Quest studente - Das Mädchen, per aureola

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 22/12/2019, 17:10     +1   -1
Avatar


Group:
Narratori
Posts:
5,486

Status:


CITAZIONE
E finalmente ti ho aperto la quest: scusa di nuovo, durante le vacanze mi impegno ad essere celere. Sai già come lavoriamo qui, sappi che sono indietrissimo con gli esami teorici delle classi che ho aperto (uno da correggere e uno da inviare proprio, uno sfacelo) ma c'è ancora discretamente tempo. Per qualsiasi cosa contattami pure.
Ho interpretato un dettaglio del bg di Misa, spero di non aver frainteso gli elementi in scheda: in caso posso rettificare.

24 Maggio 249 DN - metà mattina




Il fango costella il sentiero di montagna che serpeggia tra i sempreverdi, che svettano scuri e austeri contro il cielo terso: l'acquazzone che ha costretto tutti a ripararsi sotto le fronde profumate di resina, ha spazzato via tutte le nubi in cielo, a costo di inzuppare ogni centimetro quadrato di suolo nel raggio di chilometri.

Tempo di rimettersi in marcia, che si trovano le scarpe ricoperte di fango: un chilo e mezzo di peso in più per gamba, che va crescendo ad ogni passo - rametti e foglie, sassolini e gusci d'insetto morto vanno a comporre le più scomode calzature mai concepibili al mondo.
Ma com'è che sono arrivati a quei livelli?
E soprattutto, chi sono i protagonisti della nostra storia?

Manco a dirlo, si tratta di tre membri della famiglia Ogawa, due dei quali non appartenenti ad essa in senso stretto: si tratta di due apprendisti dei capifamiglia, giovani promettenti medici non ancora iniziati ai Misteri del Sommo... e di Misa naturalmente, inviata per la primissima volta a svolgere una commissione diversa dal sacrificare la blasfema di turno a pochi chilometri da casa. Mille raccomandazioni hanno accompagnato la sua partenza: ascoltare le indicazioni dei sempai, mostrarsi educata e rispettosa, non parlare se non interpellata ed altre cose probabilmente inutili, per una giovane di solida educazione come lei.

La ragione risiede nella meta del loro viaggio: un Santuario dedicato al Sommo, esattamente come le Tre Vie, ma insediatosi nel territorio del Paese delle Terme, nella segretezza dei boschi irti di pini ed abeti. La richiesta è giunta con urgenza tramite una Lama giunta trafelata, stanca ed affamata: occorrono forniture mediche per completare un'imponente serie di interventi chirurgici, evidentemente senza passare dai canali ufficiali, o sarebbe stato molto più comodo rivolgersi all'ospedale della Capitale Netsuyama, situata a pochi chilometri di distanza. Il motivo di tanta urgenza e segretezza non è dato saperlo - naturalmente... ma negare aiuto a dei Fratelli è fuori discussione. Il pregiudizio marchia a fuoco gli adepti di Jashin sin dall'alba dei tempi, e la solidarietà nel Sangue è uno dei pochi e rari fiori che sbocciano in quel deserto cremisi che è la vita degli Immortali.



CITAZIONE
Introducimi pure il pg senza risparmiarti!
 
Top
view post Posted on 23/12/2019, 13:02     +1   -1
Avatar

사랑

Group:
Member
Posts:
57
Location:
Venice

Status:



Misa Ogawa
少女, Das Mädchen

Misa Ogawa, prima ancora che partisse per quel che fu il suo primo, vero incarico da “grande”, dovette fronteggiare e vincere la severità di ben tre paia di occhi, ciascuno dal taglio severo e al contempo supponente, fastidioso nella sua originale benignità.
Quelli di suo padre erano gli stessi di sempre, estremizzati nelle connotazioni più caratteristiche: parevano volerle inculcare delle nozioni d’oro, degli avvertimenti tali che, una volta appresi, Misa avrebbe superato la presunta amoralità che sin dalla nascita si portava appresso.

Non le fu detto nulla finché lei non storse le labbra in una smorfia involontaria, originatele da un tremore meschino e inspiegabile, ma che non le impedì di pronunciare, sebbene a bassa voce un “cosa succede?” che parve svegliare tutti da uno stato di paralisi. Lei indossava gli occhiali – un paio di occhiali tondi e grandi che le facevano il viso incredibilmente piccolo e tenero – che in quello stesso momento le ricaderono sulla punta del naso, come se qualcuno ci avesse soffiato sopra; fu allora che suo padre, come se avesse trovato in quel caso un’ispirazione tale da cominciare un discorso, parlò. Scandiva bene le parole e aveva un vocabolario piuttosto ricco. In casa Ogawa, perlomeno nella loro, era severamente vietata ogni espressione impropria: le parole hanno una loro importanza e i nomi, propri e comuni, sono altrettanto importanti. Pertanto era obbligatorio che i figli di Kazushige Ogawa, e con essi anche la moglie Tsuki, chiamassero ogni cosa con il suo nome, senza cedere a storpiature inadeguate. - I tuoi nonni hanno insistito perché tu ti occupassi di una qual certa situazione. Disse. Poi prese a spiegarle quel che già sappiamo.

Misa aveva seguito con scrupolosità quanto le fu riferito e da ciascuna delle parole proferite dal padre, ella ne ricavò un’intima eccitazione, che fece bene a non rendere esplicita: “è una cosa importante” le era stato detto a più riprese. La sua felicità avrebbe reso ancor più insicuro suo padre.
Era curiosa, però: perché costoro, questi fratelli, non avevano specificato il motivo del loro bisogno? Era forse qualcosa di cui avrebbero potuto tranquillamente infischiarsene, o forse, nel compito assegnatole da quelli delle Terme vi era come qualcosa di nascosto, d’intrinseco, che chiedeva, anzi imponeva, un’indagine più approfondita? Quelli che avrebbero mandato con lei, sicuramente, qualcosa dovevano sapere. Non era neanche troppo implicita quella diffidenza che le due branche della stessa famiglia provavano e la sempre più netta distinzione tra i membri di questa o quell’altra casa. Quelli delle Terme, poi, erano stani. Veramente strani. I loro alberi genealogici andavano intrecciandosi in incesti e accoppiate blasfeme mal celate, ma comunque ben accette per motivi sconosciuti. Ed erano vecchi, ma vecchi davvero. Gli antenati, che erano poi gli stessi di Misa per la verità, erano gli antenati di tutti. L’antenato degli antenati, si dice, era un Ogawa, anche se ormai nessuno più lo ricordava. Ma loro, vecchi superbi e orgogliosi, lo ripetevano ogni giorno, e a mente e a parole, inculcando tali presunte verità ai loro bambini sin da neonati. A Misa facevano ribrezzo e a suo padre anche, ma continuavano a seguire le loro decisioni, recitando con loro la parte dei capifamiglia, come se dell’opinione e dell’esistenza della branca dell’Acqua importasse veramente qualcosa.

A precedere la sua partenza sono state tutte le precauzioni del caso: la voce della mamma che le ricorda di non essere mai scortese con quelli delle Terme, quella del fratello che le raccomanda di fargli sapere chi, invece, l’avrebbe trattata male, e i baci di suo padre che dopo l’iniziale perplessità del suo sguardo tiene a farle sapere che l’ama e che si fida di lei, che è il suo orgoglio e che, qualora qualcosa dovesse mettersi male, avrebbe dovuto pregare Jashin.
Prima di avviarsi per quel suo primo viaggio, infatti, pregò una dozzina di volte. Bevve del sangue, com’era buon costume fare, sebbene lavò i denti poco dopo: l’alito che ti lascia il rosso nettare, le disse una volta sua madre, è poco gradito anche dagli altri jashinisti. Eppoi rivela troppo.

Il sentiero che è stato consigliato loro – un termine gentile per dire che in realtà è stato loro imposto - si destreggia abilmente tra una moltitudine di alberi che le paiono tutti uguali; colpa della sua debole conoscenza della flora del posto, che è decisamente più ricca di quella cui è abituata. La strada, comunque, è ben fatta, resa imperfetta da qualche deviazione qua e là. Ad averla resa completamente spiacevole è stato l’acquazzone di pochi minuti prima, che ha creato delle vere e proprie piscine di fango là dove, in fondo a ciascuna di esse, potrebbe nascondersi qualunque cosa, tanto sono profonde. Misa è parecchio infastidita, ma non osa parlare. C’è stato silenzio per quasi tutto il tempo. I suoi compagni di viaggio sembrano avere la sua stessa età: uno lo conosce anche, essendo un apprendista di suo padre. L’altro è delle Terme. Ha fantasticato qualche teoria sulla loro personalità, ma le pare assolutamente impossibile indovinare: non un gesto, una parola, che possa averle dato un indizio da rielaborare.


CITAZIONE
Ho inteso il tutto come una questioncina da risolvere in famiglia, tra le due parti, descrivendone quindi l'ambiente. Spero di non aver frainteso.

Per il presente, invece, sono rimasta molto sul vago.
Spero sia okay!
 
Top
view post Posted on 24/12/2019, 16:34     +1   -1
Avatar


Group:
Narratori
Posts:
5,486

Status:


off || Va benissimo, poi le dimensioni della cosa le valuterai ongame. Ho riutilizzato ambienti, npc e descrizioni da un'altra giocata localizzata nello stesso posto, spero che il post non risulti frettoloso ma da un momento all'altro mi chiamano a farcire bignè... e ho anche un altro post da fare x.x || on

24 Maggio 249 DN - mezzogiorno




Il cammino prosegue ancora, mentre il sole si cela al di là delle fronde dei pini neri: se non fosse per il languore che coglie i tre, sarebbe difficile affermare che il sole sia arrivato allo zenit. Il bosco è umido e fresco, più asciutto del sentiero esposto percorso in precedenza: piano piano il fango abbandona i piedi dei viandanti, che marciano seguendo un itinerario segnato con lievi tratti sulla cartina spiegata tra le mani del più anziano degli apprendisti – una via che si tronca di colpo, come il fusto dell'albero che taglia in due la radura in cui si sono arrestati.
I segnali forniti loro, dunque, conducono nel nulla?
Scuotono la testa i sempai e si consultano a mezza voce.
Curioso dettaglio, il legno dell'albero morto pare tranciato da un unico e possente colpo di lama, come una spiga di grano recisa dal mietitore... ma a giudicare dal colore della polpa esposta, l'atto avvenne non poche settimane prima.
L'incertezza permane per pochi istanti, finché una figura slanciata non si distacca dalle ombre del tronco di un antico larice, mostrandosi al trio giunto da lontano.

CacvdC4
“Benvenuti, Fratelli” li saluta educatamente, inchinandosi di fronte a loro; una lunga e pallida Lama brilla al di sopra del suo capo, come una sorta di falce di luna diurna. “Vi stavamo aspettando. Il mio nome è Shota. Vogliate seguirmi, vi condurrò alla nostra dimora: il cammino è stato lungo, vorrete rifocillarvi prima di incontrare chi vi attende, e riprendere la via di casa”; ciò detto, si incammina precedendoli con un gesto di invito a seguirlo. Appare pacatamente sereno, muovendosi con agilità per quei sentieri profumati di muschio, come se seguisse un chiarissimo sentiero disegnato tra radici, rocce e pietra. Da lì in avanti sarebbe arduo per chiunque procedere senza una guida: si tratta forse del miglior baluardo, per chi non desidera visite sgradite.

“I nostri medici sono molto ansiosi di vedervi” prende a spiegare loro, lanciando occhiate al di sopra della spalla ossuta - “Il loro lavoro sembra infinito.
Non fu per nostra volontà o negligenza, se la forza che ha operato su queste montagne ha scatenato i suoi poteri; tuttavia la Fede ci guida verso l'unica possibile via: porre rimedio, placare le malelingue degli Infedeli e riportare la pace, con tutte le energie che il Santuario possa offrire.
Non a tutto è possibile porre rimedio, ma al resto ci applicheremo con alacrità.”


Di fatto, più che un Villaggio o un Santuario, il luogo in cui il trio viene condotto sembra più un campo medico: si tratta di un'ampia radura, dolcemente velata di nebbia e fittamente attraversata da un reticolo di sentierini ben curati. Essi separano numerose abitazioni in legno dal tetto di ardesia scura, impreziosite nella loro semplice sobrietà da intagli dai motivi floreali. Tutto in quel pugno di case sembra inverosimilmente pulito e ordinato: dalle aiuole ai ciuffi d'erba che orlano il limitare del bosco, all'abbigliamento degli abitanti che attraversano l'insediamento da un angolo all'altro. Il paesino ideale, se non fosse per le tende candide che sorgono come funghi in ogni spazio libero sufficientemente ampio da contenerle.
Nessun bighellone, nessun perdigiorno, nessun segno di lavori trascurati o lasciati a metà: un viavai affaccendato impegna ogni singolo membro del villaggio, dentro e fuori dalle abitazioni e attorno ai padiglioni, come api attorno ai fiori di un campo. Tutti si voltano con sorrisi cortesi quando passa Shota e lo salutano, riservando la stessa cortesia ai nuovi arrivati: non passano inosservate le casse che i due apprendisti portano in spalla, specie da chi si aggira tra le case indossando un camice bianco.

I tre vengono guidati attraverso le casette fino al lato opposto del villaggio, dove sorge un edificio circondato da un ampio spiazzo in terra battuta: il legno di cui è fabbricato è più scuro, decisamente più antico di quello delle altre costruzioni; un basamento in pietra alto un paio di metri lo solleva dal piano della strada, e al contrario degli altri edifici non presenta alcun tipo di decorazione – eccezion fatta per Cerchio e Triangolo impressi a fuoco sopra alla porta d'ingresso.

Un cane a tre teste si aggira attorno alle finestre del basamento, da cui fuoriesce un odore invitante: “Il pranzo è sul fuoco: all'interno troverete di che rinfrescarvi, vi serviranno non appena lo richiederete. Dopo pranzo ci occuperemo delle incombenze che ci incalzano... ” preannuncia Shota, sempre precedendoli all'interno dell'abitazione ed accertandosi che tutto all'interno fosse predisposto ad accogliere gli attesi ospiti. “Non avrò la fortuna di condividere con voi il pasto a causa degli incarichi che mi sono stati assegnati; spero di potervi guidare di nuovo sulla via del ritorno. Prendo congedo, possa il Sommo far incrociare di nuovo i nostri passi.”



off || role libero: se vuoi fare domande a Shota è il momento giusto, nel prossimo post parliamo di incarichi^^ || on
 
Top
view post Posted on 28/12/2019, 12:13     +1   -1
Avatar

사랑

Group:
Member
Posts:
57
Location:
Venice

Status:



Misa Ogawa
少女, Das Mädchen

Tra le insidie dei boschi, mentre i sempai seguono scrupolosamente la rotta designata, Misa dedica ancora qualche istante ai suoi due compagni: ora che i suoi occhi ricadono su di loro – adesso decisamente più attenti di quanto avevano fatto in precedenza – le pare abbastanza chiaro che quei due tipi hanno più di un paio d’anni di distacco con lei. La ragazza in particolare, da alcuni tratti, le sembra anche più grande del ragazzo – il quale, probabilmente, ha qualche anno in più di Akira. Le manca Akira. Con lui al suo fianco sarebbe stato tutto infinitamente più semplice; la pressione dell’incarico le sarebbe pesata di meno e la sua serietà avrebbe bloccato sin dall’inizio l’eccitazione della nostra eroina, la quale adesso cammina a testa bassa, con gli occhiali sulla punta del naso e uno sguardo che racconta la storia di una che si aspettava di più. Le espressioni dei suoi due compagni non le danno certo sicurezza, né le trasmettono voglia di fare: lui è chiaramente infastidito dal fango, dagli uccellini, dagli alberi, dal sentiero, dai sempai e anche da Misa e la ragazza; quest’ultima borbotta spesso a bassa voce, senza che la nostra Misa possa spiarne le lamentele.

A un certo punto, però, qualcosa cambia. La mappa, spiegata sulle mani di uno degli apprendisti più anziani, sembra esser risultata imprecisa e un consulto tra i grandi blocca la loro avanzata. I dubbi non sono l’unico ostacolo, tuttavia: il più grande degli ostacoli è lì davanti a loro, poggiato sul letto d’erba selvaggia, grosso e antico, ferito e ucciso da un unico, preciso colpo: è un albero, il cui nome le sfugge (abbiamo già accennato alle sue pessime conoscenze della flora del luogo) e il cui fusto taglia in due la radura. L’oggetto dei dubbi dei sempai non è stato abbattuto da poco tempo (fatto alquanto strano, giacché le mappe dovrebbero essere aggiornate) e l’arma che è stata ad esso fatale è assai iconica: una falce. Forse non una Jashin no Kama, forse una semplice falce da contadino. Qualunque sia stata la tipologia d’arma comunque, una cosa è certa: ad abbattere quell’albero è stato qualcuno dotato di una gran forza. Uno shinobi, un ronin, o forse proprio un guerriero di Jashin. Un buon segno? Sono vicini? Chissà. Non c’è nemmeno troppo tempo per interrogarvisi a proposito che giunge un uomo slanciato, quasi apparso dal nulla, dotato di un corpo non troppo differente da quello di uno scheletro animato dal soffio della vita. Egli parla e da loro il benvenuto, mentre la falce che svetta sulla sua testa attira tutte le attenzioni della nostra Misa: essa ne è tanto attratta da dimenticare l’intero contesto, da innamorarsene e bramarla, come fosse stata l’uomo più affascinante a questo mondo. Misa non ha mai avuto occhi per gli uomini, non ancora, ma soltanto per il suo dio; la vicinanza a un oggetto così prezioso, sacro ed esotico a suo modo, la conduce per mezzo di un percorso astratto, del quale soltanto lei vede il sentiero.

Shota, così si chiama il misterioso fratello, li guida lungo un percorso assai insidioso: non solo il fango, ma anche le radici, i rami, gli animali o le buche per terra rendono il tutto poco piacevole e decisamente di difficile accesso. Anche il Santuario delle Tre Vie, Misa pensa, è ben nascosto, ma non bene come il santuario di cui parla Shota; e mentre quest’ultimo illustra la loro straziante situazione, consapevole di essere ascoltato da tutti i presenti, omette ogni dettaglio circa la causa di queste urgenze. Misa si morsica le labbra con forza: avrebbe voluto chiedere qualcosa in più, togliersi un paio di curiosità, ma non le parve opportuno.
Giunti al Santuario, che ha più l’aspetto di un campo medico, le genti prendono a salutarli. Ciascuna delle teste d’argento lì presente appare gentile e cordiale, ma anche curiosa, o forse semplicemente impaziente: guardano alle loro provviste mediche, contenute dentro una cassa portata in spalla dagli apprendisti più grandi, con uno sguardo che Misa non conosce – lei non ha mai avuto un malanno, né bisogno di un sostegno. Conosce il significato di queste parole, ma non le comprende appieno. Sotto certi aspetti, lei è ancora bambina – troppo bambina. Quindi guarda a tutto quel lavoro, alle genti costantemente indaffarate, con una visibile curiosità, ricambiata certo dai loro sguardi. Il continuo viavai di queste persone li accompagna fino a un edificio di legno più scuro, decisamente antico, nella parte opposta del villaggio. Shota li precede, e Misa butta un ultimo sguardo intorno a sé: il campo medico, o santuario che sia, è accogliente e ben fatto, pensa, non quanto il Santuario delle Tre Vie, però.

Deve essere l’edificio di maggiore importanza, quello dove Shota li ha diretti. E’ decorato con il simbolo di Jashin, è più grande rispetto alle altre casette e il materiale di cui è composto sembra più pregiato. La loro guida li precede, parlando del pranzo, e Misa sente sempre più potente la necessità di sapere. I suoi genitori gliel’hanno raccomandato, conoscendola: non parlare a sproposito, non essere indiscreta. Sopprimi quell’insaziabile chiacchierona che risiede in te, le avevano detto; lei, poverina, c’è anche riuscita. Ha parlato una volta, forse due. Ma adesso è troppo complicato rimanere in silenzio, come invece fanno i suoi sempai. Avrebbe bisogno di qualcosa che le tappi la bocca, soffochi irrimediabilmente la sua voce, per rimanere zitta. Infatti parla, con tono delicato e anche cortese, come le è stato insegnato: "Dovete perdonarmi, fratello Shota, ma quale disgrazia, quale sciagura esattamente, si è abbattuta sulla vostra gente? Se non sono indiscreta..." ma s’interrompe, arrossendo un pochettino. I suoi occhi sono su quelli di lui, ma qualora questi ultimi si rivelino indelicati, di certo il suo sguardo cederebbe e si schianterebbe sul pavimento.
 
Top
view post Posted on 29/12/2019, 00:09     +1   -1
Avatar


Group:
Narratori
Posts:
5,486

Status:


24 Maggio 249 DN – l'una e un quarto




Fratello Shota si ferma ad ascoltare con altrettanta educazione la domanda postagli; annuisce quindi un paio di volte, in un silenzio concentrato, prima di formulare una risposta: “In realtà, la Forza all'opera non ha colpito né sfiorato i Fedeli in Jashin” chiarisce immediatamente - “al contrario: potrebbero essere gli Infedeli a cercare rivalsa sulla nostra comunità, attribuendole ingiustamente il demerito di aver attirato la sciagura sulle loro case.”
Un problema quindi non causato da membri del Santuario né subito da essi, tuttavia potenzialmente distruttivo per via della diffidenza e del pregiudizio che intossicano l'animo degli uomini: “siete ben al corrente dello scarso affetto che gli infedeli tributano ai seguaci del Sommo. Per quanto noi Lame possiamo tenere testa a un intero battaglione e anche di più, non potremmo esporre donne e bambini a una guerra che li vorrebbe estinti, immolati come agnelli senza altare, in un Sacrificio senza onore, né lode, né gloria per Jashin”.

Non esporre gli indifesi a una guerra civile evitabile quindi, questa è la ragione che sta dietro alle dispendiose scelte del Santuario: “gli Anziani hanno quindi stabilito di adoperare quante più energie disponibili, con lo scopo di porre rimedio a ciò che è avvenuto, e porre freno a ciò che il futuro potrebbe serbarci, se dovessimo peccare di superbia o pigrizia.”
Non una parola, tuttavia, su quale sia la famosa sciagura che tutto ha scatenato; eppure Shota sorride gentilmente - “mi auguro di aver soddisfatto la vostra sete di conoscenza” conclude garbato - “ora temo di dovermi proprio accomiatare”

Sfortunatamente per la giovane Misa, i due compagni a cui è stata assegnata non rendono i loro modi più distesi nemmeno a tavola, anzi... palesemente tesi per l'incarico incombente, mangiano poco e di malavoglia, parlando ancora meno e lanciando di tanto in tanto occhiate preoccupate ai bauli contenenti l'attrezzatura, come a volersi sincerare che non abbia messo i piedi e non sia scappata via, saltando da una finestra. Terminato il pasto, il tempo trascorso sui divani per riposare è altrettanto monotono e teso, tanto che quasi l'arrivo di uno sconosciuto in camice da medico non diventa un sollievo per ciascuno di loro.
Misa sarebbe rimasta lì ad aspettare i sempai, naturalmente: che prenda parte alle faccende strettamente professionali è fuori discussione.
Avrebbe potuto passeggiare liberamente per l'insediamento nell'attesa, con l'espressa richiesta di non allontanarsi eccessivamente, in modo da essere rapidamente rintracciata nel momento in cui i due avessero terminato l'incontro coi colleghi delle Terme.

Sta di fatto però che l'attesa si sarebbe prolungata in maniera inattesa.
Mezz'ora diventa un'ora, e l'ora novanta lunghi minuti, senza possibilità di conoscere il motivo di un tale protrarsi di quella che sarebbe dovuta essere una faccenda di poco. Forse i segni di agitazione attorno a una delle tende mediche hanno qualcosa a che fare con tutto ciò?
Per quanto possa provare ad avvicinarsi, la ragazza sarebbe stata garbatamente invitata a tenere una certa distanza per non ostacolare le operazioni dei dottori; per lo meno, la sua presenza avrebbe spinto l'anima pia che aveva prelevato i suoi compagni a spiegarle che i due hanno generosamente acconsentito a dare man forte nella gestione di un'emergenza improvvisa, e che il Santuario sarebbe stato debitamente ricompensato per quel lavoro extra, oltre che a ottenere tutta la gratitudine del caso.
Nella migliore delle ipotesi, ci sarebbe voluta almeno un'altra ora di lavoro.

Sta di fatto che in quel panorama generale di attesa indefinita, lontana da casa e senza compagnia, forse alla giovane devota non sarebbe dispiaciuto affatto sentirsi chiamare da lontano da un anziano e distinto signore, sobriamente vestito di un completo in cotone marrone e col simbolo del Sommo in bella mostra sul petto, argenteo e lucido. “Signorina... signorina!”
Un ciondolo come quelli, massiccio e dall'aria antica, non è qualcosa che un comune jashinista possa indossare: sembra piuttosto un segno di riconoscimento di qualche tipo in uso in quel particolare santuario, il che, associato alla profondità degli inchini che gli vengono rivolti dai passanti, avrebbe potuto far intuire alla ragazza che lo status di quella persona sia al di sopra dell'ordinario.
L'avrebbe raggiunta correndo e ansimando affannosamente, evidentemente preoccupato per qualcosa che non tarda ad esporre: “avrei bisogno di aiuto... se non vi dispiace.
La... giovane... che mi è stata affidata... non penso di riuscire più ad accontentarla! Sono vecchio e stanco, e lei non sta ferma un minuto!
Potreste mai accettare di vegliare su di lei per un'ora soltanto?
È il tempo che manca al ritorno dei suoi custodi... io sono solo un umile sostituto...”



off || in caso Misa dovesse fare ulteriori domande, Shota risponderà sempre garbatamente di non poter diffondere informazioni che possano nuocere al Santuario; aggiungerà che loro tre non sono comunque in pericolo in nessun modo, per rassicurarli sull'eventualità che la sciagura possa coinvolgere anche loro.

Se Misa dovesse accettare l'incarico, nel prossimo post arriveranno i dettagli || on
 
Top
view post Posted on 31/12/2019, 12:53     +1   -1
Avatar

사랑

Group:
Member
Posts:
57
Location:
Venice

Status:



Misa Ogawa
少女, Das Mädchen

Shota risponde in toni pacati, dando un gradito sfoggio di cortesia; il suo viso, le sue mani e il suo corpo, in un certo senso, lasciano già intendere un alto grado d’educazione. Il motivo è ignoto a Misa, la quale suppone che sia merito della sua statura e del suo vestiario, nonché di quella bellissima falce, che donano alla sua figura un non so che di elegante.
Egli non si sbilancia, tuttavia. La sua spiegazione lascia a Misa un qual certo amaro in bocca: avrebbe desiderato qualche dettaglio in più. Anzi, adesso che qualcosa sa, desidera arditamente i soggetti ben definiti di tutta questa faccenda. Ha capito soltanto che c’è una guerra. Una guerra di fazioni. Inoltre, ha compreso che il campo medico non è frequentato né da donne, né da bambini; e sebbene concordi sulla scelta di non far combattere i bambini, sull’altra mantiene qualche dubbio: perché non le donne? Al Santuario delle Tre Vie le donne sono importanti. Le sorelle Agiwara, per esempio. Proprio Shitsuki Agiwara è la Figlia di Jashin. Tra le loro Lame c’è anche una donna! Una donna che con la falce ha sacrificato milioni, se non miliardi, di infedeli e ha combattuto centomila guerre! Che le donne del suo Santuario siano speciali? O meglio, che siano uniche? Shitsuki Agiwara in effetti è unica. E’ fortissima. E’ carismatica. E’ temeraria. E’ sacra. Misa l’ammira e l’adora quasi quanto il suo dio; addirittura più del Priore! Giacché lei è quanto più vicino ci sia a Jashin.


Non aveva approfondito più di tanto l’argomento col fratello Shota; era rimasta in silenzio e l’aveva salutato cordialmente, lasciando che questi si assentasse per motivi ancora una volta sconosciuti. L’aveva fatto per educazione, ma anche perché aveva intuito che nulla le sarebbe stato chiarificato, tanto meno sarebbero sorti nuovi dettagli.

Il resto del santuario – o del campo medico – si è preso cura di loro: li hanno accompagnati a tavola, allestita peraltro piuttosto bene, arricchita da cibi non pretenziosi ma sicuramente buoni. E’ l’atmosfera a non rendere affatto la buona cucina, però. Dopo la preghiera ciascuno di loro si è ammutolito. Gli apprendisti compagni di Misa hanno mantenuto le bocche serrate per tutto il tempo: i loro occhi erano come fissi sulla cassa, pregando che nessuno la facesse sparire in alcun modo. Erano incredibilmente tesi e visibilmente provati da quel che è probabilmente il loro primo incarico all’esterno. Quando finirono a tavola, dopo aver conversato un pochino con uno degli uomini che avevano preso parte al loro pranzo, Misa fu contenta di tirare un sospiro di sollievo.


Se avesse saputo delle ore vuote che l’avrebbero attesa, però, Misa non si sarebbe sentita affatto sollevata. Passeggia intorno al campo, per le aree a lei concesse, da quasi un’ora e mezza. In realtà, l’ora è mezza potrebbe esser già passata: ha decisamente perso la cognizione del tempo. Attende intrepida l’arrivo di uno dei suoi sempai con un incarico da darle, ma tutto ciò che ha ottenuto nel corso della sua vana attesa è stato qualche saluto da parte della gente che passava di fianco a lei per puro caso. Adesso siede su di un tronco, con qualche pensiero in testa: quello dominante è di ovvia natura. Pensa alla guerra che sta vivendo questo santuario, le cui ragioni le sono oscure; immischiarsi nella faccenda non è suo compito, questo lo sa. Sa anche che gli Ogawa delle Terme saranno curiosi a riguardo e che, probabilmente, scopriranno presto qualcosa di più. Ma suo padre gliel’ha sempre raccomandato: diffida da quello che fanno loro – è gente malata che indossa dei camici. Perciò ha deciso: a meno che tutta l’intera situazione non le cada in testa, eviterà qualunque altra domanda, lasciando l’arduo compito a quelli delle Terme.

Dalla sua postazione, grazie alla sua splendida vista, può mirare fino agli accampamenti. Vede subbuglio laggiù, ma non può indovinarne i motivi. Forse qualcuno, sprovvisto di Dono, sta morendo. Un fedele che muore è sempre una gran perdita, pensa. E’ sempre una botta allo stomaco, qualcosa di incredibilmente spiacevole. Forse, per questo motivo, i suoi compagni sono ancora impegnati. Avrebbe voluto approfondire la cosa e l’istinto di alzarsi e andare a vedere la vince per un attimo soltanto, finché un uomo non le si avvicina con fare affaticato. E’ anziano e porta addosso una veste evocativa: il simbolo del sommo è l’unica, grande decorazione che possiede. Le genti sul suo cammino si preoccupano della sua agitazione e gli rivolgono inchini di una certa profondità. Egli s’arresta proprio dinanzi alla Ogawa e inizia a parlare di una ragazza affidatagli, la quale si è rivelata sin troppo irrequieta per lui. Il modo di parlare dell’uomo, però, tradisce le sue vesti e le impressioni che Misa si è fatta su di egli: si definisce addirittura umile. Qualora sia soltanto un suo modo di cortesia, sarebbe incorsa a una bella lavata di capo, però. Eppoi, questo fatto la eccita un poco: si sente importante, in un certo senso. Decide di aiutarlo, ma a una sola condizione: “Sono felice di aiutarvi, mio signore, ma dovete assicurarmi una sola cosa: che questo venga riferito ai miei sempai. Ho il dovere di non allontanarmi da qui. Vi chiedo umilmente di mandare qualcuno ad avvisarli; ecco, per esempio, quell’uomo lì potrebbe farlo” e glielo indica con l’indice della destra: è uno che passa di là per caso e che forse manco li ha visti – “Ve ne prego, rischierei un rimprovero bello e buono, se no”.


CITAZIONE
Mi sono presa la libertà di parlare degli Agiwara: ho reputato piuttosto improbabile che Misa non li conosca; tanto meno Shitsuki che ha anche un bel valore di fama in scheda. Fammi sapere se va bene, e se va bene anche il passante che ho descritto sul finale!

Ti auguro un buon 31 dicembre e un buonissimo inizio d'anno nuovo! Io invece mi preparo psicologicamente per tutto il lavoro che dovrò fare questa sera in sala... ç.ç

 
Top
view post Posted on 31/12/2019, 17:27     +1   -1
Avatar


Group:
Narratori
Posts:
5,486

Status:


Off || grazie davvero! Tieni duro stasera, domani spero potrai riposarti un po'... e buon 2020^^
Fatto benissimo per Shitsuki, non può decisamente essere una figura di secondo piano nel Santuario || on

24 Maggio 249 DN – ore sedici circa




Il vecchio avrebbe sgranato gli occhi - “Ma certo! Signorina, mi concedete proprio un grande aiuto... è proprio il Sommo che vi manda!
I vostri sempai saranno informati senza indugio, tuttavia rasserenatevi: la giovinetta ha dato la sua parola di non allontanarsi eccessivamente dal Villaggio, in attesa del ritorno dei suoi tutori.
Devo tuttavia raccomandarvi alcuni dettagli, che in casi ordinari sarebbero lungi dal destare preoccupazioni...”
inizia ad accennare intrecciando le dita in una maniera che – curiosamente – potrebbe dirsi preoccupata. Pure l'espressione del viso si fa leggermente accigliata.
“Vorrei chiedervi di non assecondare la nostra illustre ospite in tutte le sue richieste: per quanto il suo lignaggio sia elevato, ha condotto una vita alquanto peculiare fino a tempi recentissimi” le spiega sollevando le sopracciglia, e dando una certa enfasi algli aggettivi illustre e peculiare.

“L'opinione dei suoi tutori è che debba essere guidata nell'apprendere ciò che è accettabile e ciò che non lo è, nell'ottica di una pacifica convivenza tra esseri umani. Il mio punto di vista, come umile membro degli Anziani di questo Santuario, è che ella debba sì venire istruita, ma col dovuto garbo: vi prego di evitare di mortificarla... piuttosto vi suggerisco di sviare la sua attenzione, o cercare di spiegarle le motivazioni per cui questo o quell'atto non dovrebbero essere compiuti.
Sembrate una fanciulla ammodo: penso che questa breve incombenza non vi arrecherà particolari fastidi”
la rassicura infine, forse suscitando in Misa più domande di quante non ci sia davvero il tempo di esprimere.
Il che forse è il minimo comune denominatore di tutta quella lunga, strana giornata.
“Se avete dubbi o quesiti... altrimenti credo che sia giunto il momento di presentarvi a lei... prima che” le dice, accompagnando le parole con un gesto d'invito della mano. Sembra volersi incamminare verso un gruppo di abitazioni alla sua sinistra, quando un improvviso schiamazzare di volatili non raggiunge i due da lontano.
“... ci risiamo...” geme quello, scuotendo la testa rassegnato.

 
Top
view post Posted on 6/1/2020, 23:10     +1   -1
Avatar


Group:
Narratori
Posts:
5,486

Status:


Posto per conto di aureola, causa bug x.x


Misa Ogawa
少女, Das Mädchen


Oh, figuratevi! – dice.
Vi ringrazio.
Ditemi, ditemi – aggiunge poi.

L’anziano pare sinceramente entusiasta dell’aiuto offertagli dalla nostra Misa, la quale, dal canto suo, è felice di far qualcosa. Ella ha risposto velocemente alle gentilezze concessole, dapprima arrossendo, poi ringraziando e infine incalzando il suo interlocutore a spiegarle quanto avrebbe dovuto sapere sull’ancora sconosciuta fanciulla. Egli intreccia le dita e in volto si fa quasi preoccupato – Misa è profondamente incuriosita, adesso. Le parla di una vita vissuta, in una sua prima parte, in modo peculiare, dettaglio che la nostra Misa interpreta come un “è una bambinetta viziata, o forse persino ritardata, trattata da tutti come fosse più speciale di quanto non lo sia in realtà”. Non perde la concentrazione, ma quasi le vien da ridere: doversi dimostrare gentile, farle capire ciò che è bene e ciò che è male…quanti anni ha, allora? Pensava fosse una della sua età, bene o male, ma ora ha il dubbio che ella possa essere di qualche anno più piccola. Magari ha otto, sette, sei anni! Quant’è stata l’ultima volta che si è confrontata con una bambina così piccola? Al Santuario di bambine, o bambini, non ce ne sono poi molti: forse un paio, forse due paia o, esagerando, tre paia. Anche quelli della sua età non sono moltissimi. Non può ritenersi un’esperta, quindi; non per questo, però, osa tirarsi indietro – è ancora contenta di aver trovato qualcosa da fare. Qualcosa che possa compiacere anche i sempai, oltretutto.

E’ un gran bel complimento. – lo ringrazia quand'egli le dice di essere una fanciulla a modo, con l'intenzione, probabilmente, d'incoraggiarla. O di capire qualcosa di più di lei.


Ella annoda qualcuno dei suoi interrogativi, come per esempio la definizione di quel “peculiare”. Egli sembra sul punto di accogliere le sue domande.
Frattanto, qualcosa accade.
Si sentono degli schiamazzi – non umani (è palese), ma di uccelli.
L’anziano scuote la testa. Ci risiamo, dice.
Misa sgrana gli occhi, nelle sue iridi un punto di domanda; si volta verso il vecchietto, come a volergli chiedere: “ha dimenticato di dirmi che maltratta gli uccelli, tra le cose?”.
 
Top
view post Posted on 7/1/2020, 16:57     +1   -1
Avatar


Group:
Narratori
Posts:
5,486

Status:


24 Maggio 249 DN – ore 16.10




”Eh, mia cara signorina...” sospira quello allargando le braccia “è precisamente quello che intendevo, quando ho parlato di ciò che è accettabile... e ciò che non lo è, nell'ottica della convivenza con gli esseri umani” le spiega di nuovo, sollevando le sopracciglia. “Non sarà né la prima, né l'ultima stranezza, temo, a cui dovrete assistere. Ora seguitemi, non c'è un minuto da perdere...” borbotta avviandosi alla massima velocità consentita dall'artrite verso la sorgente degli schiamazzi, che si sollevano in una seconda ondata carica di panico.

Giunti alla grande abitazione dietro cui sorge il pollaio strepitante, viene loro incontro quella che deve essere la padrona di casa, trattenendo le sottane mentre corre trafelata - “Anziano Atsushi-sama, fate qualcosa, vi prego!
Di questo passo massacrerà tutte le galline!
Già per come sono combinate, non faranno più uova per almeno una settimana!”

Quello nemmeno risponde, limitandosi ad annuire, impiegando evidentemente tutte le energie residue per portarsi quanto più rapidamente possibile sul luogo del delitto; la donna li segue a passo di carica. Una gallina terrorizzata e parzialmente spennata balza fuori da una delle finestre, strillando a più non posso: per poco il vecchio non ci inciampa sopra, scatenando una terza crisi isterica nel volatile e una sequela di brontolii ben poco entusiastici della padrona della bestiola.
Il terzetto sarebbe piombato nel pollaio, che per quanto pulito è permeato dell'odore persistente del guano d'uccello, oltre che da un vago sentore di sangue... piume e paglia svolazzano ovunque, smosse dal pollame terrorizzato, mentre qualcosa di candido come la neve si muove con agilità inumana da un angolo all'altro del fabbricato, ingegnandosi per afferrare tutte le penne e le piume abbandonate involontariamente dalle galline.

“Kousui-sama, nel nome di Jashin... cosa state facendo?!” esclama con voce stridula Atsushi, provocando l'immediato arresto dell'inseguimento. La cosa candida ha a tutti gli effetti l'aspetto di una bambina: dieci anni circa, alta poco più di un metro e qualcosa, completamente bianca. Capelli, pelle e tutto, tranne gli occhi che splendono ambrati e vividi. Il suo corpo è rivestito da quello che sembra un abito realizzato con steli di fiori intrecciati, le cui corolle però pendono ormai avvizzite; l'espressione di sorpresa dipinta sul visetto si trasforma velocemente in una carica di disappunto:
"Atsu-san, ma non lo vedi che il mio vestito è da cambiare?!" lo affronta incollerita, con piume e penne che spuntano dai pugni serrati per l'irritazione. Poco ci manca che non si metta a battere i piedi a terra!
"Dovrei forse andare in giro nuda?!
Avevate fatto una promessa.
Devo andare a dirlo a mia sorella, per caso, che non state facendo niente per i miei abiti?!"

 
Top
view post Posted on 9/1/2020, 15:59     +1   -1
Avatar

사랑

Group:
Member
Posts:
57
Location:
Venice

Status:



Misa Ogawa
少女, Das Mädchen

Il rispettabile anziano si fa dispiaciuto in volto, anzi: rassegnato. Allarga le braccia, le dice che avrà modo di osservare altre stranezze. A lei basta soltanto non far la fine degli uccelli – che poi, che genere di uccelli sta maltrattando? Dai loro versi presuppone che le disgraziate creature altro non siano che galline. Avrebbe avuto senso. Anche al Santuario delle Tre Vie ci sono delle galline, o almeno così crede; le uova non sono mai mancate e sua madre ne sa certamente qualcosa: tra una frittata e l’altra, avrà oramai una certa conoscenza delle eventuali galline di casa loro.

L’anziano, comunque, ha fretta: forse nemmeno immagina cosa abbia potuto combinare quell’essere. Aumenta il passo, non senza difficoltà: Misa percepisce la pressione alla quale sono sottoposte le giunture e ne ode, al momento dei primi quattro passi, il suono – dei crack ben distinti, quasi armonici tra di loro.
Giunti presso una grande abitazione (forse una delle più grandi del piccolo villaggio), la visione di un pollaio conferma le sue ipotesi. Sì, ci sono delle galline. Sì, le galline non se la stanno passando troppo bene. A loro viene incontro una signora, la quale, poverina, pare disperata: li raggiunge agitata, trattenendo le sottane con le mani. E’ difficile correre in quelle condizioni, ma Misa non lo saprebbe dire con certezza: non ha mai indossato abiti di quel tipo. Soltanto il kimono, quand’è a casa, le impedisce tutti i movimenti che vorrebbe. La signora, probabilmente padrona di quella casa ora in subbuglio, incalza l’anziano, che scopriamo chiamarsi Atsushi. Atsushi-sama. Il suffisso conferma l’opinione che aveva all’inizio: è un uomo rispettato, sia solo per l’età o per la saggezza.

Tutt’e tre, di corsa, giungono al pollaio che è diventato un vero e proprio inferno per galline. Una di queste passa davanti a loro; il passo, la sua postura, persino gli occhi rivelano un qual certo terrore. E’ spennata e non è certo l’unica: dando un’occhiata in giro, Misa s’accorge che lì è avvenuto una sorta di massacro. Atsushi-sama rischia anche d’inciampare sulla gallina che ha dato loro quel poco caloroso benvenuto, impaurendo ancor di più l’animale che sbatte le ali come se fosse un passero, un corvo, o una rondine, e dando l’impressione di poter spiccare il volo in quello stesso momento. L’odore è forte, il disordine tanto: svolazzano paglie e piume, una delle quali finisce sul dorso della sua mano, accarezzandola prima di cadere al suolo. Qualcosa si muove, veloce quasi come un ninja. Misa ha un occhio allenato, svelto, vivace: la riconosce subito, la figura di bambina. Quando questa si arresta, Atsushi-sama, sempre più disperato, le si avvicina, chiedendole cosa diavolo le fosse saltato in testa. Misa è leggermente confusa, ma cerca di farsi vedere sicura – sebbene, dalla risposta di quel piccolo diavolo, abbia già intuito che uno sguardo alto e una schiena ben dritta non l’avrebbero certo intimorita. Come descriverla poi? A essere strana, è strana. Non tanto per i suoi capelli o le sua pelle: di jashinisti così bianchi se ne sono già visti a migliaia. Lei stessa ha i capelli molto chiari – seppur biondi – e la pelle non di certo colorata. Ciò che la sorprende e l’affascina sono i suoi occhi: ambrati e vivi. Non aveva mai visto un fedele (suppone che alla bambina la Fede le sia stata inculcata sin da subito) con quell’intruglio di colori. Solitamente ai capelli bianchi va il rosso delle iridi, oppure l’azzurro. Qualcuno si riserva il nero o il castano, certo, ma non quel colore lì. Probabilmente è soltanto una sua mancanza: a tredici anni non conosci il mondo. E non puoi conoscere gli jashinisti albini con gli occhi ambrati senza averne incontrati di altri oltre quelli del Santuario. Kousui-sama è molto bassa, almeno una ventina di centimetri sotto di lei, e la sua età sembra aggirarsi tra i nove, i dieci e al massimo gli undici anni. Il suo vestito è rovinato: un abitino davvero simpatico, realizzato da steli di fiori oramai appassiti. E’ da buttare, e Kousui-sama lo fa subito presente: difatti, dopo un’iniziale sorpresa, comincia a strillare lamentele sul trattamento riservatele da Atsushi-sama. Misa fa un respiro, impercettibilmente gonfia il petto, ma proprio quando sta per dare alito ai suoi pensieri decide di espirare e tacere; avrebbe atteso le presentazioni ufficiali e le eventuali istruzioni dell’anziano: non è sua intenzione turbare sin da subito la peste che ha dinanzi.
 
Top
view post Posted on 9/1/2020, 23:11     +1   -1
Avatar


Group:
Narratori
Posts:
5,486

Status:


24 Maggio 249 DN – ore 16.20




”Kousui-sama, non c'è bisogno di scomodare vostra sorella, lo sapete bene... e non esiste onore più grande per la Comunità, di poter onorare una promessa fatta alla vostra venerabile persona!”
Atsushi sembra decisamente ritirarsi sulla difensiva, probabilmente ribadendo concetti già noti alla picoletta bianca come un foglio di carta di riso... fin troppo noti, perché quella sembra adombrarsi ancora di più - “UFFA!
Lo so che devo aspettare che i vostri guaritori riappiccichino i pezzi a quegli esseri insignificanti. Come se non fosse già abbastanza il fatto che IO debba aspettare che VOI finiate di coccolare degli IN-FE-DE-LI”
ribadisce marcando ogni sillaba di quella parola - “e visto che so che siete limitati, per aiutarvi che cerco di trovare da me una soluzione, così voi pensate ai vostri umani inferiori, e io penso ai miei vestiti.
L'ho capito che secondo voi è colpa mia, se i guaritori devono lavorare.
Io sento le persone parlare, non sono mica sorda!”


Atsushi sembra volersi sempre più rattrappire e sparire sottoterra ad ogni parola, incassando testa e collo tra le spalle ossute e mugolando sommessamente un “... ma Kousui-sama! Cosa mai dite...” con scarsa convinzione, tanto scarsa che quella continua a macinare frustrazione come una pietra da mulino - “... e ti assicuro che se mia sorella non vivesse anche lei con degli umani, ci avrei ripensato da un bel pezzo a stare qui con voi, a seguire le vostre regole inventate che a me non importano un fico secco!!
Sai cosa?
Secondo me, da mia sorella non rompono così tanto!


“Jashin-sama, donaci la forza...” esala la donna, che più si guarda attorno, più si rende conto della devastazione che ha colpito il suo pollaio - “... e la pazienz... ahem...” si corregge appena in tempo l'anziano, che per quanto evidentemente intimorito, non accoglie di buon grado i rimproveri della bambina. È a quel punto che sembra venirgli un'idea geniale: un lampo di luce gli illumina gli occhi e compie un passo lateralmente, lasciando pieno campo alla figura di Misa.
“E invece temo che oggi vi convincerò del contrario, Kousui-sama.
Vedete questa giovane fanciulla?”
- chiede con un teatrale gesto delle braccia verso la Ogawa - “Lei proviene da terre prossime a quelle in cui ha preso dimora la vostra venerabile sorella.
Misa Ogawa-san, questa è la venerabile Kousui-sama”
le presenta quindi, forse avverando il peggiore dei timori della giovane jashinista.
La bambina, al sentir nominare sua sorella, drizza le orecchie all'istante: per quanto poi ostenti il gesto di incrociare le braccia sul petto, è piuttosto palese che il tarlo della curiosità abbia già intaccato la sua mente.

“Vi prego, Ogawa-san, illuminateci: è forse pratica desiderata ed accettabile, nel luogo da cui provenite, fare strage di volatili fonte di nutrimento per un gran numero di Fedeli, con lo scopo di tessere un abito nuovo... nel momento in cui esistono alternative?
Vi prego di motivare la vostra affermazione, in modo da soddisfare l'intelletto sempre assetato della nostra venerabile ospite qui presente, e rendere le motivazioni sottese alle pratiche umane un poco meno oscure e incomprensibili...”

Nel fuoco incrociato dello sguardo supplichevole di donna e anziano, e l'espressione sospettosa e indispettita della piccola, quale posizione avrebbe scelto la nostra eroina per cavarsi d'impaccio?

 
Top
view post Posted on 15/5/2020, 18:11     +1   -1
Avatar

사랑

Group:
Member
Posts:
57
Location:
Venice

Status:



Misa Ogawa
少女, Das Mädchen

La testolina bionda della nostra piccola jashinista è come impazzita: si volta adesso a destra e ora a sinistra, in modo assai frenetico pur di seguire il discorso. Le cose, tuttavia, cominciano a non tornarle e per qualche istante blocca lo sguardo sull’anziano signore. Lo scruta da testa a piedi, come se avesse iniziato a cercare qualcosa.
E’ sconvolta, ma la vocina della peste bianca che si trova innanzi a loro la fa tornare presso questo mondo; quindi si volta di nuovo, guidata da un senso di imbarazzo.
Non sa più cosa pensare, a riguardo di quest'ambigua vicenda.
L’uomo che li aveva portati al campo, effettivamente, aveva accennato alla questione degli umani. Ma lei non aveva capito nulla. Aveva annuito e lasciato tutto ai suoi superiori.
Ora però è difficile annuire e far finta di niente; per la mente le balenano idee malsane, illlazioni niente affatto piacevoli.
Guarda quella bambina e si chiede cosa possa aver fatto: ha fatto a pezzi degli infedeli? E allora perché darsi così tanto da fare, si chiede lei. Perché lavorare così tanto per delle persone comuni? Certo, Misa lo sa: non tutti gli jashinisti mangiano la carne altrui; non tutti gli jashinisti provano nei confronti dei blasfemi il medesimo disprezzo che le è stato inculcato sin da bambina.
Ma le pare comunque troppo allestire un campo simile e darsi così tanto da fare.
Per di più la sorella di questa piccolina dovrebbe vivere vicino casa sua, ma lei non ha idea di chi possa essere quella donna.
E’ tutto confuso, adesso; tutto più grigio e sfumato di quanto non lo fosse stato cinque minuti prima.
Vuole sapere, ma qualcosa le dice di dover fare la brava e tacere. I suoi superiori devono pur conoscerle, queste cose. Perché mai lei dovrebbe curiosare in faccende così delicate che non la riguardano nemmeno?

L’anziano la tira in questione. Lei si ricorda di drizzare la schiena e apparire sicura.
Gli occhioni ambrati della piccola sono adesso puntati su di lei.
La mira con una malcelata curiosità. Si sente a disagio: sembra impossibile da trattare, quella peste.
Però questa qui parla. Sputa informazioni senza nemmeno pensarci; Misa avrebbe potuto sapere tutto grazie a lei.
Così comincia a prendere la situazione un po’ più seriamente, riuscendo in un certo qual modo a motivarsi.
E’ vero, vorrebbe comunque sparire: non le piace quest’atmosfera da litigio familiare in cui emergono segreti man mano che si aggiungono le parole.
Atsushi-sama sembra particolarmente turbato adesso: le si rivolge con una voce quasi pietosa, con occhi che invocano il suo aiuto. E lei, che è lì, con la testa annebbiata da tutti questi dubbi, da tutto questo mistero, cosa deve fare? Rispondere dicendo che no, a casa sua non è affatto conveniente spellare le galline, ma nemmeno dar alito ai segreti di famiglia davanti agli ospiti. Per di più non è permesso nemmeno distruggere i propri vestiti, per quanto possa sembrare assurdo.
Così sospira - si sforza di non rendere il gesto troppo teatrale - e fissa gli occhi rossi in quelli scuri della bambina. Com’è che si chiama? Kourui. Sì, Kourui-sama.
No, no, no.
No. Non è Kourui.
Ma che razza di nome è Kourui!

E’ Kousui. Kousui-sama. Sì, così le sembra giusto.


— “Kousui-sama” ripete, stavolta a voce.
S’inchina un poco, forse in un modo un po’ maldestro: non le riescono affatto questi saluti. Di solito abbraccia le persone che saluta: sua madre, suo padre, suo fratello…chi altri saluta solitamente? La sua migliore amica? Quella maledetta che non si fa vedere da giorni? Non l’avrebbe più abbracciata!
”Il luogo da cui vengo non è molto lontano da qui, sapete? E’ simile a questo. Ci sono enormi spazi aperti e i ragazzi sono liberi di giocare dopo aver adempito alle funzioni religiose. Non siamo in molti: voi, credo, siete di più. Però ve l’assicuro: è un bel posto. Ma ci sono delle regole, come ha fatto ben intendere Atsushi-sama. Ecco, per esempio, il cibo è molto importante, quindi non va distrutto. I vestiti lo sono anche, perché sono il lavoro di giorni e giorni. Credetemi, piacciono anche a me, i vestiti. Ne avevo uno davvero bello, che anch’io rovinai e non riuscii più ad avere indietro”.
Prova ad avvicinarle. E’ cauta, si muove lentamente, ma cerca di essere naturale in ciò che fa. Insomma, cerca di non muoversi come un t-rex, quantomeno.
Il ciondolo di Jashin che porta al petto viene fuori dalla maglietta, accidentalmente. Stava lì lì per uscire da un po’, ma Misa non se n’era accorta.
Si ferma a qualche metro di distanza dalla sua interlocutrice. - “Se volete, potrei raccontarvi qualcosa sul posto da dove vengo. Potremmo sederci un pochino: ho male alle ginocchia. Questa situazione ha dato noia anche a me, sapete? Potremmo fare merenda, anche”.

Non sa che genere di sguardi le stiano rivolgendo tutti adesso, ma è pronta a scommettere che la piccola, bianca peste che ha davanti le farà un qualche dispetto e scapperà via. Lei è stata bambina da poco; anche lei era irrequieta. Ma quando faceva la cattiva, però, c’era sempre un motivo.
Però, spera che quella le dia retta: incredibilmente ha di nuovo fame.
 
Top
view post Posted on 16/5/2020, 15:38     +1   -1
Avatar


Group:
Narratori
Posts:
5,486

Status:


24 Maggio 249 DN – ore 16.20




Al suo nominare il nome di Kousui (non invano), la bambina la trafigge immediatamente con le iridi color ambra. Non c'è irritazione o alcun sentimento negativo in quello sguardo: soltanto interesse, tanto intenso quanto – probabilmente – volatile.
Qualcosa di prezioso che va sfruttato rapidamente e con abilità.
La donna e il vecchio osservano con palpabile tensione lo scambio, l'assoluta mancanza di reazione della piccoletta al nominare la parola “regole” e persino il ciondolare del sibolo di Jashin al di fuori degli abiti della ragazza venuta da fuori. Tuttavia, nel nel momento in cui la Ogawa cita l'argomento vestiti, un evidente lampo si accende negli occhi della bimba candida. Padrona di casa e anziano annuiscono impercettibilmente alla volta di Misa, con sguardi che non osano ancora aprirsi alla gratitudine, quanto piuttosto alla cauta speranza.

“Parlami del tuo vestito.”
Il tono imperativo sarebbe più adeguato al comando che un padrone impartisce al proprio servitore, eppure i due adulti presenti non fanno il minimo tentativo di rimproverare la bambina: tornano ad annuire incoraggianti, con dei cenni delle mani appena accennati che supplicano Misa di andare avanti su quell'argomento. La piccola non sembra badare nemmeno a queste quisquilie.

“Come era fatto? Di petali di fiori? Di ragnatela? O di rugiada?” domanda quella senza quasi dare a Misa il tempo di rispondere; getta a terra le piume di gallina che ha spietatamente divelto dai poveri volatili, e incede attraverso la distruzione, alla volta della giovane Jashinista.
Gli altri si ritraggono, con un misto di timore, rispetto ed apprensione, mentre un barlume di speranza inizia ad illuminare i loro volti segnati dall'ansia.
La bimba raggiunge infine Misa, prendendole la mano con piglio autoritario, senza tuttavia stringere in maniera sgradevole: “La merenda... mmmh... non lo so. Voglio qualcosa di speciale.
Però un ragazzo prima mi ha detto di bere l'uovo crudo freschissimo come spuntino, io l'ho fatto, e poi ho dovuto sputarglielo in faccia. Quindi devo rifarmi con qualcosa di davvero buono, non va bene una schifezza qualunque, capisci?
Tu a cosa stavi pensando?”
le domanda aggrottando le sopracciglia, con l'espressione tipica dei bambini quando sono pronti a rifiutare qualsiasi cosa tu proponga loro.

Prima che Misa possa completare la sua risposta, la bambinetta si mette in movimento verso l'esterno del pollaio, mentre Atsushi e la padrona di casa sillabano dei GRAZIE senza emettere alcun suono, facendo grandi smorfie con le labbra per rendere il messaggio comprensibile.
La bambina non stringe forte, no, ma Misa non sarebbe riuscita a liberarsi di quella presa nemmeno volendo: è qualcosa di granitico e inamovibile, alquanto peculiare per una creatura di quelle dimensioni.
L'atteggiamento di Kousui, a dirla tutta, assomiglia più a quello di una piccola tiranna che porta a spasso il suo cagnolino: e la fa sembrare una cosa assolutamente naturale, per giunta.

 
Top
view post Posted on 18/5/2020, 07:32     +1   -1
Avatar

사랑

Group:
Member
Posts:
57
Location:
Venice

Status:



Misa Ogawa
少女, Das Mädchen

Lo sguardo rivoltale da quella bambina fa gelare il sangue. Squadra le persone con uno sguardo autoritario, dispotico, freddo e disilluso: qualcosa che con i bambini dovrebbe avere poco a che fare.
Misa è strana anche lei; è stata abituata a uccidere sin da bambina. Le viene tanto naturale quanto mangiare - cose per altro collegate. Quindi è raro che qualcosa (di quelle dimensioni, poi) possa spaventarla veramente.
Eppure sente addosso una strana pressione. A guardarla sono degli occhi folli, caotici: non ha mai avuto a che fare con una cosa simile.
Ma non si lascia intimorire: non più di tanto. Lei le si rivolge, per tutta risposta, con tono autoritario - degno peraltro dello sguardo - e le si avvicina, dopo averle dato un ordine; Misa non sa nemmeno se risponderle: quella del vestito era una bugia che aveva inventato sul momento, che avrebbe portato avanti facilmente dato che i vestiti piacciono anche a lei. Ma di vestiti fatti di ragnatele o di rugiada non ne ha mai sentito parlare e si chiede se quella cosina bianca e terribile non si stia prendendo gioco di lei.

"Era un vestito a fantasie floreali. Non so quali fiori fossero, ma l'abito era azzurro. Era molto lungo e tanto elegante, sai?” dice, mentre quella marcia verso di lei.
Ha un passo leggero e veloce, tanto da dare al cervello un imput inconscio: arretrare e non farsi prendere da quella furia. Gli adulti dietro di lei lo fanno anche, e di qualche passo, ma quella pare non darci peso.
Misa cerca di stare ferma, piuttosto. Appare più o meno sicura, sciolta, ma un po’ di ansia ce l’ha: non ha mai avuto a che fare seriamente con i bambini. Si ritiene adulta, ma è palese: bambina lo è anche lei.
Lascia che quella le stringa la mano e, anzi, gliela porge anche. Seppure la presa è stretta, brusca e improvvisa, Misa non la trova cattiva e piuttosto vi ci vede del buono: è pur sempre una bambina. Dev’essere genuina nei suoi gesti - per quanti discutibili questi possano essere. L’educazione è importante e magari quella è cresciuta da sola in un contesto poco adatto, agghindato da convenevoli più o meno opportuni e sguardi e gesti poco amichevoli o affettuosi.

Datale la mano essa se la porta a spasso.
La trascina come si farebbe con un cane e con una forza inaspettata. Misa non è più tanto sicura di riuscire a superarla in quanto forza o chissà cos’altro: d’altra parte, pensandoci, era parecchio veloce quando si muoveva lungo il pollaio.

Adesso che s’avviano insieme verso l’uscita, essa dice qualcos’altro: un uovo sputato in faccia a qualcuno. Quel ragazzo - c’è da dirlo - se l’è cercata, però; lo avrebbe fatto anche lei, che in materia di educazione era decisamente più brava. Ma l’uovo freddo, bevuto come fosse stata una bevanda qualsiasi, è qualcosa che trascende ogni limite.
Ad ogni modo, Misa non sa nemmeno dove quella la stia portando. Sa solo che qualunque cosa dirà, la bambina non l’accetterà. Così non dice niente, prova soltanto a infonderle un pizzico di curiosità: ”E' una ricetta di una persona che conosco. Non è difficile, e anzi è molto comune, ma l’ha inventata lei. C’entra il cioccolato e di solito ci si possono bere dei buoni succhi di frutta accanto”.
Con lo sguardo cerca i grandi. Quelli per poco non si mettono a dedicarle una preghiera in ginocchio. Lo sguardo che rivolge loro, però, è chiaramente interrogativo: dove mi sta portando? Ma, soprattutto: sia mai che anche voi facciate le frittelle?
 
Top
view post Posted on 18/5/2020, 23:32     +1   -1
Avatar


Group:
Narratori
Posts:
5,486

Status:


CITAZIONE
Eccoci! Ti rispondo direttamente qui al messaggio: brava davvero, sono molto contenta poi che il regolamento risulti comprensibile.
Unica correzione devo farla sulla numero 9: il Danno si calcola facendo Efficacia Attacco : Efficacia Difesa, e il risultato lo moltiplichi per il Moltiplicatore di Danno.
Tutto il resto perfetto, voto 9, poi faremo la media con role e scrittura.

24 Maggio 249 DN – ore 16.20



La fortuna – o forse una forma di senso di colpa, chi può dirlo? - accorre in soccorso alla giovane Ogawa, nella persona di Atsushi, che si affaccia dalla porta del pollaio devastato: “Non è che le signorine possono utilizzare la cucina della signora Nakamura?” lo si sente domandare, con una voce troppo alta per essere una proposta che sia possibile rifiutare. La signora Nakamura in questione lo segue a ruota, rivolgendogli gesti ben poco amichevoli, scuotendo la testa con violenza e apostrofandolo a mezza bocca in maniera meno rispettosa di quanto non sarebbe opportuno, anche se non è sempre facile leggere il labiale da quella distanza.
Ha i capelli dritti sulla testa e gli abiti terribilmente sgualciti.
No, non è affatto felice dell'idea dell'anziano.
Sì, le basta il pollame massacrato; la cucina ridotta ad un campo di battaglia non la vuole proprio, e forse non smetterà di sbracciarsi finché il dado non sarà tratto.

“Mmmmmh, non so” – fa Kosui, girando la testolina per guardare Misa da sotto in su. L'idea della ricetta sembra riscuotere un interesse più scarso di quanto non fosse opportuno, vista l'imprevedibilità e la forza di quella nanerottola.
Non sembra minimamente notare il diverbio silente e la furia muta della donna, mentre fa vagare lo sguardo distrattamente sugli elementi naturali dei paesaggi, pericolosamente vicina a ripiombare in uno stato di noia; dopo pochi istanti però, i suoi occhi ambrati individuano una sagoma marroncina che ha appena fatto irruzione nel loro campo visivo, compiendo ampi balzi evidenziati dalla lunga coda vaporosa.

La reazione è immediata.

L'attimo prima, la mano della bambina stringe quella della Ogawa... l'attimo dopo, la piccola ha già coperto dieci metri di distanza – senza esagerazione, sono dieci sul serio – e già solleva da terra lo scoiattolo, trattenendolo per il collo.
Quello strilla da fare pietà, ma le strida si interrompono di colpo quando qualcosa di piccolo e marrone si solleva improvvisamente dalla mano che intrappola l'animaletto, e disegna una lunga parabola tinta di cremisi a mezz'aria, per poi piombare nell'erba con un tonfo attutito dagli steli verdi... ora chiazzati di rosso.
Poco dopo, il resto della carcassa del roditore smette di agitarsi, pendendo inerte dalle dita di Kosui, che sono rimaste ferme in un gesto simile a quello che si compie quando si stappa una bottiglia.

A quel punto, con estrema disinvoltura, la bambina porta alle labbra il collo mozzato della bestiola, bevendo una lunga sorsata di sangue ancora caldo.
“Mmmmmmmh!” esclama soddisfatta, leccandosi le labbra macchiate come fiori di corallo, poi gira sui tacchi e torna saltellando proprio da Misa, sventolando la carcassa inerte con la cosa che penzola tristemente nel vuoto. Sembra particolarmente fiera di ciò che presenta alla sua umile accompagnatrice.
“Vedi? Questo sì che è buono. Quelli che si trovano in autunno sanno di nocciole, ma anche questi a primavera inoltrata non sono male. Vuoi provare?
Deve essercene rimasto ancora un po'... ”



CITAZIONE
Spero solo di non averti fatto vomitare...
 
Top
18 replies since 22/12/2019, 17:10   370 views
  Share