Missione S - Kirai., Per Astaroth

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view post Posted on 7/11/2020, 21:20     +1   -1
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Una missione S dovrebbe avere un inizio grandioso, qualcosa che faccia venire la pelle d'oca al lettore e che magari non dipenda strettamente da errori di battitura commessi dallo scrittore. Lo pensavo davvero e lo penso tutt'ora. Il problema con gli incipit è che, se sei una persona come me che non conosce i personaggi degli altri, non puoi sapere dove sono, quando sono, come sono e via discorrendo. Di conseguenza potrei scrivere che il mondo era sull'orlo della rovina, che i vulcani stavano eruttando, le valli spezzando, i fiumi prosciugando. Che gli dei erano scesi sulla terra per combattere una battaglia atta a stabilire le nuove gerarchie, che gli alieni ci stavano invadendo con astronavi e forma di dildo gigante. Potrei farlo e sono anche tentato di farlo, ma per questa volta non lo farò, quindi mi limiterò a ripetere quello che ripeto ad ogni inizio di missione.

Benvenuto, non so una ceppa del tuo personaggio, quindi presentamelo come più ti piace. Conosci le indicazioni temporali che ci siamo dati, quindi ti invito anche a scegliere una data che possa andare in concomitanza con gli impegni da Fuyuki, o Kirai, portati avanti. Sei libero, puoi essere ovunque e da nessuna parte, basta che tu sia solo e che a fine post tu svenga, per il resto divertiti.


 
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view post Posted on 8/11/2020, 12:22     +1   -1
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Utsunomiya, Tetsu no Kuni.
13 Luglio 251, ore 22:58.

Fuori dalla locanda, la tempesta continuava ad imperversare. Mentre la pioggia tamburellava sulla finestra, Namida faceva lo stesso con le dita, picchiettandole ritmicamente sulla scrivania della sua camera. Tentò di osservare oltre il vetro appannato e umido, ma non riuscì a scorgere nulla al di fuori di alcuni clienti che si allontanavano, per fare ritorno alle proprie dimore prima che il temporale si facesse più opprimente. Dopo qualche secondo, però, eccola. La chioma vermiglia di Kimura Akio, appena visibile al di sotto del cappuccio che la proteggeva dal vento e dalla pioggia. Una ragazza di appena vent'anni, tanto bella quanto tormentata dalle catene a cui era sempre stata relegata. A soli quindici anni, era stata affidata in sposa ad uno dei più rinomati samurai della cittadina di Utsunomiya, località dimenticata tra le gelide catene montuose del Paese del Ferro. Hayashi Kanjiro, un uomo di quarantasei anni che, dalla vita, aveva ricevuto tutto ciò a cui una persona potesse ambire: denaro, una posizione di prestigio ed una moglie affascinante e devota. Un samurai degno di tale nome, almeno di fronte all'opinione pubblica... perché dopotutto, ciò che Akio gli aveva raccontato, prima di finire sotto le sue coperte, era ben diverso da quel riflesso costruito e consegnato alla società, spoglio di vizi e segreti. Lui l'aveva sempre trattata con disprezzo, mentre lei, non potendo far altro che sottomettersi, aveva accettato mestamente, per anni, tutto ciò che lui le aveva riservato. Adulterio, insulti, percosse. Consolata dal carisma di Fuyuki e dal tepore del suo corpo, la giovane Akio aveva dimenticato, anche se solo per qualche ora, interi anni di soprusi e sofferenza. Tuttavia, vedendola lì, sotto la pioggia, pronta a rincasare da un marito che non la meritava, il Jonin non provò né angoscia, né tristezza o compassione. Allungò la mano verso l'estremità della scrivania, là dove la fanciulla aveva lasciato un paio delle mutandine che lui le aveva strappato di dosso. Si concesse un dolce sorso di shochu, prima di affondare il volto nella stoffa ed inebriarsi dell'odore di fluidi vaginali che la impregnavano. Poi, si accese una sigaretta, con una smorfia compiaciuta, quasi perfida, disegnata in volto.
- Sayonara, Kimura Akio.

Una volta tornata a casa, la giovane avrebbe impiegato un paio di minuti, giusto il tempo necessario per raggiungere la camera da letto, prima di trovare il cadavere di suo marito. Disteso su lenzuola canute, insozzate dal cremisi del sangue che era fuoriuscito copioso dalla gola recisa fino a lacerare le carotidi. Una fine rapida, silenziosa, un sipario forse un po' troppo banale per un uomo prestigioso come Kanjiro. Qualcuno che avrebbe ancora potuto vivere a lungo, se solo non si fosse intestardito nel mettersi sulle tracce del suo discepolo prediletto. Tanaka Mitsuo, un ragazzo di appena diciotto anni, nonché uno dei più promettenti giovani samurai del dojo Hayashi. L'anno precedente, durante uno dei suoi viaggi, Fuyuki lo aveva incontrato e, comprendendone il potenziale e scorgendo un'ardente ambizione nel suo cuore, lo aveva manipolato affinché abbandonasse il dojo e il suo maestro, per unirsi al progetto di Yūgure e raggiungere quindi Yurei, nel confinante Paese del Cielo. Accecato dal suo ego, Kanjiro non aveva mai cessato di cercarlo. Per mesi aveva atteso di trovare delle tracce e l'occasione gli si era presentata quando, sentendo dei moti rivoluzionari e delle sanguinose dinamiche che si stavano consumando a Sora no Kuni, aveva udito parlare di un giovane, senza un occhio, che aveva dimostrato una letale maestria con la spada. Il Guercio, così Mitsuo veniva adesso conosciuto tra le fila della vecchia Resistenza, là dove marcivano i servi più devoti di quel verme di Masao Ryuzaki, il nuovo daimyo del Cielo. Ad ogni modo, preoccupato per la possibile interferenza del maestro, quel ragazzo aveva accennato il suo disagio proprio a Namida - o meglio, Kirai - il suo superiore... e così, quest'ultimo, non aveva esitato un solo istante a togliere di mezzo la minaccia. Durante gli anni trascorsi ad indossare il mantello delle nuvole rosse, del resto, aveva già eseguito incarichi del genere, non molto diversi poi dagli omicidi che aveva collezionato in veste di ANBU di Konoha. Quello di Hayashi Kanjiro, non era altro che il penultimo nome in fondo ad una lista pressoché interminabile di persone che Fuyuki aveva assassinato, per conto di altri o per i suoi scopi personali.
Già, il penultimo.
Ad attendere Akio in quella camera, oltre al corpo esanime del marito, vi era anche un bunshin del Jonin. Appostato lì già da prima che la fanciulla, per l'ennesima volta durante quei giorni, avesse aperto le gambe per lui, quella sera. Sarebbe morta anche lei, dunque, per il crimine di essere la sposa di un uomo curioso e per quello di essersi invaghita, senza nemmeno saperlo, di un giovane che era giunto lì, tra quelle rigide montagne, per assassinare Kanjiro, senza lasciare in vita eventuali testimoni. Con aria rilassata, lo shinobi portò ancora alla bocca la sigaretta, aspirandone un tiro piuttosto lungo. Non c'era da preoccuparsi, in fin dei conti. Quando le autorità locali avrebbero trovato i loro cadaveri, qualche giorno più tardi, lui sarebbe stato distante decine di miglia da quella triste e noiosa cittadina. A guastare la serata, però, c'era il solito problema.

"Fottuto mal di testa."
Odiava quella condizione, ma ciò che detestava ancora di più era il non potere farci niente, se non sopportare la cosa. Ne soffriva da più di un anno ormai, ma nelle ultime settimane la frequenza degli episodi di cefalea era aumentata in maniera preoccupante, così come il dolore. Una sofferenza che, quella sera, nemmeno l'alcol pareva essere in grado di quietare.
Quando tuttavia provò ad avvicinare di nuovo il bicchiere alla bocca, la presa si fece meno salda e questo cadde rovinosamente sul pavimento in legno, frantumandosi e lasciando che il prelibato distillato si disperdesse in una pozza viscida e trasparente. Colto da un malore improvviso, Namida scivolò dalla sedia e nel giro di alcuni istanti si ritrovò carponi, per terra, intento a vomitare prima tutto ciò che aveva bevuto, poi saliva e succhi gastrici. Il mal di testa si intensificò, divenendo talmente pungente da distrarlo dall'olezzo del suo alito e dal bruciore all'esofago. Completamente inerme, in balia del malessere, non riuscì a far altro che stringere i pugni con vigore. Ben presto, però, le forze vennero meno e la stretta si allentò, finché le dita non furono completamente distese sul pavimento. Intorno a lui, la camera vorticava in maniera vertiginosamente, in un crescendo che lo portò infine a perdere i sensi ed accasciarsi al suolo. L'ultima cosa che riuscì a percepire, prima di piombare nel buio, fu la schifosa sensazione di percepire il proprio volto a contatto con quel putrido miscuglio, creato dall'unione del liquore e del suo stesso vomito.

 
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view post Posted on 10/11/2020, 22:51     +1   -1
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Utsunomiya, Tetsu no Kuni. 14 Luglio 251. Ore 11.


Il sole ormai era alto nel cielo da parecchio mentre il Pg dai troppi nomi ancora dormiva nel suo comodo letto, si fa per dire comodo. Ma aspettate un secondo, letto? Esattamente, per qualche strana ragione la sua faccia non era più immersa nel vomito, che fortuna, anche perché di robe così schifose se ne vedono poche. Ma come c'era finito nel letto? Beh, lo scoprirete praticamente subito, visto che stiamo per introdurre il "cambiatore di posizione". Quando Kirai aprì gli occhi ci mise un poco ad abituarsi alla luce che ormai filtrava dalla finestra, qualche granello di polvere svolazzava mentre le lame luminose andavano ad impattare sul pavimento perfettamente pulito. C'era qualcosa di strano in Fuyuki, una mancanza. Quel fottuto mal di testa, se vogliamo citare il post precedente, non lo stava assillando, almeno non in quel momento. Sembrava quasi che fosse tornato l'uomo di un tempo, in forma ed in controllo del suo chakra. Non era però solo quello ad essere strano. Sarebbe bastato alzare lo sguardo per vedere una figura seduta comodamente affianco al tavolo della stanza.
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Lo osservava impassibile, quasi stesse dormendo ad occhi aperti o fosse completamente assorto nei propri pensieri. Nel farlo si lisciava la barba con la destrorsa, mentre il suo sguardo trapassava la figura del giovane che ormai, probabilmente, si stava chiedendo chi diavolo fosse quel vecchio. Difficile dire quanti anni avesse, come anche la sua provenienza, infatti i suoi lineamenti non erano proprio simili a quelli delle persone che abitavano nel continente ninja. La sua carnagione era chiara, pulita, anche se non mi azzarderei a definirla curata. Il suo volto era solcato da un numero indefinito di rughe, probabilmente d'espressione e derivanti dall'età. Un particolare che alcuni avrebbero potuto trovare fastidioso erano quelle sopracciglia lunghe, che giungevano alle guance solleticandogliele alle volte, anche se ormai ci aveva fatto l'abitudine. Nessuna traccia di capelli se non per quella strana coda. Un occhio attento avrebbe potuto notare che le mani non erano quelle di una persona che aveva vissuto nel lusso per tutta la vita, anzi. Segnate dal lavoro e, probabilmente, da qualche combattimento. Il suo abbigliamento era quanto di più monastico si potesse trovare. Indossava un Samue di colore grigio e rifinito di bianco, attorno alla vita una fascia arancione che gli passava anche sulla spalla destra. Ai piedi dei comuni sandali con calze bianche.

Poi un lampo attraversò i suoi occhi, come se finalmente fosse tornato a vedere quello che aveva davanti al viso e non quello che la mente gli suggeriva.
- Oh, finalmente ti sei svegliato, iniziavo a preoccuparmi. - Disse poi alzandosi, facendo leva con entrambe le braccia ossute sulle rispettive ginocchia. - Penso di non aver ancora finito con te, ma sfortunatamente devo andare adesso. - Non si presentò nemmeno, mentre la sua voce cordiale ma vissuta scandiva perfettamente ogni parola. Si mise la mano nel vestito estraendo una maschera da Tengu, se la rigirò tra le dita osservandone le rifiniture in legno. Era rossa come il sangue, con spessi baffi e ciglia nere, con un grosso naso a coronare il tutto. - Dovresti metterla, dopotutto stanno per arrivare. - Quindi gliela lanciò dolcemente, mentre al sua bocca continuava a proferire parola. - Io ora devo andare, ma noi ci vedremo domani. Fai attenzione, mi raccomando. - Quindi, per una frazione di secondo, la maschera si frappose tra la figura del monaco e la visuale di Kirai. Un momento infinitesimale, ma quando il suo campo visivo tornò libero, la figura del monaco era già svanita.

Ora la risposta alle vostre domande. Chi stava per arrivare? Dovete sapere che la poverina assassinata dal nostro eroe la sera prima aveva un follower molto accanito tra le mura del palazzo. Un umile servo, nulla di più, completamente invaghito della sua signora. Ovviamente non si era mai fatto avanti con lei, sia per rispetto che per paura di vedere la propria testa staccarsi dal collo, ma la seguiva in ogni momento libero. Quella notte non aveva fatto eccezione. L'aveva vista insieme ad uno sconosciuto, un uomo il cui volto non era riuscito a scorgere ma del quale aveva colto il numero di stanza. La notizia della morte della sua amata lo aveva spinto a confessare il tutto alle guardie del palazzo, dei Samurai appunto, che stavano per arrivare alla porte del ninja. Precisamente tra tre... due... uno...
- Nel nome di Hayashi Kanjiro ti dichiaro in arresto! - La porta fu sfondata di netto, povero locandiere, quella mattina non prometteva bene per lui.
 
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view post Posted on 11/11/2020, 16:16     +1   -1
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Per una volta, risvegliarsi fu meno traumatico del previsto. Aveva dimenticato l'ultima volta in cui, anche solo aprendo gli occhi, non aveva avvertito quella fastidiosa e opprimente fitta alla testa. Per questo, fu a dir poco sorpreso quando, ritrovando la posizione seduta sul bordo del letto, non avvertì alcun tipo di problema. Si stropicciò gli occhi, assonnato, prima di riempire i polmoni e rilassarsi, lasciandosi andare ad un lungo e rumoroso sbadiglio. Solo quando la vista si fece meno appannata, riuscì a rendersi conto di non essere l'unico all'interno della stanza. Fu aggrottando il sopracciglio sinistro, che posò il suo sguardo sull'uomo che aveva di fronte. Se ne stava lì seduto, ammantato nel suo abbigliamento monastico, ignaro del fatto che il più giovane lo stesse letteralmente squadrando, da testa a piedi. Era pressoché certo del fatto che quel vecchio non si trovasse lì per assassinarlo, del resto avrebbe potuto approfittarne prima. No, era più plausibile invece che quel tipo - per chissà quale cazzo di ragione - avesse deciso di aiutarlo a superare la notte e che il motivo della sua forma perfetta fosse proprio da ricercare nel suo intervento. Certo, l'intera situazione gli appariva del tutto priva di senso, ma quantomeno poteva evitare di mantenere i muscoli tesi e i riflessi pronti, come una preda che teme di essere azzannata da un momento all'altro.
"Sai che morte di merda, essere ucciso da un vecchio con le sopracciglia più lunghe del cazzo." rimuginò tra se, lasciando che la sua guancia trovasse sostegno sul palmo aperto della mano sinistra, coperta da delle bende che si estendevano fino alla spalla. Quando il monaco ebbe finalmente ristabilito il contatto con la realtà, in tutta risposta Fuyuki alzò la mano destra con una certa noia, in segno di saluto. Inaspettatamente, però, il vecchio si mise subito in piedi, iniziando a farfugliare qualcosa di incomprensibile circa il fatto che non avesse ancora finito con lui. Parole che, chiaramente, diedero conferma ai suoi principali sospetti, ma che lasciavano altrettanto spazio ad una domanda cruciale: cosa cazzo voleva da lui? Non ebbe nemmeno il tempo di chiederglielo, purtroppo. Ammantato da un tono affabile, l'uomo si congedò con poche parole che non fecero altro che confonderlo ulteriormente. Fu allora che il volto di Namida si coprì di un nervosismo pungente.
- Aspetta un momento... - fece lui per interromperlo, prima che lo sguardo calasse sulla strana maschera da Tengu che il monaco gli aveva lanciato. Tutto ciò aveva dell'assurdo, ma quando il giovane provò a rialzare gli occhi, non vi era più traccia del suo misterioso interlocutore - ... Jiji.

Ed eccolo di nuovo solo, in compagnia dei suoi dubbi e del caos che stava per abbattersi su di lui. Intuendo il monito del vecchio, ebbe solo il tempo di attivare il Byakugan, prima di individuare la presenza di cinque samurai, armati fino ai denti, fuori dalla sua porta. L'unica cosa che riuscì a domandarsi, prima di iniziare ad imprecare contro ogni divinità a lui nota, fu come cazzo avessero fatto quei bastardi a trovare i cadaveri dei coniugi Hayashi ed arrivare a lui, in così poco tempo. Qualcuno doveva aver seguito i suoi movimenti, o magari averlo visto in compagnia della bella Akio, la sera prima. In ogni caso, il Jonin era perfettamente consapevole di non avere tempo a sufficienza per formulare qualcosa in più di banali congetture. In fretta e furia, raccolse il suo equipaggiamento, preparandosi a tagliare la corda. Quando i samurai ebbero fatto irruzione, abbattendo la grande porta in legno che separava la stanza dal corridoio, trovarono il colpevole ancora intento ad allacciarsi la cintura ed ad unire i bottoni dei pantaloni. Sopra la sciarpa nera e logora ricevuta da sua moglie, faceva capolino la maschera cremisi da Tengu. Più in basso, invece, le autorità avrebbero sicuramente notato come il piede destro, privo del sandalo, fosse più simile ad un mucchio di ossa spogliate da muscoli e pelle. Un quadretto piuttosto grottesco, sicuramente.
- Fottuti figli di puttana. - ringhiò con ferocia, lasciando che ogni effe suonasse assai simile al soffio di un felino irritato. Continuò imperterrito nel tentativo di tirarsi su le braghe, una scena assai ridicola, specie se portata avanti da un uomo che si nascondeva dietro quelle spesse sopracciglia nere e quel naso ancora più lungo di quelle di Jiji - Non vi avrei chiesto molto. Quantomeno, di poter fare colazione in pace.
Per un istante, riuscì a scorgere il suo riflesso sul filo della katana di uno dei samurai. Vedersi in quello stato gli sembrò divertente, tanto quanto patetico. Ad ogni modo, dato che essere arrestato, processato e giustiziato non rientrava nei suoi piani per la giornata, una volta pronto lo shinobi si decise a fare la sua mossa. Dopo aver infilato la mano nel borsello ed averne tirato fuori uno dei suoi kunai a tre punte, impregnati del suo sangue ormai secco e del sigillo dell'Hiraishin, lo avrebbe intriso del suo chakra, prima di lanciarlo contro il vetro della finestra. Sarebbe bastato un sibilo e il rumore di cocci infranti, prima che il suo Jutsu si attivasse e la sua figura scomparisse da lì, per poi materializzarsi sul tetto dell'abitazione che si affacciava alla locanda, là dove il dardo si sarebbe conficcato. A quel punto, il suo piano sarebbe stato abbastanza semplice. Prima di tutto, avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere per abbandonare Utsunomiya nel giro di pochi istanti, così da potersi liberare dell'ingombrante presenza dei cagnolini di Hayashi Kanjiro. In seguito, una volta placate le acque, avrebbe sfruttato il suo Doujutsu per mettersi sulle tracce di Jiji.
Con tutto ciò che sentiva di dovergli chiedere, aspettare fino al giorno seguente non gli sembrava un'opzione accettabile.

 
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view post Posted on 13/11/2020, 22:13     +1   -1
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La scenetta fu alquanto divertente, diciamo che non mi aspettavo che un personaggio rodato come Kirai fosse, effettivamente, così scemo. Soprattutto non dopo tutto quel tempo che Melo ha passato a sfottermi per Eiji. Beh, adesso potrò fieramente andare in giro ricordando a tutti che Fuyuki non riesce nemmeno ad allacciarsi i pantaloni nonostante sia un Jonin-s. Povero continente ninja. Fortunatamente per il poveretto, le guardie non erano propriamente preparate ad una strategia del genere, diciamo che puntavano maggiormente sulla resa del loro obiettivo. Quindi, quando lo stesso sparì dal loro campo visivo per poi materializzarsi nuovamente sul tetto vicino, la maggior parte di loro rimase letteralmente a bocca aperta. Ovviamente si lanciarono all'inseguimento, ma la strada da fare era fin troppa per riuscire a stare dietro a quel tizio con la gamba estremamente edgy. In buona sostanza riuscì a seminarli, liberandosi della loro costante presenza dopo neanche molto tempo.

Sfortunatamente per lui, non tutti gli avversari con cui aveva a che fare erano così scemi e sprovveduti. Pensare di farla franca senza nemmeno uno scontro era inverosimile.
- Finalmente ti ho raggiunto, maledetto. Le tue azioni parlano per te. Tengu, hai ucciso il mio signore, colui che ho giurato di proteggere a rischio della mia stessa vita. Non so come tu sia riuscito a passare oltre la nostra sorveglianza, ma non passerai sicuramente oltre me, non più. Morirai per mano di Hayate Ito. - Colui che stava parlando altri non era che la guardia personale del signore ucciso dal nostro protagonista. Nemmeno lui sapeva come avesse fatto a farsi sfuggire quell'assassinio, ma il suo onore era intaccato. Aveva fallito e l'unico modo di porvi rimedio era vendicare il suo signore, anche se questo certamente non l'avrebbe riportato indietro. Pianificava, infatti, di ritirarsi a vita solitaria vista l'onta, ma non prima di aver preso la vita del nostro Tengu. Indossava un'armatura classica da samurai, color mattone, con sul petto lo stemma del clan bianco. I capelli erano assenti, del tutto questa volta. Si era tagliato il classico codino da samurai nel momento in cui aveva trovato il suo signore morto. Al fianco sinistro una lama in un fodero verde scuro, con sopra inciso un dragone dorato. Senza dire più una parola scattò celermente verso Fuyuki, estraendo la lama e puntando al suo collo.
 
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Per un momento, si convinse davvero di averla fatta franca. Con quello stratagemma, sembrava che avesse seminato tutti i suoi inseguitori, ma la verità era diversa. Con la coda dell'occhio riuscì a scorgere un uomo alle sue spalle e per questo, quando la distanza tra loro si fu fatta breve, non poté far altro che arrestare la corsa e voltarsi, giusto in tempo per incontrare gli occhi color nocciola del suo nemico, i quali erano in perfetta sintonia con la colorazione rustica della sua armatura. Non c'era alcun dubbio, si trattava di uno dei samurai che, pochi minuti prima, avevano fatto irruzione nella sua camera per arrestarlo e consegnarlo al sistema giudiziario di Utsunomiya. Immediatamente, dietro la maschera da Tengu fece capolino una smorfia colma di collera, ma al tempo stesso di frustrazione. Le parole di Hayate Ito, questo il nome del folle che osava reclamare la sua testa, non lasciavano spazio ad alcun tipo di fraintendimento, così come i simboli dei suoi indumenti, i quali mostravano un evidente affiliazione con il dojo Hayashi. Il suo scopo era quello di vendicare la morte del suo signore, anche a costo di rimetterci la pelle a sua volta. Un concetto di onore forte, saldo, qualcosa che Namida però aveva già imparato a disprezzare con tutte le sue forze. La testardaggine di quel soldato non era poi diversa da quella dimostrata da Orha Duren in punto di morte, quando - pur di mantenere intatta la sua dignità - aveva rifiutato la mano del Jonin straniero, rinunciando alla sua salvezza e a quella del popolo di Yason Mori per soccombere a testa alta. Per un ninja come Fuyuki, un uomo che ormai da tempo aveva abbandonato il suo onore per inseguire i suoi obiettivi personali e garantire la protezione della sua famiglia e della sua gente, la verità era però del tutto differente.
- Non vi è onore nella morte, Hayate Ito. La morte è solo morte. - ringhiò a denti stretti, mentre lentamente la mano sinistra scivolava sul fianco, pronta ad impugnare il rotolo che custodiva le sue preziose armi. Era chiaro che, giunti a quel punto, lo scontro fosse inevitabile. Da quando il Cataclisma si era abbattuto sul loro mondo, a differenza di molti altri, era riuscito a sopravvivere, ma il suo controllo del chakra era mutato radicalmente e, di pari passo, anche il suo modo di combattere. Forse un paio d'anni addietro, in quella stessa situazione, avrebbe tentato un approccio differente. Probabilmente, avrebbe usato altre carte per tenere occupato l'avversario e continuare nella sua fuga. In quel momento, però, era perfettamente consapevole di non poter fare altro per allontanarsi dalla contagiosa idiozia di Hayate. Tale idea si concretizzò nell'esatto momento in cui il samurai sguainò la sua lama e, senza paura, si lanciò contro l'uomo che aveva assassinato il suo signore. Fu allora che Fuyuki congiunse le mani, lasciando che una coltre di fumo bianco inghiottisse lui e il suo contendente. In un istante, aveva creato una perfetta copia di se stesso e, approfittando della copertura, si era allontanato giusto in tempo per nascondersi dalla vista del suo avversario. Quest'ultimo, non appena il fumo si fosse diradato, mentre il rumore del ferro che cozzava con altro metallo si espandeva tra i tetti della città, avrebbe visto lo straniero in piedi, senza nemmeno un graffio. Una barriera di shuriken vorticanti si era frapposta fra lui e la katana, lasciando che la sua punta si incastonasse perfettamente in quella fitta rete d'acciaio. Nel frattempo, approfittando del frastuono, il vero Namida aveva lanciato uno dei suoi kunai sul tetto in cui si trovava Ito, a circa cinque metri alle sue spalle - Sei un idiota, samurai. Il fatto che il tuo signore sia morto non ti costringe ad attendere lo stesso destino. Puoi ancora arrenderti ed avere salva la tua misera vita. Abbandona il tuo stupido onore ed abbraccia un nuovo destino.

Era il clone a parlare, usando parole forti e pesanti. Certo, Namida era tutto fuorché uno stolto ed era consapevole che nulla, nemmeno l'evidenza, avrebbe convinto Hayate a rinnegare il suo nindo e a tornare indietro sui suoi passi. Tuttavia, il suo intento era indubbiamente più subdolo. Il suo discorso altro non era che una mera provocazione, il meschino tentativo di far aumentare la sua collera e, di pari passo, far calare la sua attenzione. Affinché la sua strategia si rivelasse efficace, il soldato del Ferro non doveva avere il tempo di accorgersi di quel trucco. Proprio per questo motivo, incalzando ancor di più il ritmo forsennato della lotta, il bunshin compose un paio di sigilli. In un attimo, gli stessi shuriken che componevano la rete cominciarono a vorticare con più vigore. Si alzarono prima in alto, per poi abbattersi come una pioggia d'acciaio contro la povera vittima. L'obiettivo era far sì che il samurai indietreggiasse, ignaro, in direzione del kunai a tre punte. Pertanto, lo step successivo del bunshin sarebbe stato quello di comporre un terzo sigillo, così che i dardi si moltiplicassero a dismisura e mettessero l'avversario alle strette, così da costringerlo a cadere nella trappola orchestrata da Fuyuki. Se tutto fosse andato come previsto, infatti, quest'ultimo avrebbe atteso il momento giusto per attivare l'Hiraishin. Con la sua katana nera sguainata, si sarebbe materializzato alle spalle della sua preda, pronto affinché i riflessi cremisi della sua spada si insozzassero del sangue di quello stolto. Sarebbe bastato un unico fendente, netto e preciso, poco sopra i punti d'allaccio dell'armatura del samurai, per far sì che la sua testa venisse separata dal resto del corpo e rotolasse lungo le tegole di quel tetto.
Astuzia, pazienza e tempismo. Il Cataclisma lo aveva trasformato certo, rendendolo solo una pallida ombra del formidabile guerriero che aveva annientato Yason Mori... ma quelle caratteristiche, quella ferrea determinazione, non sarebbero state annientate nemmeno dalla misteriosa piaga che stava tormentando il Continente.
"Solo un paio di passi, Hayate Ito. Fai il bravo... e vedi di morire in fretta ed in silenzio. I tuoi discorsi mi hanno annoiato."

 
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view post Posted on 18/11/2020, 00:27     +1   -1
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Le tue parole ti tradiscono. Solo un vile assassino come te non riuscirebbe a cogliere ciò che mi muove. Sei feccia e che tu vinca o perda questo scontro, veccia resterai. - Disse con una tranquillità quasi strabiliante. Non aveva nulla da perdere dopotutto, aveva già perso ciò che aveva giurato di proteggere, quindi il suo destino era completamente ed inesorabilmente segnato. La trappola non solo era ben orchestrata, ma era anche incredibilmente scenografica. Le movenze del Jonin riuscirono a passare inosservate dal Samurai, che si ritrovò a combattere contro una merca copia del suo effettivo obiettivo. L'affondo venne bloccato da un muro di acciaio e lame, ma il tutto non sembrò sorprendere molto il vecchio. Per quanto non fosse propriamente avvezzo alle arti ninja, aveva combattuto contro differenti esponenti di quello stile ed era sempre tornato indietro per raccontarlo. No, non si poteva parlare di fortuna in questo caso, ma presto scoprirete il motivo. Dalla difesa Kirai passò alla controffensiva. Hayate iniziò a muoversi in maniera leggera e veloce, arrivando a schivare la maggior parte degli shuriken, quelli che non evitava impattavano contro la sua lama. I suoi occhi si muovevano ad una velocità impressionante, era come se effettivamente riuscisse a vedere ogni singolo colpo, quasi fossero a rallentatore. Per questo vide anche il kunai a tre punte lanciato chiaramente fuori bersaglio. Non poteva sapere cosa la controparte stesse architettando, ma decise di indietreggiare, poco a poco, verso quella strana arma, mentre la sua lama continuava a intercettare metallo.

Fu proprio raggiunse la posizione identificata da Namida come perfetta, che qualcosa cambiò. La lama venne impugnata con entrambe le mani, con la punta rivolta verso destra e portata all'altezza degli occhi. Il filo improvvisamente si accese di una strana luce blu e l'uomo compì una rotazione di 180° sul posto, liberando attorno a sé una forte energia. L'onda d'urto spazzò via tutti gli shuriken rimasti, oltre che far scomparire in una nuvola di fumo il clone del jonin. I due si ritrovarono spada contro spada, l'affondo di Namida non aveva sortito l'effetto sperato. Gli occhi di Hayate erano severi, marziali, ma allo tesso tempo freddi e distanti. Per questo non aveva risposto alle provocazioni di Fuyuki, semplicemente non c'era nulla che lui potesse "provocare". La vendetta era voluta dai dettami, dall'onore, se non fosse stato per quello Kirai non sarebbe stato altro che un verme sul suo cammino. Senza dire una parola, distaccò la sua lama da quella del bersaglio, roteando nuovamente su se stesso, mentre si spostava intorno alla figura dello stesso. Era come se danzasse con una lama stretta in pugno. Si ritrovò, quasi senza che Fuyuki se ne accorgesse, dietro la schiena del Jonin, pronto a lacerarla con un fendente trasversale.

 
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C'era da aspettarselo. Hayate aveva già dato prova di essere un perfetto idiota, un invasato, come l'avrebbe meglio definito Kirai. Tuttavia, far sì che invertisse la rotta e tornasse indietro sui suoi passi non rientrava tra i suoi piani. Con scrupolo ed attenzione, il Jonin seguì le movenze del suo nemico durante il suo tentativo di scampare alla pioggia di shuriken e, quando fu finalmente in posizione, attivò l'Hiraishin. Una volta trovatosi alle sue spalle, tuttavia, si rese immediatamente conto di non trovarsi di fronte ad uno sprovveduto. Pur trattandosi di un samurai, quel bastardo sembrava essere piuttosto abile nel manipolare il chakra e far sì che la sua katana ne ricevesse il dovuto beneficio. Con un movimento rapido, aveva dato vita ad un'onda d'urto che aveva spazzato via i dardi e il bunshin, lasciando che sia quest'ultimo che le armi sparissero in una coltre di fumo biancastro. In un attimo, poi, frappose la sua mannaia tra sé e la lama di Namida. Lo stridio del ferro che cozzava risuonò tra i tetti, mentre una manciata di scintille alimentava la foga con la quale i due contendenti, anche se per motivi diversi, stavano cercando di avere la meglio l'uno sull'altro. Ad un palmo dal naso dal suo avversario, Fuyuki poté specchiarsi nelle iridi ferme e gelide di quel figlio di puttana. In esse, riuscì solo a scorgere il riflesso pallido della sua maschera da Tengu, sotto la quale rimaneva celata una smorfia impregnata di frustrazione. Con i denti stretti, continuò a tenere la presa salda sull'elsa della sua katana, ma per sua sfortuna non aveva la benché minima idea di ciò l'avrebbe atteso da lì a breve. Fu questione di un istante, prima che una fitta alla testa lo cogliesse del tutto impreparato. Eccolo ancora, il fastidioso e tormentato dolore che continuava a perseguitarlo. Come un cancro, dalla fronte si diffuse verso l'occhio destro, finché questo non prese a bruciare in maniera intensa, insopportabile, quasi come se metà del suo volto stesse letteralmente andando a fuoco. Tanto bastò perché la presa si facesse meno convinta e le gambe cedessero, anche solo per un istante, quanto bastava al samurai per passare al contrattacco. Tutto accadde in fretta e, purtroppo, lo shinobi riuscì a ritrovare il controllo del suo corpo troppo tardi, solo quando il nemico si era già spostato alle sue spalle ad una velocità disarmante. Non avendo abbastanza tempo per comporre sigilli, istintivamente il ragazzo provò a scartare lo sgualembro. Nel farlo, riuscì sì ad evitare il peggio, ma la lama di Hayate fu comunque abbastanza rapida da aprire un piccolo squarcio sul suo braccio sinistro. Una volta fuori dal raggio della lama del samurai, Kirai si allontanò di qualche metro con una capriola, così da evitare di rimanere sotto tiro. Una volta lontano, di nuovo faccia a faccia con quel verme calvo, passò la mano destra sulla ferita. Non era profonda e non era dolente - non quanto l'occhio, perlomeno - ma gli bastò osservare i polpastrelli impregnati di cremisi, per rendersi conto della più banale delle ovvietà.
"Non posso continuare, non così. Se non mi tolgo dal cazzo, rischio di rimanerci secco."

Già, non aveva alcun dubbio. E non perché Hayate Ito fosse un nemico irresistibile, anzi. In una situazione diversa, avrebbe potuto ricorrere ai suoi Jutsu migliori per toglierlo di mezzo, ma sfortunatamente non poteva rischiare un simile azzardo. Era pressoché certo che anche gli altri tirapiedi di Hayashi Kanjiro fossero sulle sue tracce; no, non poteva correre il rischio di attirare la loro attenzione, né permettersi il lusso di restare ad affrontare quel pezzo di merda ancora a lungo, dato che era solo questione di tempo prima che i rinforzi giungessero in suo soccorso... e a quel punto sì, difficilmente ne sarebbe venuto fuori vivo. Come se ciò non fosse già sufficiente, c'era un problema ancora più pressante. In quei casi, di solito, amava ritrovare la calma e la concentrazione concedendosi una sigaretta. Con quella maschera del cazzo però, si trovava costretto a rinunciare a quel maledetto vizio. Insomma, la permanenza ad Utsunomiya si era rivelata una vera e propria merda, fatto salvo per il sesso della sera precedente.
"Che si fottano tutti. Kanjiro, la sua puttana, i suoi cani e persino questa città di merda. Ne ho pieni i coglioni, della vostra stupidità." pensò irritato e a denti stretti, mentre univa le mani per la seconda volta per creare un nuovo clone. Questa volta, quest'ultimo non apparve accanto a lui, ma alle sue spalle e, quando il fumo si fu diradato, Hayate lo avrebbe visto allontanarsi lungo i tetti, muovendosi sopra di essi a grandi falcate e saltando in fretta da uno all'altro. Il vero Fuyuki rimase lì, in piedi, con la lama nera sguainata e stretta saldamente con entrambe le mani. Una cosa curiosa, probabilmente, agli occhi del samurai. A giudicare dalla ferita, non avrebbe avuto alcun dubbio che si trattasse dell'originale e non di un bunshin, ma allora perché far sì che fosse proprio quest'ultimo a fuggire? Ad ogni modo, Kirai non gli avrebbe dato il tempo di pensarci più di tanto. Come un felino, scattò e si abbatté contro di lui con foga e determinazione. Un magnifico scontro all'arma bianca, una lotta senza pari per dimostrare chi, tra di loro, fosse più abile nel dominare il ferro delle loro katane. Tra fendenti, affondi, parate, scintille e frastuoni, il ninja avrebbe cercato di impegnare l'avversario in una battaglia senza tregua... la quale, però, non era altro che una mera messinscena. Sì, perché ad un certo punto, Hayate avrebbe sicuramente compreso di essere in vantaggio, di poter far sì che la sua vendetta e la sua redenzione si compiessero. Sarebbe stato proprio in quel momento, quando avrebbe deciso di vibrare il colpo decisivo con il massimo vigore, che il trucco di Namida si sarebbe rivelato. Quando aveva creato il bunshin, aveva approfittato della copertura offerta dalla coltre per eseguire in fretta il Kawarimi no Jutsu per prepararsi proprio a quel momento. Una tegola, la cosa più facile da trovare su quel tetto. Con questa aveva deciso di sostituirsi e proprio ciò avrebbe visto il samurai, una volta convinto di aver affondato la lama nel corpo del suo nemico. Una semplice, stupida tegola, vestita però di tre carte bomba che il Jonin aveva saggiamente piazzato sopra di essa. E prima della violenta deflagrazione, avrebbe sentito la voce beffarda e subdola dell'uomo che aveva giurato di uccidere, prendersi ancora gioco di lui.
- Sayonara, testa di cazzo.

Soltanto allora, se il piano avesse avuto successo, avrebbe utilizzato nuovamente l'Hiraishin. Il clone che era fuggito, infatti, portava con sé il suo stesso equipaggiamento, inclusi i kunai con il sigillo di teletrasporto. A quel punto, nemmeno gli importava della sorte di Hayate Ito. Che venisse spazzato via dall'esplosione o che sopravvivesse, intonso o senza un braccio, non faceva alcuna differenza. L'unica cosa che contava, in quel momento, era abbandonare in fretta Utsunomiya e mettersi al sicuro. Essenziale sarebbe stato mettere quante più miglia possibili fra sé e quel posto, perché era chiaro che quei samurai non avrebbero smesso facilmente di portare avanti una feroce caccia all'uomo che aveva assassinato il loro signore.

 
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view post Posted on 24/11/2020, 21:10     +1   -1
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La ferita inferta all'avversario non provocò alcuna reazione nell'uomo che stava cercando di porre fine alla vita del nostro protagonista. Come detto, quella era solo carne da macello, la mera vittima di un credo ormai radicato nell'uomo fino al midollo. Non avrebbe potuto ribellarsi allo stesso nemmeno volendo, era troppo vecchio, troppo stanco per immaginarsi a vivere una vita nuova, una vita differente. Una vita in cui la sua esistenza non era legata all'onore che la notte prima gli era stato portato via dalla maschera di tengu. Nella sua vecchiaia, nella sua stanchezza non si sarebbe mai fermato. L'unica cosa che gli restava era aggrapparsi alle convinzioni che avevano svolto la funzione di pilastri durante tutti gli anni che si portava sulle spalle. Nemmeno il rendersi conto che l'avversario non era del tutto in salute, quando le loro lame smisero di incrociarsi per qualche frazione di secondo, gli diede la benché minima soddisfazione. Qualsiasi malattia lo avesse colto, per quanto tempo potesse restargli da vivere, voleva che fosse la sua lama intonsa a togliergli la vita. L'ultima soddisfazione prima di lasciarsi andare ad una vita vuota, prima di ogni punto di riferimento.

Queste però non erano speranze, erano certezze. Il fatto che la sua lama avrebbe trafitto Fuyuki una volta e per sempre era una convinzione che mai sarebbe svanita. L'avversario sarebbe potuto scappare, avrebbe potuto implorare, avrebbe potuto inventarsi qualsiasi stratagemma. Lui sentiva dentro al suo corpo che la realtà dei fatti era una ed una sola. Il momento sarebbe arrivato e, fortunatamente, era abbastanza paziente da saperlo attendere. Quando vide quel clone scappare comprese che la controparte aveva intenzione di fuggire. Non c'era altra spiegazione se non quella. La sua spada si sarebbe illuminata nuovamente, ma questa volta l'originale non sarebbe stato fermo a guardare. Kirai riuscì ad incrociare la sua lama con quella del samurai prima che lo stesso potesse portare il suo colpo all'indirizzo del clone, ma questa mossa comportò delle conseguenze. L'energia liberata dalla lama investì in pieno il nostro protagonista che, senza poter reagire, venne sbalzato indietro. Altri squarci si aprirono sul suo corpo, due sul braccio destro, uno sulla gamba sinistra ed uno, fortunatamente leggero, sul collo. L'assalto del samurai non conosceva pace, Kirai fece giusto in tempo a rimettersi in piedi e parare il suo affondo successivo, ma per sua fortuna il clone era riuscito a fare quello per cui era stato creato. Non vi saprei dire per quanto le loro spade continuarono ad incrociarsi. Ferro contro ferro, fendenti che producevano un suono sordo tagliando l'aria prima d'impattare. La disparità fra i due era netta, chiara anche agli occhi del suo assalitore che, però, non perdeva la sua compostezza. Continuava a portare avanti un'offensiva sempre più incalzate certo, ma mai disattenta.

Il fendente finale sarebbe arrivato. Il momento in cui Kirai non sarebbe più stato in grado di reggere il confronto. Fu allora che tutto accadde. Il povero samurai non poté fare nulla per impedire la fuga del suo obiettivo, mentre al suo posto si trovò davanti una tegola rivestita di carte bomba. Kirai non avrebbe mai saputo le sorti del suo assalitore ed io non starò qui a rivelarle. Vi basti sapere questo: nel silenzio successivo all'esplosione, l'unica cosa udibile fu il rumore della lama che scorreva nel fodero, accompagnato da un lungo e pacato sospiro.

 
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view post Posted on 30/11/2020, 12:18     +1   -1
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Nel preciso istante in cui la tegola detonò, facendo brillare le carte bomba che la rivestivano, una smorfia amara, ma compiaciuta, si fece largo sul viso del giovane Jonin. Non era stato uno scontro semplice e, anche se nessuno dei due contendenti poteva essere annoverato come vincitore e vinto, era sollevato dal fatto che esso fosse terminato, in un modo o nell'altro. Il piano di preservare la fuga del suo bunshin aveva prodotto il risultato sperato e quindi, una volta attivato il sigillo dell'Hiraishin, Kirai si trovò a chilometri di distanza dall'epicentro della battaglia, già fuori dalle mura di quella maledetta città. Il suo sangue imbrattava le sue vesti, inclusa la sciarpa nera e la maschera cremisi da Tengu, eppure ciò non lo destò dal suo intento. Continuò a correre, macinando quanti più metri poteva pur di allontanarsi ancor di più da Utsunomiya e dai suoi inseguitori, i samurai al servizio del defunto Hayashi Kanjiro. Più il tempo trascorreva, meno - per fortuna - il dolore alla testa si faceva pressante. Scemò del tutto in un paio di ore, quando ebbe raggiunto il confine sud-est tra la nazione del Ferro e quella del Vento. Fu allora, nei pressi di un crepaccio totalmente isolato dalle principali vie di comunicazione e commercio, che pensò di arrestare la sua avanzata. Discese il baratro con attenzione, finché non fu abbastanza in basso da trovare riparo all'interno di una piccola caverna, lontana da occhi ed orecchie indiscrete. Una volta dentro, si abbandonò in posizione seduta, esausto, con la schiena comodamente adagiata sulla parete rocciosa.
- Invasati di merda. - ringhiò a denti stretti, mentre rimuoveva la maschera dal viso e la gettava per terra, con noncuranza. Ancora non gli risultava ben chiaro come quei figli di puttana fossero giunti a lui così in fretta, ma a quel punto nulla aveva più importanza. Era finalmente al sicuro, lontano dal raggio di ricerca di quei samurai e questa era l'unica cosa che contava davvero. Borbottando imprecazioni contro alla maggior parte dei Kami conosciuti, impiegò l'ora successiva a medicare le sue ferite con strumenti di fortuna, per lo più adoperando la stoffa logora dei suoi indumenti. Per fortuna, non si trattava di tagli profondi o potenzialmente pericolosi, ma in ogni caso pulire gli squarci sulla pelle e coprirli con qualcosa era essenziale; se nemmeno il Guardiano di Sora no Kuni si era rivelato in grado di ucciderlo, non avrebbe certo permesso ad una qualsivoglia infezione di farlo al posto suo. Quando ebbe terminato, erano passato solo poche ore da mezzodì e, con la tensione ormai del tutto scemata, il ragazzo poté finalmente far sì che i suoi pensieri si concentrassero sui misteriosi eventi della mattinata.

"Quel vecchio, Jiji... deve essere un monaco, o comunque un uomo in possesso di profonde conoscenze mediche. Quale sia la ragione per cui si sia interessato a me, o il come abbia fatto a trovarmi... beh, proprio non ne ho idea."
Oltretutto, allontanandosi da Utsunomiya aveva di fatto rinunciato alla possibilità di mettersi sulle sue tracce. Tornarci rimaneva una possibilità alquanto fattibile, anche se ovviamente avrebbe dovuto farlo sotto spoglie diverse, per evitare di attirare su di sé l'attenzione e l'ira dei cani al servizio della famiglia Hayashi. Si accese una sigaretta e si concesse un sorso di shochu, bevendo dalla fiaschetta ricevuta in dono da Kenshin-sensei, mentre rifletteva sull'occasione di ricorrere all'Hyakugao no Kamen, la Maschera dei Cento Volti. Di certo, rimaneva la via più sicura per accedere nuovamente al cuore di Tetsu no Kuni senza destare alcun sospetto. Gli sarebbe bastato nutrire il sigillo con un po' del suo chakra, giusto qualche minuto prima della partenza, per assumere non solo le sembianze di un'altra persona, ma anche modulare la conformazione del suo chakra, affinché non venisse riconosciuto neppure da particolari Jutsu sensitivi. Non che temesse che tra quei samurai potesse nascondersi qualcuno in possesso di simili trucchi, ma insomma, prevenire era sicuramente meglio che curare, in quel caso.
L'unico problema, ahimè, rimaneva il quando. Anche assumendo le sembianze di chiunque, un mercante ad esempio, era probabile che i controlli in entrata ed in uscita si sarebbero intensificati ad Utsunomiya, dopo quanto era accaduto la sera precedente e quella stessa mattina. Jiji gli aveva promesso di farsi vivo il giorno seguente, ma le possibilità di riuscire ad entrare con successo in città dopo così poco tempo erano infime. Poteva provarci, certo, e forse anche riuscirci... ma il rischio, purtroppo, rimaneva talmente elevato da non poter essere giustificato da nulla, nemmeno dalla curiosità di incontrare una misteriosa personalità per cercare un confronto e risposte, soprattutto. Pertanto, dopo una valutazione più attenta, decise di aspettare che le acque si calmassero. Avrebbe lasciato passare qualche giorno, forse persino una settimana, prima di tentare l'impresa. Nel frattempo, si sarebbe goduto una vita più isolata e meno turbolenta. Aveva sigarette e alcool a sufficienza per un paio di giorni, mentre uno dei suoi bunshin era stato mandato in avanscoperta, in cerca di acqua e di qualcosa da mettere sotto i denti.
Dopotutto, con la cefalea e la tensione per lo scontro ormai scemate, l'unico fastidio che si era fatto davvero insopportabile era la fame. In fondo, lo aveva detto anche lui, quella stessa mattina.
Avrebbero potuto fargli fare colazione in pace, quei pezzi di merda.

 
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view post Posted on 3/12/2020, 21:09     +1   -1
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La sua fuga era riuscita del tutto, un successo sotto molti punti di vista considerando che aveva preso la vita del suo bersaglio, riuscendo ad allontanarsi quanto bastava per potersi riprendere. Come detto, le ferite non erano gravi, ma comunque non andavano sottovalutate. Gli strumenti che utilizzò erano più che sufficienti per fare in modo che le stesse arrivassero a chiudersi, con il tempo ovviamente. L'idea di restare isolato per qualche tempo, in attesa di una buona occasione, pareva essere gettonata e, se posso dire la mia, anche piuttosto corretta. Quello che però non aveva preso in considerazione, era la scarsa conoscenza che aveva del vecchio. Lo stesso gli aveva detto che si sarebbero visti il giorno dopo, ma come fare ad esserne certi? Come lo avrebbe trovato? Non c'era risposta, nessuna certezza in Kirai che, però, riuscì anche a mettere fine al suo appetito. La copia passò inosservata, riportando indietro acqua e qualche pesce pescato nello stesso limpido ruscello in cui aveva ottenuto la bevanda.

Volente o nolente, la notte sarebbe sopraggiunta e con essa la voglia del Jonin di dormire. Mi prenderò la libertà di dire che, presto o tardi, i suoi occhi si sarebbero fatti pesanti, per via della scarsa mangiata e della battaglia sostenuta. Il male alla testa, sparito la mattina precedente, era tornato a tormentarlo rendendo quella situazione ancora più sfiancante. Si addormentò dunque, ma le copie da lui eventualmente dislocate per coprire il perimetro rimasero vigili ed attente. E dopo la notte giunse la mattina, tranquilla e bellissima. I colori dell'alba riempivano il cielo rendendo quei momenti del tutto isolati ancora più godibili, nonostante lui non si trovasse in una posizione tale da vedere il sole nascente. Fu allora, quando aprì gli occhi, che sentì qualcosa di strano. Le sue ferite ancora gli dolevano, ma facevano sicuramente meno male della giornata precedente. Era strano, molto. Un ninja rodato come lui avrebbe dovuto sapere che una ripresa così repentina non sarebbe stata possibile normalmente. Un motivo c'era, ed era seduto non molto distante da lui, nello stesso anfratto. Aveva gli occhi chiusi, come se stesse dormendo, ma senza nemmeno aprirli proferì immediatamente parola.
- Buongiorno campione, dormito bene? - Era il vecchio, lo stesso della mattina precedente. Si era preso nuovamente cura di lui, ma non solo delle sue ferite, anche della sua testa solitamente dolorante. - Allora, hai intenzione di raccontarmi come sei finito in quello stato o no? - Forse un po' criptico, ma non era difficile comprendere a cosa alludesse, forse.
 
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view post Posted on 6/12/2020, 17:08     +1   -1
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Frontiera di Tetsu no Kuni.
15 Luglio 251, ore 6:03

La pallida luce dell'alba lo destò, permettendo ai suoi occhi di abituarsi con calma al riverbero roseo riflesso dalle pareti ghiacciate della caverna. Per un momento, l'umidità della grotta sembrò quasi costringerlo a starnutire, ma schiarendosi la gola e tirando su con il naso fu palese al giovane la sensazione di benessere provata già il giorno precedente. Era piacevole, tanto quanto strano, svegliarsi senza alcun dolore, privo di qualsivoglia malessere. Abbandonò il suo giaciglio di fortuna per mettersi seduto, con la gamba sinistra piegata e la schiena adagiata sul ghiaccio umido. Persino le ferite collezionate durante la lotta con Hayate Ito non dolevano più con la stessa intensità, un miracolo che però non poteva essere giunto da solo - e proprio per questo motivo, Namida non fu sorpreso quando i suoi occhi misero a fuoco la figura del monaco, seduto anch'esso di fronte a lui, ad una manciata di metri di distanza. Sul suo volto fece capolino una smorfia sollevata - difficile dirsi se per le cure ricevute o per il sollievo che derivava dalla consapevolezza di non dover affrontare la sorveglianza di Utsunomiya per mettersi in contatto con quella misteriosa personalità. Fece per prendere parola il ragazzo, ma anche in quel caso il suo interlocutore lo colse in contropiede. Sebbene fosse rimasto con gli occhi chiusi, il vecchio sembrava aver percepito i movimenti del più giovane, accorgendosi del fatto che si fosse destato dal caldo manto del sonno.
- Molto meglio, rispetto al solito. Grazie. - rispose lo Hyuga con voce calma e pacata, quasi affabile. Qualcosa che per un uomo abituato a guardarsi sempre le spalle, anche durante il sonno, aveva dell'incredibile. Non avrebbe saputo dire come diamine avesse fatto Jiji a superare la pattuglia dei bunshin che aveva dispiegato a protezione del crepaccio... ma francamente, non aveva alcuna importanza. Quel vecchio si era preso cura di lui, per la seconda volta, anziché aggredirlo o attentare alla sua vita. Sicuramente, si era meritato la fiducia del Jonin, il quale al momento riusciva a starsene calmo, rilassato, anziché teso come una preda che si sentiva minacciata. Mentre il monaco sciorinava la sua seconda domanda, assai prevedibile giunti a quel punto, lo shinobi portò alla bocca una sigaretta. Come sempre, la prima della giornata aveva un sapore particolare. Non solo più amaro, a causa della salivazione ancora abbondante dovuta al risveglio, ma capace di graffiargli la gola come la punta di un ago. Una sensazione che, per fortuna, svanì dopo giusto un paio di boccate di fumo.

- Ha davvero importanza il come, Jiji?
In realtà ne aveva eccome, tuttavia anche soltanto il far sì che i ricordi sul tradimento di Akane Uchiha tornassero a galla, rovinando quel momento di catarsi, sarebbe sembrato inadeguato al momento. Per Fuyuki, era chiaro che il monaco non si stesse riferendo alle ferite sul suo corpo. No, con le conoscenze mediche che aveva dimostrato di possedere, era chiaro che, dopo aver curato il suo malessere generale e la sua cefalea, il vecchio si fosse accorto di cosa stesse accadendo davvero all'interno del suo corpo. Qualcosa che anche Mira aveva constatato già un anno prima, non senza rammarico o preoccupazione. Il Cataclisma, poi, aveva peggiorato tutto. Da quando il flusso del suo chakra era mutato, era stato semplice per quello dello Yōkai rivoltarsi contro il suo stesso corpo, ingaggiando una battaglia selvaggia con le energie che gli erano rimaste. Anche solo il ricordare, ahimè, costrinse il Jonin ad un sospiro, dopo l'ennesimo tiro di sigaretta.
- È cominciato tutto con questo fottuto mal di testa. Inizialmente, si trattava di episodi sporadici e di blanda intensità, ma con il tempo il fastidio è diventato continuo e il dolore, a volte, praticamente insopportabile. Quando supera una certa soglia, mi ritrovo spesso a combattere anche con nausea e vomito. Oltretutto - e questo capita soltanto quando sono costretto ad usare grosse quantità di chakra - il dolore si intensifica e si irradia fino all'occhio destro... - lo disse con una punta di amarezza sulla lingua, ricordando quanto fosse accaduto giusto il giorno prima, durante lo scontro con Ito - In buona sostanza, quel che so è che il chakra della kunoichi che mi ha fatto questo, ormai tre anni fa, sta lottando per ottenere la supremazia sul mio. E non essendo un illuso, so bene come interpretare il fatto che, di recente, i sintomi siano peggiorati.
Ed eccola, infine, la più umana e comune delle emozioni. Si insinuò nella mente e nella voce di Fuyuki in silenzio, ma era contagiosa come un cancro infido, qualcosa che il monaco avrebbe percepito con molta facilità. Rabbia. Qualcosa che, per un guerriero determinato e testardo come la Lacrima Cremisi, rappresentava la sensazione più digeribile, dovendo scegliere tra essa o la rassegnazione. Con la sigaretta ormai consumata sino al filtro, a Namida non rimase che gettarla via e pestarla con la pianta del sandalo, così da spegnerla. Poi, incurvò la schiena ed incrociò le braccia sul ginocchio sollevato, lasciando che il mento potesse adagiarsi in quel comodo incavo. Gli occhi perlacei puntati sul monaco, quasi speranzosi che quest'ultimo potesse aprire i suoi e permettere ad essi di rivelare l'amara verità. La stessa che in cuor suo sapeva, ma che non era ancora pronto ad accettare.

Di questo passo, potrà finire in un solo modo.

 
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view post Posted on 8/12/2020, 23:43     +1   -1
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Gli piaceva il ragazzo. Sembrava uno abbastanza sveglio. Aveva compreso di non essere nella condizione di fare domande. Non che ci sarebbe stato nulla di male, ma si sarebbero rivelate una perdita di tempo. Tempo, esatto, qualcosa di estremamente prezioso per entrambi. Qualcosa che scorreva in maniera inesorabile ed avvicinava i presenti al destino che accomunava tutti gli esseri viventi. - Mi fa piacere. - Disse con tono cordiale, alzandosi in piedi e stiracchiandosi, sperando che la sua vecchia schiena non decidesse di bloccarsi proprio in quel momento. - Mi sembri abbastanza furbo da capire quanto, effettivamente, sia importante come cosa. - Disse mentre tirava fuori dalla tasca una specie di boccetta di ceramica, con un tappo di sughero che rimosse celermente. Intinse il dito e ne estrasse del gel trasparente, per poi richiudere la boccetta ed iniziare a passarsi la sostanza tra le mani. - Dovresti smettere con quelle schifezze. - Disse facendo un cenno del capo rivolto alle sigarette. - Potrebbero ucciderti prima che tu te ne renda conto. - Poi si allontanò, estraendo una seconda boccetta dalla tasca, simile a quella precedente, ma la sostanza che conteneva era più densa e completamente bianca. Non se la spalmò tra le mani, ma la mantenne sull'indice che poi infilò in bocca, passandosi il dentifricio su tutti i denti. - Ne vuoi un po'? - Disse dopo aver sonoramente sputato verso il dirupo.

Quindi tornò dentro la caverna e si posizionò nuovamente di fronte al suo paziente, in attesa che il giovane decidesse di vuotare finalmente il sacco. Ascoltava attentamente, annuendo, come se ogni informazione rivelata lo stesse conducendo da qualche parte. Metteva insieme i pezzi del puzzle, ma solo a lui era dato sapere quale figura stesse venendo fuori.
- Un contrasto che non puoi vincere, capisco. Immagino che non sia possibile cercare la persona che ti ha fatto questo e chiederle di aiutarti a sistemare le cose, dico bene? - Sembrava sincero, come se effettivamente non conoscesse la risposta. Come se il volto del famoso ninja non gli dicesse nulla e, quindi, non potesse certo ricollegarlo ad altre figure di spicco. - Ho visto la devastazione che questa novità ha portato su queste terre... Probabilmente è per questo che mi trovo qui... - L'ultima frase apparve quasi detta sovrappensiero, come un ragionamento fatto a voce troppo alta. Iniziò, quindi, a camminare avanti ed indietro nella caverna. Gli occhi persi nel vuoto, mentre la sua destrorsa gli lisciava ripetutamente la barba. Continuò così per qualche minuto, finché non si scosse, voltandosi repentinamente come se avesse appena udito qualcosa, nonostante l'unico rumore a rompere il silenzio della caverna fosse quello dei suoi passi. - Come dicevo, sei uno sveglio. Ovviamente morirai se continuerà così. - Si avvicinò al ragazzo celermente, abbassandosi alla sua altezza, afferrandogli il mento con la mancina e portando le dita della destrorsa verso l'occhio, aprendolo il più possibile. Lo osservò, continuando a mugugnare qualcosa di incomprensibile, come pensieri che non riuscivano a trovare una voce, almeno non completamente. - Perfetto. - Disse mollando la presa ed alzandosi nuovamente in piedi. - Vedi ragazzo. Se sono qui è perché ti posso, anzi ti devo aiutare. Scoprire come fare sarà un discorso differente, ma se non potessi fare nulla non sarei in questo luogo. Non ti assicuro niente, comunque. Non posso darti la certezza di eliminare il male che ti affligge, ma posso assicurarti che morirai se nulla verrà fatto. - Parlava con scioltezza, come se dare notizie del genere fosse all'ordine del giorno. Eppure, nella voce del vecchio, Kirai avrebbe potuto udire una nota amara, come se fosse effettivamente dispiaciuto per il giovane davanti ai suoi occhi. - Non sarà facile e, molto probabilmente, soffrirai parecchio. Ciononostante dovrai fidarti di me e condividere con me tutte le informazioni inerenti questo male, a partire da come un chakra estraneo si sia insinuato dentro il tuo corpo. Tutto chiaro? Se hai capito e non hai nulla da obiettare, allora dimmi il tuo nome. In caso contrario basterà che tu declini la mia offerta e io sparirò dalla tua vita.
 
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view post Posted on 11/12/2020, 11:31     +1   -1
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- Oltre mia moglie e il mio figlio maggiore, un'altra persona mi ha spesso invitato a smettere con questa merda. - commentò lo Hyuga con voce amara, mentre gettava per terra il mozzicone di sigaretta, ormai consumato sino al filtro. Lo calpestò con noncuranza, finché della punta accesa non rimase che un debole ed indelebile punto di cenere nera a costellare la candida neve. Era perfettamente consapevole che Jiji avesse ragione, del resto come avrebbe potuto dargli torto? E sul perché avesse continuato ad intestardirsi, nonostante gli avvertimenti, non poteva fornire chissà quale spiegazione. Semplicemente, gli piaceva. Malgrado la tosse, la voce rauca e quel fastidioso olezzo che imbrattava i suoi indumenti e le sue dita, non aveva mai trovato la forza di smettere. Quel vizio lo aveva reso dipendente, tanto da costituire per lui un piacere non diverso dallo schochu o, perché no, persino dal sesso stesso. E sebbene sapesse già che nemmeno quell'ammonimento avrebbe potuto convincerlo a metterci una pietra sopra, sentire quelle parole fu strano. Era come se la voce di Jiji l'avesse catapultato nel passato, in un momento della sua vita in cui non aveva ancora realizzato quanto profondamente ipocrita fosse la persona che aveva sempre stimato. Non contento, il vecchio desiderava saperne di più - e a buon ragione, perché proprio come aveva sottolineato, quanto accaduto aveva la sua ovvia importanza. Sospirò il ragazzo, amareggiato, prima di convincersi. Rifiutare lo strano intruglio con il quale il monaco pareva essersi pulito la bocca era già stato scortese e, a quel punto, regalare qualche dettaglio in più circa la sua situazione avrebbe quantomeno potuto fare piacere al suo interlocutore.

Questa persona è la stessa che mi ha fatto questo.

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Lentamente, scoprì le bende che nascondevano l'orrore raccontato dal suo braccio sinistro. Dapprima, il monaco avrebbe potuto notare alcune dita della mano annerite, un vecchio sacrificio dettato da un genuino altruismo del giovane mostrato diversi anni prima di ricevere la sfiducia del suo Hokage - e chiaramente, niente che fosse ricollegabile all'argomento principale di quella conversazione. Poi, salendo lungo l'avambraccio, Jiji avrebbe potuto vedere il marchio. Il disegno originale, un tempo costituito solo da elegante inchiostro nero, era ormai ricalcato da una orrenda cicatrice, un misto di carne morta e sangue circondato da una tremenda ustione i cui segni erano ancora evidenti e che, ormai, non sarebbero mai più spariti.
- A farmi questo regalo è stato il leader della nazione che ho servito per quasi venticinque anni, dalla mia nascita. Una kunoichi che stimavo e dalla quale, ahimè, credevo di ricevere lo stesso pensiero. Una persona che per me era anche qualcosa di più importante... un'amica, diciamo. - pronunciò quell'ultima parola con estrema fatica, rendendosi conto di quanto assurdo potesse essere definire tale qualcuno che lo aveva di fatto pugnalato alle spalle - Ma le persone cambiano, Jiji. Se dovesse rivedermi, dubito che cercherebbe di aiutarmi... anzi. È probabile che, semmai dovessi riuscire ad incontrarla di nuovo, uno dei due non uscirebbe vivo dalla chiacchierata. Probabilmente io, se consideriamo che, a differenza mia, lei è ancora tutta intera.
Ridacchiò, prima di tossire. Colpa delle sigarette, ovviamente. Nel frattempo, il monaco aveva terminato il suo ossessivo giro di ronda della caverna, ma anziché tornare a sedersi fece qualcosa che, per un momento, rischiò di far prendere un colpo al più giovane. Era la prima volta che qualcuno sfiorava uno dei suoi occhi in quel modo. Per uno Hyuga - o meglio, per un ex ANBU che conosceva bene quanto prezioso fosse il suo doujutsu - sarebbe stata una sensazione a dir poco orrenda, una vera e propria violazione di qualcosa di sacro. Tuttavia, dopo il tentennamento iniziale, Kirai riuscì a rallentare la frequenza del suo respiro. Era chiaro che, dopotutto, Jiji non fosse interessato al suo Byakugan, ma a quanto stesse accadendo a causa dello scontro tra il suo chakra e quello di Akane. L'unica cosa che riuscì a pensare, mentre sentiva il vecchio parlare, era quanto bizzarra ed enigmatica fosse la sua personalità. Un monaco approdato nel Continente - perché era chiaro che, non riconoscendo il volto di Namida, fosse uno straniero - per toccare con mano la disperazione che il Cataclisma aveva portato nel cuore degli uomini. E per chissà quale ragione, quel vecchio era giunto al suo cospetto e in quel momento era lì, in piedi di fronte a lui. In grado di provare empatia per il suo dolore, una sofferenza che non era soltanto fisica, e al tempo stesso disposto a fare di lui la sua missione. Qualcosa che un bastardo come Fuyuki Hyuga faticava a capire. Voleva aiutarlo - perché era chiaro ad entrambi che senza di lui, sarebbe morto, presto o tardi - senza però chiedere nulla in cambio. Un concetto, quello della benevolenza, che non apparteneva al giovane shinobi. Non più, quantomeno. Qualcosa verso la quale lui stesso faticava a capire come porsi. In quel momento, non riuscì a provare nulla. Ammirazione, gratitudine, sospetto, paura. No, niente di tutto questo.
- Mi chiamo Fuyuki.

Dire quel nome, ad un perfetto sconosciuto, era assai più difficile che dire "grazie". E questo fu, alla fine, l'unico modo che il ninja riuscì a trovare per ringraziare il più anziano della preoccupazione che stava mostrando nei suoi confronti e in quelli del male che lo tormentava. L'unica speranza che, stando alle evidenze, gli rimaneva per continuare ad inseguire il suo progetto di cambiamento di Konoha, nonché il suo desiderio di rivedere ancora il volto di sua moglie e dei suoi bambini. Rimanendo ancora seduto, si limito ad avvicinare alla bocca la sua fiaschetta, così da concedersi un dolce e caldo sorso di shochu, l'ideale per far fronte alla rigidità delle catene montuose del Ferro. Poi, con una smorfia amara e complice dipinta sul viso, la allungò verso il vecchio. Era giunto il momento di raccontargli tutto, dal principio. Sarebbe partito dallo spiegare chi fosse Fuyuki Hyuga, innanzi tutto, prima di raccontare di Namida e degli anni trascorsi ad indossare le nuvole rosse di Akatsuki. Ed infine, avrebbe parlato del tradimento di Akane e del Consiglio di Konoha, del suo allontanamento, di come aveva tentato di spezzare quel marchio per sottrarsi da quella prigione priva di sbarre e di come, infine, fosse nato Kirai.
- Mettiti comodo, Jiji. È una storia lunga.

 
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view post Posted on 26/12/2020, 00:04     +1   -1
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Gli aveva appena rivelato il suo nome. La richiesta era stata accettata e, con essa, era stato siglato un contratto che avrebbe portato il monaco a fare tutto il possibile per salvare la vita del nuovo paziente. Sarebbe bastato un minimo errore, una qualsivoglia mancanza per spezzare quel legame appena formatosi. Se anche solo gli avesse detto di chiamarsi Namida piuttosto che Kirai avrebbe posto un punto a tutta la storia, pur magari non volendo. Non dico che sarebbe stato impossibile contattare nuovamente il monaco, ma trovarlo non si sarebbe rivelato semplice. Aveva compiuto una scelta e, se posso permettermi, era stata la scelta migliore. Il vecchio ascoltò silente tutta la storia del ragazzo. Dal principio fino a quando era stato tradito dal suo villaggio, il che aveva fatto nascere in lui un bisogno di vendetta smisurato. Non lo giudicava, dopotutto non era compito suo guidarlo verso la strada giusta, se si trovava in quella caverna era per curare il paziente. Come aveva vissuto la sua vita, piuttosto che come avrebbe deciso di viverla una volta conclusosi il trattamento non erano affari suoi. Già, un tipo strano.

Una storia complicata, non c'è che dire. Immagino che la possibilità di farti aiutare dalla persona che ti ha fatto questo sia da escludere. Purtroppo sarà molto più complicato di quanto non avessi sperato in precedenza. - Disse alzandosi dalla posizione che aveva occupato, pazientemente, per tutto il tempo del racconto, stiracchiandosi. - Poco male, potrebbe anche rivelarsi divertente avere per le mani qualcuno di così disastrato. Divertente per me, ovviamente. Come dicevo... - Ma si bloccò un secondo voltandosi repentinamente verso destra. Era come se stesse ascoltando qualcosa prestandole la massima attenzione. Dopo qualche secondo in cui la presenza di Kirai risultò del tutto irrilevante, il monaco tornò nel presente. - Non abbiamo molto tempo. Presto dovrò andare. Iniziamo. Come dicevo non sarà facile per te, quasi sicuramente proverai dolore sia fisico che mentale, ma se tutto va per il meglio verrai liberato da questa piaga. Per prima cosa siediti e lasciami fare, ci vorrà del tempo per apprendere il funzionamento del tuo chakra e farlo mio. - Non sembrava una persona particolarmente incline a dare spiegazioni, però si rese conto che l'ultima frase detta non suonava proprio benissimo. - Tranquillo, non voglio rubarti il chakra. Intendevo dire che devo carpirne i segreti se voglio riprodurlo. Una volta che avrò generato una fonte di energia del tutto uguale alla tua, potremo iniziare con il vero trattamento. Se devi pisciare o fare altro ti consiglio di farlo ora, ci vorrà molto tempo. - Si sedette suo talloni di fonte al ragazzo, nell'attesa che lui facesse lo stesso. Avrebbe risposto ad altre domande nel caso che ne fossero state, ma quando Kirai si fosse seduto, allora avrebbe iniziato il processo. Avrebbe chiuso il occhi, ponendo la mano destra sul punto comunemente conosciuto per essere il centro del chakra in qualsiasi essere umano. La mancina sarebbe stata posizionata in maniera del tutto speculare. Da quel momento in avanti non ci sarebbero state pause, il processo sarebbe durato diverse ore, praticamente fino a sera. Durante questo periodo, Kirai avrebbe percepito una certa stanchezza nel suo corpo, come se il suo chakra venisse portato via dalla mano del monaco, ma questa era solo un'impressione. Infatti sarebbe bastato un minimo di concentrazione per percepire come neanche una goccia della sua energia fosse stata prelevata dal vecchio. Nonostante questo la sensazione sarebbe cresciuta sempre di più, sempre di più, rendendo il ninja più stanco secondo dopo secondo.
 
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