| Era un campo incredibilmente affascinante per Mira, perché non era semplicemente uno studio psicologico sulla mente umana, ma andava a scavare direttamente nei suoi meandri più reconditi, ponendosi l'obbiettivo di spiegare il comportamento sociale di un gruppo di persone. La kunoichi di Yugure aveva sempre dato per scontato la motivazione che portasse i fedeli di Buraindo a continuare a professare la sua religione, nonostante le ingiustizie subite dai Priori e dal loro stesso “Dio”. Eppure, l'idea di spiegare a livello scientifico quella scelta era qualcosa di illuminante, sconfinato, dalle infinite possibilità. Il pensiero al percorso effettuato per comprendere e imparare la Dominazione del Fuoco, la tecnica che le aveva insegnato Fuyuki, fu ovvio: anche in quella circostanza si era ritrovata a dover comprendere un'altra persona, a dover empatizzare con lei, sebbene lo studio specializzato di Jun le sembrava essere leggermente diverso. Era qualcosa che a Gaz veniva estremamente naturale, il comprendere le persone… proprio come suo padre, proprio come colui che aveva ingannato il mondo.
Proprio come Jun stava descrivendo Buraindo.
Al sentir nominare di quel nome, la ragazza esplose in un impeto di rabbia. Tutti i presenti all'accampamento trasalirono, voltandosi nella sua direzione e chiedendosi se fosse tutto apposto, se tra le due donne non vi fosse nessun problema. E in effetti il problema c'era eccome se ad innescare una reazione del genere bastasse un nome. Quel tiranno, che per anni aveva tenuto in scacco l'intero paese del Cielo, aveva lasciato cicatrici indicibili sull'anima di coloro che Ryuzaki, nel bene e nel male, aveva liberato. Mira era stata testimone del vomitevole comportamento dei Priori, e aveva vissuto sulla propria pelle la falsità di quel “Dio” quando l'aveva venduta alla prima buona occasione, eppure… quanto giustificabile poteva essere una risposta del genere da parte di una donna temprata, a sua stessa ammissione, da anni di addestramento in quel campo specifico? No, non era tutto apposto nella sua mente, i traumi vissuti erano visibili e una donna privata della propria virtù, per quanto esperta di studio comportamentale e sociale, rischiava di perdere se stessa alla ricerca di demoni invisibili. Mira la guardò a lungo, in silenzio, mentre parlava, e vide gli occhi di una persona disturbata, alla ricerca ossessiva di qualcosa che le sfuggiva dalle mani. Rivide se stessa e ciò la turbò, riconobbe la nebbia di Kiri in quella radura, e il proprio viso allo specchio, ferito e ossessionato in maniera sbagliata. Mira aveva avuto Seiri e Kai, prima di maturare e non ne averne più bisogno, ma senza di loro che cosa avrebbe fatto? E Jun? Era una kunoichi ambiziosa e piena di rabbia, un dualismo pericolosissimo. Quando poi, continuando, Jun descrisse il Tiranno, le sembrò di riascoltare i nemici di Kai, coloro che da Kirinaki avevano sempre cercato di scappare, o che avevano provato a combatterla: Tensai, Shinan, lo stesso Jagura a modo suo, e anche quel giovane Senju e la Yamanaka. Quest'ultima più di tutti, poteva comprenderla, perché Kai era stato un seduttore, un illusionista, un burattinaio… già, Mira sapeva perfettamente che cosa le stesse dicendo Jun. Poi quella domanda, curiosa, attesa, che in fondo Mira le avrebbe chiesto a sua volta. L'aveva battuta sul tempo, ma andava bene.
Mira - Beh... Cominciò sorridendo, pensando a come infondo ambisse a qualcosa di ugualmente grande, sebbene totalmente diverso - Io sono una donna di scienza, un medico, una studiosa. Io avrei sfruttato queste risorse per fare di questo paese un centro della cultura, un luogo in cui l'unico peregrinaggio sarebbe da farsi tra informazione e conoscenza, in favore della scienza.
Era la verità, edulcorata il più possibile, senza specificare che avrebbe volentieri fatto saltare qualche testa per raggiungerla. Eppure era sicura che quel paese ne avesse bisogno, di informazione e conoscenza. La domanda successiva di Mira era scontata a quel punto, ma terribilmente attesa:
Mira - E tu, che cosa avresti fatto? E dove vuoi arrivare? Pensò, ma non glielo disse, non era ancora il momento.
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