| Il corpo di Akira trascinato a fatica, pendeva inerte al suo fianco, eppure Kacchan non aveva alcuna intenzione di mollarlo lì, DOVEVA portarlo fino alla torre, dove avrebbero trovato Rika e Giman ad aspettarli. A meno che non fossero sorti altri imprevisti.... Spazientito, il konohaniano sbuffa, sibilando a denti stretti per lo sforzo, ma la meta è vicina, la figura della torre imponente sopra di loro.
Cosa avrebbero trovato, una volta giunti lì? Il suo pessimismo universale gli faceva temere per il peggio, eppure, per un fugace attimo, sperava davvero, in cuor suo, di non doversi ritrovare davanti lo scenario peggiore. «Non affezzionarti troppo a quel piccoletto.» Continuava a ripetergli, martellante, la voce di Jikan, un tarlo malefico nella sua mente... Dannato buffone, perché doveva farlo penare tanto, anche dopo averlo lasciato alle sue spalle?
Scacciò via il pensiero dell’uomo non appena vide, davanti a loro, la figura di Rika, il piccolo Giman in braccio. Stavano bene, erano tutti interi. «Kami, vi ringrazio...» Sussurrò, quasi incredulo della fortuna ricevuta, e con un ulteriore sforzo si avvicina ai due, lasciando cadere al suo fianco Akira, come se fosse un sacco di patate. «Rika! Giman! State bene? Non siete feriti, vero?» Domanda loro il giovane, avvicinandosi preoccupato, e ne ha ben donde. Giman sembrava visibilmente irrequieto, cercava in tutti i modi di sottrarsi alla stretta di Rika, quasi volesse fuggire via da lì.
«Ehi, campione, che succede?» Gli domanda preoccupato, e con un balzo il piccolo gli sistringe al petto, tremante, stringendo i pugni con forza, sbrindellando quel che resta della sua maglietta abbrustolita. È visibile quanto sia spaventato, dal modo in cui si stringe a lui, come trema... Kacchan lo abbraccia forte, posandogli delicato una mano dietro il capo, accarezzandolo dolcemente, nel tentativo di rassicurarlo, ma nulla sembraa placare il suo terrore. «Adesso che siamo di nuovo insieme non ti mollo più, ok? Sei stato bravo, hai tenuto duro fino alla fine. Vedrai che, non appena arriveremo alla torre, tutto sarà...» Il bambino, però, non smette di dimenarsi, nel sentire quelle parole ed è allora che alza lo sguardo su di lui, incrociando gli arrossati con quelli azzurri del ragazzo. E Kacchan intuisce che c’è qualcosa che non va, e non per quello che hanno trascorso, ma per quello che ancora li attende.
«Tu... non vuoi andare alla torre?» E, nuovamente, il piccolo nasconde il viso sul suo petto, nascondendosi tra le sue braccia, facendosi ancora più piccolo di quanto già non sia. Tutto ciò non fa altro che alimentare le paure del giovane, stringendogli il cuore in una morsa dolorosa, l’avvertimento di Jikan aleggia ancora nella sua testa, insinuandosi fino in profondità, pungolandogli il cuore con uno spillo. Lo sguardo che lancia a Rika è eloquente: la giovane di Kumo avrebbe potuto tranquillamente leggervi tutta la rabbia che stava provando, per il modo barbaro con cui stavano trattando quella povera creatura.
«Qualsiasi cosa ci sia, non permetterò a niente e nessuno di farti del male. Hai capito, Giman? Non ti lascerò più solo, anche a costo di radere al suolo l’intera fottuta Arena.» Difficile da farsi, specie nelle condizioni in cui era, ma se solo il suo spirito avesse avuto modo di manifestarsi e scatenarsi, oh... Quanto danno avrebbe potuto fare...
Tirando su col naso, sentì il piccolo muovere la testa contro il suo petto, quasi non fosse sicuro, ma poi eccola, la sua determinazione, quella che gli aveva permesso di resistere quando era in balia di Jikan e dei suoi pupazzi, la percepì dal modo in cui raddrizzò le spalle minute e da come, risollevato lo sguardo, lo guardò negli occhi. «Noi non ti molliamo. È una promessa.» Solo allora il bimbo sembrò farsi convincere, tornando così tra le braccia di Rika. Kacchan, invece, si caricò nuovamente Akira sulle spalle, facendo strada, un passo dopo l’altro a fare da combustibile alla sua rabbia.
La maestosità e l’imponenza della torre li prende quasi di sorpresa, una volta giunti sul piazzale che la circonda: candida, riverbera sulla sua superficie i raggi del sole, dandogli quasi un aspetto mistico, quasi la distacca dal mondo materiale... Eppure quela visione non fa altro che imbestialire lo Yamanaka, specie quando vede chi altri c’è, ai piedi della torre. O, per meglio dire, chi accompagna chi. Altri bambini. Hanno davvero usato, per tutti loro, dei bambini come merce di scambio?
Il gruppo di Sumiye, nonostante sia l’unico ad essere arrivato fino a li tutto intero, sembra esser quello maggiormente provato, come se fossero reduci da una lunga marcia nel deserto. Con loro c’è una femminuccia, vestita allo stesso modo di Giman, eppure, a differenza del suo piccolo protetto, sembra più... Peperina? Dell’altro gruppo, invece, quello che era stato “allestito” dal ninja basso di Kumo, solo il ragazzo con le insegne di Shimo no Kuni era rimasto, col suo protetto.
E adesso? Cosa sarebbe successo? «Akira... Ehi, Akira, non è il momento di schiacciare un pisolino... Datti una svegliata...» Non aveva avuto modo di capire le cause dello svenimento del suo compagno, ma quella non era decisamente la situazione migliore per avere anche lui da tenere sott’occhio. Gli diede uno schiaffetto sulla guancia, nel tentativo di svegliarlo, ma qualcosa di fresco gli cadde sulla pelle arrossata, spingendolo così ad alzare lo sguardo verso il cielo: non vi erano nuvole sopra di loro, eppure una sottile pioggerella fresca e rigenerante stava cadendo sulla loro pelle, scivolando via tutta la fatica e la stanchezza.... Compreso il dolore causato dalle ustioni. ”Male, molto male...” Si ritrovò a pensare, cercando di scuotere il compagno, che solo adesso sembrava star riprendendo i sensi.
La comparsa di quella pioggia guaritrice non era decisamente un buon segno, perché voleva significare solo una cosa: li volevano al massimo delle forze per il prossimo massacro. E, di fatto, ecco che la piccola del gruppo di Sumiye si fece spazio, sistemandosi al centro del piazzale antistante l’ingresso della torre, lasciandosi alle spalle il portone d’ingresso, in una macabra pantomina di un profeta pronto a fare il suo sermione con sfondo un maestoso rosone decorato. Fu in quel momento che Kacchan vide la raffigurazione presente sull’imponente portone e non gli piacque neanche un poco. Mollò Akira, muovendo un paio di passi in avanti, le braccia tese, i pugni serrati con forza, tanto da far sbiancare le nocche...
«Eccoci dunque.» Proruppe la piccola, una luce macabre negli occhi, ad accompagnare il sorriso sinistro che rivolge a tutti loro. «Ora di vedere chi muore, amici miei! Perché l’unico modo di aprire quella porta è che uno di noi tre abbia tutte e tre le pietre... E che gli altri due muoiano. Quindi bifogna vedere chi ci fa difendere meglio... No?»
Ed eccola la batosta, la spada di Damocle che cade sul suo capo. Ora tutto ha senso, dal comportamento di Giman, fino a quell’avvertimento dato da Jikan. Ora si spiega tutto, e la spiegazione che Kacchan ne ha ricavato non gli piace per niente. Furente, digrigna i denti, puntando lo sguardo sull’unica persona che potrebbe, in qualche modo, dargli una qualche forma di spiegazione. E non è la bambina che ha appena parlato, ma la donna di Iwa, l’unico ninja, tra i presenti, a far parte del villaggio promotore di quell’insensato gioco.
«È uno scherzo, per caso? Cos’è, voi di Iwa vi divertite massacrando innocenti?» Romba, furente, verso la donna, ma immediatamente si afferra la testa tra le mani, vittima di un dolore sordo, tanto da spingerlo a doversi piegare in avanti. ”Cuciti la bocca, cugino, se non vuoi rischiare di compromettere i rapporti tra....” «FANCULO I RAPPORTI TRA I VILLAGGI. SEI UN IPOCRITA SE ANCHE SOLO ASSECONDI TUTTA QUESTA PAZZIA.» Urla, paonazzo in viso. Bruciato e completamente stravolto, con quello scatto d’ira sembra più folle di quanto in realtà non sia, una bomba pronta ad esplodere. O meglio, che sta esplodendo.
«Che razza di animali siete, voi di Iwa, per permettere una cosa del genere, eh? Sfruttare dei BAMBINI, malati e indifesi, fino a questo punto... Che razza di bestie siete, nell’entusiasmarvi in un intrattenimento del genere... Una guerra al massacro dove i vostri figli, i figli di Iwa, vengono usati come carne da macello... E per cosa?» È indignato mentre si rivolge alla donna di Iwa, ma non ha ancora finito. Ormai la rabbia esce fuori, velenosa come fiele, distruttiva e corrosiva come acido. Tutto ciò non andrà bene, Kacchan ne è consapevole, ma non ne può più di tutto questo, bisogna porre fine a questo scempio.
«Quale razza di popolo permette che venga fatta una cosa del genere? Cos’è, pensate che facendo uccidere dei bambini, farete capire al mondo quanto avete il cazzo grosso? Siete solo degli idioti, boriosi pezzenti. Vi fate grandi e grossi, ma in realtà siete solo il più codardo dei popoli. Perché è da codardi mostrare la propria forza massacrando quello che, per un villaggio, deve essere il bene più prezioso: la sua stessa progenie.» E, alzando lo sguardo verso il cielo, gira in tondo, cercando di trovare, forse, un punto ancor più in alto, come se, in quel modo, potesse uscir fuori da li e parlare faccia a faccia con chi meritava certi improperi.
Sono inutili, ormai, i tentativi di Hachi di fermarlo, a distanza. Kacchan, incurante del dolore alla testa, cerca in tutti i modi di continuare quello sputare sentenze, pronto a sputar fuori quella più grossa, pesante e bollente di tutto quel discorso. «E tu, gran troia succhiacazzi che permetti tutto questo... Permettere che dei bambini vengano ridotti in questo stato... Anzi, come puoi anche solo proporre e mostrare questa barbaria... Far vedere con quanta facilità permetti l’uccisione della progenie del tuo paese non fa di te il sovrano integerrimo e imbattibile che credi di essere. Pensi di incutere timore e di ottenere rispetto dagli altri sovrani, con questo? Facendosi grossi e gradassi massacrando bambini e allestendo imponenti strutture che puoi bellamente infilarti su per il culo?» Allarga le braccia, cianotico per via del dolore, che ormai è una vera e propria esplosione, in testa. «Sei solo una donna miserabile, tanto piccola da dover usare e calpestare vite innocenti, che possono rappresentate un investimento per il tuo stesso stato, al solo scopo di sembrare più forte di quanto non è.»
La frittata era fatta, ormai Hachi non poteva più fermare il cugino, ed ecco che la morsa alla testa si fece ridotta, segno evidente che, ormai, il danno era fatto. Sarebbe stato punito, per questo, Kacchan ne era più che certo, ma finalmente si era liberato di un peso. Sospirò, riprendendo lentamente colore, volgendo lo sguardo su Giman, sconvolto. «Tu, piccoletto, verrai con me a Konoha. Non ho alcuna intenzione di lasciarti in questa fogna di paese.» E, così dicendo, si avvicinò alla porta della torre, incurante delle occhiate e delle reazioni che avrebbe suscitato nei presenti. «Bene signori. E signore...» Esalò, dando le spalle alla porta e iniziando ad armeggiare con i bottoni dei suoi pantaloni. «Se non vi dispiace, ho intenzione di cacare su sta merda di torneo.»
CITAZIONE Mi scuso per l'assenza di ulteriore grafica all'interno del post, ma al momento sono senza pc e non ho ancora pronto il nuovo "format" per questa fase. Vediamo di movimentare un po' la situazione sopra gli spalti ¬BloodyRose. ~Angy.
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