolle? Ne fai già fin troppe con quel tuo affare. Nah, non ci siamo. » Scosse la testa dalle lunghe orecchie. « Pensa a qualcos’altro, prova ad uscire dai soliti schemi. Ricorda che quelle code sono i tuoi artigli, ragazzo! »

Uscire dai soliti schemi, diceva lui. Provare qualcosa di diverso, insomma, e non fossilizzarsi nella propria zona sicura. Scambiò uno sguardo con la Volpe. Gli occhi cremisi, in qualche modo gli ricordavano lo sguardo lungimirante di Fuyu-sensei…come se il Bijuu stesse già guardando oltre, come se Kurama una mezza idea di cosa potesse fare ce l’avesse già, ma volesse che fosse lui ad arrivarci con le sue gambe e la sua testa. Quasi una piccola sfida tra loro due, e Yu non era di certo tipo da tirarsi indietro. Provò e riprovò, dando sfogo alla sua immaginazione e a tutta la sua capacità di manipolazione del chakra. Senza rendersene conto, ogni tentativo lo migliorava. Erano tutti buchi nell’acqua, ma nonostante questo la sua abilità nel plasmare il chakra di Kurama aumentava, si affinava…così come la sua stanchezza. Mantenere stabili le code nella loro forma - qualsiasi essa fosse - stava diventando più difficile. Le forze venivano meno, le membra pesavano, la mente si offuscava e, all’ennesima risposta negativa della Volpe, una gamba cedette, facendolo cadere in ginocchio sul ghiaccio. Col respiro mozzato, mentre guardava l’ombra del suo riflesso distorto sulla piattaforma gelata, Yu stava convincendosi di non avere più buone idee. Il Bijuu aveva bocciato ogni suo singolo tentativo e adesso…adesso non sapeva più cosa fare. Forse era il caso di prendersi la notte per pensarci su: dormire, riposare e riprovarci domani. La stanchezza influiva negativamente sul suo pensiero e sulle sue idee, continuando così non avrebbe ricavato nulla di buono. Eppure…Eppure Kurama era ancora lì, in silenzio, che lo guardava. Come se aspettasse il momento in cui avrebbe capito, in cui sarebbe scattata la scintilla giusta. Come se sapesse che sarebbe accaduto. Lì, quel giorno.

« Combatti la stanchezza, se vuoi eccellere. »

Sbarrò gli occhi nel sentire quelle parole mentre si rimetteva faticosamente in piedi. Piegato in due, volse lo sguardo verso la Volpe che, a sua volta, si stava tirando su dalla sua posizione sdraiata. Fiero e altero, come colui che stava citando.

« Nessuno aspetterà che tu riprenda fiato e sfrutteranno ogni apertura per farti del male. Concentrazione! » Tuonò, con quella voce che rimbombava nel petto come i botti di un matsuri. « Spalle ben dritte… » Un sibilo a denti stretti, prima di cacciare un ringhio che fece vibrare tutto il mondo attorno a loro. « Lama contro il nemico! »

Fu allora che una delle sue zampe, coi lunghi artigli sguainati, si alzò per abbattersi pericolosamente su di Yu. Veloce, potente. Una scia rossiccia che non avrebbe permesso al suo impreparato umano di scansarsi nemmeno se fosse stato nel pieno delle sue facoltà. L’ultima cosa che Yu vide furono quelle grinfie. L’ultima cosa che sentì furono le parole di suo padre, citate dalla Volpe, seguite dal fruscio insidioso del suo attacco. Razionalmente si vide morto ancor prima di avvertire lo spostamento d’aria sulla faccia. Istintivamente, il suo desiderio di autoconservazione agì per lui. Quando aprì gli occhi, abbassando le braccia incrociate davanti al viso per proteggersi, la zampa di Kurama era ancora lì, ma non lo stava toccando. Non ci stava riuscendo, perché qualcosa glielo impediva. Anche una volta che il Bijuu ritrasse la sua grinfia, tutto soddisfatto, ci vollero alcuni secondi perché Yu comprendesse cosa fosse accaduto. Il cuore gli batteva all’impazzata nel petto, rimbombando nelle orecchie come un tamburo posseduto, mentre, allibito, osservava la forma che aveva dato alle code per difendersi. Posò gli occhi sulle formazioni di chakra e poi su Kurama che palesemente aveva forzato quella sua reazione di proposito, mettendolo in una situazione di pericolo. Ora il Kyūbi stava mostrando un sogghigno soddisfatto che metteva in bella vista una chiostra di candide zanne aguzze. Gli occhi cremisi assottigliati e compiaciuti.

« Oooh-oh, ora sì che ci siamo. Niente male davvero, Yu. »

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Kiri, Villaggio e dintorni.
Tra Settembre 250 DN e Settembre 252 DN.

Relativamente andava tutto bene. Nonostante la mole di impegni, stava riuscendo a destreggiarsi al meglio. Era anche riuscito a scegliere i compagni che lo avrebbero affiancato nella ricerca di Shi. Persone come lui, a cui non interessava una morte onorevole, ma riportare la pelle a casa. Persone a cui non piaceva perdere e che, con le loro attitudini, si completavano a vicenda. Avevano iniziato delle indagini di massima, senza dare troppo nell’occhio e senza prendersi esageratamente sul serio. Insomma, erano ben avviati. Tutto quadrava, tutto funzionava, tutto era come sempre. Fino a quel giorno.
Non ricordava bene la data precisa - se avesse guardato nei registri ANBU sicuramente l’avrebbe trovata - tanto meno cosa stesse facendo in quell’esatto istante. Ricordava solo che era iniziato in sordina. Proprio come accadeva con le epidemie, piano piano le persone iniziarono a manifestare i problemi più svariati. Iniziarono a chiamarlo “il Disturbo”. L’entità e la gravità erano variabili e sembrava come se agguantasse ognuno in maniera differente, non sempre in modo logico. Si sarebbe potuto dire che si presentasse come lo spettro di ognuno - uno debole di stomaco, avrebbe dovuto presentare nausea e vomito, uno debole alle vie respiratorie avrebbe dovuto presentare raffreddori e sinusiti, cose di questo tipo - ma non era così. Non sembrava esserci uno schema, bastava pensare che i disturbi presentati da Kai erano mal di testa e febbre che andava e veniva. Febbre! Uno Yuki! E non era finita. Qualsiasi cosa fosse questa specie di epidemia…o forse pandemia, avrebbe dovuto chiedere ad Urako il nome più calzante, in alcuni casi era mortale. Che fossero Shinobi o persone comuni, se decideva di uccidere lo faceva. E nessuno era esente dai sintomi. Gli ospedali erano pieni. I medici lavoravano giorno e notte, senza sosta, ma come tutti anche loro cadevano vittime del Disturbo, senza contare la cosa più grave: il chakra. Da quando i problemi si erano presentati, chiunque fosse avvezzo ad utilizzarlo, iniziò a lamentare forti difficoltà nel suo controllo.
Yu stesso si trovò a non essere più in grado di utilizzare tecniche conosciute precedentemente. Non riusciva più a ricorrere al Raiton, e molte mosse ormai sedimentate col passare degli anni erano inutilizzabili. Gli stessi insegnamenti del Gruppo Awa gli creavano fatica nell’essere gestiti, così come il chakra di Kurama! Ma la cosa peggiore fu rendersi conto, di punto in bianco, di non essere più capace di evocare i Rospi. Accadde un giorno qualunque. Preso dall’ansia iniziale di quel caos, aveva provato a fare un po’ di tutto e non appena si accorse di non avere più il Dono di Gamakichi e Gamatatsu alle mani, venne preso dall’angoscia. Provò, riprovò e riprovò, ancora, ancora e ancora, tirandosi uno straccio. Ma niente. Non riuscì a far apparire neanche un girino. Era come se il legame con i Rospi si fosse spezzato. E, di certo, con quel disastro in atto, non poteva prendersi la libertà di partire per Konoha. Si trattava di un’emergenza nazionale, se non addirittura globale. I problemi e le mire individuali vennero messe in secondo piano, soprattutto in quei primi momenti. Quindi si arrese all’evidenza, anche un po’ consolato dalle parole di Kurama che gli venne incontro dicendogli che, forse, era meglio così: d’altronde si sentiva da tempo in colpa nei confronti dei Rospi per dovergli tenere nascosto il Bijuu. Una colpa del tutto simile a quella che avvertiva in quel momento nei confronti di un po’ chiunque.
Aveva aspettato molti giorni, conscio e sicuro che prima o poi qualche disturbo si sarebbe presentato anche a lui, ma…non accadde mai. A parte il problema nel controllo del chakra, il suo corpo non accusò alcun altro colpo. Stava bene. Quanto meno, stava meglio degli altri.
Quando si rese conto della cosa, iniziò a fingere. Troppo strano che non presentasse disturbi. Troppo strano che proprio lui non avesse niente. Legò immediatamente lo strano fenomeno alla presenza di Kurama nel suo corpo, nonostante la Volpe non stesse facendo nulla per resistere ad un attacco esterno e non avesse nemmeno idea di cosa potesse causarlo.
Quando rivelò questo retroscena a Fuyu-sensei, questi si dimostrò non solo stupito, ma anche concorde con la strada intrapresa da Yu. In secondo luogo, visto che il suo giovane allievo ebbe l’ardire di prenderlo un po’ per i fondelli, considerato che lui stava bene e lo Yuki invece accusava il peso di quello strano fenomeno, il Capo ANBU scaricò su di lui parte dei compiti che il Disturbo gli impediva o gli creava difficoltà a fare. Se l’era meritato.

Passo così quegli ultimi anni. Simulando mal di testa e spossatezza e aiutando il suo sensei nei compiti che gli spettavano. Dividendosi tra missioni atte ad aiutare chi si trovava in difficoltà o ad indagare sullo strano fenomeno che stava dilagando sul Continente, e nel cercare di riprendere il controllo del proprio chakra.
Fu utile. Impegnarsi così tanto fu davvero utile per superare lo shock iniziale. Arrendersi all’evidenza non era nel suo stile, se poteva trovare una soluzione l’avrebbe trovata, inutile incaponirsi e sbattere la testa su un muro che mai sarebbe crollato. Tanto meglio ingegnarsi.
Decise, quindi, di abbandonare ciò che non riusciva più a fare, inventandosi nuovi jutsu per aggirare il problema, cercando di recuperare il controllo del resto. Incredibilmente, il chakra di Kurama fu il primo a cui riuscì a rimettere le redini. Chissà, forse perché il Bijuu stava nella sua anima, fatto sta che, seppure avesse avuto difficoltà nel tornare a controllarlo come prima, fu quello che si trovò in cima al podio del suo lento, ma efficace recupero. Recarsi giornalmente all’Hikisaku per confrontarsi con gli altri “Grandi” e cercare di cavare una bolla dall’Hakanai, fu invece utile per rimettere in piedi gli insegnamenti del Gruppo e anche qualcosa di nuovo. Pure allenarsi con Hisakata e suo padre aveva un buon effetto, così come con Fuyu, Takumi, Kai e Shizuka…sebbene quest’ultima avesse qualche problema nel comunicare a causa del fenomeno che aveva colpito tutti. Piano piano, recuperò abbastanza da potersi ancora considerare un Jonin efficiente. Solo una cosa gli era rimasta incastrata in gola e proprio non voleva saperne di scendere. L’evocazione.

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Dannazione, ora ne ho abbastanza! Entrò dalla porta di casa come una furia, dirigendosi in camera ancora con gli abiti da lavoro addosso. Se avessi avuto i Rospi con me, questa missione l’avremmo finita in un attimo!

Quello era davvero il suo unico rammarico. E bruciava, bruciava davvero. Forse nemmeno tanto per aver perso una famiglia o i suoi amici anfibi in sé - non era mai stato nemmeno al loro Eremo, ma era sicuro che, se un giorno li avesse rivisti, tra loro le cose sarebbero state come sempre - ma proprio perché, per lui, un compagno in missione non era quantificabile. D’altronde lo aveva sempre sostenuto: qualcuno che potesse coprirti le spalle era più importante di qualsiasi tecnica. E non perché si sentisse debole o non sapesse fare da solo, per i Kami, altrimenti come avrebbe fatto fino ad ora? No. Era semplicemente che, a volte, una testa in più, degli arti in più, potevano fare la differenza. Sembrava poco, ma era così. In fin dei conti le squadre esistevano per questo. Kuso, gli pesava da morire!
Si buttò sul letto a pancia in su con le braccia aperte, fissando il soffitto come se lì avesse potuto trovare la risposta ai suoi problemi. Ah, a proposito di problemi. Fortunatamente sembrava che ormai il Disturbo fosse sotto controllo. Chi aveva a che fare col chakra si era ingegnato per evitare il peggio e, in generale, a distanza di qualche anno, la salda presa dei problemi che aveva colto tutti impreparati si era attenuata, risultando ormai abbastanza sotto controllo. C’era voluto un po’, ma almeno il peggio era passato. Restava da capire da cosa tutto fosse dovuto…e scongiurare la possibilità che potesse capitare ancora. Le autorità si stavano muovendo in questo senso e non erano poche le missioni che venivano affidate anche agli ANBU mirando a questo obiettivo. Quella da cui tornava lui quel giorno non aveva nulla a che fare con quello scopo, ma gliene erano capitate sia in qualità di Zenko che in qualità di Yu. Tuttavia, per il momento, non avevano nulla di concreto in mano.


Sei tornato, Yu-nii? La voce di Kohaku proruppe dal corridoio dopo tre colpi di nocca alla porta. Con chi ce l’hai questa volta?

Lui e Kai, come si erano ripromessi, erano andati a recuperarlo non appena entrambi si considerarono autosufficienti. Il che coincideva, a loro modo di vedere, col traguardo del rango Jonin. L’idea originale era quella di riunire tutta la famiglia, ma ovviamente non c’era nessuna garanzia che la totalità del loro gruppo fosse ancora al vecchio orfanotrofio, dove si erano conosciuti. In realtà era rimasto solo Kohaku senza un posto dove stare. I gemelli Naoki e Tsuyu erano stati adottati da una buona famiglia e, come da loro sogno, si erano imbarcati nella carriera da Shinobi. Mentre Izumi…beh, lei era stata adottata dalla Direttrice dagli Occhi Grigi da Lupo. Di fatto viveva ancora all’orfanotrofio come figlia, nonché aiutante della vecchia senza età. L’incontro con Kohaku era stato giustamente burrascoso. Pensava che Kai e Yu si fossero scordati la promessa, e poi lo si sa, l’adolescenza è un periodo difficile. Per fortuna era passato: adesso era un bel ragazzone, allievo di Tako-san! Abitava lì con loro, e aveva preso possesso dell’ultima stanza disponibile.

Con l’Esistenza!

Aaaaahn, capito. Sarà meglio mi metta a fare qualche Takoyaki per migliorarti la giornata, allora.

Per grazia dei Kami anche lui stava meglio. Quando erano andati all’orfanotrofio aveva nausea e vomito ogni volta che sentiva odore di cibo e, per un aspirante cuoco, non era proprio il massimo.
Sospirò, affranto, rigirandosi sul letto. I Takoyaki lo avrebbero sicuramente tirato su di morale, ma il problema restava. Ed era un tarlo che stava scavando come un forsennato nella sua mente, tanto da essere fastidioso anche per Kurama. Lo aveva sopportato per anni, pensando fosse qualcosa di passeggero, una perplessità che presto o tardi se ne sarebbe andata come tutte le altre, ma, forse, aveva sottovalutato la cosa.


« E’ così importante per te? »
La domanda a bruciapelo della Volpe lo fece sobbalzare sul letto. Non mi tormenterebbe tanto se non lo fosse. Si tirò su a sedere. Lo so che dal tuo punto di vista ho già te e questo dovrebbe bastarmi da qui all’infinito. Tuttavia la sicurezza di poter contare su un compagno in qualsiasi situazione, che mi copra le spalle quando ne ho bisogno…anzi, che le copra ad entrambi, sia me che te, non ha prezzo. Sorrise nostalgico al ricordo di quando poteva richiamare quei Rospi logorroici. Alla fine erano divertenti, anche se era d’accordo col Kyūbi sul fatto che il peso del non poter parlare liberamente con i suoi alleati anfibi di lui, stesse diventando troppo greve. E poi il legame che si instaura è probabilmente la parte più importante. Ormai dovresti saperlo anche tu.
E ci sarebbe stato ancora tanto da dire, ma non ce n’era bisogno. Kurama poteva percepirlo direttamente dalla sua anima, senza aver bisogno di una comunicazione diretta…quel suo sentirsi incompleto. Mancante di un pezzo.
« Se la metti su questo piano… » Yu lo avvertì chiaramente stiracchiarsi le membra, mentre diceva quelle parole. « Hai qualche giorno di licenza adesso, no? »
Mh? Sì, perch-..?
« Perfetto. » Kurama non attese nemmeno che finisse. Di fronte alla giusta confusione di Yu, non diede spiegazioni di alcun tipo. « Avvisa il tuo superiore e preparati. Ti porto in un posto. »

 
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view post Posted on 6/1/2021, 18:24     +1   -1
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Kurama non gli disse dove l'avrebbe condotto, ma ce lo condusse soltanto. Senza specificargli nulla. Giocando deliberatamente con la sua estrema curiosità, gli fece prendere la prima nave per raggiungere un piccolo e ridente isolotto al largo del mare del Paese dell'Acqua. Non sembrava esserci nulla di speciale in quel porto commerciale: era un centro di modeste dimensioni e pieno di casupole realizzate in legno, abitato principalmente da pescatori. La salsedine era piacevole quando non si scontrava col lezzo del pesce essiccato, seppure generalmente apparisse freschissimo nelle casse di legno colme di acqua marina e ghiaccio. Era caratteristico. Ma quello che maggiormente attirava l'attenzione, seppure non nell'immediato, era l'isolotto che a perdita d'occhio poteva essere avvistato a largo. Distante, al punto da sembrare un minuscolo appezzamento di terra sul mare. Avrebbe potuto essere un insignificante ma curioso punto d'interesse, se non fosse stato per il ponte in legno malandato che pareva partire proprio dall'isola in cui il Rosso era approdato e che pareva essere in pezzi da troppo tempo (al punto che le alghe avevano mangiato persino il legno, trovando terreno fertile per crescere incontrastate a contatto con l'acqua salata). Se avesse chiesto in giro avrebbe scoperto che erano stati proprio gli abitanti del villaggio a distruggere quel collegamento con il "bosco maledetto", come lo chiamavano. Una storia suggestiva, degna di un opuscolo turistico.



Sembrava un normale primo pomeriggio in quel villaggio, poco prima che una voce collerica si levasse verso cielo e un essere peloso non gli tagliasse la strada, sfrecciando con una corda colma di pesci essiccati fra le fauci. Una volpe. Aveva il pelo fulvo e una linea eccellente. Ma aveva qualcosa che non andava nell'andatura, poiché era evidente che faticasse a poggiare la zampa anteriore destra (cosa che lo rallentava). Supporre il motivo non richiese un'analisi approfondita: l'uomo che la stava inseguendo adirato aveva un bastone fra le mani. L'animale era evidentemente diretto verso quel ponte, ma venne intercettato da un altro uomo e con una frenata rocambolesca virò verso destra, sparendo alla vista. Ancora quella volpe! Che brutta abitudine venire qui a rubare il pesce... di questo passo la uccideranno.. sentì commentare mestamente una signora affacciatasi per il trambusto, che quasi in pena per l'animale prese a osservare il punto dove era scomparsa la volpe. Stava sicuramente succedendo qualcosa, in quel tranquillo villaggio di pescatori.



Ti lascio il piacere della descrizione del viaggio. Kurama, come anticipato nel descritto di questo post, non si sbilancerà e giocherà un po' con la curiosità di Yu. Raggiungi per nave un'isola al largo delle coste del Paese dell'Acqua, il villaggio si chiama Tsuriito. Per il resto libera di fare quello che vuoi, come sempre. Se dovessi chiedere info sull'isolotto, ti diranno che quella è l'Isola delle Lanterne, puoi inventare tu il perché (pensa qualcosa di spettrale).


Edited by ¬BloodyRose. - 6/1/2021, 18:39
 
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view post Posted on 10/1/2021, 18:00     +1   -1
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Una delle prime cose che Fuyu si prese la briga di insegnargli, dopo che Yu diventò suo allievo, fu l’estrema importanza di crearsi dei contatti. Personalità dalle più svariate capacità, non per forza Shinobi, che un giorno o l’altro sarebbero potuti tornargli utili. Yoshida-san era uno di questi. Capitano di un mercantile che faceva spesso porto a Kiri, l’uomo dallo spiccato accento del nord, si era ritrovato a contrarre un debito con il Rosso. Durante il periodo dei Disturbi, infatti, lo Shinobi lo aveva tolto da un grosso pasticcio e da quel giorno si era offerto di scarrozzarlo ovunque desiderasse, purchè rientrasse nelle sue rotte commerciali. L’isola di cui aveva accennato Kurama, per fortuna lo era. Anche se a sentirne il nome, Yoshida-san aveva fatto una faccia strana e si era messo a ridere della grossa, chiedendogli cosa volesse farci in quello sputo di terra in mezzo al mare. Pareva, infatti, che l’Isola di Ryōshi, così si chiamava, fosse talmente piccola da ospitare un unico villaggio di pescatori, Tsuriito…l’ilare reazione del mercante era quindi piuttosto giustificata. Peccato che nemmeno Yu potesse spiegargli chiaramente cosa ci stesse andando a fare, perché la Volpe non aveva la benchè minima intenzione di dirglielo. “Capirai al momento opportuno” diceva, o “Vedrai quando saremo lì”, nulla che lasciasse trasparire un minimo indizio su cosa gli fosse saltato in testa di punto in bianco. E se la rideva un sacco! Eccome! Perché era chiaro che Yu stesse morendo dalla curiosità di sapere cosa avesse in mente. E dire che, se solo avesse voluto, avrebbe potuto saperlo. Una sbirciatina nei pensieri di Kurama e il mistero sarebbe stato risolto, ma…non era il suo modo di fare. Non lo era mai stato da quando lui e il demone erano diventati una cosa sola, di conseguenza non lo sarebbe diventato ora. Avrebbe aspettato. Rodendosi il fegato, facendo mille congetture e ipotesi, ma avrebbe aspettato.
Quella curiosità gli fece compagnia per l’intera durata del viaggio. Yoshida-san era riuscito, in un tempo imbarazzante, a spostare e riprogrammare i propri impegni lavorativi per anticipare la rotta verso Ryōshi e andare incontro al suo amico Shinobi, tanto che, il giorno seguente a quell’uscita di Kurama, Yu era in partenza per un posto che non conosceva, non aveva idea di dove fosse, né cosa ci avrebbe fatto. Ma era in partenza.
Un sonno incredibile addosso per l’orario eccessivamente mattiniero anche per lui, e la brezza del mare a pizzicargli la pelle, quasi volesse svegliarlo. Lasciò Kiri per andare incontro all’ignoto, con una curiosità bruciante sotto pelle e quelle farfalle nello stomaco che lo prendevano ogni volta che non sapeva cosa avrebbe incontrato sulla propria strada. Un’aspettativa enorme che, lo sentiva bene, rendeva particolarmente soddisfatto Kurama. Durante la traversata, chiese ancora diverse volte alla Volpe dove fossero diretti e quale fosse l’obiettivo di quel viaggio, ma ogni volta il Kyūbi divagava, eludendo le domande, girandoci attorno o rigirandole a Yu stesso.


« Tu cosa ne pensi? » Chiese ad un certo punto, palesemente con un sogghigno sul muso appuntito. « Che idea ti sei fatto? »
Se te lo chiedo così insistentemente vuol dire che non lo so, no?
« Eeeeh…Che c’è, non ti fidi di me? Dopo tutto questo tempo? »
Non sparare stronzate, dai. Appoggiato al parapetto, roteò gli occhi, girando anche su sé stesso, accostandosi alla balaustra di schiena. Mi fido ciecamente, è che sono curioso. Voglio avere un assaggio in anticipo di quello che stiamo andando a fare, tutto qui.
Un po’ come i bambini. Sì, Kurama lo sapeva bene. « E una sorpresa non è forse meglio? Se ti dessi un indizio ora, aprirei uno spiraglio e il tutto perderebbe di forza una volta chiaro. Se, invece, tenessi quella porta ben chiusa e la aprissi solo al momento giusto…l’effetto sarebbe totale. »
Sono punti di vista, credo. Brontolò, mettendo su un mezzo broncio che, però, si sciolse presto in un bel sorriso, rivolto al cielo sereno. Sembrava quasi che ci tenesse, Kurama, a renderlo felice. Ricordava un po’ Takumi in questo.
« Rimangiatelo! »
Che cosa?
« Mi hai appena paragonato a LinguaLunga! »
Oh andiamo, è vero che vi somigliate in certe cose. Lo hai detto pure tu.
« Ora puoi davvero scordarti qualsiasi indizio. »
…Despota.

Per fortuna le incazzature di Kurama duravano tanto quanto le sue. Quelle di quel genere, per lo meno. Se fossero durate come la nebbia di Kiri, sarebbe stato un problema! Comunque era sempre un po’ strano quando usciva dal villaggio e abbandonava la coltre di bruma che lo avvolgeva…sembrava sempre di inoltrarsi in un qualcosa di alieno. Ma non per questo brutto.
Anzi, fu davvero piacevole consumare la sua colazione mentre i raggi del sole lo accarezzavano direttamente, una volta ogni tanto. Anche Kurama sembrava apprezzare, ma non aveva idea se più gli onigiri con il ripieno di azuki o quel tocco tiepido sulla pelle.
In ogni caso, per quanto gradevole, il viaggio fu più corto di quanto pensasse.
Verso tarda mattinata, infatti, approdarono al piccolo porto di Tsuriito, situato su una altrettanto minuscola isola. Incredibile venisse presa in considerazione per le tratte commerciali: evidentemente il pesce di quelle parti doveva essere particolarmente buono!
Nonostante Yoshida-san avesse protestato circa il suo intento di aiutare nello scarico della nave, Yu non volle sentire ragioni e, prima di darsi un’occhiata attorno, diede una mano agli uomini del mercantile nel portare a terra le merci. Una bella sfaticata, ma una volta finito, guardarsi attorno fu ancora più rilassante. Quel posto aveva un che di bucolico. Era un centro abitato di piccole dimensioni, ma estremamente vivo come lo erano tutti i villaggi portuali. Un agglomerato di casupole, costruite e messe assieme con materiali di varia origine - legno, ma anche lamiere e altro arrivato dal mare - che non lasciavano alcun dubbio su quale fosse l’occupazione principale degli abitanti. Lì al posto dei panni stesi, si vedevano pesci ad essiccare, posti fuori su delle grate. Passeggiare tra le viuzze permetteva di respirare la vita del posto…oltre che il lezzo non proprio piacevole del pesce. A quell’ora in giro si vedevano solamente donne affaccendate, anziani che masticavano tabacco e che evidentemente avevano tirato i remi in barca da tempo, bambini che correvano per le stradine in terra battuta.
Tutto sommato un posto tranquillo, piacevole, fuori dalla vita che Yu conosceva, seppure ricordasse un po’ Kiri. Non c’era proprio niente che potesse fargli capire che piani avesse Kurama. Oltre al centro abitato di Tsuriito, c’erano un piccolo cimitero discosto, un bosco che occupava il terreno dietro al villaggio e…quella specie di isolotto a largo. Lo si vedeva appena, offuscato dalla distanza, apparentemente minuscolo visto dal porto, eppure c’era. Avrebbe potuto essere una di quelle piccole perle di cui ci si poteva fregiare, un punto di interesse che da solo avrebbe potuto attirare turisti da ogni dove in quell’isolotto altrimenti piuttosto modesto…se solo non vi fosse stato un particolare un po’ inquietante. Non distante dal porto, c’era quello che, ad una prima occhiata, a Yu era sembrato un molo dismesso, ma guardando bene l’architettura si rese conto che si trattavano dei resti di un vecchio ponte. Era davvero messo male, il legno era marcio e instabile e le parti crollate venivano divorate dall’acqua e dalle alghe. Lo si poteva vedere chiaramente scrutando oltre la superficie cristallina del mare. Sembrava essere diventato una scultura subacquea, eppure…non c’erano dubbi che fosse parte di quel che era rimasto fuori. Non aveva idea se fosse un caso o cosa, ma osservando la direzione, pareva proprio che quel rudere una volta puntasse proprio verso l’isolotto a largo.
Si incuriosì e nella sua innocente curiosità bloccò il primo passante che beccò al porto. Un vecchio uomo col bastone che si era soffermato ad osservare il mare poco più in là.


Mi scusi? Quell’isola…

Capì immediatamente di aver fatto qualcosa di sbagliato. Gli occhi spenti dell’uomo si sbarrarono e per poco non perse la pipa di bocca. Sbattè a terra il suo bastone con fare irritato e, prima di andarsene più veloce di come avrebbe potuto fare quando le sue gambe funzionavano ancora, ci tenne a sbraitare che Non esiste nessuna isola!
Ora…sorvolando sulla reazione più che eloquente dell’anziano, gli occhi di Yu erano ancora piuttosto buoni e quell’isola c’era eccome. Ricevere quella risposta non fece altro che incuriosirlo di più, tanto che, piccato, iniziò a chiedere insistentemente in giro. Tra le varie reazioni di terrore che incontrò, i vari tentativi di svignarsela senza dare risposte e chi diceva di non sapere nulla, alla fine lo Shinobi approdò accanto ad un tavolino piuttosto allegro. Alzuni anziani giocavano a dadi, fuori da un locale, applauditi da dei bambini accompagnati da nonne e madri.
Si avvicinò, rimanendo a guardare in silenzio, senza interrompere il gioco, prima che fosse uno degli anziani stessi a fermare tutto e rivolgerglisi.


Hai bisogno di qualcosa, ragazzo?

Veramente vorrei solo qualche informazione. Al cenno d’assenso del vecchio, Yu proseguì. Sono qui di passaggio e non ho potuto fare a meno di notare quell’isolotto a largo e quel ponte distrutto. Vorrei saperne di più, ma…le persone a cui ho chiesto sono scappate a gambe levate eludendo la domanda. Cosa c’è che non va in quel posto?

Perché era chiaro che ci fosse qualcosa di strano a quel punto. Anche in quel momento, i bambini si aggrapparono alle sottane delle donne, una di queste si portò addirittura una mano alla bocca, mentre gli anziani si guardarono tra loro in maniera eloquente. Credeva quasi che si sarebbe sentito inventare qualche altra scusa, ma, invece, uno dei vecchi - palesemente un pescatore che ormai aveva abbandonato l’attività - si appoggiò allo schienale della sedia, iniziando ad aprire una scatoletta di latta con dentro del tabacco e facendo cenno a Yu di accomodarsi al tavolo con loro, cosa che il ragazzo non si fece ripetere due volte.

Lo chiamiamo “bosco maledetto”, ma il suo vero nome è Isola delle Lanterne.

L’uomo che giocava a dadi con quello che si era messo a parlare, non sembrava tranquillo quanto lui. Scosse la testa in segno di negazione prima di appoggiare i gomiti al tavolo e prendersela tra le mani.

No, non va bene…non va bene parlarne. Zitti! Abbassate la voce! Ci sentiranno!

Chi ci sentirà?

GLI SPIRITI! Urlò a bassa voce, prendendo il colletto di Yu per avvicinarglisi e alitandogli quelle parole addosso. E’ per questo che si chiama Isola delle Lanterne! Ci sono gli spiriti là! Ogni tanto la notte si possono vedere…luci fluttuanti che illuminano l’isola e si muovono da un punto all’altro. Sono gli spiriti che fanno uno dei loro matsuri spettrali!

Quasi in cerca d’aiuto, Yu volse gli occhi verso l’uomo che lo aveva invitato a sedersi che sembrava più controllato e meno pazzo. Non che non credesse a quelle storie, non era certo la prima volta che ne sentiva, tuttavia era un tantino a disagio con quel tipo che lo teneva per il collo e gli fiatava quei racconti ad un passo dal viso con l’alito fetido.

Lascialo, Ken. Stai buono. L’uomo fuori di sé obbedì e Yu spostò la sua attenzione sul più sano di mente dei due. Lo vide mettersi in bocca un boccone di tabacco, prima che riprendesse a parlare. Non so perché ti interessi, ma quello è un posto maledetto, figliolo. Non è sempre stato così…anzi, un tempo gli abitanti di Tsuriito erano soliti portare offerte agli spiriti, per ingraziarseli e ottenere la loro benedizione per una pesca fruttuosa. Costruirono il ponte più come simbolo di questa collaborazione che per un reale bisogno: avevano le loro barche, come noi le nostre al giorno d’oggi. Tuttavia… E qui gli occhi dell’uomo si fecero più scuri, mentre i lamenti di Ken divennero più pressanti. Qualche generazione fa hanno iniziato a succedere cose strane. Coloro che andavano a portare le offerte spesso non tornavano più indietro. Altri mandati a cercarli, facevano la loro stessa fine. Altri ancora tornavano, ma caratterialmente del tutto differenti da prima…Chi ci ha preceduto ha dato la colpa agli spiriti dell’isola, incolpandoli di tradimento, anche se in realtà non c’era mai stato alcun patto e, per proteggersi, distrussero il ponte.

Iiiiih! E’ tutta colpa loro! Ken si coprì la testa e i suoi lamenti aumentarono di intensità, intervallati da risatine isteriche. In quanti sono morti negli ultimi anni? Il cimitero non è mai stato così pieno! E’ la vendetta degli spiriti, ne sono sicuro! Lo so io e lo sai pure tu Shun!

Shun sospirò. Non lo so Ken. Non lo so. Comunque questo è quanto ragazzo. Spero di aver saziato la tua curiosità, ma ti chiedo un favore: non andare troppo in giro a fare domande sul bosco maledetto. La gente qui è suscettibile su quel tema, come hai potuto vedere.

Lei non sembra più di tanto. Osservò.

Shun sorrise, mostrando i denti macchiai di tabacco.
Magari sono solo bravo a nasconderlo.

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Lasciato il banchetto dei dadi, Yu si prese un po’ di tempo per digerire quanto era venuto a sapere. Già che c’era comprò un bel pesce arrosto, infilato in un bastoncino, così da poterlo mangiare mentre camminava. Sembrava piuttosto probabile che l’incremento del numero di morti, citato da quel fuori di testa di Ken, fosse dovuto ai Disturbi più che ad una maledizione dell’isola…tuttavia era il resto della storia ad essere interessante. Sembrava proprio uno di quei racconti sugli Yōkai che gli piaceva tanto leggere! Ne aveva decisamente il profumo, la forma e la fattezza. Un’isola abitata da spiriti, inizialmente venerati e che poi, di punto in bianco, iniziavano a rapire o possedere le persone che venivano mandate lì. Sembrava proprio una di quelle storie paurose che avrebbe potuto essere riportata su uno dei suoi libri. C’era sempre la possibilità che tutto fosse stato ingigantito col tempo, che dettagli fossero stati inventati a doc per far quadrare le cose e dargli un sentore soprannaturale, ma sul momento il racconto di quel Shun gli aveva dato l’impressione di essere qualcosa di reale. Magari si sbagliava. Magari si trattava solo di un animale selvatico e la faccenda di quelli che tornavano caratterialmente diversi era solo una fandonia. Però a naso, sembrava esserci qualcosa di più dietro a tutto. La paura delle persone di quel luogo era così forte e palpabile che sembrava quasi impossibile fosse tutto una montatura.
Avrebbe dovuto trovare il modo di indagare un po’ più a fondo…magari facendo un giretto su quell’isola spettrale. Stava appunto pensando a quando e come organizzarsi, addentando distrattamente il suo pesce, quando una voce collerica si levò da una delle vie laterali e un istante dopo, una scia rossa e pelosa gli tagliò la strada, sfrecciando verso il porto con una corda colma di pesci essiccati tra le zanne.


Una volpe?

Pelo fulvo, coda folta e orecchie appiattite sul cranio, tuttavia era evidente che ci fosse qualcosa che non andava, perché la sua andatura non era quella di un animale che stava bene.
Si portò subito sulla cima del tetto di una delle case vicine, prevedendo l’arrivo del padrone di quell’urlo, così da poter osservare la scena da una postazione privilegiata. Visto l’inseguitore della volpe, si spiegò l’andatura imperfetta dell’animale: l’uomo era armato di bastone e doveva essere riuscito a coglierla sul fatto prima che fuggisse via. Ed ora eccoli là, lui a rincorrere e lei a scappare, palesemente diretta verso quel ponte. Per quale motivo poi? Tra le tante destinazioni che poteva prendere, per quale assurdo motivo avrebbe dovuto buttarsi in mare? Le domande di Yu morirono come nacquero perché gli intenti della volpe vennero mandati all’aria da un secondo uomo che le tagliò la strada, costringendola prima ad una brusca frenata e poi ad una virata. Rampando un po’ a terra con le zampe, l’animale riuscì a scampare all’imprevisto, sparendo alla vista con gli uomini alle calcagna, ma la sua preda ancora tra le fauci. Fu a quel punto che Yu sentì una voce provenire da sotto di lui: una donna si era affacciata alla finestra della casa su cui si era rifugiato, commentando quel fatto. Dalle sue parole sembrava che non fosse la prima volta che la volpe si infiltrava in paese per rubare, il che era del tutto normale: se aveva una dispensa comoda, qualsiasi animale ne avrebbe approfittato, se significava risparmiare energia per ottenere un risultato migliore se non superiore ad una normale caccia. Tuttavia il tono mesto della donna lo incuriosì, tanto che scese a terra proprio di fianco alla finestra rivolgendole la parola.


Quindi non è la prima volta che succede? E’ proprio sicura sia la stessa volpe?

La donna sembrava essere sulla trentina e dall’abbigliamento dava l’idea di essere stata interrotta durante le faccende domestiche. Aveva un fazzoletto in testa e le maniche del kimono tirate su da un lembo di stoffa incrociato dietro la schiena e allacciato sotto il braccio sinistro. Le mani rovinate di chi da più importanza a lavorare che alla cura personale, ma un viso ancora giovane e lo sguardo genuinamente preoccupato.

No affatto. Viene più volte al giorno a rubare corde piene di pesce essiccato, nemmeno dovesse sfamarci un esercito! Sospirò, un po’ affranta, forse dal vedere la stessa scena ripetersi giornalmente più volte. Non sono sicura sia la stessa volpe di sempre, ma ho come la sensazione che lo sia. Cambia strategia, ma finisce sempre per scappare. A volte scompare dietro l’angolo come oggi, altre volte si butta proprio in mare per non farsi acciuffare! Ma oggi sembra che Miura-san l’abbia beccata in pieno…povera creatura, che pasticcio…

Più volte al giorno? Strano…forse non è da sola. Quel dettaglio lo fece insospettire più del dovuto. Ma era palesemente insolito che una volpe sola avesse bisogno di rubare così tanto pesce. Se lo faceva significava che aveva qualcuno da accudire. Tuttavia venne presto catturato dal resto del racconto della donna e si ritrovò ad annuire. Anche prima sembrava volersi buttare dal ponte, ma qui intorno c’è solo… “quell’isola” stava per dire, ma si morse la lingua prima di farlo, seguendo le istruzioni del vecchio Shun. Si abbassò per osservare le impronte lasciate dalla volpe e dal suo inseguitore, piuttosto, confermando ciò che aveva visto e anche le parole della donna: dalle orme era chiaro come il sole che la volpe non stesse appoggiando bene una delle zampe anteriori. Sì, zoppicava. Lo si nota dalle impronte che ha lasciato. In quelle condizioni per lei sarà difficile continuare a farla franca, soprattutto se i mercanti del villaggio sono all’erta e preparati ad un suo possibile ritorno. Allo stesso tempo, la volpe sarà costretta a cercare cibo nel modo più comodo. E’ davvero un bel pasticcio. Ci pensò su, mentre si rimetteva in piedi, prendendo l’ultimo morso del suo pesce e iniziando a giocherellare col bastoncino, mentre si appoggiava affianco alla finestra della donna. Sa una cosa? Penso che andrò a controllare come sta appena gli animi si saranno calmati un po’. Che ne dice?

Mi sembra una buona idea, ragazzo. Avete un cuore d’oro. Potessi andrei io stessa, ma non posso lasciare solo il bambino. Yu buttò l’occhio dentro casa vedendo un infante dentro ad un box, spensierato, che giocava malamente con un orsacchiotto di pezza che aveva visto tempi migliori. Ah! E se la trovate, datele questo. La donna sparì alla vista qualche attimo, infilandosi dietro ad una porta per tornare poco dopo con un furoshiki che porse a Yu. Emanava il profumo zuccherino proprio delle mele. Non è molto, ma almeno per un po’ non sarà costretta a rischiare.

E’ lei ad avere un cuore d’oro, Signora! Replicò Yu, accettando il compito e il dono per la volpe. Sono sicuro che apprezzerà. Le farò sapere com’è andata!

Salutò così la Signora gentile. Stava già pensando di andare a prendere qualche pesce da portare all’animale per evitare che si intrufolasse nuovamente al villaggio, ma la donna lo aveva preceduto. Ora non restava che aspettare che gli animi degli uomini lì attorno tornassero tranquilli e poi si sarebbe mosso. Non ci volle molto.
Miura-san e compare, ricomparvero poco dopo dirigendosi verso la locanda poco fuori la quale Yu aveva parlato con Ken e Shun. Attese giusto un po’, quindi facendo finta di passeggiare lungo il porticciolo, si avviò, attaccandosi il furoshiki alla cintura. Passando accanto ai due li sentì parlottare e un sorriso soddisfatto gli si dipinse sul viso al commento di Miura-san.
La prossima volta che la becco, le tiro il collo! Aveva detto. Il che significava che non erano riusciti a prenderla. Doveva assolutamente trovarla prima di loro.
Non aveva idea se quella volpe si sarebbe fidata di lui…anzi, era molto probabile che non l’avrebbe fatto. D’altronde usare la trasformazione non avrebbe mai ingannato il naso di un animale selvatico. Quindi tanto valeva non usarla e provare il tutto per tutto. Doveva tentare, quanto meno per portargli le mele.
In qualche modo quella situazione gli ricordava un po’ quando con Hikari aveva tentato di salvare quel rospo che in realtà non ne aveva affatto bisogno. Ridacchiò. Sembrava una vita fa, ormai.


« Ti sei dato al volontariato? »
Beh, visto che non mi vuoi dire per quale ragione siamo qui, sto facendo un po’ quello che mi pare.
« Ahaha! Anarchia, sì mi piace. »

Con la risata potente e profonda di Kurama che gli rimbombava nel petto, una volta che ebbe voltato l’angolo nello stesso punto in cui lo aveva fatto la volpe poco prima, Yu abbassò lo sguardo a terra iniziando a cercarne le orme, pronto a seguirle. Pronto a raschiare il fondo delle sue conoscenze di tracciatore per riuscire a trovare la direzione giusta e scovare il posto dove quella volpe si era rifugiata. Non sapeva ancora per cosa Kurama lo avesse portato lì, ma almeno aveva trovato qualcosa da fare.


Risposte della Signora offerte gentilmente dal master.
Specifico inoltre che per seguire le tracce mi appoggio alle Conoscenze di Yu, nella fattispecie:

CITAZIONE
Tanken. Esplorazione ed osservazione.
Arte quasi totalmente scomparsa quella degli abili tracciatori, anche tra gli shinobi, nonostante sia diversamente utile a coloro abituati ad inseguire un obiettivo per leghe e leghe attraverso territori geograficamente diversi. Tuttavia, è anche vero che non tutti sono predisposti a questo genere d’abilità che richiede sensi attenti, prima di tutto, ma anche una certa predilezione naturale. La natura, infondo, è un libro aperto solamente per chi è in grado di leggere ed ascoltare i suoi silenti sussurri.
Infatti, per diventare dei bravi tracciatori, a parte una formazione sul campo lunga e paziente, è necessario entrare nella psicologia della propria preda - sia essa un essere umano o un animale - ma soprattutto, è fondamentale conoscerne le abitudini. Nessuno vieta all’inseguito di tentare delle azioni di depistaggio quali potrebbero essere tornare sui propri passi, variare improvvisamente il proprio percorso, oppure utilizzare superfici e sostanze atte a non lasciare tracce o a far perdere il proprio odore.
Se utilizzata a dovere e con la giusta esperienza, però, l’antica arte delle tracce è capace di rivelare la posizione, la velocità, la stazza, il sesso e lo stato fisico della propria preda. Ma parlare solamente di tracce è decisamente generico: queste possono essere di diverso tipo e coinvolgere più di un solo senso. Particolarmente loquaci possono essere le orme, in grado di dare un gran numero di informazioni utili al tracciatore, oltre che convincerlo se si tratti di un segno recente o vecchio e, quindi, inutile. Gli shinobi dall’olfatto particolarmente sviluppato, possono appoggiarsi ad esso nell’inseguire l’obiettivo, senza contare il particolare aiuto del tatto nel caso in cui, ad esempio, ci si imbatta nei resti del giaciglio o dell’accampamento della propria preda: valutando il calore di ceneri e suolo è possibile determinare da quanto tempo questa abbia abbandonato il posto.
Tanti sono i vantaggi nell’avere l’appannaggio di quest’arte, non per nulla nel caso in cui ci si muova in gruppo è estremamente utile che almeno uno dei componenti della squadra sia un abile tracciatore, che potrà guidare la compagnia attraverso un gran numero di territori diversi, senza perdere un effettivo contatto con il proprio obiettivo anche se questi dovesse avere un vantaggio non indifferente sui propri inseguitori. Ma in fondo, quella distanza sarebbe solamente tempo in più per conoscere meglio con chi si ha a che fare, no?

 
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view post Posted on 17/1/2021, 17:29     +1   -1
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Trovare le tracce dell'animale non risultò particolarmente difficile per un occhio esperto come il suo, nonostante fosse evidente che la creatura dal pelo fulvo avesse provato a cancellare le sue tracce, confondendole. Spazzate via con un colpo di coda sul terreno. Anche il dono dell'olfatto venne notevolmente in suo aiuto nel ritrovamento, poiché il pesce essiccato aveva lasciato dietro di sé una tenue traccia del suo passaggio. E dopo un breve girovagare per la fitta foresta alle spalle del villaggio Tsuriito, eccolo. Aveva trovato il pesce rubato, attaccato penzoloni al ramo di un robusto albero dalle foglie smeraldine, ma non v'era traccia alcuna dell'animale bastonato che aveva sottratto la refurtiva. Strano. Le tracce che sino a quel momento erano state una guida per il Rosso sparivano proprio dove penzolava la corda con il pesce. Spinto dalla curiosità, si avvicinò guardingo e per tutta risposta venne sorpreso da un attacco dall'alto. Schivarlo fu semplice, ma non era certo una volpe quella che aveva davanti.

Ad attaccarlo era stato un giovane uomo dai capelli di media lunghezza, d'un castano chiarissimo che mischiava sapientemente le tinte dell'oro al fulvo. Anche i suoi occhi erano del medesimo colore, pregni di collera mentre digrignava i denti come un animale selvatico a difesa del suo territorio.
Non osare avvicinarti, o non risponderò delle mie azioni. gli disse, minacciandolo di fargli passare un brutto quarto d'ora se si fosse mosso nuovamente verso la refurtiva. Non sembrava spaventato dalla sua presenza, ma semplicemente stanco. Era affannato e coperto da vesti sporche di terra e resina, chiaro sintomo che quel curioso ragazzo spuntato dal nulla avesse avuto contatto sia col suolo che con la corteccia dell'albero. Vattene via. Per un po' di pesce non morirete di fame! proseguì, muovendosi appena. Evidente che provasse a camuffare una smorfia di dolore, mentre il braccio destro tremava appena. E fu proprio a quel punto che magicamente comparvero delle orecchie pelose sul capo del ragazzo e una coda sporca di terra, dal pelo fulvo. E dal suo atteggiamento, pareva che non si fosse accorto di quel piccolo dettaglio in più.



Edited by ¬BloodyRose. - 17/1/2021, 17:47
 
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view post Posted on 23/1/2021, 15:51     +1   -1
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Mentre si inoltrava nel bosco il vociare del porto si faceva sempre più soffuso, così come la luce adombrata dai rami degli alberi che si chiudevano sopra di lui come una volta. Fronde intrecciate ad altre fronde, proprio come dita incrociate di mani congiunte. I rumori del bosco furono presto i suoi soli compagni in quella ricerca. Appena accennati e rilassanti, attutiti eppure perfettamente udibili. Una sinfonia di fruscii e scalpiccii invisibili, uniti al canto degli alberi smossi dalla brezza. Un posto pacifico, che solo poco prima doveva essere stato investito dalla rabbia degli uomini che inseguivano quella volpe in fuga, per nulla intenzionata a farsi prendere! Adesso quell’animosità era sparita, ma…ne restavano comunque le tracce. Le orme della volpe, si intravedevano appena sul terreno umidiccio del bosco, come se avesse tentato di cancellarle. E, se non ricordava male, era abitudine di quegli animali farlo con un colpo di coda. Decisamente accorti! Molto di più degli uomini che avevano inseguito quella disgraziata creatura e che avevano lasciato una serie di impronte nitide e pesanti, impresse nel suolo argilloso. Le loro falcate sarebbero state visibili pure ad un cieco, tanto erano profonde! Una corsa maldestra e pesante, resa ancor più evidente dai rametti spezzati ai lati della strada da loro intrapresa...Quella sbagliata.
Sorrise, infatti, il Rosso nel momento in cui vide le tracce della volpe e quelle degli uomini separarsi, chiaro segno che l’avessero persa di vista. Seguì giusto per curiosità il sentiero seguito da Miura-san e compare, solo per vedere quanto in là si fossero spinti prima di rendersi conto di essere stati fregati e tornare indietro. In realtà non molto. Una decina di metri nel folto della boscaglia, prima che le impronte grossolane si fermassero in un punto preciso, creando una zona di scalpiccio piuttosto evidente. Orme che pestavano altre orme, come se gli uomini si fossero fermati a guardarsi attorno, confusi, prima di decidere di fare dietro-front ed ammettere - non senza una profonda ferita all’orgoglio, presumeva - di aver perso il confronto diretto uomo-animale. Non che si potesse biasimarli troppo: erano pescatori, non cacciatori! Leggere le tracce non era certo il loro mestiere…quindi per la volpe era stato facile ingannarli. Era bastato farsi perdere di vista e il gioco era fatto!
Al contrario di loro, Yu aveva qualche nozione in più nel campo del tracciamento…oltre che un buon fiuto. E beh, quella tenue puzza di pesce che sentiva era un indicatore utile tanto quanto le impronte della volpe. Tornato sui suoi passi e raggiunto il punto in cui i pescatori si erano separati dalla strada intrapresa dall’animale, il Rosso riprese a seguire le tracce dello stesso…ora evidentemente più tranquille. Pareva infatti che, una volta seminati gli inseguitori, la volpe avesse abbandonato la corsa forsennata che l’aveva vista protagonista sin dal villaggio, optando per un trotto sostenuto. In quell’andatura, il problema alla zampa anteriore destra si fece più visibile, riconfermando quanto già visto in precedenza. Si abbassò a terra, osservando meglio e impensierendosi un po’. Sarebbe stato difficile avvicinarla…gli animali feriti erano più aggressivi e giustamente meno propensi ad abbassare la guardia. Una volpe non era certo un lupo o una tigre, ma non è che gli andasse troppo di farsi mordere: avrebbe dovuto stare attento ed agire con accortezza. Probabilmente con l’udito fine che aveva, l’animale era già pronto ad accoglierlo, tanto valeva darsi una mossa.
Rialzatosi e ripreso a seguire le tracce e il lezzo di pesce, non ci volle molto perché Yu giungesse al capolinea. Trovò la corda coi pesci essiccati attaccata penzoloni al ramo di un grosso albero, anche se non sembrava esserci traccia della volpe. Le orme finivano lì, sparendo nel nulla. Anche guardando nei dintorni non trovò alcun segno del passaggio della volpe, era come se fosse arrivata in quel punto e poi si fosse volatilizzata o fosse salita sull’albero. Ma con quella zampa...gli sembrava strano l’avesse fatto. E ancora più strano era che avesse lasciato i pesci che aveva rubato con tanta fatica, così, in bella vista! Sembrava quasi una trappola per altri animali, ma se così fosse stato la volpe non poteva essere troppo distante, no?
Attento e coi sensi all’erta, Yu si avvicinò quindi al pesce, incuriosito, ma non fece nemmeno a tempo ad allungare la mano verso la cordicella che si ritrovò a rotolare rapidamente di lato, sulla foglie secche, per schivare un attacco dall’alto.


Ma che diavolo..?!

Il mondo girò una volta e quando il Rosso tornò con la visione diritta, si ritrovò d’innanzi ad un giovane. Avrà avuto si e no l’età di Kohaku, capelli alla spalla di un ramato dorato, del tutto simile al colore dei suoi occhi furiosi. Era affannato e sporco. Le sue vesti erano inzaccherate di terra e…aveva un odore di “selvatico” addosso. Leggero, mischiato a quello di humus e resina di cui era lercio, ma si sentiva. Ed era palesemente in collera. Digrignava i denti come un animale, mentre lo minacciava di non rispondere delle proprie azioni, presumibilmente nel caso in cui Yu avesse tentato di avvicinarsi di nuovo ai pesci. Ma perché? Chi era quel ragazzo? La volpe era forse sua? Una specie di famiglio che mandava a rubare al villaggio? O magari conosceva il ninjutsu e si era trasformato per trafugare la refurtiva?
Di sicuro aveva un gran bel coraggio. Non sembrava per nulla spaventato da lui, semplicemente era spossato. Aveva il fiatone come se avesse faticato a lungo, ma non smise di abbaiare minaccioso, nemmeno quando Yu si rimise lentamente in piedi, intimando allo Shinobi di andarsene, che tanto per un po’ di pesce non sarebbero morti di fame a Tsuriito. Fu in quel momento che gli occhi di Yu caddero inavvertitamente sulla mano destra del giovane che aveva di fronte: l’arto tremava, evidentemente dolorante, così come sembrava chiaro che la smorfia di rabbia non fosse solo tale, ma anche qualcosa che lo aiutasse a camuffare il dolore. Sembrava chiaro a quel punto, viste la parole del ragazzo fulvo e il suo braccio ferito, che lui e la volpe fossero la stessa cosa. E lo Shinobi stava per parlargli, conscio di questo, conscio che la volpe non fosse altro che quel ragazzo in realtà, quando però successe qualcosa che lo bloccò dall’esprimersi così rapidamente e a ritrattare quel pensiero. Dovette sbattere gli occhi un paio di volte prima di capire di non avere le allucinazioni, perché di punto in bianco sulla testa del giovane erano apparse delle orecchie pelose, mentre una coda folta, ma sporca di terriccio fece capolino da dietro la sua figura. Lui non sembrava essersene reso conto, perché ancora lo fronteggiava come nulla fosse. Eppure quel dettaglio permise a Yu di capire qualcosa di più su chi aveva di fronte. Non era un ragazzo che si trasformava in volpe, bensì una volpe che si era trasformata in ragazzo per affrontarlo “ad armi pari”. Una kitsune! Ne aveva letto molto nei suoi libri, erano tra gli yokai più famosi, ma non aveva mai avuto occasione di vederne uno…nemmeno dopo che aveva scoperto che gli yokai esistevano davvero. Per qualche motivo la trasformazione della volpe che aveva di fronte stava perdendo d’efficacia e alcune parti del suo corpo avevano fatto capolino. Aveva letto che per loro era molto difficile nascondere orecchi e coda, ed erano le prime cose che spuntavano quando venivano spaventate. Ma quella volpe non sembrava avere paura di lui. Il motivo di tale reazione doveva forse andare a piantare radici nel dolore al braccio - alla zampa? - o alla collera che lo infiammava.
In ogni caso…era una kitsune! Cazzo, una vera! Non credeva ai suoi occhi e si chiese se fosse visibile quel luccichio di curiosità e di eccitazione che provava nell’essere di fronte per la seconda volta ad uno yokai. Internamente stava facendo una capriola dietro l’altra e si rese conto di come quella situazione ricordasse l’incontro da lui e Takumi: solo che in questo caso lui era Takumi e la volpe lo Yu di allora.


Ma in che posto interessante mi hai portato, Kurama?
« Non me lo ricordavo così, sono passati secoli. »
Eeeeeh, beh, allora vuol dire che l’Anarchia ha pagato!
« Ahahah! Sembri un cucciolo con un nuovo giocattolo. »
Eddai, quando mi ricapita!

Si chiese per quanto ancora quella volpe non si sarebbe resa conto di star perdendo la sua maschera…anche se, forse a questo punto avrebbe dovuto riferirsi a lei come a un maschio. Si era trasformata in un giovane uomo quella volpe, in fin dei conti. Mmmh, beh non che fosse necessariamente indicatore del suo sesso la cosa. Fatto stava che era il caso di mettere in chiaro un paio di cose. D’altronde lui era lì per un motivo ben preciso, non di certo per fare turismo nel bosco.

Buono, buono! Fece, alzando le mani aperte. Non sono qui per prendere nulla. Sono solo di passaggio su quest’isola, non faccio parte dei pescatori che la abitano e, quindi, proprio per questo non mi sento particolarmente coinvolto dalla loro causa. Anzi, francamente penso che se non sono abbastanza svegli da tenere d’occhio la loro merce, è giusto che resti in mano a chi gliel’ha fatta sotto al naso. E lo pensava davvero. La Signora gentile aveva detto che succedeva tutti i giorni, più volte al giorno…a un certo punto stratagemma o non stratagemma, se uno ci teneva davvero alla propria merce, un modo per proteggerla lo trovava! Sono solo venuto a portarti una cosa. Precedette l’ovvia domanda che sarebbe conseguita alla sua giustificazione, iniziando a rivolgersi al ragazzo in maniera diretta, dimostrando apertamente di sapere chi fosse. Curioso, e intimamente divertito, di vedere la sua reazione. Ero un po’ preoccupato che tornassi troppo presto. Sai, gli uomini al porto sono ancora un po’ innervositi. E siccome ho notato che non correvi bene, ho pensato fosse il caso che per un po’ non rischiassi. Così una Signora del porto mi ha dato delle mele, anche lei era preoccupata. Indicò il furoshiki appeso alla cintura, muovendosi lentamente per slacciarlo, lanciando delle occhiate alla kitsune per controllare che non scattasse pensando che estraesse qualche arma. Ecco qui. Lo mise a terra, facendo qualche passo indietro, per dare spazio alla volpe così che potesse avvicinarsi e prenderlo in sicurezza. Ah, se pensi che siano avvelenate, posso assaggiarne una per te. Sarebbe stato un pensiero plausibile. Lo avrebbe fatto Yu stesso al suo posto. Dubitava lo fossero davvero, la donna sembrava sincera e in casa aveva un bambino piccolo, non gli sembrava il tipo che potesse tenere in casa del veleno: troppo pericoloso per il piccolo. Ma ovviamente, la volpe, questo non lo sapeva. La scegli tu, ovviamente.

 
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view post Posted on 24/1/2021, 21:07     +1   -1
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Era palese che la creatura non si fidasse minimamente dell'umano che gli si era palesato dinnanzi, nonostante il suo aspetto non avesse praticamente nulla a che spartire con quei due buzzurri sporchi di interiora di pesce che qualche minuto prima avrebbero voluto fargli la festa. Non aveva paura di lui, questo era chiaro. Non lo avrebbe mai fronteggiato come stava facendo, se ne avesse avuta. L'istinto di conservazione l'avrebbe costretto a scappare a zampe levate. Ma allo stesso tempo non voleva fargli del male. Si trovava in quel villaggio per ben altro che attaccare briga con le creature del posto! Per questo aveva provato a intimidirlo, a scacciarlo con un ringhio che forse sarebbe bastato a farlo desistere dal prendere quell'ennesima corda di pesce essiccato che ben presto avrebbe portato indietro. Ma quel ragazzo non sembrava per nulla intimidito, e anzi pareva essere in vena di approcciarsi a lui nonostante il suo rifiuto piuttosto netto. Di passaggio, dici..? fece eco, non nascondendo un pizzico di ironia nel tono della voce. Anche lui era di passaggio in quel posto pieno di umani di punto in bianco ostili per un po' di pesce, ma questo non glie lo avrebbe detto apertamente. Non si fidava ancora. A quel punto lo sconosciuto soggiunse che era li per portargli una cosa, mostrandosi stranamente in pensiero per lui. Aspetta. Per quale motivazione stava parlando con lui come se in realtà conoscesse la sua vera identità? Assottigliò lo sguardo, abbassando involontariamente le orecchie e muovendo la coda infastidito. Non si era ancora accorto della sua mancanza nel camuffarsi.
Comunque, quell'atteggiamento benevolo lo mise a disagio, tanto che dovette sollevare scettico un sopracciglio mentre lo osservava aprire un fagotto pieno di mele dall'aspetto succulento, gentile regalo di una signora del villaggio (anch'ella in pena per lui, a quanto pareva). Attese pazientemente e senza abbassare la guardia che il Rosso facesse qualche passo indietro, prima di azzardarsi ad avanzare verso quel dono. Vi si inginocchiò vicino, prendendo una mela dal mucchio.
Stupida donna.. borbottò a denti stretti, con un'espressione amara dipinta sul volto. Non voleva affezionarsi di nuovo a un'essere umano, solo perché questi aveva pensato di fare un gesto carino nei suoi confronti. Sospirò. Prendi. disse dunque, lanciando la mela in direzione dello sconosciuto dalla chioma stranamente fulva (non tutti gli umani avevano quel colore), sorridendo sarcastico alla sua dimostrazione. E prega che quella donna non voglia farmi la festa. concluse mentre questi l'afferrava, osservandola a sua volta. Dunque il suo sguardo passò dal frutto a lui, con una richiesta di soccorso qualora quel dono fosse stato davvero avvelenato. Fece spallucce. Cosa pretendeva? Di portargli un qualcosa di avvelenato e cavarsela con un aiuto? Pretenzioso.

Diede un morso, masticando bene e ingoiando il pezzo sotto lo sguardo castano-dorato del ragazzo volpe, rimasto col fiato sospeso. Sembrava stesse filando tutto liscio, ma a un certo punto l'umano parve accusare qualche dolore e si accasciò in ginocchio in preda ai dolori, tenendosi la pancia. La mela era avvelenata! La volpe impallidì alla scena, ma dopo un primo istante si lanciò incontro allo sconosciuto e cercò di sorreggerlo.
EHI! Butta fuori quello che hai mangiato, razza di baka! gli disse tutto concitato, suggerendogli di piantarsi due dita in gola e stimolare il vomito per buttare fuori tutto. Ma di tutta risposta dallo sconosciuto provenne una risata, che lo lasciò totalmente spiazzato e a dir poco adirato sul posto. Che cazzo di scherzi erano mai quelli?! Mi hai fatto prendere un colpo! Piccolo.. gli disse digrignando i denti e piantandogli un pugno in testa come ben servito, salvo poi avvertire un forte dolore al braccio e indietreggiare verso l'albero tendendolo stretto al corpo. Come se quello potesse alleviare il dolore. Si sedette, schiena contro il tronco, cercando di riprendere fiato e tornare presente a se stesso dopo aver visto letteralmente le stelle. Come diavolo avrebbe fatto a portare la refurtiva dall'altra parte? Non voglio avere altri umani sulla coscienza..

 
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view post Posted on 31/1/2021, 17:51     +1   -1
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Era palese la volpe non si fidasse di lui. Tutto nel suo atteggiamento circospetto lo suggeriva, ma a parlare più chiaramente erano gli orecchi abbassati pericolosamente e la coda innervosita. Non gli dava l’impressione che volesse fargli del male, però. Se avesse voluto avrebbe potuto tranquillamente già attaccarlo...invece lo stava ascoltando, nonostante tutto. Seguì la sua intera spiegazione, interagendo con ironia a questa o quella affermazione, arrivando fino all’offerta finale delle mele. Al posto suo anche Yu si sarebbe sentito a disagio: in fin dei conti era poco credibile che proprio dallo stesso villaggio da cui provenivano i pescatori che gli avevano dato la caccia, fosse giunto quel dono mosso dalla preoccupazione nei suoi riguardi. Per questo il Rosso si offrì di assaggiarne una al posto suo.
Non aveva effettivamente idea se la donna che gliele aveva date fosse un leone travestito da agnello, ma a pelle gli era sembrata una signora gentile e sinceramente in pensiero per quella volpe che ogni giorno si avventurava tra le bancarelle per rubare il pesce. D’altronde era normale…Capitava che ci si affezionasse di riflesso a creature che si presentavano con una certa cadenza regolare. Diventavano parte della vita di tutti i giorni, della routine, tanto che non vederle era segno di inquietudine e preoccupazione. Così come vederle acciaccate.
E poi aveva quel neonato in casa…quale madre avrebbe tenuto del veleno da qualche parte, quando si occupava di un bambino? Naaaah era piuttosto sicuro che sarebbe andato tutto liscio, contrariamente alla volpe che accettò quella proposta dopo essersi avvicinato prudentemente alle mele succose, il cui profumo zuccherino arrivava fino alle narici di Yu. Fu ricevendo il frutto scelto e ascoltando la sarcastica raccomandazione della kitsune che nella mente del Rosso si accese un’idea. Lo avrebbe messo alla prova. Quella volpe aveva cercato di allontanarlo, di spaventarlo, senza effettivamente fargli del male. Non sembrava affatto mosso da cattive intenzioni. Un’impressione del tutto differente da quella che aveva avuto incontrando Izumi, per quanto anche lei fosse solo preda di un amore ossessivo e da una tristezza incolmabile.


Se dovesse essere avvelenata davvero, non lasciarmi qui ad agonizzare, per favore.

Una richiesta giunta dopo aver guardato quella mela stretta in mano ed aver scambiato uno sguardo con gli occhi castani della volpe. Giusto pochi istanti prima di prendere un bel morso del frutto zuccherino. Ah era ottima! Fresca e dolce come solo le mele sapevano essere. Ingoiò senza indugio e stava giusto per rivolgersi tranquillo al ragazzo-volpe, quando sul suo volto si dipinse una smorfia. Si portò le mani alla pancia, accasciandosi in ginocchio, mentre simulava dolori atroci. Non vide il viso della kitsune sbiancare, ma lo sentì subito vicino a sé a sorreggerlo e a incitarlo di buttare subito fuori il boccone che aveva mangiato, palesemente preoccupato. Quasi si sentiva in colpa per la sceneggiata…ma era troppo divertente! Era passato dall’ostilità all’apprensione nel giro di qualche attimo. Una creatura di natura malvagia non lo avrebbe mai fatto. Si trattenne dal ridere finchè poté, cercando di trovare una via d’uscita dalla sua stessa recita, ma quando la volpe iniziò a suggerirgli di piantarsi due dita in gola per stimolare il rigetto, non riuscì più a tenersi. Ormai si teneva la pancia dalle risate e non dal finto dolore! Ci volle qualche istante perché la kitsune se ne rendesse conto, tirandogli un pugno in testa del tutto giustificato e dovuto. Obiettivamente era stato un pessimo scherzo. Ma gli era servito per capire diverse cose. Stava asciugandosi le lacrime dalle risate, mentre si tirava su, quando vide la volpe accasciarsi contro un albero con il braccio ferito stretto al corpo. E sentì quella frase. Forse la volpe nemmeno si era resa conto d’averla detta, ma Yu l’aveva sentita bene, velata di tristezza. Non aveva idea di che cosa significasse…avrebbe potuto fare molte congetture, tra cui anche quella che la kitsune in questione fosse coinvolta con le sparizioni di cui gli avevano raccontato gli anziani di Tsuriito. Tuttavia preferì accantonare quel discorso per il momento. L’infortunio al braccio - o zampa? - della kitsune aveva la priorità. Infondo, nel momento in cui avrebbe potuto dedicarsi alla medicazione di quella brutta botta, sperando fosse solo tale, avrebbe avuto tutto il tempo per parlare con la volpe.
Raccolse quindi la mela che aveva opportunamente fatto cadere per simulare il malore, pulendola sui pantaloni, prima di dirigersi verso il fagotto, a pochi passi da lui, per raccattare anche quello. Si avvicinò con cautela alla volpe, vedendo subito il disagio riflesso nel movimento dei suoi orecchi pelosi. Si fermò quindi a una certa distanza, dopo avergli lasciato vicino l’involto di stoffa con le mele succose e profumate all’interno, tranne quella morsa. Quella per il momento la tenne lui.


Gomen. Disse, accucciandosi a terra per non guardare la creatura dall’alto in basso. Non pensavo ti spaventassi così tanto! Ci sperava però, in un certo senso. Che ne dici se per farmi perdonare do un’occhiata a quel braccio?...O zampa…insomma, dove sei stato colpito. Indicò con un cenno del capo l’arto che la volpe teneva stretto a sé, come a proteggerlo, prima di fare una dovuta specificazione. Non sono un medico, non mi piacciono molto, ma proprio per questo ho imparato a cavarmela da solo e poi, beh, le nozioni base di pronto soccorso le conosco.

Il ragazzo sollevò un sopracciglio tra il dubbioso e il sarcastico. Nemmeno a me piacciono i medici. Fanno male e ti danno in pasto sempre poltiglie disgustose o, alla peggio, ti spalmano erbe che bruciano come sale sulle ferite. La coda su cui era seduto si muoveva nervosa, difficile capire se per la vicinanza del Rosso, per l’argomento o per l’arrabbiatura per la burla subita. E’ stato uno scherzo pessimo, ma se vuoi provare a farti perdonare, accomodati. Sbuffò. Ma prima devi dirmi perché credi che io sia un animale, dato che siamo uguali…e perché vuoi aiutarmi, soprattutto. Solitamente non si fa nulla per niente.

Yu fece una faccia strana. Stupita e incredula, la sua espressione sembrava gridare a chiare lettere “Ma come? Sei seduto sulla tua coda e ancora non te ne sei reso conto?”. E a quanto pareva proprio non se n'era accorto. Per quei lunghi minuti in cui avevano parlato, la presenza delle orecchie e della coda erano passate inosservate alla volpe. Quel braccio doveva fare davvero male per stordirlo a tal punto.

Perché penso che tu sia una kitsune vuoi dire? Sbuffò ridacchiando, prima di cercare di riprendere serietà e fingere di ragionarci su. Fammici pensare…direi…sì! Direi per la coda e le orecchie pelose!

Immediatamente la kitsune sgranò gli occhi portandosi le mani alla testa, tastandosela fino a trovare quello che non avrebbe dovuto esserci. Yu lo sentì imprecare a denti stretti, prima di avvolgersi la coda attorno al corpo, come avrebbe potuto fare nella sua forma animale. Arricciò il naso però, era chiaro che averla tutta sporca di terra, appiccicaticcia di resina e con frammenti di foglia secca tra i peli, non gli piacesse molto.

E’ da un po’ che ti sono spuntate, ma non volevo dirtelo per non metterti in imbarazzo. Spiegò. Inizialmente pensavo che la volpe del villaggio fosse un tuo famiglio, o che fossi tu, ma trasformato in animale…poi ho capito che era il contrario!

Bofonchiò un Perspicace tutto imbronciato, capace di far nuovamente ridere Yu - gli ricordava un po’ Takumi - prima che il Rosso si decidesse a rispondere all’ultima domanda, sicuramente quella che per la kitsune aveva più importanza, ma che per lui era del tutto normale. Non è che ci avesse pensato su troppo quando aveva abbandonato il villaggio incuriosito da quella volpe che zoppicava, sfrecciata verso il bosco. Si era incuriosito e con tutti quei pescatori che la inseguivano gli era venuto naturale tifare per l’animale. Che poi fosse una kitsune l’aveva scoperto solo una volta lì. E non era che cambiasse le cose.

Perché voglio aiutarti, eh? Francamente non credo ci debba essere per forza un motivo. Quindi rigirò la domanda alla volpe, tentando di aiutarlo a capire. Tu che motivo avevi di preoccuparti a quel modo che morissi avvelenato?

Parve stupirsi in un primo momento, ma di quello stupore di quando si viene colpiti ad una ferita scoperta. Tant’è che si fece piccolo piccolo, abbassando gli orecchi prima di rispondere Non mi piace vedere morire qualcuno, tutto qui senza ulteriori dettagli. Ma era chiaro, tra quell’ultima risposta e l’affermazione di poco prima sugli umani sulla coscienza, che ci fosse qualche cosa di più dietro. Un qualcosa che Yu preferì non indagare in quel momento, vedendo la volpe estremamente a disagio. Tanto che fu la kitsune stessa a cambiare argomento, alleggerendo l’atmosfera. Spero davvero che tu sappia farti perdonare, piccoletto. Devo poter attraversare il mare entro stanotte.

Un tacito via libera che Yu fu lieto di accettare istantaneamente. Come se avesse passato anche lui una prova, la kitsune socchiuse appena la porta, facendogli cenno di entrare. E il Rosso non se lo fece ripetere due volte! Si avvicinò, sedendosi accanto a lui, porgendo la mano per farsi dare il braccio e contemporaneamente passando la mela col suo morso alla kitsune, raccomandandosi di morderla se gli avesse fatto male. La volpe però la mise da parte, assieme alle altre, facendo sorridere Yu che aveva iniziato a levare il parabraccio, delicatamente, alzando gli occhi di tanto in tanto per capire se stesse facendogli male.

Vai sull’Isola delle Lanterne? Chiese, legandosi all’ultima affermazione. Non c’erano molti posti nei dintorni che potesse raggiungere in fin dei conti. In effetti, durante la fuga mi era sembrato volessi buttarti in mare...C'è la tua famiglia lì? Sai, la donna che mi ha dato le mele ha detto che vai a rubare pesce più volte al giorno tutti i giorni, quindi ho pensato non fossero solo per te.

Quello che ne resta. Rispose lui a denti stretti, mentre Yu alzava la manica della maglia per mettere a nudo il braccio colpito. Se sono qui, lo faccio per loro. Ho preso abbastanza pesce da poter tirare per un’altra settimana.

Quindi ci aveva preso. Quella volpe aveva qualcuno da proteggere, da accudire, per questo rubava dal villaggio con tata veemenza. Tuttavia qualcosa stonava in quella storia…come mai doveva spingersi fino all’Isola di Ryōshi? Se sull’Isola delle Lanterne il cibo scarseggiava, non era meglio spostarsi direttamente altrove, tutti quanti? E poi c’era ancora quella faccenda di cui gli avevano parlato gli anziani del villaggio. Quella storia che spaventava tutti anche solo a nominare l’isolotto. Ora sapeva che ci abitavano le kisune, si spiegavano le luci, restava da fare chiarezza sulle sparizioni.

Ti ho detto che sono di passaggio, no? Chiese mentre aveva iniziato a visitare il braccio della volpe, guardandone il colorito, il gonfiore, tastandolo oculato, sapendo che parlare era il modo migliore per distrarlo dal dolore che sicuramente gli stava provocando. Un amico mi ha detto di venire qui, senza specificarmi bene il motivo, quindi una volta arrivato ho fatto un po’ il turista e ho notato quell’isola. Chiedendo in giro, però, la gente del posto mi è sembrata spaventata, un paio di anziani mi hanno raccontato delle sparizioni…degli spiriti.

Una risata. Si. Col tempo la gente del posto ha cominciato a inventarsi storie assurde, soltanto perché alcuni di loro hanno deciso di non tornare. Probabilmente la separazione per voi è più dolorosa, dato il poco tempo che avete.

Dopo un attimo di sconcerto iniziale, rise anche Yu a quella rivelazione. Praticamente al villaggio avevano distrutto il ponte per nulla. Non erano rare le storie di quel tipo. Eventi venivano travisati e non indagati a fondo, altri - come gli uomini che tornavano caratterialmente cambiati - con l’andar delle generazioni venivano semplicemente aggiunti. Un po’ come le voci di corridoio che da una topolino erano in grado di tirarci fuori un elefante!

Non credo sia per quello. Disse, cercando di rispondere all’ultima considerazione della volpe. Semplicemente siamo egoisti e vorremmo spendere più tempo con le persone a cui teniamo. Sorrise mesto, prima di riaversi ed esclamare Beh, buone notizie! Niente fratture, hai preso solo una brutta botta. Ti metto un unguento e ti fascio il braccio. Annunciato questo, prese un barattolino dalla bisaccia, ma prima di aprirlo un avvertimento fu d’obbligo, visto quello che aveva detto poco prima la kitsune sui medici. Non brucia, ma puzza un po’…per lo meno ti farà guarire più in fretta e allevierà il dolore.

Le risate della volpe che scherniva il tipo che lo aveva bastonato, vennero bruscamente bloccate da una smorfia disgustava appena l’odore dell’arnica raggiunse le sue narici. Era palesemente poco convinto, ma nonostante tutto diede ugualmente il consenso a Yu.

Stringi bene le bende almeno, sperando di ammazzare quanto più possibile l’odore di quella poltiglia.

Ryokai! Ridacchiando nel vederlo arricciare il naso e voltare il capo dalla parte opposta, Yu iniziò a spalmare l’unguento delicatamente. So cosa vuol dire avere una grande famiglia di cui occuparsi… Riprese a parlare, per distrarlo ancora e per capire meglio la situazione. Però se sei costretto a rubare il cibo da Tsuriito, significa che lì da voi non ce n’è molto. Come mai non vi spostate altrove? Non è stato sempre così mi è parso di capire.

Non è che non ci sia cibo. Noi riusciamo a procurarcelo abbastanza bene, in circostanze normali. Ma ultimamente non ce la stiamo passando troppo bene e non possiamo permetterci di lasciare soli gli umani. Oh, quindi c’erano ancora degli umani lì. Siamo rimasti in pochi e non possiamo procacciare il cibo per tutti. Rubare è il metodo più proficuo e veloce, senza contare che questo pesce essiccato ha lunga conservazione. Come dite voi?! Ah giusto… si fa di necessità virtù.

Quella storia lo stava intrigando. Voleva saperne di più. Passo da ficcanaso se chiedo cosa sta succedendo? Domandò, estraendo la benda dalla bisaccia e cominciando a passarla bella stretta - ma non troppo - sul braccio della volpe. Sono curioso…sei la prima kitsune che incontro. Ma non il primo yōkai.

Non il primo yōkai? Rise. Hai vissuto strane esperienze, piccoletto…di solito voi umani siete fortunati a sopravvivere a un primo incontro con uno di noi, figuriamoci a un secondo!

Beeeeh la prima è effettivamente stata una hone-onna parecchio incazzata... Ammise. Anche se alla fine era solo molto triste. E quasi si stupì che ancora la kitsune non gli avesse chiesto come mai non avesse paura di lui, ma probabilmente quel furbetto aveva capito molto più di quanto desse a vedere.

Quel momento ilare, però, morì nel pesante sospiro della volpe. Niente, il capo ha dato di matto e noi cerchiamo di tenere assieme i pochi cocci che ci sono rimasti per non mandare tutto in vacca. In sintesi. Confessò, senza scendere troppo nei particolari, ma si capiva ugualmente che la situazione fosse piuttosto pesante. Doveva averlo capito anche Kurama perché Yu iniziò a sentirlo stranamente agitato sul fondo della propria anima. Cerchiamo di non piangerci addosso e di fare il possibile per sopravvivere. Gli umani sotto la nostra protezione hanno bisogno di noi, adesso più che mai. Per questo devo tornare indietro e devo farlo prima di subito.

Non chiese altro Yu, rispettando la risolutezza della volpe, concordando che se si fosse trovato in una situazione simile alla sua, avrebbe a sua volta cerca di fare il possibile per aiutare la propria famiglia. Ma non era solo questo a farlo stare in silenzio, durante quegli ultimi giri di benda, Kurama continuava ad essere stranamente agitato, abbastanza da causargli un pelo di nausea, tanto che alla fine lo Shinobi decise di rivolgerglisi per chiarire la situazione.

Ehi, Kurama…E’ tutto ok?
Ci fu un lungo istante di silenzio prima che un ringhio gli scuotesse il petto.
« Non è possibile, sta mentendo. Non metterebbe mai a rischio il suo popolo. »
Veramente a me sembra piuttosto sincero…Aspetta ma…Quindi tu sai di chi parla? Sai chi è il loro capo?
Un grugnito fu l’unica risposta chiara che ottenne. « Dobbiamo andare su quell’isola. »

Non che non ne avesse già intenzione, ma ora come ora l’idea di andarci lo incuriosiva ancora di più. Sia per quanto saputo dalla kitsune, sia per lo strano comportamento di Kurama. Il demone, infatti, pareva conoscere bene il “capo” di cui parlava la volpe…e forse era proprio lì che si nascondeva il motivo per cui lo aveva indirizzato su quell’isola dimenticata dai Kami.
Se già in precedenza aveva una mezza idea di raggiungere l’Isola delle Lanterne, ora lo avrebbe fatto a tutti i costi!


Arigatō. Non sei tanto male come umano, ti meriti qualche punto simpatia. Una volta finita la medicazione, la kitsune si alzò rivolgendogli un sorriso, questa volta quasi accecante, prima di iniziare a raccattare le sue cose in tutta fretta.

Grazie a te, VolpeSenzaNome.

Ci sperava che a quel punto la kitsune gli dicesse come si chiamava, ma lo vide solo sorridere, mentre tirava giù i pesci dall’albero, arrotolando la corda in dei cerchi concentrici. Evidentemente non si fidava ancora di lui. Senza contare che aveva davvero molta fretta! Lo vide voltarsi verso il mare, chiedendosi dove pensasse di andare e come, con un braccio in quelle condizioni. Stava quasi per esporre la domanda direttamente, quando vide tutta la baldanza scemare via dal corpo della volpe.

Sai… Orecchi bassi, si voltò tutto imbarazzato. …se c’è una qualche zattera dimenticata dagli umani da queste parti?

Francamente non ne aveva viste e poi…lui sull’isola ci voleva andare già da prima. Non hai bisogno di una zattera. Fece, rialzandosi a sua volta, spolverandosi i pantaloni. Posso portartici io, se ti va bene. Se i pescatori avessero visto un uomo correre sull’acqua forse si sarebbero inventati qualche altra storia, ma non era che gliene fregasse molto. Era il modo più veloce.

E' pericoloso, non posso rischiare di metterti in pericolo… Disse serio, evidentemente preoccupato, ma si fermò a pensarci su un momento. Ti faccio venire solo se mi prometti che, una volta arrivati, torneai qui e ti dimenticherai di me e dell'Isola delle Lanterne. Va bene?

« Yu. »
Lo so. Dobbiamo andarci.

Che richiesta crudele, comunque. Non sarebbe mai riuscito a farlo. Non voleva. Non posso prometterti una cosa che sono sicuro non riuscirei a mantenere… Disse tra i denti. Quasi arrabbiato per quanto messo sul tavolo dalla volpe. Come poteva anche solo pensare che sarebbe stato capace di dimenticarselo? Non voglio dimenticare proprio un bel niente. Respirò secco dal naso, per scacciare quella rabbia…e forse quella delusione, in modo da recuperare un briciolo di calma. Capiva che la kitsune fosse solo preoccupata, tuttavia arrivare a chiedergli di dimenticarlo era pesante. Posso prometterti che farò il possibile per non lasciarci la pelle, però. E poi guarda che me la so cavare!

Sospirò la volpe, iniziando a borbottare come se pensasse tra sé e sè. Già…anch’io me la so cavare, eppure sono finito bastonato da un umano lento e stupido. Sembrava davvero combattuto. Sei testardo, piccoletto…ma d'altro canto non posso impedirti di venire. Non sono nessuno per te e, seppure potrei sfruttare i tuoi punti deboli per farti desistere, non lo farò. Non voglio farlo. Disse, voltando le spalle a Yu, come a non volersi far vedere in faccia. Era forse un “fai quello che ti pare”? Io devo raggiungere l'isola, quindi accetterò il tuo aiuto. Ma non mi riterrò responsabile se ti dovesse succedere qualcosa. Ti ho avvisato. Sì che lo era! Lo era eccome! Anzi, nonostante facesse un po’ il sostenuto era quasi un “va bene”. Tiratissimo, estremamente controvoglia, ma era un “va bene”. Come diceva lui, avrebbe potuto tranquillamente fargli cambiare idea con uno dei suoi trucchi da volpe, ma aveva deciso di non farlo e di accettare che Yu lo accompagnasse e poi facesse quello che gli pareva. Apparentemente lavandosene le mani, ma il Rosso sapeva che non era così.

Arigatō! Farò attenzione, promesso. Fece capolino da dietro la volpe per guardarlo in faccia. Tanto lo sapevi che, se anche mi avessi proibito di farlo, sarei venuto lo stesso. Ridacchiò avviandosi con lui verso la costa. C’erano ancora un sacco di cose che avrebbe voluto chiedere e magari ne avrebbe approfittato durante la traversata. Come mai proteggevano gli umani, cosa fosse accaduto di preciso al loro capo…erano solo alcune, ma in quel momento preferì lasciar perdere. Si era sforzato già un sacco a dargli quel permesso tirato. Però, mentre avanzavano nella boscaglia, una cosa ci tenne a dirgliela. Ah, e comunque il mio nome è Yu, non “piccoletto”. Lui non si era voluto presentare e nemmeno il Rosso avrebbe dovuto a quel punto, però…sentiva di doverlo fare, che fosse importante. O forse, egoisticamente, non voleva essere dimenticato.


Interazioni con la volpe e intervento di Kurama gentilmente offerti dal master.
Specifico inoltre che per la medicazione d’emergenza mi appoggio alle Conoscenze di Yu, nella fattispecie:
CITAZIONE

Kusuri. Medicina ed erbologia.
Tipicamente, gli shinobi agiscono da soli o in piccoli gruppi e non possono fare affidamento su linee di supporto o rifornimento. Ciò significa che prima, durante e dopo un’operazione, devono essere in grado di provvedere a sé stessi e, nel caso, ai propri compagni, vivendo, oltre di quanto si sono portati come approvvigionamento, dei frutti della terra e sfruttando la propria conoscenza dei boschi e dei territori circostanti per alimentarsi, ripararsi e restare in salute.
Può capitare, infatti, che non sempre in una squadra sia presente un ninja medico per provvedere alle cure degli altri componenti del gruppo, tanto più nel caso in cui uno shinobi si trovi ad agire in solitaria. A quel punto è importantissimo, se non essenziale, che il ninja conosca, quanto meno, le nozioni mediche di pronto soccorso tradizionali e, oltre a questo, che sia in grado di potersi procurare dalla natura, le piante adatte ad ogni situazione o problema. Gli shinobi specializzati in questo campo (che siano essi medici ninja o meno) hanno la possibilità d’effettuare medicazioni d’urgenza a sé stessi o a terzi, sfruttando una vasta gamma d’erbe officinali che vanno dall’antidolorifico, al cicatrizzante, al disintossicante, all’antipiretico, al disinfettante, ecc...Inoltre, parimenti a come riconoscono le piante con effetti benefici pe l’uomo, sanno individuare le erbe da cui ricavare droghe di vario genere, che possono essere preparate mentre raggiungono il luogo d’un operazione.

 
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view post Posted on 6/2/2021, 18:22     +1   -1
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Ci avrei scommesso. rispose, sospirando rassegnato all'esuberanza del ragazzino. Era evidente che avessero percezioni diametralmente opposte di quello che avrebbero trovato una volta raggiunta l'isola, ma non era una semplice divergenza e rendere complicato il loro rapporto. Nonostante per Yūzora fosse dannatamente semplice creare delle amicizie, era proprio la volpe a non avere troppa intenzione di aprirsi con l'umano. Pareva che fra di loro ci fossero delle spesse sbarre, poste in essere proprio dallo yōkai per chissà quale strana ragione. Anche quando il Rosso si era presentato per cercare di abbattere quella distanza, la problematica volpe non rese noto il suo nome. Si limitò a sorridere furbetto, scuotere la testa e trasformarsi nella sua forma animale prima di accoccolarsi fra le braccia del suo nuovo compagno d'avventura, pronto a essere trasportato a casa con la refurtiva fra le fauci. Ma non era semplicemente opportunista. Aveva già mostrato sprazzi d'altruismo nei confronti dell'umano che si era offerto di accompagnarlo e senza nemmeno rendersene conto, durante la strada che la separava dalla sua famiglia, abbassò nettamente le difese in presenza del piccoletto. Le palpebre si fecero dannatamente pesanti e la stanchezza per la corsa e per il dolore si fece sentire tutta in un'unica soluzione, costringendolo a dormire per almeno l'ultimo tratto.


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Qualcuno aveva messo piede nel suo dominio e questo non poté sfuggire ai suoi sensi. Era qualcuno di sconosciuto, di incomprensibilmente antico, con al seguito una delle sue volpi ribelli. Interessante. La curiosa visione venne interrotta dall'ingresso improvviso di una volpe dal manto scuro, che catturò immediatamente la sua attenzione distogliendolo dai suoi pensieri. Hanno portato un nuovo umano sull'isola. disse, prostrandosi in una riverenza molto profonda dopo aver assunto sembianze umane. Sorrise, non prima di aver aspirato un po' di fumo dal suo kiseru e averlo espulso in una piccola nube vaporosa. Lo so. rispose, costringendo con un breve cenno l'intruso a tornare delle sue sembianze originali e lasciarlo solo sul suo scranno. Vediamo di che pasta sei fatto, piccoletto..


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Toccata la terraferma fu compito del Rosso far riavere la volpe, talmente comoda da aver addirittura infilato il muso affusolato nell'incavo del suo braccio per farsi caldo. Non si era mossa per nulla, dopo aver trovato la posizione giusta per non provare dolore al braccio. Doveva essere tremendamente stanca. Non appena si riprese, spalancò le fauci in uno sbadiglio e un po' intontita riprese le sembianze del ragazzo che Yūzora aveva conosciuto nel bosco di Tsuriito, completo di orecchie e coda. Per quanto possibile provò a stiracchiarsi, sbadigliando ancora. Dobbiamo andare al villaggio. Seguimi. La strada non è semplice, se non si conosce. Da quel punto in poi sei libero di tornare indietro, se preferisci. Ma tanto non lo farai, giusto? commentò sarcastico, con un sorrisetto furbo di chi aveva perfettamente intuito la personalità che aveva davanti. Faceva il sostenuto, ma non era dispiaciuto di avere un compagno in quel viaggio che spesso lo vedeva attraversare da solo il bosco, con la sola compagnia dei suoi pensieri e dei suoi rimorsi. Non attese che qualche secondo prima di cominciare a camminare, precedendolo spedito.


forest


La foresta che si stagliava davanti ai suoi occhi era un qualcosa di mai visto prima. Non era una normale foresta, con dei normali alberi dalle fronde smeraldine e timidi fiorellini di campo sparsi un po' qua e un po' la. Man mano che si addentravano in essa, pareva di essere in uno di quei libri fantasiosi che spesso si trovavano nella biblioteca di Kasumi. Le cortecce degli alberi erano attraversate da una sostanza bluastra brillante, simile per colore agli innaturali fiori che splendevano di luce propria. Le fronde erano di uno smeraldo scuro e coprivano del tutto la volta celeste, creando un effetto di distanziamento dal mondo che si erano lasciati alle spalle. A rendere ancor più surreale l'atmosfera vi erano dei fuochi fatui che di tanto in tanto prendevano forma per fluttuare dolcemente e svanire non appena sfiorati. Tutto molto suggestivo, quasi spettrale.
Fu quasi un peccato che, una volta alle porte di quello che sembrava un tipico villaggio folkloristico, anticipato dalla presenza un elaborato torii pieno di fuuda, quel religioso silenzio fu spezzato dalla comparsa di una seconda volpe, più piccola rispetto alla sua singolare guida turistica e dal pelo nettamente più chiaro, tendente al biondastro. Aveva quasi teso un agguato al ragazzo volpe, talmente veloce era avanzata non appena l'aveva visto arrivare, e non ci fu nemmeno il tempo di soccorrerlo che il Rosso avrebbe assistito a una scena singolare: sopra il ragazzo volpe, ruzzolato male al suolo, adesso svettava una ragazza volpe, molto giovane, con capelli biondi come il pelo e gli occhi dorati, brillanti di quella che aveva tutta l'impressione di essere collera.
U-Umeko..?! disse sconvolto il ragazzo volpe, guardandola con il terrore negli occhi. Di tutta risposta, la volpina cominciò a picchiarlo. Sei un baka, un emerito baka! Baaaakaaaaaaa~! Non dovevi andare, ti avevo detto che era pericoloso! e non sembrava volersi fermare, nonostante il ragazzo volpe la pregasse di smettere e tentasse di tenere al sicuro l'arto ferito.



Se durante la traversata sino al villaggio vuoi chiedere qualcosa al ragazzo volpe, al solito sono pronta a risponderti come fosse lui a farlo (questo per velocizzare, ci sono tante di quelle cose da sviscerare che una quest normale non basterebbe).

Se decidi di non intervenire, Umeko si accorgerà della tua presenza dopo aver malmenato il povero ragazzo. "..che ci fa un umano qui?" chiede sorpresa ma non ostile nei tuoi confronti, tutt'al più incuriosita, non capendo perché il ragazzo volpe ti abbia portato con sé.


Edited by ¬BloodyRose. - 6/2/2021, 18:43
 
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Non si aspettava una risposta in fin dei conti. Se non si era presentato fino a quel momento, nemmeno quando lo aveva pizzicato chiamandolo VolpeSenzaNome, era chiaro non l’avrebbe fatto nemmeno quando Yu stesso gli avesse detto il proprio nome, saltando a piè pari quello completo per passare direttamente al diminutivo che usavano tutti. Sembrava ci fosse qualcosa che impediva alla volpe di lasciarsi andare e che la portava a tenere le distanze. Difficile dire cosa, probabilmente aveva a che fare con quelle mezze frasi dal senso incompiuto che si era lasciato sfuggire poco prima, tuttavia era chiaramente percepibile un muro tra loro: eretto dallo yōkai stesso, molto spesso e apparentemente impossibile da penetrare. Un’armatura atta a proteggersi da un qualcosa che Yu ancora non conosceva, ma che gli sarebbe piaciuto comprendere. Quanto meno per evitare di mettere il piede in fallo con la creatura. Decise di non insistere sulla questione, se la kitsune non se la sentiva, era inutile forzarla. Tanto più che era certo che, prima o poi, si sarebbe aperto da sé. D’altronde aveva già dimostrato altruismo e fiducia nei suoi confronti, quando l’aveva aiutato, quando si era fatto aiutare e, in un certo senso, anche quando aveva concesso quel tiratissimo “sì” all’insistenza dello shinobi di accompagnarlo fino a casa. D’altronde lo sapeva benissimo che non sarebbe tornato indietro, così come sapeva che sarebbe andato su quell’isola anche senza il suo permesso. Non era così tardo…lui aveva semplicemente paura. O quanto meno, così credeva il Rosso.
Ma non era il momento di farsi troppe domande. Aveva ottenuto quello che voleva, non restava altro che partire e raggiungere l’Isola della Lanterne. Erano arrivati sulla costa, quando la volpe riprese le sue sembianze animali. Era la prima volta che Yu vedeva una vera volpe così da vicino. Poco prima, quando aveva seguito la rocambolesca fuga, non era che avesse potuto vedere granchè, ma ora ce l’aveva proprio davanti. Si accucciò, osservando l’animale da vicino, il pelo bianco sulla pancia e fulvo sul resto del corpo, la coda vaporosa con la punta bianca, le zampe parzialmente nere - beh tranne quella fasciata - gli occhi stanchi ma intelligenti. Nonostante tutta la sporcizia che lo insozzava restava un animale davvero elegante. Gli sarebbe venuto da accarezzarlo, ma probabilmente SenzaNome non avrebbe gradito.


Tengo io la refurtiva, d’accordo? Disse semplicemente, per evitare che la volpe tenesse tutto scomodamente con la bocca per l’intero tragitto. Prometto che non perderò nulla.

Ottenuto l’assenso, Yu legò il fagotto alla cinta e si mise la cordicella di pesci arrotolata sotto braccio. Quindi alzò il cappuccio sul capo e prese in braccio la kitsune facendo particolare attenzione alla zampa sfortunata. Aspettò che il suo bizzarro passeggero trovasse la posizione che più lo faceva sentire comodo, a suo agio e sicuro, prima di muovere i primi passi sull’acqua. Per fortuna il mare non era troppo agitato quel giorno, correndo sarebbero arrivati sull’isola in breve tempo, proprio come voleva la volpe. Prima di sera aveva detto, no? Beh loro sarebbero arrivati di sicuro molto in anticipo, questo era sicuro.
Il chakra concentrato sotto ai piedi, Yu iniziò a correre prendendo velocità mano a mano, fino al raggiungimento di un’andatura che ritenne idonea e che avrebbe mantenuto per tutto il tragitto. Il pelo della volpe sotto le sue mani era particolarmente soffice e l’aria salmastra che lo colpiva in faccia piacevole. Anche SenzaNome sembrava stare bene, non lo sentiva teso tra le sue braccia, tutt’altro, appariva stranamente tranquillo, riconfermando al Rosso che si fidava, e che non fosse questo a mancare e a causare l’ergersi di quel muro invisibile, ma qualcosa di diverso. Qualcosa che avrebbe cercato di capire in seguito. Ora era importante fare luce su altre domande che gli ronzavano in testa.


Prima hai detto che dovete proteggere gli umani sull’isola… Disse, dopo qualche minuto di corsa sostenuta e di silenzio. Cosa intendevi dire? Per quale motivo lo fate?

Lo vide nettamente sorpreso dalla domanda, ma non capì se fosse perché la riteneva stupida o perché non se l’aspettava. Semplicemente sul suo muso volpino si dipinse una smorfia, come se ricordarlo gli causasse dolore e rimorso, prima di appoggiarsi sul braccio di Yu. Beh…fanno parte della famiglia. Spiegò. Come ti dicevo, ultimamente le cose non stanno andando molto bene e alcuni di noi si sono ribellati al capo. Ma chi non segue le idee del capo è uno scarto, un problema da estirpare. I primi a farne le spese sono ovviamente i nostri umani, non più parte della famiglia, ma estranei in casa. Siete senza dubbio i più fragili, sia fisicamente che psicologicamente.

Una guerra interna, quindi. Da come si comportava, SenzaNome doveva essere uno dei ribelli, uno degli scarti. Curioso come la situazione che dipingevano le sue parole, fosse molto simile a quella che respirava ogni giorno a Kiri. Chi non si uniformava alla massa, il diverso, chi non seguiva il pensiero comune, era considerato una nullità. Sbagliato. Feccia. Certo, il Mizukage non arrivava ad estirpare chiunque non la pensasse come lui, ma alla Nebbia quella era la quotidianità da…sempre. Quasi come se tutti dovessero per forza mantenere alta la fama di assassini che circondava gli shinobi di Kiri. Come se quelli degli altri villaggi non lo fossero a loro volta…Kami che idiozie. Comunque dalle parole della volpe era chiaro che la situazione all’isola fosse dannatamente ostica. Lo era per le kitsune che ci vivevano, per gli umani che proteggevano, figurarsi per un estraneo come lui! Contrariamente alle persone residenti lì, lui non faceva nemmeno parte della famiglia, quindi nessuno sarebbe stato moralmente obbligato ad aiutarlo se si fosse ficcato in qualche casino, cosa altamente probabile per altro.

Capisco. Sospirò. Chi non ha le fette di sashimi sugli occhi è un problema. Sembra quasi che il vostro capo abbia paura che qualcuno possa essere troppo sveglio da capire troppo o metterglisi contro.

Chi lo sa di cosa ha paura…so solo che è cambiato.

Kurama fremette a quelle parole. La sua agitazione era perfettamente percepibile, quasi una scossa sulle pelle. Era ovvio volesse vederci chiaro anche lui, tant’è che Yu decise di seguire quel desiderio silente e inespresso, incalzando la volpe tra le sue braccia. “Il capo ha dato di matto” Citò, pensieroso. Quindi prima era diverso. Che tipo era? Cosa lo ha fatto cambiare?

Calmo, gentile, equilibrato…sempre pronto ad aiutare il prossimo con la sua saggezza. Descrisse così il suo cosiddetto “capo”, SenzaNome, con un movimento infastidito della coda, prima di portarla appresso al proprio corpo, quasi a proteggersi da quel ricordo amaro e dal crudo presente. Di punto in bianco non è più stato lo stesso e tutto è stato avvolto dall’oscurità. Non so il perché.

Era sicuramente insolito che una creatura di quel genere, con una natura benevola come quella descritta dalla kitsune, cambiasse così, di punto in bianco, senza un motivo scatenante. Doveva essere successo qualcosa. Non poteva essere successo e basta! SenzaNome non sembrava mentire, d’altronde la stanchezza che avvertiva nella sua voce non glielo avrebbe di certo consentito. Semplicemente nemmeno le volpi di lì sapevano cosa fosse accaduto al loro capo, non tutte magari…quella che aveva tra le braccia no di sicuro.

Può essere che abbia bisogno d’aiuto… Ragionò tra sé e sé, parlando quasi più con Kurama che con SenzaNome, che, seppure ormai più tra le braccia di morfeo che tra le sue, rispose con un Mh… sonnacchioso, prima di chiudere definitivamente gli occhi e lasciare che la stanchezza l’avesse vinta sulla sua risolutezza.

A quel punto fu la voce di Kurama a rimbombare cupa, nel petto e nella mente di Yu. « Questa storia non mi piace per niente. »
Andremo a fondo, vedrai. Cercò di rassicurare il demone, palesemente innervosito e preoccupato da quella faccenda che coinvolgeva quel “capo” che anche lui conosceva. Capiremo cosa ha causato il cambiamento della loro guida…DEVE essere successo qualcosa perché il tale descritto da SenzaNome sia cambiato, così all’improvviso, tanto da prendersela con chiunque non segua le sue idee. Anche tu hai detto che era un tipo che non avrebbe mai messo in pericolo la sua gente!
« Esatto, è per questo che non mi capacito di quello che dice questa giovane volpe. Non avrebbe mai permesso ad una kitsune di cadere così in basso da rubare per sopravvivere…e men che meno avrebbe toccato gli uomini sotto la sua protezione. Al tempo ero io quello che vi avrebbe cancellati dall’esistenza, non lui! »
L’unico modo per schiarirsi le idee, è arrivare lì. Muoviamoci e vediamo di far luce sulla faccenda… Gli cadde l’occhio sulla volpe addormentata, aveva infilato il muso nell’incavo del suo braccio per trattenere più calore. Per il bene di tutti.
« Concordo. Muoviamoci, ma con prudenza. »

Già. Se un gruppo di volpi non poteva fare altro che ritirarsi alla vita da ribelle di fronte ad uno solo di loro, significava che il loro capo era certamente fuori dall’ordinario. D’altronde se non lo fosse stato, difficilmente avrebbe attirato l’occhio di Kurama. Non era proprio il caso di sottovalutare la questione, anche se aveva il bijuu dalla sua parte. La prudenza nominata dal demone, sarebbe stata certamente una carta da tenere in considerazione. Forse non quella vincente, ma caricare a testa bassa un nemico che non conosceva per nulla, non era proprio nel suo stile.
Ci volle un po’ prima che arrivassero sulla terra ferma, ma era ancora primo pomeriggio e il sole picchiava implacabile dalla sua altezza quasi massima. Non ci era abituato Yu, e francamente non vedeva l’ora di entrare all’ombra di quel boschetto che vedeva oltre la spiaggia. Si portò proprio sotto i primi alberi, pima di svegliare la volpe. Aveva dormito per tutta la seconda parte del viaggio…doveva essere davvero cotto. Lo posò sull’erbetta fresca, osservandolo qualche istante, combattuto tra il bisogno di svegliarlo e il piacere di vederlo dormire con quel muso rilassato. Era davvero un peccato doverlo fare, però non aveva scelta.


Ehi, SenzaNome. Parlò piano, quasi un sussurro, per non essere fastidioso al fine udito di quegli orecchi, carezzando la testa della volpe dolcemente nel tentativo di fargli riprendere coscienza nel modo meno traumatico possibile…e per togliersi quello sfizio che aveva avuto fin dal momento che si era trasformato. Svegliati, pigrone. Siamo arrivati.

Gli orecchi della volpe vibrarono, sbattendo veloci, e gli occhietti ramati si aprirono lentamente, abituandosi docilmente alla luce suffusa all’ombra degli alberi. Uno sbadiglio di tutto rispetto, munito di denti aguzzi, accompagnò il suo risveglio, mentre Yu si concedeva un sorso d’acqua dopo la traversata. SenzaNome riprese le sembianze di ragazzo che ancora era seduto, stiracchiandosi e sbadigliando ancora, informando il suo accompagnatore umano su come si sarebbero mossi da quel punto in poi. Tornato in piedi e apparentemente più pimpante di prima, illustrò a Yu l’itinerario che avrebbero seguito, non facendosi mancare una frecciatina sul finale. Figuriamoci se sarebbe tornato indietro.

Ottima deduzione. La risposta del Rosso fu accompagnata da un sorrisetto furbo del tutto simile a quello del suo inusuale compagno. Sai, non è così facile liberarsi di me.

Non ci furono altri tentativi di convincerlo a tornare a casa, da parte di SenzaNome, alla fine non sembrava dispiacergli troppo avere un po’ di compagnia. Si presero giusto qualche istante prima di partire, il tempo necessario a restituire alla kitsune la sua refurtiva - perfettamente intatta ed integra - quindi si incamminarono diretti al villaggio di cui aveva accennato la volpe. Per felicità di Yu, raggiungerlo avrebbe comportato inoltrarsi nella foresta che si apriva proprio di fronte a loro. Sembrava bella fitta anche solo a guardarla dall’esterno, il che significava che i raggi del sole non lo avrebbero torturato troppo là dentro.
Appena entrati, infatti, vennero accolti da una piacevole frescura, tipica di tutti i posti umidi come i boschi. Ciò che non era tipico però, era il bosco in sé.
Inizialmente lo sembrava: normali alberi ammassati gli uni sugli altri a formare fronde smeraldine e impenetrabili, dove la luce del sole arrivava solamente in rade lame che si stagliavano nell’ombra della foresta. Un sottobosco comune, caratterizzato da fogliame caduto, timidi ma resistenti fiorellini sparsi qui e là e qualche pianta a basso fusto. Tuttavia, una volta superato il perimetro esterno, la fauna della foresta iniziò a cambiare. Una cosa graduale, ma che presto raggiunse la sua massima espressione di fronte agli occhi esterrefatti del Rosso. Sembrava di essere entrati in uno dei tanti racconti che leggeva nei libri che Kasumi ogni tanto selezionava per lui dalla biblioteca. Sotto fronde talmente fitte da creare un tetto di foglie inviolabile sulle loro teste, le cortecce degli alberi erano attraversate da striature colme di una sostanza incorporea, azzurra e brillante. Lo stesso colore che illuminavano i fiori di luce propria e che attraversavano le nervature delle foglie degli alberi. Pulviscolo della stessa natura era visibile qui e là, come fosse polline di quegli stessi fiori. E tra lo stesso, ogni tanto si formavano dei piccoli fuochi fatui che fluttuavano nell’aria dolcemente. Yu ne sfiorò uno con le dita, ammaliato da quello spettacolo surreale eppure, allo stesso tempo bellissimo, ma la fiammella svanì di fronte ai suoi occhi, formandosi poco più in là, quasi volesse farsi rincorrere.
Rallentò l’andatura, fino quasi a fermarsi per ammirare quella meraviglia spettrale che non riusciva in alcun modo a spiegarsi. Non aveva mai visto nulla del genere…quella sostanza azzurrina sembrava del tutto simile al chakra, eppure, allo stesso tempo, diversa. La sua faccia probabilmente sarebbe bastata per rendersi conto che era rimasto incantato e che aveva bisogno di una spiegazione, si guardava attorno con gli occhi incantati come un ragazzino alle giostre. Tuttavia quel
Come..? lasciato a metà, gli sfuggì ugualmente di bocca. Unica parola che fosse riuscito ad articolare, tanto era affascinato.

Oh, lo vedi pure tu? La sorpresa mostrata da SenzaNome aveva un che di fallace, come se in fin dei conti lui lo sapesse già che l’avrebbe visto, ma dalle sue parole si intuiva che non tutti ne fossero in grado. Allora sei davvero speciale.

Ne eri certo…non è così? Yu assottigliò gli occhi e incrociò le braccia al petto, fingendosi offeso e imbronciato qualche istante. Ma non riuscì a tenere il muso per molto, la curiosità era troppa. Quindi, che cos’è questo posto?

SenzaNome ridacchiò, confermando i suoi sospetti, prima di iniziare a dare le spiegazioni del caso. Sono le kitsune che ci hanno preceduto e che non ci sono più. Raccontò. Con il loro spirito sostengono ancora il villaggio, proteggendolo, nutrendo le piante e illustrando il cammino ai meritevoli. Lo avrai capito ormai: non tutti sono in grado di vederlo. Solo chi è degno può, per tutti gli altri è un bosco come tanti. Si guardò attorno, osservando a sua volta la luminescenza azzurrina, mentre riprendevano a camminare. Ultimamente è più luminoso che mai, puoi immaginare il perché.


Una storia allo stesso tempo spettrale e malinconica. Dava calore pensare che le volpi decedute, proteggessero ancora il villaggio…ma allo stesso tempo, era come se non potessero trovare mai pace. E poi, quell’ultima frase. Già. Sì, poteva capire perché quella luce fosse più abbacinante che mai in quell’ultimo periodo. Era chiaro che a causa di quella guerra intestina, molte kitsune avessero perso la vita. Si spiegava anche perché i pescatori di Tsuriito avessero “visto gli spiriti”. Era evidente che fosse innaturale la mole di volpi uccise, tanto che la luminescenza si mostrava anche a chi non doveva, anche a quella distanza.
Annuì in silenzio al tono greve di SenzaNome, camminando con lui attraverso quel luogo con rinnovato rispetto e ammirazione, ma anche con rabbia e tristezza. Lui passava di là molto spesso, probabilmente solo, vedendosi sbattere in faccia tutti i suoi compagni che avevano perso la vita senza nemmeno sapere perché. Era sbagliato.
Nonostante questo, Yu non riusciva a vedersi annullare completamente l’incanto per quel luogo. Anche se sapeva cosa rappresentava, anche se collera e mestizia si ingarbugliavano nella sua pancia, non riusciva proprio a vedere quel bosco come un posto orribile.
Proseguirono nel loro cammino, restando ognuno rinchiuso nei propri pensieri. Ma non era un silenzio pesante, era quasi piacevole, pieno di parole non dette, ma percepibili. Peccato che tutto venne distrutto nel giro di pochissimi istanti.
Erano ormai arrivati alle porte di quello che doveva essere il villaggio delle volpi - un borgo tradizionale, anticipato all’entrata da un torii rosso scarlatto, pieno di fuuda - quando fece la sua comparsa una seconda volpe. Era più minuta rispetto alla forma animale di SenzaNome, e col pelo molto chiaro, quasi color panna, tendente al biondo. Beh, fatto sta che non sembrava avere buone intenzioni. Tempo di apparire ai suoi occhi che la piccola volpe era avanzata a passo di carica verso SenzaNome, talmente improvvisa e veloce che non ci fu neanche il tempo per Yu di aiutare il ragazzo-volpe. La kitsune chiara lo atterrò, facendolo ruzzolare a terra in un polverone e, non appena questo si fu diradato un poco, lo shinobi scorse la forma di una ragazza svettare sul suo accompagnatore. Sembrava un’adolescente o poco più, capelli a caschetto biondi come il pelo della sua forma animale e occhi ambrati…brillanti di collera.
Per un momento Yu temette fosse una delle volpi fedeli al capo impazzito, ma la scena che di lì a poco si svolse di fronte ai suoi occhi lo convinse del contrario. Sebbene quella volta Urako non avesse potuto picchiarlo per via delle sue condizioni, era certo che, se avesse potuto, assieme alle minacce di dissezionamento, l’avrebbe preso a pugni allo stesso modo. Umeko, così pareva chiamarsi la volpina, era semplicemente preoccupata per SenzaNome.
Sospirò di sollievo, tuttavia Umeko non sembrava intenzionata a smettere nonostante le preghiere del ragazzo-volpe che stava tentando in tutti i modi di proteggersi il braccio ferito, così Yu decise di intervenire.


Basta così. Fermò il pugno chiuso della volpina a mezz’aria, bloccandola per il polso, prima che lo calasse nuovamente su SenzaNome. E’ ferito, non lo vedi? Almeno aspetta che guarisca se vuoi proseguire col pestaggio.

A quel punto lei sembrò svegliarsi da quello stato di rabbia e preoccupazione in cui era. Voltò il capo verso il Rosso, evidentemente rendendosi conto della sua presenza solo in quel preciso istante, perché balzò indietro, strappando il braccio dalla sua presa, apparentemente in allarme. Una volta a distanza, lo guardò ancora, recuperando la calma e riconoscendolo come essere umano. Palesemente stupita di vederlo lì, chiese cosa ci facesse un umano da quelle parti. Yu non comprese bene se lo stesse chiedendo più a lui o al suo compagno kitsune, tuttavia, mentre porgeva la mano a SenzaNome per aiutarlo ad alzarsi, decise di darle risposta. Ma conoscendo le donne, preferì evitare di dirle che aveva aiutato il ragazzo-volpe e che aveva insistito perché accettasse di farlo andare sull’Isola delle Lanterne con lui, perché certamente Umeko avrebbe incolpato SenzaNome della cosa.

Sono qui per impicciarmi. Disse invece, mentre issava in piedi il ferito. E, possibilmente, dare una mano. Volse gli occhi a SenzaNome, cercando appoggio per quella risposta, che non era falsa, ma non era nemmeno tutta la verità. No?

 
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view post Posted on 14/2/2021, 19:37     +1   -1
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Non appena si sentì afferrata saldamente per il polso snello, talmente presa nell'esprimere la sua collerica preoccupazione sul ragazzo volpe, la nuova giunta dal morbidissimo pelo biondo s'irrigidì per la sorpresa e, come morsa da una vipera, si allontanò dal compagno e dall'umano con un'agilità fuori dall'ordinario. Si strinse il polso a sua volta, stringendo i denti aguzzi e osservando nella loro direzione con le orecchie basse e la voluminosa coda che frustava l'aria nervosa. Ma quell'atteggiamento ostile nei loro confronti durò quanto un battito di ciglia, sostituendo l'immagine della volpe inferocita con quella di una volpe tutt'al più curiosa di quello che stava vedendo. Sollevò con cautela le orecchie e smise di sbattere nervosamente la coda, osservando quel baka che si faceva aiutare come nulla fosse dallo sconosciuto accompagnatore per poi porsi alle sue spalle e farsi scudo con esso. Quell'accoglienza focosa doveva averlo traumatizzato abbastanza. ..che ci fa un umano qui? chiese con curiosità, osservando dapprima Yūzora e successivamente la volpe dalla forma umana, che di tutta risposta distolse lo sguardo per non dover sostenere quello indagatore della ragazza volpe. La risposta pervenne proprio dallo sconosciuto dai capelli rossi, subito avallata da un impacciato Proprio così! Ho provato a farlo desistere, ma niente. del ragazzo volpe, che in un certo senso si salvò con una mezza verità. Sospirò, scuotendo la testa bionda in segno di diniego. Non era del tutto convinta di quello che gli avevano appena raccontato, ma lasciò correre per il bene di quel baka ancora confuso dai suoi amabilissimi pugni raffazonati. Mi suona strano che un umano voglia impicciarsi degli affari nostri, ma nonostante questo sei il benvenuto. disse, simulando un piccolo inchino in segno di ossequioso rispetto. Sembrava essersi trasformata da una furia della natura a un essere del tutto differente. Mi dispiace non poterti accogliere come si conviene a un umano meritevole, ma ultimamente le cose sono assai diverse qui.. e dicendolo abbassò tristemente le orecchie, nonostante un sorriso dal sapore amaro rimanesse dipinto sul suo volto, candido come la porcellana più pregiata. Puoi chiamarmi Umeko. Grazie per aver riportato Natsume sano e salvo a casa! e Natsume storse il naso. Addio mistero. brontolò, prima di avanzare verso il torri d'entrata con al seguito Umeko che, con un sorriso raggiante, invitava il Rosso a seguirli all'interno del loro magico villaggio.

Ad accoglierli fu uno spettacolo purtroppo drammatico. Man mano che si addentravano nel villaggio, macerie facevano capolino di qua e di la, macchiando la bellezza originaria di quello che un tempo doveva essere un perfetto gioiello incastonato nella foresta. Alcune case erano distrutte, molte volpi parevano col morale a terra e altrettante erano ferite. Anche gli umani, quei pochi che erano rimasti, erano spaventati e affamati. C'erano uomini, donne e bambini la dentro. Non appena Natsume mise piede nel villaggio, due/tre bambini gli si avvicinarono felici chiamandolo per nome, entusiasti del suo ritorno. Umeko rimase invece accanto al Rosso, con entrambe le mani dietro la schiena.
Sei ancora sicuro di volerci aiutare? La nostra è una causa disperata e potresti perdere la vita. Abbiamo perso già tanto e temo che Natsume.. confessò, salvo interrompersi improvvisamente come se stesse dicendo qualcosa di sbagliato, o qualcosa che non avrebbe dovuto dire. Scosse il capo. Comunque sia, questi li prendo io. Se vuoi puoi andare in giro, ma non oltrepassare quel torii. gli disse, indicando con l'indice della sinistra un torii mal messo in fondo al villaggio, dove le macerie erano più presenti. Precedeva una lunga e ripida scalinata che portava fino a quello che aveva l'impressione di essere un tempio, avvolto da un'energia oscura e violacea. Fu allora che ebbe modo di notare una sostanza scura impiastrata in alcune delle macerie, viscosa e luminescente, viva. E grazie ancora. Quello zuccone fa sempre di testa sua e finisce spesso per farsi male. e dopo queste parole, la ragazza volpe corse con i viveri verso gli abitanti, elargendoli con generosità senza tenere nulla per sé. Anche Natsume cedette la sua parte, per poi raggiungere una piccola oasi sulla destra con quella che sembrava essere una modesta conca d'acqua calda.


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Entrare in sintonia con quell'anima antica che aveva varcato la foresta a protezione del suo vasto dominio non fu difficoltoso, ma capire da dove discendeva non sembrava così semplice. Sospirò profondamente, mentre i fumi aromatici del kiseru continuavano ad avvolgerlo, annebbiandogli i sensi. Man mano che passavano i secondi riusciva a vederlo, come uno spettacolo che prendeva forma attraverso la semplice immaginazione. Non era molto dissimile da come si presentava adesso, ma la sua espressione era austera e quasi priva dell'espressività odierna. Una macchina da guerra fatta e finita, contornata da candide ali, pronta a combattere quel nemico lussurioso che per tanto tempo era riuscito a non farsi acciuffare. Un'ossessione che ben presto si sarebbe tramutata in qualcosa di diverso e sarebbe andata incontro a un tragico epilogo. Sorrise. Era una storia che valeva la pena leggere, dopotutto.


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Ben presto, non prima di aver aiutato con diligenza chiunque avesse bisogno di aiuto, mostrando un grande spirito di abnegazione, anche Umeko si avviò verso quella conca, raggiungendo Natsume che si era immerso da un paio di minuti. Con convinzione si arrotolò bene la veste rossa e tolse sandali e calze, immergendosi anche lei sino alle cosce per poter aiutare il ragazzo a lavarsi. Lui parve sorpreso e oppose una branda resistenza, ma evidentemente la ragazza aveva le mani d'oro perché non appena le mise sulla sua schiena, Natsume abbassò le orecchie rilassato. Non sarebbe stato difficile origliare la loro conversazione da dietro quell'albero con le radici ben piantate nel terreno, che con le sue fronde rigogliose copriva parte dell'abitazione accanto.

Mi ha sorpresa vederti tornare con un umano. cominciò la ragazza-volpe, strofinandogli le spalle con dolcezza, levando lo sporco di terra e il sudore. Lui sospirò Te l'ho detto, ho provato a dissuaderlo e a farlo andare per la sua strada, ma è testardo come un mulo. brontolò, quasi a giustificarsi della presenza del Rosso sull'Isola delle Lanterne. Umeko sorrise. Avresti potuto usare i tuoi poteri per non farlo venire, eppure non lo hai fatto. In fondo, volevi che restasse al tuo fianco. E non dirmi che non è così, perché sei pessimo con le bugie. ridacchiò, scatenando una serie di brontolii indefiniti da parte Natsume, che nonostante tutto continuava a negare quel sentimento che Umeko aveva appena scoperto. Tutt'a un tratto lo abbracciò da dietro, sorprendendolo come era successo fuori dal villaggio, nei pressi del torii. Non devi reprimere i tuoi sentimenti per quel ragazzo, Natsu. E' vero. Durano poco e alcuni di loro lasciano un segno indelebile che spesso è doloroso da sopportare. Ma nonostante tutto, rimangono sempre con noi. ma quelle parole, nonostante avessero toccato il cuore di Natsume con la delicatezza di un fuoco fatuo, non sortirono l'effetto sperato. Con dolcezza il ragazzo volpe sciolse l'abbraccio e fece per andarsene, lasciando Umeko con le orecchie basse e lo sguardo triste. Tu non sai cosa significa. E spero tu non lo scopra mai. aveva detto, trasformandosi in volpe e allontanandosi a passo lesto (per quanto il dolore residuo gli permettesse). D'altro canto, Umeko sedette sul bordo della conca e sola soletta rimase a pensare, osservando il suo riflesso nell'acqua e le onde concentriche generate a partire dalle sue gambe. Stavano davvero patendo tanto. Molto più di quanto la superficie dava a vedere.

 
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view post Posted on 20/2/2021, 18:43     +1   -1
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Non credette per niente alla loro scusa raffazzonata e messa assieme sul momento, omettendo varie parti, tuttavia la volpina accettò comunque la presenza di Yu al villaggio senza fare altre domande né a lui, né a SenzaNome che si era nascosto dietro al Rosso, quasi a proteggersi dalla furia bionda. Un comportamento molto animale, forse uno dei primi che la kitsune si era lasciato scappare da quando lo aveva incontrato, chissà…forse essere tornato a casa lo faceva sentire più libero di esprimersi in maniera naturale, nonostante tutti i problemi di cui aveva accennato. In ogni caso, la ragazza-volpe cambiò presto atteggiamento. Dopo l’iniziale collera e il conseguente stupore, una volta accettato con riserbo quelle pessime giustificazioni, si inchinò elegantemente dando il benvenuto a Yu che, sul momento, si ritrovò spiazzato da tanta formalità. Reagì rapidamente inchinandosi a sua volta qualche istante, prima che la piccola volpe chiara mettesse le mani avanti scusandosi in anticipo per la situazione che evidentemente avrebbero visto di lì a poco, rammaricandosi di non poter accogliere lo shinobi come l’umano meritevole che era. Lo disse abbassando le grandi orecchie pelose, cecando di mantenere ugualmente il sorriso, sebbene esso apparisse macchiato d’amarezza su quel visino pallido e senza difetti. Gli si strinse il cuore nel vedere quell’espressione. Era chiaro che quell’accoglienza non era quella che avrebbe voluto dare, ma cercava ugualmente di mostrarsi con il sorriso…tanto che si presentò subito dopo, squillante, come a voler cacciare via quell’ombra che le aveva attraversato il viso. Nel farlo, lo ringraziò anche di aver riportato SenzaNome a casa, rivelando inconsapevolmente il suo vero nome, che il ragazzo-volpe aveva tenuto ben stretto e nascosto fino a quel momento. Quindi si chiamava Natsume, eh? Era un bel nome, così come quella della volpina.

Piacere di conoscerti Umeko! Sorrise alla kitsune bionda. Come ho detto a lui, potete chiamarmi Yu e non preoccuparti per l’accoglienza, per me siete già stati gentilissimi ad accogliermi così, nonostante tutti i problemi che avete, davvero. Fu a quel punto che Natsume gli passò accanto, avanzando verso il torii all’entrata del villaggio, brontolando qualcosa chiaramente dovuto al fatto che il suo nome non era più un mistero. Se preferisci posso continuare a chiamarti SenzaNome!

Il borbottio che ottenne in risposta lo fece ridere, nonostante non gli fu chiara una sola parola! Avrebbe fatto un po’ come voleva, allora. D’altronde aveva ben altro a cui pensare adesso. Infatti, Umeko lo guidò raggiante ad entrare al loro villaggio. Passare sotto a quei portali sacri faceva sempre uno strano effetto. Questo particolarmente. Era uno dei più grandi e maestosi che Yu avesse mai visto! Il rosso con cui era laccato era ancora bello acceso, mentre i talismani attaccati sul legno lo mettevano ancora più in soggezione: non riuscì a leggere cosa si fosse scritto, troppo intento a guardare in su verso l’architrave sopra di loro. Solo quando la sua ombra fu passata sopra la loro testa, Yu riportò lo sguardo avanti a sé e ciò che vide non era certo un borgo felice. Passarono accanto a case, botteghe in pessime condizioni. La tradizionale bellezza di quel villaggio sfregiata dalla distruzione, fece calare il silenzio e morire l’espressione curiosa di Yu. Ovunque girasse gli occhi, macerie facevano capolino di qua e di là: abitazioni totalmente distrutte con gli abitanti accampati poco fuori dalle stesse, vicino a ciò che ne restava. Altre case erano messe meglio, ma ugualmente malmesse. Tetti sfondati, porte divelte, finestre distrutte, mura abbattute…Della bellezza che quel luogo doveva avere in passato rimaneva solamente l’ombra. Gli abitanti erano tutti lì, c’erano volpi, uomini, donne e bambini. Le kitsune sembravano avere il morale a terra, molte erano ferite e palesemente denutrite. Anche gli umani presenti apparivano spaventati ed affamati. Una scena che ricordò molto a Yu quando riaprì gli occhi a Fukagizu, c’era la stessa desolazione, imbevuta di paura. Se non fosse che lì tutto era macchiato dalle tinte crepuscolari del cielo serale. Una volta meravigliosa che osservava quello spettacolo sconfortante e che carezzava tutto coi suoi colori accesi. Doveva essere un effetto della barriera creata dal bosco…non vedeva altra spiegazione, considerato che erano arrivati sull’Isola delle Lanterne alle prime ore del pomeriggio. Non avrebbe saputo spiegarselo in altro modo. Ma quel cielo era anch’esso macchiato: mano a mano che lo sguardo andava verso il fondo del villaggio, si faceva più cupo e inquietante.
Furono le grida di alcuni bambini che si avvicinarono entusiasti al loro gruppetto a riportarlo coi piedi per terra. I piccoletti avevano assediato Natsume, tutti felici del suo ritorno. E chi lo avrebbe mai detto che quel brontolone fosse l’idolo dei ragazzini? Sorrise, rivedendo un po’ sé stesso in quella scena quando andava a fare visita all’Hikisaku, ma ben presto la sua attenzione venne catturata da Umeko, rimasta al suo fianco. Le parole della ragazza-volpe lo colpirono…non tanto per quello che disse circa la sua sicurezza nel voler restare ad aiutarli, quanto piuttosto per quella frase mozzata su Natsume. Natsume, a cui non piaceva vedere morire qualcuno. Natsume, che non voleva altri umani sulla coscienza e che aveva fatto di tutto - o quasi - per convincerlo a non andare con lui.


Non sono tipo da tirarmi indietro quando le cose si fanno difficili. Rispose alla Volpina, lasciando perdere per il momento quello svarione sul ragazzo-kitsune, ma mettendoci una puntina per ricordarselo. D'altronde Umeko si era interrotta come se avesse detto qualcosa di troppo, passando subito ad un altro argomento. E non ti preoccupare, forse può sembrare di no, ma sono abituato a camminare sul filo del kunai! Cercò di rasserenarla, prima di ascoltare le sue raccomandazioni. Quel torii laggiù?

Assottigliò gli occhi, osservando la struttura diroccata in lontananza. Era posta ai piedi di quella che aveva tutta l’aria di essere una scalinata che si inerpicava su un’altura, portando a quello che doveva essere un tempio. Ed era proprio da lì che si sprigionava l’energia oscura notata poco prima! Metteva i brividi…gli sembrava quasi di percepirla sulla pelle quell’aura corrotta. Fu riscendendo con lo sguardo lungo i gradini in lontananza che ebbe modo di notare una cosa che prima non aveva visto. Mano a mano che ci si avvicinava a quel luogo oscuro, le rovine e le macerie erano macchiate da qualcosa. Più vicino al torii distrutto si andava, più quella sostanza era presente, ma guardando bene anche nei pressi del villaggio la si poteva notare. Sembrava una specie di gelatina viscosa e violacea. Pulsava di luce come se fosse viva…Nulla di buono. Ma che avrebbe dovuto controllare.
Annuì quindi alle raccomandazioni di Umeko, che lo ringraziò per aver aiutato Natsume. Alla fine la ragazza aveva capito tutto da sola…doveva succedere spesso che il suo compagno tornasse a casa ammaccato. E visto come era ridotto il villaggio e le condizioni dei pochi abitanti, poteva capire. Dopo quelle parole, Umeko prese i viveri portati da Natsume e fece per andare verso gli abitanti, senza nemmeno attendere una risposta, ma Yu non era lì solo per andare in giro a curiosare. Se poteva aiutare, avrebbe aiutato. Senza contare che quello era il modo migliore per capire il luogo in cui era arrivato.


Aspetta! La trattenne gentilmente per il polso, affiancandola. Ti do una mano.

Diede un’ultima occhiata a Natsume, ancora assediato dai bambini, prima di avviarsi con la volpe bionda a portare la refurtiva agli abitanti. Non era un bello spettacolo. Sia gli umani che le volpi erano stentati, non fosse stato per gli abiti che coprivano la maggior parte della pelle e per il pelo folto degli animali, era certo avrebbe visto le ossa spuntare impietose…ma già dai visi e dai musi si poteva evincere il tutto. Nonostante questo però, la maggior parte aveva da offrire un sorriso, un benvenuto, qualche parola di conforto…a lui. Lui che stava benissimo ed era appena arrivato! Cazzo…non poteva farsi vedere triste e pietoso. Si diede un tono e fece ciò che gli riusciva meglio, sorridere, scambiare due chiacchiere. Mentre aiutava Umeko ad elargire i pesci rubati da Natsume, raccontò le sue prodezze strappando qualche risata. Se trovava qualcuno di ferito, valutava se fosse qualcosa che poteva medicare lui stesso e se lo era, lo faceva. Riuscì ad entrare in sintonia con le volpi più giovani e con gli umani. Cuccioli e bambini si erano divertiti a giocare con le sue bolle, rincorrendole e facendo a gara a chi ne scoppiava di più, tutti presi da quella novità inaspettata e colorata che riuscì a strappargli più di una risata felice, nonostante tutto il disagio che li circondava. Erano le volpi anziane quelle che tendevano ad essere più schive. Non erano ostili, ma non si lasciavano andare più di molto, sembravano estremamente preoccupate, schiacciate dal peso della situazione, una situazione che agli occhi di Yu era ancora estremamente sfocata e colma di punti bui, che aumentavano di attimo in attimo, ad ogni istante che passava lì.
Così, una volta terminata la visita ad una donna, Yu approfittò del poco tempo prima di arrivare al prossimo da sfamare, per chiarirsene alcuni, o quanto meno provarci.


Umeko..? Richiamò l’attenzione della volpe, mentre camminavano per le vie disastrate, un tempo probabilmente ricoperte da un piacevole selciato. Prima mi hai chiamato “meritevole” e anche Natsume ha detto qualcosa a riguardo, quando abbiamo attraversato il bosco…puoi spiegarmi bene in che senso? Parlando col ragazzo-kitsune aveva capito che non tutti vedevano la foresta come l’aveva vista lui, ma perché lui era meritevole? In base a che cosa?

Non tutti gli umani possono entrare in contatto con il nostro mondo. Iniziò a spiegare Umeko. Solo chi dimostra determinate caratteristiche ne è in grado. Adattabilità, acume, astuzia…chi è in possesso di questi ed altri requisiti viene riconosciuto come degno. Chiamiamo “meritevoli” proprio gli umani che, come te, riescono ad attraversare il bosco indenni.

Indenni. Significava che c’era la possibilità che qualcuno non ne uscisse tutto intero? Natsume ce lo aveva portato senza preoccuparsi troppo…e Yu si era accorto che fosse pressoché certo che lui facesse parte di quella cerchia di persone che potevano avere accesso a quel luogo. Ma se non lo fosse stato? Che sarebbe accaduto? Preferì non chiederlo - aveva letto troppe storie finite male - accontentandosi di sapere di essere uno dei fortunati indenni, un “meritevole”. D’altronde quella era solo la domanda d’apertura, quella che in un certo senso, gli premeva meno, ma che aveva usato per attaccare bottone e avere modo di andare più a fondo con ciò che gli importava di più: la storia di quel capo che aveva smattato.

Sai…ho sentito che tutto questo è successo a causa del vostro capo. I suoi occhi incontravano desolazione ovunque si voltassero, ma non sfuggì loro la reazione di Umeko a quell’argomento. La vide abbassare gli orecchi, tristemente, rimanendo per lunghi istanti in silenzio, tanto che pensò non gli avrebbe risposto.

Sembra che Yoyuki-sama abbia perso la sua luce. Disse invece, rivelando il nome della causa di tutto. Ha rinnegato Inari e ha lasciato che l’oscurità lo avvolgesse. Adesso colpisce chiunque non segua i suoi dettami con la piena potenza del suo rancore. Siamo stati decimati…

Aveva ottenuto qualcosa in più di quanto avesse detto Natsume. Il capo di quel luogo, Yoyuki-sama, aveva rinnegato un kami. Inari per l’appunto. Allontanandosi da lui e lasciando che il buio avesse il sopravvento. Come risultato…questo. Quella desolazione, quella distruzione. Quelle poche volpi e quei pochi umani che ancora resistevano e quel bosco che, a detta di Natsume, non era mai stato così luminoso. Preso dal suo rancore aveva ucciso, ucciso e ucciso ancora chissà quanti dei suoi. Sentì Kurama agitarsi nella sua anima a metà tra l’angosciato e il rabbioso. Lui lo conosceva per quello che era in precedenza, così come lo aveva descritto il ragazzo-kitsune durante la traversata. Ma qualcosa doveva essere capitato per portarlo a degenerare a quella maniera!

Ma com’è potuto succedere? Da quanto va avanti?

Un sorriso triste da parte della volpina. Nessuno di noi lo sa con certezza. Sicuramente qualcosa deve averlo scosso nel profondo, a tal punto da lasciar andar via la sua luce e diventare quello che è oggi. Credo siano anni ormai…ma non ne sono sicura, ho perso il conto.

Ma come poteva essere che nessuno di loro ne sapesse qualcosa?! Passi il fattore temporale che per uno yōkai era relativo, ma faticava a spiegarsi il fatto che non uno degli abitanti del villaggio sapesse con certezza cosa fosse accaduto. Sembrava che si fossero svegliati un giorno e Yoyuki-sama si fosse presentato cambiato. Assurdo. Preferì comunque non insistere troppo, quella storia andava presa a pezzetti, sia Umeko che Natsume sembravano subirne pesantemente il trauma. Senza contare che anche la volpina, proprio come il suo compagno più grande, dimostrava un’assoluta abnegazione alla causa. Yu l’aveva seguita per tutto il giro di distribuzione dei viveri e delle cure, e per lei non si era tenuta un solo pesce! Aveva dato tutto agli altri, proprio come aveva fatto Natsume. Sembrava fossero loro ad occuparsi di tutti lì al villaggio. Encomiabili davvero, ma a lungo andare sarebbero collassati, facendo così.

Si separò da Umeko, una volta terminato di elargire il cibo e poté dedicarsi ad un po’ di sane indagini. A cominciare da quella strana melma. Ne trovò un po’ poco fuori dal centro abitato, sulla strada per andare verso il torii che non avrebbe dovuto oltrepassare. Era strana. Abbarbicata su un grosso pezzo di roccia, quella poltiglia si presentava come violacea con rigature nere simili a capillari che ne percorrevano tutta la massa. Pulsava di una luce intermittente, lenta…quasi come fosse un battito. Non sembrava niente di sano, quindi preferì non entrarci direttamente in contatto. Prese un bastone, trovato nei paraggi, e la stuzzicò, per vedere se reagisse in qualche modo. Ma….più che muoversi come una melma gelatinosa non fece. Tuttavia, la parte del bastone entrata in contatto diretto con la superficie di quella strana poltiglia, si corrose con uno strano scricchiolio. Parte del legno venne totalmente consumato e cadde a terra simile a cenere.
Tirando le somme, era pericolosa. Sembrava viva, ma non reagiva in maniera diretta. Ma certamente non era una cosa naturale, né tanto meno benevola. Sembrava più un effetto di qualcos’altro, come lo scarto o la concretizzazione di quell’aura che avvolgeva l’altura a cui si stava avvicinando. Difficile dirlo, avrebbe dovuto chiedere. In ogni caso, non aveva assolutamente intenzione di superare il confine indicatogli da Umeko, semplicemente voleva avvicinarsi un po’ a quel torii malmesso per guardare cosa ci fosse dopo. Più si approssimava, più l’aria diventava pesante, più quella melma aumentava. L’aura nera incombeva su di lui quando giunse a destinazione e la sensazione era tutt’altro che piacevole. Avrebbe dato una rapida occhiata e poi se ne sarebbe andato. Non gli ispirava nulla di buono quel posto.
Il torii era letteralmente spaccato. I due pilastri laterali erano incrinati, l’architrave a penzoloni, la vernice totalmente rovinata così come i fuuda erano mezzo cancellati e si muovevano, mossi dal vento, con uno sfarfallio sinistro. Dietro al portone sacro abbattuto, iniziava la scalinata che aveva visto da lontano…in rovina anch’essa, sporca di melma e sangue e in alcune parti anche bruciata. Sì, c’erano delle parti annerite completamente come se qualcosa di veramente caldo vi si fosse schiantato…a volte solo in punti precisi, altre volte erano lunghe scie carbonizzate. Quel posto sembrava un campo di battaglia. Un duro scontro doveva essersi consumato di fronte agli occhi di pietra delle kitsune che sorvegliavano la gradinata. Uno scontro di cui l’incontrastato vincitore era palese.


« Non avrei dovuto portarti qui. » Un intervento a zanne serrate quello di Kurama, che si agitava senza pace sul fondo della sua anima.
No, io penso che siamo proprio dove dovremmo essere. Rispose d’istinto, mentre osservava accucciato uno di quei talismani scoloriti e senza più valore, salvo poi bloccarsi e valutare la reazione di Kurama. Yoyuki-sama è davvero tanto potente? Non ti ho mai sentito così inquieto…
« E’ benedetto da Inari e, oltre ai miei fratelli, è uno dei più potenti che conosca. Con le capacità che ha sono convinto sappia già del tuo arrivo. »
Trattenne un’imprecazione. Significava che la sua presenza lì avrebbe potuto essere un pericolo per i ribelli, più di quanto immaginasse. Non conosceva quel Yoyuki, ma se era impazzito come tutti dicevano, chissà come avrebbe potuto reagire, sapendo della sua presenza. Peccato per l’effetto sorpresa. Ironizzò, ma il suo tono era tutt’altro che sarcastico. Deve essere d’avvero forte se lo tieni in così alta considerazione…tuttavia è un po’ tardi per tirarsi indietro ora. Ormai ci siamo dentro: se è vero quello che dici e davvero sa che sono qui, non penso mi lascerebbe scappare.
« No. Infatti. » Lapidario. « Se avessi saputo di questa situazione, ci avrei pensato due volte a scorrazzarti fin qui o, quanto meno, ti avrei preparato. » Un sospiro secco dalle narici, infastidito. « Quella piccola volpe ha detto che quel dannato baka ha lasciato andare la sua luce, quindi suppongo che la sua anima sia attualmente corrotta. Il perché, però, sembra sfuggire a tutti. »
Mh, ha detto così. Ha aggiunto anche che ha rinnegato Inari. Rimuginò, quasi parlasse tra sé. Tu, invece, hai detto che è addirittura benedetto da quel kami…deve essere successo per forza qualcosa di grave per arrivare a questo risultato.
« Con l’anima corrotta non è degno di servire Inari. Bisogna capire cosa lo ha portato a tanto, ma non voglio che tu sia avventato. » Si affrettò a specificare. « Cerca di avvicinarti a quel Natsume e vedi se puoi cavargli qualche informazione di bocca. »
Fece una smorfia a quell’ultimo consiglio, dando le spalle al torii ed iniziando a riprendere la strada per il villaggio. Nemmeno lui sembrava saperlo. Ma forse riusciremo a capirlo schiarendo questo quadro di informazioni confuse. Sai…preferirei che si fidasse di me e cercasse il mio aiuto, piuttosto che dovergli cavare le parole di bocca.
Kurama sospirò. « Sarebbe tutto più semplice se si fidasse, ma a quanto pare non abbiamo scelta. »
Mmmh…

Non era molto convinto. L’idea di tampinare Natsume quando aveva intuito che nel suo passato ci fosse qualcosa che innalzava quel muro attorno al suo cuore, non gli piaceva granchè. Tuttavia comprendeva fosse necessario…Avrebbe cercato di farlo con un minimo di criterio, almeno. La conversazione con Kurama gli aveva aperto nuove domande, permettendogli di avere un quadro della situazione già più chiaro di quanto non fosse prima. Era da quando aveva incontrato Natsume a Tsuriito che non capiva per quale ragione le kitsune e gli umani continuassero a rimanere sull’Isola delle Lanterne, nonostante la grave situazione che vivevano. Ora iniziava a capire. Semplicemente non potevano andarsene. Yoyuki-sama non glielo avrebbe permesso, come non avrebbe permesso a lui di lasciare l’’isola. I ribelli erano quasi un ostaggio…quelli che lasciavano il villaggio per cercare cibo, lo potevano fare solo perché Yoyuki lo permetteva. Se quel gruppo di superstiti era tale, lo era solo per fortuna, non certo per bravura nel sopravvivere o nel contrastare il loro aguzzino. Anzi…forse erano vivi solo per diletto dello stesso. Un passatempo, già.
Ma perchè? Perché Yoyuki-sama aveva bisogno di un passatempo? Perché restava lì e non se ne andava a sua volta? Perché costringersi a rimanere su quello sputo di terra, quando coi suoi poteri avrebbe potuto fare il bello e il cattivo tempo fuori di lì?
La risposta sembrava quasi ovvia e Yu la intuì una volta giunto al villaggio: nemmeno Yoyuki poteva abbandonare l’isola. Come lui teneva sotto scacco il villaggio delle kitsune, qualcosa teneva sotto scacco lui. Probabilmente la barriera creata dal bosco che proteggeva quel luogo. Barriera che lui aveva involontariamente rafforzato…o chissà, magari volontariamente. Quasi come se un briciolo di crudele coscienza volesse impedirgli di uscire e fare il demonio nel mondo. Avrebbe dovuto chiedere conferma anche di questo, come della faccenda della melma, alla prima occasione utile che, forse, era più vicina di quanto non credesse.
Li vide di sfuggita, quasi. All’interno di una pozza d’acqua termale, posta a lato del villaggio, c’erano Umeko e Natsume. Lei stava aiutando lui a darsi una pulita e, agli occhi di Yu, sembrarono abbastanza intimi, visti dal punto in cui si trovava. Abbastanza da crearsi qualche scrupolo.


Non dovrei…
« Non dovresti, ma lo farai. »
Già.

Si avvicinò cauto, con passo felpato, posizionandosi dietro a quell’albero le cui fronde erano talmente ampie da coprire parte dell’abitazione lì accanto. Era in una buona posizione per origliare la conversazione…anche se si sentiva dannatamente sporco a farlo.
Appoggiò la schiena all’ampio tronco, estraendo un kunai dal fodero così da seguire la scena direttamente nel riflesso sulla lama. Natsume aveva lasciato gli abiti sulle rocce che costeggiavano tutto il perimetro dell’onsen naturale, e rilassato, con gli orecchi abbassati, stava lasciando che Umeko lo aiutasse a lavarsi, con abnegazione, dolcezza, tanto che un po’ gli ricordò Takumi quando si era preso cura di lui a causa della ferita all’addome. Già, Takumi…se avesse saputo il casino in cui si stava cacciando, lo avrebbe legato al letto e gliene avrebbe dette quattro.
Dalla posizione in cui era li vedeva entrambi di spalle, ma la conversazione arrivò chiara alle su orecchie e, con sua grande sorpresa, parlavano di lui. Sembrava fosse raro vedere Natsume tornare con un umano, tanto che Umeko capì subito, nonostante le scuse del più grande, che il non utilizzare le sue capacità per impedirgli di seguirlo era stata una scelta volontaria. “Non voglio”, così gli aveva detto quando erano ancora nei boschi dietro Tsuriito. Fece fatica a trattenere una risata ai brontolii di lui, ma si sforzò per non farsi sentire dai due. Fu a quel punto che successe qualcosa. Umeko lo abbracciò da dietro, dicendo cose che iniziarono a schiarire l’acqua scura e torbida attorno a quegli strani comportamenti di Natsume e a quelle frasi dette a metà. Ma più di quello, fu la reazione di lui a confermarglielo. Non fu brusco, non fu scortese, ma la sua risposta aveva qualcosa di gelido nelle parole. Per quanto in un certo senso dolci della preoccupazione e della speranza che la più piccola non passasse ciò che aveva passato lui, avevano un velo di brina ghiacciata a rivestirle. Ora credeva di aver capito cosa fosse accaduto a Natsume e il perché di quella distanza autoimposta che aveva cercato di mantenere, pur cadendo in alcuni momenti. Gli umani duravano poco, già. Probabilmente Natsume lo aveva scoperto a sue spese e l’idea di ripetere l’esperienza non lo faceva saltare di gioia. Comprensibile…non lo poteva biasimare. Anche se era dannatamente triste. Che vita vuota doveva essere quella in cui le vite altrui si sfioravano e basta, senza afferrarle mai. Davvero gli andava bene così? Smettere di legare per paura di soffrire…era un po’ come smettere di vivere per paura di morire, no?
Dopo quelle parole, lo vide trasformarsi in volpe. Gli abiti sul fiume sparirono con lui prima che si allontanasse rapidamente - per quanto la zampa ferita gli permettesse - lasciando Umeko sola e abbattuta, seduta sul bordo dell’onsen. Ci aveva provato. Non doveva nemmeno essere la prima volta e ora era lì a orecchie basse.
Rinfoderò il kunai, Yu, sospirando silenziosamente. L’idea di Kurama di avvicinare Natsume diventava sempre più un’utopia. Dubitava che quella kitsune volesse passare del tempo con lui o averlo attorno viste le circostanze. Tanto più che ora se n’era andato chissà dove, lasciando quella poverina da sola.
Si frugò nella bisaccia. Le razioni che si era preparato prima di partire erano ancora tutte lì, comprese le sue barrette artigianali con miele, cereali, riso, carote e sakè. Pensava di darle a quei due, visto che si donavano in tutto e per tutto agli altri, ma vabbè, le avrebbe lasciate a Umeko.
Uscì dal suo nascondiglio, avvicinandosi alla pozza come se fosse appena arrivato, ma…una volta vicino alla volpina non riuscì a negarle una carezza su quella testolina buffa, ora bassa come gli orecchi pelosi. Un tocco gentile, prima di sedersi accanto a lei, fuori dall’acqua, in silenzio, estraendo il suo Hakanai per fare qualche bolla. Le soffiò proprio lì, verso il vapore che saliva dalla pozza, rimanendo zitto per qualche istante, prima di porgerle le due barrette, nei loro involti.


Tieni. Le sorrise. E’ dolce, ti piacerà. E in quel momento ne aveva davvero bisogno, tanto più che non l’aveva vista mettere una briciola sotto i denti. L’altra dalla a Natsume, quando torna. Credo sia meglio se lo fai tu, non penso abbia molta voglia di avermi attorno.

 
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view post Posted on 25/2/2021, 18:00     +1   -1
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Non era stato facile trovarlo, questo era praticamente certo. Aveva spiegato le sue ali in lungo e in largo per stanarlo, ma sempre quel demonio votato anima e corpo alla perdizione lasciava dietro di sé soltanto briciole del suo ineluttabile passaggio. Come fosse un saluto al suo ostinato inseguitore. Ma un bel giorno, dopo tanto cercare, ecco che finalmente aveva ghermito la sua preda. Allora conobbero l'uno le fattezze dell'altro: un austero angelo pronto a difendere la scintilla di luce dell'essere umano creato dal Kami e un perverso demone, sempre col sorriso beffardo pennellato sulle labbra, pronto a far emergere le voluttà di coloro i quali l'angelo tentava di difendere.
Soffiò una piccola voluta di fumo, scocciato. C'era troppa stasi nell'aria.


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L'immediata reazione a quel tocco gentile sul capo fu un piccolo sobbalzo da parte della bella volpina e un leggerissimo vibrare della sua folta coda. Avere quell'umano attorno era particolarmente piacevole, senza contare che era stato estremamente altruista nell'aiutarla a distribuire i viveri e curare alcune delle ferite dei più colpiti dal rancore di Yoyuki. Sopportare Natsume e i suoi bronci arricchivano soltanto un curriculum di per sé impeccabile, per un meritevole. S'espresse in un tiepido sorrido nel vederlo sedere al suo fianco e soffiare le bolle che ben presto andarono a galleggiare placide sul vapore. I cuccioli si erano proprio divertiti a rincorrerle e scoppiarle! Dunque, dopo lunghi attimi di silenzio da parte di entrambi, il Rosso le porse degli involucri che vennero accettati e subito annusati. Avevano un odore dolciastro, qualità subito messa in risalto da colui che le aveva donate. Sorrise ancora. Arigatō. fece piano per ringraziarlo, ascoltando le sue parole circa quella che spettava a quel cocciuto di una volpe. Scosse il capo in segno di diniego. Non prendertela. Non è cattivo, ha solo paura di affezionarsi ancora. gli rispose, mettendo a nudo la problematica principale dell'ostinata volpe Senza-Nome. Doveva essergli successo davvero qualcosa di terribilmente doloroso, per reagire in quella maniera. Già solo il fatto di averti permesso di seguirlo è un grande passo avanti, credimi. ridacchiò al solo pensiero di quanto blanda potesse essere stata l'opposizione di Natsume al simpatico umano al suo fianco. Dunque prese uno dei due piccoli involucri e lo restituì al proprietario. Dovresti dargliela tu. Sono sicura che uno come te può fare breccia dove io non riesco. Non ci sono passata, non sono mai uscita dal villaggio e non ho mai legato in maniera così particolare con un umano. confessò allo sconosciuto confidente, osservando nuovamente le iridescenti danzare al ritmo delle elsalazioni. Faccio il tifo per te, Yu. Ganbattekudasai!

Nonostante lo sprone della bella volpe dal pelo biondastro, Yūzora non si sentì immediatamente di lasciarla e di andare invece incontro a un Natsume che molto probabilmente non aveva voglia di conversare. Avrebbero conversato ancora, se soltanto quell'urlo improvviso e assolutamente terrorizzato di uno dei bambini del villaggio non avesse allarmato entrambi e fatto drizzare le orecchie e il pelo alla volpina.
La scena che avrebbero visto voltandosi verso sinistra sarebbe stata inequivocabile. C'era una volpe dal pelo scuro, tendente quasi al violaceo, in avvicinamento. Puntava a un cucciolo spaventato, con le fauci in bella mostra e gli occhi rossi carichi di frenesia omicida. Sarebbero scattati a molla a quel punto, nella speranza di raggiungere l'indifesa creaturina e salvarla, ma non avrebbero mai fatto in tempo. Fu una fortuna che una seconda volpe, giovane ma sicuramente battagliera, si mise in messo scagliandosi contro la volpe scura, azzannandola e mostrando le fauci. Leggermente claudicante. Era palesemente Natsume che, nonostante la bastonata, non aveva pensato due volte a difendere il cucciolo. Umeko, al fianco del Rosso, raggiunse l'infante in lacrime e lo prese in braccio, scappando dalla parte opposta con quanti avevano assistito (non senza voltarsi per osservare Natsume, ripromettendosi di tornare non appena avesse messo in salvo i cuccioli), mentre altre volpi dal pelo scuro si palesavano da ogni angolo del villaggio. Era un vero e proprio assedio.

Nel frattempo, dall'alto, qualcuno osservava quel caos con un certo diletto. Era ora che si muovesse qualcosa!

 
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view post Posted on 28/2/2021, 16:32     +1   -1
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Ora che aveva ascoltato quella conversazione, un po’ si dispiaceva di essersi così autoimposto a Natsume. Guidato dalla curiosità, anche se aveva annusato che nell’aria c’era qualcosa che non andava - e non si riferiva certo ai problemi del villaggio - aveva deciso di seguirlo lo stesso, ignorante circa le motivazioni dietro a quel muro che la volpe si ostinava a tenere tra loro, ma che di tanto in tanto perdeva qualche pezzo…come quando avevano attraversato la lingua di mare che separava le coste di Tsuriito dall’Isola delle Lanterne. O, come diceva la piccola Umeko, quando aveva deliberatamente lasciato che lo accompagnasse. Perché alla fine era così che era andata, la kitsune avrebbe tranquillamente potuto farlo desistere coi suoi metodi.., ma aveva deciso di non volerlo fare. E Yu dubitava derivasse solo dal fatto che fosse pienamente cosciente che, anche in caso di diniego da parte sua, l’avrebbe seguito in ogni caso. Non sapeva cosa sapesse fare Natsume - ricordava chiaramente di aver letto che le kitsune erano fortemente gerarchizzate in base allo sviluppo delle loro capacità - ma non erano pochi quelli che avevano a che fare con loro e poi si ritrovavano con dei vuoti di memoria. Aveva lasciato che lo seguisse, conscio anche che Yu sarebbe riuscito ad attraversare il bosco che proteggeva il villaggio, a vederlo per com’era davvero. Aveva lasciato che andasse lì, nonostante tutti i problemi che il loro piccolo e sparuto gruppetto di sopravvissuti stava attraversando. Quindi in un certo qual senso capiva cosa stesse cercando di dirgli Umeko, confermandogli per altro le sue idee circa una passata brutta esperienza con la “debolezza” umana, il loro tempo limitato. Semplicemente il cuore di Natsume era un po’ come il suo, o come quello di Kurama o di Takumi. Ferito di una lacerazione profonda, difficile da guarire.., ma questo non significava che non l’avrebbe mai fatto. Aveva solamente bisogno di tempo e, magari, di trovare qualcuno che non si arrendesse subito di fronte ai suoi bronci e che, piano piano, con la stessa perseveranza con cui l’acqua cheta rovinava i ponti, mattone dopo mattone facesse crollare quel muro che la volpe si costruiva attorno. Tutto lì.
Fu a quel punto che Umeko porse indietro a Yu una delle due barrette, ancora chiusa nel suo involucro, consigliandogli di dargliela di persona. Suggerendogli, quasi, che quel qualcuno che avrebbe tolto uno ad uno tutti i mattoni di cui Natsume si faceva protezione, secondo il suo istinto volpino fosse proprio lui. Le parole che aggiunse poi erano pregne di tristezza, ma non si trattava solo del fatto che le dispiacesse non riuscire a fare breccia lei stessa in quella spessa corazza. Era come se si rammaricasse di non aver mai lasciato il villaggio, di non aver mai legato con un umano, come era invece capitato al compagno più grande. C’era mestizia nella sua voce, una malinconia palpabile, ma anche un briciolo di paura. Un po’ la capiva, era come quando da ragazzino non gli era permesso varcare le porte della Nebbia, quando ancora non aveva il diploma di Shinobi e, quindi, non era ritenuto idoneo a lasciare Kiri. Uscire dal Villaggio la prima volta era stato elettrizzante! Poi non è che fosse andato chissà dove, ma sempre più lontano da casa che andare fino in Accademia.


Seguirò il tuo consiglio, allora! Sorrise agli incoraggiamenti della volpina, prendendo l’involto che le porgeva con dita affusolate e unghiute, e rimettendoselo nella bisaccia per darlo a Natsume. Comunque… Aggiunse. Non ti sei persa nulla là fuori, almeno negli ultimi tre o quattro anni. Tra pandemia di chakra, disturbi e, prima, il casino successo a Fukagizu, era decisamente meglio fosse rimasta su quell’isoletta. E se non ti sei ancora affezionata a nessun umano in particolare, vuol dire solo che non hai trovato quello giusto. Arriverà, vedrai. Soffiò una serie di bolle e si lasciò sfuggire una risata. Magari dopo, te ne lamenterai!

Non se ne andò, però, a cercare Natsume. Nonostante avesse tutta l’intenzione di seguire il consiglio di Umeko, Yu era pienamente cosciente che quello non fosse il momento adatto per andare a punzecchiare l’altra kitsune. Era chiaro che, dopo la conversazione con la compagna, avesse bisogno di stare solo, precipitarsi da lui in quel momento avrebbe solo peggiorato le cose. E poi non gli andava di lasciare sola la volpina. Natsume non era certo il solo ad avere bisogno di sostegno da quelle parti.
Stava appunto cercando qualche argomento di conversazione che non fosse inerente alla situazione attuale, quando un urlo improvviso squarciò l’aria di stasi di quel piccolo borgo.
Yu si alzò immediatamente di scatto, assieme ad una Umeko col pelo ritto: quel grido era assolutamente terrorizzato, che diavolo stava succedendo?! La volpe dall’udito certamente più preciso e sviluppato di quello di Yu, inquadrò subito la direzione. Gli occhi del Rosso la seguirono e non ci volle molto perché entrambi scattassero verso il bambino. Una volpe dal pelo scuro, stranamente innaturale, quasi violaceo, si stava avvicinando al piccolo in lacrime, bloccato dalla paura. Le fauci della bestia erano in bella mostra e gli occhi insolitamente accesi d’un bagliore scarlatto, mostravano tutta la sua frenesia omicida.
Tuttavia c’erano due problemi: il primo, il più evidente mentre lo shinobi e la volpe correvano verso il bambino nel vano tentativo di salvarlo, era che non avrebbero fatto in tempo; il secondo, forse meno manifesto ai più, ma non a chi aveva anni di esperienza e studi ninja alle spalle, era che quella aveva tutta l’aria di una cazzo di trappola!
Imprecò a denti stretti Yu, per l’una e per l’altra cosa - in una situazione normale non si sarebbe mai ficcato in un pasticcio del genere - ma proprio quando la bestia era ad un soffio dal balzare addosso al bambino, ecco che una scia di ramato fulgore si scagliò contro la volpe scura, azzannandola, posizionandosi tra quella e l’infante e mostrando le zanne. Se non fosse stato leggermente zoppicante e non avesse ancora avuto la benda sulla zampa, avrebbe fatto fatica a riconoscerlo, ma non c’era alcun dubbio che quel folle fosse proprio Natsume!
Una fortuna che fosse intervenuto, certo, ma in quelle condizioni…cosa pensava di fare da solo?! Tanto più che altre volpi dal pelo scuro stavano spuntando dagli anfratti del villaggio. E fu proprio allora, mentre Umeko raggiungeva il bambino per prenderlo in braccio e portarlo in salvo assieme agli altri astanti, che il Rosso ebbe modo d’osservare da vicino quelle volpi.
Dire che fossero innaturali era poco. Quel pelo annerito, quasi viola, quegli occhi baluginanti di follia e quelle zanne…Già, soprattutto quelle zanne sporche della stessa melma che Yu aveva analizzato poco prima. Quando l’aveva vista aveva pensato fosse uno scarto o una conseguenza del rancore di Yoyuki, talmente palpabile da palesarsi e materializzarsi in quella sostanza corrosiva e sicuramente dannosa. E ora quelle volpi…sembrava quasi fossero state corrotte anch’esse dal risentimento dell’una volta benedetto da Inari. Sul momento gli venne in mente che, forse, la mancanza o la difficoltà nel reperire cibo avesse portato alcune volpi del villaggio a cercare di mangiare quella melma, venendo corrotte a loro volta. Ma poteva anche essere che, come quella poltiglia violacea si era manifestata, anche alcune volpi fossero state contagiate dal rancore di Yoyuki-sama. Difficile dirlo con precisione. Solo di una cosa era pressochè certo…


« Non devi farti mordere da loro, Yu. Forse è solo un’impressione, ma non credo porterà a nulla di buono. »
Sono d’accordo con te. Un morso da quelle zanne e potrei diventare come loro per quanto ne sappiamo.
« Esatto. E poi c’è un altro problema. »
Già. Queste volpi…
« …Un tempo probabilmente erano compagni degli abitanti del villaggio. »

Un bel casino. Non solo avrebbe dovuto fare attenzione a quelle zanne insozzate, ma probabilmente non avrebbe potuto nemmeno andarci troppo pesante. Fu per questo che, prima di raggiungere Natsume, mentre alcune di quelle bestie assetate di sangue stavano inseguendo Umeko, estrasse l’Hakanai soffiando verso di loro alcune bolle appiccicose. Visto che correvano, le fece esplodere giusto a metà del loro passo, così che non potessero scansare la colla in alcun modo. Ci finirono dentro come degli allocchi! Ringhiando rabbiose e guaendo, mentre si divincolavano nel vano tentativo di liberarsi, ignare che stessero solamente facendo peggio. Forse richiamate da quei versi, alcune volpi del villaggio in grado di combattere si fecero avanti per proteggere la fuga di Umeko e degli altri, lasciando campo libero a Yu di raggiungere Natsume, assediato dai nemici.
Lo affiancò dal lato della zampa ferita, in modo da poter coprire la sua parte debole, facendo esplodere delle bolle semplici attorno a loro per allontanare di qualche passo le volpi scure.


Ehi, sei tutto intero? Chiese, Hakanai stretto tra le dita e senza togliere gli occhi chiari dai loro avversari, in quel momento particolarmente taglienti e mossi d’una serietà che li faceva apparire duri come l’acciaio. Solo una volta ottenuta quella risposta, passò ad informarsi sulla natura di quelle creature. Come devo comportarmi con loro? Questi…sono vostri ex compagni, non è così?

 
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view post Posted on 5/3/2021, 22:37     +1   -1
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Per quanto apparentemente improvvisato, l'assedio al villaggio era stato chiaramente architettato a regola d'arte. La volpe oscura dalle fauci grondanti di quella sostanza nera era avanzata verso la sua giovane preda con il chiaro intento di farsi notare, di suscitare stupore, terrore. E ci era riuscita in pieno. Quelle disgraziate urla avevano si allertato il villaggio della sua presenza, ma erano state anche un chiaro segnale per le altre volpi, ben nascoste e in attesa di poter entrare in azione. Peccato non avessero calcolato che un nuovo giunto potesse avere quelle straordinarie capacità. Umeko lo aveva lasciato li per portare in salvo il cucciolo e allertare la resistenza, ma non senza un groppo alla gola per il pericolo che stavano correndo sia il Rosso che Natsume, accorso prima di tutti gli altri per difendere il più debole. Le volpi oscure le erano alle calcagna, ma delle bolle dall'aspetto innocuo erano state soffiate per esplodere proprio sulle zampe delle nemiche, impiastricciate adesso di una sostanza rosata e appiccicaticcia. Suo malgrado, nonostante la situazione disperata, la volpina dal pelo biondo si ritrovò a sghignazzare soddisfatta, senza mai arrestare la sua corsa. Altre volpi accorsero per coprire la sua fuga, impedendo alle superstiti dello scherzetto con le bolle di raggiungere il punto nevralgico di raccolta nella foresta.
Contemporaneamente il Rosso aveva raggiunto di gran carriera Natsume, affiancandolo dal lato della zampa ferita per poterne coprire il punto debole. Erano stati accerchiati da un totale di cinque volpi oscure e la volpe dal pelo fulvo digrignava i denti minaccioso e a orecchie basse, senza però tirarsi indietro, senza cedere campo di un solo millimetro.
Una favola. E tu non dovresti essere qui, ma questo è praticamente inutile che te lo dica. Sei più testardo di un mulo. disse in risposta alla sua prima domanda, mostrando effettivamente che si, non era contento non si fosse messo in salvo insieme agli altri ma che, d'altro canto, aveva capito con chi aveva a che fare e non aveva senso continuare a intestardirsi. In fondo, considerato l'handicap, non faceva male avere una zampa in più sulla quale contare. Farfugliò un basso ringhio. Si. Erano abitanti del villaggio un tempo, ma la corruzione ha ghermito le loro anime e adesso ci fanno la guerra. Mi chiedo se siano autonome o se il gran capo si diverte a vederci tribolare. e non era contento nel dirlo, era evidente. Attacca e tentiamo di allontanarle. Se la situazione si fa dura, scappa. E non farti mordere! disse prima di gettarsi a capofitto contro una delle nemiche, senza aspettare nessun tipo di raccomandazione, sprezzante del pericolo. Che fosse sintomo di spericolato coraggio o riflesso di una voglia di continuare oramai arrivata al capolinea non era dato sapere. Assolutamente certo era che anche Natsume era testardo.

Combatterono fianco a fianco senza risparmiarsi, aiutandosi vicendevolmente, coprendosi le spalle dagli attacchi nemici e stando attenti entrambi a evitare le fauci grondanti delle volpi oscure. Era bello collaborare e Natsume era stato anche in grado di prendersi un po' in giro con un sogghignante
Ah, ma sei uno shinobi.. potevi dirmelo prima! nel notare finalmente le indubbie abilità del nuovo meritevole. A dare manforte ai due arrivò di gran carriera anche la volpina dal pelo biondo, pronta a combattere e a difendere con le unghie e con i denti il suo villaggio, Natsume e Yūzora. Si scagliò come una furia contro una delle volpi che stavano attaccando alle spalle proprio il primo dei due, facendolo ruzzolare, mordendolo e graffiandolo. Andatevene via! ringhiava, mentre mordeva con ferocia le loro carni. Peccato che fossero giorni che non si rifocillava a dovere, e pertanto la sua forza era oramai esigua. I suoi canini affondavano, ma non riuscivano a perforare nella maniera giusta. I suoi movimenti erano rapidi, ma spesso l'equilibrio la tradiva (forse a causa della debolezza e di qualche capogiro di troppo). UMEKO! Riuscì in extremis a sbarazzarsi di una volpe oscura e sentire il richiamo preoccupato di Natsume, prima che una seconda, in un ultimo impeto, fu su di lei e la morse sul collo, costringendola a gridare come un'ossessa e a dimenarsi nel tentativo di allontanarla. La volpe dal pelo fulvo corse al suo capezzale ringhiando e scacciò malamente la volpe oscura che, con un sinistro ghigno sul muso, lo avvertì. La voce che non pareva nemmeno essere la sua. Inutile resistere. Prima o poi farete tutti la stessa fine. disse, come ultimo monito prima della ritirata generale. Umeko, grondante di sangue e sostanza nericcia era rimasta a terra, nella sua forma volpina, rannicchiata in posizione fetale. Tremava come una foglia.



Le volpi oscure non sono un problema per il potenziale di Yūzora. Natsume e Umeko faticano a combatterle per vari motivi (vecchi compagni, zampa ferita, stomaco vuoto o quasi). Gestisci come meglio credi questo combattimento spalla a spalla con Natsume, in cui Yūzora nota che la volpe sembra felice di combattere con lui, anche se non lo ammetterà mai apertamente. Umeko arranca un po' di più. Decidi se intervenire con Natsume o focalizzarti su quelle in fuga. La volpina non si muoverà e non risponderà, se vi avvicinate la vedete lamentarsi e singhiozzare sommessa "itai yo" (fa male). Se hai bisogno di linee di dialogo, sono a disposizione. Come vedi la quest è complessa dal punto di vista delle interazioni, spero ti piaccia questo mondo molto vivo.
 
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