儀式 Gishiki - Iniziazione, Addestramento Superiore per Lucifergirl88 (1° PG)

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view post Posted on 8/8/2020, 16:52     +1   -1
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Kiri, Magione del Mizukage.
3 Luglio 249, ore 15:47.

Faceva caldo, quel pomeriggio. Per quanto potesse essere definito caldo il clima della Nebbia, chiaramente - per lo più, la sensazione che si provava a camminare per strada era quella di provare fatica persino a respirare, a causa dell'elevata umidità. Affacciato alla finestra del suo ufficio, Fuyu osservava con attenzione quel poco che riusciva a scorgere attraverso il velo di nebbia che abbracciava le strade del villaggio. Le persone dovevano avere la memoria corta, si trovò a pensare; era inverosimile che quegli uomini e quelle donne avessero dimenticato gli stenti sopportati nei mesi precedenti, così come lo stato d'emergenza diramato ad un livello praticamente globale. Ma in fondo, era giusto così. Ai civili spettava la quotidianità, la necessita di vivere alla giornata col frutto del loro misero lavoro; gente a cui importava più del pane che avrebbero consumato la sera, una volta fatto ritorno a casa, piuttosto che di far sì che quel pane potesse essere ancora sfornato, negli anni a venire. No, pianificare ed essere lungimiranti non rientrava nei loro obblighi. Quella, purtroppo, era una prerogativa prettamente militare.
E d'altronde, su questo rifletteva. Su di una mossa lungimirante, della quale però non era ancora perfettamente convinto.

- Mi cercavate, Shika-sama?
Una voce atona alle sue spalle lo destò da quei pensieri confusi. Si voltò con noncuranza, lentamente, finché le sue iridi plumbee non ebbero messo a fuoco il riflesso di una maschera di porcellana, piatta e senza alcun particolare motivo, né riferimento a figure animalesche, com'era di solito usanza nella squadra ANBU. Le labbra di Fuyu si inarcarono appena, in quello che sembrava essere un sorriso appena accennato. Dopotutto, pensò, per quel ragazzo non era mai stato importante essere associato a qualcuno, o qualcosa, tantomeno possedere un nome.
- Sì, Shinkū. Ti cercavo.
Lo invitò a sedersi, con un cenno della mano. In risposta, il suo interlocutore rimase perfettamente immobile, in silenzio, mantenendo la posizione di riposo. A quel punto, il leader della Divisione Inseguitori fece spallucce e si accomodò sulla sua poltrona, dietro una scrivania completamente vuota, se non per un meraviglioso servizio in ceramica. Un servizio da tè, ovviamente - anche molto invitante a dirla tutta, specie giudicando l'odore inebriante che proveniva dalla teiera fumante. Come giocherellando, l'uomo fissò prima l'utensile, poi passò lo sguardo sul suo sottoposto.
- Immagino che se dovessi offrirtene una tazza, rifiuteresti.
- Immaginate bene.
Laconico e diretto, in perfetto contrasto con l'altro, il quale invece si lasciò scappare una risatina divertita.
- Diamine, diamine, come sei noios-
- Immagino anche che non mi abbiate fatto chiamare per una tazza di tè, o per definirmi noioso.
- Hai detto bene, noioso. Non per questo, stupido o poco prezioso. - ribatté, mentre riguadagnava compostezza e serietà. Poi, in un attimo, lanciò uno sguardo verso l'orologio alle spalle del più giovane, leggendo l'ora attraverso i ciuffi neri come la pece che spuntavano da sopra la maschera canuta. Con una calma invidiabile, prese la teiera e verso con dolcezza il suo contenuto in una tazza, che avvicinò poi verso di lui.
- Mancano ancora un paio d'ore, prima del suo arrivo. Abbiamo tutto il tempo che ci serve.

Niente presentazioni o spiegazioni, partiamo subito. In sostanza, per questo primo post, Fuyu ti manda a chiamare e ti convoca nel suo ufficio :sisi:
Come ben sai, dovendo comprendere anche un passaggio di role fondamentale, magari sforeremo di un po' la lunghezza di un normale addestramento (o forse no, dipende). Farò in modo che ne valga la pena quantomeno!


Edited by .Astaroth - 8/8/2020, 19:50
 
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view post Posted on 12/8/2020, 13:43     +1   -1
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Di quei giorni, l’umidità si attaccava sulla pelle come fosse colla. Allo stesso modo in cui i ricordi restavano appiccicati all’anima e le idee si impiantavano in testa, senza possibilità alcuna di levarseli di torno, se non di alleviare la loro insulsa e fastidiosa presenza. Ed era così che si sentiva Yu. Dopo quella missione al villaggio di Kokuhyō, vecchie memorie rimaste sopite per lungo tempo si erano svegliate di botto. Quasi come un orso brontolone, disturbato nel suo sonno autunnale, che si alzava di cattivo umore e con tutta l’intenzione di sbranare chiunque avesse avuto l’ardire di interrompere il suo riposino. Allo stesso tempo, nuovi pensieri avevano iniziato a ronzargli in testa, turbandolo, confondendolo…facendogli prendere in considerazione cose che, effettivamente, non aveva mai permesso sfiorassero la sua mente, fino a quando non se le era trovate di fronte.
Kurama, per fortuna era riuscito a metterci una pezza. A calmare quell’uragano tempestoso, aiutandolo a mettere ordine e trovare le sue priorità in quel casino. Dopo essere sceso dai monti, ne aveva parlato anche con Kai. Glielo aveva detto, di suoi padre e anche di Hisakata e conversare con lui era stato ulteriormente d’aiuto nel dipanare quella nebbia e calmare il suo spirito. Ma d’altronde lo Yuki era sempre stato un bravo oratore, avrebbe convinto un mastro dolciario a comprare le caramelle fatte in casa da lui, di questo Yu era certo. Fatto stava che, con qualche battuta, unita a qualche discorso serio e ad un paio di risate era riuscito a fargliela pesare meno e a fargli vedere la cosa più importante: la possibilità di conoscere il suo fratellino. Occasione che suo padre non gli aveva negato, anzi. Quindi per adesso, andava bene così. C’erano cose che restavano in sospeso, ancora. Molte. Ma era inutile prendere ed affrontarle tutte assieme, non andava bene e, al contrario, rischiava d’essere solo dannoso. Piano piano tutti i nodi sarebbero venuti al pettine, ne era sicuro. Ma per iniziare, doveva almeno prendere lo strumento e iniziare e piantare i denti in mezzo ai capelli, no?
Il prossimo passo, sarebbe stato fare due chiacchiere anche con Takumi, davanti ad una bella bottiglia di sakè, avrebbe facilitato le cose. Tuttavia non sarebbe stato quello il giorno. No, quella mattina, rientrando dal turno di notte in ospedale, Kai aveva trovato una busta indirizzata a lui. Veniva da Fuyu-sensei e lo invitava a recarsi nel suo ufficio nel tardo pomeriggio. Non spiegava altro ed era quello l’unico dannato motivo che aveva spinto Yu a mettere il naso fuori dalla porta di casa in quella giornata particolarmente afosa. Almeno non erano le ore peggiori, ma fatto stava che si respirava davvero a fatica. Una cappa d’umidità assurda calava in testa appena si usciva dalle abitazioni e, senza nemmeno fare alcuno sforzo, si appiccicava addosso peggio della resina. Si era legato i capelli proprio per quello e ora sentiva le goccioline corrergli sulla nuca. Odiava l’estate di Kiri. La cosa ironica era che lui era nato proprio nel bel mezzo della stessa. Quasi invidiava Kurama, accucciato su quella piattaforma di ghiaccio…per non parlare di Kai e Fuyu stesso che, da bravi Yuki, era sicuro conoscessero qualche trucchetto utile in casi come quelli.
Sospirò. Chissà che voleva Fuyu-sensei.


« Non dovrei essere io a dirtelo, ma ogni volta che hai a che fare con quell’uomo o finite in ospedale entrambi o ci finisci solo tu. »
Grazie per la cortesia, stavo accuratamente cercando di non pensarci. Anche perché questo fine settimana devo mantenere la promessa fatta a Hisakata.
« Prego. » Rise il demone, con quel vocione profondo che scuoteva da dentro. « A parte questo, cosa pensi possa volere? »
Non ne ho la più pallida idea. Forse un nuovo incarico…dubito mi chiamerebbe nel suo ufficio per qualcosa di diverso.
« …Hai combinato qualcosa? »
Cos..?! NO! E poi sei sempre con me, lo sapresti! Piuttosto…
« Mh? »
C’è una cosa che mi chiedo da quando ha fatto il mio nome per l’ultima missione…Lui sapeva che Shinobi erano stati scelti per la missione congiunta alla mia? Sapeva chi era Aoi? Tu che ne pensi?
« Conoscendo il tipo? Ci metterei tutte le code nel fuoco, ragazzo. »

Già. Sarebbe stato strano il contrario, piuttosto. Agli occhi di Fuyu queste cose non potevano sfuggire di certo e poi, in qualità di Capo ANBU, di sicuro aveva visione delle missioni più complesse e delicate, se non addirittura tutte. Restava il dubbio se ci fosse una motivazione dietro quella mossa del superiore o se, semplicemente, fosse stato il caso a scegliere da un lato Kyōmei Yūzora e dall’altro Hōzuki Aoi che si era portato appresso il piccolo Hisakata. Domande che forse non avrebbero trovato risposta quel giorno, ma che almeno lo distrassero quanto bastava dall’afa da farlo arrivare, quasi senza rendersene conto, al Palazzo del Mizukage. Appena messo piede nella magione di pietra, il refrigerio fu istantaneo, quasi come se finalmente potesse riprendere a respirare. Prese una boccata d’aria importante, nutrendosene come un assetato, prima di iniziare a salire le scale che lo avrebbero portato all’ufficio di Fuyu. Se non ricordava male, era poco prima di quello del Mizukage. Non era che fosse “di casa” in quel palazzo. Ci andava il giusto, di conseguenza non ricordava a menadito dove fosse questo o quello. Per fortuna, però, questa volta la sua memoria non aveva fatto cilecca! Qualche metro prima della porta dove stava il Mizukage - difficile scordarsi la bella segretaria, appostata dietro un banco poco fuori lo studio, ma questo a Takumi non diciamolo - un altro uscio si ergeva solido, nella parete. La targhetta sullo stesso non lasciava dubbi su chi fosse il padrone dello studio, tanto meno sul ruolo ricoperto.
Si asciugò la fronte, Yu, sistemandosi un minimo la coda, avvicinando il pugno chiuso alla superficie lignea, prima di prendere un bel respiro a occhi chiusi, riaprirli e bussare secco tre volte.


Fuyu-sensei, sono Yu, posso entrare?

 
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view post Posted on 14/8/2020, 16:07     +1   -1
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- Accomodati pure, Kyōmei.
Esordì una voce conosciuta, da dietro la porta. Era singolare il fatto che l'uomo non l'avesse chiamato per nome, ma a pensarci bene non c'era poi molto di cui stupirsi. Il leader della Squadra Inseguitori non era il tipo che amava mostrare pubblicamente il proprio coinvolgimento emotivo nei confronti di una persona - e fintanto che il Chunin non fosse entrato e la sua porta alle sue spalle non fosse stata chiusa, avrebbe osservato religiosamente quel distacco ch'era solo professionale. Una volta dentro, il giovane poté vederlo: seduto dietro la sua scrivania, con le braccia adagiate lungo lo scranno ma con la schiena ancora in tensione, nessuna goccia di sudore ad imperlare la sua fronte, persino con quel caldo soffocante. Era come se quel clima non lo tangesse, ma era chiaro che starsene seduti non era minimamente paragonabile all'attraversare a piedi le strade della Nebbia per giungere sin lì. Con una smorfia compiaciuta dipinta sul volto, il Jonin invitò il più giovane ad accomodarsi sulla sedia posta dall'altra parte della scrivania - mentre su quest'ultima, una teiera fumante reclamava i suoi sensi come un fiore fa con un'ape.
- Ne gradisci una tazza, Yu? - ed eccolo, infine, il tono informale che aveva ben pensato di nascondere fino a quel momento - Infuso di fiori di Karkadè, il mio preferito. Devi assolutamente provarlo.
Un assolutamente che non prevedeva obiezioni, quasi come se perfino l'accettare una tazza di tè fosse una questione di gerarchia. Ad ogni modo, una volta conclusi i convenevoli, l'ANBU non perse tempo e infilò le mani in uno dei cassetti della scrivania, tirandone fuori un fascicolo che la Forza Portante del Nove Code avrebbe sicuramente riconosciuto, una volta aperto: era il rapporto che aveva stilato di suo pugno, una volta completata la missione affrontata a Kokuhyō. Fuyu aprì la cartella con calma e la lasciò lì, affinché Yu osservasse la cosa più ovvia. Nessuna nota, o correzione rispetto a quanto lui avesse raccontato. Un lavoro pulito, insomma, di cui poteva indubbiamente andare fiero.
- Un lavoro, come dire... impeccabile? Sì, credo che sia questa la parola giusta. - cominciò, senza riuscire a nascondere la soddisfazione che si era rifugiata dietro le sue iridi plumbee.
- Ma del resto, non mi aspettavo di meglio. Ero certo che avresti fornito un valido contributo per lo svolgimento dell'incarico, malgrado le indagini fossero già state avviate da un'altra squadra. Insomma, sei stato l'uomo giusto, nel posto e nel momento giusto. Pertanto, non posso che rivolgerti i miei complimenti per aver completato l'incarico con zelo.
E sono anche certo che tu abbia almeno un paio di domande da farmi, al riguardo. -
commentò, stavolta con un velo di malizia a coprire il suo sguardo di ghiaccio - Prima, però, ho ancora una cosa da dirti.
Sebbene già da prima il suo corpo non avesse comunicato uno stato di totale rilassamento, la cosa sarebbe divenuta ancora più evidente in seguito. Curvata la schiena in avanti e poggiati i gomiti sul tavolo, Fuyu congiunse le mani e celò le labbra dietro di esse, lasciando che solo i suoi occhi vitrei indagassero il volto di chi aveva davanti.
- L'idea è partita da me, come riconoscimento per il tuo eccellente lavoro. Chiaramente, ho sollevato la questione portandola all'attenzione del Mizukage, il quale ha espresso parere positivo ed ha insistito affinché fossi io a comunicarti la cosa.
Aveva un'aria strana, Fuyu. Aveva parlato di un riconoscimento - qualcosa di diverso da una ricompensa, certo, ma si trattava di un termine che aveva comunque un'accezione positiva nella lingua corrente. Eppure, improvvisamente, l'uomo si era fatto serio e senza scrupoli, aveva abbandonato nel giro di pochi secondi l'atteggiamento informale che aveva mantenuto fino a quel momento. Anche le parole che aveva utilizzato erano state ponderate, lo stesso Yu l'avrebbe compreso subito. Era come se non avesse più davanti il suo sensei, ma un suo diretto superiore che aveva abbracciato un approccio più formale, come per rispettare la solennità del momento. Tutto d'un tratto, gli sarebbe persino parso che la calura estiva si fosse estinta, soffocata da un freddo pungente che il ragazzo aveva già provato sulla sua pelle, ormai molte volte. Ed in ognuna di queste occasioni, era stato messo alla prova, oppure spinto a dare dimostrazione di maturità.
Anche quel caso, ovviamente, non faceva eccezione.

Kyōmei Yūzora. Da questo momento, sei ufficialmente un Jonin di Kiri.

 
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view post Posted on 19/8/2020, 15:09     +1   -1
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Non era ancora abituato ad usare quel termine tanto agognato: sensei. Da quando Fuyu gli aveva concesso di chiamarlo a quella maniera, non aveva avuto effettive occasioni in cui farlo. C’era stata la lunga permanenza in ospedale, l’altrettanto eterna convalescenza a casa e poi quella missione. A conti fatti, escludendo il periodo in ospedale, quella era la prima volta che pronunciava quel termine legandolo all’ANBU, fuori da quelle mura asettiche. Quindi era un po’ strano. Però gli piaceva il sapore che aveva, sapeva di vittoria, d’orgoglio, di qualcosa a lungo desiderato e infine arrivato. Ma c’era anche un altro sapore, o meglio, un odore, che arrivava dritto dritto dalla fessura sotto la porta. Un piacevole lezzo di fiori che, tuttavia, il Rosso non conosceva e non avrebbe saputo collegare ad alcunchè. Ma non era la prima volta che sentiva profumi particolari attorno a Fuyu, se non ricordava male l’ultima volta era qualcosa di simile alla lavanda. Ma erano dettagli.
Non si perse in esagerate elucubrazioni o ansie, quando il superiore si rivolse a lui chiamandolo per cognome, accordandogli il permesso d’entrare. Ormai aveva capito che quel muro di formalità era solamente professionale, quindi piuttosto che preoccuparsene gli venne quasi da sorridere: ci teneva proprio a quelle cose, lo Yuki.
Quando richiuse la porta dietro di sé, lo trovò lì seduto composto dietro la scrivania dello studio. Contrariamente a lui, era fresco come una rosa - come aveva immaginato - ma la cosa più impressionante non era tanto questo, quanto piuttosto quella pericolosa teiera fumante appoggiata sul piano di lavoro. E c’erano due tazze. Due, non una.
Il profumo di fiori arrivava da lì, dall’infuso bollente contenuto nella ceramica finemente lavorata. Ma come si poteva bere qualcosa di così caldo quando c’era un’afa del genere?! Anche per uno Yuki aveva dell’incredibile. Kai non lo faceva, almeno.
Temeva cosa sarebbe accaduto di lì a poco. Di fatto, Fuyu-sensei lo invitò ad accomodarsi con una smorfia compiaciuta ad increspargli le labbra e senza attendere un solo secondo, come faceva sempre, offrì al malcapitato una tazza di infuso. Decisamente più informale rispetto a prima, tanto che riprese a chiamarlo “Yu”, eppure nel modo di elargire quella sua gentilezza da ospite c’era un velo di malizia accompagnato da un imperativo nascosto che non permise al Rosso di fare ciò che normalmente avrebbe fatto di fronte a quell’assassino liquido.


Volentieri.
Preferirei morire.


Sfoggiò il sorriso meno convincente del suo repertorio, accettando la tazza di infuso di fiori di Karkadè, sudando al solo pensiero di dover bere tutto quel decotto fumante. C’erano dei petali che galleggiavano nel liquido rosso. Se non fosse stato così trasparente, avrebbe potuto sembrare sangue. Si sforzò di prenderne almeno un sorso. Sicuramente se lo sarebbe goduto di più in una giornata meno afosa di quella. Avvicinare le labbra al bordo della tazza lo fece sciogliere in un mare di sudore, però in effetti il sapore era davvero buono e il profumo inebriante. Fu inevitabile chiedersi ancora una volta come potesse un ANBU, con la nomea e la fama di Fuyu, essere un appassionato di tè. Ma come in altre occasioni, non trovò alcuna risposta.
Fortunatamente quel singolo sorso bastò per concludere i convenevoli. Posata la tazza sul piattino, entrambi finemente rifiniti con decori fini e ben curati, il Capo ANBU non perse tempo ed estrasse da uno dei cassetti della scrivania un fascicolo, racchiuso in una cartella blu scuro, piuttosto nuova. Tanto che, così sul momento, Yu pensò che stesse per affidargli un incarico. Ma non appena aprì l’involto, il Rosso ebbe modo di riconoscere, in pochi istanti, il pugno di chi l’aveva scritta. Era la sua calligrafia, quella! Di conseguenza quel fascicolo doveva essere quello che aveva stilato pochi giorni prima, circa la missione svolta a Kokuhyō. Osservò le pagine aperte, colme di ideogrammi su ideogrammi, tutti suoi. Solo suoi. Non c’era alcuna nota a margine, nessuna sottolineatura, nessun appunto su cosa avrebbe potuto fare meglio o in maniera più efficiente. Niente. Le pagine erano straordinariamente pulite. Un lavoro da manuale, come sottolineò Fuyu dopo avergli dato modo di arrivarci da solo.
Gli occhi verdi del Chunin si alzarono ad incontrare quelli plumbei del sensei, scorgendovi una soddisfazione che andava di pari passo con l’appagamento che provava Yu. Benchè da parte sua vi fosse una piccola nota di malcontento circa il confronto diretto con Izumi, in linea generale era fiero di come aveva gestito la missione, soprattutto visto e considerato l’imprevisto di suo padre redivivo. E a quanto pareva aveva ragione d’esserlo, se anche Fuyu-sensei si stava complimentando con lui. Non era tipo da elogiare più di tanto, l’ANBU, anzi. Quei rari momenti in cui lo faceva erano da prendere e conservare come fossero pietre preziose, tanto erano unici. Quindi Yu non poteva che esserne doppiamente orgoglioso, anche se, ultimamente, in effetti, lo faceva un po’ più spesso.


Arigatō, sensei. Ringraziò, accennando un inchino col capo. Ho fatto solo il mio dovere. E diceva bene il superiore! Aveva diverse domande da fargli a riguardo e stava quasi per iniziare a porgliele, se Fuyu non l’avesse bloccato con quel pizzico di malizia a velare gli occhi plumbei.

« Ah! Che ti dicevo? Ci avrei messo tutte le code sul fuoco che l’Altro Ghiaccio centrava qualcosa! »
Sì, ma sembra che la nostra curiosità dovrà attendere. Che altro avrà da dirmi?
« Beh, della missione avete già parlato. Forse questa volta è davvero un nuovo incarico. »
Stiamo a vedere.

Sembrava volesse parlargli di qualcosa di importante, o quanto meno impegnativo, perché puntellò i gomiti sulla scrivania nascondendo la bocca dietro le mani con le dita incrociate. Una posizione particolare, di certo non la si prendeva quando si voleva parlare del più e del meno, tant’è che anche Yu si fece più serio e attento, soprattutto quando il superiore sciorinò quell’introduzione, parlando di un riconoscimento partito da lui, passato per il Mizukage, e tornato nuovamente nelle sue mani per essere comunicato al Rosso. Un riconoscimento a lui?
Per cosa? Non è che avesse fatto poi chissà che cosa, no? Aveva svolto le sue missioni, il suo lavoro, non gli sembrava di aver fatto altro…quindi di che cosa parlava Fuyu-sensei?
Si era fatto incredibilmente serio mentre parlava, recuperando una formalità che, fino a poco prima, aveva messo da parte. Anche quel discorso era stato accuratamente ponderato, pensato, dandogli una solennità che in quel momento il Rosso non si aspettava. Era come se di punto in bianco l’ANBU avesse voluto fargli comprendere l’importanza di ciò che stava per dirgli e per sottolinearla avesse perso la veste di sensei, per mettersi nuovamente quella di superiore. Era strano…da un certo punto di vista quasi preoccupante, benchè la premessa non sembrasse nulla di brutto, tutt’altro! L’atmosfera si era fatta pesante, densa di parole ancora non dette e delle domande che stavano ingarbugliandosi come un gomitolo nella mente di Yu. Anche l’afa era sparita, fagocitata da un gelo pungente e penetrante che il Chunin conosceva bene. Ogni volta che quel freddo aveva lambito la sua pelle, era stato messo alla prova dall’ANBU. Prima per vedere se fosse all’altezza di partecipare al recupero di Kai e dei ragazzini rapiti, poi per constatare se fosse un pericolo o meno per il Villaggio. In ognuna di queste occasioni, Yu era stato spinto a dare tutto sé stesso, sempre. In ognuna di queste occasioni Fuyu aveva lasciato un segno su di lui - non per forza fisico - e, gli piaceva pensare, di aver fatto altrettanto. Anche se non sapeva questa volta cosa volesse che dimostrasse, fu inevitabile, quasi una reazione automatica irrigidirsi sul posto e far spaziare gli occhi a destra e a manca, come se si aspettasse un attacco da un momento all’altro. Uno spiedo, una qualche stalattite di ghiaccio. Ma nulla di tutto questo arrivò. Furono solo parole. Parole che, però, avevano un peso non indifferente e che lo lasciarono di stucco, richiamando la sua attenzione sullo sguardo senza scrupoli del superiore. Aveva veramente sentito bene? Lui un Jonin di Kiri? Yu il rifiuto, quello snobbato dal padre e dal proprio clan perché non ne aveva ereditato la linea di sangue, quello cresciuto in orfanotrofio e che aveva trovato rifugio nel Gruppo Awa.


« Quello che ha salvato suo fratello, è sopravvissuto ad un disastro globale e che può vantarsi d’essere il portatore di Kurama, la Volpe a Nove Code. »

Ma c’era di più. Quella proposta era arrivata da Fuyu-sensei. Era lui ad essersi preso la responsabilità, ad aver fatto da garante, ad essersi esposto con Hayate-sama affinchè quella promozione fosse possibile. Non era una cosa da niente. Significava che credeva pienamente in lui e che qualsiasi errore avesse commesso da quel momento in avanti, in un certo qual senso sarebbe ricaduto anche sulle spalle dell’ANBU. Non sapeva proprio cosa dire. Era senza parole di fronte a quella dimostrazione di fiducia, onorato più che soddisfatto. Gli piaceva pensare - anche se magari non era vero - d’essere uno dei pochi privilegiati ad avere avuto quell’opportunità su suggerimento dello Yuki. Per lui era importante.
Tant’è che, dopo quel primo istante di sbigottimento, si alzò in piedi di scatto, sull’attenti.


Ryōkai-desu! Non “grazie”, ma “gli ordini”, dando egli stesso al tutto una sfumatura di formalità, aggiungendo quel -desu che di solito con Fuyu non utilizzava. Perché quello, per quanto fosse un riconoscimento e un onore, non era qualcosa a cui rispondere con dei ringraziamenti. Fece però un ampio inchino di rispetto, tanto che la punta della coda quasi si pucciò dentro la tazza di infuso di fiori di Karkadè. Farò in modo di non tradire la fiducia che mi è stata accordata.

 
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Farò in modo di non tradire la fiducia che mi è stata accordata. Era stata questa la promessa di Yūzora, parole impregnate di convinzione e gratitudine. Un discorso che avrebbe dovuto compiacere il suo superiore, ma che in realtà sembrò lasciarlo dubbioso in una prima istanza. Almeno, finché non sorrise, malizioso.
- Oh, lo spero. Anche perché, lo vedremo presto. - ribatté prontamente, con un tono che non pareva certo minaccioso, ma che nascondeva sicuramente un pizzico di malizia. Per un momento, il giovane neo Jonin poté percepire il freddo pungente di quella stanza farsi più intenso, a dimostrazione che sì, stava per essere messo di nuovo sotto esame. A quel punto fu chiaro che l'ANBU non l'avesse convocato soltanto per promuoverlo... ma qualunque fosse il reale motivo del suo richiamo, avrebbe dovuto attendere ancora per qualche minuto.
- Forse ti sembrerà un discorso scontato, ma essere un Jonin non rappresenta soltanto uno dei più grandi onori a cui uno shinobi di Kiri possa ambire. È una carica impregnata di oneri e responsabilità. Non solo ti verranno affidati incarichi sempre più delicati e cruciali per le sorti della nazione, ben presto ti renderai conto di quanto pesante possa essere il fardello che comporta l'essere un capo. Un leader.
Sì, in effetti era davvero un discorso scontato, perché era chiaro che il Rosso fosse già al corrente di cosa potesse comportare quella promozione. Qualcosa che Fuyu no Yuki decise di ignorare volutamente, per metterlo ugualmente a conoscenza di cosa l'avrebbe atteso... o meglio, di cosa lui si aspettava di veder maturare in quel ragazzo che, tempo addietro, era stato il primo nella storia di Kiri a sopravvivere alla sua trappola mortale, la prova del tetto.
- Tuttavia, da questo momento in avanti toccherà a te decidere del tuo futuro. In qualità di Jonin, potrai essere messo al comando di un team e ti troverai costretto a comandare dei sottoposti, con tutto ciò che una simile responsabilità comporta. O in alternativa, potresti entrare a far parte di una Squadra... - come quella ANBU, un'eventualità che non si era mai sentito di escludere. Rimanendo puntato sulle iridi del ragazzo, il suo sguardo plumbeo si fece ancora più affilato.
- So bene cosa ci siamo detti, tempo fa, in quella camera d'ospedale. Tu non vuoi essere un'arma, o uno strumento. Non ti basta, così mi hai detto. Egoisticamente, oltre che una lama, vuoi essere anche la mano, il braccio e la testa. Allora, ti dissi che non saresti mai stato un ANBU, perché forse eri destinato ad imprese più grandi. È una cosa che penso anche adesso. Credo che, un giorno, tu possa diventare un ottimo leader, in grado di avere una perfetta visione d'insieme...
Silenzio. Il freddo giunto al suo culmine, tanto da congelare il contenuto di tazze e teiera... e costringere Yu a fare qualcosa per combatterlo, come stringersi tra i suoi stessi indumenti.
- ... tale addirittura da prendere il mio posto, se necessario.
Non era uno scherzo. Lo Yuki stava davvero mettendo Yu di fronte alla possibilità di ereditare, in caso di necessità, la sua carica e divenire egli stesso un Generale, nonché il leader della Divisione Inseguitori della Squadra Speciale ANBU della Nebbia. Certo, Fuyu non aveva intenzione di dimettersi a breve, o di lasciare le penne in chissà quale incarico pericoloso, ma cose del genere - in particolar modo la seconda opzione - rappresentavano eventualità non trascurabili, anzi pressoché all'ordine del giorno nella vita di un ninja al servizio di una nazione enorme come il Paese dell'Acqua. Ad ogni modo, sebbene il suo superiore lo stesse praticamente riempendo di elogi, il Rosso avrebbe compreso perfettamente che qualcosa non andava. Era come un piccolo neo in un bel viso, una lieve stonatura in una melodia altresì perfetta ed armonica. Un dubbio che doveva averlo colto da subito, quando l'uomo che aveva di fronte l'aveva punzecchiato, come per mettere in esame la promessa che aveva fatto dopo aver ricevuto la promozione.
- Ciò ci porta al vero motivo per cui ti trovi qui, Yu. Per la tua iniziazione, per dimostrare che meriti davvero la fiducia che io ti sto accordando.
Non Kobayashi Hayate, non Kiri, né qualcun altro. Solo lui, Fuyu no Yuki. Perché in fondo, era stato così sia dal principio. Quel ragazzo sopravvissuto alla sua prova lo aveva prima incuriosito, poi convinto a dargli una chance, infine persino costretto a scavalcare lo stesso Mizukage, per mettere alla prova la sua affinità con il Kyūbi. Forse senza la sua guida avrebbe comunque fatto strada, considerando la sua determinazione e le sue capacità, ma era indubbio che lo Yuki avesse giocato un ruolo fondamentale nella sua crescita, sin dal primo momento. E anche in quel momento, stava praticamente scommettendo tutto sul Rosso.

Ma una scommessa, chiaramente, può anche essere persa.
Per questo motivo, con una calma che forse stonava con quel momento di pathos, l'ANBU si alzò dal suo scranno e diede le spalle al giovane, avvicinandosi all'enorme finestra che troneggiava nel suo studio. Congiunse le mani dietro la schiena, guardando fuori, verso le strade di Kiri... o forse ancora più lontano, là dove poteva nascondersi quel ragazzo.
- Abbiamo scoperto che è ancora vivo. Netsubō, proprio lui. Momochi Shi.

 
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Se senti rumore di zoccoli, non pensare alla zebra, pensa al cavallo.

Era così che si diceva, no? E beh, il rumore degli zoccoli Yu lo aveva sentito eccome, a partire da quell’affermazione maliziosa dello Yuki, fino ad arrivare al costante aumento di gelo all’interno della stanza, del tutto in contrasto con gli apparenti elogi che stavano fluendo dalla bocca del suo sensei. Aveva ascoltato con attenzione tutto il discorso di Fuyu, una volta rimessosi eretto dopo il suo inchino, ed era come se mano a mano che andava avanti avvertisse sempre più chiaramente che qualcosa non andava, che da un momento all’altro sarebbe arrivata la cosiddetta “fregatura”. D’altronde l’aveva capito di essere nuovamente sotto esame, tuttavia questa volta non riusciva a capire per cosa - o preferiva non vederlo. Era lì in attesa, assorbendo parola dopo parola tutto quello che il superiore stava dicendo, anche quel discorso scontato su cosa significasse diventare un Jonin…ai suoi orecchi sospetto tanto quanto il sorriso scaltro che aveva solcato il viso dello Yuki, giusto pochi attimi prima. Era come se Fuyu gli stesse elencando delle cose, come se volesse riportargliele alla mente, metterle in evidenza. Il suo futuro era certamente importante e la scelta della strada da intraprendere per nulla banale, tuttavia non capiva quella veemenza nel piazzare le carte in tavola una dopo l’altra e lo sguardo plumbeo dell’ANBU, sempre più affilato e piantato dritto sul suo, cozzava in maniera netta con tutto ciò che stava venendo detto.
Il freddo raggiunse il suo culmine nel momento in cui il castano toccò l’argomento che avevano trattato in ospedale, al risveglio. Quel giorno, come gli aveva ben ricordato Fuyu, gli aveva detto che non sarebbe mai stato un ANBU, ma che forse era destinato ad imprese più grandi. Imprese che Yu non aveva idea quali potessero essere e nemmeno in quel momento ne aveva, mentre si stringeva in quegli stracci estivi, incrociando le braccia nel vano tentativo di contrastare quel freddo che si era fatto talmente intenso da riuscire a congelare l’infuso bollente nella sua tazza, crepandola per l’improvviso sbalzo di temperatura. Stava tremando quando Fuyu gli disse che un giorno forse sarebbe stato in grado di prendere il suo posto, facendo scordare per pochi istanti al giovane neo Jonin quelle sferzate gelide e pungenti che lo stavano vessando. Lui? Prendere il posto di Fuyu? Ma se aveva detto che non poteva essere un ANBU, come avrebbe potuto ricoprire un giorno la carica di Capo degli stessi? Non riusciva proprio a capire. Va bene che anche in ospedale i due erano risultati concordi sul fatto che nemmeno Fuyu fosse solamente un’arma prima di volontà propria, tuttavia da qui a dire che il Rosso avrebbe potuto succedergli ce ne passava di acqua sotto i ponti. Senza contare che il rumore di zoccoli si stava facendo ogni istante più forte e il vincolo delle parole uscite dalla bocca di Yu poco prima, sempre più stretto. Quasi un cappio attorno al collo.
E dire che lo aveva sempre pensato che le parole creassero dei legami pericolosi. Finchè restano rinchiuse nella propria testa sono solo dei pensieri volatili e leggeri, un momento ci sono, un momento dopo non più. Ma quando escono dalla bocca, diventano reali. Vincoli veri e propri, promesse, giuramenti, cose che non permettono via d’uscita se non spezzandoli. Ma c’erano parole che non potevano essere rimangiate…parole che erano false già nel momento in cui venivano pronunciate, sebbene in buona fede. Eppure lo sapete cosa si dice, no? “La strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni” e Yu lo avrebbe scoperto da lì a pochi attimi. Ingobbito nel tentativo di scaldarsi, osservò il suo sensei alzarsi dalla poltrona, incredibilmente calmo, incredibilmente serafico nonostante la carica che aveva dato alla dichiarazione precedente circa l’iniziazione del neo Jonin. Fuyu gli volse le spalle, dirigendosi verso l’ampia finestra che stava dietro la sua scrivania e che dava sul villaggio. Con le mani congiunte dietro la schiena, sembrava guardasse proprio lì, tra le strade di Kiri, ma Yu era certo che quegli occhi plumbei stessero guardando lui nel riflesso del vetro. Quando, infine, l’ANBU parlò, fu come se tutto gli crollasse attorno. Nel silenzio quasi assoluto dello shock di sentire proprio quelle parole, in quella stanza restarono solamente lui, il superiore, la finestra e il suo cuore che gli pompava impazzito direttamente negli orecchi.
Se gli avessero chiesto quale potesse essere il suo incubo peggiore, ebbene era quello lì. Promettere qualcosa di inavvertitamente stupido e vincolante, pentendosene pochi attimi dopo. Rischiare di perdere, in una manciata di secondi, tutto quello che aveva costruito, tutto per la sua dannata boccaccia. Dire che fosse nella merda era un eufemismo. Se stavano indagando su Shi, quella che Fuyu gli aveva appena dato era un’informazione riservata. Ma chi andava a dare informazioni riservate così a buon mercato? Dubitava fosse un moto di indulgenza dell’ANBU, quindi non restava molto da capire: lui sapeva che Yu era a conoscenza di qualcosa e aveva taciuto. O, quanto meno, lo immaginava. O chi lo sa, magari cercava solo una conferma. In ogni caso non era una bella situazione quella in cui si trovava il Rosso. Sapeva che se avesse mentito o dissimulato per salvare il culo a Shi, lo Yuki lo avrebbe sgamato subito. Lo conosceva e se aveva anche solo un sospetto che lui avesse qualche informazione, era quanto bastava per mandarlo in bestia di fronte ad una sfacciataggine simile. D’altro canto dire la verità avrebbe significato vendere Shi. Non c’era una scelta che lo facesse uscire con le mani pulite, Fuyu aveva usato le sue stesse parole contro di lui, incastrandolo in una situazione che dire pericolosa era poco.


« Sei proprio sicuro sia stato lui a metterti in una situazione pericolosa? » Il vocione possente di Kurama, si insinuò in quella bolla soffocante di pensieri. « A me sembra piuttosto che ti stia dando un’occasione. »
Rimase in silenzio Yu. In quel momento la rabbia stava minacciando di prevalere sulla ragione. Si sentiva messo all’angolo, costretto ad una scelta che non gli piaceva e che non voleva prendere, ma che sapeva avrebbe dovuto fare.
« Pensaci Yu, dannazione! Saresti qui altrimenti? »
Lo so, cazzo! LO SO! Certo che lo sapeva. In una situazione normale, Fuyu non si sarebbe preso la briga di dare quell’opportunità. Il malcapitato di turno sarebbe finito legato da qualche parte, interrogato, torturato, finchè la verità non fosse uscita dalle sue labbra. Sapeva che, in un certo qual modo, quel metterlo alle strette del superiore era anche un tendergli la mano. Però… Ma è Shi! Tu ti fideresti di qualcuno che alla prima occasione buona ti sputtana come nulla fosse?
« Di grazia ragazzo, ti sembra sia questa “la prima occasione buona” che hai avuto? Mattaku…e dire che quando siamo tornati da Fukagizu, appena si sono calmate le acque mi hai denunciato subito. Dovrei sentirmi offeso, sai?! » Sbuffò, ringhiando. « Si può sapere da cosa deriva questa tua assoluta abnegazione nei confronti di quello spilungone di un Tanuki spelacchiato? Ho i tuoi stessi ricordi, ma francamente trovo ti abbia messo più nei guai che altro e questa storia è solo la ciliegina sulla torta. »
Io non credo nell’assoluta abnegazione, lo sai. Severo, quasi piccato. Ma Shi è mio amico.
« E spiegami…tra “amici” umani si tende a mettersi nella merda l’uno con l’altro e poi andarsene senza dare un minimo di spiegazione? Perché è questo che ha fatto e non venirmi a dire di no, che lo so che la cosa ti ha infastidito non poco. »

Purtroppo era la verità. Discutere con Kurama era un po’ come discutere con la parte lucida di sé stessi. E c’era davvero poco da obiettare. Dal giorno in cui aveva avuto quel biglietto tra le mani, quante volte aveva tradito la Nebbia per parare il culo a Shi? Quante? Aveva avuto mille occasioni per parlarne alle autorità, dall’attimo in cui aveva trovato quel foglio tra le bollette, a quando si era recato dal Mizukage per Kurama, a quando Fuyu aveva tirato fuori quell’argomento in ospedale. La sua situazione era già critica ora, se avesse perpetrato quell’atteggiamento mentendo ancora non avrebbe avuto più alcuna giustificazione. Avrebbe significato rifiutare quella mano tesa, sputare sulla fiducia che Fuyu gli aveva accordato e che, anche ora, anche dopo che quella fiducia già era stata calpestata, voleva ancora dargli. Si sentiva abbastanza un verme in quel momento, sotto tutti i punti di vista. Un’anima nuda, vessata dal gelo, pronta ad essere giudicata e scaraventata nello Yomi.

« Yu, non sempre la cosa giusta è anche quella più facile. Hai fatto abbastanza per il tuo amico, non ti pare? Ora è il momento che tu faccia qualcosa per te stesso, prima che sia troppo tardi. »

E lo sapeva, il Rosso. Lo sapeva che un’azione umana compiuta in buona fede, difficilmente era vista allo stesso modo nel mondo degli Shinobi. Sapeva che, nonostante la sua cocciutaggine nel tenere quel segreto sigillato nella sua mente, prima o poi sarebbe venuto fuori. Sapeva anche che se non avesse ceduto, probabilmente sarebbero passati ad interrogare altre persone, vicine a lui, vicine a Shi. Persone che magari non sapevano nulla davvero, come Kai, ma che sarebbero state coinvolte solo per quel suo egoistico ed ipocrita desiderio di non macchiarsi, di non tradire un amico. Ma proprio a causa di questo, Yu si era macchiato già da tempo e di un tradimento forse anche più sporco e profondo.

Basta così. Non aveva tolto un attimo gli occhi da quelli plumbei riflessi nel vetro. In quei lunghi momenti di silenzio reale e discussione interiore che avevano preceduto quelle parole, diverse emozioni sarebbero passate ugualmente sul suo viso. Da un’iniziale indignazione commista a rabbia, alla palese rappresentazione di quella lotta etica che il Rosso aveva combattuto tra sé e sé, fino ad arrivare all’accettazione finale. Se non fosse stato così raggrinzito dal freddo, sicuramente Fuyu avrebbe visto le sue spalle abbassarsi, in un moto di rassegnazione. Sospirò, Yu, e una nuvoletta di condensa si formò davanti la sua bocca, prima che prendesse di nuovo parola. Aveva deciso. Sì. Confermò a quell’ultimatum travestito da affermazione. E’ vero. Ci fu quindi un lungo attimo di silenzio, prima che riprendesse parola. Attimo in cui, per la prima volta, il Jonin si rese conto di quanto ammettere quella verità gli stesse dando sollievo, di quanto in realtà quel segreto gli fosse pesato, gravando sulla sua coscienza silenzioso, portandolo piano piano ad affondare assieme a lui. E nonostante lo sapessi non l’ho detto ad anima viva, anche quando avrei potuto. Di fatto, tradendo ripetutamente e deliberatamente la Nebbia, il Mizukage…e peggio, te, Fuyu-san. Non si permise nemmeno di chiamarlo ancora “sensei”. La voce gli tremava e non era solo per il gelo pungente che gli penetrava le carni fino nelle ossa. Aveva la sensazione di star perdendo tutto e che mai avrebbe più recuperato quello che si era illuso di aver ottenuto. Le scuse non servono a nulla arrivati a questo punto, ma come ho detto quel giorno all’ospedale, sono pronto a prendermi le mie responsabilità. Cercò di raddrizzarsi un poco, di fermare la voce e darsi un contegno, prima di concludere. Quindi fai pure ciò che devi.

 
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view post Posted on 2/9/2020, 12:08     +1   -1
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Per tutto il tempo, non aveva tolto gli occhi di dosso dal Rosso. Lo aveva osservato attraverso il riflesso della finestra, sapendo per certo che anche lui stesse facendo lo stesso, affinché il contatto fra i loro occhi non si spezzasse. Indagatrici, le iridi plumbee dell'ANBU avevano valutato ogni movimento, qualsiasi reazione, anche involontaria. Era chiaro, per Yūzora, che il superiore fosse già al corrente di quanto gli aveva rivelato - o che, quantomeno, ne avesse avuto il sospetto, sin da quando aveva tirato fuori l'argomento in ospedale. Pertanto, era palese che in quel momento Fuyu non stesse cercando né la verità, né una confessione. Il suo obiettivo, infatti, era ben più intimo ed egoistico, da un certo punto di vista. Lui per primo, non si era ancora perdonato per la leggerezza con la quale aveva accolto le dimissioni di Shi, occasione che gli aveva dato il tempo di pianificare la sua fuga ed inscenare la sua dipartita. Un pentimento, il suo, che il neo Jonin forse non avrebbe potuto immaginare nemmeno nelle sue fantasie più feconde, un errore che lo aveva costretto a cercare altro, perlomeno dall'unica persona che potesse realmente credere vicina, nonostante la chiara confessione dell'omissione svolta. Lealtà. Di ciò aveva bisogno, questo intendeva ottenere dal Rosso. Null'altro. Del suo pentimento, poteva farne a meno - perché dopotutto, aveva imparato a conoscerlo, ed era chiaro che si stesse già maledicendo per aver taciuto per tutto quel tempo, rischiando di compromettere il loro rapporto, così come la fiducia che il più grande gli aveva accordato.
E infine, l'aveva ottenuta. Non senza difficoltà, certo, non precocemente come avrebbe sperato. Ma a quel punto, poco importava. Se il giovane si era detto pronto ad assumersi le sue responsabilità, lo sarebbe stato anche a non commettere per una seconda volta lo stesso errore - questo, perché conscio del fatto che Fuyu gli stesse tendendo la mano per far sì che rimediasse al suo sbaglio. Un'occasione unica, irripetibile, che mai più si sarebbe ripresentata qualora avesse avuto l'ardire di compiere nuovamente una decisione sbagliata, senza prima aver richiesto un suo parere sull'argomento.
- Ciò che devo, dici.
La voce ferma, il gelo nella stanza divenuto talmente opprimente da lastricare l'intera finestra, spezzando con un velo di ghiaccio opaco il contatto visivo tra i due shinobi. Fu solo allora che Fuyu si voltò, lentamente, con le mani ancora dietro la schiena, ripristinando in maniera diretta la comunicazione tra i loro sguardi. Nei suoi occhi, il Rosso avrebbe incontrato una gelida impassibilità, ma era chiaro che dietro quella maschera si stessero celando emozioni contrastanti. Delusione, rabbia, sollievo. Indovinare non era facile, in quel momento era più come pescare una carta qualunque dal mazzo e tentare di riconoscerla, senza alcun aiuto.
- Sai bene che, se avessi voluto prendere provvedimenti nei tuoi confronti, a quest'ora non ti troveresti nel mio ufficio e non avresti avuto la possibilità di confessare ciò che hai fatto. E allo stesso modo, Yakamoto Urako si sarebbe trovata spogliata dei suoi titoli e privilegi, fino alla conclusione delle indagini. Non ti avrei nominato Jonin, se dal principio la mia intenzione fosse stata quella di punire la tua omertà secondo la legislatura vigente.
Come minimo, l'avrebbe atteso la reclusione, poi interrogatori pesanti e snervanti, fino al raggiungimento di un verdetto definitivo. Un esito che, indubbiamente, non poteva che essere infausto. Eppure, Kyōmei Yūzora era stato lodato per l'eccellente lavoro svolto a Kokuhyō ed infine ricompensato. Perché in fondo, il Rosso ci aveva visto giusto. Fuyu, malgrado tutto, voleva ancora accordargli la sua fiducia. Stava a lui, adesso, evitare di tradirla nuovamente e di ricompensarlo a sua volta, con la sua lealtà e con i risultati che il più grande sperava che lui ottenesse.
- Tuttavia... - riprese lui, alzando leggermente la voce - Non posso far finta che ciò non sia mai accaduto. Sto per offrirti un'opportunità, Yūzora, starà a te decidere se coglierla o affrontare le tue responsabilità, privo però del mio sostegno e della mia protezione.
Un do ut des. Far sì che il Rosso ripagasse il suo debito, in cambio dell'assoluzione da tutte le accuse. Era terrificante la calma con la quale lo Yuki stava parlando, senza mostrare rabbia, ma soltanto qualcosa di ben più prezioso. Opportunità, fatti, azioni e conseguenze. Pragmatico e risoluto, avrebbe ottenuto ciò che desiderava... oppure, avrebbe lasciato che il suo allievo affrontasse il suo destino, da solo.
- Da oggi, diventerai un ANBU della Nebbia. Oltre me, non avrai nessun superiore a cui dover rendere conto delle tue azioni, anzi... sarai tu stesso, per mia autorità, investito della leadership per coordinare una squadra, con un solo obiettivo. Trovare Shi e riportarlo a Kiri.
Non ucciderlo, ma consegnarlo alle autorità. Qualcosa che, quasi sicuramente, poteva coincidere con una condanna a morte, rimettendosi alla legislatura attualmente in vigore.
- Avrai facoltà di agire come meglio credi, una libertà assoluta su tutto. Sia per la pista da seguire, che per la scelta dei membri del tuo team. Non mi importa chi siano, se ANBU o normali shinobi della Nebbia. Così come non mi importa di ciò che farai, per arrivare al tuo obiettivo. L'unica cosa che conta, è che tu mi dimostri di non aver commesso un errore, a puntare su di te. Pertanto, da questo momento, farai rapporto a me soltanto.
Se accetti, inizierai oggi stesso, interrogando un testimone chiave che abbiamo arrestato ieri mattina.

Era il momento cardine di quella storia, l'apice di quel crescendo vertiginoso di tensione, senso di responsabilità e promesse infrante. Questa era la mano che Fuyu no Yuki gli stava tendendo. Era certo che non ce ne sarebbe stata un'altra, a quel punto. Il loro rapporto, ciò per il quale entrambi avevano sudato e lavorato duramente, si trovava in bilico, appeso ad un filo sottilissimo che poteva spezzarsi da un momento all'altro.

A Yūzora - e a lui soltanto - spettava la decisione finale, dalla quale non sarebbe mai potuto tornare indietro senza rischiare la sua stessa vita.
Afferrare quel filo per le estremità e tenderlo, per salvare ciò che aveva costruito e ottenuto con Fuyu.
Reciderlo di netto e lasciare che il loro rapporto crollasse, così come aveva fatto il castello di alto edificato con le sue stesse menzogne.

 
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view post Posted on 5/9/2020, 16:31     +1   -1
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E cos’era che avrebbe dovuto fare un ANBU? Qual era il suo dovere di fronte ad una cosa del genere? Sicuramente non dargli la possibilità di confessare come, invece, stava facendo Fuyu. Bastava un sospetto alla Nebbia per condannare a morte qualcuno e Yu era cosciente del fatto che, normalmente, a quest’ora si sarebbe dovuto trovare riverso in qualche fosso. Ma quella era solo l’aspettativa più rosea, perché la prassi più lunga voleva che venisse torturato, forzato a rivelare ciò che sapeva, imprigionato e poi portato davanti alla corte per essere giudicato - colpevole - e conseguentemente giustiziato. Un decorso lungo, doloroso che avrebbe portato alla medesima conclusione ovvia. A lui, però, non era andata così. E non sapeva dire se fosse peggio o meglio del normale sviluppo che avrebbero preso i fatti, in una situazione qualsiasi. Perché faceva male comunque. Sapeva di essere dalla parte del torto nei confronti di Fuyu e sapeva che, ormai, non poteva più giocare a fare l’amico che parava il culo a quello che se n’era andato. Alla fine era così. La scatola gli era stata aperta davanti e, il gatto, piazzato direttamente in braccio. Shi era vivo. Era vivo davvero. Non si era mai consesso il lusso di crederlo fino in fondo per non restarci deluso…e in un certo senso si era nascosto dietro questa incertezza, dietro questo cinquanta e cinquanta del gatto chiuso in una scatola con il veleno…e guarda cos’era successo: stava perdendo tutto ciò per cui aveva lottato fin da quel giorno sul tetto. Gli scivolava via dalle dita, come il velo di un’illusione, come la forza nelle gambe strappata dal gelo che divenne così opprimente da costringerlo in ginocchio. Rannicchiato su sè stesso, cercando di mantenere quel po’ di calore corporeo che aveva, alzò nuovamente gli occhi cercando quelli dell’ANBU. Ma la finestra era un velo opaco di ghiaccio, ormai, e fu il viso di Fuyu ad accoglierlo stavolta. Per quanto fosse sempre lì, a pochi passi dalla scrivania, c’era una distanza incalcolabile tra loro. Messa di proposito, esasperata di proposito, e illeggibile, come illeggibili erano le emozioni dello Yuki. Gli occhi plumbei non lasciavano capire nulla di ciò che gli passasse per la testa in quel momento, era come affondare nel buio. Ma un buio denso, che si appiccicava alla pelle e soffocava.
Ascoltò le parole del superiore in religioso silenzio, subendole come pugnalate per quanto fossero cose che aveva già capito e che, in qualche modo, lasciavano intravedere un piccolo barlume di speranza. Non filò nemmeno troppo sopra a quei “titoli e privilegi” citati in riferimento ad Urako, non era il momento. Perché era chiaro che, nonostante Fuyu non volesse prendere provvedimenti nei suoi confronti, ci fosse dell’altro. Un’opportunità la chiamava lui. Ed era passato a rivolgerglisi col nome completo.
Brutto segno. Quando gli adulti lo facevano non era mai per introdurre un bel discorso. E la tranquillità con cui l’ANBU stava esponendo il tutto, faceva venire i brividi più del gelo sferzante. Respirare faceva male, ormai. La gola e le labbra secche. Ma quel “Yūzora” faceva più male di tutto il resto. Almeno così credeva. Poi arrivò la fantomatica proposta.

Diventare un ANBU, mettere assieme una squadra, trovare Shi e riportarlo a Kiri.

Questo gli veniva offerto. Era questa la via d’uscita che Fuyu aveva per lui. Libertà assoluta nella scelta dei propri compagni e dei metodi, leadership e la sua unica e sola supervisione. Il tutto sulla pelle di Shi, che, consegnato al Villaggio, non ci voleva una fantasia astrusa per capire che fine avrebbe fatto. Gli veniva la nausea anche solo a pensare di farlo. Come poteva anche solo credere lo Yuki che avrebbe accettato di diventare parte di una Squadra sul sangue di un suo amico?! Era questo il prezzo della sua fiducia? Davvero una fiducia di poco valore, allora, se aveva bisogno di questo per essere rinsaldata.
Rannicchiato dov’era lanciò un’occhiata eloquente al superiore. Rabbia cieca. Sdegno per quella proposta che, così, a botta calda, gli sembrava senza senso ed impossibile. Avrebbe preferito farsi torturare a sangue, piuttosto che fare una cosa del genere.


« Che cazzate ti saltano in testa?! La tua vita non vale meno di quella dello Spilungone, ragazzo! Se ti sentisse il Ghiaccio, ti picchierebbe a dovere, e lo farei pure io potendo. Già te lo sei scordato? Chi non ha rispetto per la propria vita, non può proteggere quella degli altri. »
Non posso accettarlo! E’ come se questa promozione fosse fatta solo a quello scopo. E’ sporca. Non mi piace l’idea di entrare negli ANBU sulla pelle di Shi.
« Tanto sveglio, quanto ottuso… » Un mormorio a zanne strette quello della Volpe. « Devi smetterla di guardare tutto questo attraverso i peli della coda. Ragiona, dannazione! Ti ha fatto Jonin. Ti ha detto che potresti essere il suo successore. E questo è stato prima di iniziare ad entrare nell’argomento dello Spilungone. Se davvero il suo unico scopo fosse quello di farti diventare parte dei suoi “cani”, pensi davvero che te lo starebbe chiedendo? In questi termini soprattutto. » Ci fu un momento di silenzio da parte del neo Jonin. Chiuso tra i suoi pensieri confusi, rifletteva sulle parole di Kurama che, compreso di aver forse trovato una breccia di ragione rincarò la dose. « Yu…Non si è mai trattato di lui dall’inizio di questa conversazione, capisci? »

No, non capiva. Se non si trattava di Shi allora di cosa si trattava? Strinse i denti e pugni, abbassando gli occhi, stringendosi più su sé stesso per combattere il gelo. Cos’era che gli stava sfuggendo? Fino a poco prima credeva di aver capito…pensava di aver intuito che Fuyu volesse ancora dargli fiducia. Ma quella proposta era stata un colpo basso. E poi che senso aveva farlo entrare negli ANBU quando per ben due volte gli aveva detto che non lo poteva diventare? Fu a quel punto che ripensò alle parole pronunciate dallo Yuki. Coadiuvato da quell’imboccata di Kurama che gli suggeriva di star guardando il tutto dall’angolazione sbagliata, le recuperò dalla memoria, ripetendole tra sé e sé, ancora ancora ancora, le labbra che si muovevano appena, assaporandole, come per imprimersele bene in testa, neanche così il significato potesse palesarsi di fronte a lui per magia.
Fu solo mettendosi nei suoi panni, chiedendosi cosa avrebbe fatto lui in una situazione simile che iniziò a capire. Quell’opportunità…era un’ancora di salvezza. L’unica che gli sarebbe stata lanciata. Non c’era possibilità per lui di sopravvivere se non in quel modo. Se avesse rifiutato, non avrebbe avuto nessuno a tendergli una mano sopra il baratro, piuttosto ce lo avrebbero spinto giù. Quello di Fuyu non era un ricatto. Era solo tutto ciò che poteva fare per aiutarlo. Entrando negli ANBU sarebbe passato sotto la sua sovrintendenza diretta, sua responsabilità a quel punto avere tra le fila qualcuno che aveva tradito il villaggio. Ma presumibilmente la cosa nemmeno sarebbe uscita da lì. E non era solo questo.


« La mano, il braccio e la testa. No? »

Già. Per poterlo prendere tra le fila dei suoi uomini, Fuyu stava piegando la normale natura degli ANBU. Dandogli un posto dove anche qualcuno che non voleva essere solo una lama poteva militare. Nonostante tutto, nonostante gli avesse piantato un kunai arrugginito nella schiena, nonostante avesse calpestato la fiducia che gli aveva dato - per cosa poi? - voleva ancora aiutarlo. Dargli fiducia. E gli allungava quella mano sopra il baratro.

Dōshite? Mormorò. Dōshite...?

Perché? Non se la meritava. Se si fosse trovato al suo posto, Yu non lo avrebbe fatto…non per chiunque. Non per un cane qualsiasi. E Fuyu di cani ne aveva già un sacco, non ne aveva bisogno di uno in più. Però era lì. Lui non se n’era andato lasciandolo nella merda in cui si era impantanato. Era rimasto e gli stava dando modo di uscirne e rimediare.
Kurama aveva ragione, non si era mai trattato di Shi.
Si era sempre trattato di lui.
Semplicemente lo Yuki stava facendo nuovamente quel passo in più. Quello che nessun altro avrebbe fatto nella sua stessa situazione. E gli chiedeva di fare ora, quello che non aveva fatto quando avrebbe dovuto: consegnare Shi alle autorità. Forse se lo avesse fatto a suo tempo, non avrebbe dovuto riportarlo a Kiri di persona. E di certo non avrebbe dovuto fare i conti col senso di colpa e la vergogna che gli bruciavano dentro in quel momento. O con un rapporto, a cui teneva molto, e che si era incrinato come una ciotola di ceramica.


« Conosci il Kintsugi? »
Parli di quell’arte di riparare le cose con oro liquido? Ne ho sentito parlare…cosa centra in questo momento?
« Si dice che una volta riparati quegli oggetti siano ancora più belli e preziosi. »
L’immagine di una ciotola solcata da cicatrici dorate gli balenò nella mente, facendolo sorridere debolmente. Arigatō.
« Adesso basta tergivestare, però. Il tuo sensei vuole una risposta. »

Il calore del chakra del Bijuu gli portò un po’ di sollievo da quel gelo. Era come essere avvolti da una delle sue enormi code. In un certo senso, lo confortava in quel momento fatidico. Già. Da una parte Shi che gli dava le spalle e la cui ombra si stagliava su di lui, dall’altra Fuyu che gli tendeva una mano sopra il baratro. Un ghigno amaro gli solcò il viso, mentre appoggiava una mano sulla scrivania per aiutarsi a rimettersi in piedi. Chi l’avrebbe mai detto sarebbe finita a quel modo? Magari di Shi lo si poteva pure immaginare. Ma lui? Già il fatto che avesse Kurama con sé era qualcosa di fuori da ogni schema logico, e ora questo. Ma infondo il demone aveva ragione. Sia il Bijuu che Fuyu lo conoscevano forse meglio di quanto si conoscesse lui stesso. A conti fatti, scegliere la vita era la cosa più umana.
Scegliere di prendersi le proprie responsabilità e riparare ai propri errori. Scegliere di aggrapparsi a quella mano tesa e di saldare quelle cicatrici con lucente oro liquido, perché in una situazione diversa quella mano avrebbe anche potuto non esserci.

E invece c’era.
Anche se non la meritava, c’era.
Chi non c’era, invece?

Si sentiva un grosso groppo in gola se ci pensava. Ma darsi mille volte del coglione non sarebbe stato sufficiente. Piuttosto, impiegò le sue forze per combattere il gelo e rimettersi in piedi. Era arrivato il momento di uscire da quell’ombra e di trovare la sua strada. Una strada che era stata creata apposta per lui, dove non era né inverno, né estate; né luce, né tenebre. Ma dove tutto era bagnato dallo stesso lucore d’un crepuscolo d’autunno.


Gomen, Shi. I giochi sono finiti.



Accetto.

 
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view post Posted on 7/9/2020, 12:27     +1   -1
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Fuyu poteva immaginare solo lontanamente quanto aspra fosse la battaglia che si stava consumando nel cuore del suo allievo. Messo con le spalle al muro, si era ritrovato in mezzo a due fuochi e pertanto, mai come allora, prendere una decisione, fu così arduo. Ciò nonostante, la ragione e la convinzione di Kurama bastarono per far sì che la lucidità avesse la meglio sull'incoscienza. Anziché la lealtà nei confronti di un amico che, a conti fatti, lo aveva abbandonato senza dare spiegazione alcuna, il Rosso si ritrovò a preferire la devozione verso il suo maestro, una volta comprese le ragioni per le quali l'aveva messo di fronte a quella situazione così precaria. Ed aveva ragione, il neo Jonin, nel credere che l'ANBU non avrebbe mai offerto una simile occasione a qualcun altro, nelle sue stesse condizioni. Probabilmente, qualsiasi altro ninja al suo posto sarebbe stato torturato brutalmente, spogliato dei suoi titoli e dei suoi averi ed infine, in seguito ad un processo sommario, condannato a morte. In fondo, lui stesso conosceva bene quanto scarsa fosse la pietà degli shinobi della Nebbia. Lo aveva compreso da solo, quando per mezzo della sua mano la testa di Endo Keizo era stata separata dal suo corpo, senza possibilità di appello. Per evitare ciò, Fuyu non aveva trovato altra strada, se non quella di prenderlo ancor di più sotto la sua ala protettiva... e non era nemmeno difficile immaginare che, per far ciò, l'uomo avesse taciuto la cosa al Mizukage stesso, oltre che ai suoi diretti collaboratori. In cambio, stava chiedendo al Rosso di prodigarsi per realizzare ciò che avrebbe dovuto fare prima di cacciarsi in quel guaio, ma soprattutto di fidarsi di lui e della sua lungimiranza. Lui non poteva saperlo, ma l'Ombra conosciuta come Shika aveva già perso tutto, per mantenere saldo il suo amore verso Kiri. Difficilmente, avrebbe sopportato l'idea di veder morire in maniera così stupida quel ragazzo. Non poteva permettere che ciò accadesse, di nuovo. Non dopo aver già fallito una volta con suo figlio, Koichi.
Accetto, rispose lui. In altre circostanze, avrebbe tirato un profondo sospiro di sollievo. In quel caso, invece, si limitò a rilasciare la tensione dei muscoli e quel rilassamento fece sì che il gelo scemasse in pochi secondi. Dello strato di ghiaccio che aveva coperto la finestra non restò che qualche goccia d'acqua a costellare il vetro e, allo stesso modo, l'infuso di Karkadè tornò a bagnare i bordi di tazzine e teiera, una volta destato dal torpore. Lo sguardo plumbeo di Fuyu divenne più morbido, un misto fra compiacimento e sollievo. Yu aveva dimostrato ancora una volta di meritare il suo sostegno, ma soprattutto di avere margine di crescita. Abbandonati i meccanismi infantili tipici della gioventù, rinunciando a proteggere Shi anche a costo della sua vita - ben più preziosa, agli occhi dell'ANBU - era finalmente pronto ad affacciarsi al mondo con una consapevolezza rinnovata, non più da ragazzo, ma da uomo.
- Così sia. - esordì, spostandosi finalmente dalla finestra per avvicinarsi al più giovane. Gli passò accanto, azzerando la breve, ma al tempo stesso immensa distanza che li aveva separati durante quel colloquio. Solo allora, gli poggiò una mano sulla spalla. Fu un gesto istintivo, qualcosa di talmente semplice da non poter nascondere nient'altro, nessun doppio fine o motivazione particolare, se non trovare fondamento nelle emozioni che rendevano più morbidi i suoi occhi. In quello spiraglio, in quella breccia nella gelida e spessa corazza di Fuyu, la Forza Portante avrebbe intravisto qualcosa che forse aveva già intuito, da un po' di tempo...

... c'era un mondo intero, nel tetro e silenzioso passato di Fuyu no Yuki, che ancora non conosceva. E che, forse, non avrebbe esplorato mai, senza il coraggio di tuffarsi al suo interno, come in un salto nel buio.
- Seguimi, Yu.
Fu allora, che la mano scivolò dalla spalla del più giovane, tornando allineata al resto del corpo. Gli diede le spalle e, con passo lento, iniziò a fargli strada, una volta fuori dal suo ufficio. Abbandonarono la magione e, dopo circa un'ora di cammino in cui si mossero come ombre affilate e silenziose fra le fitte spire della nebbia, giunsero di fronte ad un casolare abbandonato, ad una manciata di chilometri a sud dalle mura del villaggio. Al suo interno, sotto una catasta di strumenti agricoli di vario genere, si celava una grossa botola in legno. Fuyu la sollevò senza esitazione, facendone cigolare le vecchie giunture in metallo fino a rivelare una lunga rampa di scale che scendeva verso il basso. Fece cenno al Rosso di entrare e poi lo seguì, abbassando la botola alle sue spalle. Ritrovatisi al buio, bastò uno schiocco di dita dell'ANBU per far sì che alcune torce ad olio si accendessero, illuminando il breve percorso che li avrebbe condotti in una stanza spartana, arredata solo con scaffali e rastrelliere che custodivano armi, divise e maschere di porcellana. Non ce n'erano molte in realtà, ma una fra tutte saltava immediatamente all'occhio, poiché posta al centro dell'unico tavolo della stanza, sotto alla fioca luce di un piccolo lampadario.

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Posta accanto ad una divisa nuova di zecca e ad un folto equipaggiamento, la maschera si faceva portatrice in maniera inequivocabile delle fattezze di una Kitsune. Divisa a metà tra luce e tenebra, secondo il principio di Yin e Yang, avrebbe coperto il volto del Rosso ad esclusione delle labbra, proteggendo la sua vera identità da quel momento in avanti. Era chiaro che fosse stato lo stesso Fuyu a sceglierla per lui - ed il fatto che si trovasse già lì, al loro arrivo, poteva significare soltanto una cosa: già prima del loro colloquio, il più grande aveva previsto ed organizzato tutto, certo che il suo allievo non sarebbe stato così stolto da mandare a puttane l'occasione di intraprendere quel cammino e riscattarsi. Non nei suoi confronti - o almeno, in parte - ma principalmente per lui stesso. Fu così che l'ANBU compose un sigillo con una mano e, in un istante, una seconda maschera fece la sua comparsa sul tavolo. Con naturalezza, la indossò e Yu poté riconoscerla immediatamente, dato che Kurama lo aveva definito un pagliaccio con la maschera da preda.
- Da questo momento in avanti, in qualità di ANBU, la tua vera identità sarà preziosa quanto la tua stessa vita. Quando indosserai la maschera, risponderai al nome di Zenko e ti rivolgerai a me con quello di Shika.
Ed era chiaro, quale fosse la motivazione che si nascondeva dietro quell'esigenza. Abituati ad agire in missioni delicate e pericolose, gli ANBU venivano addestrati al silenzio e alla menzogna, già a partire dal loro vero nome. Tuttavia, vi era un altro modo per preservare le informazioni in possesso della Nebbia. Il Rosso non lo conosceva ancora, ma Shika non esitò a mostrarlo. Con calma, tirò fuori la lingua, mostrando come su di essa fosse stato impresso un particolare sigillo. Cinque linee nere parallele, con le ultime due più vicine alla punta divise a metà.
- Il Sigillo del Silenzio. È consuetudine che venga imposto alle nuove reclute, senza alcuna esclusione. Grazie ad esso, Kiri è sicura che i suoi ANBU non possano divulgare informazioni segrete in alcun modo. Né di propria iniziativa, né se catturati dal nemico.
Una pratica crudele, forse, ma necessaria per preservare l'incolumità di informazioni che potevano rivelarsi anche più preziose della vita degli stessi ANBU incaricati di agire nell'ombra. Qualcosa a cui nessun membro della Squadra Speciale poteva rinunciare, nemmeno Fuyu no Yuki. Portando in alto la mano destra, chiusa a pugno, quest'ultimo sollevò l'indice. Solo allora, una piccola quantità di chakra lo avvolse, dando vita ad una piccola fiammella celeste. Tanto debole, da sembrare impegnata in una danza tremolante.
- Mostrami la lingua, Zenko.

 
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view post Posted on 13/9/2020, 16:20     +1   -1
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“Accetto”. Una parola che sanciva un giuramento. Una parola che decideva la direzione che avrebbe preso. Faceva paura quanto poco bastasse per sigillare una scelta. Seppur sofferta, seppur aspra della comprensione raggiunta, era davvero pauroso quanto fosse facile promettere qualcosa, prendersi una responsabilità, voltare le spalle a qualcosa o qualcuno che si credeva una certezza, per afferrare la mano di qualcun altro.
Una parola. E tutto fu deciso.
Aveva ancora l’amaro in bocca, quando il gelo richiamato da Fuyu scemò in pochi brevissimi istanti, così come la durezza insita nel suo sguardo plumbeo. Del ghiaccio non restarono che poche goccioline di condensa sul vetro della finestra e quella crepa sulla tazzina, da cui ora stillava, piano piano, l’infuso rosso di Karkadè. Il profumo della tisana avvolse piacevolmente la stanza, come era stato poco prima che tutto quello avesse inizio e lentamente, il calore prese a tornare a scorrere anche nel corpo di Yu, non più piegato da quelle sferzate di freddo pungente, tanto da non avere più bisogno del sostegno del chakra di Kurama. Alzò gli occhi sull’ANBU, cercando qualcosa che non sapeva nemmeno lui. In realtà, temeva di vedere ancora quel muro impenetrabile, di sbatterci contro di nuovo, di ferirsi di nuovo. Ma non fu così. Il viso, ora un poco più rilassato dello Yuki, trasmetteva qualcosa che stava a metà tra sollievo e soddisfazione e che stese un lievissimo strato di balsamo sulle ferite del Rosso. Causate da sé stesso, per colpa propria, ma che stavolta avrebbero trovato cura solo nella persona che gli stava di fronte. Kuso, Kurama aveva ragione quando riteneva gli esseri umani delle creature stupide…la loro anima si lacerava per aver fatto del male agli altri, per averli delusi, per averli traditi.
Forse per questo quando il più grande si avvicinò, fermandoglisi accanto, azzerando completamente quella distanza smisurata che Yu aveva avvertito fino a poco prima, il neo Jonin si aspettava di sentire qualche raccomandazione o commento tagliente e malizioso, proprio come quello che aveva fatto prima. Sì, se lo aspettava anche se lo sguardo del superiore si era ammorbidito. Se lo aspettava perché…aveva fatto qualcosa di imperdonabile e non meritava quella mano che, invece, Fuyu gli aveva teso, di fatto condividendo con lui quel peso, se non prendendoselo completamente sulle spalle.
Eppure, non arrivò nulla del genere. Giunse invece un gesto che da solo ebbe il potere di cancellare gran parte dell’angoscia e della vergogna che gli occhi del Rosso stavano trasmettendo. Quasi sobbalzò quando la mano dello Yuki si posò sulla sua spalla, andando istintivamente a cercare i suoi occhi. Era qualcosa di così naturale, così pulito e semplice…eppure faceva dannatamente bene all’anima. Fu sotto il tocco di quella mano, che Yu si rilassò un poco. Sembrava quasi un “sono fiero di te” anche se non si sarebbe concesso di crederlo così a buon mercato. E fu, invece in quegli occhi plumbei, ora così vicini, che gli sembrò di vedere qualcosa. Come se quel baratro, che lui aveva osservato solo dall’esterno, Fuyu lo avesse esplorato nelle sue profondità più recondite. Che nessuno, nel suo caso, gli avesse teso una mano, lasciando piuttosto che sprofondasse giù. Dell’ANBU, Yu sapeva davvero poco, solo le dicerie che c’erano in giro e quanto era riuscito a capire da solo…che spesso collideva con i pettegolezzi sussurrati nella nebbia. Era sicuro ci fosse davvero tanto che non conosceva, che forse nessuno conosceva, come se quello che vedeva chiunque non fosse che la punta dell’ice-berg. Una maschera che, proprio come quella del caribù, proteggeva la vera identità di Fuyu, il suo passato. Ci aveva già pensato, quando era in ospedale, al fatto che volesse conoscere meglio il superiore. Ma fino a quel momento non era mai andato molto in profondità, non si era mai sentito nelle condizioni di poterlo fare e adesso…beh, adesso doveva rimettere assieme tutti i cocci, prima di permetterselo.
Anche se i segnali erano buoni, in realtà. Come se, oltre a Kurama, anche lo Yuki volesse fargli capire che non aveva perso nulla. Il problema era che il più restio a perdonarsi, era proprio Yu stesso.


Ryokai.

Di fatto rispose solo così, nonostante quello “Yu” fosse suonato come una pacca sulla spalla o una carezza sull’anima. E, appena la mano del superiore scivolò via dalla sua spalla, gli si accodò, facendosi guidare nel luogo in cui Fuyu l’avrebbe portato.
Abbandonato lo studio dell’ANBU e il Palazzo del Mizukage, per tornare nell’afa impietosa, si mossero silenziosi per le strade secondarie e i vicoli più malfamati del Villaggio. Spire nella Nebbia, uscirono dalla porta sud, lasciandosi le mura di Kiri alle spalle, e camminarono ancora nella steppa secca per almeno un paio di chilometri, prima di arrivare nei pressi di un casolare che…diciamo che aveva visto tempi migliori. Palesemente abbandonato e decadente, sembrava uno di quei magazzini dove si accatastavano arnesi e utensili adibiti alla coltivazione dei campi e, di fatto, una volta entrati, risultò proprio esserlo. Almeno ad una prima occhiata. L’odore di chiuso colpì il naso di Yu come una zampata sul muso, ma il rumore di strumenti malamente spostati, riuscì a fargli spostare rapidamente l’attenzione sullo Yuki. Una grossa botola era celata sotto quella catasta di roba e Fuyu non esitò dall’afferrare l’anello nel suo incasso, e tirare su la soglia dal pavimento. I cardini vecchi gridarono pietà e la polvere rimasta sul portello scivolò giù in una cascata, rivelando un’apertura con una lunga rampa di scale che proseguiva nel buio. Un cenno e Yu comprese di dover scendere là sotto.
Come sempre le scale di quel genere erano ripide e con scalini stretti, atte ad essere scese di lato, piuttosto che prese per dritto. E così il Rosso fece. Un piede accanto all’altro, iniziò a procedere verso il basso, fino a quando lo stesso Fuyu non lo seguì e la botola venne chiusa. Ci furono alcuni brevissimi istanti di buio, prima che uno schiocco di dita non fece accendere una serie di lampade ad olio poste a intervalli regolari lungo la parete scoscesa. L’odore di umido e chiuso permaneva, ma a quel punto Yu era troppo curioso di capire dove stesse venendo portato, piuttosto che fissarsi su certi dettagli. Tant’è che per fortuna il percorso fu davvero breve, prima che sbucassero in una fresca stanza sotterranea dall’aspetto spartano ed essenziale. C’erano solo alcuni scaffali e poche rastrelliere ad arredare il loco, sui quali erano custodite armi, divise e maschere di porcellana. Non erano tantissime e per la maggior parte erano le classiche maschere che si vedevano indossare agli ANBU di Kiri: lisce, semplici, senza un minimo di personalità, se non dei disegni colorati ad adornarle. Del tutto diverse da quella che aveva visto indossata da Fuyu…e del tutto diverse da quella che era stata appoggiata in bella vista, proprio al centro dell’unico tavolo della stanza.
Sotto la sfarfallante luce di un vecchio lampadario, appoggiata accanto ad una divisa nuova di zecca e ad un equipaggiamento ben fornito, c’era una maschera da Kitsune. Era una di quelle che lasciavano le labbra scoperte, sagomata a forma di muso, con grandi orecchie appuntite. La decorazione ricordava il principio dello Yin e dello Yang, l’equilibrio, l’armonia…né tenebre, né luce, ma entrambe nello stesso momento. Decori dorati rimarcavano il taglio degli occhi, il naso e impreziosivano la parte nera della maschera.


« Niente male, approvo la scelta. Tu cosa ne dici? »
Mi piace. Davvero tanto.

Era proprio bella. Assurdamente adatta.
Si avvicinò al tavolo e la prese in mano per guardarla più da vicino, quasi senza rendersene conto. Sorrise appena mentre guardava il muso da volpe e quegli occhi vuoti. Il fatto che quella maschera e quell’equipaggiamento fossero già lì, al loro arrivo, significava che Fuyu aveva pianificato tutto e previsto come sarebbe finita. Significava che ci aveva creduto più di quanto non avesse fatto Yu stesso. Senza contare che era chiaro l’avesse scelta lui: quella forma del tutto diversa da quelle accatastate sugli scaffali, quel taglio che gli permetteva di usare l’hakanai, quella decorazione, quelle fattezze…che, come sempre, il Rosso si domandò se fossero dovute solo alla presenza di Kurama. C’era fiducia e, forse, qualcosa di più in quella maschera, così come nelle certezze del superiore. Cose che il Rosso avrebbe voluto sapere da cosa derivavano e perché gliele stesse dando ancora, nonostante tutto. Ma avrebbe dovuto aspettare per chiedere, sempre che ne avesse il coraggio, perché uno sbuffo di fumo sul tavolo, fece comparire la maschera da caribù di Fuyu. Lunghe corna e un muso elegante la rendevano riconoscibile anche all’occhio più stolto. Aveva un che di regale quell’identità in porcellana, proprio come l’animale che rappresentava.
La mano dello Yuki la prese con naturalezza e la indossò, coprendosi il viso e, senza tanti giri di parole, si rivolse a Yu, spiegandogli che da quel momento in avanti avrebbe dovuto prendersi cura della sua vera identità tanto quanto della sua stessa vita. Di conseguenza, rivelò il nome con cui avrebbe dovuto chiamarlo quando indossava la maschera, e gli assegnò il suo: Zenko. Come le Kitsune celesti, messaggere di Inari e protettrici degli uomini.


« Zenko, eh? Mi sembra perfetto. Anche se…» E qui se la ridacchiò a denti stretti. « non tutte le zenko sono così rette, nonostante il loro ruolo. »
Parli come se conoscessi qualcuna di queste volpi.
« Chi lo sa, magari un giorno te ne parlerò. »

Visto che Kurama sembrava volersi tenere per sé i propri segreti e i propri aneddoti, Yu non insisté oltre. Annuì, invece, al superiore, che una volta accertato che quel discorso fosse stato recepito, fece qualcosa che sul momento il Rosso non capì. Scostata un poco la maschera, per liberare la bocca, Fuyu tirò fuori la lingua mostrando uno strano segno sulla parte più interna della stessa. Era formato da cinque linee nere parallele, con le ultime due, quelle verso la punta, spezzate a metà. Palesemente una fuuinjutsu di qualche tipo, di cui l’ANBU parlò un attimo dopo. Lo chiamò “Sigillo del Silenzio”. Una pratica che veniva imposta ad ogni nuovo ANBU, utile a non lasciare che venissero divulgate informazioni segrete che potessero mettere Kiri in pericolo. Né volutamente, né se forzati. Insomma, una sicurezza in più per il Villaggio che metteva in mano agli ANBU, spesso e volentieri, missioni ed informazioni molto delicate. Non biasimava quella decisione il Rosso, era qualcosa di necessario…tanto che nemmeno Fuyu era potuto sfuggire a quella pratica. Quindi, quando lo Yuki alzò il pugno chiuso col solo indice alzato, illuminato da una fiammella di chakra, aveva già capito che fosse arrivato il suo turno, ancor prima che Shika ordinasse a Zenko di mostrargli la lingua.

Che effetto ha? Chiese, indossando la maschera. Dico nel caso in cui qualcuno dovesse tentare di rivelare informazioni per qualche ragione.

A quel punto che la risposta fosse arrivata o meno, Yu alzò un po’ il mento ed aprì la bocca, tirando fuori la lingua. Il dito del superiore si posò sul muscolo umidiccio e subito Yu sentì una sensazione di bruciore intenso, come quando aveva troppa fretta di mangiare e si scottava la lingua col cibo. Assottigliò gli occhi dietro la copertura in ceramica, ma non emise un suono. Gli sembrò quasi di sentire una scossa lungo tutto il corpo, un pizzicore diffuso come se le radici del sigillo avessero attecchito con successo. E fu allora che Fuyu recuperò il dito e il Rosso potè chiudere la bocca. Una smorfia, schioccando la lingua, nel tentativo di eliminare quella sensazione fastidiosa di bruciore - che sarebbe guarita in poco tempo, ma sul momento era un po’ molesta - quindi rialzò di nuovo la testa, cercando gli occhi del suo sensei.

Shika-san. Lo chiamò, senza dare alcun titolo particolare. Doveva abituarsi a non farlo quando gli si rivolgeva col suo nome da ANBU, per evitare di palesare eventuali legami specifici - anche se in questo momento non lo faceva più nemmeno quando lo chiamava per nome.

C’era qualcosa che voleva chiedergli. Qualcosa che gli premeva. Qualcosa che voleva sentire. Qualcosa che aveva bisogno di sentire. Qualcosa che non aveva avuto il coraggio di chiedere prima, non a voce alta. Qualcosa che, forse, non meritava di ascoltare…ma che non voleva tenere lì in quel limbo, come aveva fatto con quello che sapeva di Shi. Non voleva farlo più. E non sapeva cosa fosse stato a dargli quella piccola spinta. Se i segnali potenzialmente positivi o quella maschera sul viso. Sapeva solo che voleva farlo. Quindi lasciò che quella domanda uscisse. Chiara. Coincisa. Senza spiegazioni di sorta e pesante di tutti i significati che portava appresso.


Dōshite?

Era sicuro che Fuyu avrebbe capito cosa gli stava chiedendo.

 
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view post Posted on 15/9/2020, 19:06     +1   -1
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Legittimata da una sana curiosità, la domanda del Rosso non si fece attendere. Con calma, Shika spiegò al neo ANBU il funzionamento del sigillo, mettendolo al corrente di come il corpo, in caso di attivazione, venisse paralizzato; in questo modo, si andava a punire l'intenzione di un eventuale traditore, mettendolo nell'incapacità di perpetrare con il suo intento, ma al tempo stesso si faceva un lavoro altrettanto eccellente anche nel caso in cui la vittima fosse stata catturata, poiché di fatto la sua lingua non avrebbe potuto sciorinare in alcun modo segreti preziosi per la Nebbia. Poi, giunse la seconda domanda. Quella che al giovane premeva persino di più.



Dōshite?

Era chiaro che Yūzora si stesse domandando cosa avesse spinto il superiore ad agire in quel modo - e del resto, dentro il suo ufficio, quest'ultimo non aveva dimenticato di cogliere già quella domanda, appena sussurrata per un paio di volte. Lui conosceva la risposta, perché in fondo lui stesso si era posto quel quesito, prima di prendere la decisione di mettersi in gioco in prima persona in quella faccenda, mettendosi al di sopra della sua morale e dello stesso Mizukage. Allora, si era data una risposta semplice. Non sapeva come ciò fosse accaduto, ma quel ragazzo gli stava a cuore e il tenerlo in vita rappresentava, forse un po' egoisticamente, l'unico modo che Shika aveva per ottenere una redenzione in cui mai aveva sperato, dopo la morte di suo figlio Koichi e di Haruko, la donna della sua vita. Questa era la verità, pura e semplice, trasparente come l'acqua placida di un fiume che da tempo non viene tormentato dalle intemperie, pioggia o vento che fosse. Una risposta che, tuttavia, avrebbe taciuto per il momento. E non perché il Rosso non meritasse di sapere che qualcuno, a conti fatti, tenesse a lui; soltanto perché scoprirla, in quel preciso istante, non lo avrebbe aiutato in alcun modo. Avevano del lavoro da fare, entrambi, e l'ultima cosa di cui il giovane aveva bisogno era perdere parte della sua fermezza e lucidità prima di scoprire ciò che avrebbe dovuto affrontare. O meglio, chi.
- A questo punto, non ha più importanza. Ci siamo dentro entrambi, tu quanto me. E se dovessimo fallire, la testa di Shi non sarà l'unica a rotolare sul tappeto steso sino alla forca.
Parole dure, ma frutto di una consapevolezza che sperava potesse contagiare anche il suo allievo. Era assurdo come i dubbi con i quali Yu era giunto al cospetto di Fuyu - ad esempio, la presenza assai poco casuale di Hōzuki Aoi a a Kokuhyō - fossero stati annientati, messi da parte da situazioni più impellenti e cruciali. Con quell'affermazione, Shika non intendeva terrorizzare il suo interlocutore, ma metterlo al corrente dell'unica verità che avrebbe dovuto tenere in considerazione, per il momento. Lui e Urako si erano resi complici di Shi nel preciso istante in cui avevano taciuto i retroscena della sua sparizione, mentre lui... beh, la sua posizione era ancora più precaria. Non solo si stava macchiando del loro stesso crimine, ma aveva di fatto avviato un'operazione previa autorizzazione del suo superiore, il Mizukage. Qualcosa che poteva rivoltarglisi contro in qualsiasi istante e che, inevitabilmente, avrebbe potuto condurlo ad una morte mesta ed ingloriosa.
Quello su cui camminavano, dunque, era il filo di un rasoio. Nulla più, nulla meno.
- Né Kobayashi Hayate, né il leader della Divisione Assalitori, sono al corrente di questa operazione. Oltre noi due, per ora nessuno è a conoscenza di questa operazione. Gli uomini che ho mobilitato fino ad ora rispondono unicamente a me e sono stati informati dello stretto necessario. Non sanno nulla di Shi, e ancor meno di te e Urako.
Come lame, nient'altro. Abbandonata la solennità del momento precedente, la postura di Fuyu si era fatta rigida... e solo i Kami potevano sapere quanto duro e rigido fosse il suo sguardo, celato dalla sua sontuosa maschera di porcellona.
- Ricordalo, Zenko. In questo momento, stiamo anche lottando per rimanere in vita.
A quel punto, Shika si mise nuovamente alla testa del gruppo e, abbandonata la stanza, si rituffò nel buio corridoio che si insinuava nelle segrete. Dopo un paio di minuti, giunsero in una nuova stanza. Ancora più spoglia della precedente, questa era ferita lungo una parete da una spessa lastra di vetro, costellato di polvere, e da una porta alla sua destra, la quale si affacciava su una seconda stanza. Con un cenno della mano, il più grande invitò il Rosso ad avvicinarsi al vetro per osservare chi si trovasse nella camera adiacente. Solo allora, fu chiaro chi fosse il testimone chiave di cui l'ANBU aveva parlato nel suo ufficio.

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Netsubō Ikari.
Anche se le meravigliose iridi smeraldine erano coperte da una benda nera e le mani dalle dita affusolate legate, oltre che poste su di uno spoglio tavolo bianco in legno, non vi erano dubbi che si trattasse proprio di lei. La madre di Shi, nonché potente ed influente donna inserita nella politica della Nebbia, grazie alle sue amicizie e al sangue. Figlia del capoclan degli Yoton, vederla ridotta in quello stato, con numerosi lividi e ferite a costellare la sua splendida pelle candida, sarebbe stato uno shock per chiunque... e forse anche per lo stesso Yūzora, che con quella donna possedeva un rapporto particolare. Intimo, persino.
- Ieri mattina, Netsubō Ikari è stata prelevata dalla sua abitazione e condotta qui. Al momento, per quanto ne sappiamo, lei è l'unica ad essere sicuramente al corrente della verità sul conto del figlio Shi, attualmente disperso. Dovrai interrogarla, Zenko, ma bada bene. - si fermò per un istante, mentre i suoi occhi osservavano con calma la donna oltre il vetro, seduta e paziente, quasi come se anche lei si stesse preparando all'imminente interrogatorio.
- Non confido di ricevere notizie attendibili sul conto del figlio, da parte di questa donna. La nostra priorità, al momento, rimane una soltanto: scoprire chi, oltre lei, possa essere a conoscenza dei retroscena nascosti dietro la scomparsa di Shi. Ci servono nomi, nient'altro. Al momento, chiunque possa sapere che quel ragazzo è in vita e avere anche il minimo sospetto che tu possa saperne qualcosa...
Forse per la prima volta, davvero, Zenko poté avere il sentore di quanto il suo superiore fosse in difficoltà. Fuyu no Yuki, uno tra gli ANBU e i Jonin più potenti e temuti di Kiri, aveva paura. Difficile dire se più per sé, o per il Rosso, ma ciò rimaneva irrilevante. Shika sapeva che al momento, ancor più di rintracciare quel figlio di puttana, era essenziale trovare eventuali testimoni e metterli a tacere, in qualche modo. Ed era chiaro che ciò che l'ANBU sperava fosse che la cerchia si limitasse a quella donna soltanto... perché un solo cadavere, quantomeno, sarebbe stato più semplice da far sparire, rispetto ad una schiera più nutrita. Cercando di ritrovare la calma, l'uomo alzò la mano e la schiacciò contro il vetro, prima di stringere il pugno con forza.
- ... rappresenta una minaccia.



Edited by .Astaroth - 15/9/2020, 21:06
 
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view post Posted on 20/9/2020, 16:25     +1   -1
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Ne ha per me.

Strinse i denti ed irrigidì la mascella alla risposta dura, ma evasiva di Fuyu. Per lui, avere una soluzione a quella domanda, era forse più importante che sapere se i suoi sospetti, circa il coinvolgimento di suo padre nella missione, fossero qualcosa di fondato. Perché non riusciva a capire…non riusciva a credere che Fuyu no Yuki, uno dei primi ufficiali della Nebbia, stesse mettendo a rischio tutto quello per cui aveva combattuto, pur di aiutare lui. Era assurdo anche solo pensarlo. Certo, gli aveva dato mille e più motivi per pensare che non gli fosse proprio indifferente come agli inizi, tuttavia trovava impensabile che lo stesse facendo sul serio. E lo aveva pure detto, proprio in quel momento: c’erano dentro entrambi, adesso. Proprio come il Rosso aveva già compreso poco prima, nello studio. Ma averne conferma, rendeva il tutto ancora più inconcepibile e quella domanda, quel perché, si faceva sempre più pressante nella sua testa. Il suo superiore, il suo sensei…stava rischiando davvero grosso, probabilmente anche più di Yu stesso, eppure era lì. Eppure gli aveva teso la mano. Consapevole del pericolo in cui si stava volutamente infilando, aveva deciso di aiutarlo, di proteggerlo nell’unico modo in cui poteva farlo. Perché cazzo lo stava facendo?! Era logorante non riuscire a comprendere quella scelta! Tuttavia aveva l’impressione che la risposta fosse stupidamente semplice, e che fosse lui a non riuscire a vederla - o a non permettersi di farlo. Un po’ come con Takumi…c’erano tanti di quei segnali che solo un baka non avrebbe capito. Nonostante tutto però, aveva avuto bisogno che gli fosse sbattuto in faccia. Per l’amor di dio, in maniera gentile ed elegante, come il castano sapeva fare, però a ripensarci postumo era stato davvero cieco. E, forse, era proprio perché aveva quella stessa sensazione anche adesso, che voleva sentire quella risposta che, però, gli veniva negata.
E anche se sapeva che il superiore aveva ragione, che quello non era il momento di perdersi in quel genere di dubbi, gli pesava doverli soffocare. Davvero un sacco. In qualche modo, alla sua maniera, a suon di pugni in certe occasioni e in punta di piedi in altre, Fuyu era diventato parte di quella cerchia di persone a cui Yu teneva in modo particolare. Si era scavato un posto importante nella sua anima e non era un caso se la piattaforma su cui poggiava Kurama fosse proprio una grossa lastra di ghiaccio frastagliato.


« Focalizza, Yu. » Fu proprio il Bijuu a richiamarlo all’ordine. « Ci saranno occasioni migliori per indagare su questo. Adesso devi concentrarti sulla situazione di merda in cui il tuo amico ti ha cacciato. »

Un crimine. Un crimine perpetrato per mesi, mai ammesso, mai confidato, mai confessato se non quel giorno alla persona che aveva di fronte e che ora pretendeva da lui la maturità necessaria per affrontare quella situazione di merda. Forse Kurama aveva ragione, forse ci sarebbero stati momenti migliori per discuterne, se avesse trovato ancora il coraggio - e se avesse avuto l’occasione - di parlare ancora con Fuyu come quei giorni in ospedale. O magari no. Magari era tutto da rifare. Ma era indubbio che dovesse togliersi quei pensieri dalla testa adesso. Ricordava bene cosa gli avesse detto lo Yuki tra le varie clausole del suo arruolamento negli ANBU: avrebbe iniziato subito, interrogando qualcuno coinvolto in quel caso.

Ryōkai.

Lasciare andare era difficile. Quella parola uscì faticosamente, neanche avesse della gomma a tenergli i denti serrati. Ma alla fine uscì. I pugni si smollarono, la mascella si rilassò, e un respiro secco dalle narici accompagnò il tutto. Ascoltò le seguenti parole di Fuyu, abbandonando quel personale desiderio in un cantuccio della sua mente, come briciole sotto le pieghe del tappeto della sua anima. Sempre lì, ma ben nascosto.
A quanto pareva, la sua impressione era stata corretta: nessuno sapeva nulla, al momento. Né il Mizukage, né il capo ANBU della divisione Assalitori. Gli unici a saperne qualcosa in maniera specifica erano i due lì presenti. Nemmeno gli uomini mobilitati da Fuyu avevano in mano informazioni valide. Ma, probabilmente, se anche avessero iniziato a sviluppare qualche domanda o qualche sospetto in merito, lo Yuki non si sarebbe fatto scrupoli a rottamarli come le lame che erano.
La loro vita era appesa ad un filo di ragnatela, un passo falso, un movimento di troppo e si sarebbe spezzata. Shika non mancò di ricordarglielo e forse fu quella frase, forse fu il modo in cui la pronunciò, forse lo sguardo inflessibile, come il suo spirito, che spuntava appena dai fori della maestosa maschera, a riuscire a pulire le ultime briciole di livore per quella risposta mancata. Loro tre, erano sulla stessa barca. Non aveva idea di cosa sapesse Urako, non avevano mai parlato della cosa, ma anche il solo fatto di essere stati tra gli amici più vicini a Shi, rendeva sia lei che Yu dei sospettati. Ed erano quelli più in pericolo…perché si muovevano nella tana del lupo, sporchi di sangue.

Annuì greve, allora, accodandosi al superiore nel momento stesso in cui riprese a muoversi in quella che Yu pensava fosse la base degli ANBU. O, quanto meno, uno dei loro covi.
Il bruciore alla lingua lo infastidiva ancora un po’, dove, solo qualche attimo prima, gli era stato impresso il sigillo che lo avrebbe paralizzato - come gli aveva minuziosamente spiegato Shika - nel caso gli fosse saltato in mente di rivelare informazioni riservate o avessero cercato di strappargliele con la forza. Tuttavia era sopportabile.
Lanterne appese a intervalli regolari, scandivano il loro incedere lungo il corridoio altrimenti buio. Proseguirono in silenzio, giusto per un paio di minuti, fino a quando non raggiunsero una nuova stanza. Ancora più spoglia di quella dove Yu aveva ricevuto la maschera - la divisa e l’equipaggiamento sarebbe tornato a prenderli dopo, presumibilmente - la nuova location era caratterizzata solamente da una lunga vetrata impolverata che permetteva di vedere nella stanza adiacente e una porta accanto alla stessa. C’era un’ombra nell’altra camera, ma solo quando il più grande lo invitò ad avvicinarsi al vetro per osservare chi fosse, il Rosso ebbe modo di riconoscere qualcuno che non vedeva da tempo, ma che era ovvio si trovasse lì.
Faticò un po’, a dirla tutta. Una benda scura copriva quelle iridi tanto particolari e la pelle candida era ricoperta di lividi e ferite. Ricordava ancora la sensazione delle sue mani sul corpo di lei…e non solo quelle. La sua voce, i suoi gemiti, fuoriusciti da quelle labbra ora ben serrate, così come la sensazione di quelle dita affusolate che facevano il loro sporco lavoro, adesso inermi su di un tavolo più bianco della donna. Fu più penoso che scioccante vederla in quelle condizioni. Netsubō Ikari. La madre di Shi. La mamma-Drago. Una Jonin famosa in tutto il villaggio sia per il suo retaggio, che per le sue doti diplomatiche, che per il modo in cui spesso e volentieri riusciva ad ottenere le cose. Una puttana, come la chiamava spesso lo stesso Shi.
Sarebbe stato un osso duro, qualsiasi cosa avesse dovuto chiederle nell’interrogatorio. E non tanto perché avesse un qualche tipo di stretto legame con la donna. Certo, ci era andato a letto. Certo, lei e Shi lo avevano ospitato quando aveva sventrato la sua stessa casa durante il combattimento sul tetto. Ma non sentiva di doverle qualcosa, in realtà. Era stata lei a stuzzicarlo, e riteneva che il merito di avergli dato un tetto sulla testa in quei giorni andasse più a Shi che a lei. Senza contare che c’erano diverse ragioni per cui la donna non gli piaceva affatto. Come quel suo impicciarsi negli affari di suo figlio e Urako.
No. Il vero motivo per cui sarebbe stata un osso duro era la sua esperienza pluriennale come kunoichi e che l’unica merce di scambio che potevano usare, era Shi. Ma non sarebbe stato credibile prometterne la salvezza: Ikari non era stupida.

Ascoltò quindi le direttive di Shika-san. Concordava con lui sul fatto che la donna fosse sicuramente l’unica a conoscere la verità su come fossero andate le cose quella notte. Probabilmente sapeva anche dove fosse Shi in quel preciso istante…D’altronde se anche all’inizio si era recato nel Paese delle Onde come lasciato scritto a lui, era impensabile fosse rimasto nello stesso posto. Ma non era quello l’obiettivo del superiore: perfettamente cosciente che non avrebbe spiccicato parola sul figlio, ciò che interessava a lui era avere i nomi di tutti quelli coinvolti nella vicenda. Tutti quelli che potevano conoscere i retroscena della cosa, perché chiunque avesse in mano le carte per poter sospettare che Yu ne sapesse qualcosa, era una minaccia.
Fu strano sentirglielo dire. Fu strano cercare di capire se fosse un modo per farlo entrare meglio nell’ottica o se quella frase gli fosse uscita naturale. Fatto sta che attirò maggiormente l’attenzione di Yu su di lui e per la prima volta, da quando lo conosceva, il Rosso intravide qualcosa che avrebbe potuto definire “paura”. Era bizzarro…si tendeva a pensare che alcuni pilastri del Villaggio non vacillassero mai, di fronte a niente e a nessuno. Che fossero oltre l’umano, che non venissero nemmeno scalfiti da ciò che caratterizzava i poveri mortali come lui. E invece anche un Jonin e ANBU temuto e rispettato come Fuyu no Yuki aveva paura. Difficile capire se per sé stesso o per Yu, ma fatto stava che esisteva. Che le sue spire riuscivano ad avvolgere anche l’anima di ghiaccio dello Yuki e, per qualche ragione, la cosa era un po’ contagiosa. Il Rosso si rese conto che per quanto ne sapesse, tanti piccoli ragni avrebbero potuto muoversi proprio in quel preciso momento nei bassifondi del Villaggio, tutti a conoscenza del fatto che Shi era vivo e che lui lo sapeva. Che lui non lo aveva detto. Bombe ad orologeria, pronte ad esplodere alla minima sollecitazione: se solo una avesse brillato, sarebbe stata la fine. Osservò la mano del superiore impattare con un colpo sordo sul vetro e chiudersi a pugno. Quasi con l’intento figurativo di strappare via ciò che quella donna sapeva. Perché sì, tutti quei ragni andavano schiacciati uno ad uno - sempre che ce ne fossero altri oltre alla sospettata lì presente - ma per conoscere i loro nomi, avrebbero prima dovuto abbattere il Drago. E la cosa peggiore era che doveva farlo lui, neo Jonin, neo ANBU, senza un minimo di esperienza in fatto di interrogatori.


Ma si è mai sentito di una volpe che riesce ad abbattere un drago?
« Non fare il pignolo adesso. Se non è mai esistita, esisterà da oggi. » Kurama lo riprese, avvertendo quella disgustosa sensazione serpeggiare nell’animo del suo umano. « Sarai anche un cucciolo inesperto in fatto di interrogatori, ma lo sai perché esistono le storie sui draghi, no? »
Perché esistono le storie sui draghi diceva lui…sì, una volta la Direttrice con gli Occhi Grigi da Lupo glielo aveva detto. Le storie sui draghi esistono per dire ai bambini che i draghi possono essere sconfitti.
« Eeeh…esatto. Tu non sarai forse un leggendario guerriero, bensì solo un cucciolo di volpe, tuttavia nessuno ha detto che non sia possibile. E poi, non sei solo, no? »

No, non lo era mai. Ed aveva più di una buona ragione per vincere quella battaglia e sopravvivere. Più di una persona da proteggere. Perché per quanto sarebbe stato vantaggioso pensarlo non si trattava solo di loro tre. Non si trattava solo di Fuyu, Urako e Yu. Ma anche di tutte le persone che ne avrebbero pagato le conseguenze in maniera collaterale. Persone che non centravano nulla, che non ne sapevano davvero nulla, ma che avrebbero potuto finirne coinvolte. Persone che, a differenza di quelle che erano a conoscenza diretta dei fatti circa la fuga di Shi, non avevano mai preso parte a quella faccenda e non avevano colpe. Se non quella di conoscere qualcuno che ci era dentro fino al collo.

Abbatteremo il Drago, Shika-san. Disse, infine, volgendo gli occhi verso il suo sensei. Due perle d’acqua limpida sul cui fondo si muoveva sì la paura strisciante, ma tenuta a bada saldamente da qualcosa di più forte. Hai qualche dritta da darmi? Non ho mai fatto un interrogatorio serio fino ad oggi e Ikari-sama è una kunoichi esperta. Non voglio arrivare di fronte al Drago con una katana di legno.

 
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view post Posted on 22/9/2020, 09:22     +1   -1
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Era chiaro che, anche nel cuore del Rosso, la paura stesse cercando di farla da padrona, innalzandosi su di un trono di ghiaccio rispetto agli altri sentimenti. Eppure, entrambi dovevano e volevano rimanere saldi emotivamente, per non rischiare che l'ansia li trascinasse via come il mare in burrasca. A seguito della domanda del più giovane, Shika chiuse gli occhi. Sapeva bene che il ragazzo non avesse nessuna esperienza in merito - e a dirla tutta, in una situazione più calma, specialmente con un testimone così importante, non avrebbe mai concesso spazio ad un novizio, neanche in minima parte. Questa volta, però, era diverso. Sì, Kyōmei Yūzora era soltanto un ANBU appena reclutato, ma era essenziale che imparasse sin da subito ad entrare nel ruolo che gli era stato letteralmente cucito addosso dal superiore. Era come se quello fosse qualcosa in più, di un semplice addestramento. Nessuna istruzione, nessun tentativo, nessun lasso di tempo congruo per prenderci la mano. No, quella era la sua iniziazione.
- Di consigli, potrei dartene a decine. Ma in fondo, nessuno di questi servirebbe davvero, non senza un addestramento adeguato a consolidare ciò che ti ho detto. Hai detto bene, Zenko. Ikari è una kunoichi esperta... e potente, oltretutto. Ciò nonostante, ricorda bene una cosa. A prescindere da tutto, dai nostri titoli o dal nostro peso politico, rimaniamo uomini. E l'essere umano, come tutte le altre bestie, è spinto alla conservazione da un solo ed unico sentimento. Qualcosa di ancestrale, innato nel codice genetico di ogni essere vivente.
Ed eccoli ancora, gli occhi plumbei di Fuyu brillare di un gelo asfissiante da dietro la maschera di Shika.
- Paura. Solo quando avrà paura di te, la tua spada sarà affilata abbastanza da poter penetrare la sua corazza.
Ma come poteva far sì che un Drago provasse paura nei confronti di una giovane Volpe? Era qualcosa che sembrava a dir poco impossibile da realizzare, una chimera talmente effimera da non poter nemmeno essere sfiorata con le dita, tanto questa era fumosa e fugace. Eppure, il Rosso avrebbe dovuto trovare il modo di farcela... altrimenti, Fuyu l'avrebbe fatto al suo posto.
Fu proprio a quel punto, infatti, che il leader della Divisione Inseguitori consegnò al più giovane una ricetrasmittente. Ne posizionò una gemella al suo orecchio destro e diede precise istruzioni al suo allievo affinché entrambe fossero sintonizzate sulla stessa frequenza radio; passò poi a spiegare che, in quel modo, avrebbe seguito l'interrogatorio da dietro il vetro, avendo così la possibilità di fornire supporto con consigli mirati o di intervenire direttamente, qualora la situazione avesse imboccato una strada che non dava possibilità d'inversione di marcia.
- Un'ultima cosa, Zenko.
Secondi di silenzio, una quiete talmente assordante da riuscire a ferire l'anima.
- La teste non sa ancora niente dei capi d'accusa, ma immagino che avrà iniziato a capire per quale motivo sia stata condotta qui.

E a quel punto, toccava a lui.
Non restava altro da fare che aprire la porta e prepararsi alla lotta.
Il Drago aveva affilato le sue zanne a sufficienza.

Chiaramente, non potevo ruolare l'inizio della festa - dato che anche il tuo approccio iniziale, sarà importante. Ad ogni modo, per me potresti anche ruolare Ikari da te... tanto sai che, almeno in un primo momento, è probabile che faccia la finta tonta (almeno finché non le si spiattella in faccia l'accusa). Se però, sia per comodità che per divertimento, preferisci scambiare qualche dialogo su WA, per me va benissimo. È giusto per evitare di fare venti post di botta e risposta, dato che la cosa potrebbe andare per le lunghe, in base a come la giochi :sisi:
 
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view post Posted on 27/9/2020, 19:21     +1   -1
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Una dritta gli avrebbe fatto comodo. Un consiglio, un suggerimento. Qualsiasi cosa avesse potuto dargli in mano qualcosa di diverso dalla sua inesperienza. Perché di questo si trattava. Da questo, soprattutto, nascevano i suoi timori. Dall’enorme baratro di esperienza che c’era tra lui e Ikari. Un vuoto incolmabile, se non dopo anni di addestramento, anni in cui avesse sviluppato una conoscenza tale da poter chiudere quel divario. Ma ora come ora stava ancora lì, ed era profondo quanto lo Yomi. Un singolo consiglio da parte di Fuyu non sarebbe mai bastato per riempire quella voragine. Al massimo avrebbe creato un ponticello con un’asse di legno marcio e traballante, ma sarebbe stato comunque qualcosa su cui camminare. Così…si sentiva davvero molto spaesato. Non aveva mai fatto interrogatori, tanto meno ne aveva mai subito uno da cui prendere spunto. Tutto ciò che aveva, erano nozioni generiche e ben poco precise ricevute in Accademia…tanto che si maledisse per non aver mai letto qualcosa in merito. Tra i tanti libri che aveva sfogliato - ed erano davvero tanti nel suo caso - non aveva mai preso in considerazione l’idea di informarsi, in maniera un po’ più approfondita, sugli interrogatori e quello che vi concerneva. Forse perché riteneva fosse qualcosa a cui non era portato, forse perché pensava che non sarebbe mai capitato, forse perché semplicemente non ci aveva mai pensato. E invece ora eccolo lì. La mannaia del boia in mano, una teste molto più esperta di lui da interrogare e zero esperienza sulle spalle.
Fantastico. Lo stesso Fuyu riconobbe che senza un addestramento mirato, tutti i consigli che avrebbe potuto dargli sarebbero stati vani. Tuttavia qualcosa gliela disse ugualmente. Forse non una vera e propria dritta, quanto piuttosto una legge universale. La Paura. Se avesse voluto ottenere qualche cosa, Netsubō Ikari avrebbe dovuto avere paura di lui.
Ma come? La sua inesperienza si sarebbe tradotta nei fatti. Certo, sapeva simulare, sapeva perfettamente mettersi una maschera e fingersi qualcuno che non era, lo aveva già fatto. D’altronde qui non era tanto la paura di morire di cui si parlava…anzi. Appena la verità fosse stata spiattellata in faccia alla donna, probabilmente avrebbe capito che da lì non sarebbe più uscita con le sue stesse gambe. No. La morte era forse l’aspirazione migliore in una situazione del genere. La prospettiva del dolore, invece…un dolore ripetuto, costante e ben mirato, atto a non permettere di lasciarci la pelle molto rapidamente. Quello era l’incubo peggiore.
Ne sarebbe stato veramente capace? Lui, una piccole Volpe appena uscita dalla tana, sarebbe riuscito a fare in modo che un Drago provasse paura? Lo sguardo plumbeo e gelido dello Yuki che brillava dietro la maschera, suggeriva un’unica risposta: doveva.
Senza vere istruzioni, senza un addestramento, senza la possibilità di sbagliare, senza modo di prenderci un po’ la mano. Doveva farlo e basta. Era come fosse quello il suo addestramento, il suo banco di prova, la sua introduzione a quella via che aveva appena intrapreso. Perché, in fin dei conti, con una teste tanto importante, avrebbe avuto più senso che ci fosse qualcuno di preparato ad interrogarla e non l’ultimo arrivato che avrebbe potuto facilmente mandare all’aria tutto. Quelle informazioni a loro servivano davvero. Ma immaginava che la maschera di Shika fosse ben conosciuta all’interno del Villaggio e non potevano certo affidare a qualcuno di esterno quel compito, considerato che, al momento, loro due erano i soli a conoscenza dei fatti. Quella di Zenko, invece…beh. Era quella di uno che era diventato ANBU da una decina di minuti scarsi.


« Posso sempre farlo io, se dovessi essere in difficoltà. Sai, non è che abbia problemi a torturare esseri umani, anzi… » Una risata bassa e sinistra proruppe nella mente del Rosso. « Francamente ci provo un certo gusto. »
Non ho dubbi in merito, ma…devo essere io, Kurama. E questo andava al di là del fatto che loro due fossero la stessa cosa. Lui vuole che sia io.
« Peccato. » Sospirò. « Provi davvero molto rispetto per lui. »
Tuttavia non è bastato a impedirmi di tradirlo…
« Hai vacillato un po’, ma ti sei rimesso dritto prima di cadere, ragazzo. Tutto qui. Adesso non iniziare a caricarti pesi di cui non hai bisogno! Guarda che ti conosco. » Lo riprese, severo, alludendo al fatto che fosse pienamente cosciente che parte dell’ansia del suo umano fosse dovuta a quel “non posso deluderlo ancora” che gli ronzava in testa. « Pensa a quello che devi fare e basta. »

Come fosse stato facile scindere le cose. Tuttavia Yu si ripromise di dare retta alle parole della Volpe e di concentrarsi su ciò che era imminente, piuttosto che sulle sue paure. Quelle dovevano restare nascoste a lui, tanto quanto alla teste. Una debolezza e sarebbe stato uno schiocco di dita passare da predatore a preda.
Ascoltò le ultime istruzioni di Fuyu, mentre si sistemava la ricetrasmittente sull’orecchio, settata sulla frequenza giusta, in modo che il superiore potesse seguire tutto anche stando nell’altra stanza. In quella maniera avrebbe potuto dargli supporto con qualche dritta mirata o intervenire nel caso la situazione fosse irrecuperabile. Quell’accortezza dello Yuki, gli diede un po’ più sicurezza. Ovviamente avrebbe fatto il possibile per evitare di doverlo far entrare in quella stanza, ma non sapersi proprio allo sbaraglio era un buon deterrente per la sua ansia. Ottenute le ultime informazioni sulla conoscenza dei capi d’accusa da parte della teste, Yu annuì, in silenzio, avvicinandosi alla porta senza tuttavia ancora aprirla.
Dire che fosse spaventato era un eufemismo. Aveva un blocco di tensione che si era depositato come un mattone sul fondo del suo stomaco e la nausea che minacciava di sfociare nel suo massimo splendore da un momento all’altro, ma che riusciva a tenere miracolosamente a bada, proprio grazie al fatto che il suo stomaco si stava chiudendo a riccio su sé stesso.
Prese un paio di respiri profondi, iniziando a pianificare come partire, cosa fare. Iniziando ad indossare un’armatura sulla sua anima che gli permettesse di resistere ai contraccolpi di quanto sarebbe accaduto lì dentro.


« Un mio vecchio amico…se vogliamo chiamarlo così, dice sempre una cosa per quando si deve intraprendere un duro scontro. »
Che cosa?
« Cerca sempre di essere il più furbo sul campo di battaglia. »
Saggio il tuo amico. Non che sia una cosa semplice da mettere in pratica, ma…Arigatō.

Non il più forte. Non il più esperto. Il più furbo.
Andava bene. Era un buon consiglio, quanto meno ci avrebbe provato. Era giunta l’ora di farsi avanti. Restarsene lì in stasi nel tentativo inutile di concentrarsi oltre, avrebbe vanificato quella poca sicurezza che aveva raggiunto. Avrebbe iniziato a farsi domande e darsi risposte, distruggendo da sé quel poco che aveva costruito. Quindi tanto meglio andare. Era superfluo farsi castelli in aria prima di aver iniziato a prendere un po’ di confidenza con Ikari e con il ruolo che aveva in quel frangente. Non che non conoscesse la donna, ma diciamo che…aveva avuto modo di toccare con mano aspetti diversi di lei, rispetto a quelli che concernevano il suo lavoro.
Calò allora la mano sulla maniglia, la porta si aprì con un cigolio sommesso e Yu si infilò nella stanza, lanciando un ultimo sguardo a Fuyu. Chiuso l’uscio alle spalle, il ragazzo sfilò Kenmaki dalla guaina sulla schiena, lasciando che lo sferragliare delle lame si udisse nitido. Avvicinandosi al tavolo, osservò la donna. La benda stretta sugli occhi le impediva di vedere, ma per sentirci poteva farlo benissimo…e questo avrebbe alimentato l’ambiguità dei suoni prodotti dall’ombrello. Le corde che la tenevano legata recavano dei sigilli, probabilmente le bloccavano il chakra in qualche modo, altrimenti se ne sarebbe liberata con un nonnulla, essendo una Yoton. Non c’era altro da vedere. La kunoichi indossava dei vestiti di casa…l’idea di denudarla per metterla più a disagio lo sfiorò appena: avrebbe funzionato con qualsiasi altra donna, ma Ikari era talmente abituata a darla via e ad usare il suo corpo per raggiungere i propri scopi, che dubitava avrebbe sortito alcun effetto. No, meglio fare come aveva pensato.
Si sedette al lato opposto del tavolo, appoggiando pesantemente Kenmaki sul tavolo, proprio di fronte a sé, iniziando poi a smontarlo. Il rumore metallico che ne conseguì era simile a quello di attrezzi che prima vengono gettati sul piano e poi preparati con minuzia. Era chiaro il suo intento verso la Netsubō fosse quello di iniziare a mettere un po’ di pressione.., ma non era il solo intento che aveva. Smontare e rimontare l’ombrello era qualcosa che faceva spesso quando doveva trovare la calma. Gesti meccanici, ripetitivi, utili a tranquillizzare lui così come a far credere alla donna che stesse maneggiando strumenti di qualche tipo. Iniziò dalle lame, sganciandole dalla loro sede per poi sistemarle a lato, una accanto all’altra. Erano parecchie, ci avrebbe messo qualche minuto, tant’è che rimase in assoluto silenzio per diverso tempo, osservando piuttosto le reazioni di Ikari, di tanto in tanto, mentre continuava la sua opera. Solo una volta che ritenne di aver atteso abbastanza, chiese aiuto a Kurama per fare in modo che la sua voce uscisse diversa dal solito e si rivolse direttamente alla donna.


Ti sei fatta un’idea del perché sei qui, Netsubō Ikari?

Un inizio tra i più classici. Era abbastanza sicuro, proprio come aveva detto anche Fuyu poco prima, che la Jonin avesse già iniziato a capire qualche cosa, ma si aspettava comunque un “no” come risposta. Ostentava una certa sicurezza, nonostante tutto, ed era rimasta in silenzio per tutto il tempo in cui Yu non le aveva parlato. Encomiabile. Unica cosa a tradirla, quella goccia di sudore che le aveva rigato la fronte.

« No, ma potresti iniziare illuminandomi sul perchè. »

Oh sì, in effetti avrebbe potuto farlo. Avrebbe potuto fare il cagnolino obbediente che segue gli ordini della teste. Peccato che Yu non fosse così stupido da lasciarle intendere di poter fare quello che voleva. Per quanto inesperto, questo riusciva a capirlo. Non le avrebbe lasciato il comando di quell’interrogatorio, era bene comprendesse da subito da che parte del tavolo era seduta questa volta.

Eeeh…Illuminarti, eh? Ricordava che una delle poche nozioni ricevute in merito all’Accademia, diceva di ripetere una delle ultime parole dell’interrogato. Quindi lo fece, prendendo al contempo una delle lame che aveva dislocato dalla sede e alzandosi dalla sedia per avvicinarsi alla donna. Passo lento, cadenzato, una volta che fu a portata le raccolse quella goccia di sudore dalla fronte con la lama, facendola sussultare per la sorpresa al contatto col freddo del ferro. Quasi ci provò un certo gusto…tanto che decise di prolungare quel momento, scendendo lungo la guancia, lentamente, in una carezza di gelido acciaio. Arrivato sotto il mento, fece in modo di farglielo alzare, quindi indossò la maschera da stronzo più convincente che aveva, sussurrandole poche parole. Chiedimelo con più gentilezza, cagna.

« Perché mi trovo qui, mio perverso dominatAAAAARGH! »

Il ghigno sulla sua faccia sparì in un istante. Yu non le lasciò nemmeno finire quella frase. Non aveva mai avuto intenzione di lasciarglielo fare. Con la stessa velocità con cui la faccia strafottente della donna si deformò in un grido di dolore, la lama era scivolata via rapidamente da sotto il mento della donna, per conficcarsi rudemente nella sua mano, giù fino al tavolo. Vano fu il tentativo di riflesso di Ikari di ritirare la mano, finì solamente col ferirsi di più, in quanto il taglio dell’arma era stato lasciato dalla parte opposta a quella della donna. Il sangue iniziò a sgorgare copioso, macchiando il tavolo e gocciolando a terra, rilasciando immediatamente il suo pungente odore di ferro che raggiunse, celere, le narici di Yu. E mentre lui si permetteva di arricciare infastidito il naso, Kurama gongolava come se quell’odore fosse il più delizioso del mondo.

Pessima scelta, Netsubō. Lasciò la lama piantata lì, facendo il giro dietro di lei, per dirigersi nuovamente all’altro lato del tavolo. Proprio come quella di coprire il tradimento di quello storpio di tuo figlio. Non nascose la nota aspra nella voce, mentre spiattellava in faccia alla donna la verità circa i capi d’accusa. Ma di contro, aveva bisogno di tornare con le mani su Kenmaki, quindi si sedette riprendendo a smontarlo, concludendo con le lame e passando quindi a disassemblare il telaio. Davvero pensavi di passarla liscia?

« Fanculo! » Per quanto la sua sorpresa sembrasse palesemente falsata, il dolore non era stato piacevole. L’ostentata sicurezza di cui poteva fare vanto, iniziava a vacillare e, nonostante stesse cercando di darsi un contegno, era chiaro cominciasse ad essere in difficoltà. « Devi avere prove schiaccianti, per avermi condotta qui ed oltraggiato in questo modo. » Ah, sul serio? Servivano prove schiaccianti a Kiri? Questa gli era nuova. « O devi essere semplicemente pazzo. »

Fece finta di pensarci su. Beh, direi che una cosa non esclude l’altra. In ogni caso, pensala come vuoi, è irrilevante e francamente, piuttosto che questo, dovresti prendere in considerazione cosa potrebbe succedere d’ora in avanti. Il tavolo, intanto, aveva iniziato ad ospitare una serie di lame tutte ben sistemate, a cui si stavano unendo, in un altro gruppetto separato, una sequela di tubicini in acciaio. Il tutto ancora perfettamente invisibile agli occhi della donna. La tua posizione non è delle migliori in questo momento. Dalle stelle alle stalle non sarebbe un eufemismo nel tuo caso. Le accuse a tuo carico sono abbastanza gravi da garantirti un trattamento di lusso nelle carceri del Villaggio, ad essere fortunati. A non esserlo, beh, lo sai. Mentì, spudoratamente. D’altronde Ikari non era l’ultima arrivata. Tuttavia ci provò lo stesso. Se fosse andata male, quanto meno avrebbe potuto sperare di conoscere un po’ meglio l’interrogata. Ed è qui che entro in gioco io, Netsubō. Continuò, dopo qualche istante di silenzio, togliendo al contempo la punta acuminata a quello che restava di Kenmaki. E l’ombrello fu finalmente bello che disassemblato. Ciò che restava oltre al vertice appuntito, il telaio in tubetti e le lame rosse, era un lungo bastone in chakracciaio. Posso essere il tuo miglior alleato o il tuo peggior nemico in questo momento. La scelta è nelle tue mani…ma bada bene, ci penserei due volte prima di fare qualche stronzata, al tuo posto. Non specificò il perché o il percome. Ritenne che la donna fosse abbastanza intelligente da capirlo da sola. Allora? Cos’hai da offrirmi? Era chiaro volesse informazioni, ma a scanso di equivoci aggiunse So abbastanza sulla faccenda da capire che tu non sia l’unica ad essere a conoscenza della verità su Netsubō Momochi Shi. Ed era vero. Essendo a conoscenza del fatto che, quanto meno in un primo momento, era stato nel Paese delle Onde, per Yu era automatico dedurre, almeno, che qualcuno ce lo avesse portato. E di certo non si erano affidati al primo che passava, ma di qualcuno di cui si fidavano. Lui avrebbe fatto così. Si alzò, quindi, bastone alla mano e si avvicinò di nuovo alla donna, posando il palmo libero sull’estremità della lama nuda conficcata nella mano della donna. Pronto a rilasciare il Raiton se fosse stato necessario, con quel mattone di tensione che diventava sempre più pesante sul suo stomaco. Ti viene in mente qualche nome?

« Il mio miglior alleato dici? » L’ira vibrante nella voce della donna sarebbe stata percepibile anche da un sordo. Sputò sul tavolo, nel sangue che fuoriusciva dalla ferita sulla sua mano. « Ottimo modo di essere il mio angelo custode, davvero. » Yu si chiese cosa avesse sbagliato di preciso per non farsi capire. Non aveva minimamente accennato alla motivazione per cui avrebbe potuto essere un alleato e, in ogni caso, non era quello il fulcro delle sue parole. Sembrava quasi che la donna stesse cercando di aggrapparsi a qualsiasi cosa pur di non affrontare quel punto. Come se stesse cercando, con tutta la forza della disperazione, di spostare il discorso altrove. « Sappiamo entrambi che se sono qui, senza prove e senza che io sia stata informata della cosa, per me non c’è via d’uscita. Dovresti conoscere la mia posizione, simili cazzate sarebbero giunte alle mie orecchie ancora prima che tu e i tuoi compagni portaste il vostro culo fino alla soglia della mia casa.
No, non ti credo. Non puoi essere il mio migliore alleato. Uscito da qui, rischieresti di essere accusato di abuso di potere, per cui è chiaro che non vi sia modo per me di abbandonare questo posto in piedi, con le mie gambe…»
Fastidioso. Era dannatamente fastidioso avere una conoscenza limitata di chi aveva davanti. Certo, Ikari era una donna influente, ma non si era mai interessato a lei tanto da sapere fino a che punto avesse ragni ovunque al villaggio. Sapeva che ne aveva tanti, ma non così tanti. Poco male glielo avesse detto praticamente lei in quel preciso momento, poco male che avesse una conoscenza tale della propria posizione da rendersi conto che non ne sarebbe uscita viva…anche se questo non gli permetteva di giocare sull’opportunità di salvarsi la pelle in qualche modo. Quanto meno non avrebbe avuto bisogno di mentire. « Se sei davvero convinto che mio figlio sia ancora vivo, cosa ti fa credere che io possa mai tradirlo? » Questa poi. Quando mai le aveva chiesto di Shi direttamente? Sapeva forse meglio di tanti altri che se c’era qualcuno per cui sarebbe morta, quello era proprio Shi. « Se è questo il tuo approccio, tanto vale che tu la smetta con queste cazzate e mi faccia fuori. »

Sembrava aver acquisito sicurezza mano a mano che procedeva col suo discorso. Appendendosi ad un filo di ragnatela pur di riuscire a riprendere in mano la situazione. Strinse forte i denti il Rosso. Chiedendosi se fosse il caso o meno di immettere il Raiton in quella lama e far capire alla donna in che situazione si trovasse veramente e che quella sicurezza di cui si faceva portatrice, non fosse altro che l’illusione di una disperata che non sapeva più a che cosa aggrapparsi per poter tirare avanti.


Rallenta Zenko.
Non possiamo permettere che chiuda la bocca prima di avere quei nomi.


La voce di Fuyu risuonò gracchiata, ma perfettamente comprensibile nel suo orecchio. Rallentare, diceva lui. Il che significava che al momento doveva evitare di infierire. Strinse forte la mano sulla lama e sul bastone, ma non partì alcuna scarica. Fu quasi un suo modo per sfogare la frustrazione e il fastidio per quell’ultimo scambio. Ma andava bene così. Se Fuyu diceva di fare un passo indietro, lui l’avrebbe fatto. D’altronde il mordi e fuggi non era una cosa così poco comune…L’importante era recuperare presto il controllo dell’interrogatorio.
Voltò lo sguardo verso la vetrata, che da quel lato non era altro che uno specchio, facendo un impercettibile segno d’assenso al superiore. Finchè la donna aveva quella benda poteva ancora farlo. D’altro canto, proprio quella benda, forse, era motivo di quel disperato attaccarsi a quel barlume di sicurezza che Ikari aveva.


Oh, ma io sono sicuro che non tradiresti mai tuo figlio. Preferiresti essere uccisa. Specificò, riprendendo il filo del discorso di quanto interessava a lui, lasciando perdere tutto il resto, ma senza scordarlo. Erano comunque informazioni interessanti sulla teste che la donna aveva gentilmente offerto nel suo eccesso di rabbia. Infatti non ti ho chiesto di lui. Sbaglio?

« Sì, ho sentito la tua domanda.» Non c’era più la stessa sicurezza ostentata di poco prima, tanto meno quella rabbia che aveva fatto da fondamenta all’intera sfuriata. Per quanto la risposta fosse a tono, era percepibile un velo di insicurezza nella sua voce. « Ma se non vuoi informazioni su Shi, significa che ti interessano eventuali testimoni. E mio figlio mi ha confidato le sue intenzioni… » Finalmente un’ammissione, d’altronde arrivati a quel punto negare ancora sarebbe stato davvero stupido. « Ma perché dovrei essere a conoscenza di qualcun altro con cui abbia fatto lo stesso? »

Fu inevitabile lasciarsi sfuggire una risata a quel punto. C’è davvero qualcosa che Netsubō Ikari non conosce? Simili cazzate sarebbero giunte alle tue orecchie sicuramente prima che io e i miei compagni portassimo il culo fino alla soglia della tua casa. La cantilenò, rigirandole contro, come un arma, le sue stesse parole. Imprigionandola in esse, imprigionandola nel suo stesso orgoglio.

Essere sempre il più furbo sul campo di battaglia significava anche raccogliere informazioni strada facendo. Significava prendere ciò che di buono c’era in uno scivolone, riforgiarlo e utilizzarlo come una lama alla prima occasione utile. Ed ecco che l’eccesso di rabbia della donna l’aveva portata a parlare troppo. Certo, Yu sapeva già che la rete di informatori della donna fosse piuttosto estesa, ma era stata lei a confermargli quanto grande fosse in realtà. Quale fosse il suo reale potenziale. Proprio pochi attimi prima.
Per la prima volta dopo quel primo scambio quasi sensuale, il Rosso provò qualcosa che avrebbe potuto chiamare piacere, lo stesso che si ha nell'incastrare il topo in un angolo. Che nel suo caso era un Drago, ma…significava soltanto che la volpe stava facendosi piano piano più grossa o il rettile più piccolo. Decise allora di sfruttare quel momento. Di cavalcare quell’onda di fortuna. Sentiva l’eccitazione di Kurama sotto la pelle. Del tutto simile a quella che lui identificava come l’eccitazione per la caccia. Doveva essere cauto adesso, ma deciso. Era il momento che Ikari aprisse gli occhi e sbattesse il muso sulla realtà.

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Prima di farlo, chiese alla Volpe i suoi occhi e in un battito di ciglia, al posto delle iridi chiarissime e del colore dell’acqua del Rosso, dietro la maschera di Zenko apparvero gli occhi di Kurama. Scarlatti, sfaccettati da mille sfumature di terrore e feriti nel mezzo da una pupilla verticale. Gli occhi di un demone, freddi e impossibili da interpretare proprio come quelli di un gatto o di un rettile.
Solo a quel punto Yu afferrò la benda di Ikari e la strappò via in malo modo, dandole il tempo di abituarsi alla luce, così da mettere bene a fuoco prima il tavolo e poi lui. Perché potesse vedere per bene la situazione in cui si trovava, perché potesse rendersi conto che, in realtà, quel pazzo poteva essere davvero il suo miglior alleato e garantirle una morte dignitosa e rapida o, alternativamente, diventare il peggiore incubo le fosse mai capitato di avere.



Parla.


Tutto lo scambio è stato gentilmente offerto dal master.
Ne approfitto anche per lasciare qui in spoiler una specifica ipotetica:

Nel caso in cui Yu dovesse vederla ancora tentennare o fare la reticente, fa alcune scintille nei pressi della mano che poggia sulla lama conficcata e attorno a quella che impugna il bastone. A quel punto le pianta il suddetto bastone sulla guancia dall’altra estremità. Il tutto senza far partire ancora nessuna scarica. I nomi, Netsubō.

Ovviamente se dovesse verificarsi questa eventualità, aggiungo questo trafiletto (scritto meglio XD) nella parte iniziale del prossimo post^^

 
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view post Posted on 4/10/2020, 20:50     +1   -1
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Sebbene fosse la sua prima esperienza sul campo, il Rosso stava dando dimostrazione al suo superiore di saper gestire la situazione con perizia e pazienza. Facendo le giuste domande, rispettando il silenzio quando occorreva, il Jonin stava riuscendo a mettere con le spalle al muro una donna che, per quanto potente e temibile, era perfettamente conscia di non avere alcuna via di fuga. E anche quando la benda venne sfilata, permettendo ai suoi occhi di abituarsi con fatica alla pallida luce della stanza, Ikari non riuscì a ritrovare nemmeno un briciolo di sicurezza. Rimase interdetta, persa nel riflesso cremisi di quegli occhi magnetici e indagatori, una sfumatura assai simile a quella delle ciocche di capelli che spuntavano ribelli da dietro la maschera di porcellana che il suo aguzzino indossava. Per un attimo, per un solo istante, ebbe una sensazione familiare... ma quel pensiero sfumò in un attimo, effimero come l'ennesima goccia di sudore che le rigò la fronte. Un ultimatum, questo le stava venendo proposto. L'occasione di fugare i dubbi del suo interlocutore, ma a quale prezzo? Non vi sarebbe stata nessuna salvezza per lei e a quel punto, cosa poteva spingerla a farsi avanti, se non soltanto il desiderio di ricevere un'esecuzione rapida ed indolore? Un'alternativa allettante, comoda, certamente. Tuttavia, lo stesso Zenko avrebbe potuto notare qualcosa di strano nella sua espressione. Difficoltà, ma stavolta non tanto per la condizione in cui si trovava, alla quale anzi pareva ormai essersi adattata piuttosto bene. No, era qualcosa di veramente diverso. E sebbene Ikari fosse conosciuta come una donna scaltra e avvezza all'arte dell'inganno, con una sicurezza quasi lampante chiunque, anche solo scrutando il riflesso confuso che insozzava il suo sguardo, sarebbe arrivato ad una conclusione ovvia.
A riguardo, non aveva molto da dire.
- Se mi chiedi dei nomi, oltre al mio, non saprei proprio. Gli unici che possano venirmi in mente, in questo momento, sono i ninja con cui ha fatto squadra prima della sua scomparsa. Yakamoto Urako e Kyōmei Yūzora. - commentò a denti stretti, soffermandosi per qualche istante di troppo sull'ultimo nome. Solo allora, guardò meglio il bastardo che l'aveva umiliata e ferita, senza farsi scrupoli. Ad essere sincera, quel giovane assomigliava parecchio al ragazzo dell'orfanotrofio, ma la voce più grave e quelle iridi scarlatte non potevano affatto essere ricondotte a lui, in alcun modo. Il neo ANBU, dopotutto, era stato furbo e cauto. Non avrebbe mai potuto compromettere la sua posizione con una tale facilità, non senza aver richiesto prima ausilio al fidato Kurama, il quale aveva fatto in modo di proteggere la sua identità. Così facendo, al tempo stesso, era riuscito a mettere in crisi il Drago, soltanto permettendole di poter vedere con i suoi occhi, quanto stesse accadendo. Da dietro lo specchio, intanto, Shika osservava la scena, dubbioso. Anche a lui sembrava strano che nessun altro fosse al corrente della vera storia di Shi Momochi, eppure anche lui aveva avuto l'impressione che Ikari non stesse mentendo. Del resto, se lei era un'incredibile bugiarda, lui era altrettanto bravo a svelare simili tranelli da quattro soldi. La cosa, però, non lo convinceva del tutto. Non tanto riguardo le informazioni ricevute, ma piuttosto circa il comportamento della donna. Sebbene fosse ormai con le spalle al muro, ad un passo dalla morte, la visione del suo giovane aguzzino aveva innescato in lei il seme del dubbio... e a quel punto, spettava proprio a Zenko estirparlo, prima che potesse piantare al suolo le sue radici e germogliare.
- So che ti sarà difficile crederlo, ma questo è tutto ciò che so.
Ancora una volta, la stessa sensazione. Sembrava dannatamente sincera, ma quella risposta poteva nascondere qualcosa di ancora più pericoloso. Una mossa disperata che, forse, quella lurida puttana avrebbe tentato di compiere, prima che fosse troppo tardi.

 
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19 replies since 8/8/2020, 16:52   342 views
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