Scala ad caelum, Kyōmei Yūzora - Sessione Autogestita #8

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view post Posted on 1/5/2019, 15:23     +1   -1
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Correva. Correva con il vento che gli carezzava il pelo, le zampe che affondavano nel terreno morbido sotto la sua mole, l’erba alta che si apriva al suo passaggio. Il cielo d’un sereno di cui restava memoria solo nei ricordi, la prateria d’un verde che solo oniriche reminiscenze avrebbero potuto donare. E quel senso di libertà assoluta. Bello, come bello era l’essere lontano agli occhi di coloro che avrebbero sancito la sua condanna. Un tempo che viveva solo nei suoi ricordi, un tempo che sapeva non sarebbe stato riavvolto più, un tempo che purtroppo non poteva più riagguantare se non in quel modo. E bastò solamente rendersene conto, come quegli attimi in cui si capisce di star vivendo un incubo o un sogno, perché tutto svanisse. La terra si aprì sotto i suoi piedi, in un baratro profondo e ribollente. Zolle d’erba caddero in quella crepa, gli alberi sul ciglio vennero divorati, la prateria restante prese fuoco, il cielo si fece del colore del sangue, l’aria irrespirabile e infine lui stesso…una catena lo agguantò per il collo tirandolo di sotto con uno strattone violento, mentre il terreno gli si chiudeva dietro, rubandogli tutto. La luce, l’aria, la libertà…la vita.
Quanto tempo aveva trascorso in quel luogo? Bloccato, soffocato, in balia di sé stesso e dei propri demoni. Un’eternità. Un’eternità di sofferenza e solitudine, con la sola compagnia del proprio stesso dolore, della propria rabbia, della propria frustrazione che andavano ad alimentare un desiderio di vendetta crescente…totalmente in contrasto con quel suo essere impotente ed inerme. Era come essere il giocattolo di qualcuno. Lasciato solo nei momenti peggiori, si ritrovava a comprendere la propria situazione, a sperimentare uno smarrimento che non pensava avrebbe mai potuto provare. Indifeso in quella realtà immutabile. Per poi iniziare a saltare da un incubo all’altro, da una visione all’altra, alimentate dai fantasmi che si portava dietro. Dolorosi, fomentati da quell’odio che divampava dentro di lui e che lo distruggeva lentamente, senza che se ne rendesse davvero conto, portandolo gradualmente alla pazzia. Presto non capì più cosa fosse reale e cosa no. Dentro di sé ruggiva, sfogando la sua frustrazione, la sua sofferenza, la sua ira. Ma nulla usciva dalla sua bocca, nulla giungeva ai suoi orecchi. Vedeva, sentiva, annusava ed assaporava solo ciò che avrebbe potuto ferirlo, solo ciò che avrebbe potuto lacerare la sua anima, solo ciò che avrebbe garantito un dolore costante. Una tortura continua, per il corpo e per lo spirito incapace di reagire in alcun modo, impossibilitato a farlo perché prigioniero di sé stesso. Si ritrovò più di una volta a sperare nella morte, a desiderare ch’essa giungesse presto, pur sapendo che non gli sarebbe stato concesso un lusso simile…Per poi negare tutto e votarsi alla vendetta, assaporando attraverso il proprio dolore il gusto che avrebbe avuto il sangue delle sue vittime una volta che sarebbe riuscito a liberarsi da quel luogo, crogiolandosi nella sofferenza con cui avrebbe punito coloro che avevano osato infliggergli quella pena, ripromettendosi di renderla peggiore per ogni anno passato lì dentro. Quindi si derideva, di una risata mesta e crudele, senza reale divertimento, sbeffeggiandosi riguardo quei suoi propositi, facendosi notare quanto fosse stato sciocco da parte sua farsi fregare a quel modo da delle scimmie spelacchiate e che proprio per questo per lui sarebbe stato impossibile poter compiere quanto desiderava tanto ardentemente. E continuò così, in un loop infinito di depressione, rabbia, tristezza, accettazione, per millenni, mentre il suo corpo veniva oppresso e il suo spirito si sbriciolava sotto i folli incubi della pazzia. E ancora, ancora e ancora in un ciclo interminabile e alienante fino a quando quella lama di Luce, tagliò la tela di incubi in cui era intrappolato.


Yu si svegliò bruscamente, tirandosi seduto di scatto sul letto totalmente sfatto. Con lo sguardo annebbiato e confuso, la pelle sudata e il fiato corto, ci volle qualche attimo prima che facesse mente locale. Le immagini di quell’incubo erano impresse a fuoco nella sua mente. Come cicatrici appena marchiate con un ferro bollente, pulsavano di vita, incapaci di dissolversi, diversamente da un incubo qualunque che, al risveglio, già lascia solamente uno strascico di ciò che era stato. Quelle restavano lì. Vivide e limpide proprio come nel momento in cui il Rosso le aveva vissute sulla propria pelle, potenti e laceranti da mettergli un’inquietudine tale addosso, da impedirgli di calmarsi in pochi attimi.
Per aiutarsi, bevve un sorso d’acqua dalla bottiglia che teneva accanto al comodino. Gli tremavano le mani e non ebbe nemmeno bisogno di togliersi di dosso le lenzuola, perchè erano già ammucchiate in fondo al letto e mezze a terra, neanche avesse appena avuto una notte di sesso. Se Kai l’avesse saputo, sicuramente gli avrebbe detto qualcosa circa il dormire col culo scoperto, ma in quel momento i rimproveri del fratello erano l’ultimo dei suoi problemi. Perché era chiaro, no? Quel sogno…non era suo. Quanto meno non era stato generato a partire dai suoi ricordi. Eppure l’aveva vissuto come se fosse stato proprio. Le aveva avvertite tutte le sensazioni, aveva provato tutta quella sofferenza, quella frustrazione…e ancora adesso che si era svegliato, era come se percepisse il fantasma di quell’incubo premergli addosso, stritolandolo nella sua morsa.
L’acqua scese fresca lungo la gola, dando un momento di sollievo alla bocca secca, permettendogli di alleviare quel fiatone e di iniziare a raffreddarsi un poco. Sospirò, lasciandosi cadere nuovamente sul letto inguardabile, facendo qualche lungo respiro, prendendo coscienza del fatto di essere lì a casa, di essere sé stesso, provando a distaccarsi dalla situazione vissuta in quell’incubo. Ma non riuscì completamente a farlo. Coscientemente comprendeva che se aveva avuto quell’esperienza, era perché questa era partita da Kurama. Non faticava a percepire il suo tormento, in quell’attimo. La rabbia, la disperazione, il dolore che aveva provato nei millenni in cui era rimasto sigillato erano tornati a galla in un momento in cui aveva abbassato la guardia e, vuoi o non vuoi, per quanto grosso quel demone fosse era molto più umano di quanto credeva. Aveva avuto paura. Paura che capitasse ancora. E anche se adesso stava cercando di razionalizzare tutto, lo strascico di quel timore e di quel sogno avevano lasciato segni evidenti che lo stesso Yu percepiva. Gli occhi assonnati corsero alla finestra, dove un filo pallido di luce penetrava dalla fessura tra i balconi, doveva essere ancora molto presto. Forse nemmeno l’alba. Non gli andava proprio di lasciare le cose come stavano, e parlare con la Volpe in maniera asettica senza guardarlo negli occhi sarebbe stato davvero meschino da parte sua che aveva provato ciò che quella creatura aveva sperimentato sulla sua stessa pelle e che ora lo perseguitava anche durante la notte. Valeva la pena andare da lui.

Scese in sé stesso quasi in punta di piedi, preoccupato per il Bijuu come avrebbe potuto esserlo per un amico che si svegliava gridando di notte a causa del riemergere dei momenti bui del suo passato. Il che era abbastanza bizzarro, ma il Rosso nemmeno ci fece troppo caso. Aveva seguito solamente il suo istinto nell’immergersi nella propria anima, sapendo per primo che Kurama stava passando un brutto quarto d’ora. Non sapeva bene nemmeno cosa dire, o cosa fare. Il demone non amava essere commiserato e non era questo che Yu voleva fare, però…non gli piaceva l’idea che si vedesse “solo” come era stato allora. Quindi anche se non sapeva come rivolgerglisi in quel frangente e come approcciarlo, era sicuro che non potesse che essere un bene che non stesse isolato. Cosa che non era in ogni caso, perché aveva certamente percepito il risveglio in tumulto del Chunin, così come la sua preoccupazione. Però ecco, a volte un gesto valeva più di mille parole. Ed era per quello che il rosso ora stava lì, sulla piattaforma ghiacciata che sosteneva ed ospitava la Volpe, in quel momento accucciata con le zampe incrociate sotto il muso. L’espressione ferina apparentemente tranquilla, nonostante Yu sentisse chiaramente i residui di quell’incubo morderlo da dentro.
Si avvicinò piano, i sandali che scalpicciavano sulla superficie leggermente disciolta del ghiaccio, fermandosi ad una certa distanza dal demone, in silenzio, mentre cercava i suoi grandi occhi cremisi che guardavano insistentemente altrove. Gli artigli appena piantati sulla piana gelata, illuminata da quei colori che provenivano dal di sotto, costituiti da tutti i legami più importanti del Rosso. Un atteggiamento che sembrava quasi infastidito in apparenza - non dissimile da quello che avevano le persone quando si immusonivano e “dicevano” di volersene restare sole - ma in realtà il ragazzo non avvertiva nulla del genere. Kurama non era disturbato dalla sua presenza, tanto meno seccato che fosse lì a ficcanasare in affari che, volendo, avrebbe potuto definire personali. Nulla di tutto questo.


Ehi. Alla fine, Yu decise di parlare. Mesto, senza bisogno di nascondere la preoccupazione e il dispiacere dietro alcuna maschera di fronte al demone, perché, tanto, gliel’avrebbe tolta in un attimo. E’…tutto ok? Che domande! Ovvio che non lo era! Ma non gli uscì nulla di meglio per cercare di spezzare quel momento di stasi che si era creato.

« Tutto ok. » Gli occhi di Kurama si spostarono su di lui mentre pronunciava quelle parole pacate e poi…Poi silenzio. Un silenzio pesante, uno di quelli che quasi sembrano voler indicare il mettere un punto alla discussione prima ancora della sua effettiva nascita, suscitando l’affiorare di un’espressione crucciata sul viso del Rosso, a metà tra l’offeso e il dispiaciuto di essere “tenuto fuori” da quella faccenda in cui, in realtà, era dentro fino al collo. Sensazioni spazzate via un momento dopo dal vocione della Volpe che tornò a farsi sentire. « …Era solo uno stupido sogno. Adesso non ho più catene a tenermi legato, non ha senso piangere sul passato. » Minimizzava, lui. Senza spiegare apertamente come si sentisse…d’altronde Yu lo sapeva già. Lo aveva sentito quel timore nel rivivere tutto, rabbia, angoscia, odio, impotenza. E la Volpe lo sapeva bene. Quello che, forse, non si aspettava del tutto era che il suo tramite umano giungesse lì subito dopo per informarsi sulle sue condizioni. Infatti, alleggerendo immediatamente l’atmosfera, sbuffò una mezza risata cavernosa a denti stretti. « Certo che sei proprio incorreggibile, tu! » Fece, tirandosi un po’ su e puntellando il gomito destro a terra, per poggiarci su il muso. « Nessuno mi ha mai posto una domanda simile. » Non era la prima volta che Kurama gli lasciava intendere che lui fosse diverso, che fosse speciale. A ben pensarci, lo aveva fatto dal primo momento in cui si era legato a lui. Magari nascondendolo, celandolo dietro comportamenti spocchiosi all’inizio, ma lo aveva fatto. Ed era sempre piacevole sentirselo ripetere. Anche fosse stata la centesima volta, sul Rosso avrebbe sempre avuto l’effetto della prima.

Ero preoccupato. Si giustificò, anche se il demone lo sapeva già. Sicuramente l’aveva avvertita quella serpe agitarsi dentro di lui. E comunque, per tua stessa ammissione, non hai avuto a che fare con molti umani, no? Per forza nessuno ti ha mai posto una domanda del genere. Cercò di sdrammatizzare anche lui, quasi in un reciproco accordo di cercare di sviare la discussione da quel sogno, di non dargli esagerata importanza, non concedergli attenzione tale da renderlo reale. Come nelle storie di quei mostri che acquisivano forza solo se ricordati, nominati o raccontati. Posso sedermi lì vicino? Al cenno di assenso della Volpe, il ragazzo ruppe quella distanza approssimandosi all’enorme corpo del Bijuu, cercando un contatto, ma pronto a fermarsi qualora avesse avvertito da parte sua tensione o ribrezzo.

« Gli umani con cui ho avuto a che fare mi sono bastati. » Disse, osservando il Rosso avvicinarsi e poi sistemarsi con la schiena appoggiata con la parte esterna del suo braccio sinistro, mentre un sorriso ferino faceva capolino mettendo in mostra una chiostra di denti affilati. « Ma fortunatamente ci sono delle eccezioni e ho trovato te tra tutti. » Alla fin fine non era poi falso il fatto che fosse stato lui a sceglierlo. Yu aveva intuito bene, nonostante in precedenza Kurama avesse sempre cercato di dirlo in modo da non renderlo proprio palese. « Non devi preoccuparti per me, Yu. » Soggiunse poi, tornando ad appoggiare il muso sulle zampe incrociate a terra, forse per farsi più vicino al suo tramite, accoccolato sul suo pelo. « Anche se tu sei me e io sono te, fin quando rimarrò qui dentro senza essere notato, starò bene. Non è vera e propria libertà, ma è quanto più di vicino ad essa a cui posso aspirare. »

Sorrise Yu, osservando l’infinità di quel cielo nero pece. Possibile che non capisse? Anche se mi dici di non farlo, mi viene naturale. Disse, mentre il calore del corpo del demone gli lambiva la schiena e il manto fulvo rendeva indistinguibili i suoi capelli, mischiati ad esso. E lo farò ancora, ancora e ancora, fino a quando questi incubi non spariranno. Ripetè le stesse parole che Kurama stesso aveva usato parlando di lui al Mizukage, facendo sì che sul muso della Volpe quel sorriso si allargasse. E nonostante non lo vedesse dal punto in cui era, avvertì chiaramente l’ammirazione per quel suo essere cocciuto come un mulo e il calore che quelle sue parole riuscirono a trasmettere al demone. Però l’ultima affermazione del Kyūbi lo inquietò un poco. Aveva detto “fin quando rimarrò qui dentro senza essere notato”…ma se fosse capitato allora? Che avrebbe fatto? Non avevano mai affrontato apertamente la discussione, non era qualcosa che faceva piacere a nessuno dei due…tuttavia nel suo piccolo, nella poca conoscenza che Yu aveva di quello che era accaduto tra loro, il giovane qualche idea se l’era fatta. Ma aveva sempre lasciato tutto lì, sotto le pieghe del tappeto della coscienza, in quanto non gradiva gli orizzonti che si prospettavano a quelle situazioni. Per qualche ragione, lo intristivano, eppure…che ci sarebbe stato di diverso da prima? E se dovessero scoprirlo, che succederà? Stavolta i pensieri coincisero col muoversi della sua lingua, mentre in un misto di serietà e mestizia, imperterrito continuò a sospingere lo sguardo in quella volta buia, come se in quell’oscurità vi fossero le risposte. Te ne andrai?

A quel punto si sarebbe aspettato di tutto - una risata, la verità crudele quanto logica gettata in faccia, una battuta per cambiare discorso o un minimizzare tattico - ma non la comprensione. Kurama lo colpì sulla spalla col muso, rischiando di farlo cadere a terra per la sorpresa di quel gesto quasi affettuoso, ma miracolosamente il ragazzo riuscì a tenersi in equilibrio, per fortuna senza aggrapparsi malamente ai ciuffi di pelo del demone - altrimenti sì che l’avrebbe sentito! Osservò stupito il muso della Volpe così vicino: non era la prima volta che erano tanto appresso da poter sentire il respiro caldo del Bijuu lambirgli la pelle del viso, però stavolta era diverso. Quel gesto era stato diverso. Come un incitarlo, un fargli scordare assolutamente tutti gli inutili viaggi mentali che si stava facendo. E le parole che seguirono, parvero dare ulteriore forza a quell’impressione.

« Li combatteremo e li faremo pentire di aver ficcato il naso in affari che non li riguardano. » Era bello quel plurale. Così come era bello lo sguardo di Kurama mentre pronunciava quelle parole. Acceso di una caparbietà talmente contagiosa che Yu non riuscì a resistervi. Quell’agguerrito Giusto! Si pentiranno di aver pisciato fuori dal vaso! innescò un botta e risposta con la Volpe, in un fomentarsi a vicenda ambivalentemente divertito. « L'hai detto! Se pensano di passarla liscia questo giro, si sbagliano di grosso. Non mi farò fottere una seconda volta da delle scimmie spelacchiate. »

E lo sentì fremere sotto di sé a quelle ultime parole, lasciando che un po’ di quell’ostilità e quel disprezzo generato da coloro che avevano osato ideare e mettere in atto il sigillo che lo aveva tenuto soggiogato per così tanto tempo, venisse a galla. Buttando fuori la delusione e il ribrezzo per chi prima era amico e poi era diventato aguzzino. Quasi come un bolo di veleno rimasto incastrato nello stomaco per lungo tempo…uno dei tanti, ma era un inizio. A conti fatti Kurama sembrava stare molto meglio di quando Yu era sceso in quel luogo, appena svegliato dall’incubo. Il suo animo non sembrava più in burrasca e, anzi, addirittura era stato lui a tirare su di morale il Chunin quando questi si era fatto quei pensieri pesanti sul “cosa succederà se..?” Abbastanza ridicolo visto che l’obiettivo primario per cui il Rosso si era preso la briga di farsi un viaggetto nella propria anima, era principalmente quello di dare un supporto morale al demone…e poi com’era finita? Assurdo. Talmente assurdo da farlo ridacchiare apparentemente a caso, mentre, senza pensarci, allungava una mano verso il muso della Volpe, posandogli una carezza lungo la linea del naso.

Come siamo finiti con me che ero sceso per rassicurare te, a te che consoli me?

« Beh… » Fece, mentre non si ritraeva alla mano del giovane, lasciandosi toccare e socchiudendo istintivamente gli occhi cremisi, lasciando che quel brivido, avvertito anche da Yu, gli corresse piacevolmente sulla pelle. « Diciamo che, condividendo tutto, sensazioni e corpo, è un po’ come consolarsi da soli. »

E sorrise, di un sorriso che sarebbe sembrato un ghigno a chiunque, ma che in realtà voleva solo mostrare una sorta di serenità nello stare in compagnia del suo tramite. Era un qualcosa che con Amaterasu non aveva mai provato. E sebbene nella sua testa Kurama pensasse di non avere bisogno di alcuna consolazione, perché il passato era immutabile e le ferite, anche se rimarginate, rimanevano per sempre, non poteva negarlo. Era anche per questo che la prendeva con molta filosofia, era per questo che, per quanto possibile, cercava di non farsi sopraffare dal passato, cercando piuttosto di trasformare la collera che provava verso gli uomini, in energia per difendere l’unico di quella specie infame che ai suoi occhi s’era dimostrato degno di fiducia. E non appena anche Yu si fosse reso conto che, in fin dei conti, il passato è solo una storia, allora ascoltarla non avrebbe avuto più alcun potere nemmeno su di lui. Tuttavia apprezzava la preoccupazione del ragazzo…perché nasceva da qualcosa che non era né pena, né commiserazione.

In un certo senso, sì. Anche se era un’immagine piuttosto strana a vedersi e ben poco poetica, perché avrebbe significato che era sceso per egoismo. Ma non era così. Lui sapeva che la fierezza di Kurama era intoccabile ed immutabile, sapeva che non era il tipo da piangere su avvenimenti morti e sepolti, ma ecco…vista la loro situazione, se anche solo avesse potuto fare qualcosa per alleggerire la prigionia della Volpe, fosse anche solo riuscire a cancellare quei dannati incubi, beh, Yu lo avrebbe fatto. E non perché provasse pena, o lo commiserasse, non era quello il punto…no, non era per niente quello il punto. Era qualcos’altro, di decisamente più simile all’affetto. Un qualcosa che sentiva crescere di giorno in giorno anche nella Volpe stessa senza alcun bisogno di spiattellarselo in faccia in maniera imbarazzante. Ah! In merito al non farsi fottere…oggi ho in mente un bell’allenamento! Se ne uscì poi, apparentemente saltando di palo in frasca, ma conscio che facendo in quel modo avrebbe stuzzicato la curiosità del demone. Ormai le mie ferite sono guarite del tutto, e anche se la barriera del Mizukage non è ancora pronta, possiamo sempre fare altro. Tant’è che ho pensato di chiedere una mano a Shizuka…

Anche un cieco si sarebbe accorto che l’interesse di Kurama era stato stuzzicato a dovere, perché le iridi si accesero incuriosite e i grandi orecchi si drizzarono un poco alle parole del Rosso. « Cos’hai in mente di fare? E come può esserci utile l’Anfibia con l’arco? »

L’interesse ovviamente era rivolto soprattutto a Yu, piuttosto che alla presenza di Shizuka che per la Volpe era un mero “strumento” da sfruttare per l’occasione, piuttosto che un vero e proprio legame. Contrariamente al Rosso che, vuoi o non vuoi, alla cecchina doveva molto e vivendoci assieme ci si era anche affezionato. Questo il giovane lo sapeva e non pretendeva che il demone dimostrasse la stessa considerazione di Shizuka che aveva lui. Ci sarebbe voluto tempo perché la Volpe si fidasse di qualcun altro che non fosse lui e che, quindi, riconoscesse qualcosa di diverso, oltre alla mera utilità, in qualche altro essere umano. Già con Takumi era meglio. A parte il fatto che lo chiamava sempre LinguaLunga, era l’unico che, in qualche modo, causasse nel demone una reazione diversa dal solito.
In ogni caso, Shizuka o no, il Rosso era riuscito a stuzzicare la curiosità del Bijuu. Si alzò da terra, sentendo l’umidiccio lasciatogli dal ghiaccio sui pantaloni, e volgendosi verso il demone con un sorriso furbo, si apprestò a rispondere alla cosa che più gli interessava.


Voglio scalare il cielo.


png


Sei pronta Shizuka?

Per fortuna non era servito promettere alcunchè alla cecchina perchè lo aiutasse in quello che aveva in mente. Incontrata in cucina all’ora di colazione nel suo giorno di licenza, la Jonin aveva assentito di buon grado alla richiesta di Yu che, senza troppi giri di parole, tra un boccone di riso e un altro, le aveva spiegato quali fossero le sue intenzioni. Lo scontro col Mizukage, per quando fosse stato più una verifica che altro, gli aveva acceso una lampadina su un aspetto delle sue bolle che fino a poco tempo prima aveva considerato solo marginalmente. Già nel sogno di Kurama era accaduto…anzi, a dirla tutta era stata proprio l’ombra di suo padre a sfruttare per prima quella caratteristica delle sue effimere, un po’ come se la Volpe volesse dargli un suggerimento. E lui era ricorso a quel trucco per sfuggire alle lame disseminate sul terreno di battaglia, create dal Kobayashi. Dopo quel momento ci aveva pensato, muoversi saltando di bolla in bolla, spostando il terreno di scontro su un altro livello - o aggiungendone un secondo - poteva rivelarsi vantaggioso se fosse riuscito a padroneggiare bene quell’opportunità. Essere in alto, ma con la possibilità di muoversi abbastanza liberamente, dava un privilegio notevole su chi era costretto a starsene coi piedi per terra e/o a saltare per raggiungerlo, esponendosi così ad attacchi del tutto gratuiti. Senza contare che, se anche il suo avversario avesse provato ad utilizzare le sue stesse bolle per raggiungerlo, beh, lo avrebbe fatto a suo rischio e pericolo, in quanto Yu aveva tutta la libertà di fargliele esplodere sotto i piedi, dotandole di questo o quell’effetto particolare. Però, eh sì c’era un “però” in tutto questo, perché quella tattica fosse efficace, il Rosso doveva imparare a muoversi sulle sue bolle con la stessa sicurezza con cui si spostava a terra.
Era per questo che quel giorno si trovavano lì. Appena dopo colazione, lui e Shizuka si erano diretti ai campi d’allenamento, giungendo in una piccola radura circondata da alberi…del tutto simile a quella nel parco dove tempo prima c’era stato il ritrovamento del corpo della fanciulla – cavolo, ormai sembrava un’eternità fa. Il compito della cecchina sarebbe stato quello di disturbare i movimenti di Yu con le sue frecce, in modo che imparasse a trovare rapidamente direzioni alternative in cui spostarsi o a costruirsele per l’occasione.
Nulla di complicato in fin dei conti. Sarebbero andati per gradi, con Shizuka legittimata ad aumentare la difficoltà mano a mano che vedeva il Rosso abituarsi e il Chunin che, ad ogni caduta, avrebbe dovuto ricominciare daccapo. Ma si sa, quasi sempre le apparenze ingannano.

Al cenno d’assenso della Jonin, l’allenamento iniziò. La donna si nascose tra gli alberi nei dintorni della radura e Yu preparò il suo campo di battaglia, soffiando una moltitudine di bolle di medie dimensioni. A quel punto saltò sulla prima di esse, iniziando a balzare di qua e di là, prendendo confidenza, simulando lo scansarsi rapido da un’offensiva, prima laddove i suoi appoggi erano già belli che pronti, poi nelle zone dove le bolle erano meno fitte e presenti, cercando di spostarsele per crearsi una strada nel momento del bisogno. Inutile dire che questo secondo passaggio era meno semplice del primo. Doveva muoverle al momento giusto, un attimo prima di spiccare il balzo cosicché quando il piede fosse stato in posizione, la bolla fosse appena arrivata. Ma non era semplice, non era semplice lanciarsi nel vuoto con la sicurezza che avrebbe trovato un appoggio che al momento non c’era, anche se era tutto in mano sua. Cadde più di una volta, sbilanciandosi proprio nell’istante in cui piazzava il piede sull’effimera, quasi sentisse mancargli il vuoto sotto la suola…un po’ come quando sovrappensiero, si pensa di essere arrivati in fondo alla gradinata, ma in realtà manca ancora uno scalino. E ad ogni fallimento, si rialzava. Cocciuto. Riprovando di nuovo, imparando dagli errori, arrivando un po’ più in là ad ogni ripresa fino a conquistare una confidenza tale con quella sua “scala nel cielo” da meritarsi l’intervento di Shizuka per dare po’ più di pepe alla cosa.
Al primo fascio di chakra a cui seguì lo scoccare di una delle frecce della donna, cadde miseramente. Il dardo gli passò proprio davanti agli occhi, frenando lo slancio che si era dato per raggiungere l’appoggio seguente e non riuscendo a reagire abbastanza rapidamente da crearsene uno alternativo. Digrignò i denti una volta a terra, rialzandosi con ostinazione.


Riproviamo.

Un salto e fu di nuovo su. Ma gli attacchi di Shizuka erano insidiosi, atti appositamente a sbilanciarlo poco prima del balzo o durante lo stesso. Erano quelli i momenti in cui si focalizzò maggiormente l’attenzione di Yu, in cui la sua mente creava soluzioni alternative nel caso in cui avesse rischiato di fallire lo spostamento. Non era facile, però. Benchè il fascio di chakra preannunciasse l’arrivo della freccia, la cecchina non attendeva mai molto tempo prima di lasciarla scivolare tra le dita e presto le cadute del Rosso si moltiplicarono. Si vedeva spesso e volentieri tagliato il passo, se ne rendeva conto, eppure non riusciva a spostare in tempo le bolle per crearsi un piano B. Sapeva che era solo questione di allenamento. Sapeva che era solo questione di prenderci la mano. Ma la cosa lo stava facendo innervosire.
All’ennesimo tonfo a terra, sbattè violentemente il pugno sul terreno. Quella volta c’era quasi! Cazzo, era a buon punto e si era fatto fregare all’ultimo.


« Non arrenderti rialzati! Resta concentrato. »
Lo so, cazzo! Lo so!

Si rialzò più agguerrito che mai, estraendo dalla tasta il laccio che aveva trovato nell’haori di Takumi, usandolo per legarsi i capelli in una coda. Provò di nuovo, di nuovo, di nuovo, fino a quando Shizuka non decise di alzare nuovamente l’asticella, mischiando alle frecce che seguivano il fascio di chakra, dei dardi normalissimi, quindi più difficili da individuare e schivare. Per quanto il giovane percepisse, a grandi linee, attraverso l’olfatto, il punto in cui la donna stava, non era semplice scansare delle frecce che a malapena vedeva quando erano vicino a lui! Ma non aveva intenzione di mollare e sentiva che anche Kurama aveva tutta l’intenzione di portare a termine con successo quell’addestramento. Si era piccato, quasi non avesse per nulla voglia di farsi battere da quella che lui chiamava “l’Anfibia con l’arco”. Erano insieme anche in quel momento, le loro anime vibravano della stessa ostinazione, sostenendosi a vicenda e fomentando quella cocciutaggine l’uno con l’altro.

Ancora!
« Ancora! »

All’ennesima caduta le loro voci si sovrapposero, l’una solo nella mente di Yu, l’altra per avvertire Shizuka di non avere la benchè minima intenzione di arrendersi. Egoisticamente, il giovane andò avanti senza permettere un momento di pausa nemmeno alla Jonin, che tuttavia non protestò in alcuna maniera, assecondando quel suo desiderio, continuando a scoccare frecce senza fare alcuno sconto, fino a quando non fu costretta ad un attacco diretto.
Era il tramonto ormai. E Yu, sfinito, aveva iniziato, con una certa soddisfazione, a padroneggiare con destrezza i movimenti sulle bolle e quelli delle bolle stesse in quel preciso metodo. Stanco, ma compiaciuto. Ce n’era voluto di tempo, di sangue, di sudore e di cadute. Ma ne era valsa la pena. Adesso poteva dire di riuscire a spostarsi in quel livello sopraelevato come fosse stato a terra, con la stessa sicurezza, senza mai restare intrappolato. Fu a quel punto che giunse l’ultima prova di Shizuka. Una scudisciata d’arco, utilizzato neanche fosse un randello. Inutile dire che il Rosso non se l’aspettava proprio. La vide spuntare dal bosco e balzare nella sua direzione menando quel fendente ligneo con tutta la sua forza. Ma era troppo stanco ormai per spostarsi. Le gambe quasi non le sentiva più, a stento lo reggevano in piedi. Messo alle strette optò quindi per una difesa. Le bolle non gli mancavano infondo. Ne spostò una, modellandola come una mezza cupola per proteggersi. L’arco della cecchina impattò sulla superficie indurita, incrinandola, ma…non riuscendo a romperla. Esaurito l’impeto dell’attacco, Shizuka si spinse via facendo perno sulla bolla e atterrando al suolo con una capriola.


Yu… pronto.


La voce della donna giunse nella mente di Yu, facendo rabbrividire Kurama che ancora non si era abituato a quel modo di comunicare della donna. Gli occhi appannati di stanchezza del Chunin si sospinsero verso Shizuka in basso, mentre la mezza cupola usata come scudo si dissolveva. Era stupito. Stupito della scelta delle parole della più grande, stupito di sentire ancora la fastidiosa voce dell’Uomo con la Falce, stupito e basta. E non che non sapesse che con l’impegno poteva raggiungere qualsiasi obiettivo prefissato, tuttavia…davvero c’era riuscito? Un misto di compiacimento e contentezza accese quelle iridi appannate dagli sforzi, e un sorriso soddisfatto si allargò sul viso sporco del ragazzo. Aveva un’arma in più adesso, un’ulteriore freccia al suo arco e non avrebbe dovuto fare altro che affinarla ulteriormente, giorno dopo giorno fino a quando non fosse stato davvero come respirare. Si lasciò scivolare sulla bolla, sedendosi con una gamba a penzoloni e l’altra piegata sotto la coscia, inspirando a pieni polmoni l’aria della sera, facendosi cullare da quella brezza così come dall’appagamento per quel tassello raggiunto.
Restò così qualche attimo, in silenzio, con solo il respiro affaticato che rompeva la quiete del tramonto, prima di rivolgersi alla cecchina.


Cosa dici? Le fece, sporgendosi verso il basso. Andiamo a farci una doccia e poi mettiamo qualcosa sotto i denti? Balzò giù finalmente, facendo sparire tutte le bolle che erano rimaste, avviandosi con la donna verso casa mentre questa assentiva. Ti porto a cena fuori, però. Ce lo meritiamo!


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view post Posted on 3/5/2019, 07:41     +1   -1
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|| E' sempre un piacere leggere i tuoi elaborati, specialmente quelli di Yu (e qui sono di parte, ma non diciamolo in giro). Hai il potere di stregare con le parole e di non farle pesare al lettore, oltre che una fervida immaginazione. Seppure l'addestramento vero e proprio sia concentrato solo sulla seconda parte dell'autogestita, ho sinceramente apprezzato molto l'approfondimento del rapporto con Kurama - diciamocelo, sono adorabili - e il fatto che tu abbia preso spunto dalla quest che io stessa ti ho fatto per tirare fuori questa "scala ad caelum". Veramente veramente brava sis, che te lo dico a fare oramai, sono ripetitiva. xD

Beccati questi gustosissimi 500 p.ti exp. Strameritati. ||

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