| | Il volto di una madre ♤♤♤♤ « Shinobi. Se è davvero ciò che desidera, non sarò certo io a negarglielo, voglio che egli possa scegliersi la sua strada. » |
Un ordine dato a gran voce, che quasi fa sussultare Kaede, mentre lei tenta di non farsi prendere da quell'odore, che da un lato copre il tanfo di quel luogo deprimente, anche se... ...Ugh. Già solo sentirlo sfiorarle il naso, che si arriccia, rischia di farle venire una sbronza e la donna della Roccia fa del suo meglio per combattere l'impellente voglia di alcol. E' un dettaglio che per quanto piccolo e insignificante rimane per lei, abusatrice di alcol fino a pochi mesi prima, un fastidioso problema.
Fa del suo meglio per ignorare il tanfo, le sue iridi, e la sua mente, si portano altrove, verso quel bicchiere d'acqua che le viene passato dall'oste, in seguito verso la figura minuta che si manifesta dalle cucine. Il suo faccino la dice lunga sia sulla paternità con l'oste che sul tipo di genitore che quest'ultimo sembra essere. Non la prima che vede conciata così, né tantomeno l'ultima.
Per il ragazzo invece è la prima volta, lo conferma il suo sguardo quando si trova a fissarla, riflesso del suo stato d'animo insofferente a quella triste visione. Una fugace occhiata a Masaru come a voler richiamare la sua attenzione, quasi volesse vederla fare o dire qualcosa in merito, ma da parte sua sempre quella pacata indifferenza che rende per l'ennesima volta ostico leggerle dentro.
"Grazie," dice lui a Rae, quand'ella gli porge il piatto, prima di accennare un sorriso e domandarle: "Qual è il tuo nome?"
"Michirae," risponde timidamente lei - o forse è timore... - sgattaiolando nelle cucine e non dando tempo al nuovo arrivato di chiederle altro.
Così se ne resta a guardarla sparire oltre la porta, lui, a disagio di fronte a quella situazione per la quale vorrebbe poter intervenire e fare qualcosa nell'immediato, tuttavia, l'improvviso silenzio che si è creato tra i presenti e la presenza della donna al suo fianco gli ricorda qual è il suo posto in quel momento. Dopo pochi, interminabili, istanti, le iridi grigie del ragazzo si abbassano sul suo pasto fumante, studiandolo, per poi tornare alla figura della Jinton mentre egli soffia e lo assaggia - di tanto in tanto uno sguardo verso le cucine, sperando di scorgere nuovamente la coetanea - ascoltando la discussione tra gli astanti, un po' turbato all'idea di cosa potrebbe succedere, al di là di quella stanchezza che sente e quella fame che viene alleviata seppur non con un pasto da re.
Al contrario di suo figlio, del quale non le è sfuggito il piccolo scambio con la ragazzina, la Takeda risulta tutt'altro che a disagio in quel contesto, tutt'altro, ha fatto centro nel chiedere dell'uomo. Scruta i due con attenzione, lì seduta come niente fosse, soppesando con attenzione quella che sarebbe stata la sua risposta.
"Temo di non poter soddisfare la vostra richiesta, signori," afferma in tono colloquiale, osservandoli da sotto in su al di là delle lenti, "dato che io stessa sono un suo creditore ed essendo giunta fin qui ho pensato di venirlo a trovare di persona."
Passa un lungo istante d'attesa, durante il quale tutto tace ancora una volta e il giovane mangia altrettanto in silenzio, dopodiché i due si scambiano un'occhiata ed affiora un sospiro deluso dalle labbra della donna, a fare eco a quello dell'uomo, il quale abbassa le mani mentre scuote la testa e fa spallucce.
"Allora credo di non potervi aiutare," risponde l'oste, senza mezzi termini, "non so di preciso dove abiti Tanaka."
"Non lo conosciamo così bene da saperlo," aggiunge la passeggiatrice con convinzione.
Convinzione che al contrario viene a mancare a Masaru, la quale continua ad osservarli senza reazioni in particolare, chiedendosi se stiano dicendo il vero considerando come fino a poco prima loro stessi hanno affermato una lunga conoscenza con il soggetto in questione. E non passa neanche tanto, a dire il vero, prima che un quarto elemento si aggiunga all'interloquio.
"Io so dove trovarlo."
Quella voce la distoglie dai suoi pensieri, la quale, seguendone come tutti con lo sguardo la fonte, i suoi occhi color argento rivelano appartenere proprio al più lascivo dei presenti. Sia nei modi, che nei toni. Ed anche con quell'espressione viziosa, che lo rende tanto simile a un cagnaccio affamato, con cui la fissa, inumidendo le labbra.
"Però... Certe informazioni hanno un prezzo, dolcezza." e come non concludere con quell'occhiolino finale.
Giusto per renderlo ancor più patetico ai suoi occhi, privi di reazioni o sentimenti concreti, nonostante quell'intrinseco desiderio da parte di lei di vederlo cedere come un sacco di patate sotto le sue jutsu. Il rumore delle posate contro la ciotola le rammenta che c'è anche Kaede, lui che ora ha finito, di certo non volendo esser troppo di peso rallentando la Jinton, forse anche per potersene andare a dormire prima. O almeno questo è il desiderio del Kaede bambino, prontamente ripreso dallo shinobi che è in lui. Gli occhi identici a quelli della madre tornano verso la porta delle cucine, sperando di rivedere Michirae.
"Non ci andrò leggera," gli risponde semplicemente la kunoichi, senza realmente confermare né rifiutare.
"Kehehe! Proprio come piace a me..." afferma l'uomo, per niente intimorito da quell'affermazione.
Ok. Forse dopo questa il ragazzo ha colto il reale significato di cosa realmente stiano parlando, ma rimane comunque perplesso nello spostare le iridi cineree tra i due interlocutori. Forse l'unico a sentirsi abbastanza a disagio là dentro, tra l'indifferenza generale di chi invece è solo sbronzo o si limita ad ascoltare annoiato, se non sghignazzando sotto i baffi.
"Vieni, Korin," chiama la Takeda, alzandosi in piedi e avviandosi nella sua stanza, con la dovuta chiave in mano. Il bicchiere d'acqua lasciato totalmente intoccato.
Gli ci vuole un po', a Kaede, per realizzare cosa stia avvenendo e a chi si stia riferendo la donna - hanno concordato in precedenza i loro nomi, Korin e Sango - e non può altro che ottemperare, guardandosi attorno ancora abbastanza spaesato, lasciando in ultima ai suoi occhi la porta della cucina, riportando poi la piena attenzione sui due adulti che egli segue al piano di sopra senza obiettare, i loro passi accompagnati dai poco accoglienti rumori e le liti attutite che si possono sentire al di là di alcune stanze.
"Il moccioso è davvero necessario?" chiede l'uomo in questione, manifestando un certo fastidio nell'avere quel ragazzino tra i piedi.
"Non darà problemi," ribatte con calma lei, apparentemente imperturbabile alle lamentele dell'uomo.
Abbastanza insofferente risulta invece il genin, che osservandolo aggrotta per un momento la fronte, sia per quegli atteggiamenti sgradevoli verso Masaru, sia per il modo in cui lo considera. Già da quando arrivano alla porta della camera eccolo, l'uomo in questione, che prova a toccarla, ma lei prontamente lo mette a posto afferrandogli il polso: "non in corridoio," afferma lei quieta, e lui, per quanto impaziente, decide di accontentarla. Come un cane che per ricevere il suo pasto se ne sta buono a cuccia.
Il suo inconsapevole figlio, che vorrebbe prendere a botte quella carogna, si chiede per un momento come riesca la donna ad essere così tranquilla nonostante tutto, solo per ricordarsi in seguito che loro sono dei ninja e che lei, sempre e comunque, ha una notevole esperienza alle spalle. Anche se inevitabilmente brucia dentro assistere a certe cose.
Viene dato ordine al ragazzo di chiudere le persiane mentre lei apre la porta, e lui in aggiunta accende il lume, o comunque una fonte di luce, se presente, nella stanza.
L'ha richiusa, lei, la porta? Sì.
"Finalmente ti posso spogliare!" esclama con somma voluttà il bruto, avvicinandola.
COS-?! EEEH?!?? A-P-P-P-SPETTA UN ATTIMO!
Il ragazzino non può negare a sé stesso - oltre alla rabbia per quell'essere - di sentirsi dannatamente imbarazzato, al punto che balbetta finanche nei pensieri, inevitabile quanto normale per un maschietto in tempo di pubertà come lui, arrossire come un peperone per quanto gli frulla in testa in quel momento, cose... poco innocenti.
No! Nobbuono! Concentrati!
Non ha neanche il tempo di reagire, Kaede, lo vede a quello avventarsi contro di lei, che stranamente se ne resta lì ferma, con quella scintilla pericolosa che balugina nei suoi occhi, e nell'istante stesso in cui egli sta per avvinghiarla a sé e tuffarsi nel letto, ecco che fulminea scatta di lato, afferrando un braccio dell'uomo e contorcendoglielo dietro la schiena, finendo nel contempo alle sue spalle.
Quello emette un semi grugnito tra i denti digrignati, irritato da quella brutta sorpresa, e la sua mano libera scatta veloce verso il pugnale nascosto nella cintola. Non abbastanza veloce per evitare che lei lo veda e reagisca di conseguenza. Infatti senza neppure attendere che lui agisca lei aveva già prontamente pensato a fare leva sulla spalla per lussargliela, ovviamente con l'ausilio del chakra, e abbassandosi per schivare la lama mentre molla un calcio dietro al ginocchio avversario per farlo cedere.
Il suo ululo di dolore viene quasi subito soffocato dal cuscino nel quale egli affonda, prontamente bloccato il suo corpo dal peso della kunoichi sopra di lui, una volta caduto nel letto rigido del quale molle cigolano, impossibilitato a muovere un braccio per via della spalla lussata, mentre l'altro è stretto nella morsa ferrea della donna.
Ella ignora totalmente il giovane che è rimasto fermo ad osservare, riuscendo egli a cogliere solo la metà di quanto accaduto per quanto è stata rapida, e osserva una Masaru del tutto differente da quella vista fin'ora, avente uno sguardo che gli ricorda fin troppo bene quello crudele della strega, senza tuttavia quella vena di folle sadismo. In tutto ciò resta fermo, paralizzato nonostante i sentimenti iniziali verso quel tipo, guardando di tanto in tanto la porta o la finestra, non sapendo bene cosa fare.
L'uomo è inquieto, il dolore è ancora vivo e pulsante, gli fa digrignare i denti, aumenta il suo battito e con esso il respiro si fa erratico, inibisce i suoi riflessi e si fa difficoltoso pensare, rendendolo remissivo, malleabile. Ben presto sente la presa ferrea nei capelli, gli artigli che minacciano di trafiggergli il braccio sano e la presenza della donna che si avvicina al suo capo, con il tiepido e calmo respiro a sfiorargli il volto paffuto e sudaticcio, coperto in parte dalla folta barba.
"Prova a urlare e sarà l'ultima cosa che farai," sussurra lei con una sfumatura minacciosa nel tono gelido, accentuando le sue parole con una lieve stretta degli artigli quasi a trapassare le carni di lui, mentre gli risolleva la testa tirandolo per i capelli, ma quando le rivolge parola non è certo miele quello che gli esce dalle labbra.
"Non erano questi gli accordi, dannata troia," un'affermazione strozzata e ansante che gli costa uno spezzamento del braccio, con quello scricchiolio sinistro che tanto fa rabbrividire il ragazzo e dolere l'uomo, il quale viene immerso nel cuscino per soffocare quel grido e le colorite imprecazioni che è meglio non elencare.
"Lo dicevo che non ci sarei andata leggera," continua lei, per niente toccata dallo sguardo sofferente che mostra lui quando gli risolleva la testa, ignara di quanto suo figlio sia un po' spaesato e in soggezione a quella scena, "e non ho neppure iniziato, a meno che tu non voglia dirmi dove si trova Tanaka, mh?"
"Credo di aver perso la memoria..." suona quasi sarcastica la sua risposta, seppur egli abbia palesemente paura - e porca vacca che dolore!
La sua resistenza però non è abbastanza per intimorire la donna, piuttosto è solo una noia che rischia di farle perdere ulteriore tempo e alla quale deve rimediare. Qual modo migliore se non afferrando un kunai e bucandogli i pantaloni proprio nel mezzo, arrestando la lama poco prima che la punta possa bucare anche qualcos'altro, con sommo spavento dell'uomo che lancia un gridolino e inizia a sudare freddo, dimenandosi futilmente a riflesso del dolore che mai davvero lo raggiunge stavolta. E Kaede, beh, il povero giovane incassa la testa nelle spalle, sfregandosi il braccio con il desiderio di non esser al posto di quel tipo, per quanto se la sia cercata.
"Sei sicuro?" gli domanda Masaru a fior di labbra dietro l'orecchio, con quel tono che suggerisce di non avere problemi a finire il lavoro, e al silenzio che segue il kunai viene spinto a fondo con una lentezza ansiogena: "Uno... Due..."
"Vabenevabenevabene!" risponde frettoloso lui, sempre più erratico il suo respiro, sentendo la lama fermarsi di nuovo, con voce stanca biascica un: "te lo dico."
Il genin sente il tizio in questione rivelare finalmente l'esatta ubicazione del loro primo obiettivo, ma è solo quando lei lo fissa e gli da ordine di scrivere, inizialmente fermo, che il suddetto ottempera scrivendo nei suoi appunti. Nota con la coda dell'occhio che la Takeda sembra sul punto di pugnalarlo dietro la nuca, vedendolo come un testimone pericoloso, che lui la ferma: "Aspetta!"
La chunin solleva lo sguardo su di lui, fissandolo con quel placido gelo negli occhi adesso inibito nella penombra della stanza, un sopracciglio inarcato suggerisce una perplessità, ma non è difficile cogliere la muta richiesta nello sguardo del piccolo Jinton, che voleva sicuramente veder l'uomo tenuto a bada per la sua condotta, ma l'omicidio difficilmente rientra tra i piani di un'anima così giovane e benevola.
Segue un momento di silenzio, teso soprattutto per l'individuo alla loro mercé, che non capisce cosa stia succedendo, poi il ragazzo riesce a intravedere solo le ombre di quello scatto fulmineo, secco e deciso, del braccio di lei, quand'ella opta per mettere il soggetto a nanna con l'ausilio dell'elsa, pensando che forse al momento non è il caso di fare vittime... per stavolta.
Si assicura che sia davvero incosciente, la kunoichi, dopodiché si rimette in piedi e si sistema gli occhiali, accostandosi al figlio, il quale ha ripreso finalmente le proprie sembianze ed intuisce un probabile rimprovero in arrivo. Altro silenzio nel quale si fissano. Lei con quella semi smorfia, lui un po' in soggezione.
E' indecisa se portarlo o meno con sé, Masaru. Se lo porta, potrebbe tenerlo meglio d'occhio e guidarlo nei suoi passi, per lui sarebbe solo esperienza da assimilare, ma di contro c'è la stanchezza evidente dovuta alla sua inesperienza, con un rischio maggiore per lui di diventare un bersaglio facile e un potenziale punto debole in caso di nemici - quasi - inaspettati; se non lo porta, egli potrà riposare e recuperare le forze, chiudendosi ovviamente a dovere nella stanza, per quanto sgradevole, e non avrebbero molti problemi a tenersi in contatto - per quanta fiducia abbia lei di quegli aggeggi - ma rimarrebbe comunque da solo in uno dei maggiori punti di controllo della cittadina, dove occhi e orecchie sono molto più attenti a quanto avviene.
Stira ulteriormente le labbra con disappunto, la madre, e lui si aspetta di tutto, tranne che la sua semplice domanda a bassa voce, rilassando nuovamente l'espressione e sospirando: "Sei stanco, Korin?"
Che suonerebbe anche sciocca da un lato, quando in realtà avere una conferma da lui le serve solo a capire se sia davvero il caso di portarselo ancora in giro.
CITAZIONE Se non si è compreso l'ultimo pezzo, se lo vede troppo stanco e lui conferma di esserlo, molto semplicemente non lo porta da Tanaka.
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