鬼火 - Onibi, Fuoco Fatuo, Quest stabilizzazione Matatabi Sho per Bloodyrose (2° pg)

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view post Posted on 18/9/2020, 13:30     +1   -1
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L'uomo fece un paio di passi sul palco, studiando i due ninja legati che erano stati poco graziosamente scaricati di fronte a lui. Tornò con le braccia conserte, in quella posizione sicura di sé che lo rendeva ancora più imponente.

«Siete al cospetto della Mano di Inari» iniziò a parlare, con la stessa voce profonda e ferma di poco prima. «E avete interferito con un sacro rituale che porterà nuovamente vita in queste terre devastate. È un peccato... Un vero peccato. Ma questo è solo uno dei tanti motivi per cui gli shinobi dovrebbero ribellarsi ai Kage che li mandano a morire senza nemmeno curarsi della loro sorte.»

Da un lato del palco avanzarono alcune figure. Takumi ora poteva vederli, e due li riconobbe subito, perché, sebbene un po' più spettinati e scarmigliati, corrispondevano alle foto ricevute prima della partenza.
La principessa Tsujihara e suo fratello Hirokumi, entrambi con i polsi legati, erano tenuti sotto la stretta salda e stabile di una donna dal viso allungato e l'occhio freddo e ostile. I suoi capelli grigio topo, tagliati a caschetto, erano gonfi di umidità e bisognosi di un pettine, ma non nascondevano ciò che spuntava da dietro le spalle... Ovvero un'altra testa, china in avanti, con lo stesso taglio di capelli.

«Ve l'avevo detto che nostro padre avrebbe mandato qualcuno a salvarci!» strepitò la ragazzina, con il segno rossastro sulla guancia, probabile lascito di uno schiaffone.

«Certo. E vi era stato risposto che quel pezzente del Daimyo non si sarebbe potuto permettere nulla che fosse alla nostra altezza. Questi due mocciosi ne sono la prova!»

Un ghigno sprezzante rese ancora più sgradevole il viso della donna. Takumi avrebbe provato una sensazione di déjà-vu, come se l'avesse già vista, ma fu solo quando il capo si rivolse a lei chiamandola per nome che gli ingranaggi nel cervello si sbloccarono.

«E così è stato, Miruko. Ma come mi hanno fatto notare, tu e Rika state perdendo colpi con le Genjutsu... Il ragazzo si è svegliato prima che lo portassero qui.»

Miruko e Rika Futatabi. Originarie di Kiri, membri del Clan Kinsei che pochi anni prima avevano tradito portando alla morte di un'intera squadra di Chuunin sotto il loro comando. Non si sapevano le motivazioni, ma di certo avevano avuto alleati, perché le tracce lasciate indicavano più persone.

«Tsk! Sarà semplicemente più resistente dell'altra. Non che cambi qualcosa... Vero, O-te?»

O-te, che chiaramente era l'uomo in piedi, annuì gravemente.

«Esatto. Non cambia niente. Così come i vostri nomi sono inutili, assieme ad ogni tentativo di resistere al vostro destino. Oyayubi, quattro di voi li portino in cella, e teneteli separati. Gli altri preparino le due offerte al rituale!»

«O-offerte? Che offerte? Ehi, ehi, non toccate mia sorella!»

Un gruppo di persone si staccò dalla folla che li circondava. Presero Takumi e Nasai su di peso e li portarono, sempre più come tappeti arrotolati, verso uno dei vari tunnel che si spingevano nel fianco della montagna. Prima di lasciare la sala, il giovane Harada avrebbe potuto vedere che i due principi, tra gli strepiti del maschio che vennero subito contenuti con la minaccia di un altro ceffone.

Per l'ennesima volta, Takumi fu scaricato in malo modo a terra, con buona pace della spalla sinistra su cui atterrò dolorosamente. Il pavimento era sudicio, la terra era impregnata di qualcosa di appiccicaticcio, e l'unica fonte di luce era la torcia appesa sopra la porta, da cui filtrava aria grazie a una grata di aspetto metallico.
Giusto il tempo di capire com'era l'ambiente, che i due uomini che lo avevano condotto fin lì lo issarono a testa in giù, appendendolo per le corde che gli legavano le caviglie a una catena terminante in un gancio che pendeva dal soffitto. Senza rivolgergli la parola, se ne andarono chiudendo la porta con un tonfo sepolcrale.

Passarono pochi istanti, e la voce di Matatabi risuonò violentemente nella sua testa.

«Sempre meglio, devo dire. Almeno ci hanno lasciato soli. Pazzi esaltati... Li preferivo molto di più quando mi veneravano. Avanti, liberati da queste corde e andiamocene da qui, forza!

Le corde erano ben strette, spesse e robuste. Impedivano a Takumi di muovere le dita, e stringevano le sue caviglie senza consentire nessun movimento. In più, stare a testa in giù come un salame appeso a stagionare avrebbe comportato un graduale senso di nausea e vertigini, ma quella era una consapevolezza che, per il momento, non era supportata da prove.


 
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view post Posted on 27/9/2020, 19:36     +1   -1
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Quella storia cominciava seriamente a infastidirlo. Era chiaro da un pezzo che sia lui che Nasai erano finiti nelle mani di una setta di pazzi (quella mano bianca tatuata sulla pelle di molti di loro ne era un segno inconfutabile), ma che fossero degli adoratori di Inari era un problema ben al di sopra delle sue aspettative. Si trovava davanti a una mandria di smidollati, pericolosi fanatici. Bene. Sorrise nervoso quando l'uomo che sovrintendeva quel gregge di deficienti rese pubblico il loro nome e i loro intenti, rispondendo di fatto alle sue domande. Con la loro inaspettata presenza avevano interrotto un sacro rituale, che secondo le loro becere credenze avrebbe riportato prosperità alla loro terre. Molto bene. Avrebbe voluto chiedere dove stavano le kitsune e dove tenevano la scorta di tofu fritto per ingraziarsele e sperare che intercedessero per loro con la divinità, ma si morse la lingua dal momento che furono scortati verso la loro posizione due giovani. Seppure scompigliati e visibilmente scossi, li riconobbe a colpo d'occhio. Sempre più infastidito rivolse lo sguardo altrove: nel suo stato, legato come un salame e disarmato com'era, non poteva fare altro che essere succube di quello che stava accadendo, ascoltare e cercare di capirci qualcosa. Non che ci fosse poi molto da capire. Avevano appena portato il tofu, a quanto pareva. Sospirò, osservando la donzella strepitare e battibeccare con quella che aveva tutta l'aria di essere una stronza con la S maiuscola. Era evidente che fosse una Kinsei, considerato quell'obbrobrio capelluto della gemella parassita che sbucava da dietro il suo capo; altrettanto evidente che si fosse imbattuto in una traditrice, che per di più aveva avuto il potere di fregarlo nella sua stessa specialità. Erano le Futatabi. Aveva sentito parlare di loro e del loro tradimento inspiegabile, che aveva portato alla morte una squadra di chunin sotto il loro diretto comando. Si. Erano decisamente nella merda.
Terminati i convenevoli - ai quali partecipò con sbuffi spazientiti e un silenzio non propriamente nelle sue corde, ma che si impose di mantenere per poter avere il tempo di studiare la situazione - e dati gli ordini ai galoppini del caso, si sentì sollevato da terra con una certa noncuranza e venne trasportato in spalla assieme a Nasai come un sacco dei rifiuti. Fortunatamente, prima di abbandonare la sala, ebbe modo di dare un'ultima occhiata ai rampolli del daimyo: doveva ricordarsi quale strada prendere per andarli a tirare fuori dalla padella, altrimenti avrebbe fallito la missione e questo non era assolutamente contemplato nei suoi obiettivi di giornata.

Venne scaricato malamente al suolo e non poté fare a meno di lasciarsi sfuggire un gemito di dolore al momento dell'impatto della spalla sinistra con il suolo. Quel posto faceva veramente schifo e quel trattamento lo mandava in bestia, specie perché non poteva ribellarsi in alcun modo. C'era troppo in ballo per agire d'istinto e rovinare tutto. Detestava sentirsi in trappola e non avere il pieno controllo sulla situazione, ma doveva per forza deglutire quell'amaro boccone e darsi pace. Giusto il tempo di guardarsi attorno e fu nuovamente sollevato e appeso a testa in giù, come un capo di bestiame pronto a essere dissanguato.


Figli di puttana..

Dovette pensare, mentre i suoi aguzzini richiudevano la porta della sua sudicia cella. Fu allora che Matatabi si fece nuovamente viva, esortandolo a liberarsi in fretta e andarsene da quel cesso. Offerta allettante. Calma, una cosa per volta.. mormorò a denti stretti, combattendo contro la confusione generata dalla veemenza di quella voce dentro la sua testa e quel lento e inesorabile afflusso di sangue al cervello. Doveva prima liberarsi le mani e poi pensare ai piedi per poter pensare di scendere da quell'aggancio in maniera poco rumorosa e soprattutto confortevole per il suo corpo. Fece per concentrare il chakra katon sulle mani per arrivare a bruciare le corte che stavano dolorosamente segnando i suoi polsi, atrofizzando persino le dita. Solo dopo aver tolto quelle, con uno sforzo, dondolandosi abbastanza avrebbe cercato di raggiungere la catena, appigliandosi per poter bruciare quelle sulle caviglie e scendere morbidamente al suolo con piedi felpati.

Non possiamo andarcene senza aver recuperato quei due stolti. Non posso tornare a casa a mani vuote. Anche se mi piacerebbe mandare tutto a puttane, per una volta. s'espresse, chiaramente appesantito da quel senso del dovere e da quella voglia di dimostrare di essere totalmente padrone del suo destino. E poi detestava lasciare le cose in sospeso. Ovviamente l'ospite all'interno del suo corpo non era del suo stesso parere. Dì un po', quel poco di sangue arrivato al cervello ti ha fatto rincitrullire del tutto?! Siete stati fregati! La missione che con tanto senso del dovere vuoi portare a tutti i costi al termine è qualcosa di totalmente diverso da quello che ti avevano propinato. E tu vuoi rimanere qui a rischiare la pelle?! E' assurdo. un ringhio profondo accompagnò quelle parole. Era contrariata da quella presa di posizione da parte del suo stolto ninnolo, che sembrava non capire la gravità della situazione in cui si trovavano. Per quale motivo doveva ostinarsi per una stronzata di quelle proporzioni, dopo che l'avevano palesemente preso per i fondelli? Per salvare la ragazzina? Patetico. Ma Takumi non era affatto di quell'avviso e di Nasai poteva importagliene tanto quanto un capello riverso al suolo. Non fraintendermi, della mia simpaticissima compagna di squadra mi importa il giusto. precedette la naturale domanda che sarebbe sorta poco dopo quei pensieri condivisi, mentre finalmente toccava terra e rilassava i muscoli delle braccia, sottoposti a uno sforzo non indifferente. La spalla sinistra faceva ancora male. So perfettamente che probabilmente sono stato fregato sin da principio, ma non avendo prove concrete non posso abbandonare una missione affidatami da un mio superiore. Se lo facessi, non potrei tornare.. e io DEVO tornare. Si, doveva. Aveva troppo da perdere e non aveva alcuna intenzione di gettare tutto alle ortiche per un capriccio personale dettato dal mero istinto di conservazione. A meno che tu non abbia prove concrete del fatto che questa missione sia semplicemente una farsa, non posso proprio lasciar perdere tutto e tirarmi fuori quando mi va, anche se ammetto che mi piacerebbe farlo. continuò, avvicinandosi alla porta per poterla osservare meglio da vicino e studiando un modo per aprirla senza fare casino. E poi i fanatici mi stanno sul cazzo. concluse sarcastico, tastandosi il busto alla ricerca di qualche oggetto utile - sempre che non lo avessero privato di tutte le sue armi. Qui sono pazzi ma il capo no. E quella con due teste è un ninja, e nemmeno l'ultima arrivata. Qui la cosa mi puzza. I ragazzini... Non li hanno presi a caso, voi sì, siete vittime collaterali. Per questo ti dico di andartene, inventati una scusa, dì che hanno ammazzato la tua compagna e ti sei trovato in difficoltà. Torna coi rinforzi, no? s'inserì nuovamente il bijuu infuocato, cercando in qualche modo di far valere le sue ragioni e di far tornare un po' di sale in zucca a quel ragazzino sfrontato. Quello l'ho notato anche io. Quel metro e novanta di figlio di puttana non è affatto uno sprovveduto e la simpatica donzella a due teste è una stronza come poche, ma questo non risolve il problema. Potrei anche fare come dici, ma se quei due ragazzi muoiono, è finita. Dobbiamo tirarli fuori da qui, in un modo o nell'altro. Con o senza Nasai. Era inamovibile su questo punto. Chiaro ed evidente come pensasse alla compagna semplicemente in chiave di strumento più o meno utile. Portare indietro quei due sarebbe stato sufficiente a compiere la sua missione in maniera pulita e lineare, poi certo.. avesse avuto modo di portare indietro anche quello schifo ambulante a due teste, ancora dotato di parola o meno, sarebbe stato un colpo da maestro niente male.. ma non era prioritario. A quel punto però doveva comprendere fino a che punto era lo spirito di conservazione a parlare per il felino, perché dal suo atteggiamento era chiaro temesse qualcosa. Sorrise, trovando al loro posto i suoi preziosi spiedi. Solo per me sarebbero degli ossi troppo duri, ma tu? Credi di non essere in grado di schiacciare Inari stesso, qualora lo volessi? chiese, cercando di provocare una reazione nell'inaspettata compagna. Reazione che non si fece attendere molto, dopotutto. Avvertì chiaramente quel moto d'orgoglio pervadere nel profondo il cuore stesso del felino, a quelle parole. Ma non si sarebbe buttato nella mischia per lui solo per una po' di adulazione, questo era chiaro a entrambi. Beh, i miei poteri sono comunque limitati, non ho recuperato la mia piena forma... e sono dentro di te. Quindi se fai qualcosa di sensato posso pensare di darti una mano, ma se dovessi mettere in pericolo la tua sopravvivenza, e quindi la mia... brucio tutto e ce ne andiamo, intesi? s'espresse, quasi accondiscendendo al suo ostinarsi ma ponendo dei paletti ben chiari per la sua sopravvivenza. Al castano piacque quel ragionamento e dopotutto se le cose fossero andate storte si sarebbe trattato soltanto di sopravvivenza. A quel punto lui il suo lavoro l'aveva fatto, senza dover rimpiangere nulla. Abbiamo un accordo. sentenziò senza mezzi termini, non nascondendo quel pizzico di compiacimento per quel risultato insperato. Bisogna valutare un momento come muoversi, mentre provo a tirarci fuori da questo posto. Anzitutto che ne pensi del loro capo? E credi che Nasai possa esserci di aiuto a portare fuori i due ragazzi? chiese, dandole a parlare mentre si piegava per poter armeggiare con due spiedi acuminati nella serratura. Non era uno scassinatore professionista, ma avendo vissuto anni in riformatorio con gente poco raccomandabile gli aveva fruttato qualche trucchetto. Boh, fai te, Nasai vola, mi sembra una qualità utile. rispose sarcastica e scocciata, come avesse fatto una domanda cretina. Touché. Il capo... È un capo. Ha un'arma strana che non capisco, sembra una balestra. Secondo me o lo prendiamo alle spalle o non dobbiamo finirci vicino, soprattutto perché... hai visto come lo guardavano tutti? È il loro sacro leader, moriranno per lui se glielo ordina. proseguì, ragionando svogliatamente con il suo ninnolo che nel mentre stava perdendo tempo davanti a un buco. La cosa la irritava. Hai hai.. andiamo a svegliare la bella addormentata e muoviamo il culo. Prima finiamo, meglio è. rispose, cercando dunque di concentrarsi sul movimento degli spiedi per sbloccare la porta. Il primo passo verso la riuscita della missione era ovviamente scuotere Nasai, che se non aveva sentito male era stata portata in un'altra cella a qualche metro di distanza. Avevano poco tempo a disposizione e ben presto si rese conto che quei dannati aghi erano ottimi nelle sessioni di tortura, ma molto meno funzionali del grimaldello per scassinare una porta, pure che la serratura era piuttosto antiquata. Man mano che passavano i secondi senza i risultati sperati per uscire dalla sua prigione, non soltanto doveva combattere contro quel moto d'agitazione che lo avviluppava, ma doveva anche resistere e sopportare il fiato sul collo del bijuu, che invece di aiutarlo lo insultava, sminuendo il suo lavoro. Se smetti di dar fiato alle fauci solo per sminuire i miei tentativi di tirarci fuori da questo schifo, forse faccio prima. disse a denti stretti, spazientito, muovendo gli spiedi in maniera maggiormente decisa nel buco della serratura. Clack. Un suono meraviglioso e liberatorio. Ce l'aveva fatta, seppur perdendo circa due minuti di tempo preziosissimi. Circospetto si affacciò, guardandosi attorno. Non c'era nessuno. Soltanto dopo aver appurato di essere completamente solo si diresse verso la cella dove presumibilmente giaceva Nasai e fortunatamente la trovò con estrema facilità. Sospirò. Nessuna serratura da scassinare questa volta, per buona pace della sua anima: quelle porte erano apribili da fuori ma non da dentro, consentendogli dunque un accesso rapido e indolore. La ragazzina dei chewingum giaceva a terra priva di sensi, probabilmente ancora sotto effetto della genjutsu. Un bel guaio, considerato che c'era voluto l'intervento del bijuu per liberare lui. Oi. disse sottovoce, scuotendola malamente per riportarla ai sensi. Tentativo fallimentare. Ti spiacerebbe aiutarmi a svegliare la bella addormentata? Se continuo a scuoterla facciamo notte. chiese al felino, ben consapevole che il suo chakra soltanto non avrebbe avuto alcun effetto per la liberazione della compagna dagli effetti della tecnica. Andava ben oltre le sue capacità, e la cosa non poteva che procurargli noia. Non aveva altra scelta che fare affidamento sul bijuu, nella speranza che collaborasse davvero.



CITAZIONE
Scambi verbali e riuscita delle azioni sono state concordate con il Master.
 
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view post Posted on 12/10/2020, 22:51     +1   -1
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A nessuno piace essere la preda inerme, soggetta totalmente alle volontà di qualcun altro. Takumi non faceva eccezione, ma a differenza di altri aveva la volontà e le abilità per cambiare il proprio destino... O almeno provarci.

Riuscì con qualche sottile cigolio di catene e un fastidioso odore di corde bruciate a liberarsi, e scoprì tastandosi che i suoi kunai erano stati portati via, così come la maggior parte del suo equipaggiamento, bombe, rotoli, qualsiasi cosa fosse chiaramente riconoscibile come utile a qualcosa. Erano rimasti però gli spiedi, fortunatamente sfuggiti alle mani dei suoi perquisitori.
Spiedi che prontamente vennero usati come arnesi da scasso, scopo ben lontano da quello per cui erano stati costruiti. Ci vollero pochi minuti per scassinare quel lucchetto vetusto, ma tra la situazione pesante e l'ulteriore pressione di Matatabi, allo shinobi sembrarono ore.

Nessuno lo vide uscire dalla sua cella ed entrare in quella di Nasai. La ragazza era immersa in quel sonno profondo e malsano tipico delle vittime dei Genjutsu, le palpebre vibravano leggermente malgrado restassero ostinatamente chiuse.

Uno scrollone, nessuna risposta.
Chiamarla sottovoce, nessuna risposta.
Takumi non tentò di usare il Kai, decidendo in anticipo che non sarebbe stato sufficiente. Il Nibi non glielo fece notare, mostrandosi ancora una volta più che felice di tagliare corto e accelerare i tempi della missione.

«Procedi.»

Il tempo di quell'unica parola, e Takumi si sentì pervaso da un'energia immensa. Fuoco puro, ma freddo, di quella violenza che faceva capire come sarebbe bastato un niente per scatenare l'apocalisse.
Il chakra di Matatabi si fuse a quello di Takumi, e mezzo istante dopo Nasai spalancò gli occhi, inspirando di colpo come chi esce da una lunga apnea.

«Harada» esalò con un fil di voce, i grandi occhi grigi sgranati che si guardavano attorno. Dopo un iniziale microsecondo di sconvolgimento, era tornata attenta e concentrata, stava studiando il luogo in cui era e la situazione in cui si trovava.

Takumi intanto avrebbe continuato a sentire quello strano, avvolgente formicolio lungo tutto il corpo, in particolare sulle mani. Matatabi aveva mostrato sicuramente una briciola del suo potere, ma quel potere lo aveva bruciato, sebbene non in maniera realmente dolorosa. Era più un fastidio, qualcosa che avrebbe scacciato scrollando le mani e riattivando la circolazione... Ma era un messaggio chiaro: il potere del Nibi non veniva elargito gratuitamente.

«Bello, mi piace come hai arredato la stanza. Quanto siamo nei casini da uno a dieci?»

Con un iniziale sforzo si tirò su, si passò le mani sulla faccia -impolverandola sulle guance e il mento- e tornò a guardare Takumi, con lo sguardo attento e serio. Non l'espressione pigra e apatica con cui l'aveva conosciuta, ma nemmeno quella canzonatoria e irriverente dello scherzo del palloncino.
Le bastarono pochi secondi in cui si tastò velocemente per capire che anche lei era stata disarmata.

«Eeee ovviamente mi hanno preso tutto. Anche le gomme. Beh, se provano a masticarle è un problema loro, a me è rimasta solo questa...» Mosse la lingua dentro la bocca, facendo una buffa espressione come se stesse cercando qualcosa, e quando la aprì di nuovo Takumi poté vedere un piccolo bolo rosa chiaro, ridotto di dimensioni rispetto alle gomme che le aveva visto tirare fuori.

«Che è quasi finita, quindi ci servirà a poco, temo.»

La ricacciò in qualche pertugio della sua bocca, tornando a parlare come se niente fosse. Ascoltà il resoconto della situazione da parte di un Takumi sbrigativo e rapido, e non lo interruppe mai, comprendendo come il tempo non fosse dalla loro parte.

«Undici, quindi. Va bene, andiamocene da qui e cerchiamo di capire come salvare la situazione.»

Il passo successivo consisteva nell'uscire dalla cella. Da lì, dovevano trovare i due ostaggi, liberarli e togliersi discretamente di torno. Punti bonus se avessero pure riportato le Nukenin Futatabi, ma quella sarebbe stata la ciliegina su una torta che già al momento si preannunciava ostica da mangiare.

Usciti nel corridoio non trovarono nessuno. Silenziosi e coi sensi all'erta, iniziarono la loro perlustrazione di quel dedalo di caverne scavate dalla lava nei millenni, fortunatamente ora raffreddata e non più un pericolo. Il rifugio della Mano di Inari era grande, ma non infinito, il difficile era esplorarlo senza attirare l'attenzione.

Quando incontrarono una delle guardie, armata di lancia, non ci furono esitazioni nell'attaccarlo alle spalle e spezzargli il collo prima che potesse emettere un verso. Nasai aiutò Takumi a nascondere il corpo in una delle celle vuote, e fu lei stessa a prendere l'iniziativa dando la stessa rapida morte a una donna che stava trasportando un fascio di legna sulle spalle, incontrata in un corridoio lì vicino.

Nascosta la seconda vittima, a Nasai venne in mente un'idea.

«Assumiamo gli aspetti di questi due. È meno rischioso rispetto all'andare in giro come siamo ora, presto si accorgeranno che siamo evasi.»

Malgrado fosse una proposta, il tono era abbastanza fermo e sicuro di sé. Takumi avrebbe potuto accettare o meno, ma se non avesse fornito un piano alternativo la ragazza avrebbe proceduto col proprio.

In ogni caso, i Kami furono dalla loro parte. A guidarli fu l'udito, perché da una sala interna iniziarono ad alzarsi delle voci.
Si trattava almeno di una quarantina di persone, a giudicare dal coro, tutte che cantilenavano salmi impossibili da comprendere nelle loro singole parole. I canti erano accompagnati dal suono di tamburi, lenti e cadenzati, e il tutto trasudava religiosità e ritualistica.

Riuscirono ad avvicinarsi perché nessuno stava badando a loro: tutti gli occhi erano puntati al centro di una grande sala, ricca di affreschi alle pareti raffigurati la dea Inari dal muso di volpe, intervallata a fuochi rossi e verdi e motivi ricorrenti di grano, uva e altri frutti della terra. L'aria era pesante, odorosa di incenso e di eccitazione umana, e gli umani erano tutti assiepati uno contro l'altro, uomini donne e bambini che salmodiavano in coro tenendosi per mano.
Al centro della sala, alta circa sei metri e dal soffitto curvo, scavato anch'esso nella roccia da lava millenaria, svettavano due pali di legno circondati da fascine di rami secchi.
C'erano, oltre al corridoio che avevano appena percorso, altre tre gallerie che sbucavano nella sala cerimoniale, ognuna decorata in cima da quelle ghirlande di carta bianca che normalmente si vedevano attorno ad alberi sacri, cancelli di templi et simila.

Ora che erano più vicini, potevano capire alcune delle parole cantate dai fedeli.
Raccolto,
rinascita,
sacrificio,
accetta o Dea,
salvaci,
salvaci,
salvaci.


 
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view post Posted on 29/11/2020, 21:05     +1   -1
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Nonostante cercasse con tutto se stesso di mantenere quel minimo di controllo necessario a restare lucido e concentrato sull'obiettivo, non era semplice in quel momento. Era sotto pressione, aveva poco tempo, aveva chiaramente i nervi tesi come corde di ehru e in tutto questo il felino infuocato non aiutava. Ma non era d'uopo perdere tempo a sbottare o perderlo in tentativi di risvegliare la ragazzina che sarebbero quasi certamente risultati fallaci. Non era riuscito a liberare se stesso dall'influenza di quella stronza a due teste, figuriamoci se fosse riuscito di punto in bianco da solo a liberare Nasai! Per questo chiese sarcasticamente l'aiuto dell'unico essere che in quel momento poteva concederglielo, seppure nel profondo gli rodesse doversi affidare a qualcuno che di fatto non godeva della sua cieca fiducia. Ed era certo che anche il Nekomata che albergava nei recessi della sua anima pensava la stessa cosa. Erano semplicemente costretti a collaborare per un obiettivo comune, che si traduceva in un banale levare le tende al più presto. Fortunatamente, alla sua ennesima richiesta il demone dalle due code si mostrò collaborativo e in un battibaleno un'energia sconosciuta invase il suo corpo, amalgamandosi alla sua energia che presto venne trasmessa alla ragazzina incosciente. Ebbe paura. Forse per la prima volta in tutta la sua vita. Avvertì un estremo gelo accarezzargli l'anima fino a bruciarla, come se l'alito stesso della Morte avesse soffiato sopra la sua spalla per sussurrargli mellifluamente macabre. Trattenne il fiato e non appena Nasai fu sveglia, sollevandosi di soprassalto, anche lui parve tornare alla vita. La voce della ragazza che lo chiamava con sorpresa suonò quasi ovattata, talmente i suoi pensieri erano presi dalla strana sensazione che si era condensata quasi tutta nelle mani, simile a un formicolio fastidioso che aveva però uno spaventoso pregresso. Se le osservò, chiedendosi cosa fosse successo, cosa sarebbe accaduto se avesse abusato di quell'energia.. ma la battutina della simpatica ragazzina fu sufficiente a distoglierlo dai suoi pensieri e a farlo tornare con i piedi per terra. Venti, se continui a rimanere col culo piantato a terra. rispose, scrollando le mani in maniera meno plateale possibile, sollevandosi e dandole appena le spalle. Non voleva tradire le sue emozioni in quel momento di scuotimento emotivo e non voleva incorrere a domande stupide e scomode. Ce la faremo bastare. Non abbiamo molta scelta. disse quindi in riferimento al pezzo di gomma rosa che molto elegantemente venne mostrato.
Con il poco tempo a loro disposizione, dovette essere conciso nell'elargire spiegazioni e dettagli. Erano disarmati, seppure lui mantenesse i suoi spiedi e lei un pezzo di gomma apparentemente di poco conto.
Cosa puoi farci con quella? chiese, e subito la collega di sventura rispose che quel pezzetto poteva essere molto versatile nell'utilizzo, elencandogli un paio di robe come due palloni per il trasporto di massimo due persone ciascuno, piuttosto che una corda o un trampolino. Poca roba rispetto agli standard, ma pur sempre meglio di niente. Dovevano avvicinarsi in incognito, prendere i rampolli del daimyo e filare via da quel tempio-vulcano pieno di pazzi fanatici e traditori dai poteri fuori dalla loro portata. Si. Li avevano messi in un bel casino.

Si misero quasi subito in marcia, allertando i sensi e cercando di muoversi col favore delle poche ombre a loro disposizione. Nel primo tratto di corridoio non incontrarono nessuno, ma non appena si addentrarono un po' cominciarono a sentire rumori. Una guardia. Takumi non si pose domande e non ebbe alcun rimorso nello scattare per coglierlo di sorpresa e spaccargli l'osso del collo con un bel "crack". Avrebbe continuato ad agire come l'assassino che era, eliminando testimoni scomodi e chiunque avesse intralciato il suo cammino. Nasai accolse la drastica decisione senza emettere fiato e anzi collaborando sia nell'occultamento del corpo esanime che nell'eliminare un'ennesima testimone disarmata. Brava ragazza.


Almeno non si mette a fare la morale su cosa sia giusto o sbagliato. E' da apprezzare.

Mentre frugava sul corpo della guardia in cerca di roba utile (principalmente armi), trovandovi due coltelli, uno di ferro e uno d'osso, di fattura assai grossolana, Nasai ebbe un suggerimento e Takumi lo accolse senza troppi giri di parole. Facciamolo. disse sottovoce, componendo i sigilli necessari alla trasformazione mentre la collega faceva lo stesso. Era il miglior modo che avevano per passare inosservati almeno fino all'arrivo della cavalleria, formata dalla Kinsei e dal pezzo da novanta delle fila nemiche. Prendi questo, almeno non sarai disarmata del tutto. e gli porse uno dei coltelli, quello che riteneva migliore. Dunque si sollevò e prese la lancia, facendo cenno alla ragazzina di seguirlo (con dovuta distanza, per non destare sospetti) verso la fonte di quel brusio che sentiva e che man mano che camminavano si faceva sempre più chiara. Era una litania, perpetrata da una marea di stupidi fedeli che invocavano un buon raccolto in cambio di evidenti sacrifici dall'identità purtroppo nota che con buona probabilità sarebbero stati arsi vivi su quell'altare fatto di pali di legno e rami secchi. Una bella grigliata in onore di Inari.
Ci volle poco prima di scindere da quella litania continua e monotona una nota stonata, simile a un pianto in lontananza. Puntando su di essa e sulla sicurezza, Takumi fece cenno a Nasai senza emettere un suono, invitandola a seguirlo passando in sordina fra quella quarantina di persone troppo impegnate a pregare per dare attenzione a un energumeno armato di lancia e a una donzella con fasci di legna sulle spalle gracili. Passarono dietro la folla, seguendo il perimetro senza dare nell'occhio e arrivando a uno dei cunicoli in cui si immisero senza destare alcun sospetto e senza fare rumore. Da quella parte c'era poca luce rispetto al solito e le torce proiettavano più ombre del dovuto, scomparendo poi per un tratto e riapparendo in fondo, a illuminare una porta dalla quale proveniva una luce in netto contrasto con l'oscurità di poco prima. Il pianto sommesso proveniva da la dentro.


Ci siamo. Solo due guardie a separarci dagli imminenti guai che stiamo inseguendo per salvare due persone di cui non mi importa l'esistenza. Solo per sperare di rivederlo..

Sorrise al pensare alla motivazione che lo spingeva a non mollare, a perpetrare quella missione suicida. Il tutto prima di scambiare un cenno con la ragazzina ed eliminare le due guardie rapidamente, sfruttando l'effetto sorpresa per impedire loro di reagire e di emettere più di quel mugugno sommesso che precedette la loro dipartita. Al di la della porta socchiusa vi era una stanza circolare scavata volutamente dall'uomo, simile a una camera magmatica, piena di cianfrusaglie di vari metalli, mensole piene di offerte, statue della Dea dal muso di volpe inebriate dai fumi dolciastri dei bracieri accesi. Al centro, adagiati su un tappeto rosso come il sangue, i figli del daimyo. La ragazzina piangeva e aveva un segno sulla pelle del viso, lascito di uno schiaffo che stava venendo coperto da quella che aveva l'impressione di essere un'ancella, vestita di rosso e con il segno della mano bianca stampata sulla schiena; d'altro canto il fratello, palesemente terrorizzato, stava per essere vestito da una seconda donna con un kimono bianco dotato di uno strano cappuccio. Dovevano essere le vesti cerimoniali quelle. Tutto nella norma. Ma fu quando l'occhio si spinse un po' più in la che tutta la speranza di una facile riuscita venne a scontrarsi con un problema bello grosso: le Kinsei. Stavano sorvegliando il lavoro, addossate a una parete con un bastoncino fra i denti, annoiate a morte. Kuso.. dovette imprecare con un filo di voce per non farsi sentire dalla combriccola nella camera magmatica, mordendosi il labbro inferiore. QUELLA era una grossa gatta da pelare, e non potevano nemmeno evitarla se volevano sperare di portar via quei due. Le due ancelle non erano un grosso problema, ma la stronza con la gemella parassita si e lo aveva anche dimostrato.

Non possiamo buttarci a capofitto e non posso attrarre l'attenzione. Siamo in una via senza alcuno sbocco e se ci bloccano siamo finiti! Pensa, Takumi..

Non era affatto facile pensare, quando le evidenze avevano dichiarato che entrambi loro fossero inferiori al nemico che si apprestavano ad affrontare. Se fosse stato tutto nella norma, avrebbe provato a rendere alla stronza pan per focaccia e lasciarla crogiolare in una genjutsu come aveva fatto fare a loro, ma se avesse fallito e fossero stati scoperti i giochi sarebbero finiti li e lui non sarebbe potuto più tornare a casa. Strinse i denti e abbassò il capo, combattuto. Aveva una sola possibilità e non poteva sbagliare, e per farlo aveva bisogno ancora una volta del Nekomata. Era l'unica arma che aveva a disposizione, un'arma che aveva dimostrato di poterlo bruciare sino in fondo, corrodendolo con dolore. Kuso..! ripeté a bassissima voce, quasi quell'imprecazione potesse in qualche modo risolvere i suoi problemi. Che scelta aveva? Fare da esca e dare una possibilità (vaga) a Nasai di prendere i ragazzi e scappare, facendo irrimediabilmente scattare possibili allarmi o affidarsi al demone infuocato, lasciare ancora una volta che la sua energia fluisse dentro di lui e corrodesse la sua anima sino a mondarlo. Si sentiva in gabbia, ma non aveva scelta. E non fu facile per lui formulare quella richiesta, sia per timore che per stupido orgoglio. Sapeva perfettamente di star giocando letteralmente col fuoco a chiedere a un bijuu di concedergli di essere superiore di un suo avversario, e sapeva benissimo che questo avrebbe potuto coinvolgere non soltanto lui ma anche chi gli stava attorno. L'essere legato indissolubilmente alla sua anima non avrebbe fatto nessuna distinzione, se qualcuno o qualcosa si fosse frapposto fra il gatto e il suo obiettivo di uscire. Stava letteralmente armeggiando con un coltello senza manico. Ma che altra scelta aveva? Sarebbe stato doloroso, molto.. ma se quello era il prezzo per poter uscire e rivedere Yūzora lo avrebbe pagato, superando le sue stesse paure.



Mi sento un perfetto idiota a chiedertelo esplicitamente, ma devo farlo. prese a dire, quasi a voler scavalcare quel gradino di puro orgoglio che altrimenti gli avrebbe impedito di procedere. Dobbiamo stendere la stronza e le mie sole capacità temo non basterebbero, nemmeno se ben amalgamate a quelle di Nasai. E so che non piace nemmeno a te, ma abbiamo poco di che lamentarci. continuò con un tono piuttosto grave, nemmeno stesse cercando di sputare fuori un rospo rimasto incagliato nelle corde vocali. Non era per nulla facile. Recuperati i ragazzi, ti lascerò distruggere tutto se lo desideri: non ho nessun problema a vedere tutte queste persone bruciare. Ma adesso dobbiamo fare squadra. Stendiamo quella figlia di puttana con la sua stessa medicina e andiamocene da questo buco! concluse, sfogando tutte le emozioni represse. Autentico commisto di collera, determinazione e latente speranza di non mandare tutto in vacca e dimostrare a quell'aborto con parassita che niente e nessuno avrebbe osato impedirgli di lasciare quel luogo pieno di folli con i paraocchi.

CITAZIONE
Se Matatabi ascolta e collabora, l'idea era quella di far piombare le Kinsei in una genjutsu (la sua stessa medicina) parallela alla realtà in modo da non allertarla. Takumi e Nasai entrerebbero con le loro normali sembianze - prima che quei deficienti gridano - e metterebbero KO le ancelle sotto l'ignara Kinsei. Prenderebbero le vesti delle ancelle e le metterebbero addosso ai rampolli, facendoli stare zitti (li picchio se non lo fanno maremma ladra) e prenderebbero le sembianze delle guardie fuori. Il tutto con meno rumore possibile, cercando poi di ripassare inosservati dall'unica via che hanno (la sala). Se ci sono domande e dubbi, sai dove bussare.
 
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view post Posted on 7/12/2020, 19:55     +1   -1
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Difficile dire cosa bruciasse di più: l'orgoglio, per il doversi abbassare a chiedere aiuto, o la consapevolezza di non poter fare altrimenti. Non se voleva tornare a casa senza fallire la missione, abbandonando i due ragazzini a un destino chiaro ed evidente. Le scelte erano poche, e nessuna di queste era piacevole, ma Takumi dovette, a denti stretti, prenderne una.
E la creatura coinvolta rispose.

«Aspettavo il momento in cui ti saresti reso conto che se vuoi davvero avere una speranza di scappare devi affidarti a me.»

C'era una soddisfazione malsana, nella voce del felino. Gongolava come solo l'incarnazione del "te l'avevo detto" poteva fare.

«Continuo a ritenere idiota il tuo voler portare avanti questa missione suicida, ma ho visto voi umani fare idiozie peggiori per... Bah, amore.»
Lo schifo, con cui pronunciò quella parola.
«Ma non mi interessa, basta che usciamo da qui. E ti posso già dire una cosa...

Fece una pausa tattica, Takumi poteva quasi sentirlo il suo sogghigno ferale.

«Non funzionerà. Il tuo piano, lo so che vorresti muoverti in silenzio, tra illusioni e colpi a sorpresa. Ma per chi mi hai preso? Io ti concedo parte del mio potere, ma questo non significa che ti rendo più potente nelle stupide tecniche da umano che sai usare!»

In effetti, la loro collaborazione non era chiara. Nessuno aveva fornito un manuale di istruzioni, per entrambi era una cosa nuova o comunque misteriosa, e quell'unica esperienza che avevano avuto poco prima era diversa dal voler usare una illusione e renderla più potente grazie a un chakra demoniaco.

«Il mio chakra è fiamma pura, è distruzione, è insidia! Io sono Matatabi, non ho bisogno di trucchetti illusori o visioni fasulle!
Abbiamo un obiettivo? Io lo brucio. Punto.
E mi pare che l'obiettivo ci sia, quindi...»


Il ragazzo iniziò a percepirlo sempre più chiaramente. Quel chakra che scorreva nel suo corpo, quella presenza ancora ostile che si era sovrapposta a lui, stava iniziando a bruciare. Ancora una volta non c'era dolore, ma uno strano formicolio, una previsione di energia pronta a liberarsi da un momento all'altro.
Allo stesso tempo, era un'energia controllata. Non sarebbe esploso senza un reale obiettivo che non fosse l'annientamento di tutto ciò che aveva attorno. Sentiva che avrebbe potuto controllarlo, o quantomeno restringere il suo campo d'azione.
Si sentiva potente, e il suo copilota era perfettamente padrone di sé e della situazione. Al contrario dei due shinobi, infatti, Matatabi non stava mostrando un'oncia di nervosismo per la situazione poco felice. La caccia, la ricerca, la raccolta di informazioni... Per lui tutto questo era finito. C'era solo la preda, adesso, e il suo desiderio di giocarci.

Takumi mise solo un paletto: i ragazzini dovevano essere risparmiati, erano l'obiettivo della missione e tutta quella fatica stava venendo fatta per salvare la loro nobile pelle. Tutti gli altri, tutti i devoti nella sala delle pire, fossero essi giovani o vecchi, donne o uomini, potevano diventare vittime collaterali.

«Harada... Cosa ti sta succedendo?»

Il sussurro di Nasai fece rendere conto a Takumi che tutta quell'energia si stava manifestando. E la cosa migliore di tutte? Non gliene fregava niente. Aveva concesso al Nibi di avere il comando, e per questo motivo la parte di coscienza e volontà dello shinobi era messa in secondo piano, obnubilata da quella del demone.

Per una persona desiderosa di avere tutto sotto controllo, non fu un bel momento.
Takumi si vide muoversi, come se stesse vivendo il sogno di qualcuno.
Si vide avanzare, avvolto da una luce azzurrina che mise immediatamente in allarme la Kinsei. Ma non udì le parole che la donna con due teste urlò, perché era troppo impegnato a surriscaldare il suo sangue, e le parole si trasformarono ben presto in urla di dolore quando la nukenin andò letteralmente in autocombustione.

Le ancelle tentarono di scappare, mentre la Kinsei si agitava, cercando di attenuare le fiamme rotolandosi a terra... E facendo così cadere uno dei bracieri, che colpì un arazzo troppo lungo.
Il Nibi che pilotava Takumi non chiedeva di meglio. Aprì le braccia, e una vampata di calore buttò a terra le due donne, che boccheggiarono per la mancanza d'aria. Nasai intanto, recuperate le sue forme, lo guardava con una faccia che al Nibi piaceva tantissimo.
Timore. Sacro, potentissimo, ben fondato timore. Si stava chiedendo fin dove si spingevano i suoi poteri, e quanto fosse al sicuro. Ma fu un attimo, perché malgrado tutto, la giovane era una professionista e mise da parte quel lato umano, spaventato, per dare spazio a quello della kunoichi. Scattò in avanti, prese per mano i due ragazzini e urlò forte, per sovrastare le urla della Kinsei che, ancora, non riusciva a spegnersi.

«Finiscila e andiamocene, dobbiamo portarli via!»

A cosa si stava riferendo? Doveva forse smettere di manifestare il suo immenso potere?
Un moto di stizza attraversò il corpo del ragazzo, che guardò Nasai con un'espressione che riuscì a rimetterle in faccia quell'aria turbata e spaventata che TUTTI dovevano avere in sua presenza.

«HARADA!»

No, si riferiva alla Kinsei. Che, ustionata da capo a piedi, si stava rialzando, con un ringhio ferale che le usciva dalle labbra sanguinanti.
E si sdoppiò. Con un urlo di dolore, la donna diventò due, uguali, e ugualmente ferite ma non disposte ad andarsene senza lottare.





CITAZIONE
Bene, direi che ti ho messa in pilota automatico a sufficienza. Lo scontro è tutto tuo, le Kinsei sono estremamente debilitate dal fuoco e Takumi è parecchio poweruppato. Nasai si fa da parte e protegge i marmocchi.
La stanza sta prendendo fuoco e il Nibi si sta divertendo un sacco, ma se Takumi vuole fermarlo può provarci... Oppure può cavalcare l'onda. In questo caso, considera di avere due tecniche Jonin e una Jonin-S dell'elemento Katon a tua scelta per questo scontro.
 
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view post Posted on 25/4/2021, 13:44     +1   -1
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Essere consapevole dei propri limiti, avere le mani legate.. ecco, queste erano sensazioni terribili per il castano, sempre accorto a ogni dettaglio per poter vantare un certo controllo su quello che lo circondava. Cercava sempre di calcolare ogni minima sfumatura e possibile imprevisto per non farsi cogliere impreparato, per essere sempre padrone e protagonista della situazione. Eppure in quel momento non poteva avere controllo sulle variabili in gioco, decisamente al di fuori della sua normale portata. Per questo dovette calpestare il suo orgoglio, abbassarsi a chiedere aiuto all'incognita più pericolosa di tutte: quella che albergava nella sua anima. E avvertire la soddisfazione becera della creatura alla sua richiesta disperata - perché di questo si trattava - pareva scavare ancora più in profondità nella ferita che si era auto inflitto per il bene suo e di quella stupida missione. Come un artiglio in un panetto di burro ammorbidito. Aveva paura delle conseguenze della sua scelta, al punto tale da digrignare i denti e stringere le mani nervosamente a pugno nel sentire la creatura gioire del suo semplice affidarsi. Sarebbe stato uno stupido a non averne.
Non è divertente.. mormorò nella sua anima a denti stretti, colpito negativamente da quel piccolo accenno sull'essere folle o semplicemente troppo stupido a voler sostenere e portare a termine la sua missione suicida. Avrebbe fatto volentieri a meno di completare quel compito, ma anche in quel caso non aveva alcuna scelta se voleva tornare. Se voleva rivederlo. Si. Stava facendo una doppia follia, per la sua carriera, per il suo nome, e per quell'amore incommensurabile di cui portava pegno attorno al collo, cristallizzato in una bolla di sapone protetta dalle spire di un serpente. Al diavolo. Tutto quello che vuoi, basta che usciamo vivi di qui. sentenziò, sancendo con le parole la fermezza della sua decisione finale. Aveva ascoltato attentamente tutto quello che quella voce sibillina di Matatabi aveva spiegato circa la loro particolare collaborazione, sconosciuta per lo più a entrambi. Quanto successo prima non era che un piccolo assaggio di un qualcosa molto più grande di quanto potesse immaginare, un accenno infinitesimale di un potere distruttivo che aveva avuto modo di assaggiare in quel tempio, alla presenza del Kyuubi. Adesso sarebbe arrivata la vera onta, quella decisiva, quella che avrebbe sancito la brusca battuta d'arresto di un piano purtroppo non sufficientemente funzionale alla situazione. Era consapevole che da quel momento in poi non sarebbero più rimasti nell'ombra. Non era importante. Fino a quel momento non li aveva portati troppo lontano. Sperava soltanto che Nasai, assistendo a quanto stava per assistere, mettesse da parte ogni cosa, ogni emozione e sentimento, e agisse da shinobi quale era.. perché non aveva sinceramente idea di cosa sarebbe stato adesso di lui, nelle zampe del Nekomata.
Cominciò con l'avvertire un piacevole formicolio attraversargli le membra, dapprima placido come lo scorrere di un fiume sul suo letto verde e via via sempre più caldo, ustionante. Lo riconosceva. Era lo stesso misterioso potere che poco prima gli aveva permesso di svegliare Nasai dalla genjutsu delle Kinsei, ma in quantità dannatamente maggiore. Era inebriante. Sentiva di poterlo controllare in qualche modo, di essere divenuto potente abbastanza da poter esercitare quel malsano controllo sulla situazione per portarla a suo estremo vantaggio. Se prima le Kinsei erano un problema, ora in qualche strana maniera non erano che un insetto fastidioso sul suo cammino. Avvertì le sue labbra incresparsi in un sorriso soddisfatto. Nessuno poteva fermarlo adesso. E fu il sussurro preoccupato di Nasai a fargli rendere conto che tutto quello che sentiva e percepiva all'interno del suo corpo probabilmente stava trapelando anche all'esterno. Fece per lanciarle uno sguardo e rassicurarla, ma i suoi occhi si rifiutavano di seguire la sua volontà. La cosa lo allarmò. Non aveva occhi che per le Kinsei, a loro volta declassate da predatrici a prede, unico obiettivo.
Matatabi.. sussurrò con chiara preoccupazione insita nel tono della voce, nel sentirsi semplice spettatore di quello che da li a poco sarebbe successo. E quella fu la sensazione. Avvertì di avanzare, spavaldo e sicuro di sé, suscitando stupore e preoccupazione nella compagna e non solo. Fu come assistere a un sogno, un sogno preoccupante ma al contempo dannatamente intrigante. Inutile negarlo. Sentirsi al di sopra di tutti, avvertire quel timore reverenziale nei suoi confronti e soprattutto assistere all'autocombustione delle Kinsei, le cui grida di dolore presero sin da subito a riempire i timpani dei presenti, fu soddisfacente. Assolutamente. Anche l'occhiata assolutamente terrorizzata di Nasai fu meravigliosamente piacevole. Brava ragazza. Meglio per lei cacciare fuori gli attributi e pensare a quei nobili culetti spaventati, mentre paparino terminava il lavoro. Dobbiamo fare in fretta. Quei due non sono al sicuro qui dentro. disse, rivolgendosi al suo copilota felino, cercando blandamente di sostenere la premura della compagna seppure anche lui, in qualche modo, sentisse di non avere ancora finito la dentro. Quelle bastarde dovevano soffrire, pentirsi amaramente di averlo trattato come un inutile sacco di patate. Adesso sarebbe stato lui a trattarle non meno di topolini smaniosi di abbandonare la nave che affonda, impedendo loro ogni via di fuga.

Si separarono. Adesso erano due contro uno, identiche per conformazione fisica e aspetto, probabilmente anche a livello bellico avevano la stessa preparazione.. ma questo non lo preoccupava affatto. Anzi. Averne due e poter giocare con entrambe, stranamente, adesso lo eccitava da matti. Sorrise, ma ben presto quel piegarsi sinistro di labbra si trasformò in una bassa risata. Oh si. Se la rise dannatamente di gusto a quell'assurda presa di posizione da parte delle Kinsei, pronte come non mai a dargli battaglia. Non avevano la più pallida idea di chi avessero davanti. La destra andò a coprire il viso mentre non riusciva a smettere di ridere alla situazione surreale.
Stupide.. siete in due, eppure insieme non riuscite nemmeno a formare un cervello sano. le schernì, salvo poi lasciare che il suo riso scemasse e tornasse ad essere quello bastardo di sempre. Estrasse la katana dal suo fodero. Era tempo di ballare.

Furono le Kinsei a fare la prima mossa, scattando in sua direzione armi alla mano, piene di collera nei confronti del loro tronfio avversario, per nulla preoccupato dei loro movimenti. Con estrema rapidità e precisione millimetrica, il castano evitò il primo fendente abbassandosi sulle ginocchia, prima di sollevarsi e colpire l'artefice con un pugno in faccia, facendosi forte della guardia della sua arma; alla seconda riservò lo stesso giocoso trattamento, parando direttamente con la guardia l'assalto e rispondendo a tono, tranciando le carni della malcapitata. Un taglio netto, non estremamente profondo, sul volto. Tutto qui? E io che credevo foste un gradino insormontabile.. chiese, annoiato, scasando ancora, colpendole ma non in maniera mortale, respingendole e istigandole ancora. Stava letteralmente giocando con loro, e si stava divertendo un casino a farlo. Lo si poteva notare dal sorriso pennellato sulle sue labbra e da quell'ignorare deliberatamente le richieste della compagna, a cui pareva essere sordo. Ma era tempo di alzare un po' l'asticella. Voleva vedere la vera sofferenza percuotere quei corpi, goderne ogni istante, gioirne. Era tempo di colpirle, contemporaneamente e con estrema violenza, mentre le fiamme danzavano con lui e per lui. Fu sufficiente un taglio netto, violento ma al contempo elegante, per permettere al filo della sua katana di tranciare il collo di una delle due gemelle dopo aver respinto l'altra, staccando malamente la testa dalla sua sede originaria. Ah l'espressione prima della morte che rimase impressa in quel volto fu meravigliosamente poetica, mentre la sorella urlava disperata per la dipartita dell'altra. Era bello sentire quel legame tanto forte sfaldarsi al suono di quella voce sofferente, mentre il corpo esanime cadeva in un tonfo davanti a lui. Recuperò la testa, tenendola per i capelli. Un piccolo trofeo da sventolare davanti alla superstite, mentre la osservava divertito. Per quanto ancora avrebbe annaspato, per la sua miserabile vendetta?
Aveva perso il conto di quanto tempo fosse passato da quando aveva perso il controllo sul suo corpo, da quando Nasai aveva supplicato di smetterla, di andarsene. Si era fatto trascinare in quel sogno ad occhi aperti per godere di quella piccola vendetta pienamente, per sfogare su quell'essere disgustoso tutta la frustrazione per la sua impotenza dinnanzi alle sue capacità. Ora non era che un miserabile giocattolo ammaccato dalle zampe possenti del Nekomata, spezzata fisicamente, psicologicamente. Attaccava disperatamente e otteneva in cambio sorrisi bastardi e tagli più o meno profondi. Oramai era una maschera di sangue, specchio di una disperazione impossibile da debellare. Ma non potevano continuare ancora a lungo. Fu l'ennesimo richiamo di Nasai a fargliene rendere conto. La sua missione doveva essere portata a termine e avevano già perso troppo tempo, dovevano farla finita.
Basta così. Ci siamo divertiti abbastanza. Dalle il colpo di grazia e andiamocene da qui, abbiamo perso sin troppo tempo. disse al felino, sperando di aver soddisfatto anche la sua sete, che pareva implacabile. Matatabi non sembrava dello stesso avviso e palesemente ignorò quelle parole, continuando a giocare con la sua preda. MATATABI! richiamò con più forza, cercando di scuoterlo. Non senza un certo timore. Si sentiva impotente e con l'acqua alla gola, al punto che il suo richiamo suonò più come una supplica. Dobbiamo andare. Hai tanti altri giocattoli di la, finiamola e andiamocene!



Doverose precisazioni. Anzitutto mi scuso se sono passati mesi, ma come ben sai ho subito fra Dicembre e Gennaio un lutto veramente pesante che mi ha letteralmente bloccato tutto lo sprint. Non ti nascondo che anche il dover pensare alla FM e altre situazioni GDR ON come Master mi ha tenuto impegnata il poco tempo che ho a disposizione. Adesso si riprende, voglio finire. Voglio Matatabi e spero che il mio Takumi sia degno di averlo.
Per quanto riguarda le tecniche di fuoco di cui mi accennavi, non ne ho usate per un paio di motivazioni. La prima è che non le trovo da nessuna parte, sono state sostituite dalla FM e quindi non sapevo dove sbattere la testa. La seconda è che erano poco sceniche (fuoco nel fuoco non mi convinceva troppo, stavano già bruciando da loro e usare ancora lo stesso elemento non aveva molto senso). La terza, e forse quella più importante, è che Matatabi Sho non avrà abilità legate al fuoco, ma al "presagio di morte", che è molto più vicino alle genjutsu che non all'elemento fuoco che può trarre in inganno in base al suo aspetto e appartiene alla parte Kou. E' il signore dei morti praticamente, gioca sulle paure e sull'aumentare questo presagio, buildandolo attimo dopo attimo (non so se hai avuto modo di leggere la meccanica base).
AH e non ho volutamente usato Matatabi nel parlato perché fino ad ora non ne ho pieno controllo, ergo per il momento non è nelle mie mani ma in quelle del master (giustamente). Oltretutto non ho volutamente specificato come suona la voce di Takumi sotto l'influsso del micione, perché ovviamente lui è ignaro di possibili cambiamenti.

Per il resto spero che la lettura sia di tuo gradimento, anche se non sono un asso nei combattimenti (sono più scrittrice di pippe mentali che di altro). XD
 
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view post Posted on 9/5/2021, 09:56     +1   -1
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Un poeta disse che noi siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni.
Chiunque avesse visto Takumi Harada fare a pezzi le Kinsei, quasi sicuramente avrebbe detto che la sua sostanza era quella degli incubi. Incubi sadici, violenti, ma non privi di controllo: lo stesso Chuunin avrebbe potuto capire che Matatabi si stava godendo quella supremazia sulle avversarie, e stava restituendo loro ogni briciola di umiliazione e fastidio ricevuta nella breve esperienza di prigionia di quel giorno.
Era calmo, divertito ma non ebbro, e a dimostrazione di ciò bastò chiamarlo con più decisione per fargli posare il suo giocattolo ormai distrutto.

«Mmh... E va bene. Tanto ho finito, qua.»

L'Harada si ritrovò di nuovo padrone del suo corpo. Era madido di sudore, sporco di sangue fino ai gomiti, e tra le mani aveva la testa dell'ultima Kinsei a cui aveva appena spezzato il collo con un gesto fulmineo.

Quel cambiamento improvviso di pilota lo lasciò senza fiato per un attimo. Boccheggiò, sia per la mancanza d'aria che per la stanchezza improvvisa. Il suo corpo non era ancora abituato a sopportare quegli sforzi e quel flusso d'energia che per Matatabi erano il pane quotidiano, e sicuramente il trovarsi in una sala in fiamme non aiutava il ricircolo dell'ossigeno in corpo.
Scansando pezzi di travi e tetto che stavano crollando, lo shinobi raggiunse la porta e la aprì con una spallata, dopo aver notato che le parti di ferro che la componevano, compresa la maniglia, erano pericolosamente rossi.

Già nel corridoio poté respirare molto meglio. Sentiva il calore delle fiamme sulla schiena, ma il viso molto più fresco e l'aria finalmente respirabile. Prese fiato per un attimo, notò che di Nasai e dei ragazzi non c'era traccia, e che nessuna guardia o zelota stava venendo verso di lui.

«Quindi, ce ne andiamo?» sbuffò impaziente il Bijuu, specificando probabilmente l'ovvio, dato che il corridoio si apriva davanti a loro, e alle loro spalle c'era solo un inferno di fiamme in espansione. Per fortuna la struttura era di pietra, ma c'erano comunque travi di legno, torce, arazzi e altri elementi combustibili. Sarebbe stato sicuramente più saggio mettere un'ampia distanza tra loro e quella caverna, anche solo per il fatto che prima o poi il fumo avrebbe reso l'ambiente irrespirabile.

Prosesguendo lungo la strada che avevano già percorso, Takumi sapeva che davanti a loro si sarebbe trovata la sala del palco, e da lì l'uscita per la salvezza.
Sentiva delle voci provenire dalla sala. Voci concitate, una ventina in tutto, prevalentemente maschili. Una tifoseria da arena, stavano incoraggiando ed esultando qualcuno.

«Queste voci... Questa sfumatura... La senti, moccioso? Questi sono i tuoi simili che godono della sofferenza altrui.»

Paternalistico e spocchioso, il Bijuu aveva tuttavia ragione. Avvicinandosi, Takumi avrebbe potuto vedere che la sala era diventata effettivamente un'arena di combattimento.
Tutt'attorno, a formare un cerchio, erano disposte una ventina di persone armate di spade, mazze e bastoni appuntiti, che pungolavano e spintonavano con risate malsane le tre persone al centro.
Persone che, ovviamente, erano Nasai e i ragazzi.

«Che cosa volete da noi? Lasciateci andare!»

I figli del Daimyo si stringevano alla schiena di Nasai, che piccola com'era faceva del suo meglio per schermarli. Con grandi sforzi, inoltre, dato che era ferita: una freccia le spuntava dalla coscia, un'altra dalla spalla destra. Frecce sottili, dardi di una foggia mai vista... Ma non fu difficile capire da dove provenivano, visto che in piedi sul palco c'era lo stesso uomo dai capelli argentati che le Kinsei avevano chiamato O-te. Il palmo della Mano di Inari. Che puntava la sua incredibile balestra verso Nasai.

«Quindi è tutto qui? Tanti nomi, tante cerimonie, per dei rivoluzionari scontenti del loro Daimyo?»

Gli occhi grigi della kunoichi brillavano di energia febbrile, le braccia erano tese a tenere i rampolli dietro di sé.

«La Mano di Inari è molto più di questo. Noi siamo benedetti dagli Dei.»
«Ah! Non ci credi nemmeno tu, O-te. O forse dovrei chiamarti... Oguro Yamatai?»


Il volto severo e imperturbabile dell'uomo fu incrinato da un alzarsi sorpreso di un sopracciglio. Nasai sogghignò.

«Sei tu, vero? Gli anni non sono stati gentili con te, c'è da dire, suppongo che la vita da Nukenin non sia così agevole... Ma non hai perso la tua passione per le armi strane, vedo.»

Indicò con un cenno del mento la balestra, che adesso Yamatai le puntava direttamente contro. Qualcuno dei presenti sussurrava, forse stupito dal fatto che una ninja di Kiri riconoscesse il loro leader.

«Hai preso i risparmi di questi disperati, facendo loro credere di essere dei predestinati. Quando in realtà li stai muovendo per i tuoi scopi, come sempre.»

Il brusio aumentò leggermente. Nasai abbassò le braccia e iniziò ad aprire e chiudere le mani, con un gesto apparentemente nervoso, ma l'espressione era decisa e sfrontata. Il sangue che usciva dalle sue ferite si spandeva a macchia sui suoi vestiti.

«Non ho bisogno di derubare i miei fratelli di fede» decretò Yamatai con voce forte, per riportare l'attenzione nel pubblico incerto. «L'Alba paga già a sufficienza.»

E sollevò il braccio, muovendo il dito indice sul grilletto della balestra. Mirava al cuore, questa volta.



 
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view post Posted on 27/8/2021, 21:13     +1   -1
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A essere sinceri, non si aspettava minimamente di essere ascoltato. Non dal demone che albergava dentro la sua anima, che pareva estremamente divertito nell'imporre le sue regole sul campo di battaglia, servendosi del corpo che lui stesso gli aveva concesso. Pensava sul serio di aver fatto una tremenda cazzata, una volta ripresosi dalla sensazione estatica del predominio e dal momento in cui il suo primo richiamo cadde nel nulla. Credeva di aver perso definitivamente se stesso a causa di quella stessa sete di vendetta che Matatabi stava sfruttando per giocare con le sue prede, ma alla fine il felino demoniaco diede ascolto al suo richiamo e stanco di giocare con della carne oramai morta recise di netto la testa della seconda gemella Kinsei prima di tornare nella sua anima, soddisfatto del lavoro svolto. A quel punto al castano parve di ritrovare l'aria dopo una lunga apnea, e avvertì tutto d'un tratto una stanchezza tale nelle membra che persino le gambe gli cedettero, costringendolo in ginocchio. Dovette tenersi il petto che pareva bruciare come se il suo stesso cuore fosse in fiamme, artigliando spasmodicamente le vesti lerce. Madido di sudore, sporco di sangue dalla testa ai piedi, circondato da un fuoco ardente che non bruciava la pelle ma incendiava i polmoni a ogni singolo respiro. Le teste delle due gemelle erano fra le sue mani, mutilate. Avevano vinto. Su tutta la linea. Ma non ebbe tempo di provare sollievo per la vittoria schiacciante o per il semplice fatto di essere sopravvissuto a quella spaventosa possessione, poiché il divampante fuoco che avevano appiccato stava bruciando e logorando ogni cosa. Doveva andarsene, e di corsa. Kuso..! imprecò a denti stretti, richiamando tutta la forza che gli era rimasta in corpo e cercando di far leva sulle gambe stanche per scartare di lato, giusto in tempo per evitare che una trave divorata dalle lingue di fuoco lo schiacciasse e portasse all'inferno anche lui. Così lasciò quel piccolo antro infuocato, teatro di un massacro senza precedenti e trappola mortale per chiunque vi fosse rimasto: barcollando col respiro mozzato e con un gran subbuglio in testa.
Una volta oltrepassata la porta, sfondata di spalla per evitare di mettere le mani nelle parti in ferro, incandescenti, poté prendere una bella boccata d'aria e guardarsi attorno. Non c'erano nemici in vista e.. dove diavolo erano finiti Nasai e i due rampolli? D'istinto, completamente stravolto dalla confusione e dalla stanchezza che provava, si volse indietro per cercare nel fuoco con lo sguardo, ma non trovò nessuno. Solo fiamme. Allo sbuffare scocciato di Matatabi si riprese e scosse la testa, scacciando via i pensieri tenebrosi che si rincorrevano a perdifiato nella sua mente.
Direi di si. rispose semplicemente al suo ospite, senza grosse inflessioni dialettali, prima di percorrere la strada a ritroso che l'avrebbe portato nella sala del palco e, successivamente, all'uscita. La ragazzina con le gomme rosa, sua compagna in quella disastrosa avventura, non poteva essere così tanto stupida da rimanere in quel posto immobile a farsi divorare dalle fiamme insieme ai due obiettivi della missione suicida alla quale erano stati chiamati (o adescati, a questo punto.. non sapeva più cosa pensare). Ma quello che era certo era che non aveva aspettato il suo ritorno, correndo per la salvezza senza nemmeno ragionare sui pericoli che la attendevano lungo il tragitto. Non così tanto stupida, ma comunque una stupida. Cosa diamine le passava per la testa? Nell'avvicinarsi a rapidi passi verso la sua salvezza, mentre raggiungeva l'ampia sala del palco, cominciò ad avvertire delle voci concitate, circa una ventina, prevalentemente appartenenti al sesso maschile. Stavano esultando o comunque idolatrando qualcuno. Non era un buon segno. Non paragonarmi a quella feccia, Matatabi. Quelle sono pecore travestite da lupi, pustole infette che andrebbero schiacciate lentamente. Una per una. disse sprezzante, sentendosi quasi offeso dall'essere racchiuso in quel sottoinsieme che il felino demoniaco aveva chiamato 'suoi simili'. Non erano simili per nulla. Quelli erano solo bifolchi con i paraocchi e la segatura al posto del cervello; persone deboli e senza un minimo di spina dorsale che pendevano dalle labbra di uno stronzo che si era dimostrato più furbo di loro. Tolto il pastore, quelli che adesso ululavano come lupi affamati di sangue sarebbero tornati a essere pecore e si sarebbero dispersi. Ma su una cosa aveva ragione Matatabi, quei maledetti figli di una cagna stavano divertendosi un mondo.
Si nascose nell'ombra Takumi, non appena ebbe messo piede nella sala. Prima di poter dare nell'occhio. Era Nasai quella accerchiata dai lupi, insieme ai due disgraziati: era ferita e sanguinava copiosamente, mentre cercava di proteggere come meglio poteva i due dall'uomo armato di balestra, facendo loro scudo col corpo. Strinse i pugni e digrignò collerico i denti. Se avesse aspettato, probabilmente quella situazione non si sarebbe nemmeno presentata! Ma oramai era totalmente inutile piangere sul latte versato, quindi rimase ad ascoltare il botta e risposta fra i due e a ragionare su come agire. La ragazzina sapeva con chi stava parlando e questo spiazzò l'uomo con la balestra, che la puntò immediatamente. Oguro Yamatai. Questo pareva essere il suo vero nome. La piccola folla cominciò a mormorare confusa e questa, dovette ammettere, fu un'ottima mossa da parte di Nasai.. ma non abbastanza. Stava con un piede nella fossa e non se la sarebbe cavata con la sola sagacia.
Si meriterebbe di morire almeno dieci volte, considerata la sua stupidità.. ma ci serve viva. Loro ci servono vivi. e questa fu una considerazione che fece apertamente, prima di rivolgersi concretamente al demone nella sua anima. So anche che potremmo farli fuori tutti senza alcuna distinzione, ma siamo in netta inferiorità numerica, con due palle al piede e una ferita. Ma se riuscissimo a disperdere la folla prima di affrontare quello grosso, potremmo avere una chance.. disse, prima di giungere alla conclusione di quel suo ragionamento. Potresti prendere nuovamente il controllo del mio corpo e far vedere a questi stupidi parassiti un VERO Kami. Scommetto quello che vuoi che scapperanno o che se la faranno talmente sotto da rimanere sul posto con le gambe tremanti. sorrise sornione a quel pensiero, immaginando chiaramente la scena nella sua testa. Sarebbe stato divertente, oltre che estremamente utile per poter avere la possibilità di competere con quel nukenin e uscire fuori da quell'incubo. Ma Matatabi, per quanto fosse stato stuzzicato dall'idea di mostrare a quei luridi insetti cosa avrebbero dovuto davvero temere, non sembrava del suo stesso avviso. Non se ne parla, mocciosetto. Moriresti. Non hai le palle per fare quel che serve. rispose aspramente, schernendolo e facendo crollare ogni sua speranza. Non era che volesse proprio cedergli nuovamente il controllo, considerato cosa avesse provato, ma non aveva alcuna scelta. Non aveva possibilità di uscirne vivo, se non lasciando al demone dalle due code lo spazio opportuno per fare piazza pulita. Cercò di protestare, ma nuovamente Matatabi rispose con quel Guarda che ci muori o ci perdi pezzi eh. A me scoccia avere un corpo che si è bruciato perché non ha fatto quello che andava fatto. mostrando un'evidente sfiducia nelle sue potenzialità. Cominciava a innervosirsi. E cosa andrebbe fatto allora, secondo te? Mollare tutto e fottermi la carriera per paura di rimetterci una bruciatura o anche peggio? Se torno a mani vuote, potrei rimetterci anche di più. Sempre SE riesco a tornare. rispose con maggiore enfasi, mostrando tutta la sua frustrazione e non riuscendo ad arginare quella sensazione di timore che provava nell'immaginarsi mutilato, ustionato o semplicemente sofferente. Aveva paura di non tornare, di non essere più padrone del suo destino, di doversi affidare a un essere che in fin dei conti non conosceva. Stava giocando letteralmente col fuoco e non poteva smettere di farlo, perché smettere avrebbe significato mollare, dare via la sua vita senza averci nemmeno provato a resistere a quei figli di puttana. Senza contare che ho già dato la prima volta. Sono vivo e sto bene. Sei abbastanza maturo da mollare, se noti che esageri e che il mio corpo non regge. L'interesse a non perdere pezzi è ampiamente condiviso, credimi. concluse, sarcastico. Carriera? Quindi a te interessa il vuoto plauso dei tuoi simili? chiese quindi a bruciapelo il felino, soffermandosi su un dettaglio di minore importanza. Chi se ne frega del plauso degli altri, mi importa vivere. Per vivere devo guadagnare e per guadagnare, quei due fottuti ragazzini devono essere portati fuori di qui. Non che mi piaccia la cosa, manderei al diavolo tutto, ma fra i miei simili funziona così. Il denaro è un mezzo di scambio e corruzione, è un mezzo di potere e un mezzo per sfamarci. sbuffò, scocciato. A me non importa di quello che pensa la gente, a me importa avere il potere di non permettere mai più a nessuno di mettermi i piedi in testa e togliermi ciò che desidero. Non mi importa come. Ho sterminato la mia famiglia, per questo.. e lo rifarei ancora. aggiunse, rimarcando con il dente avvelenato l'aspro ricordo della sua famiglia. Aveva dimostrato ampiamente di essere senza scrupoli, di non aveva né tempo né voglia di appoggiarsi a una morale che lo portasse sulla retta via. Era uno sprezzante egoista, pronto a uccidere donne e bambini se questi avessero intralciato il suo cammino. Ebbe l'impressione che Matatabi stesse soppesando le sue parole, prendendosi il suo tempo.. tempo prezioso che non sarebbe più tornato indietro e che avrebbe potuto essere fatale. Solo dopo qualche secondo di troppo disse quel fatidico Come desideri. che pesava come un macigno sulla coscienza del demone. Era evidente che fosse qualcosa che faceva totalmente controvoglia, così come controvoglia era la richiesta del castano. Non saltavano di gioia, ma almeno avevano un punto d'incontro. Un sospiro. Al mio segnale, scatenati.

Non appena ebbero finito di dialogare nella sua coscienza con il demone, un dardo venne scoccato dalla balestra in direzione del cuore di Nasai. La reazione del castano fu dettata dall'istinto: uno scatto in direzione della conca umana prima di sostituirsi con una semplice pietra adagiata sul suolo davanti ai piedi della fanciulla e dei due rampolli e in un battito di ciglia fu in grado di creare una corrente ascensionale con il suo chakra fuuton per deviare il dardo in rapido avvicinamento, riuscendo nell'impresa. Trovo estremamente divertente constatare come un funzionario del benevolo Inari sia finanziato, per sua propria ammissione, dal denaro sporco dell'organizzazione criminale più pericolosa al mondo. prese parola, con un sorrisetto bastardo pennellato sulle labbra, senza degnare d'attenzione chi aveva alle spalle. E trovo altrettanto divertente - e anche un po' triste, devo ammetterlo - che voialtri abbiate creduto ciecamente a quest'uomo e alle sue promesse. O è bravo lui, o siete stolti voi.. o entrambi.. proseguì, senza togliere di dosso gli occhi dal cecchino. Ditemi, avete mai visto con i vostri occhi Inari? O avete assistito a qualche suo miracolo? Dalle vostre facce, scommetterei che non avete avuto nemmeno l'ombra di una sua manifestazione, altrimenti non sareste qui a inneggiare un impostore che vi ha fatto il lavaggio del cervello. Ma niente paura.. disse, alzando le mani come a volersi dimostrare disarmato o comunque non incline alla violenza. Si fece serio, prima di dire sprezzante. ..ve lo mostro io, un vero Kami. e quello era il segnale. Adesso toccava a Matatabi mostrare loro chi dovessero realmente temere, sperando di non lasciarci davvero dei pezzi. Sorrise per mascherare il timore che ben presto sarebbe stato fatto tacere dalla presa di potere del demone, prima di chiudere gli occhi e appigliarsi all'unico motivo per il quale avrebbe combattuto per tornare. Un motivo racchiuso in una semplice bolla avvolta nelle spire di un serpente.



<tecnica/attivazione> - Sostituzione - [Stm -4/6/8/11] [Max 2 volte ad incontro] "Il ninja si sostituisce con un tronco o oggetti che trova nelle vicinanze. Questa tecnica si può utilizzare come:
- Attivazione: dimezza il danno certo subito dall'attacco appena difeso.
- Tecnica: conferisce un bonus a def/vel/res Base pari al parametro stesso. E' chakrabile e potenziabile con attivazioni, tonici o simili.
Durante l'azione può essere utilizzata solamente in una delle due varianti sopra citate; contro attacchi a Raggio Totale non sarà possibile utilizzare la Sostituzione come attivazione, ma solo come tecnica."

<ninjutsu elementale> - - Fuuton: Alzata - [Chk: 50/70][Def/Res: +70/100] "Sfruttando il vento in modo più preciso ma meno efficace, il ninja crea una corrente ascensionale per cercare di deviare un attacco a distanza verso l'alto o proiettare in cielo l'avversario. Di conseguenza, se riesce ad parare completamente un attacco ravvicinato dell'avversario, esso si troverà proiettato verso l'alto di un paio di metri e vulnerabile a qualunque attacco; l'attacco successivo avrà un bonus di 1/10 del totale."
 
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view post Posted on 6/10/2021, 16:45     +1   -1
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Il tempo parve perdere il suo normale scorrere, dilatarsi all’infinito in quell’unico, fugace istante. Tutto, intorno al giovane di Kiri parve muoversi con estrema lentezza, come se i corpi intorno a lui si stessero muovendo in un mare di melassa, e con altrettanta lentezza iniziò a percepire, dentro di sé, crescere il bruciante potere di Matatabi, intenzionato ad usare il ninja come catalizzatore davanti a quegli inetti ignoranti. E quando la sensazione di bruciore lo pervase da capo a piedi, dirompendo in ogni fibra del suo essere, detonò all’esterno, facendo esplodere in una propulsione di fiamme azzurre quella strana bolla che aveva rallentato il tempo.

Tutto tornò ad essere vivido, ogni sensazione percepita dal suo organismo amplificata dieci, cento, mille volte: il terrore di quegli uomini e donne che lo circondavano non solo risuonava nelle loro voci concitate, ma vibrava potente fin dentro il suo animo. E come dar loro torto: dal riflesso dei loro occhi riusciva perfettamente a vedere la sua figura venire avvolta dalle fiamme, lingue azzurre sprigionarsi dai suoi piedi e avvolgerlo come nastri di seta leggera ed impalpabile. Un ghigno felino si delineò sul suo viso, occhi tinti di nero si aprirono, mostrando delle iridi azzurre, rendendo i suoi occhi simili a quelli del suo subdolo alleato.

Le lingue di fuoco danzavano intorno al giovane, muovendosi sinuose come code di gatti, ipnotiche, e lo sguardo delle persone che circondavano Takumi divenne vitreo, come se quelle fiamme avessero annichilito con il loro fulgore le loro volontà… Una delle donne iniziò a piangere, lasciandosi cadere a terra. Uno degli uomini iniziò ad urlare, affondando le unghie nel viso, un’altra ancora si avventò contro l’altro, gli occhi colmi di follia.

E nella mente del giovane kiriano, che aveva lasciato le redini del suo corpo al Bijuu, si ritrovò spettatore degli incubi che quella platea stava vivendo. E l’angoscia iniziò ad attanagliare anche il suo animo, sentendo su di sè l’ombra di una spada di Damocle di cui ancora non conosceva le fattezze, e le parole di Matatabi gli risuonarono nella mente, quasi a voler fargli da monito: O ci muori, o ci perdi pezzi…

Sarebbe riuscito a non farsi annichilire da quei presagi di morte che stavano facendo impazzire i suoi nemici?

CITAZIONE
E proseguiamo questa avventura! Spero solo di riuscire a mantenere l’alto livello avuto fino ad ora :coffee:

Spero di aver reso bene quello che sta accadendo: Matatabi prende il controllo sul corpo di Takumi manifestando le sue tipiche fiamme azzurre che, data la sua natura Sho, gli permettono di ipnotizzare gli avversari e farli piombare in orride visioni di morte. Takumi, in un primo momento, ha coscienza di quello che sta accadendo tutto intorno, ma ad un certo punto si distacca e anche lui si ritrova a vedere quello che gli avversari vedono…

Lascio a te decidere se far vivere a questo bel giovanotto le sue “previsioni di morte” o se limitarti a fargli vivere quelle altrui. Vediamo se ha abbastanza palle, come dice il micione, per sopportare tutto questo :sese:

Per qualsiasi cosa, sai dove trovarmi :flower:
 
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view post Posted on 17/10/2021, 19:52     +1   -1
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Il segnale era stato recepito chiaramente dall'entità demoniaca che albergava all'interno della sua anima. La possessione, questa volta, fu differente e colse impreparato anche lui, seppure in un primo momento avesse destato un vago sentore di supremazia che avrebbe seriamente potuto dargli alla testa. Chi non desidererebbe il potere, quando quest'ultimo permette al beneficiario di porsi in una posizione di completo vantaggio? Lo scorrere del tempo parve come rallentare ai suoi occhi, mentre un'espressione a dir poco sgomenta andava pennellandosi sul volto dapprima sicuro dei propri mezzi del nukenin. Sorrise. Quella che stava provando era una sensazione particolare, un commisto di euforia ed estremo compiacimento. L'estremo potere di Matatabi bruciava intensamente, ma per il momento questo non lo spaventava affatto. Tutto riprese a scorrere normalmente dal momento in cui quell'accumulo di energia bollente esplose all'esterno, avviluppandolo. Fu questo ad aver generato terrore nei presenti, come aveva previsto. La manifestazione di qualcosa di realmente superiore, sovrannaturale. Kami o meno non faceva alcuna differenza. Aveva centrato in pieno l'obiettivo e le urla disperate di chi adesso si ritrovava davanti a una bomba ad orologeria sogghignante di soddisfazione lo stordirono, annidandosi nel suo stesso animo. Gli piaceva quello che stava succedendo, ne era pienamente soddisfatto, eppure.. eppure qualcosa non andava. Se ne rese conto nel momento in cui il pianto di una donna non suscitava più la stessa soddisfazione, o le cruente ferite auto inflitte di un nemico non suscitavano più la stessa ilarità. Gradualmente, il suo sorriso si spense e una sensazione di panico cominciò inspiegabilmente ad impadronirsi di lui, circondato dalla follia dilagante della platea che fino a poco prima avrebbe ucciso senza esitazioni due donne e un ragazzino disarmato. Era come se qualcosa di estremamente pericoloso si annidasse nell'oscurità di quel caotico sprazzo di cruenta realtà. Scosse la testa per cercare di scacciare quella sensazione negativa, ma nulla. Continuava a guardarsi attorno preoccupato, teso come una corda di ehru.

Non va bene.. perché sento questo?

Perché. Una domanda quanto mai banale da parte sua, dal momento in cui era stato avvertito dallo stesso demone della pericolosità di quella seconda possessione. Fu allora che le parole del felino tornarono alla sua mente, riverberando come onde nelle pareti del suo cervello. O ci muori, o ci perdi pezzi.. Era un monito che non faceva altro che accrescere la sua sin troppo presente ansia, che ebbe il culmine in un suono sinistro che sovrastò persino le acute grida dei presenti: un suono metallico di qualcosa di estremamente piccolo che strisciava a terra con la stessa velocità di un passo d'uomo. Per un attimo il suo cuore parve fermarsi e un panico smisurato surclassò tutto, costringendolo a voltarsi proprio in direzione di quello strano rumore. Ebbe paura.



Avanzava lentamente in mezzo alla folla impazzita, superando ogni ostacolo come un fantasma il cui unico obiettivo era quello di raggiungerlo. Il sinistro rumore metallico riconducibile alla fibbia di una lunga cintura, che strisciava al suolo come un'arma pronta all'uso. Conosceva quella fibbia: aveva saggiato molto tempo fa il freddo metallo di quell'innocuo arnese e ne portava ancora i segni sulla pelle. Non può essere.. non puoi.. un mormorio terrorizzato, mentre avvertiva le sue gambe tremare e a stento supportare quel suo istintivo indietreggiare. Aveva la pelle totalmente ustionata e lo sguardo severo di chi avrebbe usato tutta la sua forza per annichilirlo e annullarlo. Si. Conosceva quell'uomo: era suo padre.
Ancora un passo indietro, mentre quell'incubo avanzava verso di lui. Strinse le mani attorno alla sua katana, tremante, incapace di reagire a causa del terrore che stava ghermendo il suo cuore e paralizzando la sua mente. Un fuoco fatuo si avvicinò lesto, danzandogli intorno prima di soffermarsi proprio sotto l'orecchio sinistro.
Cerca di non cadere oltre nell'oscurità delle tue paure, pivello. Più affonderai in esse, più queste ti ridurranno a pezzi.. furono queste le parole che ascoltò, prima che suo padre mulinasse il primo colpo che miracolosamente fu parato col braccio destro. Ma non fu sufficiente a non farsi male. La fibbia acuminata gli si conficcò nella carne, tirandola malamente e causandogli un dolore atroce che lo costrinse ad urlare. Sanguinava copiosamente adesso. Reagisci! ringhiò Matatabi, al che estrasse la katana e cominciò a combattere suo padre, mulinando un fendente poco preciso che lo prese solo di striscio. Non voglio avere a che fare con un giocattolo rotto. Non sono il tipo a cui piace costruire, tutt'altro. Tienilo bene a mente. continuò, come il serpente che tenta Eva a prendere la dannata mela. Stava forse cercando di spronarlo a reagire? Ma certo. Aveva interesse affinché lui reagisse e ne uscisse vincitore: avere un corpo menomato non faceva al caso suo. Ci sto provando! disse a denti stretti, collerico, agitato, mentre scartava di lato per evitare la fibbia del padre e rispondeva a tono, infilzandolo da parte a parte. Allora, con la coda dell'occhio, vide qualcosa fra la folla che lo mise maggiormente in agitazione: una lunga chioma del colore stesso del fuoco, in mezzo a quei mentecatti usciti totalmente di senno. No. Non lui..
Yu! chiamò con quanto fiato aveva in gola per farsi sentire, per ottenere la sua attenzione. Un altro colpo che scansò appena in tempo, procurandosi un graffio appena superficiale alla spalla. Stava combattendo anche lui contro quella follia dilagante, ma erano troppi. Troppi anche per uno shinobi navigato e scaltro come lui. Il tempo parve rallentare ancora una volta, quando quel colpo, quel dannato colpo, stava per raggiungere il ragazzino alla schiena. Yu attento! disse, appena in tempo per vedere la sua schiena squarciata. NOOOOOOOOOOOO! un urlo che quasi non gli sfilacciò le corde vocali, mentre lo raggiungeva correndo, dimentico di qualsiasi pericolo, pieno di un dolore difficilmente intelligibile perché proveniente dal profondo. Era come se quel colpo ai danni del compagno avesse squarciato la sua ragione, il suo cuore, la sua anima. Si avventò sul colpevole con violenza inaudita, folle di collera e dolore. Piangeva, mentre li massacrava. Morite! Dovete morire tutti!! urlava, come se nulla avesse più senso.
In quel momento, il serpente era folle di dolore e la bolla che avrebbe dovuto proteggere fra le sue spire era pericolosamente incrinata, a pochi passi da lui, mentre cercava ancora di avvolgerla.

 
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view post Posted on 18/10/2021, 11:27     +1   -1
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Una risata malefica sfuggì dalle labbra dello shinobi che, sollevando un braccio, direzionò le proprie fiamme verso quei disperati che tanto si dimenavano, la cui mente era completamente rapita dalle visioni di morte che quei riflessi bluastri avevano in loro scatenato. Sinuoso come un lungo serpente velenoso, il flusso di fiamme si allargò intorno al giovane, dividendosi in tante lingue per ciascuno dei presenti, attraversandoli da parte a parte. Non appena le loro membra vennero a contatto con quelle fiamme di chakra blu, smisero di agitarsi, i loro occhi si spensero e, come sacchi vuoti, caddero a terra, inerti. Nell’attraversarli, quelle fiamme da azzurro bluastre iniziarono a tingersi di nero, condensandosi nuovamente in tante piccole fiamme scure, che come fuochi fatui vorticarono intorno al ragazzo.

Nasai, nonostante le innumerevoli ferite, stringeva dietro di sè i due bambini, che a momenti parevano sorreggerla, negli occhi il terrore d’innanzi ad una scena così surreale. La ragazzina chiamò il suo nome, ma il ninja di Kiri non parve ascoltarla. I suoi occhi famelici erano fissi sul bottino appena ottenuto e, tendendo una mano, richiamò quelle fiamme scure a sè, condensandole in una grande fiamma nera. Si leccò le labbra Takumi, volgendo infine lo sguardo sull’unico nemico rimasto ancora in piedi che, con occhi spalancati per la sorpresa, puntò l’enorme balestra verso di lui. «Kusottare. Non mi pagano abbastanza per affrontare questa merda.» E, così dicendo, Yamatai premette il grilletto, scoccando uno dei suoi dardi, puntando l’Harada.

«Takumi, attento! Ha sostituito il dardo con uno esplos..» Non fece in tempo ad ultimare l’avvertimento al collega che, alle sue spalle, lo vide semplicemente stendere il braccio, utilizzare la fiamma nera appena raccolta per intercettare il dardo. Agì d’istinto, afferrando i due ostaggi e buttandosi a terra, usando la sua ultima gomma da masticare per creare un palloncino grande abbastanza da proteggerli dall’esplosione che ne seguì. I due bambini urlarono, terrorizzati, stringendosi alla ragazza, speranzosi di potersi svegliare quanto prima da quel tremendo incubo.

Attese alcuni istanti prima di strappare l’involucro di gomma che li aveva protetti e, davanti a sè, Nasai vide Takumi, in piedi, rimasto immobile nella stessa posizione in cui l’aveva lasciato, il braccio ancora teso mentre piccole fiammelle nere danzavano tra le sue dita. Di Yamatai non vi era traccia: evidentemente aveva sfruttato l’esplosione come diversivo per darsi alla fuga, mentre le fiamme dell’incendio iniziavano a far sentire il loro calore, facendosi sempre più vicine alla loro posizione.

Incespicando, la kunoichi lasciò i due bambini, avvicinandosi incerta a Takumi. «Dobbiamo andarcene subito da qui, prima che ci crolli tutto addosso. Abbiamo trovato i bambini, riportiamoli a casa e…» La risata gelida di Takumi la zittì, producendole un brivido lungo la schiena. Indietreggiò di un passo quando il giovane le rivolse finalmente l’attenzione, potendone finalmente vedere il viso: occhi del giovane non erano più gli stessi, l’iride e la pupilla diventati simili a quelli di un felino, assumendo una colorazione una gialla e l’altra verde, mentre la sclera si era completamente tinta di nero, mentre lacrime nere, catramose, gli colavano lungo il viso. «Proprio ora che mi sto divertendo? Non ho alcuna intenzione di rinunciare a dar la caccia al mio bel topolino…»

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Mentre Matatabi aveva il pieno controllo del corpo di Takumi, il giovane shinobi di Kiri era alle prese con un problema di non poco conto. Assistere alla morte di Yu lo aveva sconvolto, travolgendolo di una rabbia ed un odio cieco, che lo aveva spinto a riversare tutta la sua furia sulla folla che aveva massacrato il suo più caro amico. E quando non ci fu più nessuno da passare a fil di spada, tutto tacque, tutto si fermò, intorno a lui solo un cumulo di cadaveri, il suo respiro pesante a fare rumore. Li aveva uccisi tutti, dal primo all’ultimo, ma allora perché quel suo tormento non trovava pace?

Iniziò a spostare corpi, cercare in quel marasma di budella e braccia recise, ma… Chi era che stava cercando? Una massa di capelli rossi, tra i corpi, lo colpì oltre il rosso del sangue, spingendolo a scavare spostare membra per raggiungerlo. Magari Yu era ancora vivo, magari era solo svenuto! Se lo avesse raggiunto, magari avrebbe avuto modo di salvarlo, forse era ancora in tempo!

Quando raggiunse il corpo a cui apparteneva quella zazzera di capelli fulvi, lo avrebbe trovato in posizione prona, la schiena martoriata da decine di tagli più o meno profondi, immerso in una pozza di sangue. Era troppo tardi, per lui, impossibile sopravvivere dopo aver ricevuto tutte quelle ferite… Lo avrebbe voltato e… Il volto non aveva gli stessi lineamenti di quello di Yu: il naso era troppo grosso, le labbra troppo sottili, la mascella troppo squadrata.

Nel constatare ciò, Takumi, alzandosi, nel volgere lo sguardo intorno a sé, avrebbe visto le decine, centinaia di corpi che lui stesso aveva ucciso, avere tutti gli stessi abiti, gli stessi identici capelli rossi. In un primo momento, tutti gli sarebbero sembrati Yu, ma ognuno rappresentante una sua brutta copia. Dov’era quello vero? Perché non riusciva a trovarlo?

«Ti ci stai perdendo, ragazzino. Questo dolore che senti non è il tuo. La paura, la disperazione, la rabbia, l’odio… Non lasciarti trascinare via dai loro tormenti, dalle loro sofferenze… Prima capirai che tutto questo non è reale, prima te ne tirerai fuori senza perdere troppi pezzi.» Gli sussurrava all’orecchio un piccolo fuoco fatuo, azzurro, unica fonte luminosa in quel macabro scenario di morte e desolazione. Ma Takumi sarebbe stato abbastanza lucido da sentirlo? Perché, poco più in là, qualcosa si era mosso, uno dei corpi si era alzato. Che fosse il vero Yu? No, era la sua ennesima brutta copia, che con un timbro di voce troppo basso rispetto al suo, lo chiamò per nome.

Un fendente della sua katana e il corpo si sarebbe riaccasciato per terra, e poi di nuovo, creando così una macabra routine che vedeva un finto Yu alzarsi, chiamarlo, andar verso di lui, per poi venir ucciso. E ancora. E ancora… E ancora… Finché…

CITAZIONE
Spero la situazione che avviene nella testa di Takumi sia chiara. Mentre il nostro pischello assiste a questa “Alba dei finti Yu morti viventi”, mentre ne butta giù uno dopo l’altro, ecco che sbucherà il vero Yu, vivo e vegeto, bello preoccupato. Vediamo se Takumi si accorgerà per tempo se è quello vero o l’ennesima copia :omicid:

Mi sono permessa una piccola licenza poetica per la versione Matatabi di Takumi, spero tu possa apprezzare :flower:
 
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view post Posted on 24/10/2021, 17:35     +1   -1
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Era successo qualcosa, come se dentro al suo cervello fosse saltato un perno che aveva minato profondamente l'equilibrio della sua sanità mentale. Nel momento in cui l'aveva visto crollare a terra inerme, non aveva più sentito alcuna ragione. Solo un folle dolore, che pareva stritolargli il petto e alimentare come benzina l'ardente fuoco di una collera smisurata. Era un animale selvatico, mentre uccideva quei miserabili. Dove non arrivavano le armi, arrivavano le sue stesse mani: aveva spaccato così tante teste a suon di pugni che persino le nocche, oramai lerce di sangue, dolevano. Eppure non riusciva a fermarsi. Non riusciva a placare quel dolore intenso che nemmeno le urla avrebbero potuto esprimere. Avevano toccato colui che nessuno avrebbe mai dovuto toccare, un nervo scoperto che pizzicato aveva risvegliato e amplificato sensazioni che credeva di aver dimenticato, o che semplicemente aveva preferito mettere sotto chiave. Voleva che morissero, voleva che bruciassero. Anche se non sarebbe bastato a placare la sua sete o a risanare la pericolosa ferita che si era aperta sul suo petto. Su suo padre, o su quello che rimaneva di lui in quel mondo fatto di incubi e sangue, espresse appieno la crudeltà di cui era capace: disarmandolo con non poca fatica, avvolse la cintura attorno al suo collo, stringendo fermamente e facendo perno con un ginocchio sulla sua schiena. Urlandogli di morire, di rimanere morto per sempre, di sparire, picchiò più volte la sua testa contro il suolo, avvertendo chiaramente le ossa incrinarsi e spaccarsi sotto le sue mani. Si fermò solo dopo svariati minuti, ansante, mentre un innaturale silenzio lo circondava. Erano tutti morti.
Gli occhi bruciavano da matti a causa delle lacrime commiste al sangue che era schizzato, ma nonostante questo e nonostante la vista fosse abbastanza appannata ebbe la forza di chiuderli, asciugarli appena strofinandoli sul braccio e sollevarsi da terra scavalcando barcollante i corpi che lo separavano dal Rosso, sepolto chissà dove.
YŪZORA! chiamò stupidamente nella vana speranza che il compagno potesse rispondergli e segnalargli la sua presenza, mente iniziava a scavare, a spostare malamente e senza rispetto alcuno i morti che pesavano sulla sua coscienza. Forsennato, ancora speranzoso. Era proprio vero che la speranza, l'aspettativa che le cose si sarebbero potute sistemare, era l'ultima a morire, e quando lo faceva il dolore era terribilmente insopportabile. Non appena lo vide prono, immerso in una pozza di sangue con svariate ferite alla schiena a cui nessuno probabilmente avrebbe potuto sopravvivere, apparentemente sordo agli avvertimenti di quel fuoco fatuo che illuminava la scena, digrignò i denti come un animale ferito e cercando di farsi forza fece per sollevarlo e voltarlo a pancia in su. Non era pronto per quello che avrebbe visto una volta eseguita la manovra, non era pronto a dire addio così velocemente a colui il quale aveva donato tutto se stesso. Non senza un altro bacio. Non senza svanire anche lui in esso. Niente aveva senso, senza il Rosso al suo fianco; senza la sua luce tutto era buio e freddo. Ma quando poté vedere il suo viso, perse un battito e subito mollò la presa su quel corpo coperto di sangue, in un moto d'improvviso sdegno. Quelle non erano le sue labbra, non la linea perfetta del suo naso o la forma morbida dei suoi occhi quando dormiva beato. Semplicemente quello non era Yūzora. Ma allora.. T-tutto questo non è reale.. sussurrò, ripetendo le stesse parole che Matatabi aveva appena sussurrato al suo orecchio, cercando di convincersene. Ma non era facile. Stava vedendo qualcosa che non era reale ma che percepiva esattamente come tale, assolutamente tangibile. Come poteva discernere, quando il pulviscolo gettato davanti ai suoi occhi dall'incredibile potere del demone felino dalle due code era così serratamente occlusivo?
Si volse per guardarsi attorno e tutti erano mutati nel ragazzo che aveva desiderato ardentemente per quella che era sembrata un'eternità. Un mare di capelli screziati di rosso, come morbide colate di lava liquida su corpi ammassati e martoriati. Cosa stava succedendo? Confuso si sollevò guardandosi ossessivamente attorno e solo quando un cumulo di cadaveri si mosse prese nuovamente l'elsa della sua katana, serrandola per mettersi immediatamente sulla difensiva. Uno di quei fantocci estremamente simili al suo Yūzora aveva preso vita e stava andandogli incontro, chiamandolo con un
Takumi.. che al suo orecchio suonava come una carezza. Era il canto di una sirena. Ma la tonalità era sottilmente diversa rispetto a quella del suo compagno e non appena fu abbastanza vicino da allungare la mano verso di lui, lo uccise. Lo fece consapevolmente, abbattendolo con un fendente deciso.. ma faceva ugualmente male. Un male cane che fece scendere l'ennesima lacrima sul suo viso stanco. Ma ecco ancora un altro Yūzora avvicinarsi, questa volta diverso dal reale per il colore degli occhi. Fu abbattuto anch'egli, non appena fu certo che i suoi occhi fossero azzurri e non verdi. Poi un altro, un altro ancora.. e così all'infinito, con dettagli sempre diversi e fuori posto. Furono abbattuti uno dopo l'altro, mentre il suo nome gli rimbombava nel cervello come un'eco di colpevolezza; era come se, ogni volta che uno di quei fantocci cadeva (pur sapendo che nessuno di loro fosse in realtà il suo compagno), un pezzo della sua anima sparisse, surclassato dall'opprimente potere di Matatabi. Per quanto ancora sarebbe dovuto andare avanti a sentire quel dolore? Per quanto ancora avrebbe dovuto ucciderlo? Perse il conto di quanti ne avesse passati a fil di spada.



L'ennesimo richiamo alle sue spalle che sarebbe presto finito nel sangue. Si volse di scatto, pronto a menare quel fendente definitivo sull'ennesimo falso che continuava a minare profondamente la sua stabilità, ma non appena i suoi occhi incontrarono quelli del nuovo arrivato, l'espressione sofferente si tramutò in sorpresa e la lama venne arrestata appena in tempo, sotto il collo di quello che si presentava a tutti gli effetti come Yūzora. I suoi occhi erano perfetti, verdi come due stagni attraverso cui potevi scrutare il fondo; la piccola cicatrice posizionata esattamente sullo zigomo sinistro; i lineamenti del viso perfettamente bilanciati. S'arrestò pure lui, non muovendo ulteriori passi in sua direzione, sollevando le mani in segno di disarmo. Takumi.. cosa stai facendo? Perché mi punti l'arma contro? chiese, stuzzicando inconsapevolmente il senso di colpa che il castano stava sperimentando da svariati minuti. Ma nonostante tutto, nonostante sentisse la voglia di credere che quello fosse il suo Yūzora e che tutto fosse finito, rimase fermo nella sua posizione. Non si fidava. Non poteva farlo. Si fece serio. Spogliati. disse secco, quasi con tono intimidatorio, aspettando con trepidazione di vedere quelle vesti cadere e mostrare la cicatrice che celavano. La reazione del presunto compagno fu alquanto strana. B-baka, che diavolo stai dicendo?! Come ti salta in mente di chiedermi una cosa simile così, all'improvviso.. rispose, mostrando un imbarazzo palpabile che gli fece pericolosamente assottigliare lo sguardo. Pessima risposta. Trasse un profondo sospiro, prima di praticare senza permesso un taglio sulla sua veste, facendo da solo quello che aveva chiesto di fare al compagno. Sordo alle proteste, scostò con l'ausilio della lama la stoffa per mostrare la cicatrice, perfettamente collocata dove doveva essere, con tutte le imperfezioni che aveva imparato a riconoscere nel corso della sua convalescenza. Sollevò nuovamente lo sguardo, piantandolo nei suoi occhi. Cosa ti ho detto la notte in cui abbiamo lanciato la nostra lanterna? chiese a bruciapelo, testandolo ancora in qualcosa che soltanto il vero Yūzora avrebbe potuto sapere. Non capisco perché dovrei.. cominciò a protestare il Rosso, subito zittito da un collerico DILLO E BASTA! che poco lasciava spazio a fraintendimenti di sorta. Mi hai detto del perché ti paragoni a una falena e del perché io rappresento per te il fuoco. Mi hai detto che non sei abbastanza forte per starmi lontano.. che finisci sempre, costantemente, per tornare da me.. rispose. Perse un battito a quelle parole. Kuso. Serrò maggiormente la mano attorno all'elsa, confuso da quel dettaglio così perfetto. Perché non riusciva ad ucciderlo? Perché dubitava? E se quello fosse davvero Yūzora e il suo giudizio fosse appannato dal forte stress emotivo provato sino a quel momento? Lo osservò negli occhi con un'espressione dolorante, prima di abbassare l'arma, lentamente. L'interlocutore parve sospirare di sollievo nel vederlo deporre ogni ostilità, ma non fece in tempo a sorridergli che il castano lo passò da parte a parte, infilzandolo senza alcuna pietà.
L'espressione sul volto del Rosso passò rapidamente dalla serenità all'incredulità, mentre il sangue gli saliva sino in bocca, scivolando dalle labbra. Lo vide piegarle e balbettare qualcosa, come se cercasse di parlargli, di chiedergli il perché di quel gesto, mentre la sinistra arrivò sino al suo viso in una carezza tremante. Vedendolo in quello stato, il suo Yūzora non si sarebbe mai avvicinato così incautamente; se lo avesse visto ostile e autoritario come era stato, non avrebbe sofferto di imbarazzo ma avrebbe risposto a tono, stimolando un botta e risposta che era pane quotidiano della loro routine; oltretutto non avrebbe provato vergogna nello spogliarsi davanti a lui, che del suo corpo conosceva perfettamente ogni muscolo e imperfezione. Sorrise amaro.
Tu non sei il mio Yūzora. sussurrò al suo orecchio in risposta ai suoi quesiti inespressi, mentre la vita scivolava via da quel corpo allo stesso modo in cui esso scivolava sul suo, lasciando una scia cremisi.

 
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view post Posted on 4/11/2021, 11:50     +1   -1
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Le fiamme continuavano ad avanzare nei corridoi dietro di loro, aggrappandosi a qualunque cosa permettesse loro di alimentarsi: drappi di stoffa, colonne e travi di legno vennero avviluppate da quelle lingue scarlatte, riempiendo l'aria di fumo acre e denso. In lontananza, i primi crolli avvisarono che le volte di alcune stanze avevano ceduto, bloccando il passaggio a chi, invano, aveva cercato una via di fuga da quei cunicoli sotterranei.

L'incendio proruppe con prepotenza dal corridoio da cui poco prima era giunto Takumi, sviluppandosi tutt'intorno all'enorme sala. Nasai, rimasta sola, non poté far altro che cercare di raccogliere le forze, in un ultimo, disperato tentativo, di riuscire a mettere in salvo lei e i due ragazzetti che si portava dietro. Fortunatamente, i corridoi davanti a loro erano sgombri, nessuno ad ostacolare la loro avanzata verso la tanto agognata libertà, ma ciò che turbava la giovane kunoichi era il comportamento insano mostrato dal suo compagno, che l'aveva lasciata sola per inseguire Yamatai, incurante del fatto che, a momenti, l'intera grotta sarebbe potuta crollare sulle loro teste, dimentico completamente della missione che avrebbero dovuto portare a termine.

Era quasi giunta all'uscita, l'aria fresca a dar sollievo ai due ragazzetti che avevano iniziato a piangere per il sollievo, quando un'urlo disumano venne lanciato, in un punto imprecisato alle loro spalle, un eco che, nella sua potenza, portava con sé tutto il dolore e la sofferenza patite dalla povera vittima. I ragazzini ammutolirono, terrorizzati, stringendosi ulteriormente a Nasai che, a denti stretti, cercò di proseguire, scorgendo l'uscita verso l'esterno del tunnel, cercando di non pensare a quello che Takumi stava facendo a Yamatai.

[...]


In quello spazio fatto di oscurità senza fine erano ormai rimasti solo loro due: il corpo di quell'ennesimo Yūzora si accasciò ai piedi del ninja, inerte e senza vita, lasciando sotto di sé una pozza di sangue che andava via via sempre più ad allargarsi, lasciando come unico naufrago in quel mare di rosso scarlatto uno stravolto Takumi. Il silenzio regnava sovrano, rotto solamente dal respiro affannoso del giovane, il quale avrebbe potuto vedere il suo riflesso in quel mare di sangue, constatando lo stato in cui si trovava, l'espressione folle sul volto che sembrava non appartenergli.

I lineamenti di quel riflesso iniziarono a mutare, diventando più felini, nella realizzazione di una sorta di ibrido tra Takumi e Matatabi stesso e fu proprio la voce del demone codato a prorompere dalla smorfia sul volto di quel riflesso sanguigno, interrompendo i pensieri del giovane di Kiri. Di un po', ragazzino... Ti è piaciuto quello che hai visto? Il sangue iniziò a muoversi, assecondando i movimenti di quel riflesso, iniziando a plasmarlo, dandogli forma e piena consistenza, permettendo ai due di potersi guardare alla stessa altezza, faccia a faccia.

Il Takumi-Matatabi sogghignò, allargando le braccia a voler indicare intorno a sé.Questo è solo una piccolissima briciola di ciò che può il mio potere, di quello che può fare alle menti di questi inutili omuncoli. Meraviglioso, non trovi? Lentamente, inesorabile, Matatabi iniziò a girare intorno a Takumi, a studiarlo proprio come farebbe un predatore che ormai ha la sua preda in pugno, il tempo scandito dal rumore che l'essere produceva facendo scattare in avanti le unghie affilate come artigli. E, dopo un istante che parve interminabile, si fermò nuovamente difronte al giovane, niente più scherno o derisione sul suo volto, quanto una fiera superiorità altezzosa.

È un potere che distrugge qualsiasi mente troppo debole da sopportare, annichilendola completamente. Spezza quella più forte, facendole perdere parti che mai più potrà riavere indietro... Aprì il palmo della mano davanti a sé, muovendo leggermente le dita lunghe e affusolate, ed il sangue dell'intera stanza vaporizzò, raccogliendosi in fumo nero sul suo palmo, creando una piccola fiammella nera, un fuoco fatuo nel cui bagliore smorto Takumi avrebbe potuto vedere tutto il tormento e l'angoscia che aveva provato fino a quel momento.

Matatabi iniziò a giocherellare con quella fiammella, facendola scivolare languidamente tra le dita, osservandola con fare estasiato, prima di lasciarsela scivolare in bocca, gustandola lento. Ah! Che delizioso banchetto. Sembrò ricordarsi solo allora della presenza di Takumi. Te l'avevo detto, no? Questo è il prezzo da pagare per ottenere il mio potere e, credimi, ogni volta sarà sempre peggio... Considera questo come.. un assaggio, si, un amaro boccone da mandar giù, per poter gustare un sontuoso e delizioso banchetto. Hai vissuto i contro che comporta, ma direi che adesso puoi anche sperimentare il piacere che tutto il resto porta...

Dimmi, Takumi, sei disposto a sopportare tutto ciò?




CITAZIONE
Hai controllo sulla versione over power di Takumi nella realtà nel momento in cui Matatabi ti parla dei pro e contro dell'uso del suo potere: ti ritrovi in modalità "caccia", sai di essere sulle tracce di Yamatai e ce l'hai in pugno, sai di poterlo stritolare come una mosca nel palmo della tua mano, ma sai anche che potresti tranquillamente torturarlo, tanto quell'uomo non potrà nulla contro di te.

Takumi ha avuto modo di sperimentare il lato negativo della medaglia, ora ha modo di sperimentare quello positivo e, con questi dati a disposizione, Matatabi gli sta dando libertà di scelta: sarà disposto a vivere con questa spada di Damocle addosso? :gurupat:
 
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view post Posted on 21/11/2021, 18:49     +1   -1
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Era stato sufficiente quell'ultimo colpo ai danni dell'ennesimo fantoccio presentatosi come Yūzora per svuotarlo completamente, privandolo di quel briciolo di umanità che era riuscito a ritrovare proprio grazie all'amore per il Rosso. Aveva ucciso talmente tante volte quel ragazzino che oramai si sentiva saturo del dolore che sino a pochi istanti prima aveva attanagliato le sue viscere con una morsa potente, soffocante. Ne era assuefatto. E sentirlo scivolare inerme sul suo corpo parve non fare lo stesso effetto delle prime volte. Come privato della sua anima, non ebbe nemmeno la necessità di osservarlo morire sino in fondo. Non aveva importanza. Aveva la mani sporche di un sangue, e questo niente avrebbe potuto cambiarlo. Specialmente perché, raggiunta la consapevolezza che quelli che aveva combattuto non erano altro che proiezioni delle sue stesse soggezioni, quasi ci aveva provato gusto a vederli cadere come frutti maturi staccati malamente da un albero traballante. Un sospiro, prima di abbassare lo sguardo sulla mano che stringeva la katana, completamente sozza della rossa linfa dell'ultimo impostore. Una lacrima silenziosa scese lungo la gota, cadendo proprio su quella mano, saldamente ancorata all'arma ma appena tremolante. Era stanco. Avrebbe voluto chiudere gli occhi e in un battito di ciglia abbandonare quel mondo di morte per riaprirli e ritrovare davvero Yūzora, con i suoi splendidi occhi piantati su di lui o raggomitolato fra le sue braccia ancora assopito. Ma non sarebbe accaduto. Sapeva che non ne sarebbe uscito facilmente. Non sembrava nemmeno lui, in quel riflesso scarlatto. Era spento. Non c'era ombra del sorriso spavaldo dell'uomo che sapeva prendersi gioco di tutto e di tutti. Adesso era solo l'ombra di quel ragazzo dalla risposta pronta. Stravolto, ma non turbato. Semplicemente non sentiva nulla, non percepiva quei sentimenti negativi che ancora s'agitavano dentro di lui, come falene impazzite alla ricerca della salvezza e della luce. Fu allora che qualcosa si mosse in quel mare di sangue. Lui si mosse. Sorrise. Adesso anche il suo riflesso aveva il coraggio di prendere vita e parlargli, come se lo conoscesse da una vita.
Non rispose alla domanda che gli pose, ma si limitò ad osservare mentre l'atro se stesso prendeva vita, assumendo lineamenti che non gli appartenevano: occhi bicromi, pupille sottili e allungate come quelle dei felini, canini pronunciati sul sorriso soddisfatto, striature nere sparsi sulla pelle (sulle tempie, sul corpo) e artigli al posto delle unghie. Man mano che parlava, quell'altro prendeva consistenza e quando fu completo prese a girargli attorno come un predatore, mentre si vantava dello smisurato potere che lo aveva investito in pieno. Lui non si mosse, esattamente come una preda che tenta di non far scattare il predatore.. ma il suo atteggiamento non era ansioso o forzato in tal senso. Stranamente, si sentiva abbastanza calmo. Forse perché sino a quel momento aveva dato sin troppo alle ortiche per potersi spaventare di un predatore di quel calibro. Nella sua mente, oramai era tutto finito da un pezzo. Tutto sepolto sotto quello stesso sangue che sotto il volere dell'altro (chiara manifestazione del demone) evaporò sino a formare un fuoco nero con cui il semi felino banchettò di gusto, prima di dargli una scelta. Si. Aveva capito bene. Gli aveva chiesto se era disposto a sopportare ancora quello che aveva sopportato sino a quel momento, come se avesse DAVVERO una scelta.
Involontariamente, le labbra si piegarono in una strana smorfia prima che assumessero la forma di un sorriso e cominciasse a ridere. Si. Prima sommessamente, poi sempre più sguaiato se la rise di gusto, come qualcuno a cui era saltata qualche rotella di troppo. Una risata divertita, a tratti maligna. Con la destra alla fronte coprì gli occhi, buttando indietro la testa per liberarsi totalmente da quella voglia di ridere in faccia a quel timido tentativo di farlo sentire padrone del suo destino. E solo quando fu in grado di controllare quell'espressione di insano divertimento, lo osservò da sotto la mano con sguardo brillante, tagliente.
Lo fai sembrare come se avessi sul serio una scelta. Carino da parte tua. rispose, pensando ai propositi di vendetta del felino demoniaco, palesi sin dal loro primo incontro a Fukagizu. Ricordava ancora le sue parole, mentre artigliava la sua schiena in uno spazio del tutto simile a quello che li circondava in quel preciso istante. "Tu sarai mio.. che a te piaccia, oppure no."
Abbassò la mano, lasciando libero lo sguardo dall'ombra che vi aveva proiettato. L'espressione divertita eppure allo stesso tempo stravolta di un uomo che aveva sofferto nel profondo, che aveva rischiato davvero di spezzarsi in tanti piccoli pezzi, ma che alla fine non lo aveva fatto. Non del tutto. Si avvicinò alla proiezione feline di se stesso con passo stanco, quasi trascinato; la punta della katana strisciava a terra, producendo un suono stridulo e alquanto sinistro, come se sotto di loro vi fosse marmo.
Ho sopportato abbastanza. Adesso voglio la mia ricompensa. disse, non appena fu spalla con spalla con se stesso. Avvicinò le labbra all'orecchio dell'altro, prima di sussurrare la sua ultima risposta.

Fammelo piacere, Matatabi.


BTuN44y


Takumi Theme 2.0

O-onegai.. non farmi del male! furono le parole che lo riportarono al mondo reale, avvertite chiaramente dopo il vago ricordo del sorriso soddisfatto del felino alla sua sfrontata richiesta, simile a quella di un amante pronto a saggiare ogni singolo istante del torbido piacere che l'avrebbe atteso. Lo vedeva. Oguro Yamatai era sotto di lui e sul suo volto non v'era nemmeno il ricordo della sicurezza che aveva mostrato sul palco dinnanzi ai suoi fedeli seguaci. Era spaventato a morte e lo osservava come se avesse a che fare direttamente col tristo mietitore, venuto per strappargli la vita. Oh. Non aveva idea di quanto avesse ragione.
Ci volle un attimo perché recuperasse del tutto, perché sentisse la punta delle sue dita e potesse muoversi nuovamente in scioltezza. Sorrise sadicamente (i canini pronunciati erano quasi fastidiosi), assottigliando lo sguardo.
Andiamo.. mi stai dicendo che finisce così tutta la tua convinzione? Sono estremamente deluso.. rispose, platealmente deluso dal cambiamento repentino di quel verme. Era proprio vero. Bastava toccare le corde giuste per far crollare ogni convinzione. A quel punto Yamatai provò con tutti i mezzi di farsi risparmiare, promettendogli denaro, promettendogli di sparire per sempre, di non torcere mai più un capello a quei ragazzi o alla sua compagna.. tante parole, che si persero nello scoppiettio del fuoco in avvicinamento, chiaramente udibile grazie al riverbero del suono nei cunicoli. Allora decise di zittirlo, ponendo un dito artigliato sulle sue labbra e osservandolo divertito, a tratti languido. Si avvicinò al suo orecchio, quel tanto che bastava per permettere a quel mentecatto di sentire il suo fiato sul collo. Se proprio vuoi ancora dar fiato alla bocca, ti suggerisco di scegliere un Kami.. e cominciare a pregare. Si sa mai riescano in un miracolo. sussurrò lapidario, prima di sollevare un kunai e piantarglielo nel petto, accompagnato dalle piacevoli urla disperate dell'uomo sotto di lui. Non lo uccise subito. No. Non meritava di lasciare quel mondo così rapidamente, senza rendersi conto sino in fondo di quanto fosse un verme e di come sarebbe morto come tale, dimentico da tutti. Affondò il kunai più volte su di lui, brutalmente, recidendogli le arterie principali in maniera chirurgica, così da rendergli il trapasso lento e doloroso.
Fece per tirare indietro i capelli, osservando ansante il risultato del suo lavoro. La vita non aveva ancora lasciato la sua preda, boccheggiante sull'orlo della morte. Dal petto il sangue fluiva come sospinto da una brezza e il calore del fuoco era oramai vicino.
Mi dispiace. Avrei voluto passare un po' più di tempo con te, ma devo tornare. Questo tuo lato docile era adorabile a dir poco, spero che all'inferno sappiano domarti come meriti. disse, prima di sollevarsi e lasciarlo li, a morire. Doveva trovare una via di fuga rapidamente, prima che le fiamme raggiungessero pure lui. Sentiva le gambe pesanti e la testa che man mano che passava il tempo doleva, ma non si sarebbe arreso, non sino a quando fosse tornato a casa. Doveva tornare da lui, a tutti i costi.

 
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view post Posted on 25/11/2021, 18:02     +1   -1
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L’incendio, ormai, aveva attecchito in ogni dove, lì all’interno di quel covo sotterraneo, il fumo arso ed il calore insopportabile rendevano difficile orientarsi; tutto ciò, unito alla spossatezza crescente che pian piano stava prendendo possesso delle membra del Takumi, gli rendevano difficile avanzare, riuscire ad arrivare alla tanto agognata uscita. Matatabi, nel profondo del suo animo, si era acciambellato su se stesso, così simile ad un normalissimo gatto intento a sonnecchiare al calore del focolare, come se per quella giornata avesse finito di giocare ed ormai, stanco, si stava prendendo un meritato riposo.

Io, il mio, l’ho fatto. Ora veditela tu. Sussurrò, sbadigliando e nascondendo il muso in mezzo alle zampe. Come poteva esser così tranquillo? Sapeva, no, che se il giovane non fosse uscito da lì, anche lui ci sarebbe rimasto secco, dato che ormai i due erano uniti in maniera indissolubile? Forse si, forse no, o forse…

Un rumore strano colse l’attenzione dei due: il felino, appallottolato, rimase impassibile, solo le orecchie a dar segno d’interesse, col loro movimento. Uno scoppio soffocato, ben diverso da quello prodotto dalle fiamme e dal loro vorace avanzare, quanto piuttosto… Bolle. Bolle che scoppiano.

Seguendo il rumore, Takumi avrebbe iniziato ad intravedere le prime bolle vorticare sulla volta dei cunicoli pieni di fumo, dapprima isolate, poi a gruppetti sempre più numerosi, fino a trovare una scia in piena regola che, col loro svolazzare e scoppiettare, lo condussero fino all’esterno dove, ad aspettarlo, trovò Nasai intenta a produrre le bolle che gli avevano permesso di trovare la via d’uscita, i due bambini al suo fianco, ad indicarlo, increduli nel vederlo ritornare in superficie sano e salvo. L’aria gelida della sera lo accolse come un caloroso abbraccio, così rifocillante dopo quella morsa incendiaria da cui era scampato.

Era finita. non restava altro da fare che tornare a casa.

CITAZIONE
Ed è finita!

Beh, che dire, la mia valutazione hai avuto modo di leggerla nella discussione avuta in Staff, quindi direi che non c’è altro da aggiungere, se non fare un applauso al nostro nuovo Jinchuriki!

Promossa a pieni voti
Voto
: 10
Esperienza: 2.500 exp 1.200 exp

Perdona sta chiusa: fa veramente schifo, ma volevo liberarti da questa quest infinita quanto prima xD

Ti lascio al post di chiusura: riportate i ragazzini a casa senza problemi, portando a termine la missione. Scegli tu se parlare con Nasai riguardo a quanto successo nei sotterranei o se lasciar perdere. Lei, di suo, non tirerà fuori l’argomento, a meno che non sia Takumi ad uscirlo.

Ricordati, a fine post, di lasciare la tua valutazione ai master che hanno gestito la giocata. E detto questo, penso di aver detto tutto. Ci si becca alla prossima giocata!

*scappa via a cavallo di panda volanti, che scorreggiano arcobaleni maggicci*


Edited by ArdynIzunia - 11/1/2022, 17:05
 
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47 replies since 3/2/2019, 23:39   1101 views
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