A Journey in the Dark, Sessione Autogestita

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view post Posted on 8/11/2020, 15:08     +1   -1
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Nukenin
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- Bambino

Sentì una specie di ronzio nella testa, quando prese la sua falce. La raccolse dal cadavere di Siegfried e qualcosa baluginò nella sua testa. Come schegge di vetro. Frammenti sparsi di qualcosa.
Di un quid.
Che non riusciva a dare spiegazioni, né tantomeno capiva cosa fossero. Un attimo solo. Bastò per dargli respiro. Un respiro che tanto mancava. Così profondo e intenso che era come se si fosse salvato da un annegamento.
Si...un annegato. Che ora tornava in superficie e poteva respirare. Faceva male eppure era un male buono. Un male che bruciava perché la vita bruciava sempre. Era splendida è come tale era fuoco. Un fuoco che scorreva nelle vene.
Riprendere la sua falce era rinascere. Era salvarsi dall'affogare. Un oggetto così semplice e antico eppure così importante. Forgiato dal suo cuore. Dal suo sacrificio. Perché la vita lo era. Sacrificio. Sempre.
Ogni uomo sacrificava qualcosa di se stesso in questo viaggio. L'importante era che non andasse perduto. Poteva cambiarci, e il cambiamento non era malvagio era quello che portava all'illuminazione, ma perduto mai. Sacrificare qualcosa per migliorarci era giusto.
Il sacrificio era importante. Tutto si basava su questo. Anche in una vita semplice.
Il sacrificio...un atto di fede. Ecco perché Jashin lo richiedeva. Sacrificare se stessi era l'atto di fede suprema verso un Dio; era dare le spalle al vuoto e lasciarsi andare nella speranza che mani ci sarebbero stati ad attenderci.
La speranza e la fede.

La fede è un intreccio di luce e di tenebra: possiede abbastanza splendore per ammettere, abbastanza oscurità per rifiutare, abbastanza ragioni per obiettare, abbastanza luce per sopportare il buio che c’è in essa, abbastanza speranza per contrastare la disperazione, abbastanza amore per tollerare la sua solitudine e le sue mortificazioni.

Fede e speranza.
Oscurità e luce. Si questo era giusto. L'equilibrio.

- E così ci sei arrivato, bambino mio. Ora porta la fede di Jashin. Falce e sangue in un atto supremo di sacrificio. Perché chi sacrifica se stesso, è più grande di ogni Dio.

La falce rutilò nelle sue mani e ronzio acuto serpeggiò nella terra, finanche nell'aria. La masnada era lì.

- La fede è la forza della vita. Se l’uomo vive, significa che in qualcosa crede. Se non credesse che bisogna vivere per qualche cosa, egli non vivrebbe. Se non vede e non capisce l’illusorietà del finito, egli crede in questo finito; se capisce l’illusorietà del finito, egli deve credere nell’infinito. Senza la fede non si può vivere.

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«Amen!»

Il primo venne abbattuto. Fu una prosecuzione della falce. Come se si fosse allungata. Come se in un momento fossero state tre. A colpire in tre punti differenti. Squarciare, tagliare, spezzare. Perché? Il suo chakra era diverso.
Non riusciva a richiamare il doton e il fuuton. L'antichakra era diverso. Lo sentiva come un maremoto nel petto. Persino le sue percezioni erano diverse. Il secondo lo colpì eppure non lo fece. Il colpo lo attraversò per disperdersi altrove, ma il corpo di quell'orrore...la falce aveva colpito eppure accartocciò quel corpo infame come se si fosse trovato in uno spazio di colpo ristretto.
E poi di nuovo quella sensazione.

- Non pensare. Agisci. Lascia scorrere. Sei Shintou Agiwara, di quello che rimane di Shinta Himura seppelliscilo.

Combattere come se fosse cieco. Come se fosse bambino. Oppure combattere come Shintou. Non ci aveva mai pensato. Il terzo e il quarto furono davanti a lui. Parare e colpire, mentre gli altri giravano attorno pronti a ghermirlo alle spalle. Logica. Due davanti altri tre dietro.
Non c'erano differenti velocità su cui potersi basare. Di solito quando si è due contro uno la velocità è tutto. Anticipare il più veloce, evitando contemporaneamente il più lento. Il problema si poneva quando non erano due. Ma tre. Quattro. Cinque. Una dozzina. Come in quel frangente. Eppure anche allora lo fece senza pensare al colpo. Istinto?
Nemmeno.
Mosse la falce, come in un atto di una semplicità assoluta.
Fu una vera e propria tempesta di tagli fatti puramente di antichakra. All'interno di questa tempesta vorticavano mezzelune – come se fossero falci - che all'impatto esplodevano. Non era lo shinmei ryuu.
Anzi forse lo era. Ma era un modo tutto nuovo. Non era più la tecnica di Shinta che Shintou portò all'inferno e diede ad Jashin.
Quella era la quintessenza della tecnica di Shintou Agiwara. Il modo di combattere e muoversi.
Il modo di sfruttare l'antichakra con tutto quello che poteva fare. Non era più solamente mera potenza, era creare qualcosa. La falce colpì per terra e dietro al suo corpo si aprirono squarci dimensionali. Era l'Inferno.
L'antichakra era l'oscurità. Il mattone con cui costruire questo mondo. E non ne faceva parte allo stesso tempo.
Si aprirono e mille armi rozze furono lanciate in mezzo alla masnada. Esplosioni e squarci mentre Shintou combattè in mezzo a loro.
Più combatteva e più perdeva il controllo sul doton e sul fuuton. Come se l'atichakra li divorasse del tutto.
Quelli stessi squarci esplosero creando una forza d'urto capace di spazzarli via.

- Non devi più pensare come Shinta. Sei ormai il sankaku. E il Sankaku è un qualcosa di così diverso anche da uno Jashinista. Perché fai parte della Legge. Sei con quelli dell'Altra Parte. Combatti come Sankaku. Non come un uomo, non come uno Jashinista. Usa l'Antichakra. Usalo.

Usarlo. Non lo aveva mai fatto del tutto. Paura? Si. Paura. Non capiva. Non lo conosceva eppure aveva sancito un patto di sangue con l'Inferno, e al tempo stesso con i Demiurghi e da allora lo aveva sentito aumentare. Pulsare selvaggio e voglio so di esplodere in tutta la sua potenza.
Aveva paura di quello che si portava dentro, perché...

- Non morirai. Ma se continuerai così ti distruggerà. Solo quando finalmente accetterai il tuo ruolo allora un nuova strada ci sarà.

Non sarebbe morto. Ma non per l'Immortalità ma perché non accettare le sue scelte non avrebbe portato a nulla. Il Sankaku doveva combattere nelle tenebre affinchè il Caos non dilagasse e distruggesse tutto.
Il sankaku era una lama per difendere. E per uccidere. L'antichakra era la sua arma e non usarla significava non avere armi in questa guerra. Essere nudo di fronte al nemico.
Doveva usare tutto questo. Doveva usare il potere dell'Inferno per difendere e uccidere. Morire?
Era già morto. Shinta Himura lo era ormai da molto tempo. Ma forse Shintou Agiwara non aveva ancora del tutto aperto i suoi occhi in questo mondo.
Fede e speranza.
E allora si sarebbe lanciato in quest'oscurità.

- E scoprirai, bambino mio, che non sei solo. Che ci sono io con te.

Credo ut intelligam, intelligo ut credam

Credere. Interrogarsi. Era rimasto sul ciglio di questa storia non gettandosi mai fino in fondo a quest'oscurità. Stava combattendo ma lo aveva fatto un po' come Shintou, un po' come Shinta, come uomo e come Jashinista. Ma rimanendo a pezzi, come schegge dei vetro, non avrebbe mai potuto vincere. Continuare a pensare come uno shinobi non lo avrebbe aiutato.
Doveva elevarsi al di sopra della sua concezione, doveva continuare ad avere fede e speranza. In Jashin.
Lui che non aveva mai creduto negli Dei ora combatteva per essi. Lui che voleva il suo destino in mano ora lo stava dando nelle mani tenebrose di un Dio. Shinta Himura moriva del tutto oggi.
E così doveva essere.
Ma moriva anche un modo di pensare, tra il ferro e il sangue, tra le budella e le urla. Affogato in tutto questo.
In uno stile completamente nuovo. Lo shinmei ryuu non era più quello degli antichi Maestri. Era anche lui diverso.
Uno stile. Una forma. Infinite forme. Così come infinite strade avrebbe intrapreso Shintou in questa sua guerra.
Il Nindo? No. Anche quello ormai fu sepolto. Perché il Nindo serve ad uomo per non essere una zattera in mezzo ad un mare in tempesta, ma per chi poteva attraversarne infiniti il Nindo era solo una zavorra.
L'unica cosa che serviva a Shintou era fare quello che reputava giusto. Nel corso dei secoli o dei millenni. L'unica cosa immutabile era lui.
La sua falce. La sua volontà. Il Nindo non serviva. Faceva parte di Shinta.
Ma lui era Shintou.
Shintou Agiwara. Il sankaku.
Non lo shinobi di Kumo. Non un semplice Jashinista.
Aveva stretto un patto con quelli dell'Altra parte, per essi combatteva, per essi avrebbe dato il sangue. E combattendo proteggeva Shitsuki e la sua famiglia. Uccidendo, avanzando in oceani di sangue e budella, avrebbe permesso ad altri di vivere un esistenza piena. Lontana da disperazione e morte, lontana dall'Orrore che si celava dietro al Velo di nebbia che era questo mondo. Perché vi erano cose che dovevano rimanere celate per tutti.
Ad altri era dato questo compito. A lui spettava questa responsabilità.
E come tale doveva maturare, perché le responsabilità dovevano spingerci a migliorare, non a cambiare, ma ad essere pronti ad affrontarle con mente e cuore liberi. Non schiavi di odio, di amori passati, di disperazione, di false rinunce e di falsi rancori.
Le responsabilità erano gli orizzonti al di là di montagne che scalavamo in questo percorso detto vita.
Quindi ecco che il suo taglio si fece diverso. Ryujin Jakka cantò in altro modo, la sua falce tagliò in un modo diverso.
Abbracciò la sua responsabilità lasciando scorrere l'antichakra senza più frenarlo.
Lasciando che divorasse quello che rimaneva di Shinta perché solo un demone poteva portare a termine questo compito.
Ma senza scordare come fosse giunto a tutto questo. Senza dimenticare la spada che fu rotta. La katana prima della falce, il coprifronte prima del triangolo.
Senza scordare una tomba. Senza scordare l'amore.
Seppellire Shinta e abbracciare Shintou. E insieme a questo tutto quello che aveva trovato in questa sua strada. In questo suo percorso.

- Combattere come Sankaku. Come En-Tarah-Ana Solo così potrai vincere. Ora uccidili, dopo parleremo.

Sentiva Jashin in quella mattanza nella sua testa. Nomi. Cose. Rivelazioni.
Eppure vedeva i suoi nemici e quella forza che come reattore continuava a pulsare nel suo petto.
Questo era l'essenza ultima dell'antichakra: la palingenesi. La distruzione per far vivere qualcos'altro. Distruggere per costruire.
Non il Caos che portava alla stasi e alla tomba, ma quello in perenne mutamento, inquieto che portava tutto alla fine per poter riscrivere un nuovo inizio.
E quindi avrebbe trovato le sue forme in questa storia. Nuove. Non uguali. Ed ora in questa danza avrebbe dato cibo e fede a jashin. Ognuno di quei corpi gettati nel suo abbraccio bastardo.
Un padre. Una madre. Un demone. Un bastardo.
Carneficina assoluta.
Perché tanto bastava al bastardo. Sangue. Suo e quello dei nemici. Che importava? Questo era il suo nutrimento. Di una fede mista al sangue.
Del cilicio e della falce. Ogni Dio aveva il suo cibo. Questo era quello per il bastardo Jashin. E mai cibo fu dolce. Mai sangue fu sparso sulle lame con più gaudio. Perché questi erano i veri nemici. Non vi era giusto o sbagliato. Non vi era un coprifronte o un kage, un ordine o un villaggio.
Questi nemici volevano la distruzione di ogni cosa. Che tutto si spegnesse in un ultimo gorgogliare maledetto. Il rantolo del Mondo.
Ma vi erano Higanbana e Ryujin Jakka a tagliare questa convinzione. Questa volontà. Con quella dei Demiurghi e della Legge dell'Equilibrio.
Firmato con il sacrificio e l'antichakra ora libero di essere.




CITAZIONE
Il resto sarà sviscerato nella libera che ho aperto.
Qui c'è solo l'accenno al cambio di abilità, di tecniche che appena finirò la S, Shintou effettuerà. Così già mi allineo con la fury mode.
 
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view post Posted on 14/11/2020, 02:05     +1   -1
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Mhh... mhhhh..

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Ottimo lavoro.

Exp 100
 
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