Chikai 誓い - Non pensarci due volte, Role libera per Lucifergirl88 (1°pg) e BloodyRose (2°pg)

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view post Posted on 9/2/2019, 15:46     +1   -1
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|| Continua da qui ||

Ah non avrebbe assolutamente accettato alcuna replica, nessuna negazione. Se Takumi voleva restarsene sopracoperta, si sarebbe tenuto quella coltre calda portata da Kai, altrimenti nulla. Non erano di certo le sue mani a fargli apparire la temperatura dell’amico troppo elevata per una persona normale e sana - anche perché l’aveva percepita appositamente con la fronte per quel motivo - stava poco bene, proprio come aveva rilevato Urako non appena si erano svegliati dopo l’esperienza da incubo all’interno della statua. Era preoccupante che i medici non fossero riusciti a rimetterlo in sesto in quei giorni e, anche se lui diceva di stare bene ed effettivamente non desse a vedere di essere moribondo, a Yu non andava di certo che le sue condizioni peggiorassero per la sola e semplice cocciutaggine. Per questo lo avvolse nella coperta senza pensarci due volte, pronto a tenersi il suo haori per godere di quel minimo tepore che gli dava e perché…beh, non gli andava troppo di ridarglielo indietro. Egoisticamente sperava di poterselo tenere. Quella veste e la presenza del compagno accanto a lui erano state la chiave di volta, la spinta, che gli aveva permesso di riuscire a non perdersi nel vuoto divorante che il sogno di Kurama avrebbe dovuto creare nel suo animo. Non aveva idea di che cosa sarebbe accaduto se, per caso, Takumi non fosse salito sul ponte trovandolo lì e decidendo di rinunciare al proprio haori per coprire lui; non aveva idea di che cosa sarebbe accaduto se il suo compagno non fosse stato sulla stessa nave su cui era salito lui. E francamente, sapete cosa? Non voleva saperlo. Non era importante esplorare quelle vie alternative. Semplicemente era vitale, rendersi conto della loro esistenza, cosicché la strada intrapresa assumesse maggior valore.
D’altronde Takumi glielo aveva detto quel giorno sul promontorio. Alla domanda di uno Yu addolorato per la morte del compagno di tante missioni - in seguito probabilmente scongiurata - di quale bolla lui si sentisse essere, il castano non aveva indicato né le effimere che si allontanavano libere nel cielo, né quelle che non riuscivano a farlo perché si dissolvevano prima. Al contrario, aveva scelto l’unica che il Rosso aveva tenuto ancorata a sé, a volteggiare tra le proprie mani, mentre l’osservava assorto. Quel giorno il Chunin non aveva capito. Tuttavia nel periodo a venire, Takumi c’era sempre stato. E anche in quella notte cruciale, il più grande era lì accanto a lui, ignaro dei meriti che aveva, totalmente incosciente del peso che le sue azioni spassionate avevano avuto nell’avventura onirica di Yu. Era quanto meno scontato che il Rosso non volesse separarsi da quell’oggetto fondamentale per allacciare il rapporto con Kurama. E per quanto lui continuasse a negare fosse legato a qualsivoglia sentimentalismo, che volesse tenerlo solamente per il freddo, in fondo in fondo sapeva benissimo che non era così, proprio come lo sapeva la Volpe che se la stava sghignazzando di fronte a quella reazione inaspettata e imbarazzata, un po’ come Takumi stesso. Fortunatamente il castano non indagò oltre quel borbottio uscito dalle labbra del Rosso e, con una facilità disarmante - che francamente Yu non si aspettava, conoscendo quel testone - accettò. Tuttavia il sospiro falsamente esasperato che seguì, mise il più giovane sull’attenti, tanto che iniziò a vagliare tutti i possibili ricatti che da lì sarebbero potuti nascere, ma mai, mai e poi mai, si sarebbe aspettato dal castano una cosa tanto innocua. Lo vide aprire un lembo della coperta, quello dalla sua parte, aggiungendo la condizione che se voleva che se ne stesse tranquillo al caldo, lui avrebbe dovuto sedersi lì con lui, in quanto quell’haori non sarebbe bastato a proteggerlo dal freddo pungente e dall’umido. Il sorriso sornione del castano, si rispecchiò nell’espressione stupita di Yu che si accentuò nel momento in cui le parole della Volpe riverberarono nella sua mente.
« …entrambi crediamo in te. » Quasi un sospiro soffiato, un pensiero fatto a voce alta proprio come le ultime parole che gli aveva rivolto prima che si risvegliasse nel mondo reale. E, in effetti, erano la perfetta conclusione di quel discorso rimasto a metà. Un calore piacevole, quasi simile a quello di un abbraccio, si dipanò nel petto del Rosso nell’avvertire quella breve frase e, nello stupore provato poc’anzi, fece capolino un sorriso grato. Appena accennato, ma autentico.

E’ perché siete due baka.
« Ehi! Questo lo sarà lui, non io! »

Ridacchiò tra sé, Yu, rivolgendo quel Grazie, però a Kurama. Non comprendeva appieno il perché, sia lui che Takumi avessero tanta fiducia in lui. Ma non poteva dire di non esserne felice. Era una sensazione strana, quasi un solletichio nella pancia e non era certo fosse dovuto solo a sé stesso. In un certo senso, percepiva che quel sentore faceva parte anche della Volpe, tanto che senza pensarci posò una mano sull’addome, neanche avesse potuto percepirlo sotto le mani. Di sicuro il demone lo conosceva forse meglio di chiunque altro in quel momento. Aveva visto le sue luci, le sue ombre e, alla fine, aveva deciso di collaborare con lui. Di fidarsi. Di credere nell’anima della persona in cui si era rifugiato in un momento di agonia e pericolo. E, viste le premesse, di certo il suo nuovo compagno fulvo, sapeva già prima di lui come avrebbe reagito al sollecitare una risposta da parte sua di Takumi.

Ci sto! Se ne uscì semplicemente, indicando poi il punto in cui si era addormentato quando era uscito sul ponte qualche ora prima. Però spostiamoci da quella parte: vicino alla balaustra saremo più protetti dal vento.

Sicuramente in una situazione differente, il suo rispondere non sarebbe stato così immediato, anzi! Come minimo avrebbe cercato e trovato un modo con cui contro minacciare il più grande, ma non quella sera. Diversi motivi lo portarono a rispondere in maniera istantanea, alcuni più pratici, altri decisamente meno. In primo luogo, faceva effettivamente un freddo cane. Di prendersi qualche cosa e magari farsi una gitarella in ospedale proprio non gli andava e tanto meno voleva che capitasse al compagno. Tant’è che la sua proposta faceva ottenere a Yu proprio ciò che aveva richiesto all’inizio, ovvero che se ne stesse al caldo, di conseguenza tanto meglio: due piccioni con una fava. In secondo luogo, c’era ancora quel foglio che lo incuriosiva da morire. Era convintissimo che la sua risposta senza troppe storie avrebbe incuriosito Takumi, dandogli così l’opportunità concreta di tornare a tirare fuori quella carta come pegno per essere collaborativo o meno. E, infine, beh…nell’incubo costruito da Kurama, ne aveva passate tante. Avrebbe potuto davvero perdere i ricordi del castano per sempre e ancora faticava a credere che fosse tutto finito. Averlo lì, accanto a lui, come quella famosa bolla, lo aiutava a prenderne definitivamente coscienza, a stare tranquillo, a tornare ad annusare quel profumo di abitudine e di casa che aveva seriamente rischiato di smarrire.
Fu per questo che, non appena si furono sistemati nel posto indicato da Yu giusto poco prima, il Rosso non si fece alcun problema nel sedersi dove Takumi aveva indicato. Si sistemò ben bene, attento a non far cadere la coperta con movimenti bruschi.


Ce l’ho, ce l’ho. Afferrato il lembo della coltre da sopra la spalla, lo tirò un poco avanti, coprendosi come meglio poteva. Puoi mollare adesso.

Il calore della lana e dell’estrema vicinanza con un altro essere umano, si fece subito sentire. Aveva ragione Takumi a dire che l’haori non sarebbe bastato. O chussà, magari sì, però di certo così stava molto meglio! Sospirò, rilassandosi un poco, osservando le stelle che ben presto, all’avvicinarsi del loro Villaggio sarebbero finite inghiottite dalla nebbia. Forse una fortuna, perché, per qualche motivo, era sicuro non sarebbe più riuscito a guardarle allo stesso modo. Quelle luci nel buio, assomigliavano un sacco alle anime luminescenti che aveva intravisto quando la statua demoniaca era esplosa e si era ritrovato a galleggiare, in forma spirituale, nel cielo sopra le rovine. A quel ricordo, gli corse un brivido lungo la schiena, condiviso con Kurama i cui occhi rivedevano quel cielo dopo talmente tanti anni che la Volpe riusciva a scorgerne le differenze.

Questa volta abbiamo rischiato davvero grosso, eh? Ho pensato sul serio che sarei potuto non tornare più a casa. Si rivolse a Takumi, senza però staccare gli occhi dalla volta notturna. Nel profondo, non si riferiva solamente al disastro di Fukagizu con quelle parole, ma l’amico non poteva saperlo. E, invece, finalmente stiamo tornando alla Nebbia. Abbiamo la pelle più dura del previsto, pare! Ridacchiò stavolta alleggerendo un poco quel discorso da brivido, mentre scoccava un’occhiata al castano. Siamo riusciti a mantenere la promessa.

« Non per fare il guastafeste, ma a Kiri non ci siete ancora sbarcati. »

Oh giusto! Le parole della Volpe gli strapparono un’espressione strana, di quelle che si fanno quando ci si ricorda improvvisamente di qualcosa di importante. In effetti non dovremmo cantar vittoria fino a quando non attraccheremo in porto.

 
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view post Posted on 15/2/2019, 22:02     +1   -1
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Considerato il contesto e la non troppo velata implicazione che quell'invito all'apparenza innocuo poteva e pretendeva volutamente di celare, il castano non si aspettava certo una reazione così speditamente positiva come quella che appena pervenuta dal compagno dalla chioma fulva. Prevedeva più uno sdegnato storcere di naso o comunque una resistenza di qualche genere da parte sua, un controbattere per cercare strenuamente di ottenere qualcosa di meno imbarazzante di quella proposta.. e invece no. Yūzora aveva sorriso come se qualcuno avesse avuto per lui una gentilezza, una parola di conforto, e aveva accettato senza repliche, a patto di spostarsi entrambi verso la balaustra per meglio proteggersi dal freddo. Dovette osservarlo con un sopracciglio sollevato, con sguardo sorpreso dall'improbabilità di quella vittoria praticamente gratuita, ma che ben presto divenne bonario e spensierato, reso tale da un sorriso appena accennato che sapeva di sincerità. Ryōkai. rispose semplicemente al nuovo termine d'accordo, sollevandosi stancamente, stiracchiandosi un momento e sospirando, prima di avvicinarsi di qualche passo alla meta designata tenendo la coperta sulle spalle. Fece per piegarsi in ginocchio per potersi sedere, incrociando appena le gambe, e non appena fu comodo ripropose l'eloquente gesto di poco prima: stese la destra aprendo uno spiraglio nella coperta, attendendo che il compagno si avvicinasse per prendere posto. E pregustava quel momento di imbarazzo che sarebbe subito arrivato nel sentirsi così dannatamente uniti, così come il calore del suo corpo finalmente così vicino al suo. Forse con un po' d'astuzia e di fortuna avrebbe potuto davvero rubargli quel bacio che tanto aveva desiderato a Fukagizu, quella notte.
Non appena il rosso fece per accomodarsi a sua volta, uno dei primi istinti sarebbe stato tenerlo stretto, avvicinarlo ancora a sé, ma col senno di poi decise di lasciarlo stare e di non importunarlo più del dovuto. Era abbastanza averlo sotto quella coperta, a mezzo centimetro. Cedette dunque il lembo della calda coltre al compagno e si sistemò meglio il braccio, prendendo con la mano libera la carta che era stata oggetto di disputa e tenendola pressata contro la gamba. Voltando appena il capo in sua direzione, lo vide ammirare il cielo stellato per qualche secondo; era dannatamente bello persino se baciato dalla pallida luna, ma era l'intensità dei raggi del sole a tirare fuori il meglio di quel ragazzino. E poi il suo haori gli stava bene. Per quanto avesse preferito averlo indietro (poiché piuttosto geloso delle proprie cose), cederlo a lui andava bene ugualmente. Era come se stesse abbracciandolo, avvolgendolo con qualcosa che gli apparteneva. Fu allora che il rosso gli rivolse la parola, senza staccare quegli occhi così maledettamente cristallini dalla volta notturna. Era piuttosto strano quell'atteggiamento che aveva, specie quel sobbalzare come se un'idea avesse attraversato il suo cervello con un suggerimento dell'ultimo minuto. Non sapeva come spiegarselo, ma sembrava quasi sin troppo.. premuroso? No, non era l'espressione esatta per definire il comportamento del compagno, ma in un certo qual senso pareva quasi si fosse talmente spaventato di perderlo li a Fukagizu che pareva essersi 'ammorbidito'. Ma probabilmente era solo un'impressione dovuta alla stanchezza. Sorrise.
Mantengo sempre le mie promesse. disse con una punta di falsa spocchiosità, per poi sollevare anch'egli lo sguardo in direzione della volta notturna. Stavano davvero tornando a casa.

E meno male. Per come si erano messe le cose, pensavo ci avrei lasciato davvero la pelle in quelle rovine.

Un brivido freddo gli attraversò la spina dorsale al ricordo del tempio di luce e, successivamente, dell'enorme felino che aveva sadicamente deciso di giocare con la sua carne. Ultimamente c'erano troppi demoni che non vedevano l'ora di fargli la festa, reali e non: doveva essere stato proprio un figlio di puttana in tutti quegli anni per meritarsi un tale trattamento. Per quanto ancora non siamo attraccati, oramai il peggio è passato. A meno che non spunti un qualche mostro secolare da sotto il culo della nave come ciliegina sulla torta, dovremmo essere al sicuro. e anche non lo fossero stati, chiunque avesse avuto l'ardire di attaccarli avrebbe trovato pane per i suoi denti. Non era ancora pronto a lasciare quel mondo, non adesso che aveva una ragione in più per rimanere. Avrebbe venduto talmente cara la pelle che manco un'ipoteca. E comunque, tu sei sicuro di stare bene? soggiunse senza un minimo di preavviso, volgendo adesso lo sguardo smeraldino sul compagno al suo fianco. Sai.. mi sarei aspettato un minimo di resistenza quando ti ho proposto di avvicinarti, invece hai accettato senza remore.. e non aggiunse quel 'è strano' che sottendeva tutto il discorso. Era meglio lasciarlo volatile, per non incappare in qualche sentiero spinato dal quale difficilmente sarebbe riuscito a districarsi.. seppure dall'espressione assolutamente attenta stampata sul suo volto poteva benissimo leggersi quella sincera curiosità di capire per quale ragione quel furbetto di un Kyōmei non avesse controbattuto alla sua offerta.

 
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view post Posted on 17/2/2019, 15:35     +1   -1
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Non si capisce mai quanto una cosa sia importante, fino a quando non la si perde. Anche la semplice e bistrattata routine, non fa eccezione a questa regola. Spesso e volentieri la si odia, così ripetitiva, così apparentemente piatta poiché vissuta giornalmente, così abitudinaria…che è difficile da apprezzare. Tuttavia nel momento in cui questa catena si rompe, ecco che anche la tanto malvista quotidianità assume una luce del tutto diversa. Ciò che si dava per scontato, diventa un piccolo tesoro da custodire gelosamente, anche le cose più insignificanti, come un gesto, un sorriso, due parole.
E, in un certo senso, era così che si sentiva Yu in quel momento. Fortunato. Dannatamente fortunato a poter tornare a fare quello che aveva sempre fatto. Fosse stato pure rincorrere un cazzo di gatto e riportarlo alla sua padrona ossessiva e iperprotettiva da cui il suddetto felino era fuggito per ovvie ragioni. Le implicazioni di avere Kurama dentro di sé, in quei primi momenti non gli sfiorarono nemmeno l’anticamera del cervello e, se l’avessero fatto, avrebbe chiuso la porta tagliando corto il discorso con un bel “domani”. Adesso voleva solo stare un po’ lì, godersi il tepore di quella coperta, lasciarsi cullare dal rumore delle onde che si infrangevano sullo scafo della nave e recuperare la tranquillità perduta. D’altronde era da quando lo conosceva che l’odore dell’amico riusciva a dargli quella sensazione di pace. Non l’avrebbe mai ammesso a nessuno - faceva fatica pure con sé stesso, come si era potuto vedere nel tempio di luce - però era una verità innegabile. E poi, ora, se pure negava qualcosa a sé stesso, ci sarebbe stato qualcuno a sussurrargli la realtà nell’orecchio. Di sicuro Kurama non gli avrebbe risparmiato qualche battutina, come era stato per la storia dell’haori. E aveva ragione lui! Alla fine aveva pure preteso di tenerselo, senza neanche lasciare adito a Takumi di dire qualcosa in merito.
Probabilmente il Kyuubi sapeva meglio di lui le ragioni che lo avevano portato a non fare troppe storie nell’assecondare la richiesta del castano, ma, ehi, se tutto andava come doveva andare, non sarebbero rimaste oscure per molto nemmeno al diretto interessato. Oh, lo aveva ben visto che si era stupito della sua sospetta obbedienza quando gli aveva posto quell’invito silenzioso. Yu era praticamente sicuro che si stesse chiedendo se non avesse sbattuto la testa da qualche parte o preso una qualche strana malattia, per essere stato così accondiscendente. La domanda in merito al suo comportamento sarebbe sicuramente arrivata. E a quel punto il gioco sarebbe stato nelle mani del Rosso. Adesso erano in una situazione di perfetto equilibrio: Takumi aveva avuto quello che voleva, Yu anche. Una nuova richiesta, da parte del più grande, avrebbe inevitabilmente fatto scattare una controproposta del tutto legittima da parte del ragazzino fulvo, che, inutile tanto girarci attorno, avrebbe sicuramente domandato di quel dannato foglio premuto a faccia in già contro la coscia del compagno. Semplice. Lineare. Se avesse giocato quella carta prima, il castano avrebbe potuto tranquillamente fare il capriccioso e rifiutarsi di starsene sotto la coperta. In quel momento le redini del gioco le aveva lui, ma nello stato di equilibrio attuale…era tutto da giocare.


« Poi dicono che sono io il demone. Tsè! Se solo qualcuno potesse vedere, come me, quello che hai nella testa, si prostrerebbe e mi chiederebbe scusa in ginocchio. »
…Esagerato. Sono solo curioso di vedere cosa stava facendo. Lo vuoi sapere anche tu, no?
« Ovvio che voglio sapere cosa stesse combinando quel LinguaLunga per fare così tanto il prezioso! »
E allora non ti lamentare, su.

Gli parve di sentire in lontananza un borbottio che somigliava a un « Non mi stavo mica lamentando. » che lo fece ridacchiare. Per fortuna al momento opportuno, perché anche l’uscita spocchiosa di Takumi circa le promesse, lo fece sogghignare piacevolmente. Ma ancora di più, ad essere spassosa fu la frase seguente. Il castano non poteva sapere che in quelle acque si aggiravano davvero dei mostri secolari che avrebbero potuto trascinare la loro nave a fondo, spuntando da sotto lo scafo con i loro pesanti tentacoli, per poi trascinare l’imbarcazione negli abissi neanche fosse un fuscello. Però dai, se c’erano riusciti dei pirati da strapazzo a fare a pezzi un kraken, perché non avrebbero dovuto riuscirci degli Shinobi? Quasi gli veniva da ridere a pensare a quanta paura avesse provato durante quella missione con Urako e Shi: terrorizzati dalla possibilità di incontrare quella fantomatica creatura marina che avrebbe potuto ammazzarli come nulla. Adesso…beh, adesso era un po’ diverso. Non era più uno spaurito Genin, innanzitutto, ma più che altro, ne aveva viste talmente tante nell’ultimo periodo che una sottospecie di calamaro troppo cresciuto era l’ultimo dei suoi problemi. Anzi! Probabilmente una brutta tempesta sarebbe stata più temibile di quel mostro. Ma non c’era aria di pioggia in arrivo, il suo naso parlava chiaro, quindi era come diceva Takumi, in fin dei conti: erano al sicuro. E in effetti era quella la sensazione che aveva Yu in quel momento. La stava recuperando un po’ per volta, mano a mano che stava accanto al compagno e che il senso d’abitudine si sostituiva alla paura provata nel sogno. E poi eccola quella domanda! Caduta dal cielo senza alcun preavviso e senza un nesso col discorso precedente - quasi una specie di agguato - lo fece smettere di sogghignare per alcuni istanti, colto più che altro da un ingenuo stupore. Stupore che venne rivolto al più grande, invitandolo tacitamente a spiegarsi, stupore che faticò a restare tale una volta che la richiesta che il Rosso stava aspettando, fece capolino nei loro discorsi. Ma si trattenne dallo scoppiare a ridere maleducatamente, sembrava che Takumi fosse seriamente preoccupato per la cosa - appunto, botta in testa, strana malattia - limitandosi ad un sorriso furbetto.

Eeeeeeh, ti piacerebbe saperlo eh? Appoggiò il gomito sul ginocchio, rivolgendo lo sguardo divertito al compagno più grande. Potrei anche dirtelo, però si presenterebbe un problema. In questo momento siamo in perfetto equilibrio io e te, abbiamo trovato l’accordo perfetto poco fa. Se adesso mi chiedi questa cosa, sono costretto a reclamare qualcos’altro in cambio… Ma che potrei chiederti? Fintamente pensieroso, quasi costernato nel dover trovare un termine per quello scambio, Yu ci rifletté un momento, prima di tirarsi su dal pugno chiuso col fare di chi ha trovato la soluzione. Giusto! Potresti farmi vedere quel foglio che continui a difendere così gelosamente! Sta volta fu il suo turno di sorridere sornione, pregustandosi il dolce sapore della vittoria. Sapeva che il castano voleva davvero sapere le motivazioni del suo comportamento e lui avrebbe mantenuto la parola, raccontandogli più o meno tutto ciò che c’era da sapere.., ma proprio per questo - e per l’imbarazzo che avrebbe sicuramente provato - quel racconto avrebbe avuto un prezzo. Allora? Affare fatto?

« Sei un demonio, ragazzino. »
E’ anche per questo che ti piaccio, no?
« Pff. »

 
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view post Posted on 23/2/2019, 12:27     +1   -1
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Se in un primo momento la sua improvvisa domanda aveva generato un sincero stupore nel suo interlocutore, quest'ultimo non durò molto a lungo; venne soppiantato ben presto da un sorrisetto furbo, di quelli che preannunciano qualche marachella. E diamine se gli piaceva quell'espressione pennellata sul volto del compagno. Rassomigliava a una kitsune, pronta a fartela sotto il naso. Avrebbe voluto sorridere di rimando a quell'atteggiamento volutamente spiritoso e suadente, ma si trattenne dal farlo. Anzi. Voleva davvero che credesse di non star capendo dove in realtà volesse andare a parare con quel teatrino, seppure fosse evidente che la sua indomabile curiosità fosse ancora tutta per il foglietto sul quale aveva scribacchiato quelle quattro note. Voleva vedere sin dove si sarebbe spinto, e cosa avrebbe fatto per convincerlo a mostrare quello che gelosamente stava tenendo celato. Era un po' come farsi sedurre o farsi desiderare.
Seguitò dunque a guardarlo con un sopracciglio appena sollevato, scettico, curioso ma con sguardo estremamente attento, mentre l'altro faceva per poggiare il gomito sul ginocchio e rivolgergli uno sguardo divertito. Buffo. Probabilmente quel ragazzino non aveva la benché minima idea di quanto fosse dannatamente bello, anche e soprattutto in quegli atteggiamenti. E la recitazione doveva dire che era da lode, considerato che nello spiegare sinteticamente quale fosse il 'problema' appena sorto col suo innocente quesito parve costernato a dover chiedere qualcosa in cambio.


E' un terrorista con l'aspetto di un angelo, davvero. Ci sta pure pensando a cosa chiedere..

Al pensiero le sue labbra s'inclinarono in un accenno di sorriso che però venne sapientemente trattenuto, sin quando finalmente ecco arrivare il prevedibile lampo di genio, condito da uno di quei sorrisetti sornioni che tanto gli piacevano. A quanto pareva sapeva tenergli testa meglio del previsto, considerato che ardeva davvero dalla voglia di sapere perché avesse accettato la sua proposta senza controbattere in alcuna maniera. Forse e probabilmente era per arrivare a quel punto, piccolo furbetto. Sospirò pesantemente, distogliendo lo sguardo dal suo verdissimo e magnetico e cercando di nascondere quel mezzo sorriso che adesso aveva fatto capolino del tutto. Glie l'aveva fatta, l'aveva opportunamente incastrato. E nonostante quel foglietto non raffigurasse nulla di compromettente o di facilmente decifrabile senza uno strumento, un po' restio lo era a mostrarlo. Seppure non sarebbe trapelato, in quel pezzo di carta erano trascritti i suoi sentimenti nei confronti della persona su cui era stata ispirata la composizione; cosa suscitava, come pareva percepirla. Era un po' come mettersi a nudo.
Seguì qualche secondo di stasi, prima che Takumi sollevasse lo sguardo smeraldino dalla carta che teneva pressata sulla gamba per piantarlo in quello del rosso. Aveva preso una decisione riguardo alla proposta del compagno al suo fianco, e aveva ceduto irrimediabilmente alla curiosità di sapere.
Affare fatto. fece eco, cedendo un po' in imbarazzo quel foglietto sgualcito, tenendolo nell'incavo fra indice e medio. Attese dunque che lo prendesse per esaminarlo, distogliendo appena lo sguardo contrito e sperando non si accorgesse di quella maledetta vampa di calore (dovuta all'imbarazzo del momento) che quasi sicuramente gli aveva colorato appena un po' le gote pallide. Come puoi vedere non è assolutamente nulla di speciale. Ammazzavo il tempo nell'attesa di prendere sonno. sminuì totalmente il suo lavoro certosino, sperando servisse a mitigare quel pensiero da 'ecco qua, adesso sa e scapperà via' che sa da un lato lo metteva a disagio, dall'altro si rese conto che non voleva assolutamente che accadesse. Adesso tocca a te. disse quindi, tornando sull'attenti a osservarlo dritto negli occhi, pendendo totalmente dalle sue labbra. Dai. L'opportunista era lui, non Yūzora. Doveva esserci qualcosa sotto per aver accettato così senza remore quella proposta, oltre al coglierlo in castagna.

 
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view post Posted on 24/2/2019, 14:55     +1   -1
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Ah cavolo, gli era proprio mancato quel tentare di fregarsi a vicenda! Amichevolmente, ovvio, ma era sempre divertente esasperare Takumi fino a farlo sospirare in quella maniera e strappargli quei mezzi sorrisi che tentava ogni volta di nascondere. Pure in quel momento lo stava facendo, ne era sicuro. Non lo vedeva, perché aveva distolto lo sguardo, muovendo quel tanto che bastava il capo di lato per celarlo, ma Yu era certo al cento per cento che il castano se la stesse ridendo tra sé. Ormai era un po’ che lo conosceva, aveva ben capito il pattern dei suoi comportamenti - la maggior parte almeno - quindi non gli era difficile immaginarselo a sogghignare tra il compiaciuto e l’incastrato, mentre la sua proposta attecchiva lesta gridando un “hai visto che te l’ho fatta?” grande come una casa. Ed era proprio così in effetti, era riuscito a fregarlo letteralmente sotto il naso e dopo giorni in cui quasi qualsiasi andamento degli scontri affrontati era stato nelle mani di terzi, piuttosto che nelle sue, faceva abbastanza piacere percepire la sensazione d’avere il coltello finalmente impugnato dalla parte giusta…seppure per uno scherzetto innocente come quello. Non c’era vera malizia nelle azioni di Yu, era solamente curioso, come curioso era Kurama seppure in maniera diversa da lui. Proprio non lo tollerava Takumi quella Volpe, e supponeva che nemmeno il castano avesse molta simpatia per il demone, di contro. Chissà come l’avrebbero reciprocamente presa se un giorno avesse dovuto, per qualche motivo, mettere al corrente il suo compagno della presenza di Kurama dentro di sé. Kami…aveva davvero una pessima sensazione in merito, e di sicuro non era solamente colpa del basso ringhio che la Volpe gli aveva cacciato solo per averci pensato. Però, sì, forse non era il caso di rimuginarci adesso su quell’eventualità ingarbugliata. Non valeva la pena appesantirsi con quel genere di pensieri, adesso si meritava solamente di godersi un po’ quella ritrovata normalità. E cazzo, se la meritava eccome! Dopo tutti i casini, dopo aver pensato di poterci rimettere davvero la pelle, di rischiare di perdere qualcuno di importante, di poter smarrire completamente sé stesso, quella pace condita da un pelo di wasabi, era più un bisogno che un merito. E Takumi era una delle persone migliori con cui recuperare le vecchie abitudini. Stare con lui gli dava la sensazione di tranquillità che aveva quando stava a casa, tanto che riusciva a calare un poco le difese e a far uscire quello Yu che amava giocare e divertirsi. Pure con poco, come si evinceva da quei punzecchiamenti col più grande. Più grande che, dopo essersi preso qualche attimo per pensarci su, si decise finalmente ad accettare la proposta del Rosso che non tentò nemmeno di nascondere la soddisfazione per essere riuscito nel proprio intento. Oh nono, il sorriso sornione si allargò ulteriormente, coinvolgendo anche gli occhi che brillarono furbescamente e senza vergogna nei confronti di quelle iridi più scure che lo guardavano con insistenza.

Ottima scelta!

Si complimentò, sembrando pure ai suoi stessi orecchi uno di quegli yōkai che stringevano un patto con gli umani per fregarli in qualche modo, mentre sfilava dalle dita del reale possessore, l’origine di tutti i mali che avevano portato a quel momento. Un foglietto sgualcito e di un colore che di sicuro non era più l’originale, ma che pareva avere un valore inestimabile per Takumi. Si sentì quasi in colpa quando distolse lo sguardo da lui, in qualche modo mortificato, ma si era impegnato un sacco per poter dare una sbirciata a quel pezzo di carta che non gli andava proprio di rinunciare proprio ora. Tant’è che spostò lo sguardo in basso, sulla ricompensa appena ricevuta che teneva tra le mani. Su di essa, erano disegnati dei pentagrammi con dei tratti lievi, quasi difficili da notare nella penombra, e, sui righi di questi ultimi, note. Note, note, note e una serie di segni che Yu aveva visto in qualche vecchissima lezione in accademia, ma che non ricordava bene che volessero dire. Tra tutti, riusciva a riconoscere solamente le pause. Se Takumi si fosse voltato a sbirciare la sua reazione, lo avrebbe visto prima alzare le sopracciglia in senso di stupore, per poi corrucciarle nell’intento di riesumare quelle poche nozioni di musica che aveva e decifrare più o meno la melodia ch’era stata scritta su quel foglio, senza grandi risultati.

« Pensa un po’, e chi lo avrebbe mai detto che quel LinguaLunga si intendesse di musica? Quello strumento che tiene a casa sua non sta lì solo per bellezza, allora. » Forte dei ricordi di Yu, la Volpe non mancò di dare una spiegazione a quello che il suo umano stava scorrendo con gli occhi. « Mpf, e chi lo avrebbe mai detto. »

In effetti, Takumi non gli aveva mai detto di saper suonare l’erhu. Nemmeno Yu lo aveva mai sentito o visto farlo, tanto che durante il gioco di Kurama non era sicuro di poter legare l’amico a quello che aveva visto nella bolla, portandolo a decidere di scartarla…coi risultati che ormai erano noti. Strinse il foglio tra le dita quando quei pensieri riuscirono nuovamente a turbarlo, salvo poi essere riscosso dalle parole del castano che, come faceva praticamente ogni benedetta volta, sminuì quello che aveva fatto per poi richiedere la sua parte di scommessa. Il problema era che, a differenza di un disegno, la musica c’era bisogno di sentirla per poterne godere in maniera appropriata. Dare uno spartito in mano a un’ignorante come Yu - in quasi tutte le forme d’arte possibili ed immaginabili - non permetteva di sicuro al richiedente di potersi fare un’idea chiara di cosa ci fosse scritto, tanto meno di confutare quel minimizzare del più grande. E francamente, no. Il Rosso non era per nulla sodisfatto, tanto meno si fidava della valutazione di Takumi sul proprio stesso lavoro.

Non così in fretta. Fece, porgendo il foglio al castano per restituirglielo. Sai benissimo che sono ignorante in queste cose, quindi se sia o meno un lavoro di poco conto, lo potrò dire solamente dopo aver sentito cosa hai scritto. Sistemò meglio la coperta che stava scivolando giù dalla spalla, quindi si rivolse nuovamente al compagno, inclinando appena il capo per cercare di incrociare il suo sguardo. Ti va di farmi ascoltare?

 
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view post Posted on 5/3/2019, 21:16     +1   -1
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La soddisfazione di aver ottenuto quello che voleva col minimo sforzo, pennellata minuziosamente nell'espressione sul volto del suo giovane ospite, parve cambiare radicalmente dal momento in cui aveva gettato lo sguardo sull'agognata refurtiva. E sogghignò Takumi, ben consapevole che 'leggere' uno spartito non era come udire davvero le note che vi erano disegnate sopra. A meno che non ne capivi davvero di musica e non ricordavi a memoria tutte le tonalità corrispondenti ad ogni rigo non era per nulla semplice decifrare quello che c'era scritto, e anche lo fosse stato mancava sempre del sentimento che soltanto il suono di uno strumento poteva imprimere alla composizione. Si era un po' fregato con le sue mani, ma fu appagante vederlo spremere le meningi per richiamare qualcosa alla mente che potesse essergli di aiuto nel decifrare lo scarno spartito, sollevando dapprima le sopracciglia in un eloquente stupore per poi corrucciarle. Avrebbe voluto ritrarlo, con quella coperta che lasciata libera di decidere dove poggiarsi scivolava sulla sua spalla, scoprendolo appena. E quella stessa musica che aveva trascritto tornò improvvisamente a risuonare nella sua mente, dolce, armoniosa. Avrebbe voluto gridare al mondo quanto quel ragazzino stava facendolo diventare pazzo, facendogli desiderare ardentemente un bacio che avrebbe potuto prendere da chiunque ma che non avrebbe accettato se non dalle sue labbra. Mai aveva desiderato tanto qualcosa da qualcuno come in quel momento. Patetico.
Distolse lo sguardo, cercando di pensare ad altro, provando a celare il rossore che gli aveva colorato le gote per l'imbarazzo provocato dai suoi stessi pensieri e dal pensiero che Yūzora potesse accorgersi di quanto fosse.. sensibile, se vogliamo. Non voleva desse una sbirciata dietro quella sua apparente spavalderia e si perdesse nei meandri oscuri di un'anima fagocitata dal male che le era stato causato. Se avesse saputo, se avesse scoperto di cosa era stato capace, probabilmente non gli avrebbe rivolto mai più la parola. E non voleva che accadesse. Non ora. Mai. Non voleva che quel diamante smettesse di riflettere le sfaccettature luminose del suo essere sul suo cammino, perché con lui si divertiva, con lui si sentiva libero.
Sminuì dunque il proprio lavoro per distogliere l'attenzione dal foglietto alla parte che decisamente era di maggiore interesse per lui, ovvero comprendere perché mai avesse accettato così rapidamente la sua proposta di condividere la coperta. Era stato un atteggiamento troppo strano e imprevisto per essere semplicemente frutto del semplice tornaconto, o comunque della curiosità di sbirciare in quel foglietto scarabocchiato. Ma Yūzora, come ben poteva immaginarsi il castano, non glie la rese troppo semplice e pretese di ascoltare quella musica che non era riuscito a leggere. Ecco. A quel punto avrebbe potuto benissimo sbattergli in faccia un sorrisetto sornione dei suoi, rincarare la dose con un pizzico di maligno divertimento e buttare la carta del 'tu hai chiesto di vedere il foglio e io te l'ho fatto vedere, quindi adesso sei in debito', ma quella maniera quasi innocente di chiedergli, quel reclinare appena il capo cercando direttamente i suoi occhi, lo fece desistere dal farlo. Sollevò lo sguardo per accarezzare quello del compagno dalla chioma fulva, quindi un sospiro esasperato che questa volta era tutto per buttare la tensione fuori. Era visibilmente imbarazzato.


D'accordo.. disse quindi cercando di non sembrare troppo imbarazzato, prendendo fra le mani il foglio con su scritta la melodia per sistemarlo dentro al kimono. Non aveva bisogno di guardare quelle note: sapeva esattamente cosa aveva scritto, quali pause aveva messo, come sarebbe poi sembrata la composizione emessa dalle corde del suo erhu. E prese a canticchiarla, chiudendo gli occhi, picchiettando involontariamente la mano sulla gamba come stesse pizzicando realmente le corde dello strumento a lui tanto caro.
Era dolce, musica flautata da una voce che pareva esistere per ammaliare ed irretire, sedurre e trasmettere emozioni; sembrava un componimento carico di speranza, ma con appena una nota di malinconia, che trasmetteva tanta serenità quanta forza. Ma era incompleta, e come tutte le cose incomplete non poteva essere soddisfacente per l'artista che in quel momento stava canticchiando proprio al suo ignaro ispiratore. Si. Quelle note rappresentavano in tutto e per tutto quel ragazzino dalla chioma fulva, come lo faceva sentire e cosa riusciva a trasmettergli. Ma non glie l'avrebbe mai ammesso, un po' per vergogna un po' per paura di giocarsi una carta sbagliata. Canticchiò almeno per un minuto buono, poi si interruppe con un sospiro. Non aveva scritto altro.


Eccoti accontentato. commentò con un sorriso appena accennato, tornando a guardarlo negli occhi. Adesso tocca a te, e non ci sono scuse che tengano questa volta. e nemmeno sorrisetti furbi in grado di distogliere la sua attenzione dalla risposta del rosso. Aveva fatto la sua parte, quindi adesso era giusto che anche lui facesse la sua e risolvesse la sua curiosità.

 
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view post Posted on 6/3/2019, 17:44     +1   -1
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E sì, lo sapeva che facendo quella domanda avrebbe potuto finire invischiato al suo stesso gioco, tuttavia era troppo curioso per non farla e, nel qual caso Takumi avesse replicato con un nuovo debito, pazienza. Voleva sentire quella musica. Sapeva che, dall’arte, spesso e volentieri si capivano molte cose su chi ne era il creatore, perché anche involontariamente finiva con l’immetterci una parte di sé. I disegni che il castano gli aveva mostrato al loro primo incontro, ne erano un esempio lampante. Gli avevano fatto comprendere diversi aspetti del più grande senza bisogno di chiederglieli. Solo sfogliando l’albo, era riuscito ad intuire che gli piacessero la pioggia, l’acqua, i gatti e le belle cose o persone. Disegnava ciò che gli piaceva o che lo colpiva in maniera particolare, come i Kimono delle geishe che Yu ricordava particolarmente sfarzosi ed eleganti nelle rappresentazioni del compagno. Quindi era in qualche modo sicuro, che anche ascoltando quella melodia avrebbe scoperto qualche cosa su di lui. Magari non in maniera netta e materiale come poteva essere stato per i disegni, ma sarebbe stato comunque qualcosa di suo. Qualcosa che veniva da quel posto dietro la maschera che era tanto difficile da vedere. In un certo senso, il suo poteva sembrare un espediente…un trucco per scavalcare il muro e guardare a gratis, ma era del tutto innocente. Pure e semplice curiosità, puro e semplice bisogno di annodare una cordicella in più per rinsaldare ulteriormente quel legame, che proprio di recente aveva rischiato di perdere non una, ma ben due volte.
Sapeva di chiedere uno sforzo a Takumi nel fargli quel favore, quindi avrebbe accettato anche se gli avesse rivoltato contro le sue stesse parole. Ma fortunatamente non ce ne fu bisogno.
Incontrò gli occhi del castano solo pochi attimi, ma bastò per farlo capitolare a quella sua richiesta. Era visibilmente imbarazzato, questo era evidente. Per quanto cercasse di nasconderlo, le gote lievemente arrossate non lasciavano presagire nulla di differente…se non, forse, un ulteriore alzarsi della temperatura, ma dubitava fosse quello il problema. Quindi Yu preferì non infierire, lasciando che il compagno si prendesse il suo tempo, stupendosi del fatto che mettesse via lo spartito, e facendosi attento come un gatto che aveva adocchiato qualcosa di invisibile all’occhio umano nella stanza. La voce di Takumi prese ad uscire qualche istante dopo, musicale, flautata, decisamente adatta a quel tipo d’utilizzo. Il motivo che andò mugugnando apparve da subito colmo delle sensazioni che il giovane vi imprimeva. Speranza, malinconia, serenità, ma anche una certa risolutezza e decisione. Yu si ritrovò inaspettatamente a chiudere gli occhi, per assaporarne meglio l’animo in quella notte per mare, seguendone meglio la melodia, concentrandosi solo sulla stessa, trovandola insperabilmente bella e domandandosi come sarebbe stata suonata con quello strano strumento a corde che Takumi teneva in casa. Ascoltò il canto del compagno per un tempo che non riuscì a definire da quanto riuscì a perdersi nelle note, ma quando la voce smise di vibrare fu chiaro che il componimento fosse ancora incompleto. Il finale era netto, lasciato a metà, segno che quella musica andava ancora completata, ma questo non ne inficiava minimamente la bellezza, anche ad un orecchio neofita come quello di Yu. Ora che ci pensava…essere intonato doveva essere molto più semplice per Takumi, con l’udito fine che aveva.


Eeeeeeh. Fece. Di un po’, sai cantare, sai suonare, sai comporre, sai disegnare, sai cucinare…ma c’è qualcosa che non sai fare, tu? In effetti, Takumi riusciva bene in qualsiasi tipo di arte, contrariamente a lui che era un asino in quelle cose. Tranne scrivere…quello gli riusciva bene. E cucinare, lì era discreto.

« Sì, te lo dico io. Stare al suo posto. » Aspro, Kurama si fece sentire sputando veleno e non c’era troppo bisogno di scervellarsi per capire a cosa si riferisse. « Il tuo amico non sa tenere la lingua tra i denti quando dovrebbe. Questo proprio non gli riesce. »

E beh, difficile dare torto alla Volpe su quell’argomento. Ma pure avesse voluto, non ne avrebbe avuto il tempo. Una volta terminato di cantare, Takumi lo incalzò subito per avere quello che giustamente gli spettava secondo accordi. Non che a Yu andasse troppo di raccontargli di “aver avuto un incubo”, più ci ripensava, più gli sembrava una cosa stupida da dire, però aveva preso un impegno e non poteva tirarsi indietro all’ultimo…soprattutto dopo che il castano s'era sforzato di andare incontro alla sua imbarazzante richiesta senza nemmeno fare troppe storie. In effetti pure quello era curioso. Non aveva protestato minimamente, si era espresso soltanto con un sospiro prima di accettare e accontentare Yu. Che fosse preoccupato seriamente? Per una cosa del genere? Solo perché gli si era avvicinato senza fare storie? Suvvia, neanche avesse avuto la lebbra! Davvero fino a quel momento gli aveva dato quell’impressione? Di volergli stare distante? Ci pensò su un momento tra sé, Yu, e non riuscì effettivamente a trovare una risposta certa. Anche perché non aveva idea di come a volte l’amico recepisse i suoi comportamenti. Infondo è normale che ognuno interpreti le cose a modo suo, era per quello che a volte tra le persone nascevano dispute inutili. Perché non ci si capiva o perché si interpretava a cazzo cosa diceva l’altro.
Fatto stava che volente o meno, era ora di ricambiare.


Oi, ma per chi mi hai preso? La domanda uscì lievemente offesa dalle ultime parole di Takumi. Ma di quell’offesa infantile che non è vera offesa. Io mantengo sempre le promesse. Sospirò. In realtà non è nulla di che la motivazione che mi ha portato a mettermi qua sotto con te. O dovrei dire, “l’insieme di motivazioni” per essere più corretto. Un sorriso, un po’ colpevole, prima di continuare. Innanzitutto, checché ne dicessi tu, volevo che stessi al riparo perché non stai per nulla bene, quindi se accettare subito fosse servito a non farti peggiorare, andava bene. Senza contare che avevi ragione a dire che il tuo haori non tiene abbastanza caldo, fa proprio freddo, quindi egoisticamente volevo stare al caldo anch’io. Fece una pausa, guardandolo appena mentre diceva Poi c’era la faccenda del foglio…e sapevo che ti avrei spiazzato accettando rapidamente l’invito, quanto meno incuriosendoti, quindi ho sfruttato la cosa per saziare la mia curiosità. Gomen! Unì le mani, chinando appena il capo in segno di scuse. Aprendo un occhio per volta, poi, come a voler prima controllare se gli stesse per arrivare un pugno o no. Neanche fosse servito effettivamente ad attutire il colpo. A quel punto però, si fece un po’ più serio, tirò su una gamba poggiandoci sopra il braccio, mentre l’altro rimase sul ginocchio gemello, piegato in orizzontale, rimasuglio della precedente posizione a gambe incrociate. C’è ancora una cosa. Ma mi devi promettere di non ridere. Lo guardò, attendendo un riscontro positivo, prima di continuare. Semplicemente mi andava. Ho fatto un sogno strano, prima, mentre dormivo rannicchiato qui. Nell’incubo, mi venivano strappati i ricordi che avevo di una persona in particolare. Un amico a cui tengo molto. Il problema è che non è stata una cosa massiva, non mi sono risvegliato nel sogno con la consapevolezza di aver dimenticato qualcuno senza sapere chi. Le memorie mi venivano sfilacciate una ad una. Prima il nome, poi i lineamenti…e l’unica cosa che potevo fare era correre contro il tempo per impedire che altro finisse nell’oblio. Senza rendersene conto, Yu prese a carezzarsi con l’indice della mano destra, il polso sinistro, laddove, nel sogno, aveva legato il laccio per capelli di Takumi. I ricordi di quell’avventura e del dolore provato erano ancora vividi e quasi si vergognava ad alzare lo sguardo per incrociare quello dell’amico, mentre gli diceva che aveva rischiato di dimenticarsi di lui per sempre. Eri tu, quella persona. E lo so che è una cosa stupida, perché è un sogno, ma tra quello e Fukagizu…semplicemente quando mi sono svegliato mi andava di sedermi vicino a te. Distolse lo sguardo dal vuoto che fissava avanti a sé, facendolo scivolare di lato, borbottando qualcosa come un Non ci vedo nulla di male, non hai mica la lebbra. Quindi riportò gli occhi sul compagno, reticente, sicuro di sentirti prendere in giro come mai era accaduto. Toh, adesso puoi ridere.

 
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view post Posted on 9/3/2019, 15:07     +1   -1
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Avete presente quella strana sensazione di perfetta inadeguatezza quando vi trovate costretti a far qualcosa che credete non sia nelle vostre corde? Takumi non era abituato a esprimere verbalmente le sue produzioni musicali e sentirsi in dovere di accontentare il compagno era stata una piccola provocazione contro se stesso. A parte che desiderava davvero ottenere una risposta alla domanda che aveva posto, non riusciva proprio a dirgli di no quando si poneva in maniera così furbescamente naturale, con quel sorriso che avrebbe davvero potuto sbriciolare un massiccio cumulo roccioso. Non poteva non accontentarlo, seppur reticente nell'esibirsi in quell'approssimata melodia ancora del tutto sconclusionata e sicuramente meglio adattabile al suono del suo erhu che a quello della sua voce. Fatto stava che una volta terminato di canticchiare quelle poche note scribacchiate sulla carta ricevette degli inaspettati complimenti che, senza della mielosa falsa modestia, furono determinanti per il suo orgoglio. Un sorrisetto sornione si era pennellato sulle labbra, arricchito da un'espressione grata ma al contempo brillante. Ci sono tante cose che non so fare, ma ce ne sono un paio che mi riescono piuttosto bene. commentò, sicuramente attribuendosi meriti ma senza mancare di essere realista, di far notare che non era capace a fare tutto. Era della convinzione che ogni cosa fosse possibile con l'impegno, ma specializzarsi in troppe cose era un lavoro faticoso. Disegnava da che era bambino, nascondendosi in un angolo in quell'inferno di casa che non lo apprezzava un minimo; suonava da altrettanto tempo come autodidatta, dopo aver visto quello strumento meraviglioso dal suono che pareva un dolce lamento; cantare non era il suo forte e cucinare era esigenza, vivendo da solo. Insomma. Le sue passioni erano il disegno, la musica.. possiamo dire l'arte del bello, in maniera generalizzata. Era la sua mania del perfezionismo e il suo indomito spirito d'adattamento ad aver fatto il resto. Avrebbe voluto aggiungere ancora un qualcosa a quanto detto, per poterlo pizzicare e sedurre al contempo, stimolando la sua curiosità come spesso faceva per tenerlo sulle spine, ma per evitare che l'attenzione passasse dalla 'ricompensa' per il suo canto alle sue doti preferì semplicemente far cadere lì la questione e porre l'accento su quell'altra.
Ovviamente quell'atteggiamento da finto offeso con il quale accolse le sue parole lo fece sghignazzare di gusto, ma ben presto l'attenzione venne ghermita da quello che il rosso fece per confessare dopo un sospiro. Su alcune delle motivazioni ci aveva azzeccato, come quella di coglierlo in castagna e quella di tenerlo sotto le coperte. La premura che aveva nei suoi confronti ultimamente si era acuita e la cosa lo faceva sentire bene; era come respirare aria di casa, dove niente e nessuno potrebbe mai giudicarti o farti del male. E poi diciamocelo, chi non apprezza avere qualcuno che si preoccupa per te? Una mezza risata venne sbuffata all'ammissione di colpevolezza per quanto riguarda il macchinoso piano per osservare il foglietto. Era davvero un terrorista quel ragazzo, ma gli piaceva anche per quello.
Scuse accettate. rispose per rassicurarlo, vedendolo aprire gli occhi uno alla volta nella speranza di non ricevere un pugno per la piccola 'bravata'. Pugno che il castano non aveva alcuna intenzione di dargli. Scampato il pericolo lo vide farsi più serio, attirando irrimediabilmente tutta la sua attenzione. Gli disse che c'era ancora un'altra cosa che doveva confessargli e gli chiese di non ridere, al che Takumi annuì. Ci provo. confermò, mettendo però le mani avanti. Non poteva certo controllare una risata se qualcosa suonava buffo, ma ci avrebbe messo tutto l'impegno per non mettere a disagio il compagno. Ma solo perché era lui.
In un primo momento quello che disse lo lasciò perplesso, poiché gli raccontò di un incubo molto vivido che aveva 'vissuto' durante le sue ore di sonno al quale il castano non sentiva proprio il bisogno di ridere. Quante volte ne aveva fatti lui di incubi! Sapeva che potevano essere talmente reali da allarmarti, da lasciarti sensazioni strane per tutta la giornata e farti desiderare di dimenticare ogni cosa. E quello che fece Yuzora era uno di quelli. Qualcosa nell'incubo pareva strappargli ad uno ad uno i ricordi di una persona cara, lasciandolo consapevole di star inesorabilmente perdendo qualcosa di importante. Doveva tenere molto a quella persona, se quel viaggio onirico l'aveva portato a voler stare accanto a qualcuno di amico senza pensarci mezza volta. Lo vide abbassare lo sguardo sul polso e cominciare nervosamente a massaggiarselo, come se avesse addosso qualcosa, una bruciatura o un fastidio articolare. E qui arrivò la rivelazione che lo lasciò piacevolmente stupito: era lui la persona importante, quella che aveva creduto di perdere per sempre in quell'incubo tanto meschino. Davvero? Teneva così tanto a un figlio di puttana come lui da avere persino paura di perderlo? Vero che a Fukagizu ci erano andati vicini a perdersi, ma non pensava fosse un qualcosa di così profondo. Pensava fosse soltanto la bontà di quel ragazzo a farlo agire così nei suoi confronti, e invece si sbagliava. Era l'affetto. Affetto che lo lusingava, che gli fece capire di potersi spingere un po' oltre, di poter osare. Ma non quel giorno. Non voleva scuoterlo più di quanto già non fosse in quel momento, mentre con reticenza tornava a guardarlo negli occhi, pronto come non mai a subire angherie e sbeffeggi di ogni tipo.


Sei proprio un baka, Kaen-chan..

Ciò che gli pervenne non fu una sonora risata, ma un gesto. Completamente incurante di tenere il lembo di coperta fisso sulla spalla, allungò la destra verso quel polso che stava massaggiandosi, afferrandolo dolcemente ma saldamente, frizionando piano col polpastrello del pollice. Non ti libererai mai di me.. disse serio, distogliendo lo sguardo a quel polso al quale stava dando tante attenzioni e tornando ad ammirare quegli occhi verdissimi con un'espressione che aveva il sapore di una promessa. ..niente e nessuno potrà mai cancellarmi da qui. concluse, indicandogli semplicemente il cuore ed esprimendosi in un sorriso. Era convinto di quello che diceva, e avrebbe fatto davvero in modo di scavarsi un posto talmente in profondità in quel ragazzo da impedirgli di dimenticare. Non voleva tornare ad essere un tizio qualunque. Non voleva perdere quei sorrisi e quelle attenzioni, quel testa a testa che pochi riuscivano a reggere.

Sai, anch'io ho avuto un incubo, quando eravamo a Fukagizu. proruppe dopo qualche secondo di pausa, esponendosi per tentare di rassicurarlo, di entrare in empatia. Non che avesse tanta voglia di parlarne, di ricordarne le spiacevoli sensazioni e di ricordare quegli artigli che gli avevano trapassato la schiena come fosse un panetto di burro, ma voleva tentare di fargli capire che non era il solo ad avere degli incubi. E poi non esisteva persona al mondo se non il rosso a poter essere suo confessore. Si fidava di lui. Ho sognato che.. si interruppe un secondo, sospirando. Era il caso di dare tutti i dettagli? Non credeva, e quindi decise volutamente di omettere qualche sciocco dettaglio. Era solo un incubo dopotutto. ..ho sognato di bruciare, di ardere vivo. Ed era così dannatamente vero che credevo sarei morto. Ho tentato di scappare, di chiamare aiuto, ma ero dannatamente solo e l'unico pensiero che mi veniva in mente era che non potevo morire così. continuò distogliendo lo sguardo dal compagno per osservare nuovamente il suo polso, che non aveva mollato nemmeno un secondo. Non era imbarazzo il suo, o forse un tantino, ma sembrava più un uomo che cercava di rievocare qualcosa alla mente. Poi ho sentito una voce che mi chiamava e qualcuno che si protendeva per prendermi. Ho afferrato quella mano senza esitazione e mi sono svegliato, con te a stringermi la mano e quella ragazzina. Sbuffò una mezza risata, tornando con lo sguardo smeraldino su di lui. Sei stato tu a trascinarmi via da quell'inferno. disse con assoluta certezza, reclinando poi un po' la testa e sfoggiando finalmente uno dei suoi sorrisi sornioni. Come vedi non sei l'unico a fare dei sogni strambi. E no. Non ho la lebbra e non graffio, non sempre almeno. Sono felice che tu abbia accettato di sederti accanto a me.

 
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view post Posted on 10/3/2019, 17:01     +1   -1
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Avrebbe riso. Ne era sicuro al cento per cento. Perché, dai, chi non lo avrebbe fatto sentendosi dire una cosa del genere? Al suo posto lui si sarebbe messo a ridere di sicuro, e non solo! Avrebbe tenuto buona la faccenda per prese in giro future…un po’ come la storia della mucca e di Urako, insomma. Ce si ripensava, la vedeva come in quel preciso istante, saltare come una molla al muggire dell’animale e andare a nascondersi dietro a un covone di fieno. Quindi sì, era praticamente certo che Takumi si sarebbe preso gioco di lui da lì all’eternità per quella cosa. Anche perché ovviamente non aveva potuto raccontare le cose come stavano veramente, aveva dovuto censurare la parte di Kurama e, per non dilungarsi eccessivamente, aveva stretto al succo della questione l’intero incubo. Non aveva parlato né di suo padre, né di sua madre, né di cosa fosse stato necessario fare per poter recuperare i suoi ricordi. Era stato vago, riportando soltanto i dettagli circa la motivazione principale per cui si era seduto accanto all’amico senza troppe storie…senza dirgli direttamente nemmeno dell’haori, magari avrebbe capito da sé. E insomma, riascoltandosi sembrava veramente un motivo stupido. Peggio di quei mocciosi fortunati che quando avevano un incubo potevano correre nel lettone dei genitori per trovare conforto - cosa che lui non aveva mai potuto fare in vita sua. Quindi si aspettava una risata. Una di quelle a crepapelle, sapete? Tanto da far male ai muscoli del viso, alla pancia e di far lacrimare gli occhi senza alcun controllo. Gli aveva chiesto di non farlo, ma non era che ci credesse troppo a quel “ci provo” dell’amico. Avrebbe avuto tutte le ragioni per prenderlo in giro e probabilmente lui avrebbe solo tenuto il muso per un po’ perché comprendeva quanto idiota potesse sembrare l’intera faccenda vista da fuori. Ma era ugualmente reticente ad incrociare gli occhi con Takumi. Sia per questo motivo, sia perché era altamente imbarazzante aver dovuto raccontare quella storia. Ci si era messo lui in quel casino, da solo, e volutamente, ma questo non cambiava che si vergognasse di aver detto ad un suo pari “eh sai, ho avuto un incubo”. Vi pare? Ecco. Per quello guardare qualsiasi altra cosa non fossero gli occhi del compagno, era decisamente più interessante. Perché pensava di sapere già cosa avrebbe trovato nelle iridi del castano e non era che gli andasse troppo di veder confermate le proprie ipotesi. O le proprie paure, a seconda del punto di vista. Però, lo sapete, no? A Yu non piaceva quando le persone non lo guardavano in faccia, di conseguenza, reticente o meno, si ritrovò a staccare lo sguardo dalle sudice assi in legno che componevano il ponte della nave, per voltarsi verso il più grande. Riluttante, quasi che improvvisamente quella zazzera fulva che si portava dietro, avesse acquisito un peso cento volte maggiore rispetto al normale. Eppure, quando si concesse di incrociare gli occhi con l’amico, non vi trovò alcuna intenzione maliziosa. Non ci furono sbeffeggi né battutine derisorie. Takumi era stranamente serio e, con grande sorpresa del Rosso, fece qualcosa che non si aspettava. Lo afferrò al polso - quello che si stava carezzando nervosamente, quello a cui nel sogno aveva ancorato il laccio del compagno - e prese lui stesso a massaggiarlo piano, proprio nel punto in cui fino a poco prima lo stava facendo Yu. Per qualche ragione, gli sembrò che la presa del compagno rispecchiasse perfettamente le parole che accompagnarono quel gesto. Una minaccia affettuosa, la definì il Rosso tra sé e sé. Ma era una minaccia piacevole, una di quelle che non gli dispiaceva per nulla ricevere, accresciuta dall’enfasi e dai gesti compiuti dal castano nel riferirgliela. Quel dito puntato sul cuore lo fece sorridere, spazzando via la terribile sensazione d’essere preso per un cretino. Takumi aveva guardato oltre, senza soffermarsi sulla superficie, e gli aveva detto esattamente quello che Yu aveva bisogno di sentire per alleviare un poco quell’orribile sensazione che aveva ogni volta che rivolgeva la mente a quell’incubo. E sebbene fosse cosciente che non fosse proprio vero che fosse impossibile cancellare qualcuno da cuore, anima e memoria di qualcuno - ne aveva avuto una prova tangibile e non voleva nemmeno pensare a cosa sarebbe accaduto se il castano non fosse stato accanto a lui nel mondo reale - gli piaceva concedersi il lusso di credere a quelle parole dell’amico. Parole importanti che avevano il sapore di una promessa solenne.

« Ha ragione lui. » La voce profonda di Kurama intervenne velata da una strana nostalgia, quasi parlasse più tra sé che a Yu. « E’ tutto finito adesso, quella storia è e deve restare solo un brutto ricordo. Non hai idea di quanto mi scocci dover dare un merito a questo tizio. » A quelle ultime parole, riprese il tono di sempre, lievemente stizzito quasi. « Tanto più che, se continui a rimuginarci sopra, mi farai venire il mal di testa. Quindi fammelo come favore personale: basta. »

Rise tra sé il Rosso, non aveva minimamente pensato che il suo tormentarsi potesse ripercuotersi in qualche modo sulla Volpe. Tuttavia quel modo di fare di entrambi, il primo più diretto, il secondo molto più mascherato, gli sembrò quasi una carezza. Quella di Takumi la avvertiva in maniera chiara proprio fisicamente, lì su quel polso che non sembrava intenzionato a mollare. Quella del Bijuu fu più lieve, quasi un colpo di muso sulla gamba, o uno sfiorarlo con una di quelle enormi code, una sensazione piacevole, ma intima. Quasi l’avesse avvertita direttamente sul proprio spirito.
Quei due, ai suoi occhi, erano proprio due baka. Ma due baka a cui era legato, in un modo o nell’altro, e verso cui provava - strano a dirsi - dell’affetto. In modi decisamente differenti, ma era impossibile per lui non tenere anche a Kurama, soprattutto ora che avevano condiviso praticamente ogni cosa. Si ritrovò quindi a sorridere, prima di rivolgersi direttamente al compagno d’arme, mentre quell’occhiata torva da “ora mi prenderà sicuramente per il culo” sfumava nel nulla più assoluto.


Giusto. Rispose, palesemente rassicurato dal modo di porsi dell’amico che, forse per la prima volta, gli mostrava un sorriso che non fosse la caricatura dello stesso. Sei proprio come le mie bolle appiccicose tu!

Ridacchiò da sé a quella sua analogia, atta a stemperare l’atmosfera troppo seriosa che s’era venuta a creare, nonché l’imbarazzo, che un po’ ancora provava, per aver avuto bisogno d’essere tirato su circa quella faccenda. Fu a quel punto che Takumi se ne uscì con il racconto di un suo sogno, risalente a quando erano a Fukagizu e, per la precisione, avvenuto poco prima di riprendere conoscenza nella piazza. Era strano che il castano raccontasse qualcosa di sé spontaneamente, generalmente servivano canna, lenza e amo per tirargli fuori qualcosa dalla bocca, quindi il Rosso ne uscì sorpreso in un primo momento, comprendendo poi che, forse, l’amico volesse metterlo un po’ a suo agio. Non serviva un’intelligenza superiore per capire che si sentisse terribilmente un idiota in quel momento. E apprezzò un sacco: sia perché sapeva che al più grande costava sempre una fatica immane parlare di sé, sia perché pareva non avere una voglia tremenda di riportare in superficie i ricordi dell’incubo a cui faceva riferimento.
Come quello di cui aveva raccontato Yu, anche quello di Takumi dava l’idea di essere uno di quei sogni che ti si attaccavano addosso e riuscivano a tormentarti anche una volta sveglio al solo ricordo d’averli fatti. Un sogno vivido, ma, a differenza del suo, piuttosto giustificato. Aveva sognato di bruciare vivo…quante volte era capitato all’interno della statua che finissero al rogo, in un modo o nell’altro? Due? Tre? A parer suo anche troppe, basti pensare che l’odore della carne cotta gli dava il voltastomaco, quindi gli sembrava abbastanza normale che Takumi avesse potuto fare un incubo del genere dopo l’esperienza appena vissuta. E proprio per questo doveva essere stato ancora più terribile. La cosa curiosa di quel sogno era che a bucare le pareti oniriche, era stato lui. La sua voce prima e la stretta alla mano poi. Dal punto di vista del castano appena svegliato, era stato lui a tirarlo fuori da quell’inferno.


E’ stata Urako con la sua Arte Medica a riportarti tra i vivi. Io non ho fatto nulla di che. Disse subito, non volendo meriti che, in fin dei conti, non aveva, anche se agli occhi di Takumi la storia era ben diversa. Ma sono sempre disponibile a prendere a calci il prossimo incubo o a trascinartene fuori se serve! Fece, tutto convinto, non vedendo nulla di strano in quell’intera faccenda, salvo poi percepire una certa inquietudine da parte di Kurama.

« Non ti sembra familiare questa storia? »
…Che vuoi dire?
« Anche tu non ti svegliavi e hai “avuto bisogno” dell’intervento della Bambina Invisibile. »
Urako.
« Bambina Invisibile è abbastanza. »
Sbuffò Yu, prima o poi ci sarebbe riuscito a far chiamare i suoi amici per nome anche da Kurama. Sì, è così. Io non mi svegliavo perché tu mi stavi trattenendo. Ma Takumi era davvero messo male, aveva la febbre, un sonno molto agitato e…
« E quanto poi si è ripreso non gli hai forse visto un occhio giallo? »
Quello è stato un gioco di luci. Rispose, inizialmente convinto, salvo poi cercare conferma nel demone. …No?
Ci fu un silenzio pensante da parte della Volpe, prima che la sua voce tonante facesse nuovamente capolino. « Tienilo d’occhio. » Disse in un modo che fece correre un brivido lungo la schiena di Yu. « Non ti sarà difficile, tanto ti è sempre attorno. Anzi, adesso non ha nemmeno intenzione di mollarti il braccio a quanto pare. »
Ryōkai…Ma non sarebbe meglio che mi dicessi cosa ti preoccupa tanto?
« Pff…Non sono affatto preoccupato! E, in ogni caso, i miei sono solo sospetti per ora, nulla per cui ci si debba pisciare sotto già adesso. »

Per un breve istante, Yu riuscì a sfiorare i pensieri di Kurama. Per un breve istante, l’immagine di un felino blu, infuocato, con occhi di colore diverso e due code, prese la forma dei dubbi della Volpe. Non riuscì a comprendere bene i sentimenti del demone nei confronti di quella creatura. Erano confusi, commisti a vecchi rancori non direttamente legati a quella figura e, in un certo senso, diluiti in un tempo incalcolabile che, forse, aveva reso difficilmente comprensibili quelle emozioni al Bijuu stesso. Tuttavia non serviva un genio a capire quale fosse il sospetto principale del Kyūbi. Uno dei suoi fratelli forse era proprio lì, di fronte a Yu, nascosto chissà dove e in chissà che anfratto dell’anima del castano. Ma non c’era alcuna certezza in merito, nessuna prova reale, solo supposizioni e deduzioni… Come diceva la Volpe, in quel momento, fasciarsi la testa prima del tempo non era necessario, bastava tenere gli occhi aperti, osservare eventuali segnali e…E cosa? Non lo sapeva nemmeno il Rosso e, a dirla tutta, non aveva neanche la forza di concentrarsi su quella possibilità. Takumi era Takumi e, demone o meno, era sicuro che sarebbe rimasto lo stesso di sempre, come aveva fatto lui. In ogni caso, quei pensieri erano prematuri. Prematuri e dannatamente caustici. Meglio lasciar perdere e vedere come si evolvevano le cose, solo il tempo avrebbe definito la realtà. E poi la voce di Takumi lo richiamò coi piedi per terra. Aveva uno dei suoi sorrisi sornioni stampato in faccia, e con una sincerità che poche volte capitava di vedere, affiancata a quel sogghigno, gli disse che era felice avesse accettato di sedersi accanto a lui. Che baka.

Ci mancherebbe altro che non lo fossi! Il Rosso, furbetto, non si lasciò di certo scappare quella palla letteralmente regalata. Ti sei dimenticato che sei stato tu a chiedermelo? Scosse la testa ridendo, prima di rivolgersi di nuovo al compagno, questa volta senza battute. Avresti potuto prendermi in giro fino alla morte, ma non lo hai fatto. Arigatō.

 
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Non ci voleva un genio per comprendere quanto quella storia riuscisse a far sentire a disagio colui che l'aveva appena raccontata, e quanto in cuor suo questi sperasse che lui non scoppiasse a ridere; con un po' di attenzione glie lo si poteva leggere nel linguaggio del corpo, o comunque nel pizzico d'amara ironia che aveva utilizzato per concludere il racconto di quell'incubo. Ma il castano non dovette nemmeno sforzarsi a non ridere. Essere dimenticato era un qualcosa che francamente non sopportava, poiché sottolineava in maniera piuttosto evidente quanto ininfluente la sua presenza potesse essere per quel mondo. In un modo o nell'altro si era sempre fatto ricordare dalle persone che avevano avuto a che fare con lui, nel bene o nel male. Aveva lasciato qualcosa, una macchia indelebile nei ricordi delle persone che gli erano state accanto anche soltanto per poco tempo. E questo lo rendeva assolutamente orgoglioso, perché voleva significare che quel bastardo di suo padre aveva fallito. Voleva eliminarlo e invece eccolo, a contaminare ogni cosa che toccava e lasciare tracce del suo passaggio in ogni dove, affermando quell'esistenza di cui lui non poteva più vantarsi. Avrebbe voluto che vedesse come quel figlio che aveva ripudiato e umiliato stesse spargendo le sue spore malefiche, come quella disfatta stesse rovinando non soltanto la sua vita ma anche quella di tante altre persone. Ma più di tutto, al di la di ogni piccola soddisfazione personale contro spettri di nemici ormai divenuti cenere, non voleva che quel ragazzo dimenticasse il suo volto, la sua voce.. semplicemente non voleva. Non poteva permetterglielo. Avrebbe scavato a fondo nella sua anima e nel suo cuore per ritagliarsi un angolo intoccabile, per tenerlo costantemente attaccato al bisogno di coesistere. Buffo. Era soltanto il malato desiderio di contaminarlo col peggior veleno del mondo quale potesse essere l'amore o c'era anche qualcos'altro? Cosa voleva da quel ragazzino dalla chioma fulva, se non le sue labbra? Per quanto l'avrebbe desiderato così?
Sorrise alla simpatica affermazione del suo interlocutore, che adesso stava mostrandogli uno di quei sorrisi che come per incanto erano in grado di tranquillizzarlo, di farlo sentire senza alcun peso. Essere paragonato a delle bolle appiccicose non era certo quello che si aspettava.
No. Sono molto meglio. rispose con estrema nonchalance e senza modestia alcuna, ma con quel sorrisetto furbo che avrebbe fatto sciogliere una ghiacciaia. S'impose di guardarlo dritto negli occhi senza celare quel pizzico di curiosità nelle sue reazioni, mentre la destra proseguiva con qualche frizione su quel polso nudo che sapeva di gentilezza e seduzione. Non aveva intenzione di lasciarlo, e fin quando gli fosse stato concesso anche solo di toccare quel lembo di pelle andava benissimo così. Avrebbe impresso persino in quell'articolazione la sensazione di un suo tocco, di modo da non permettergli di cancellarlo dalla sua vita. Sapere che nel suo inconscio aveva fatto di tutto per cercare di riprenderselo era stato come ricevere qualcosa di bello, come una carezza; significava che in qualche modo era divenuto importante per quel ragazzino irriverente e che quindi quello che provava non era soltanto un sentimento univoco. Fosse stato al suo posto avrebbe fatto lo stesso.

Scosse la testa nel momento in cui Yūzora attribuì il successo del suo risveglio alla ragazzina che era con loro all'interno del Gedo Mazo. Ovviamente non sapeva quanto grande fosse stato il suo apporto e quale fosse stato, ma sapeva bene che a trascinarlo fuori da quell'inferno era stato soltanto il compagno. Era stato proprio il desiderio di raggiungerlo a farlo reagire: quel folle, meraviglioso, desiderio di raggiungere la sua mano protesa verso di lui e scappare da quel baratro infuocato.
Ci conto. Non so se la prossima volta sarò in grado di svegliarmi. disse senza pensare, in un sussurro, per rispondere alla volontà del rosso di affrontare qualsiasi manifestazione avesse affollato ancora la sua mente e trascinarlo fuori dai guai. Aveva abbassato lo sguardo sul suo polso in quell'istante, pensando al felino blu che aveva davvero rischiato di arrostirlo per sempre, finanche arrivando ad annullarlo. Ne aveva timore? Cazzo se ne aveva. Ma cercava di non dimostrarlo, di archiviare l'esperienza come 'brutto sogno' e non pensarci.
Essere rimbeccato gli fece passare ogni pensiero, e lo fece sorridere. Era vero. Aveva chiesto lui al rosso di sedersi al suo fianco, quindi non poteva certo essere non felice dopo aver ottenuto quello che voleva. Touché. Ma quel successivo ringraziamento lo sorprese, nella sua semplicità. Gli era grato per non averlo deriso? Non riusciva a comprendere per quale motivo avesse dovuto farlo, forse perché appunto abituato talmente tanto ad avere incubi la notte da non trovarci nulla di divertente. Ma si. Fosse stato un altro l'avrebbe preso per il culo in eterno, rigirando il coltello li dove faceva più male. Doveva ammetterlo. Sospirò. Aveva lui di che ringraziare il rosso, eppure non era affatto bravo con le parole quando si trattava di mostrare il fianco. Era come se gli si contorcessero le viscere al solo pensiero di apparire fragile, di apparire diverso dallo spocchioso ragazzo che era sempre stato agli occhi di tutti. Come se gli si immobilizzasse la lingua fra i denti, o la saliva divenissi tutto a un tratto collosa. Per questo probabilmente, senza troppo pensarci sopra, preferì ringraziare il compagno in maniera diversa, in maniera molto più significativa di quanto non fosse all'apparenza.

Fece per avvicinarsi maggiormente, arrivando a sfiorargli la gamba senza lasciargli ancora andare il polso che stringeva con morbida gelosia; quindi si protese in avanti, creandosi uno spazio con una carezza appena accennata fra i ciuffi ribelli che gli ricadevano sulla fronte e facendo in modo che le sue labbra arrivassero a toccare la sua pelle. Un semplice bacio, di quelli che si danno ai bambini in gesto d'affetto, ma che racchiudeva tutto un mondo. Strinse gli occhi, quasi soffrisse nel tentativo di reprimere ogni sentimento che attraverso quel contatto cercava di raggiungere il suo ricevente. Un bacio lento, pregno di quel qualcosa che rassomigliava alla passione. 'Arigatō' voleva essere il suo significato, ma sembrava sottendesse un ben più problematico 'Non hai la più pallida idea di quanto desideri stare al tuo fianco'.
Arigatō.. disse poi in un sussurro, una volta scostate le sue labbra dalla fronte del compagno. Forse aveva azzardato troppo, e in un certo senso quasi si pentì di averlo fatto. Quasi. Perché se da un lato ci fosse quel giustificato timore, dall'altro aveva dato sazio al suo bisogno di avere un contatto con il rosso. Voleva dargli un bacio? Ebbene glie l'aveva dato, anche se non poteva definirsi propriamente un bacio come quello che in realtà voleva rubargli. E non glie ne importava un bel nulla se adesso gli fosse arrivato un pugno in piena faccia: andava bene la reazione, ma l'importante era che il compagno rimanesse sotto quella coperta insieme a lui.

 
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Non lo disse, ma in fin dei conti anche lui era felice di aver fatto quella macchinazione machiavellica per ficcarsi al calduccio sotto quella coperta e godere della compagnia dell’amico. Sogno o non sogno, tepore o non tepore, foglio o non foglio, febbre o non febbre, stare con Takumi lo riportava sempre più vicino alla normalità, lasciando che i brutti ricordi di quell’incubo sfumassero via, per lasciare il posto a qualcosa di più tangibile e vero. Non che lo sfilacciarsi dei suoi ricordi non lo fosse stato, ma, come diceva Kurama, ormai quell’esperienza doveva restare nel passato. Una storia, solo una storia da raccontare e che non avrebbe dovuto più avere alcun potere su di lui. Qualcosa di finito, concluso, la cui riesumazione non avrebbe avuto nessuna utilità se non quella di riaprire vecchie ferite inutilmente, in quanto superate. La realtà era lì, adesso. Con la Volpe al suo fianco e Takumi dove era sempre stato. Era stato piacevole non essere preso per i fondelli per quella storia, ma anzi, trovare della comprensione da parte dell’amico. Non aveva proprio dato alcuna impressione di volersi sbellicare, forse proprio perché anche lui aveva avuto un’esperienza simile molto di recente e, di conseguenza, sarebbe stato un comportamento ipocrita. Aveva avuto la riconferma che fosse un amico fidato, qualcuno di importante per cui valesse la pena giocarsi tutto anche quando qualsiasi scommessa sarebbe andata contro la buona riuscita della sua vittoria. Ci teneva e credeva che la cosa fosse reciproca. D’altronde il castano più di una volta si era preoccupato di lui. Da quando si era prodigato di dargli qualche consiglio su come gestire un team, a quando l’aveva ospitato a casa dopo il presunto funerale di Shi, a quando lo aveva visto “morire” di fronte ai suoi occhi a Fukagizu per poi ritrovarlo all’interno del Gedo Mazo e rimproverarlo per cosa aveva fatto, a ora…che se ne stava semplicemente lì vicino a lui a cercare di capire cosa avesse che non andava per essersi comportato in quella maniera talmente inusuale ai suoi occhi. Ed era strano, sapete? con quel suo modo di fare, con quel suo continuare a tenerlo saldo per il polso, sembrava quasi che volesse continuare a sottolineare quelle parole che gli aveva detto poco prima. “Vedi? Sono qui” pareva ripetere quella gentile stretta che, a conti fatti, a Yu non dava nemmeno troppo fastidio. Quasi un’ancora che non gli permetteva di lasciarsi trascinare a fondo dalle recenti esperienze. Qualcosa che lo teneva lì, coi piedi per terra nella realtà…per quanto sembrasse quasi che il perpetrare di quella presa da parte del castano, fosse più per paura dello stesso che lui se ne andasse da sotto quella coperta. Paura infondata, perché il Rosso non aveva minimamente intenzione di muoversi da dove stava. Glielo disse pure, anche perché quella posizione un po’ sghemba stava facendo scivolare giù la coperta dalla spalla del più grande.

Guarda che se anche mi molli, non scappo eh.

Stava bene dove stava, perché mai avrebbe dovuto farlo in fin dei conti? Tuttavia non ci fu una vera risposta di Takumi in merito. Quanto meno nessuna parola. Yu venne letteralmente colto di sorpresa quando, invece di lanciargli una frecciatina delle sue, l’amico gli si fece più vicino continuando, di tutta risposta, a tenergli stretto il polso, ma senza fargli male. Di fronte alla sincera e confusa incredulità del Rosso, il più grande gli scostò i ciuffi della frangia per poi chinarsi su di lui e lasciargli un bacio sulla fronte. Un contatto semplice, casto e affettuoso…che probabilmente avrebbe dovuto ricordargli i rari contatti con sua madre, ma di cui non riusciva proprio a serbare memorie chiare. Forse non ne aveva nemmeno mai ricevuti, forse i brutti ricordi erano tali da surclassare anche quelli belli. Fatto stava che dopo un primo momento di stupore e stasi, sapete…quando si tenta inutilmente di scendere a patti con la propria mente chiedendosi cosa diavolo stesse accadendo, Yu si sentì avvampare in viso. Imbarazzo allo stato puro. Non si aspettava una reazione simile da parte dell’amico, non pensava nemmeno ne fosse capace a dire il vero, tanto che, se non fosse stato cosciente di avere a che fare con un mezzo moribondo, probabilmente un pugno non glielo avrebbe risparmiato davvero nessuno. O magari no. Non sapeva come spiegarlo nemmeno lui, ma in quel lento e morbido gesto d’affetto avvertì più di quanto le parole avrebbero potuto fare. Probabilmente per questo si era imbarazzato tanto, non c’era altra interpretazione possibile. E poi non era abituato a vedersi esternare i sentimenti a quella maniera, lui. Invece Takumi sembrava essere un maestro a farlo, tra l’abbraccio a nel crogiolo della statua e questo, aveva fatto il pieno di vergogna per un po’. Però quando il compagno si allontanò, pochi istanti dopo, sussurrando quel tenue ringraziamento, non fu un pugno quello che gli arrivò in faccia. Ancora visibilmente imbarazzato, Yu gli impedì di allontanarsi più di tanto, afferrandogli i lembi del kimono sul petto con una mano - quella per altro trattenuta dal castano - e schiaffandogli l’altra in fronte, sicuro che avrebbe avvertito sotto il palmo la pelle più calda di quanto non fosse stata prima. D’altronde non poteva essere che la febbre il motivo per lo strano comportamento dell’amico.

Deve esserti salita ancora di più là febbre. Fu una specie di brontolio quello che accompagnò il volto crucciato e colorito del Rosso. Anche perché la fase in cui mi scambi per una donna, mi pare sia passata da un pezzo.

« Ma dai, guardalo. » Si intromise la Volpe, dannatamente divertita dalla situazione. « Se potesse ti farebbe le fusa. »
Per favore Kurama, non ti ci mettere pure tu!

La risata del demone mise fine al discorso senza protrarlo più di tanto, mentre Yu cercava di riprendere rapidamente il controllo e capire che diavolo fosse girato per la testa al suo amico. La fronte, in effetti, era bella bollente sotto il suo palmo, eppure Takumi non aveva la faccia di uno che stava davvero male…Insomma, quando si ha la febbre, si risulta belli sbattuti, l’incarnato pallido, gli occhi piccoli, ma lui sembrava solamente qualcuno a cui mancava un po’ di sonno, oltre che qualcuno a cui non funzionava molto bene qualche termoregolatore corporeo - e qualche rotella. Ma il Rosso non era un medico e se anche gli shinobi specializzati in quell’arte non erano riusciti a rimettere in sesto l’amico, di sicuro non avrebbe potuto farlo lui. Sospirò un po’ affranto, levando la mano dalla fronte e lasciando andare il kimono del castano, prima di rivolgerglisi di nuovo.

Davvero Takumi. Forse dovresti tornare dentro. Fece, corrugando un poco le sopracciglia e tirando su il lembo di coperta che stava scivolando dalla spalla del castano. Questa coperta non è poi questo granchè, infondo. E poi che vuol dire “Arigatō”? Guarda che non è così che funziona: se io ti dico grazie tu non puoi rispondermi allo stesso modo! Per cosa mi staresti ringraziando, tra l’altro? Già per cosa? Lui non aveva fatto nulla di che. Non ho fatto niente.

 
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Assecondare quello sciocco desiderio di contatto forse era stato un errore, o forse non lo era stato affatto. Non aveva idea di come potesse prenderla il compagno per quell'improvvisata, seppure nella sua mente quel semplice bacio in fronte fosse un qualcosa di assolutamente naturale. Aveva espresso silenziosamente la sua gratitudine di averlo accanto, di saperlo lottare anche soltanto per tenersi stretto un misero ricordo di un figlio di puttana come lui. E non solo quello. Fosse stata una situazione diversa, a quel bacio ne sarebbe seguito un secondo, un terzo sulle labbra, ma non poteva spingersi a tanto. Anche se avesse voluto spronarlo a varcare quella labile linea di demarcazione che imponeva loro una certa distanza, di dimenticare tutto il resto e di baciarlo come se quello fosse l'ultimo momento della loro stessa esistenza, desistette. Non voleva assolutamente che quel ragazzino arrivasse a odiarlo per uno sciocco desiderio di possessione, uno stupidissimo bisogno di dare appena un morso a un frutto tanto bello quanto proibito. Ma nonostante la convinzione, non fu facile mettere fine a quel contatto. Era come se avvertisse qualcosa, una sensazione che confermava che quello che voleva in quel preciso momento era dannatamente giusto e sbagliato al contempo, un peccato che avrebbe macchiato entrambi ma che altresì avrebbe reso pace alle loro esistenze. Strinse maggiormente le palpebre in un moto di resistenza a se stesso, imponendosi di sciogliere quel bacio ma non la presa che teneva Yuzora ancora ancorato a lui. Era pronto a ricevere la giusta punizione per aver osato tanto, e chissà se non gli fosse passata quell'insana voglia. Eppure.. era stato il suo cuore ad aver impennato i suoi battiti? Se solo quel mentecatto di suo padre avesse avuto modo di osservarlo in quell'attimo, l'avrebbe sicuramente trascinato per i capelli lontano dal rosso e avrebbe cercato di farlo fuori. Dopotutto soltanto un demonio come lui avrebbe potuto irretire un'anima con un semplice bacio.
Non seppe dirsi se a sorprenderlo fu più il suo stesso slancio o la reazione che ebbe il ragazzino nei suoi riguardi. Seriamente. Se aveva ben decifrato il carattere focoso del compagno, come minimo si aspettava un allontanamento repentino, un pugno in faccia e una seria minaccia a non ripetere quanto fatto, ma nulla di tutto questo avvenne. Anzi. L'aveva trattenuto per un lembo del kimono, e quasi sperò in quel bacio che tanto agognava ricevere dalle sue labbra prima di trovarsi nuovamente una mano in fronte, accompagnata da un brontolio che lo fece sorridere. Quant'era bello vederlo imbarazzato, con le gote appena colorite e l'espressione crucciata alla ricerca di una spiegazione?
Sto benissimo.. rispose semplicemente, prendendogli l'altra mano con quella libera per staccarla dalla sua fronte, nonostante avesse provato un momento di refrigerio nell'avvertirla contro la sua pelle arroventata. E poi lo so perfettamente che non sei una donna, baka.. borbottò offeso, distogliendo appena il suo sguardo smeraldino da quello verde chiarissimo del rosso. Già. Sapeva benissimo che davanti a sé aveva un giovane uomo e non una donna. Con una donna sarebbe stato tutto molto più semplice e non avrebbe avuto remore nello strappare un bacio. Ma l'essere entrambi uomini complicava di gran lunga la faccenda. Al castano non importava assolutamente nulla di avere davanti un uomo o una donna, ma al rosso? Sarebbe riuscito a farsi andare bene il desiderio di un uomo nei suoi confronti? L'avrebbe respinto? L'avrebbe allontanato? Erano tutte domande che frullavano in testa al castano ogni qual volta sentiva quella pulsione nei suoi confronti, ma che in fin dei conti potevano anche essere soltanto castelli campati per aria. Desiderare non è una scelta ponderata, un interruttore da attaccare e staccare a piacimento; è un seme che germoglia e pianta radici, che fa male al cuore se non soddisfatto nelle sue esigenze. Una gran bastardata insomma, come la maggior parte delle cose al mondo.

Dovette lasciarlo dal momento in cui sospirò affranto, assecondando i suoi movimenti per permettergli di staccarsi da lui. A malincuore. Quel semplice bacio in fronte doveva aver scosso qualcosa, era evidente, e se da un lato provava una qual sorta di sadica felicità nel vederlo tribolare (sintomo che qualcosa stava serpeggiando, mettendo in dubbio, ponderando) dall'altro ne aveva timore. Forse aveva fatto un passo di troppo, ottenendo soltanto un allontanamento. E questo non era certo quello che voleva, anzi. Avrebbe di gran lunga preferito un cazzotto in pieno volto, piuttosto che lo sdegno e l'indifferenza dell'unica persona di cui riusciva davvero a fidarsi. Fortunatamente però ogni preoccupazione fu smentita dalle parole del ragazzino, che quasi affranto e preoccupato sollevò il lembo di coperta che era scivolato sulla sua spalla e gli disse che forse era meglio tornare dentro. Ma non fu solo quella la richiesta. Voleva sapere il perché di quel 'arigatō' tanto sconclusionato, e quella domanda venne accolta con un mezzo sbuffo esasperato. Aveva dato quel bacio per evitare proprio quella situazione di evidente apertura, ma a quanto pare il mondo non era dello stesso avviso.
Hai fatto molto più di quanto credi. spiegò, cercando nuovamente il suo sguardo mentre la mano andava a tenere il lembo appena recuperato dal suo interlocutore. Non mi hai voltato le spalle quando avresti avuto tutte le motivazioni per farlo; hai lottato per tenermi con te, facendo del tuo corpo uno scudo; mi hai teso la mano quando tutto pareva essere finito.. continuò, cercando di riassumere in qualche modo il perché avesse pronunciato quella parola, il perché avesse dato quel bacio, ricordando la prima volta che si erano conosciuti e il momento in cui l'aveva visto cadere alle rovine di Fukagizu per essersi frapposto fra lui e il pericolo. Ma non erano soltanto quelle le motivazioni, no. C'era tanto altro che non riusciva ad esprimere con le parole, e forse non voleva realmente farlo. Un grazie per la gentilezza, un altro per l'amicizia, un altro ancora per sopportarlo e ancora un altro per essere li in quel momento, accanto a lui. Ma non aggiunse altro. Ancora una volta distolse lo sguardo, un po' imbarazzato per aver mostrato quel lato riconoscente, nemmeno avesse commesso un peccato mortale contro se stesso. E no, non mi muovo da qui. fece per cambiare discorso, mettendo su un'espressione dapprima corrucciata, poi stranamente sorniona. Sto bene dove sto. aggiunse, lanciandogli un'occhiata molto più che eloquente, facendogli intuire facilmente che non avrebbe rinunciato facilmente a quella coperta 'non un granché' e alla sua compagnia. Per nulla al mondo. E poi piuttosto che tornare sotto coperta si sarebbe buttato in mare e se la sarebbe fatta a nuoto.

Ne Kaen-chan, cosa farai una volta a casa? chiese poi a bruciapelo, dopo qualche secondo di silenzio. Aveva poggiato la testa dietro di sé e stava osservando le stelle, probabilmente ponendosi quella domanda che poi era scivolata fra le sue labbra come il dolce suono di un flauto.

 
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Davvero, non gli pareva proprio di aver fatto nulla. Di sicuro non in quell’ultimo periodo, se si escludeva il suo rincorrere in maniera cocciuta la scia di ricordi che Kurama aveva tentato di cancellare. E questo Takumi lo conosceva solamente in maniera incompleta. Per il resto…boh, aveva provato a salvarlo da quei serpenti di chakra, scansandolo senza molta grazia, ma poi non era servito a nulla in quanto entrambi si erano ritrovati, assieme agli altri, all’interno della statua. E quando era stata ora di farlo rinvenire, per quanto dal punto di vista del castano le cose fossero andate diversamente, c’era voluta Urako per dargli la scossa necessaria a riprendere conoscenza. Quindi non capiva proprio di cosa il più grande stesse cercando di ringraziarlo…addirittura con tanta enfasi da farlo sentire come un gatto randagio raccolto da qualcuno intenzionato a dargli una casa. Perché, per quanto non l’avrebbe mai ammesso, forse neanche a sé stesso con molta convinzione, quando Takumi gli aveva posato quel bacio sulla fronte, aveva provato una sensazione molto simile. Affetto, calore, si era sentito benvoluto e accettato come quando aveva capito che Urako non era arrabbiata per quanto accaduto ad Hatoma, ma anzi era preoccupata per lui, che potesse lasciarci le penne proprio lì sotto le sue mani. Ed era forse anche per quel motivo che non aveva avuto la forza di tirare un pugno a Takumi, vomitandogli addosso tutti gli epiteti più coloriti del proprio repertorio. Lo aveva disarmato completamente con quel gesto. Non era proprio riuscito a maltrattarlo. Non era riuscito a reagire con violenza. E no, era una bugia che raccontava a sé stesso, quella di non voler colpire un moribondo. O magari qualcosa centrava, ma di sicuro non tanto come il fatto d’essere stato colto talmente in contropiede da non aver avuto né la forza, né il coraggio di gettare fango su un gesto talmente sincero da non avere bisogno di parole. E per quanto non capisse i motivi precisi di quel “arigatō”, in un certo senso aveva afferrato in maniera molto generica il significato che stava dietro ad esso. Un “grazie” molto più ampio di quanto potesse sembrare all’apparenza, molto più ampio di come effettivamente lo stesso castano andò a spiegare, una volta che Yu gli fece notare di non aver fatto nulla di speciale. E, senza essere offensivo, il Rosso non riuscì proprio a trattenere uno sbuffo divertito. In poche parole Takumi lo stava ringraziando per essere suo amico. Perché agli amici non si volta le spalle alla prima occasione utile, si cerca di accettare come sono con tutti i difetti che possono avere, e li si aiuta anche in occasioni che sembrano disperate. Se il castano lo stava ringraziando per questo, forse non aveva mai avuto un vero amico che facesse queste cose per lui o, quanto meno, non tanto da riuscire a colpirlo in quella maniera. E un po’ Yu si sentiva orgoglioso e fortunato d’essere riuscito a farlo, significava che aveva creato una fessura più che evidente nella spessa armatura del più grande. Un segno che nessuno avrebbe potuto cancellare più.

Sei proprio un baka... Sussurrò quasi tra sé, toccandosi la fronte con le dita della mano che fino a poco prima Takumi aveva trattenuto per il polso, approfittando dell’attimo in cui il castano distolse lo sguardo imbarazzato per aver dovuto spiegare qualcosa del genere. Non serve che mi ringrazi per queste cose. Sei mio amico, è così che funziona, sai?

« Io di baka ne vedo almeno due qui, e il secondo non sono io. »
Eeeh, ma io sono te e tu sei me, no?
« Non in questo caso, furbetto. »
Troppo comodo così.

L’imbarazzo del castano, però, durò poco. Giustamente, cercò subito di cambiare discorso mettendo in chiaro come non avesse la minima intenzione di tornare sottocoperta in quanto stava bene dove stava in quel preciso momento. E in un certo senso, Yu ne fu contento. Al di là della preoccupazione per l’anomalo stato di salute del castano, era per lo più sicuro che vuoi o non vuoi - causa rimorsi di coscienza o Takumi stesso - in quel caso avrebbe dovuto scendere di sotto pure lui, se voleva che l’amico seguisse il suo saggio consiglio. E no, non voleva tornare in quel miasma asfissiante di morte e corpi in putrefazione. Egoisticamente preferiva restare lì al gelo con una coperta piuttosto che fare una scelta simile. Quindi fu felice di sentirsi dire che il castano preferiva restare lì, tanto più che era chiaro dall’occhiata che gli lanciò, che non era il suo stato a interessargli, quanto passare qualche tempo in compagnia del Rosso. Voglia comprensibile, soprattutto dal ragazzino dalla chioma fulva stesso che aveva sentito il bisogno di stargli accanto dopo quell’incubo. Quindi non si sentì di ribattere in maniera esagerata, tanto meno lo fece in modo troppo convinto. Semplicemente si ritrovò a sospirare fintamente esasperato.

Come preferisci. Fece, per poi puntare un dito al petto del compagno a mo’ di ammonimento. Ma se ti becchi qualcosa di serio, non sarò io a portarti in ospedale, sappilo!

Gli venivano i brividi lungo la schiena solo a pensare di dover varcare la soglia di quell’edificio. Preferibilmente avrebbe voluto evitarlo come la peste…ma mentiva quando diceva che non avrebbe superato quelle dannate porte bianche, semmai avesse dovuto portarci Takumi o una qualsiasi persona a lui cara. Si sarebbe forzato, lo sapeva bene. Ma, ehi, non gli andava che il castano prendesse quella febbre troppo alla leggera! Stando sotto la coperta con lui, avvertiva chiaramente il calore anormale emanato dal suo corpo: sembrava uno scaldino umano! E in quella situazione era davvero utile, sicuramente, però non era certo indice di una persona sana, checchè sostenesse lui. “Sto benissimo” diceva. Sì, certo, e lui non era legato a Kurama. Che pensasse di darla a bere a lui, poi era quasi offensivo. Andava bene che non volesse si preoccupasse, però non fino al punto da peggiorare. E Yu era ben deciso a insistere, se avesse visto qualche aggravamento. Ma non in quel momento. Per ora sembrava davvero che il castano stesse bene e fosse solo in arretrato di sonno - temperatura fuori scala a parte. Decise di credergli, ma facendosi un nodo alla coscienza: fosse stato necessario, l’avrebbe trascinato di sotto a forza.
Fu a quel punto, più o meno che, inaspettata, giunse la domanda del più grande. Si era appoggiato alla balaustra con la testa, alzando il viso pallido alle stelle come se stesse effettivamente pensando a cosa avrebbe fatto lui stesso una volta giunto di nuovo a casa. Perché quella domanda, condita con quel Kaen-chan che fece rizzare i peli sulla nuca al Rosso, suonò quasi come un pensiero uscito per sbaglio dalle labbra. Ma non per questo, non meritava una risposta.


Speravo te lo fossi scordato quel nomignolo. Borbottò Yu, sistemandosi meglio, a sua volta, contro il legno dietro la sua schiena. In effetti erano ere che Takumi non lo chiamava a quella maniera, e il Rosso ne era stato più che sollevato in quanto troppo “femminile” per i suoi gusti come soprannome. Ma a quanto pareva si sbagliava. Penso, comunque, che la prima cosa che farò sarà una bella doccia! Seguita da una razione di cibo che sia vero cibo e non quella sbobba che ci hanno propinato in questo ultimi giorni. E poi…poi, a prescindere da che ora sarà, me ne andrò a letto a fare una dormita come si deve, senza alcuna sveglia puntata che possa disturbarmi nel più bello del sonno. Tanto penso ci daranno qualche giorno di licenza, dopo questo gran casino! Ridacchiò, facendosi poi un minimo più serio e vagamente nostalgico. Poi vorrei rivedere quelle persone che ho rischiato di perdere. Passarci del tempo, una chiacchierata, qualcosa. Ed erano tante quelle persone, da Urako a Takumi stesso, a Shi che non aveva alcuna certezza fosse ancora vivo se non una lieve speranza, a Namine e Jiyuu all’Hikisaku, Kai, Shizuka, Nuru e altri, tanti che sperava di poter vedere anche solo di sfuggita. Non disse a Takumi che sarebbe dovuto passare dal Mizukage per una certa questione, ma nella sua lista delle cose da fare c’era anche quella, per quanto a Kurama l’idea non piacesse molto. E tu, invece? Che farai? Ti metterai a finire quella melodia di prima? Fece quindi, voltandosi appena verso il profilo del compagno. Mi piacerebbe sentirla completata.

 
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Non sono un baka.. mormorò sommesso Takumi in risposta all'appellativo che il rosso aveva voluto affibbiargli in un sussurro, ancora un po' a disagio per aver ammesso molto più di quanto avesse effettivamente voluto. Aveva capito bene quel ragazzino, poiché in effetti stava sinceramente ringraziandolo per non averlo abbandonato nonostante tutti i difetti che aveva, nonostante anche con lui si fosse reso e si rendesse ancora fastidioso ed esasperante. Al suo posto molti gli avrebbero voltato le spalle e quelli invece che sarebbero rimasti l'avrebbero fatto per un mero tornaconto personale, quasi per venerazione nei suoi riguardi. Sesso e ammirazione erano le calamite che spesso anche il castano usava per ottenere qualcosa, sfruttando appieno quell'avvenenza che madre natura aveva voluto concedergli. Ma Yūzora no. Non voleva assolutamente nulla se non stargli realmente accanto, essergli semplicemente amico come da sua stessa ammissione. Chissà cosa ci aveva visto in un bastardo come lui. Ma quel che era peggio era che lui non desiderava soltanto averlo seduto accanto con una coltre sulle spalle a unirli in un caldo abbraccio. Voleva avvertirlo sulla sua pelle, toccarlo, assaggiarlo, e lasciare che la sua anima si ubriacasse totalmente della sua forte presenza. Desiderava qualcosa che stentava a prendersi per il curioso timore di perderlo.

Non poté non strappargli un sorrisetto dal momento in cui fece per puntargli un dito contro il petto, ammonendolo. S'era premurato di rendere piuttosto chiaro che, nel caso in cui si fosse sentito male per non averlo ascoltato, piuttosto che portarlo in ospedale a ricevere le adeguate cure mediche l'avrebbe lasciato li. Ma sapevano perfettamente entrambi che era una menzogna. Dopotutto aveva rischiato la vita per tentare in qualche modo di salvarlo a Fukagizu e quel semplice gesto metteva una grossa ipoteca sul fatto che, qualsiasi malessere sarebbe giunto a sorprendere il castano, lui avrebbe fatto il possibile. Anche trascinarlo fino al letto d'ospedale, fosse stato necessario.
Ti ho mai detto che sei un pessimo bugiardo? se la ridacchiò di gusto, apprezzando oltremodo quella reazione che voleva tentare di celare una preoccupazione oramai manifesta. Era come un dire 'se dovessi ammalarti non lo sopporterei', o almeno questa era la lettura che aveva dato il castano alle parole del compagno. Sentirsi importante per qualcuno che reputava importante doveva ammettere a se stesso che era una piacevole sensazione.

Fu nel momento in cui la tensione del momento venne meno, quando ogni briciolo di disagio provato nell'ammettere candidamente una gratitudine che sentiva quasi bruciargli il petto scomparve, diversamente da quella brama, da quella fame che insistente rimaneva sottopelle, pronta a scaturire nuovamente, che fece per rilassarsi contro il legno della balaustra poco dietro, poggiandovi oltre la schiena anche il capo, con un sospiro. La brezza marina era senz'altro fredda, ma nonostante quel piccolo patimento lo spettacolo era assuefacente. Amava l'acqua, seppure qualche volta lo intimorisse; apprezzava il suono del moto placido del mare e amava la vista del cielo notturno, pieno di punti luminosi. Come quella sera. Avevano il potere di distenderlo, di ispirarlo. E poi accanto aveva la miglior compagnia che avesse potuto desiderare: un ragazzino sfrontato dal sorriso meraviglioso quanto e forse più di entrambe le cose messe assieme, ammaliante come una kitsune. Dovevano invidiarlo persino i Kami in quel preciso istante.
Distrattamente chiese al compagno cosa avrebbe fatto una volta tornato a casa, come se il flusso ininterrotto dei suoi pensieri avesse preso forma coniugandosi in parole di senso compiuto. Fu spontaneo infatti quel 'Kaen-chan', un nomignolo che gli aveva affibbiato lo stesso giorno in cui si erano burrascosamente conosciuti e che da allora era rimasto cucito sulle sue labbra. Non pensava di fargli un torto chiamandolo a quella maniera, tanto che volse uno sguardo interrogativo alla sua sinistra quando avvertì quel borbottio.
Non ti piace? chiese un po' scettico, sapendo perfettamente che quell'appellativo non era esattamente di suo gradimento. Ma era sicuro che non avesse compreso appieno il perché lo chiamasse proprio in quel modo. Perché era un baka. Dev'essere bello avere una famiglia che ti aspetta a casa.. una madre che ti accoglie a braccia aperte e un padre pronto a darti una pacca sulla spalla dicendoti per una volta 'ottimo lavoro'.. sussurrò a seguito di un mezzo sospiro, con un che di mesto nel tono flautato della sua voce, dopo che il compagno ebbe terminato di spiegare cosa avrebbe fatto una volta attraccati al villaggio. Lui non aveva avuto nulla di quello, né un genitore che lo apprezzasse né una genitrice in grado di farlo sentire protetto, ma anzi aveva avuto un bastardo che avrebbe goduto nel saperlo morto e una succube che non faceva altro che giustificare l'atteggiamento dell'altro. Patetico. Si. Non mi piace lasciare i lavori incompiuti. rispose all'ultima domanda, sorridendo sornione. Non sarebbe stato facile completarla senza la sua ispirazione affianco, ma l'avrebbe fatto. Anch'io comunque voglio farmi una bella dormita, magari assaggiare un buon taiyaki e farmi una doccia. Ma mi piacerebbe anche portati in quel posto, ricordi? Sempre che tu voglia ancora venirci.. provò a stuzzicarlo nel suo punto debole (la curiosità), lanciandogli quell'invito che sperava caldamente accettasse. Strano. Voleva passasse il suo tempo libero con lui e non perdersi nemmeno un istante. Egoisticamente, desiderava averlo accanto anche a scapito delle persone che lo amavano. Monopolizzarlo. Ah.. e comunque non credo tu abbia compreso appieno. proruppe poi, cambiando un momento discorso, alludendo ovviamente al soprannome che aveva creato per lui. Era di nuovo distratto dalle stelle, come se osservandole i suoi pensieri fluissero con maggior semplicità. Ho scelto 'Kaen-chan' perché sei come una fiamma, magnetica, indomabile, mai uguale alle altre. Una lingua di fuoco che si distingue dall'ammasso di fiamme, pronta a scaldare chi la alimenta ma anche di mondare chi osa provare a spegnerla. confessò, accennando un sorriso. Quante volte s'era perso lui a osservare il fuoco ardere? Come un lampo il suo cervello fu attraversato dall'immagine della sua dannata casa in fiamme, accompagnata dalle urla disperate di sua madre che lo chiamavano e quelle di suo padre e dei suoi fratelli che cercavano di mettersi in salvo. Si. Amava le fiamme.

 
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view post Posted on 31/3/2019, 15:09     +1   -1
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Fu un borbottio indistinto quello che uscì dalla bocca di Yu alla domanda, auspicava retorica, che gli venne posta circa il piacergli o meno di quel nomignolo che Takumi gli aveva affibbiato al loro primo incontro. Oh, certo, anche lui gliene aveva dato uno, però non aveva protratto oltre quella giornata la presa in giro…contrariamente al più grande che, di tanto in tanto, lo tirava ancora fuori. Non era che fosse un soprannome proprio brutto, sicuramente era meglio e meno malizioso e cattivo di quelli che si erano sempre divertiti ad appellarlo con epiteti scontati come “capello pazzo”, “pel di carota” e via dicendo. Solo che era dannatamente femminile e la cosa lo infastidiva non poco, tanto più che pensava che pure nel caso di Takumi fosse sempre dovuto al colore insolito di capelli che aveva ereditato da sua madre. Insomma, alla fin fine, anche quel “non ti piace?” aveva l’aria di una presa per il culo agli occhi di Yu. Era ovvio che non gli piacesse! E il castano lo sapeva bene dalla prima volta che lo aveva usato. Quindi l’occhiataccia che gli rivolse con tanto di muso era del tutto giustificata dal suo punto di vista e sperò fosse abbastanza loquace come risposta, perché non avrebbe aggiunto una parola che fosse una a quell’argomento, augurandosi che fosse chiuso lì. Questa volta per sempre. Non capiva nemmeno perché gli desse tanto fastidio…ma era sempre stato così. Il giudizio degli estranei gli scivolava addosso come acqua, mentre quello delle persone che gli erano accanto e a cui teneva, era più fastidioso. A volte bruciava e faceva male più di un kunai piantato tra le costole. Non era quello il caso, ovviamente. Si trattava solo di uno stupido soprannome, tuttavia lo trovava irritante.
Fortunatamente quel discorso parve cadere nel vuoto e perdersi così come lo sguardo del castano sul velo notturno puntinato di stelle che, a breve, sarebbero sfiorite di fronte alla chiara luce dell’alba. Bellezze effimere, che splendevano di notte per poi spegnersi durante il giorno, in un continuo ciclo senza fine durante la loro lunga esistenza. Impossibile da calcolare per un umano, ma per chi aveva vissuto a lungo come la Volpe, beh…era un’altra storia. Kurama sapeva perfettamente quali e quante stelle fossero scomparse da quando correva libero nelle praterie della Foglia, così come sapeva in che modo le costellazioni si fossero spostate in quei lunghi anni in cui non le aveva potute ammirare. E, in un certo senso, era anche per lui se Yu stava gustandosi quello spettacolo con tanta ostinazione…oltre al fatto che aveva rischiato di non vederlo più. L’acqua che si infrangeva sullo scafo della nave, era il perfetto sottofondo per quel momento di quiete, per quella placida chiacchierata innocua in compagnia della notte. Tutto sembrava perfetto, ammantato da una campana di vetro liscio e lucente che si sbriciolò non appena Takumi sussurrò quelle poche parole.


« Te lo avevo detto che è un idiota. Ma dimmi tu se si può essere più ignoranti di così. Come fa a non averlo capito? Lo sa che usi le bolle, dopotutto. »
Non ci avrà pensato…Poi lo sai, raramente nel Gruppo entrano anche ragazzi che non sono cresciuti all’Hikisaku.
« Tsè.., è comunque una percentuale minima. »

Era sicuro non lo avesse fatto di proposito. Sicuramente Takumi non aveva tenuto conto di quel dettaglio, tanto più che non era tanto per sé stesso che Yu aveva avvertito quella stretta nel petto, quanto piuttosto per il castano stesso. Era chiaro dalle sua parole, che nemmeno lui avesse una madre e una padre da cui tornare. Il Rosso sapeva che abitava da solo, ma visto il suo tenore di vita si era sempre aspettato che dietro di lui, da qualche parte, ci fosse una famiglia benestante da cui il più grande provenisse. Invece pareva di no. Sembrava che il silenzio di quella casa fosse la sola presenza che l’attendeva, una volta giunto a Kiri dopo quell’odissea che aveva rischiato di strapparlo via dall’esistenza. E Yu lo sapeva quanto potesse essere doloroso quel silenzio, quel vuoto. Lo aveva provato pure lui prima di riuscire a recuperare Kai e prima che Shizuka fosse accettata come Kunoichi della Nebbia. E la mestizia con cui quel sussurro raggiunse le sue orecchie, ferendole, fu la conferma di quanto pensato. Non aveva mai sentito quel tono dal compagno. Non gli era mai capitato di coglierlo triste. Arrabbiato sì, canzonatorio pure, serio anche…quella sera anche stranamente dolce. Ma mai, mai Takumi si era mostrato malinconico.

Immagino di sì. La voce graffiata del Rosso uscì cauta, come se temesse di rompere qualcosa se l’avesse alzata di più. Ma non posso darti conferma assoluta della cosa, perché non l’ho mai provata direttamente. Lasciò perdere il “e non penso che, comunque, mio padre avrebbe mai fatto una cosa simile”, in fin dei conti non era essenziale dare importanza ad un uomo come quello. La mia famiglia è quasi tutta su queste navi. Ammise, invece. Il ragazzo di prima, ad esempio, Kai, quello che ci ha portato questa coperta, è mio fratello. Non di sangue ovviamente, lui è uno Yuki mentre io solo un Hōzuki malriuscito, ma siamo cresciuti assieme, nello stesso orfanotrofio, per diversi anni prima di perderci di vista e ritrovarci nuovamente poco tempo fa. Poi c’è Shizuka che è stata essenziale per ritrovare proprio Kai. E poi ci siete tu e Urako, Kasumi, e molti altri… Lasciò perdere Shi in questo caso, Takumi non sapeva del biglietto e non avrebbe dovuto saperlo per restare al sicuro. Alla fine non serve avere legami di sangue, per essere una famiglia. Fece spallucce, sorridendo benché fosse stata palese l’amarezza quando rivelò di essere un discendente uscito male di quel clan di pozzanghere ambulanti. D’altronde non era quello il senso del discorso, quanto cercare di far capire a Takumi che non era alle assenze che doveva guardare, quanto piuttosto alle presenze. Quelle erano l’importante. Tant’è, che appena tornò a nominare quel famoso “posto” dove voleva portarlo, facendo quasi sembrare che Yu non gli avesse già ampiamente dato risposta in precedenza, il Rosso lasciò uscire l’aria dalle narici in una specie di lungo sospiro. Che c’è di difficile da capire in “vorrei rivedere quelle persone che ho rischiato di perdere”? Chiese fintamente spazientito dal dover ripetersi nuovamente. Certo che mi va. E’ da quando eravamo nel tempio, legati a quei dannati pali, che rigiri questa storia! E ti ho anche gia’ risposto al tuo risveglio nello spiazzo…ma evidentemente eri ancora un po’ rintronato se me lo chiedi di nuovo. Avvicinò le dita alla fronte del compagno e gli tirò una bella steccata giusto in mezzo. L’ultima volta che mi hai portato “in un posto”, era un bel posto. Si autocitò, ripetendo le stesse parole di qualche giorno prima. Quindi ci vengo volentieri. Sorrise, divertito. Ma non farmelo ripetere di nuovo o potrei cambiare idea! Per altro, non mi hai ancora detto dove mi vuoi portare. Eravamo concordi sul fatto che non fosse un posto dove si mangia carne grigliata, ma non mi hai detto di più.

Decisamente la carne alla griglia l’avrebbe evitata per un bel po’. La carne cotta in generale. Se si concentrava, ancora sentiva l’odore dolciastro dei loro corpi che bruciavano ancora, ancora e ancora e una sensazione di nausea gli chiuse lo stomaco all’istante. Deglutì un paio di volte, cercando di allontanare la possibilità di un conato, quando Takumi attirò di nuovo la sua attenzione, asserendo che non avesse capito…non si sa bene cosa. Il Rosso si voltò verso di lui, un’espressione interdetta e stupita stampata in viso, tanto che la curiosità fece discostare la sua concentrazione dal ricordo della carne bruciata.

Cos’è che non avrei capito?

Si aspettava d’aver mal interpretato qualcosa dei discorsi precedenti. Magari quella cosa dei genitori o, chissà, quella circa il posto in cui il castano lo voleva portare. E invece no, contrariamente alle sue aspettative, Takumi tornò a tirare fuori dalla tasca il discorso del nomignolo che Yu credeva, e sperava, fosse chiuso in una cassa e sotterrato sotto tre metri di terra. Appena sentì di nuovo quel soprannome, alzò gli occhi al cielo esasperato e stava quasi per uscirsene con un “ancora con questa storia?”, ma il proseguo del discorso lo dissuase dal farlo. Il castano stava seriamente dandogli una spiegazione per quel gioco di parole, stava cercando di fargli capire il motivo per il quale avesse scelto proprio quel nome e il constatare che non centrasse nulla con i suoi dannati capelli gli bloccò in gola qualsiasi protesta avesse anche solo pensato di fare. Tanto più che…stava sorridendo mentre confessava quel retroscena. Guardava le stelle e sorrideva, intessendo parole con un che di filosofico quasi stesse discorrendo con quelle lucine distanti. E fu una sorpresa molto piacevole sentirgli rivelare l’origine di quel “Kaen-chan” che Yu aveva sempre detestato, ma che visto sotto quella luce non gli dispiaceva più poi molto. Avrebbe potuto accettarlo, proprio come il “Ninjin-chan” con cui lo chiamava Tako-san. Perché non era una eccezione negativa, non era un nome per prenderlo in giro, era un appellativo affettuoso, quasi lusinghiero…tanto che si sentì leggermente in imbarazzo di fronte a tanta sincerità da parte del più grande.

« Oh-ooh abbiamo un poeta. » Ridacchiò la Volpe. « Però, per quanto mi dia fastidio ammettere d’essere d’accordo con questo LinguaLunga, ha ragione. Te l’ho detto anch’io, no? Sei diverso. »

Capace di proteggere, così come di distruggere. Questo era il fuoco. Alla fine non era poi troppo diverso dall’acqua, eppure Takumi era il primo ad accomunarlo ad una fiamma piuttosto che all’elemento che più gli era congeniale. E non sapeva bene come rispondere, né a lui, né alla Volpe in quel frangente. Due baka fatti e finiti e lui non riusciva a metterli al loro posto di fronte a quelle parole. Abbassò lo sguardo, come se improvvisamente le suole dei suoi sandali fossero diventate tremendamente interessanti. Le fissò qualche secondo, osservandone il disegno intricato, mentre il silenzio era rotto soltanto dallo scrosciare delle onde, prima di lasciare che qualche parola lasciasse la sua gola uscendo dalle labbra.

Va bene. Sussurrò, staccando finalmente gli occhi da terra per tornare a guardare il cielo, ma non aggiunse altro. D’altronde non serviva. Sai, sei il primo che mi accomuna al fuoco, piuttosto che all’acqua. Confessò, non potendo fare a meno di sorridere amaro, trovando per la prima volta ironica quella comparazione. Lui simile all’acqua, proprio lui che dal punto di vista degli Hōzuki doveva essere un gran bel fallimento. Ridicolo. Mi piace. Sì, forse, alla fine, il fuoco era meglio.

 
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