[Kumo] - Clan Ranton

Le origini della perfetta fusione tra fulmine ed acqua sono incerte, e la realtà non può fare a meno, come suole, di mescolarsi alla leggenda.
Si tratta di due elementi normalmente in contrasto, impossibili da avvicinare, così come un tempo erano i popoli che si unirono per dar vita all’attuale Kumo. Il clan Yotsuki, uomini e donne guidati sulle montagne dal Fulmine stesso, e le popolazioni provenienti dal mare a sud, dalle nebbie dei Sette, che vi cercarono asilo. Gli Yotsuki erano possenti, scuri nella pelle e fieri nell’animo, gli stranieri pallidi e mendici. Tale situazione generò nei primi la paura di rimanere ammorbati dalla debolezza dei secondi.

Nessuno oggi, tra i membri del Ranton, saprebbe indicare con precisione da dove la loro gente provenisse. A differenza degli Yotsuki, che sempre e fieramente rivendicarono le loro origini, questo clan pare averle dimenticate, messe da parte in favore della propria appartenenza alla Nuvola. Un'appartenenza conquistata con sofferenza, dopo un esodo durato anni ed un'ultima prova di estrema crudeltà.
Chi avrebbe fondato il clan Ranton giunse infatti a Kumo da sud: l'imprecisato, tanto detestato meridione dal quale gli Yotsuki si erano fatti scudo ormai per decenni, giunti nel luogo in cui avevano fondato il proprio villaggio. Impossibile dire esattamente da dove fosse partito l'esodo: alcuni ipotizzano un villaggio lungo la costa orientale, colpito da un maremoto; altri parlano di un'isola ad est, lontano dall'arcipelago dell'Acqua, inabissatasi tempo prima... ma si tratta di pura speculazione: coloro che giunsero alle porte del villaggio erano poco più che mendicanti, con nessuno scritto e nessuna memoria a parlare della loro terra natia.

La Nuvola era allora giovane, troppo giovane per conoscere la propria forza ed aprirsi al mondo. Per questo, combattuto ogni avversario dalla pelle bianca che osasse sfidare la montagna, gli Yotsuki si prepararono a fare altrettanto con i misteriosi stranieri risaliti dalla costa. Ma essi apparvero loro immediatamente diversi dalle popolazioni bellicose del sud: logori, disperati, vestiti di stracci, accompagnati da vecchi e bambini. Se per gli Yotsuki non fu difficile fermarli, certo lo sarebbe stato rispedirli da dove erano venuti, poiché questi invasori non avevano luogo al quale tornare. Tra i due popoli una barriera non solo etnica, ma anche e soprattutto linguistica: i mendicanti dai capelli biondi e dalla pelle bianca dissero di aver vagato per anni, solcando terra ed oceano alla ricerca di un luogo in cui rifondare la propria patria perduta... ma i fieri Yotsuki non avrebbero inteso nulla di tutto ciò, e per lunghi giorni stettero a guardia mentre i vagabondi si accampavano alle pendici delle montagne, non offrendo loro alcun conforto o aiuto. Recentemente privati del loro primo Raikage, Furasshu, essi si trovavano infatti in un momento di tensione: di conseguenza erano ancor più guardinghi.

Ma se violenza e minaccia avevano fallito miseramente nel vincere la resistenza degli Yotsuki sino a quel giorno, la pietà avrebbe avuto un'opportunità. Pur piegati dall'inedia e dalla furia della montagna, i vagabondi non abbandonarono il loro rifugio, patendo in silenzio mentre gli abitanti della Nuvola stavano a guardare. Dietro alla loro veglia silente, tuttavia, qualcosa si muoveva: mossi dallo stoico patire di chi aveva bussato alla loro porta, molti tra gli Yotsuki iniziarono a premere per offrire aiuto ai forestieri. Decenni di marcia e di isolamento avevano lasciato una traccia nella memoria del clan, ed anche tra coloro che erano troppo giovani per ricordare la grande migrazione dei Kazan vi era chi ne incarnava gli insegnamenti.

Si, ma come offrirlo? Perché se simili racconti potevano ispirare solidarietà nella maggior parte degli Yotsuki, essa molto spesso passava attraverso altri sentimenti. In moltissimi infatti vedevano nelle difficoltà affrontate dal clan una testimonianza della sua forza, della sua resilienza, che lungi dall'avvicinarlo ad una torma di mendicanti ne faceva una fazione di conquistatori. Gli Yotsuki avevano lottato contro fame e tempesta per ottenere il loro posto nel mondo... e così avrebbero dovuto fare questi forestieri.
Così, dopo mesi di esodo e più di una settimana di stenti, gli stranieri avrebbero dovuto combattere per ottenere la pietà del Fulmine. Così, in assenza di un Kage, decise il Consiglio del villaggio.

Fu Raidomaro, fratello minore del defunto Shodaime, ad offrirsi per questa prova. Egli, già in lizza per la nomina a Nidaime, ottenne l'immediato supporto di buona parte del villaggio, specialmente di chi ardentemente desiderava veder cacciati o uccisi i forestieri. Raidomaro discese tra loro sul piede di guerra, gridando a quelle povere anime perché presentassero un avversario degno. Nell'impossibilità di comprenderlo, quelle si allontanavano spaventate, ritirandosi nelle proprie abitazioni di fortuna.
Improvvisamente, quando ormai l'uomo non si aspettava alcuna sfida da quei miserabili, una voce gli rispose nella sua stessa lingua. La storia non ci racconta chi fosse, se uomo o donna, vecchio o giovane, né ci dice perché si fece avanti tanto prontamente. Forse la disperazione, forse la rabbia, forse il desiderio di giustizia. Fatto sta che si fece avanti, con ogni probabilità smagrito e fragile, per sfidare il figlio del Fulmine.

Lo scontro che seguì passò alla storia non per chi vi prese parte, ma per le sue conseguenze. Il mito racconta che Raidomaro colpì per primo, non dileggiando l'avversario, ma attaccandolo fin da subito con il chiaro intento di ucciderlo. I suoi colpi facevano tremare la montagna, sbriciolando la roccia e spedendo lampi fino alle nuvole... ma non parevano in grado di sfiorare l'avversario. Ogni volta che lo Yotsuki colpiva, il fulmine che ne ricopriva la figura sembrava abbandonarlo per unirsi a quella della sua vittima; così l'attacco era evitato, passando oltre per incontrare la terra e la pietra. Così, dopo ciascun colpo, l'avversario sembrava guadagnare in energie, mentre quelle di Raidomaro scemavano.
Presto, nonostante le furiose incitazioni dei suoi sostenitori, il fratello dello Shodaime si ritrovò prosciugato. I ruoli si erano invertiti, con il suo avversario che ora pareva muoversi rapido come il fulmine e fluido come l'acqua. Danzava attorno a Raidomaro, non lasciandogli un momento di tregua ma mai colpendolo a morte.

Allora, battuto, lo Yotsuki dichiarò la propria resa, domandando all'avversario dove avesse appreso quella straordinaria tecnica per rubare il fulmine. L'avversario, così dice la leggenda, rispose restituendo a Raidomaro la sua armatura, mostrando poi di poter generare un fulmine di identica intensità. L'unica differenza risiedeva nella sua capacità di mescolarsi a quello avversario, anziché distruggerlo.
Fu così che, dopo giorni di fame ed anni di vagabondaggio, agli stranieri fu consentito di entrare a Kumo. Il pacifico Sandā succedette a Furasshu come Raikage, e dall'unione di Fulmine e Tempesta il villaggio sarebbe emerso più forte che mai.