Missione 3B - Bianca come neve, Per ~ErudaJibibi

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view post Posted on 27/3/2020, 14:44     +1   -1
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Artificial Flower's Lullaby

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Il tempo, si dice, è la migliore scelta in fatto di dottori. Tutto guarisce, tutto sbiadisce, tutto svanisce sotto le sue cure gentili. E se non lo ha fatto, è perché ancora Dottor Tempo non ha operato abbastanza.

I giorni da ultima degli ultimi di Masaru passavano lentamente. Venir schernita anche da chi ti è sotto in rango, e dover riconoscere che tu al loro posto avresti potuto e dovuto fare altrettanto, non è un'esperienza piacevole. Ma col tempo il ricordo del suo fallimento fu meno vivido, e il bisogno di farglielo pesare passò sempre più di mente ai ninja del Villaggio della Roccia.

La vita della Takeda proseguiva, con un po' di infamia e con qualche lode, perché tutto, nel complesso, è condannato a passare.

Dottor Tempo però ha un collega beffardo: Professor Fato. Fato ha un senso dell'umorismo bislacco, e un modo di ragionare che raramente si riesce a comprendere dall'esterno.
Il Professor Fato aveva deciso che era tempo di un'altra occasione per Masaru, una missione in cui potesse riscattare la propria immagine e riprendere, o almeno iniziare a riprendere, il suo posto nei ranghi della Roccia.

Fin qui, tutto bene.
Peccato che lo zampino di Fato si vide nell'istante in cui aprì la porta, convocata nell'ufficio del Jounin deputato all'assegnazione delle missioni. L'uomo era sempre uguale, fedele burocrate di Iwa, occhi freddi e modi sbrigativi.
Ma in piedi di fronte a lui, con il suo coprifronte della Roccia bene in vista e la postura marziale, c'era Kaede.



CITAZIONE
Bon. Cominciamo.
Ne abbiamo già parlato, sarò lenta perché le energie mentali sono poche. Kaede per il momento lo muovo io, tu giocati magari una panoramica di quel che ha fatto Masaru negli ultimi tempi, fino al momento in cui viene convocata per una missione e si presenta in ufficio. Kaede è per lei una sorpresa, nessuno le aveva detto che ci sarebbero stati altri ninja (anche se poteva immaginarlo), in particolare lui.
 
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view post Posted on 31/3/2020, 20:16     +1   -1
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Il volto di una madre
♤♤♤♤
« Shinobi. Se è davvero ciò che desidera, non sarò certo io a negarglielo,
voglio che egli possa scegliersi la sua strada.
»

L'ascesa al sommo apice. Quel bagliore accecante. Le ali che bruciano e si spezzano. E quella fatale caduta, della quale violenza non riesce a rabbonire l'animo della Madre Roccia che, al risveglio, lancia feroce il dito nella piaga.
Pur consapevole di tale furia, quella donna eradica la paura e gli istinti e non arretra, ma avanza nel desiderio di rialzarsi, nella volontà di non lasciare che altri ereditino le proprie colpe.
La stessa volontà per la quale per mesi si è isolata, continuando solo sporadicamente gli allenamenti con Hisoshi, al fine di preservare quelle poche radici da quanto la colpirà.

Forse per quel desiderio, o per la crudeltà di quel destino, che i Kami decidono di ammutolire il suo cuore, proteggerlo con uno strato di apatia dal gelido e lungo inverno in prossimità di sferzarlo.
I mesi passano, in solitudine, fatti di ruoli e compiti lontanamente assimilabili al peggiore degli studenti; di turni massacranti scanditi dagli improperi e le frecciatine di chi le getta fango addosso e la calpesta; da notti insonni popolate di ombre malevole e fitte atroci, quando non c'è l'alcol, o la troppa stanchezza, a scacciarle via e farla riaddormentare.

Eppure lei non retrocede. Nella parte più recondita del proprio essere infiamma il desiderio di porre fine a quella situazione, dove qualsiasi cosa faccia la sua situazione appare così dannatamente statica ed eterna, e una volta giunge sull'orlo di una gelida follia che per un momento rischia di renderla più cinica di quanto già non sia, finanche crudele.
Ma lei non cede.
Un'altra parte di lei ben più granitica resiste, per non dare letizia ai suoi nemici e dolore a chi invece la ama. Avanza su quel lastricato scivoloso e tagliente, in mezzo alle frustate e alle risatine di scherno, per ogni volta che la spingono o che scivola ella si rialza in piedi. Sempre e comunque.

È forse osservando tale resilienza e solidità che i Kami, dopo diverso tempo, decidono di mostrarle il primo spiraglio di luce, proprio attraverso quelle ombre del passato che riemergono da Shirubei e che la Jinton deve superare per raggiungerlo.

Masaru si trova così per volere supremo testimone di un incendio sul quale, per ordine del suo superiore Isamu Mori, deve esporre un rapporto per le indagini - nonostante egli la ritenga la più indisciplinata delle kunoichi.
Un colpo di Stato dall'interno. La sparizione dei documenti con una lista di nomi e prove. Dalle indagini riemerge Momiji, inizialmente vista come cattiva della situazione, motivo per cui nella notte giunge a casa della Jinton poiché l'unica a cui chiedere aiuto, per una serie di ragioni...
Le rivela il ritorno sotto mentite spoglie di Ni, la biondina mangiachakra del Kyo Dan, vera fautrice del golpe assieme ad esponenti della vecchia Iwa, le rivela di come questa appaia invincibile e altre informazioni scottanti.
In primis astia, suo malgrado Masaru accetta, per amor di una patria solida dove Kaede possa crescere e non sotto il dominio cruento dell'Ordine.
La due si accordano e quella stessa notte, mentre Momiji cerca informazioni su Ni, Masaru s'intrufola in ospedale per scovare e tenere d'occhio quest'ultima e ritrovare i documenti che ha rubato, celandosi a tutti col favore del buio e della apparente tranquillità di quella notte.

Svariate sono le peripezie, si scopre che Ni è un parassita alieno che possiede fisicamente i corpi altrui, cattura un medico mortuario, ne acquisisce il controllo. Stare da soli con quell'essere è morte certa.
Masaru nella sua solitaria missione si guarda bene dal provocare un conflitto, cerca i documenti, ma l'altra la scopre e lei affronta uno dei suoi mostruosi figli.
Subito dopo Isamu la raggiunge, solo per scoprire che è stato posseduto dal parassita e accusa la Takeda come complice di Momiji, facendola arrestare dagli anbu lì presenti - con la promessa che l'avrebbe sistemata personalmente - nonostante i tentativi di Masaru di mostrare ai loro occhi la verità.
Akiho la raggiunge per tempo, assieme a Momiji, e tutte insieme riescono a fermare Ni prima che le Koizumi possano fare la stessa fine. Un ringraziamento forzato dalla rossa, ma solo i piani alti e chi per loro sanno dell'aiuto di Masaru, il villaggio la sa solo coinvolta in disordini all'ospedale.


Vengo saliti dunque i primi gradini.
La dignità personale.
La rivalsa partendo dall'apice.
La fiducia delle Koizumi, consolidata da una promozione e dalla clausola a non perseverare il passato.


I Kami sembrano lieti e intanto lei si sente pronta, la strategia è valida. Ben presto la decisione: un saluto, ma non un addio, a suo figlio, dopo il quale giunge lei dalla strega rubino per spezzare il potente sigillo con cui ella la tiene incatenata a sé e stanarla nella sua stessa tana sotterranea, che si districa dalla periferia sino a pochi chilometri dal villaggio.
Uno scontro lungo e tremendo il quale la vede impari con un secondo uomo, Oda Ishikawa, nemico di vecchia data, a darle contro dopo l'affermazione di aver ucciso Sakimoto.
Inamovibile la volontà di Masaru, che li affronta con le tecniche apprese in mesi e mesi di allenamenti, la strega muta in bestia disumana e lei, dopo aver indebolito entrambi, rilascia l'energia purificatrice preparata per mesi da Hisoshi, che colpisce sia il potere che alimenta sigillo - e che rafforza Oda - che la strega stessa.
La bestia viene annientata finalmente, anche se, come da sigillo, alla sua morte sopraggiunge quella di Masaru stessa.
Il suo corpo non implode, non si disgrega. Il sigillo si cristallizza in esso e perde l'energia che lo alimentava, ma lei: arresto cardiaco.
Hisoshi la raggiunge subito dopo, ferito a sua volta e quando le procedure di rianimazione sembrano non funzionare, vedendolo costretto a drastiche misure, finalmente ella si risveglia.


Altri gradini superati. I passi non più incerti.
Le catene spezzate.
Le ombre spazzate.
La libertà ritrovata, per quanto fallace all'interno di un villaggio ninja.
E la vendetta su Ishikawa, rivelatosi coinvolto, nonché artefice, in molti dei mali che l'hanno afflitta.


Sfogato tutto il suo odio su quell'immondo personaggio, nonostante il vuoto nell'anima che ancora è rimasto seppur non lo senta come prima, la Takeda torna alla quotidianità di un'esistenza che riprende il suo equilibrio e mostra i nuovi boccioli, un po' come gli amati fiori che ornano il suo giardino personale.
Turni nella norma, incarichi soddisfacenti e un nuovo tipo di allenamento. Del resto, ha appena scoperto il nuovo potere datole dalle cristallizzazioni rimaste incastonate nel suo corpo e deve ancora imparare a usarlo.

E Kaede? Beh, subito dopo la promozione a chunin della Takeda, su richiesta di Hisoshi ella ha accettato di allenare il giovane da quel momento, iniziandolo alle complesse arti del loro clan.
Il rapporto tra loro due è sempre stato così semplice ma al tempo stesso dannatamente complesso, c'è fiducia e affetto, non troppa né troppo poca, eppure un muro invisibile, l'ultimo, li separa. Nonostante la promessa al veterano, ancora Kaede non sa chi sia realmente Masaru.
Qualcosa ancora la blocca, non più nemici esterni, e pensare alla parte più mefistofelica e crudele che ha mostrato di sé con le torture a Oda non aiuta.
Come dimenticare però la malinconia che ha visto in Kaede l'ultima volta che si sono incontrati, quando l'ha salutato prima di combattere la strega...
Quel giorno però, il giorno del compleanno del ragazzo, si è ripromessa che gliel'avrebbe detto.

Peccato che le cose si fanno ardue nel momento in cui, giunta la ragazza madre fin lì puntuale come un orologio, le iridi color argento lo vedono nella penombra della luce mattutina, bloccandosi per il soffio di un istante con la mano ancora sulla maniglia, cercando di ricomporsi prima che il Jonin possa notarlo. Fermarsi e tentennare non porterà a nulla.
Richiude la porta dietro di sé, lo sguardo si è fatto altrettanto gelido nel momento in cui lo punta sull'uomo che sostituisce da mesi Isamu e che ha imparato a conoscere, volente o nolente.
Dannatamente silenziosa, affianca suo figlio, non osa guardarlo a meno di venire nterpellata, e attende, nella speranza - sicuramente vana - che lui non si metta a salutarla come sempre ma la tratti semplicemente come una chunin.

Quella missione potrebbe essere l'ennesima concessione dei Kami, stavolta per risollevare il suo nome anche tra le genti comuni.
Chissà...

code © psiche


Lunghino come primo post di recap ma spero comunque non sia venuto troppo noioso o piatto.
Una cosa. Non è molto che lui ha avuto la promozione a genin, ma se è un problema possiamo fare che sì, è da un pochino di tempo.
Dun care bout it! u.u

Ah e la giubba chunin gdrON lei non la porta. La odia.

Edit: modificate le dimensioni. Talpa mode off


Edited by ~ErudaJibibi - 1/4/2020, 11:12
 
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view post Posted on 10/4/2020, 15:01     +1   -1
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Kaede era in posizione eretta di fronte a Tokoda, il Jounin addetto alla distribuzione delle missioni, bello compito con le mani dietro la schiena e l'espressione seria di chi sta diventando un piccolo militare diligente.
Tuttavia, appena vide entrare Masaru, il suo animo di bambino ebbe la meglio e si manifestò in un ampio sorriso sollevato.

«Masaru! Fai parte anche tu di questa missione?»

Era ovvio che ne fosse contento. Si è sempre felici di partire con qualcuno che si conosce bene, e tra gli allenamenti e gli eventi che avevano legato la madre all'inconsapevole figlio, aveva senso che il ragazzino desiderasse una figura di riferimento per quella che doveva essere una delle sue prime missioni.

«Sì Kaede-kun, come ti stavo dicendo...»

Il tono di Tokoda era chiaramente di rimprovero, e il ragazzino tornò immediatamente sull'attenti a guardare il proprio superiore.

«Visto l'esito decisamente non piacevole della tua ultima missione, verrai affiancato dalla qui presente Takeda per approfondire le indagini. Ora, visto che sei tu il testimone diretto, spiega la situazione alla tua collega, dato che già vi conoscete.»

A Masaru non venne rivolto se non un vago cenno del capo, per riconoscere la sua presenza in quella stanza. Kaede annuì rapidamente, tossicchiò per schiarirsi la voce, e prese a raccontare.

«La settimana scorsa sono partito in missione con un altro Genin, Koutaro Nakagawa, un mio compagno di Accademia... Dovevamo scortare un mercante da Iwagakure a Kitadani, una città a nord... Si trattava di un paio di giorni di cammino, sarebbe dovuto essere un incarico, ecco, semplice.
Solo che...»
Il ragazzino si fece più serio e strinse i pugni. «Siamo stati attaccati. Erano un gruppo di cinque persone, siamo riusciti a ferirne tre, uno è scappato, ma alla fine ci hanno immobilizzati.
Ci tenevano in punta di katana, noi e il mercante. Dicevano che volevano solo quello che gli spettava... Ma non erano banditi comuni, loro conoscevano il mercante, perché hanno cominciato a chiedergli dove tenesse la roba, dove l'aveva nascosta... Hanno cominciato a picchiarlo per farlo parlare, e pensavo fosse finita per noi...»


Tokoda, con un lieve sospiro, fece cenno a Kaede di andare avanti.

«I dettagli, ragazzo, stai facendo rapporto.»

«Sì, mi scusi... Ecco, insomma, alla fine il mercante ha parlato, ha detto che era nel doppio fondo del carro. Hanno trovato queste scatole avvolte in carta cerata bianca, e prima di andarsene hanno... Tagliato la gola al mercante.
A quel punto... Koutaro ha approfittato della distrazione per liberarsi. Ha attaccato uno di quelli che reggevano le scatole. Non sono riuscito a vedere bene cosa è successo, ma credo che una di quelle scatole gli sia finita addosso, perché era coperto di polvere bianca.
Ha iniziato a tossire, non respirava, e in quel momento i banditi... Se di banditi si poteva parlare, sono scappati imprecando per "la roba sprecata". Io ho preso Koutaro e sono corso a cercare aiuto, per fortuna non eravamo troppo distanti da Iwa.»


Kaede terminò il racconto con i pugni stretti e l'espressione seria, come raramente Masaru lo aveva visto.

«Il ragazzo si trova al momento in terapia intensiva. Sembra abbia subito un'overdose, ma di una droga che non conosciamo. Dovrete investigare su questa faccenda, perché se sta già circolando per le nostre strade occorre tenere la cosa monitorata.»

Guardò Masaru per la prima volta negli occhi, un istante solo, per poi passare su Kaede.

«Domande?»
 
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view post Posted on 13/4/2020, 14:22     +1   -1
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« Shinobi. Se è davvero ciò che desidera, non sarò certo io a negarglielo,
voglio che egli possa scegliersi la sua strada.
»

Come già detto, speranza vana. Egli sorride ben lieto della sua presenza e inevitabilmente la saluta in modo confidenziale, rivelando inconsciamente anche il loro conoscersi.
È proprio come suo padre...

Tale atteggiamento non muta quello della kunoichi, che invece resta formale e distaccata, limitandosi ad osservarlo con iridi cineree che puntano a quelle gemelle, che a uno sguardo attento avrebbero potuto tradire gentilezza e calore affettivo, e un cenno del capo è la sua unica risposta.
Muta osservatrice, Masaru ascolta quanto i due hanno da dire e studia reazioni visive e uditive, frattanto che la sua mente assimila le informazioni.

"Visto l'esito decisamente non piacevole della tua ultima missione..."

Un inizio promettente, non c'è che dire, e un campanello d'allarme trilla nel cervello della donna, ponendola sull'attenti specialmente da quel momento, riempiendo la sua testa di dubbi e domande inespresse, ma che comunque si manifestano come sfumature espressive e incrinano quella maschera imperscrutabile.
L'idea stessa di vederlo illeso e in salute dinnanzi ai suoi occhi lenisce quel suo stato d'animo in tumulto, ma non abbastanza da tacerlo. È l'insieme di emozioni che scaturiscono dal piccolo che rimbalza inevitabilmente verso di lei, la quale, ora che un po' ha ripreso a piccoli passi a sentire, ha visto tornare quel suo problema di fondo: la pessima coesione con istinti e sentimenti che per autodifesa ha sempre cercato di ammutolire e ignorare, o di ridurre al minimo, specialmente se così nuovi per lei.

Non è diverso quella volta, dove la Takeda cerca di focalizzarsi su cosa e come è successo, piuttosto che a chi. Non lo interrompe un istante, lo lascia esprimersi e narrare i fatti, fissandolo statuaria e inespressiva, seppur non le sfugga la rara serietà e il disagio che portano il ragazzo a frenarsi da sé.
No, non è certo per quelle motivazioni che Masaru non ha mai avuto a genio di vederlo diventare shinobi, di sentirgli rivelare il suo desiderio a diventare come lei e come il vecchio veterano che l'ha cresciuto, seppur ella controvoglia abbia dato a Hisoshi il permesso di iscriverlo all'Accademia, ma tornando a noi...

Trafficanti. Un classico. Decisamente meno sembra esserlo la merce in questione.
Non è certa di quanto sia riuscita a celare esternamente della propria tempesta interiore, tuttavia la donna resta professionale nell'incrociare finalmente lo sguardo con quello dell'uomo. Analizzati i vari elementi, non resta che acquisire quelli mancanti a loro disposizione.
Annuisce seria con un singolo cenno e in un gesto automatico si aggiusta gli occhiali sul naso, prendendo finalmente parola:

"Che informazioni abbiamo del mercante?"

Lasciato rispondere l'uomo, successivamente torna a posare lo sguardo su Kaede:

"Kaede, ricordi qualcosa dei banditi? Dov'erano diretti?"

Il fanciullo non tarda a rispondere.

"I banditi erano... Anonimi, molto anonimi in realtà, non avevano stemmi identificativi. Avevano un accento delle montagne però, più duro, sicuramente non sono nativi di Iwagakure o delle valli. Alcuni avevano i volti coperti, ma gli altri penso di poterli riconoscere, uno l'ho ferito al volto e penso di avergli lasciato un bel segno!
Sono scappati verso nord, possiamo provare a vedere se hanno lasciato tracce..."


Masaru lo osserva sforzarsi palesemente nelle sue esitazioni e cercare di mostrarsi quanto più simile ai due ninja adulti, e nel vederlo con indosso quel coprifronte non può fare a meno di notare quanto davvero sia cresciuto, pur rivedendosi davanti agli occhi il neonato che anni prima piangeva e le teneva stretto tra le manine il polso, quasi a percepire le intenzioni della madre di affidarlo ad altre cure, oppure il bambino spaurito che era andata a strappare dalle oscure grinfie della strega.
Per questo risulta inevitabilmente di una nota più morbida nello sguardo quando annuisce nuovamente, concorde sull'iniziativa del giovane, dopodiché torna al loro superiore con rinnovato distacco:

"Ci servira anche una mappa delle zone d'interesse," e attende eventuali risposte e reazioni, prima di concludere le sue domande: "Ci sono altre direttive in particolare, signore?"

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view post Posted on 23/4/2020, 17:41     +1   -1
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Il ninja smosse alcune carte sul suo tavolo, prima di tirare fuori il foglio che cercava.

«Allora... Questa è la scheda del committente. Sabo Tatsuoka, trentaquattro anni, residente di Iwagakure da cinque, originario di Jotomachi... Niente moglie né famiglia di cui si sappia, aveva una bottega qui al villaggio e si occupava di quello che fa un mercante. Commerciava e si spostava per vendere varie merci... Nulla di particolarmente strano da segnalare.»

Sembrava a tutti gli effetti una persona comune. Anche leggendo di persona il documento, Masaru non avrebbe trovato nulla di insolito, probabilmente anche per via del fatto che non essendo un criminale o un bersaglio ma solo un committente, non erano state raccolte informazioni approfondite sulla sua persona.

«Per la mappa passa in archivio, avranno tutte quelle che vi servono a seconda di dove volete andare. E per le direttive...»

Guardò la donna, poi il ragazzino, poi di nuovo la donna. Arricciò appena un angolo della bocca, come se non fosse particolarmente felice di quel che vedeva.

«Vedi di non fallire pure questa. È tutto.»

Kaede non disse nulla, e chinò il capo stringendo i pugni dietro la schiena. Era molto probabile che avesse sentito parlare dei fallimenti di Masaru, anche se magari non nel dettaglio, ma vederla umiliata non era sicuramente qualcosa che gli faceva piacere.
Tuttavia, seppe stare al suo posto, e non appena furono congedati uscì dall'ufficio, pronto a cominciare.

«Okay! Da dove iniziamo, Masaru?»

Il sorriso largo e sincero, infantile ma pieno di entusiasmo per una missione da adulti, era il segnale che stava lasciando alla donna il timone senza nemmeno provare a tracciare la rotta.



CITAZIONE
Alright, da adesso il bambolotto è tuo da manovrare, a meno di mie specifiche indicazioni sei libera di usarlo come un tuo png (cosa che effettivamente è lol).
 
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view post Posted on 26/4/2020, 20:16     +1   -1
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« Shinobi. Se è davvero ciò che desidera, non sarò certo io a negarglielo,
voglio che egli possa scegliersi la sua strada.
»

Le risposte che le arrivano e i dati che la donna osserva non sono del tutto soddisfacenti. Non lo è il fatto stesso che il mercante si tratti a tutti gli effetti di un pesce piccolo e insignificante, quindi senza indagini pregresse che possano indicare loro qualcosa in più di quella magra pista.

E al contrario di Kaede - del quale le sfugge la reazione trattenuta - a lei quella frecciatina, volta ad additarla come un fallimento quasi le missioni svolte con successo non fossero mai esistite, le scivola via come se nulla fosse, ormai abituata a quel Jonin.
Non risponde lei, non concedendo soddisfazioni all'uomo, semplicemente distoglie lo sguardo velato di sospetto da lui e s'incammina fuori dall'ufficio al seguito del piccolo shinobi mentre lei finisce di scriversi le poche essenziali informazioni acquisite.

L'entusiasmo che dimostra il giovane sul quale ritorna lo sguardo di lei, da che un istante prima era serio e composto, non è per la donna una sorpresa, ma la coglie comunque alla sprovvista, bloccandola, ed è qualcosa che non riesce del tutto a comprendere in un contesto del genere.
Forse perché l'entusiasmo alle volte sa essere peggio della paura, o forse perché lei deve ancora scendere a patti col fatto di stare compiendo una missione al fianco di suo figlio - e di dover mettere da parte un simile dettaglio - con tutte le conseguenze del caso.

...quell'ardore, le ricorda vagamente Ryunosuke quando divenne shin-

Frena.

Si accorge in quel momento d'esser rimasta a fissare il giovane, che la guarda perplesso e del quale lei prontamente interrompe qualsivoglia domanda stia per farle. Sbatte più volte le palpebre e inumidisce le labbra, mentre le sue iridi volgono agli appunti presi:

"Per cominciare faremo un sopralluogo all'indirizzo di Tatsuoka," risponde con tono neutro e sguardo imperturbabile, sistemandosi istintiva gli occhiali sul naso, "ma prima dobbiamo prendere le mappe che ci servono."

Kaede riprende il sorriso e annuisce, seguendola senza indugi nei corridoi del Palazzo e verso gli archivi, osserva sorpreso un rossiccio e lentigginoso genin portare una pila di scartoffie in direzione opposta, lo lascia passare mettendosi dietro una Masaru indifferente, prima di tornare a camminare al suo fianco.
La prima missione con la Takeda e la prima in cui la può osservare da vicino fare il suo lavoro. È anche per questo che lascia parlare lei con l'addetto agli archivi, e ben presto ricevono le pergamene richieste, rispettivamente una del nord del paese, una specifica di Kitadani e una di Jotomachi - non si sa mai.

"Hai una ricetrasmittente?" chiede la kunoichi al ragazzino, il quale nelle iridi parimenti le sue la osserva con genuina confusione prima di scuotere il capo, una volta tornati nei corridoi.

"Te ne prenderemo una. Ti serve dell'equipaggiamento in particolare?" domanda poi lei, riponendo le mappe al loro posto lungo il tragitto. Non lo vede stringersi nelle spalle e grattarsi il capo con imbarazzo - o forse non ci da peso - né si aspetta la sua risposta....

"In realtà non saprei... ho con me solo dei kunai e degli spiedi."

L'occhiata che gli lancia lei presenta un cipiglio sorpreso e subito dopo irritato, tanto da intimidire il ragazzino, che incassa ulteriormente la testa sulle spalle e il quale equivoca ciò come un rimprovero.

"Ti hanno mandato in missione senza un'arma decente?" a quel punto è ovvio che l'irritazione sia rivolta altrove, dato che in teoria dovrebbero esser loro a consegnare ai nuovi genin la loro prima arma, indipendentemente dal livello della missione.

"N-no," si affretta a rispondere il ragazzo, abbassando la testa con aria colpevole, "in realtà è colpa mia. Ojiisan me ne aveva regalata una, ma l'ho perduta nello scontro."

"Ti hanno spiegato qualcosa dell'equipaggiamento?"

"Non molto... non saprei cosa prendere..." risponde lui, incrinando le labbra in un mezzo sorriso imbarazzato dinnanzi allo sguardo di disappunto della madre, "vorrei chiedere consiglio a te, Masaru."

La kunoichi lo osserva ancora per un momento, poi quel sospiro esasperato: "Vieni," un'unica parola, ma che vale per mille per il ragazzo, il quale capisce al volo cosa significa, ed egli seguendola riacquista quel sorriso gioviale e sincero che tanto lo rende simile a suo padre, nel suo caso infantile.

La Takeda è decisamente meno lieta di dovergli fare una lezione accelerata durante una missione del genere, più tempo perdono e più si allontanano dalle tracce che cercano, ma è anche vero che non può lasciarlo sprovvisto considerato l'alto rischio dell'incarico.

"Sapersi arrangiare senza equipaggiamento è di sicuro un'ottima dote, ma avere con sé quello giusto al momento opportuno può fare la differenza," gli spiega una volta giunti al mercato, diretta e concisa, indicandogli soprattutto l'essenziale per la loro missione, che siano parti mancanti della divisa, amuleti, armi o oggetti, e il bambino ascolta, osserva, chiede e assimila, come per la ricetrasmittente.

Ojiisan non gli ha fatto certo mancare i soldi per comprarsi il necessario, ma la kunoichi decide comunque di regalargli qualcosa. Gli amuleti e l'arma da lui prescelta, il bastone, che tiene dietro la schiena per comodità.
Finalmente finiti i preparativi, non resta loro che recarsi nella bottega del famigerato mercante, un luogo anonimo, dentro un ambiente anonimo pieno di gente anonima per un proprietario anonimo.

Fantastico.

Oh beh. Non notando niente né nessuno di sospetto sia a livello visivo che sensoriale, né fuori né proveniente dalla dimora, Masaru ignora la curiosità dei civili e avanza con suo figlio al seguito, attento e curioso osservatore che cerca di sembrare più adulto possibile ad occhi altrui, specie quelli del suo mentore.
La risposta alla domanda della donna sulla chiave della bottega non è quella sperata, rimasta essa con il cadavere dell'uomo.
Il piccolo Masamune guarda quel kunai intriso di chakra katon venire utilizzato per forzare la porta chiusa dal lucchettone con catenaccio, le ci vuole un po' alla Jinton, ma riesce comunque a forzare l'attaccatura della porta, che richiude dietro di sé una volta entrato anche Kaede.

"Cosa facciamo, Masaru?" le chiede fiducioso, osservandola con un sorriso determinato, in attesa di istruzioni.

La Takeda studia con attenzione i dintorni nella penombra creata dalle persiane chiuse, prima di osare qualsiasi azione si pone in ginocchio e poggia i polpastrelli al suolo per pochi secondi, avanzando solo in seguito qualche passo che risuona rumoroso in quel silenzio teso, per prima, cauta - in mancanza di una luce artificiale o un lume opportuni nella stanza ella avrebbe usato ancora le abilità sensoriali a sua disposizione. Decisamente un luogo disadorno, con le sue chinciaglierie che lo decorano pacchianamente, e rispecchia assai bene le informazioni avute.

"Bisogna perquisire ogni angolo di questo posto, anche il più insignificante," risponde lei schematica, ancora focalizzata sul perimetro, prima di voltarsi seria - non severa - verso di lui, "non sembrano esserci pericoli, ma va tenuta la guardia alta."

Il ragazzo annuisce, deciso, ed entrambi passano al setaccio tutta la struttura, con ogni mezzo utile alla ricerca, prima il piano del negozio, successivamente il piano superiore, quello adibito a dimora.
E quando sembra non esserci nulla di sospetto, nessun vuoto anomalo nelle pareti e nei muri, niente oggetti strani, foglietti, o fonti di chakra...

"Questo futon è strano..." afferma perplesso Kaede nel tastare il materiale del futon, attirando l'attenzione di Masaru, la quale smette di cercare nei cassetti e lo affianca, "qui è stato ricucito."

E può constatare lei stessa quanto affermato, lo lascia aprire le cuciture con un kunai, ma è la donna, cauta, a prendere per le mani quei sacchetti di monete e quei pacchetti avvolti in stoffa nera, scrutandoli con attenzione, dopo essersi accertata che non sono pericolosi da maneggiare.
La Jinton osserva suo figlio tornare a incupirsi, specie quando scoprono dentro i pacchetti dei panetti bianchi e polverosi.

"È la stessa..." gli occhi cinerei si sollevano su quelli gemelli del piccolo, che ancora fissano quella robaccia, "la stessa polvere e anche la stessa stoffa."

Un cenno del capo della Chunin, dopodiché lei ispeziona il pacchetto aperto, volendo cercare eventuali simboli di riconoscimento, istruzioni o che altro.

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Se non trova peculiarità nei pacchetti, continua l'ispezione con Kaede. Inoltre uso sensitivo per capire se saltano fuori brutte sorprese nel durante. eme
 
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Forse Masaru ricorda una Iwa diversa, in cui i giovani Genin venivano seguiti amorevolmente e guidati in ogni loro passo. Nella Roccia reale, tuttavia, i ragazzini ricevono l'addestramento necessario all'uso delle armi di base, ma quelle più specialistiche, o l'equipaggiamento di livello superiore, sono argomenti che non si affrontano in classe.
Per la Takeda le ricetrasmittenti erano cosa nota, ma per un Genin alla sua seconda missione... Beh, no. La differenza primaria tra madre e figlio era l'esperienza, in questo caso.
Perché, come sempre, sono i più esperti a dover mostrare ai giovani come ci si comporta. Kaede sicuramente doveva aver avuto degli insegnanti, ma forse non un caposquadra che lo aveva seguito nel dettaglio, e questo non gli aveva permesso ancora di imparare qualcosa di più delle conoscenze di base.

Oppure, chi aveva i genitori ninja poteva avere una marcia in più perché avrebbe ricevuto istruzioni e insegnamenti extra direttamente a casa... Ma questo Kaede non poteva saperlo.

Dunque, Masaru dovette compensare quelle mancanze e il ragazzino la ascoltò attento, cercando di far tesoro di ogni parola. Entrambi ricevettero l'equipaggiamento richiesto -nulla di trascendentale- e si diressero verso la bottega del mercante assassinato.
Che non fosse, questi, un grande contribuente dell'economia della Roccia lo dimostravano tante cose. L'aspetto umile della bottega, il quartiere in cui si trovava, i tentativi maldestri di abbellire l'insegna e rendere più invitante un posto che difficilmente avrebbe attirato lo sguardo di un passante.
Tatsuoka vendeva merce variegata; stoffe, utensili, suppellettili, il tutto tenuto in ordine ma senza un vero ordine. La merce era esposta sugli scaffali, coperta dalla polvere di qualche giorno senza pulizie, e a parte il posizionamento per categorie (le stoffe erano assieme alle stoffe, le pentole erano con le padelle), il negozietto sembrava arrangiato senza un vero criterio.

Anche per questo i due ninja ci misero parecchio a ispezionarlo. Un lavoro tedioso, soprattutto quando non sai cosa cercare ma devi mettere le mani ovunque... E non trovi niente, solo un paio di tarli nel legno delle mensole.

Per fortuna l'ispezione al piano superiore, dove il mercante viveva -chiaramente da solo, non ci sarebbe stato lo spazio per più di una persona- ebbe qualche esito in più.
Fu Kaede a trovare strano il dettaglio del futon, mentre sua madre forse sopravvalutava le capacità del mercante di nascondere le cose. Niente nicchie o passaggi segreti... Un banalissimo nascondiglio nel materasso, con soldi in discreta quantità e soprattutto due involti neri con la polvere bianca che aveva avvelenato il compagno di missione di Kaede.

Gli esami ulteriori dei sensi acuti di Masaru non portarono a niente. Era polvere, presumibilmente droga. Ironico che due Jinton avessero una missione basata su qualcosa del genere... Ma sarebbe stato tutto poco ironico se non si fossero inventati un modo per andare avanti.

«Questo prova che Tatsuoka-san era davvero implicato con quei banditi!» esclamò il ragazzino, riconoscendo la merce. Questa non aveva sorprese, Masaru stava consumando chakra per assicurarsi che fosse tutto a posto... E lo era. Niente trucco niente inganno.
E assieme ai due pacchetti c'era un quadernino, sempre nero, con su una serie di nomi e cancellature.

Di fianco agli ultimi tre era disegnato, con una calligrafia davvero terribile, un ideogramma... Che, guarda caso, era lo stesso che componeva la prima sillaba di Kitadani.
I nomi erano Yato Kurumi, Sabou Tanaka, e Mako Shirogawa. Accanto a questi erano segnate delle date, tutte che includevano giorni di quella stessa settimana.

Le parti cancellate, invece, erano più complesse da identificare. Si trattava di una serie di dieci righe, presumibilmente altri nomi e date, ma rese illeggibili da spesse passate di penna. Di riconoscibile però c'era solo il primo kanji che componeva il nome di Jotomachi, per quanto, vista la semplicità di quel nome, poteva anche essere una coincidenza. E, cosa che i due shinobi riuscirono a vedere solo mettendo la pagina controluce, di fianco alla data della settimana prima c'era il kanji di "Iwa".

«Temo... Che il signor Tatsuoka fosse un contrabbandiere di questa droga...» mormorò il ragazzino, guardando i due panetti bianchi. «Cosa dobbiamo fare ora? Questi tre nomi... Potrebbero essere altri acquirenti?»


CITAZIONE
Consiglio per gli acquisti.
Cerca meno di basarti sulle skill ninja e più sull'estrapolazione di quel che ti dico, degli indizi e della scena.
Quando ti ho accennato al futon particolarmente grosso non hai approfondito, per fare un esempio, hai continuato a usare Tatto e Sensitivo in giro. Per carità, sono capacità di Masaru ed è giusto che le usi, ma non vorrei che tu ti affidassi troppo alla scheda.
Non dico di non usarli mai, perché sicuramente ci saranno dei momenti in cui saranno utili, ma... Non fermarti solo a quello, perché altrimenti ci troviamo come adesso, un post intero in cui tu poi fai "uso Sensitivo" e basta. Un po' limitante, no?
 
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view post Posted on 12/5/2020, 18:48     +1   -1
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« Shinobi. Se è davvero ciò che desidera, non sarò certo io a negarglielo,
voglio che egli possa scegliersi la sua strada.
»

Ricordi di una Iwa passata, questo potrebbe passare di mente a chi la sentisse in quel momento, ma la verità è che lei, l'Accademia, la conosce principalmente solo di nome.
Sballottata dall'orfanotrofio, al cruento ufficiale corrotto, sino al vecchio Hisoshi, e inizialmente forzata da suo nonno Takashi, contro il suo volere, a fare degli esami anticipati da sola e indossare le vesti di kunoichi.
Tutto ciò che sa non è stato da lei appreso dentro un'aula, purtroppo.
Forse per questa sua indifferenza verso l'Accademia non si è mai posta questi problemi, avendo sempre visto i genin già provvisti di tutto il necessario.
Suona quasi ironico che lei ne sappia tanto quanto suo figlio, in merito a quei pargoli con nozioni extra...
Già, quasi.

Tornando alla missione, la chunin ignora la bruttezza della calligrafia e si concentra sui nomi che sono riusciti ad estrapolare da quell'agenda, dopodiché annuisce nuovamente all'ovvietà del ragazzino...

"Suppongo di sì..."

al quale non sfugge la sua disattenzione, come se stesse riflettendo, con quello sguardo sempre più grave.

Kurumi...

Quel cognome a lei così familiare... ma che non riesce a cogliere davvero con quel nome invece anonimo.

"Che succede, Masaru? Lo conosci?" spezza il filo dei suoi pensieri, Kaede, un po' preoccupato nel vederle quella sfumatura cupa nello sguardo.

Gli occhi di lei volgono ancora una volta sui suoi. L'ha detto ad alta voce?

"È solo una sensazione," - una brutta sensazione - liquida così la domanda, non perché non si fidi di lui, quanto per l'incertezza stessa, "ma non dobbiamo abbassare la guardia."

La kunoichi comincia dunque a ricopiare gli appunti necessari e a riporre quanto trovato dentro un sacchetto, tranne l'agenda, successivamente messo nel suo rotolo.

Con i ricordi sgradevoli che leggere quei kanji le ha riportato a galla, ricordi di quel periodo, emerge anche qualcos'altro di più istintivo e mentre la Jinton nasconde in una tasca interna della casacca l'agenda, dando invece gli appunti ed eventuali istruzioni al giovane, non può fare a meno di porsi le dovute domande.
Tra queste, ora che sono aumentati i suoi sospetti su quanto potrebbe essere grande e rischiosa quella vicenda, se sia davvero il caso di lasciare al villaggio il piccolo Genin - e al diavolo qualsivoglia cosa abbia da ridire quel pallone gonfiato!
No, non è sfiducia nelle capacità di suo figlio, al contrario.

Bensì qualcosa che aveva detto a Hisoshi:

"Ciò che ti chiedo è di fargli capire... Che sia capace di pensare con la sua testa, che egli veda anche le conseguenze di quella che sarà la sua scelta... senza che sia per lui un fardello... senza dimenticare di dargli ciò che a me è stato negato."

E l'ultima frase suonerebbe paradossale, non fosse stata detta prima di un fatale scontro.

Ad ogni modo non le garba vederlo finire in un garbuglio simile alla sua prima missione, ma oramai l'avevano visto in volto e il traffico è confermato anche a Iwa.

"Masaru?" le chiede il giovane, perplesso, guardandola studiare le carte geografiche per decidere il da farsi.

"Finiamo l'ispezione, dopodiché faremo rapporto e andremo a nord," gli risponde semplicemente, rimettendo a posto le mappe e dando un'ultima guardata in giro, sia a livello normale che sensoriale.

Non trovano nient'altro di troppo rilevante - anche se la guardia di lei non si abbassa mai del tutto, volendo prevenire piuttosto che curare - eccetto per degli indumenti sporchi nel cesto del bucato dinnanzi al quale lei è in ginocchio, più precisamente un colletto con qualche macchiolina di sangue, e, ad un'attenta osservazione, considerata la sua esperienza, Masaru ne intuisce quasi per certo l'entità.

"Deve aver subito delle percosse al volto," afferma con convinzione, seguita dallo sguardo ora attento e curioso di lui, verso il quale si gira: "Kaede, hai notato qualcosa di strano nel mercante?"

Il bambino si gratta la testolina, riflettendoci per un momento, ma soprattutto non sembra qualcosa di piacevole da ricordare, giustamente: "Gli mancava un dente davanti... E sembrava conoscere i tipi che ci hanno aggredito. Cioè, ha finto di non farlo, ma loro conoscevano lui e non è che ci hanno creduto molto..."

La Takeda annuisce, rimettendo al suo posto quel colletto e risollevandosi in piedi. Una volta finita la perlustrazione, la giovane donna aguzza lo sguardo in cerca di qualcosa per poter sigillare l'ingresso, se nell'immediato non avesse trovato nulla, allora si sarebbe arrangiata a chiuderla al meglio delle sue possibilità, una volta usciti entrambi fuori.
Non presta poi molta attenzione agli sguardi di qualche curioso di passaggio, non più del necessario almeno - non concedendo loro spiegazioni né sentendosi in obbligo di farlo - al contrario di Kaede che, per quanto cerchi di emularla, si sente un po' in soggezione con tutti quegli occhi puntati addosso, anche se a dire la verità lo mettevano più a disagio gli sguardi degli altri ninja a Palazzo, nel vederlo al fianco della Takeda, chiedendosi come riesca lei ad essere così calma nonostante ciò.

E a tal proposito: "Perché torniamo al Palazzo?" domanda confuso, guardandola con occhi infantili.

"Prima di partire faremo rapporto su quanto scoperto," afferma lei con la sua solita calma apparente, sistemandosi gli occhiali.

E una volta fatto quanto affermato, finalmente madre e figlio si avviano fuori dal villaggio e partono verso Kitadani, avendo già preso prima le scorte necessarie. Ella gli indica di nascondere il coprifronte agli occhi altrui, a inizio viaggio.
Un viaggio che rivela a Masaru il piccolo genin insolitamente quieto, pensoso, pensieri che lei può solo intuire mentre gli lancia una fugace occhiata. Stanno attraversando la stessa strada fatta con il suo compagno d'Accademia, forse ripensa a quanto avvenuto, a cosa sia successo al suo compagno.
E chissà che altro, ad ogni modo, lei non proferisce parola, volendo lasciarlo tranquillo in quegli attimi con sé stesso.

Nel silenzio solo i passi che scrocchiano con il pietrisco di quelle lande, qualche raro incontro umano e non, l'odore della terra nell'aria secca e una catena montuosa a fare da cornice nel panorama collinare, fatto di molteplici sfumature terrose, macchiate di un verde smortom mentre lentamente si muovono e si allungano le ombre come molteplici meridiane seguendo la discesa del sole.

Il carattere, e forse anche la giovane età, del ragazzino gli permette di non lasciarsi annegare nella malinconia troppo a lungo, infatti quando la Jinton a metà viaggio propone una piccola pausa, passando al setaccio un angolo tranquillo dove potersi rifocillare, egli si rilassa, butta giù la maschera da adulto e prende l'iniziativa, raccontandole dell'esame e di quanto ha appreso.
E lei lo ascolta silente, lì seduta vicino a lui, vedendolo tornare sorridente e sognante; con occhi color argento lo osserva, annuisce di tanto in tanto non avendo molto da dire, ora è lei ad esser quieta, sentendosi quel groppo in gola che mai davvero se ne va, anche quando sembra stia sparendo.
Quieta lei, almeno fino al momento in cui debbono riprendere il cammino, ma prima di ciò decide in via definitiva di spiegargli quanto ricorda sui Kurumi e successivamente...

"Ti serve una copertura," esordisce, prendendolo alla sprovvista, ma la pacata serietà di lei non muta dinnanzi al suo sguardo perplesso, "quel giorno ti hanno visto."

Allora lui ricorda e capisce che sì, forse è il caso di non farsi vedere con cotanta leggerezza da quelle parti, ma anche se inizialmente preoccupato e cupo, la sua espressività cambia quasi subito in entusiasmo all'idea di usare delle jutsu di fronte a lei, salvo poi farsi pensieroso.

"Però che tipo di copertura posso usare?" si chiede alzandosi in piedi e grattandosi la testolina.

Ci pensa per qualche secondo, poi, mentre la kunoichi mette via i resti di quanto consumato affinché non restino tracce, egli comincia a comporre i sigilli necessari alla sua jutsu, trasformandosi in un ragazzo leggermente più grande, con solo i capelli, ora biondo scuro, come cambio radicale oltre al profilo più maturo e adatto alla sua finta stazza e si mette in posa marziale.

"Secondo te va bene, Masaru?"

Lei finisce di sistemarsi l'equipaggiamento e si gira a guardarlo, trovandosi paralizzata sul posto, col fiato mozzo e il cuore in gola.
La somiglianza con il padre adesso è quasi più marcata, persino il sorriso gaio all'idea di usare un travestimento, nonché gentile sotto lo sguardo sincero, è dannatamente simile... e la più adulta dei due deve sforzarsi non poco per distogliere lo sguardo - che curiosamente brilla di una strana luce.
La gola improvvisamente arsa la costringe a inumidire le labbra.

"Decisamente un'altra persona..." lo sta dicendo a lui o a sé stessa?

Risulta abbastanza ambigua al giovane, che osservandola inclina la testa, perplesso e confuso come il bambino che è.
Non ricevendo però risposta negativa Kaede lo prende per un sì e decide di tenere quel camuffamento, sistemandosi meglio a sua volta prima di tornare ad affiancarla.
A un certo punto della strada il Genin indica con discrezione a Masaru il luogo dell'incidente, avendo ancora fresco il ricordo della scena e di alcuni oggetti a fare da punti cardinali nel perimetro e lei si fa più attenta.
Il viaggio prosegue infine senza ostacoli e il mutamento di sfumature nel cielo accompagna il loro arrivo a Kitadani con il crepuscolo.

code © psiche



Di tanto in tanto durante il viaggio, specie nella sosta, usa sensitivo per sicurezza.

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Kitadani. Questa la meta scelta dai due ninja.
Si trattava di un paese di montagna incastonato in una valle scavata anticamente da un fiume ora scomparso. Traeva la maggior parte della sua fortuna dall'allevamento, in particolare delle capre di una razza tipica di quelle zone, dai prodotti caseari che queste permettevano di produrre, e dall'agricoltura, sebbene limitata dal fatto che il sole raggiungeva solo in poche ore del giorno i campi coltivati, schermato com'era dalle alte montagne che circondavano la piccola valle.
Immerso nella penombra della sera, il villaggio cominciava ad accendere le prime luci. I pastori rientravano negli stalli con le greggi, i contadini lasciavano i campi portando le gerle con il raccolto sulla schiena -orzo e segale, da quel che poterono vedere- e la popolazione si preparava alla conclusione della giornata.

Lungo la strada Kaede era riuscito a mantenere la Trasformazione, e a trovare il luogo dove era avvenuta l'aggressione. A parte qualche macchia scura di sangue rappreso nella polvere non era rimasto più nulla di riconoscibile: qualcuno era sicuramente arrivato a portare via il carro e il corpo, perché c'erano diverse orme e segni di trascinamento, ma sarebbe stato molto difficile capire in che direzione erano andati.

L'abilità di Masaru di percepire le presenze si rivelò una cautela non necessaria; percepì eccome delle presenze, quelle di civili in movimento, donne dai villaggi vicini che si spostavano portando con sé cataste di legna sulla schiena, mercanti con un mulo carico che si muovevano verso Iwa, animali selvatici che se ne stavano per i fatti loro... Insomma, nulla che potesse essere degno di nota: c'era della gente, ma d'altronde, erano nel Paese della Terra, non in quello del Vento.
L'uso di chakra da parte sia della madre che del figlio però comportò una stanchezza innegabile che si infilò nelle loro ossa e lì rimase, quando la sera si ritrovarono a osservare le case e le locande di Kitadani.

Era un paese non molto grande ma vivace, c'era un gran viavai, e Masaru avrebbe potuto ricordare che si trattava di un centro commerciale florido e attivo.
Il centro era diviso in quattro quadranti da due strade principali più larghe, che si incontravano al centro in una piazza bene illuminata, e man mano che ci si allontanava da questo punto le luci erano meno presenti e le abitazioni apparivano via via più fatiscenti.
Grande città o piccolo paese, se vivi in periferia di solito te la passi meno bene rispetto agli abitanti del centro.

«Umh... Che facciamo ora, Masaru?» mormorò Kaede, rallentando il passo prima di avvicinarsi ai confini del villaggio. «Io ammetto di avere un po' fame... Però posso resistere!»
Sembrava essersi corretto subito dopo, come se il Kaede-bambino fosse stato ripreso dal Kaede-Genin.
«Come vuoi presentarti? Diciamo che siamo ninja o cosa?»




Ti chiederei nel tuo post di descrivere come sono vestiti Masaru e Kaede, se hanno armi dimmi dove le tengono, se hanno il coprifronte ecc.
 
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view post Posted on 30/5/2020, 20:30     +1   -1
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« Shinobi. Se è davvero ciò che desidera, non sarò certo io a negarglielo,
voglio che egli possa scegliersi la sua strada.
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Un centro commerciale florido e attivo come lo ricorda? Sì, decisamente.
Lo si può intravedere ancor prima di giungere ai suoi confini, ma ben presto il cammino rallenta, non tanto per la stanchezza che entrambi sentono quanto per Kaede, che prende parola arrestando il flusso di pensieri della giovane donna, di cui cattura l'attenzione.

"Ci sono. Sarò tuo figlio," suggerisce il ragazzo, sembrando entusiasta della grande idea, dinnanzi alla madre che si stava abbeverando dalla borraccia.

Ed ecco che si rivela uno di quei momenti dove poter riconoscere la vecchia Masaru.

!?!!

Occhi che strabuzzano - per così dire - acqua che va di traverso e brucia in gola, tosse violenta... sì, si sta strozzando a reazione della grande idea.

L'ha detto davvero?

L'ha detto davvero, Baka-chan! afferma a gran voce quella vocina ormai familiare nella sua mente, di quella bambina dai grigi occhi che ogni tanto salta fuori e sembra non volerla più lasciare da quella volta.

E la risposta della Takeda si riduce a quel tossire, in una reazione che potrebbe anche risultare comica se non fosse per l'argomento.
Una mano sollevata a frenare le intenzioni ausiliarie del Genin, appena prima di ricomporsi e trarre un lungo sospiro, guardandosi attorno.

"Per loro sarebbe solo un invito ad usarti, nel caso in cui vada storto qualcosa," ribatte altrettanto a bassa voce, anche se un po' rauca, sistemandosi gli occhiali sul naso e riprendendo il passo, "per adesso ci limiteremo ad una perlustrazione."

E il bambino, grattandosi la testolina confuso, alla fine annuisce e la segue: "Va bene."

Sarebbe stato comunque assurdo: lei, sua madre, che si finge di non esserlo per poi fingere di esserlo.

Ah. Ahah. Ahahah.

No.

...

Anche se-

No!

Meglio non complicare ancora la situazione...

Si schiarisce la gola: "Usa il controllo del tuo chakra," suggerisce di nuovo seria la Jinton a Kaede, senza voltarsi e facendo a sua volta utilizzo di tale abilità, "ti aiuterà a riprendere energie e a dare meno nell'occhio."

Egli annuisce di nuovo, seguendo il suggerimento, e si concentra sull'incredibile viavai di gente che si trovano ad osservare e che a loro volta li osserva, cercando di carpire sguardi noti.
Probabilmente sono incuriositi dal loro vestiario, ma per esperienza la kunoichi è stata meticolosa su questo, optando per celare nel rotolo solo quel che li evidenzia come shinobi, piuttosto che come ninja semplici, trovando così praticità nel tenere a portata di mano katana e altri arnesi, neanche troppo visibili considerati i mantelli che indossano, eccetto per il bastone e il rotolo sulla schiena.

Alle porte di Kitadani, ma anche al suo interno, nessuna guardia che controlli il perimetro. Una decisione abbastanza curiosa, ma che non ferma la kunoichi, con al seguito il piccolo che tenta di celare il suo timore, dal loro obiettivo.
Così avviene la perlustrazione del villaggio, tuttavia non partendo dai suoi luoghi di ritrovo, bensì dalle strade ammantate dalla penombra notturna, stavolta con un utilizzo meno sostenuto delle abilità di Masaru, tranne per il controllo del chakra.

Alla ricerca di potenziali indizi, di vie non segnate sulla mappa, di individui sospetti che possano esser loro familiari, o del famigerato carro. È inoltre una buona opportunità per avere un quadro più completo su Kitadani, almeno a livello strutturale, ed eventuali vie che colleghino alle montagne.
Non le sono sfuggite nemmeno le montagne che li circondano, dove, stando a quanto disse Kaede, ella sospetta possa esserci il covo, almeno per quanto potrebbe saperne.

Quando finalmente giungono in prossimità del centro, dove si trova la locanda più rinomata e i vari luoghi di ritrovo, solo allora la Takeda pensa bene di avvalersi un'ultima volta della sua capacità sensitiva, se non altro per capire chi ci sia nella locanda dove intende addentrarsi, una volta intravisto dalla porta aperta da un cliente che l'altra, meno in periferia, sembra più linda e affollata.

Lo sguardo del Kaede fallacemente più grande si sposta più volte dall'insegna de "La Capra Zoppa", tutt'altro che invitante come luogo di primo acchito - e il fatto che si trovi in periferia non aiuta - alla madre, la quale risulta determinata a raggiungerla e illeggibile nello sguardo distaccato.
Anche se da quando sono partiti egli, rispetto a chi non la conosce, può osservarle una sfumatura insolitamente irritata, le sembra persino più sfuggente. Forse è solo una sua impressione, anche se vista l'empatia del piccolo... e dopotutto è pur sempre un bambino, in ogni caso non ne comprende i reali motivi.

Comunque sì, si sente a disagio lui in quel luogo, tanto da girarsi indietro quando gli pare di sentire uno sgradevole rumore, salvo poi vedere che si tratta solo di un gatto randagio e malconcio, uscito da un bidone dell'immondizia.
Suvvia cucciolo, sei un ninja che protegge la gente ora, come Masacchan, e un giorno diventerai anche un medico che curerà la gente, come Ojiisan. Era quello che volevi giusto?
E poi c'è Masaru con te, guarda com'è calma, fredda, come sembra esser parte - anche troppo - di quell'ambiente ostile... un po' inquietante forse, ma non cattiva.
Almeno non con te.

Alla fine si ripete mentalmente che è solo una locanda, il piccolo grande Genin, cercando di emulare la più grande con quell'espressione determinata, le spalle dritte e il petto in fuori, risultando teneramente impacciato.
Una volta varcata la soglia d'ingresso quella che fuori sembra una bettola si rivela... una bettola, ovviamente. Esattevolmente ciò che cercava la donna.

E mentre lui pensa a non destare sospetti e a sembrare un adulto forte e coraggioso come la Takeda, quest'ultima sta cercando di distrarsi e non pensare a cose che potrebbero seriamente compromettere il suo operato rovistando nei ricordi che possano esserle utili sui giri di spaccio della zona, sui volti riconducibili a qualcuno di quei medesimi giri, o comunque ai clienti del mercante, e ovviamente pensa alla strategia migliore d'approccio all'oste.

Primo fra tutti, dopo un breve controllo al perimetro e agli astanti, sedersi e ordinare qualcosa.

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Controllo chakra entrambi durante tutto il giretto, mantiene trasformazione lui, usa sensitivo lei solo nel momento in cui devono perlustrare le locande. Pensa che mi stavo dimenticando che hanno dei mantelli. xD
 
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view post Posted on 5/6/2020, 11:12     +1   -1
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Madre e figlio, che fingevano di non esserlo malgrado la proposta del pargolo (corretta al volo dalla donna) poterono iniziare la loro perlustrazione di Kitadani.
Non grande quanto Iwa ma sicuramente diversa da una manciata sparuta di case montane. Il villaggio se la passava bene in apparenza, c'era qualche cantiere di edificio in costruzione ma si poteva intuire che lì i disastri dei Bijuu non fossero arrivati. Due facce nuove, come quelle di Masaru e Kaede, si mimetizzavano bene nel viavai di gente che gli abitanti dovevano vedere quotidianamente. Carri, carretti, letame lasciato per terra da animali da soma oppure portati in città per essere venduti e comprati, il tutto nella penombra della sera incipiente puntellata dalle lanterne che si accendevano sempre più numerose.

Impararono a conoscere Kitadani, non tanto nelle sue abitudini, quanto nelle sue strade... Perché, incurante della sottile richiesta del bambino (almeno all'inizio) Masaru non si fermò a mangiare, ma portò il figlio con sé in un lungo giro di perlustrazione. Strade e stradine, viottoli e vicoli, se non li percorsero tutti poco ci mancava.
Man mano che andavano avanti Kaede si fece sempre più silenzioso. Era chiaro che fosse affaticato, ma mai avrebbe chiesto una pausa se non fosse stata Masaru a notare la cosa... E almeno per il momento, la sua copertura teneva, anche se il suo passo non era dei più svelti.

Arrivati davanti alla Capra Zoppa, anche senza le abilità sensitive di Masaru si potevano percepire le seguenti caratteristiche:
- Poche persone all'interno, visibili dalla finestra lurida che dava sulla strada. Dopo qualche momento di concentrazione e spesa di chakra, la Takeda avrebbe identificato un totale di quindici persone, otto al piano inferiore e sette a quello superiore.
- Un persistente odore di urina umana che permeava la strada.
- Due uomini seduti su una cassa dal lato opposto della Capra Zoppa, intenti a giocare a dadi su un barile, che lanciavano ripetute occhiate alla via e che da quando erano comparsi Masaru e Kaede avevano concentrato la loro attenzione su di essi. Gli uomini non corrispondevano alle descrizioni fornite dal ragazzino, sembravano anonimi quasi-trentenni dalle vesti povere che si passavano la serata combattendo la noia. Nessuno dei due fece assolutamente nulla per attirare l'attenzione degli Shinobi, si limitarono a guardarli, forse perché in quella parte della città le facce nuove erano quasi sempre quelle sperdute di chi aveva sbagliato strada.

L'interno della locanda era qualche tacca di igiene in più di un tugurio. Nel senso che non si vedevano gli scarafaggi correre sul pavimento ma forse perché era la sporcizia a nasconderli.
Una manciata di tavoli di legno spesso erano allineati lungo la parete. A quella opposta era piazzato il bancone da dove l'oste chiacchierava con una donna dal trucco pesante con un bicchiere semivuoto in mano. Dietro una porta seminascosta da una tenda grigia si indovinava la cucina, e ai tavoli erano seduti quattro avventori: tre erano assieme, giocavano a carte e stavano scommettendo soldi, un quarto coccolava il suo bicchiere in un angolo, lo sguardo ebbro e il naso rosso.

Tutti alzarono lo sguardo verso i nuovi giunti. L'ubriaco solitario lo riabbassò subito, chiaramente poco interessato. I tre giocatori lo mantennero fisso su Masaru, e se questa avesse incrociato i loro sguardi, il tipo dalla fitta zazzera bruna e riccia gli avrebbe fatto un occhiolino ammiccante. La donna truccata sorrise a Kaede con dolcezza dietro il cerone bianco, e l'oste fu quello che approcciò direttamente la coppia di shinobi, lasciando la conversazione per avvicinarsi a loro da dietro il bancone.

«Benvenuti! Viaggiatori stanchi, immagino... Siete arrivati nel posto giusto, ho uno stufato di capra fresco fresco, perfetto per rifocillarsi! Cercate riparo per la notte?»

L'oste era un uomo alto, dalle spalle larghe e le braccia robuste di chi sicuramente non ha problemi a sollevare botti di sake o a scaraventare fuori dalla porta gli ubriachi molesti. Dimostrava una quarantina d'anni, mal portati per via di una stempiatura incipiente, ma nel resto della testa aveva ancora capelli lucidi neri e folti, tagliati corti sul cranio tondeggiante. Lo sguardo era amichevole, la voce squillante e allegra, anche se un po' roca.
Gli mancava un dente davanti, ma questo non gli impediva di sorridere e invitare con ampi cenni la coppia ad entrare.

«Prego, prego, accomodatevi, sedete dove preferite!»

Due tavoli erano occupati, gli altri tre sarebbero stati a loro disposizione. Tutti avevano un aspetto apparentemente pulito, malgrado un esame tattile avrebbe rivelato uno strato unticcio e appiccicoso, tipico di quelle superfici dove si rovescia qualcosa e non viene pulito a fondo.

CITAZIONE
Quando finalmente giungono in prossimità del centro, dove si trova la locanda più rinomata e i vari luoghi di ritrovo, solo allora la Takeda pensa bene di avvalersi un'ultima volta della sua capacità sensitiva, se non altro per capire chi ci sia nella locanda dove intende addentrarsi, una volta intravisto dalla porta aperta da un cliente che l'altra, meno in periferia, sembra più linda e affollata.

Penso ti sia confusa in questa parte. Tu mi avevi chiesto la locanda meno affollata, che sta in periferia, che è effettivamente la capra zoppa come hai descritto dopo.
 
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Che le sia sfuggito perché lei troppo sfuggente con lui, o che semplicemente lo stia ignorando poiché egli ha dichiarato di poter resistere, in entrambi i casi si nota una mancanza d'abitudine nell'avere in carico dei bambini. Suo figlio inevitabilmente fa eccezione solo fino a un certo punto.

Tornando invece alla missione, difficile non notare gli occhi di quei due puntati addosso e, a giudicare dagli elementi osservati fin'ora, la Takeda ha già un'idea ben chiara sul perché quel luogo sia sprovvisto di guardie. Non servono in un territorio controllato, bastano sentinelle come possono esserlo quei due.
La donna lancia loro una fugace occhiata, imperturbabile, mentre in suo figlio si denota ineluttabile l'inesperienza nel tentare di celare il suo stato d'animo. Per niente piacevole sentirsi fissare così da due tipi del genere, eh?

"Lascia parlare me," afferma a bassa voce lei, quando sono fuori portata d'orecchio da quei due. Non dubita che lui lo sappia, ma preferisce comunque ricordarglielo, e il neo-shinobi al suo fianco non tarda ad annuire.

Una volta entrati, il giovane Kaede nota spiacevolmente come l'odore di urina sembri presente anche nella locanda, seppur celato da altri odori provenienti dalla stessa. Questo è l'ultimo dei loro problemi per Masaru, che con occhi color argento scruta i presenti senza reazioni in particolare - no, neanche per quell'imbecille dallo sguardo languido, a cui lancia vagonate di indifferenza per quegli inutili tentativi di flirt.

Sì, ha notato il paio di coltelli nascosti nella cintola di due tra quei tre giocatori, ma oltre a ciò nulla di apparentemente minaccioso, considerato anche come alla fine tutti, tranne l'oste e i due seduttori, li ignorino.
È abbastanza palese come la donna sia in realtà una passeggiatrice, seppure sembra avere un fare più materno che languido con suo figlio. Ascolta in silenzio le parole dell'oste, sedendo al bancone, al fianco del giovane Kaede, il quale sta tentando al meglio delle sue possibilità di nascondere paura e stanchezza.

"Prendiamo una stanza," risponde alla domanda dell'uomo, priva ella di inflessioni particolari della voce.

Il brontolio sommesso dello stomaco del ragazzo tradisce quest'ultimo, lasciando trasparire la fame da lupi che deve avere il poveretto, un po' in imbarazzo specialmente quando Masaru si gira a guardarlo.
Lo sguardo della madre tuttavia non sembra di rimprovero, né tantomeno gentile. Le viene da pensare piuttosto che un giovane galletto come lui appare come un bersaglio facile, a prescindere dalla sua copertura.

La Jinton annuisce semplicemente al giovane, eloquente, prima di rivolgersi all'oste: "io non prendo nulla, per lui invece dello stufato di capra."

Kaede azzarda uno sguardo dietro di sé, verso quegli avventori, e subito lo sposta in direzione della donna truccata. Qui si sofferma un po' di più, sulla figura di lei, ma in particolare sul suo volto.
Non tarda infine a puntare gli occhi sui bicchieri vuoti al di là del bancone, lanciando un'occhiata fugace alla madre, che nel frattempo sta tenendo d'occhio l'oste in ogni sua mossa, in apparenza tranquilla e incurante.

Resta un ultimo punto. Partire dal pesce piccolo e con discrezione, oppure gettarsi verso quello grosso con le conseguenze che questo comporta?
Mh, l'agenda del mercante suggerisce qualcosa, infatti per quel giorno qualcuno è previsto...

"Sto cercando Sabou Tanaka," dice in seguito all'uomo, con discrezione, dopo che questo ha servito loro quanto ordinato.

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view post Posted on 23/6/2020, 11:14     +1   -1
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Sorrisi, moine, miele scadente spalmato per attirare api su una trappola. La vita nei bassifondi è sempre irta di pericoli e finzioni, e ogni grammo di sincerità deve essere pesato e valutato, poi sciolto in litri di gesti necessari a sopravvivere nel modo che si cerca di rendere più dignitoso possibile.

Masaru non aveva chiesto nulla, e nulla ebbe, se non un bicchiere d'acqua. Dopo averne posato un altro davanti a Kaede, l'oste si voltò verso la porta che presumibilmente dava verso le cucine.

«RAEEE! UNO STUFATO AL BANCONE, MUOVITI!»

Dato l'ordine, tornò a sorridere amabilmente ai due shinobi e a mettere a posto il suo bancone. La donna truccata sorseggiò quel che restava del suo bicchiere di qualcosa che all'olfatto sicuramente risultava alcool forte, e i giocatori di carte continuarono a giocare a carte in un brusio costellato di insulti per aver troppa fortuna, o minacce di insinuazioni.

Tutto si fermò per un istante, in perfetta sincronia, quando la kunoichi fece il nome di Tanaka. Per un secondo ogni persona presente nella locanda trattenne il respiro, poi riprese come se niente fosse. Il marpione al tavolo smise di lanciare sguardi al fondoschiena di Masaru, e l'oste la fissò con un espressione più seria.

«Sabou, eh... Era un affezionato cliente della Capra... Un tipo simpatico, ma quando inizi a non pagare più i tuoi debiti capisci che c'è un limite a quanto le tue battute possono far ridere...»

Dalla cucina uscì una ragazzetta che avrà avuto l'età di Kaede, anno più anno meno. Molto somigliante all'oste, che si poteva indovinare essere suo padre, aveva il viso sporco di fuliggine e un occhio nero malamente nascosto dalla frangia bruna pettinata di lato. Portava una ciotola di stufato, come ordinato dall'oste, il quale le indicò velocemente con un cenno della testa il giovane shinobi.
Rae posò ciotola e cucchiaio davanti a Kaede, girò silenziosamente sui tacchi e raccolse alcuni bicchieri vuoti lasciati sui tavoli sparendo nuovamente in cucina.

«Come mai lo cercate, se posso chiedere?» intervenne la donna con tono gentile. «Siete la persona che avrebbe risolto tutti i suoi problemi? È venuto da me ieri sera pregandomi di fargli credito perché oggi avrebbe risolto tutto...»

Le labbra rosse della meretrice si distesero in un sorriso languido che non illuminò completamente gli occhi.

«Se voi avete i suoi soldi, vi risparmiamo la fatica di cercarlo. Credo abbiate di fronte due dei suoi maggiori creditori...» ridacchiò, indicando se stessa e l'oste.

«Già, già. Potete dare a noi direttamente, signorina. Tratterremo quello che ci deve e gli consegneremo il resto, parola d'onore!»

Mostrò una mano col palmo verso l'alto, nel gesto di attendere qualcosa, e appoggiò l'altra sul cuore, probabilmente ad avvalorare la sua promessa di fare da intermediario.
 
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view post Posted on 29/6/2020, 17:09     +1   -1
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Il volto di una madre
♤♤♤♤
« Shinobi. Se è davvero ciò che desidera, non sarò certo io a negarglielo,
voglio che egli possa scegliersi la sua strada.
»

Un ordine dato a gran voce, che quasi fa sussultare Kaede, mentre lei tenta di non farsi prendere da quell'odore, che da un lato copre il tanfo di quel luogo deprimente, anche se...
...Ugh. Già solo sentirlo sfiorarle il naso, che si arriccia, rischia di farle venire una sbronza e la donna della Roccia fa del suo meglio per combattere l'impellente voglia di alcol. E' un dettaglio che per quanto piccolo e insignificante rimane per lei, abusatrice di alcol fino a pochi mesi prima, un fastidioso problema.

Fa del suo meglio per ignorare il tanfo, le sue iridi, e la sua mente, si portano altrove, verso quel bicchiere d'acqua che le viene passato dall'oste, in seguito verso la figura minuta che si manifesta dalle cucine.
Il suo faccino la dice lunga sia sulla paternità con l'oste che sul tipo di genitore che quest'ultimo sembra essere. Non la prima che vede conciata così, né tantomeno l'ultima.

Per il ragazzo invece è la prima volta, lo conferma il suo sguardo quando si trova a fissarla, riflesso del suo stato d'animo insofferente a quella triste visione. Una fugace occhiata a Masaru come a voler richiamare la sua attenzione, quasi volesse vederla fare o dire qualcosa in merito, ma da parte sua sempre quella pacata indifferenza che rende per l'ennesima volta ostico leggerle dentro.

"Grazie," dice lui a Rae, quand'ella gli porge il piatto, prima di accennare un sorriso e domandarle: "Qual è il tuo nome?"

"Michirae," risponde timidamente lei - o forse è timore... - sgattaiolando nelle cucine e non dando tempo al nuovo arrivato di chiederle altro.

Così se ne resta a guardarla sparire oltre la porta, lui, a disagio di fronte a quella situazione per la quale vorrebbe poter intervenire e fare qualcosa nell'immediato, tuttavia, l'improvviso silenzio che si è creato tra i presenti e la presenza della donna al suo fianco gli ricorda qual è il suo posto in quel momento.
Dopo pochi, interminabili, istanti, le iridi grigie del ragazzo si abbassano sul suo pasto fumante, studiandolo, per poi tornare alla figura della Jinton mentre egli soffia e lo assaggia - di tanto in tanto uno sguardo verso le cucine, sperando di scorgere nuovamente la coetanea - ascoltando la discussione tra gli astanti, un po' turbato all'idea di cosa potrebbe succedere, al di là di quella stanchezza che sente e quella fame che viene alleviata seppur non con un pasto da re.

Al contrario di suo figlio, del quale non le è sfuggito il piccolo scambio con la ragazzina, la Takeda risulta tutt'altro che a disagio in quel contesto, tutt'altro, ha fatto centro nel chiedere dell'uomo. Scruta i due con attenzione, lì seduta come niente fosse, soppesando con attenzione quella che sarebbe stata la sua risposta.

"Temo di non poter soddisfare la vostra richiesta, signori," afferma in tono colloquiale, osservandoli da sotto in su al di là delle lenti, "dato che io stessa sono un suo creditore ed essendo giunta fin qui ho pensato di venirlo a trovare di persona."

Passa un lungo istante d'attesa, durante il quale tutto tace ancora una volta e il giovane mangia altrettanto in silenzio, dopodiché i due si scambiano un'occhiata ed affiora un sospiro deluso dalle labbra della donna, a fare eco a quello dell'uomo, il quale abbassa le mani mentre scuote la testa e fa spallucce.

"Allora credo di non potervi aiutare," risponde l'oste, senza mezzi termini, "non so di preciso dove abiti Tanaka."

"Non lo conosciamo così bene da saperlo," aggiunge la passeggiatrice con convinzione.

Convinzione che al contrario viene a mancare a Masaru, la quale continua ad osservarli senza reazioni in particolare, chiedendosi se stiano dicendo il vero considerando come fino a poco prima loro stessi hanno affermato una lunga conoscenza con il soggetto in questione.
E non passa neanche tanto, a dire il vero, prima che un quarto elemento si aggiunga all'interloquio.

"Io so dove trovarlo."

Quella voce la distoglie dai suoi pensieri, la quale, seguendone come tutti con lo sguardo la fonte, i suoi occhi color argento rivelano appartenere proprio al più lascivo dei presenti. Sia nei modi, che nei toni.
Ed anche con quell'espressione viziosa, che lo rende tanto simile a un cagnaccio affamato, con cui la fissa, inumidendo le labbra.

"Però... Certe informazioni hanno un prezzo, dolcezza." e come non concludere con quell'occhiolino finale.

Giusto per renderlo ancor più patetico ai suoi occhi, privi di reazioni o sentimenti concreti, nonostante quell'intrinseco desiderio da parte di lei di vederlo cedere come un sacco di patate sotto le sue jutsu.
Il rumore delle posate contro la ciotola le rammenta che c'è anche Kaede, lui che ora ha finito, di certo non volendo esser troppo di peso rallentando la Jinton, forse anche per potersene andare a dormire prima.
O almeno questo è il desiderio del Kaede bambino, prontamente ripreso dallo shinobi che è in lui. Gli occhi identici a quelli della madre tornano verso la porta delle cucine, sperando di rivedere Michirae.

"Non ci andrò leggera," gli risponde semplicemente la kunoichi, senza realmente confermare né rifiutare.

"Kehehe! Proprio come piace a me..." afferma l'uomo, per niente intimorito da quell'affermazione.

Ok. Forse dopo questa il ragazzo ha colto il reale significato di cosa realmente stiano parlando, ma rimane comunque perplesso nello spostare le iridi cineree tra i due interlocutori.
Forse l'unico a sentirsi abbastanza a disagio là dentro, tra l'indifferenza generale di chi invece è solo sbronzo o si limita ad ascoltare annoiato, se non sghignazzando sotto i baffi.

"Vieni, Korin," chiama la Takeda, alzandosi in piedi e avviandosi nella sua stanza, con la dovuta chiave in mano. Il bicchiere d'acqua lasciato totalmente intoccato.

Gli ci vuole un po', a Kaede, per realizzare cosa stia avvenendo e a chi si stia riferendo la donna - hanno concordato in precedenza i loro nomi, Korin e Sango - e non può altro che ottemperare, guardandosi attorno ancora abbastanza spaesato, lasciando in ultima ai suoi occhi la porta della cucina, riportando poi la piena attenzione sui due adulti che egli segue al piano di sopra senza obiettare, i loro passi accompagnati dai poco accoglienti rumori e le liti attutite che si possono sentire al di là di alcune stanze.

"Il moccioso è davvero necessario?" chiede l'uomo in questione, manifestando un certo fastidio nell'avere quel ragazzino tra i piedi.

"Non darà problemi," ribatte con calma lei, apparentemente imperturbabile alle lamentele dell'uomo.

Abbastanza insofferente risulta invece il genin, che osservandolo aggrotta per un momento la fronte, sia per quegli atteggiamenti sgradevoli verso Masaru, sia per il modo in cui lo considera.
Già da quando arrivano alla porta della camera eccolo, l'uomo in questione, che prova a toccarla, ma lei prontamente lo mette a posto afferrandogli il polso: "non in corridoio," afferma lei quieta, e lui, per quanto impaziente, decide di accontentarla. Come un cane che per ricevere il suo pasto se ne sta buono a cuccia.

Il suo inconsapevole figlio, che vorrebbe prendere a botte quella carogna, si chiede per un momento come riesca la donna ad essere così tranquilla nonostante tutto, solo per ricordarsi in seguito che loro sono dei ninja e che lei, sempre e comunque, ha una notevole esperienza alle spalle. Anche se inevitabilmente brucia dentro assistere a certe cose.

Viene dato ordine al ragazzo di chiudere le persiane mentre lei apre la porta, e lui in aggiunta accende il lume, o comunque una fonte di luce, se presente, nella stanza.

L'ha richiusa, lei, la porta?
Sì.

"Finalmente ti posso spogliare!" esclama con somma voluttà il bruto, avvicinandola.

COS-?! EEEH?!?? A-P-P-P-SPETTA UN ATTIMO!

Il ragazzino non può negare a sé stesso - oltre alla rabbia per quell'essere - di sentirsi dannatamente imbarazzato, al punto che balbetta finanche nei pensieri, inevitabile quanto normale per un maschietto in tempo di pubertà come lui, arrossire come un peperone per quanto gli frulla in testa in quel momento, cose... poco innocenti.

No! Nobbuono! Concentrati!

Non ha neanche il tempo di reagire, Kaede, lo vede a quello avventarsi contro di lei, che stranamente se ne resta lì ferma, con quella scintilla pericolosa che balugina nei suoi occhi, e nell'istante stesso in cui egli sta per avvinghiarla a sé e tuffarsi nel letto, ecco che fulminea scatta di lato, afferrando un braccio dell'uomo e contorcendoglielo dietro la schiena, finendo nel contempo alle sue spalle.

Quello emette un semi grugnito tra i denti digrignati, irritato da quella brutta sorpresa, e la sua mano libera scatta veloce verso il pugnale nascosto nella cintola. Non abbastanza veloce per evitare che lei lo veda e reagisca di conseguenza.
Infatti senza neppure attendere che lui agisca lei aveva già prontamente pensato a fare leva sulla spalla per lussargliela, ovviamente con l'ausilio del chakra, e abbassandosi per schivare la lama mentre molla un calcio dietro al ginocchio avversario per farlo cedere.

Il suo ululo di dolore viene quasi subito soffocato dal cuscino nel quale egli affonda, prontamente bloccato il suo corpo dal peso della kunoichi sopra di lui, una volta caduto nel letto rigido del quale molle cigolano, impossibilitato a muovere un braccio per via della spalla lussata, mentre l'altro è stretto nella morsa ferrea della donna.

Ella ignora totalmente il giovane che è rimasto fermo ad osservare, riuscendo egli a cogliere solo la metà di quanto accaduto per quanto è stata rapida, e osserva una Masaru del tutto differente da quella vista fin'ora, avente uno sguardo che gli ricorda fin troppo bene quello crudele della strega, senza tuttavia quella vena di folle sadismo.
In tutto ciò resta fermo, paralizzato nonostante i sentimenti iniziali verso quel tipo, guardando di tanto in tanto la porta o la finestra, non sapendo bene cosa fare.

L'uomo è inquieto, il dolore è ancora vivo e pulsante, gli fa digrignare i denti, aumenta il suo battito e con esso il respiro si fa erratico, inibisce i suoi riflessi e si fa difficoltoso pensare, rendendolo remissivo, malleabile.
Ben presto sente la presa ferrea nei capelli, gli artigli che minacciano di trafiggergli il braccio sano e la presenza della donna che si avvicina al suo capo, con il tiepido e calmo respiro a sfiorargli il volto paffuto e sudaticcio, coperto in parte dalla folta barba.

"Prova a urlare e sarà l'ultima cosa che farai," sussurra lei con una sfumatura minacciosa nel tono gelido, accentuando le sue parole con una lieve stretta degli artigli quasi a trapassare le carni di lui, mentre gli risolleva la testa tirandolo per i capelli, ma quando le rivolge parola non è certo miele quello che gli esce dalle labbra.

"Non erano questi gli accordi, dannata troia," un'affermazione strozzata e ansante che gli costa uno spezzamento del braccio, con quello scricchiolio sinistro che tanto fa rabbrividire il ragazzo e dolere l'uomo, il quale viene immerso nel cuscino per soffocare quel grido e le colorite imprecazioni che è meglio non elencare.

"Lo dicevo che non ci sarei andata leggera," continua lei, per niente toccata dallo sguardo sofferente che mostra lui quando gli risolleva la testa, ignara di quanto suo figlio sia un po' spaesato e in soggezione a quella scena, "e non ho neppure iniziato, a meno che tu non voglia dirmi dove si trova Tanaka, mh?"

"Credo di aver perso la memoria..." suona quasi sarcastica la sua risposta, seppur egli abbia palesemente paura - e porca vacca che dolore!

La sua resistenza però non è abbastanza per intimorire la donna, piuttosto è solo una noia che rischia di farle perdere ulteriore tempo e alla quale deve rimediare. Qual modo migliore se non afferrando un kunai e bucandogli i pantaloni proprio nel mezzo, arrestando la lama poco prima che la punta possa bucare anche qualcos'altro, con sommo spavento dell'uomo che lancia un gridolino e inizia a sudare freddo, dimenandosi futilmente a riflesso del dolore che mai davvero lo raggiunge stavolta.
E Kaede, beh, il povero giovane incassa la testa nelle spalle, sfregandosi il braccio con il desiderio di non esser al posto di quel tipo, per quanto se la sia cercata.

"Sei sicuro?" gli domanda Masaru a fior di labbra dietro l'orecchio, con quel tono che suggerisce di non avere problemi a finire il lavoro, e al silenzio che segue il kunai viene spinto a fondo con una lentezza ansiogena: "Uno... Due..."

"Vabenevabenevabene!" risponde frettoloso lui, sempre più erratico il suo respiro, sentendo la lama fermarsi di nuovo, con voce stanca biascica un: "te lo dico."

Il genin sente il tizio in questione rivelare finalmente l'esatta ubicazione del loro primo obiettivo, ma è solo quando lei lo fissa e gli da ordine di scrivere, inizialmente fermo, che il suddetto ottempera scrivendo nei suoi appunti.
Nota con la coda dell'occhio che la Takeda sembra sul punto di pugnalarlo dietro la nuca, vedendolo come un testimone pericoloso, che lui la ferma: "Aspetta!"

La chunin solleva lo sguardo su di lui, fissandolo con quel placido gelo negli occhi adesso inibito nella penombra della stanza, un sopracciglio inarcato suggerisce una perplessità, ma non è difficile cogliere la muta richiesta nello sguardo del piccolo Jinton, che voleva sicuramente veder l'uomo tenuto a bada per la sua condotta, ma l'omicidio difficilmente rientra tra i piani di un'anima così giovane e benevola.

Segue un momento di silenzio, teso soprattutto per l'individuo alla loro mercé, che non capisce cosa stia succedendo, poi il ragazzo riesce a intravedere solo le ombre di quello scatto fulmineo, secco e deciso, del braccio di lei, quand'ella opta per mettere il soggetto a nanna con l'ausilio dell'elsa, pensando che forse al momento non è il caso di fare vittime... per stavolta.

Si assicura che sia davvero incosciente, la kunoichi, dopodiché si rimette in piedi e si sistema gli occhiali, accostandosi al figlio, il quale ha ripreso finalmente le proprie sembianze ed intuisce un probabile rimprovero in arrivo.
Altro silenzio nel quale si fissano. Lei con quella semi smorfia, lui un po' in soggezione.

E' indecisa se portarlo o meno con sé, Masaru.
Se lo porta, potrebbe tenerlo meglio d'occhio e guidarlo nei suoi passi, per lui sarebbe solo esperienza da assimilare, ma di contro c'è la stanchezza evidente dovuta alla sua inesperienza, con un rischio maggiore per lui di diventare un bersaglio facile e un potenziale punto debole in caso di nemici - quasi - inaspettati;
se non lo porta, egli potrà riposare e recuperare le forze, chiudendosi ovviamente a dovere nella stanza, per quanto sgradevole, e non avrebbero molti problemi a tenersi in contatto - per quanta fiducia abbia lei di quegli aggeggi - ma rimarrebbe comunque da solo in uno dei maggiori punti di controllo della cittadina, dove occhi e orecchie sono molto più attenti a quanto avviene.

Stira ulteriormente le labbra con disappunto, la madre, e lui si aspetta di tutto, tranne che la sua semplice domanda a bassa voce, rilassando nuovamente l'espressione e sospirando: "Sei stanco, Korin?"

Che suonerebbe anche sciocca da un lato, quando in realtà avere una conferma da lui le serve solo a capire se sia davvero il caso di portarselo ancora in giro.

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CITAZIONE
Se non si è compreso l'ultimo pezzo, se lo vede troppo stanco e lui conferma di esserlo, molto semplicemente non lo porta da Tanaka.
 
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view post Posted on 6/7/2020, 17:22     +1   -1
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Il buon cuore di Kaede salvò la vità all'uomo, il cui più grande crimine era stato credere alle parole di Masaru. Gli occhi gli si ribaltarono e rimase lì sul letto, con un braccio spezzato e la faccia nel cuscino, oltre a una presa d'aria extra nei pantaloni.

Il ragazzino era chiaramente a disagio. Quel mondo ancora non faceva per lui, avrebbe avuto bisogno di accumulare altro pelo sullo stomaco prima di potersi considerare uno shinobi fatto e finito. D'altronde, era giovane ed era alla sua seconda missione, lì dove la prima era terminata con un compagno in overdose non richiesta e un fallimento nell'esecuzione del compito per morte del committente.

«No.»

Labbra strette e sguardo deciso, Kaede scosse la testa. Era nervoso, ma era determinato: questo Masaru glielo poteva leggere in faccia chiaramente. Non le sarebbe stato possibile capire fino in fondo il flusso di pensieri del figlio, ma che fosse per reale volontà o per senso del dovere, non aveva intenzione di farsi lasciare indietro.

«Non sono stanco. Sono un ninja. E siamo in due in questa missione, sarei un codardo se ti lasciassi fare tutto da sola.»

Prese un profondo respiro, si sistemò meglio i vestiti e si guardò attorno.

«Troviamo qualcosa con cui legarlo e imbavagliarlo... Poi andiamo.»

Vandalizzati ulteriormente i pantaloni dell'uomo per ricavarne la cintura e della stoffa sufficiente a immobilizzarlo con un buon grado di certezza, madre e figlio uscirono dalla locanda. La donna dal viso truccato rivolse un mezzo sorrisetto complice a Masaru, e un saluto più dolce a Kaede, e l'oste chiese in modo abbastanza educato il pagamento anticipato della stanza e del pasto che prima non avevano saldato.

Furono quindi liberi di esplorare ulteriormente Kitadani, e di raggiungere l'indirizzo gentilmente offerto dalla vittima della propria lussuria. Ci volle loro un po' di tempo, era calato il buio e le strade iniziavano ad assomigliarsi tutte, inoltre erano poche le persone a cui chiedere indicazioni.
Riuscirono a trovarsi di fronte a una serie di case addossate una all'altra, costruite in modo da reggersi a quelle a fianco e probabilmente fungere da isolante contro il freddo dell'inverno. Le circondava una stradina anonima, senza illuminazione pubblica e men che meno pavimentazione. Una delle tre case che componevano l'isolato aveva sulla finestra al secondo piano l'ombra nera di un principio di incendio domato appena in tempo, mentre un'altra era completamente buia, a parte per una singola lanterna rossa appesa di fronte alla porta d'ingresso.

La casa che era stata loro indicata era esattamente tra queste due. Nessuna finestra al pianterreno, solo una porta d'ingresso dipinta di blu con la vernice un po' scrostata, e una luce al piano superiore che faceva presumere qualcuno fosse in casa.
Il vicolo davanti all'ingresso era deserto, ad eccezione di un gatto randagio che frugava un cumulo di spazzatura all'angolo della via.

«Come agiamo? Bussiamo? Facciamo il giro da dietro?»
 
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