Avrebbe riso. Ne era sicuro al cento per cento. Perché, dai, chi non lo avrebbe fatto sentendosi dire una cosa del genere? Al suo posto lui si sarebbe messo a ridere di sicuro, e non solo! Avrebbe tenuto buona la faccenda per prese in giro future…un po’ come la storia della mucca e di Urako, insomma. Ce si ripensava, la vedeva come in quel preciso istante, saltare come una molla al muggire dell’animale e andare a nascondersi dietro a un covone di fieno. Quindi sì, era praticamente certo che Takumi si sarebbe preso gioco di lui da lì all’eternità per quella cosa. Anche perché ovviamente non aveva potuto raccontare le cose come stavano veramente, aveva dovuto censurare la parte di Kurama e, per non dilungarsi eccessivamente, aveva stretto al succo della questione l’intero incubo. Non aveva parlato né di suo padre, né di sua madre, né di cosa fosse stato necessario fare per poter recuperare i suoi ricordi. Era stato vago, riportando soltanto i dettagli circa la motivazione principale per cui si era seduto accanto all’amico senza troppe storie…senza dirgli direttamente nemmeno dell’haori, magari avrebbe capito da sé. E insomma, riascoltandosi sembrava veramente un motivo stupido. Peggio di quei mocciosi fortunati che quando avevano un incubo potevano correre nel lettone dei genitori per trovare conforto - cosa che lui non aveva mai potuto fare in vita sua. Quindi si aspettava una risata. Una di quelle a crepapelle, sapete? Tanto da far male ai muscoli del viso, alla pancia e di far lacrimare gli occhi senza alcun controllo. Gli aveva chiesto di non farlo, ma non era che ci credesse troppo a quel “ci provo” dell’amico. Avrebbe avuto tutte le ragioni per prenderlo in giro e probabilmente lui avrebbe solo tenuto il muso per un po’ perché comprendeva quanto idiota potesse sembrare l’intera faccenda vista da fuori. Ma era ugualmente reticente ad incrociare gli occhi con Takumi. Sia per questo motivo, sia perché era altamente imbarazzante aver dovuto raccontare quella storia. Ci si era messo lui in quel casino, da solo, e volutamente, ma questo non cambiava che si vergognasse di aver detto ad un suo pari “eh sai, ho avuto un incubo”. Vi pare? Ecco. Per quello guardare qualsiasi altra cosa non fossero gli occhi del compagno, era decisamente più interessante. Perché pensava di sapere già cosa avrebbe trovato nelle iridi del castano e non era che gli andasse troppo di veder confermate le proprie ipotesi. O le proprie paure, a seconda del punto di vista. Però, lo sapete, no? A Yu non piaceva quando le persone non lo guardavano in faccia, di conseguenza, reticente o meno, si ritrovò a staccare lo sguardo dalle sudice assi in legno che componevano il ponte della nave, per voltarsi verso il più grande. Riluttante, quasi che improvvisamente quella zazzera fulva che si portava dietro, avesse acquisito un peso cento volte maggiore rispetto al normale. Eppure, quando si concesse di incrociare gli occhi con l’amico, non vi trovò alcuna intenzione maliziosa. Non ci furono sbeffeggi né battutine derisorie. Takumi era stranamente serio e, con grande sorpresa del Rosso, fece qualcosa che non si aspettava. Lo afferrò al polso - quello che si stava carezzando nervosamente, quello a cui nel sogno aveva ancorato il laccio del compagno - e prese lui stesso a massaggiarlo piano, proprio nel punto in cui fino a poco prima lo stava facendo Yu. Per qualche ragione, gli sembrò che la presa del compagno rispecchiasse perfettamente le parole che accompagnarono quel gesto. Una minaccia affettuosa, la definì il Rosso tra sé e sé. Ma era una minaccia piacevole, una di quelle che non gli dispiaceva per nulla ricevere, accresciuta dall’enfasi e dai gesti compiuti dal castano nel riferirgliela. Quel dito puntato sul cuore lo fece sorridere, spazzando via la terribile sensazione d’essere preso per un cretino. Takumi aveva guardato oltre, senza soffermarsi sulla superficie, e gli aveva detto esattamente quello che Yu aveva bisogno di sentire per alleviare un poco quell’orribile sensazione che aveva ogni volta che rivolgeva la mente a quell’incubo. E sebbene fosse cosciente che non fosse proprio vero che fosse impossibile cancellare qualcuno da cuore, anima e memoria di qualcuno - ne aveva avuto una prova tangibile e non voleva nemmeno pensare a cosa sarebbe accaduto se il castano non fosse stato accanto a lui nel mondo reale - gli piaceva concedersi il lusso di credere a quelle parole dell’amico. Parole importanti che avevano il sapore di una promessa solenne.
« Ha ragione lui. » La voce profonda di Kurama intervenne velata da una strana nostalgia, quasi parlasse più tra sé che a Yu. « E’ tutto finito adesso, quella storia è e deve restare solo un brutto ricordo. Non hai idea di quanto mi scocci dover dare un merito a questo tizio. » A quelle ultime parole, riprese il tono di sempre, lievemente stizzito quasi. « Tanto più che, se continui a rimuginarci sopra, mi farai venire il mal di testa. Quindi fammelo come favore personale: basta. »
Rise tra sé il Rosso, non aveva minimamente pensato che il suo tormentarsi potesse ripercuotersi in qualche modo sulla Volpe. Tuttavia quel modo di fare di entrambi, il primo più diretto, il secondo molto più mascherato, gli sembrò quasi una carezza. Quella di Takumi la avvertiva in maniera chiara proprio fisicamente, lì su quel polso che non sembrava intenzionato a mollare. Quella del Bijuu fu più lieve, quasi un colpo di muso sulla gamba, o uno sfiorarlo con una di quelle enormi code, una sensazione piacevole, ma intima. Quasi l’avesse avvertita direttamente sul proprio spirito.
Quei due, ai suoi occhi, erano proprio due baka. Ma due baka a cui era legato, in un modo o nell’altro, e verso cui provava - strano a dirsi - dell’affetto. In modi decisamente differenti, ma era impossibile per lui non tenere anche a Kurama, soprattutto ora che avevano condiviso praticamente ogni cosa. Si ritrovò quindi a sorridere, prima di rivolgersi direttamente al compagno d’arme, mentre quell’occhiata torva da “ora mi prenderà sicuramente per il culo” sfumava nel nulla più assoluto.
Giusto. Rispose, palesemente rassicurato dal modo di porsi dell’amico che, forse per la prima volta, gli mostrava un sorriso che non fosse la caricatura dello stesso. Sei proprio come le mie bolle appiccicose tu!
Ridacchiò da sé a quella sua analogia, atta a stemperare l’atmosfera troppo seriosa che s’era venuta a creare, nonché l’imbarazzo, che un po’ ancora provava, per aver avuto bisogno d’essere tirato su circa quella faccenda. Fu a quel punto che Takumi se ne uscì con il racconto di un suo sogno, risalente a quando erano a Fukagizu e, per la precisione, avvenuto poco prima di riprendere conoscenza nella piazza. Era strano che il castano raccontasse qualcosa di sé spontaneamente, generalmente servivano canna, lenza e amo per tirargli fuori qualcosa dalla bocca, quindi il Rosso ne uscì sorpreso in un primo momento, comprendendo poi che, forse, l’amico volesse metterlo un po’ a suo agio. Non serviva un’intelligenza superiore per capire che si sentisse terribilmente un idiota in quel momento. E apprezzò un sacco: sia perché sapeva che al più grande costava sempre una fatica immane parlare di sé, sia perché pareva non avere una voglia tremenda di riportare in superficie i ricordi dell’incubo a cui faceva riferimento.
Come quello di cui aveva raccontato Yu, anche quello di Takumi dava l’idea di essere uno di quei sogni che ti si attaccavano addosso e riuscivano a tormentarti anche una volta sveglio al solo ricordo d’averli fatti. Un sogno vivido, ma, a differenza del suo, piuttosto giustificato. Aveva sognato di bruciare vivo…quante volte era capitato all’interno della statua che finissero al rogo, in un modo o nell’altro? Due? Tre? A parer suo anche troppe, basti pensare che l’odore della carne cotta gli dava il voltastomaco, quindi gli sembrava abbastanza normale che Takumi avesse potuto fare un incubo del genere dopo l’esperienza appena vissuta. E proprio per questo doveva essere stato ancora più terribile. La cosa curiosa di quel sogno era che a bucare le pareti oniriche, era stato lui. La sua voce prima e la stretta alla mano poi. Dal punto di vista del castano appena svegliato, era stato lui a tirarlo fuori da quell’inferno.
E’ stata Urako con la sua Arte Medica a riportarti tra i vivi. Io non ho fatto nulla di che. Disse subito, non volendo meriti che, in fin dei conti, non aveva, anche se agli occhi di Takumi la storia era ben diversa. Ma sono sempre disponibile a prendere a calci il prossimo incubo o a trascinartene fuori se serve! Fece, tutto convinto, non vedendo nulla di strano in quell’intera faccenda, salvo poi percepire una certa inquietudine da parte di Kurama.
« Non ti sembra familiare questa storia? »
…Che vuoi dire?
« Anche tu non ti svegliavi e hai “avuto bisogno” dell’intervento della Bambina Invisibile. »
Urako.
« Bambina Invisibile è abbastanza. »
Sbuffò Yu, prima o poi ci sarebbe riuscito a far chiamare i suoi amici per nome anche da Kurama. Sì, è così. Io non mi svegliavo perché tu mi stavi trattenendo. Ma Takumi era davvero messo male, aveva la febbre, un sonno molto agitato e…
« E quanto poi si è ripreso non gli hai forse visto un occhio giallo? »
Quello è stato un gioco di luci. Rispose, inizialmente convinto, salvo poi cercare conferma nel demone. …No?
Ci fu un silenzio pensante da parte della Volpe, prima che la sua voce tonante facesse nuovamente capolino. « Tienilo d’occhio. » Disse in un modo che fece correre un brivido lungo la schiena di Yu. « Non ti sarà difficile, tanto ti è sempre attorno. Anzi, adesso non ha nemmeno intenzione di mollarti il braccio a quanto pare. »
Ryōkai…Ma non sarebbe meglio che mi dicessi cosa ti preoccupa tanto?
« Pff…Non sono affatto preoccupato! E, in ogni caso, i miei sono solo sospetti per ora, nulla per cui ci si debba pisciare sotto già adesso. »
Per un breve istante, Yu riuscì a sfiorare i pensieri di Kurama. Per un breve istante, l’immagine di un felino blu, infuocato, con occhi di colore diverso e due code, prese la forma dei dubbi della Volpe. Non riuscì a comprendere bene i sentimenti del demone nei confronti di quella creatura. Erano confusi, commisti a vecchi rancori non direttamente legati a quella figura e, in un certo senso, diluiti in un tempo incalcolabile che, forse, aveva reso difficilmente comprensibili quelle emozioni al Bijuu stesso. Tuttavia non serviva un genio a capire quale fosse il sospetto principale del Kyūbi. Uno dei suoi fratelli forse era proprio lì, di fronte a Yu, nascosto chissà dove e in chissà che anfratto dell’anima del castano. Ma non c’era alcuna certezza in merito, nessuna prova reale, solo supposizioni e deduzioni… Come diceva la Volpe, in quel momento, fasciarsi la testa prima del tempo non era necessario, bastava tenere gli occhi aperti, osservare eventuali segnali e…E cosa? Non lo sapeva nemmeno il Rosso e, a dirla tutta, non aveva neanche la forza di concentrarsi su quella possibilità. Takumi era Takumi e, demone o meno, era sicuro che sarebbe rimasto lo stesso di sempre, come aveva fatto lui. In ogni caso, quei pensieri erano prematuri. Prematuri e dannatamente caustici. Meglio lasciar perdere e vedere come si evolvevano le cose, solo il tempo avrebbe definito la realtà. E poi la voce di Takumi lo richiamò coi piedi per terra. Aveva uno dei suoi sorrisi sornioni stampato in faccia, e con una sincerità che poche volte capitava di vedere, affiancata a quel sogghigno, gli disse che era felice avesse accettato di sedersi accanto a lui. Che baka.
Ci mancherebbe altro che non lo fossi! Il Rosso, furbetto, non si lasciò di certo scappare quella palla letteralmente regalata. Ti sei dimenticato che sei stato tu a chiedermelo? Scosse la testa ridendo, prima di rivolgersi di nuovo al compagno, questa volta senza battute. Avresti potuto prendermi in giro fino alla morte, ma non lo hai fatto. Arigatō.