| Caverna di Ryuchi, ???, ??? ??? ??? DN, ore ??? *Silenzio, di nuovo. L'oracolo rimase immobile, non più animato della pietra su cui riposava, dalla bocca lente volute di fumo al ritmo dello schioccare della lingua. Aveva capito la domanda? Sapeva che era ancora lì davanti a lei? Le domande incominciarono inevitabilmente ad approcciare la coscienza del Cantore quando, quasi d'improvviso, Hakuja ritenne di dover degnare nuovamente lo spazio della sua voce. Ancora parlò, ed ancora il senso di quel che disse passò attraverso il filtro dei millenni che li separavano. Se c'era un punto, oltre la singola parola e quel che Hideyoshi poteva ricavare attraverso traballanti e temerarie interpretazioni, esso sfuggì completamente al Kokage. Molto tempo era trascorso tuttavia dal giorno in cui il jonin aveva smesso di dare credito all'ovvio, da quando l'irreale e l'aberrante avevano scavato un solco indelebile sul suo giudizio, e dunque egli si guardò bene dal ritenere il saggio un essere meramente farneticante, consumato dagli anni e dalla solitudine. Simili visioni, specie in sogno e specie da parte di una simile creatura, dovevano avere significanza di qualche tipo. O almeno così egli ritenne in quel momento, stremato e raggelato dal contatto con la pietra della stanza.*(Ma anche se fosse una profezia, un avvertimento o anche solo un'identificazione di qualche tipo... non ho idea di cosa stia parlando. Né saprei cosa chiedere ulteriormente...)*Sarebbe stata tuttavia la signora a troncare qualsiasi ulteriore appello: dopo un istante di contemplazione ella si mosse, lenta, ma tanto legata all'essenza stessa di quel luogo da mutarne la natura, e con essa l'idea cristallizzatasi nella mente di Hideyoshi. Lo shinobi vide le spire tumultare tutto attorno, sorprendendosi quasi dimentico di quanto già aveva visto, di aver saputo il rettile già circondarlo. Sassi e polvere tremarono al ritmo di diecimila scaglie lungo la pietra, il lamento del gigante nelle cui viscere si era insinuato quel verme lattiginoso, finché, nuovamente, Hakuja tornò con la testa al proprio scranno. Annoiata, distratta, troncò quell'audizione tornando a degnarlo del proprio sguardo. Hideyoshi, naturalmente, non osò altrettanto: ancora inginocchiato, dolente, ricevette il congedo in silenzio. Si alzò lentamente, quindi, e marciato all'indietro per diversi passi lo raccolse prima di voltarsi.*"Tornerò a cosa fatta, mia signora."*Giurò servizievole, senza sapere cosa stesse giurando.**Il temporale era cessato chissà quanto tempo prima. Del crepitare profondo e costante dell'acqua non era rimasto nemmeno lo stillicidio lungo pareti e stalattiti, che ora, animate unicamente dal riverbero del suo cammino, ne divoravano il ricordo di vita come bestie fameliche, restituendo ruggiti e gorgoglii senza vera fine. Così Hideyoshi risalì verso il Paese delle Terme, senza sapere dove davvero fosse diretto, o quanto tempo fosse trascorso da quando aveva visto le stelle per l'ultima volta. La presa che quel luogo aveva sul corpo e sulla mente cessò in maniera graduale, di metro in metro, ma ad accogliere la lucidità interiore il Kokage non avrebbe trovato chiarore più intenso di quello che lo aveva visto svanire nell'oscurità: anche senza lo scrosciare del temporale, il cielo di Yu no Kuni apparve alla vista cieco, nero come i recessi di Ryuchi. Una sfumatura lontana, oltre le cime degli alberi e il velo delle nubi, si dibatteva ad occidente, ma la sua influenza era incapace di profondere alcun calore all'immagine. Ed ecco di nuovo le anime perdute, i loro occhi lucidi al danzare della fiamma, i loro corpi ad un passo dallo sgretolarsi nel fango e nell'ombra. Così anche Hideyoshi, emerso dalla cripta, le vesti ancora rancide del miasma emanato dalle pareti della caverna. Li vide voltarsi verso di lui, orbitargli accanto per berne l'essenza, la parola: i signori gli avevano concesso udienza? Dovevano, perché era tornato tra loro. Cosa avevano detto? Cosa avevano preteso? Hideyoshi udì i loro sussurri, così simili a quelli delle creature che servivano, e ne percepì gli sguardi penetrargli l'animo. Sentivano che la sacralità lo aveva toccato, che a rivolgergli parola era stata un'entità persino più intoccabile del Verme, e a mano a mano che il loro numero aumentava, così facevano devozione e temerarietà. Qualcuno allungò una mano verso di lui, e, nel percepirne il contatto glaciale, il Kokage si riscosse.*(Kami... portatemi via da questo luogo...)*Si ritrovò a desiderare, e volere, in lui un misto di terrore e disgusto, di pietà ed agghiacciante empatia. Impossibile nascondersi l'eventualità che il percorso appena imboccato lo conducesse tra loro, la bocca farfugliante e gli occhi spiritati, le mani tese verso il prossimo messia e il cuore devoto alla morte... Sollevò un braccio, scostando bruscamente la prima mano a toccarlo e forzando le altre a ritrarsi. Qui si fermò, tuttavia... forse la pietà, forse il ribrezzo, forse la stanchezza, forse la paura. Li guardò freddo, inespressivo, ad un tempo giocando al loro gioco e sottraendovisi.*"Ho ricevuto udienza da chi è immacolato, e ritorno con un comando. A me di passare, a voi di lasciarmi passare."*Disse, attorno a lui un vuoto privo di roccia ed eco, assolutamente innaturale. Ma eccoli farsi da parte, chini, offrendo la fiamma per illuminare la via della discesa. La sua vicinanza sarebbe stata insopportabile per il Cantore, tuttavia, che appena uscito dalla caverna, anche con le vesti addosso, a stento poteva sopportare una fonte di calore di quel tipo. anch'essa finì abbandonata all'oscurità, infiniti passi indietro, e di nuovo solo Hideyoshi permise ad un'oscurità più limpida di avvolgerlo.*Presso la Grande Via Settentrionale, Confine tra Yuki, Hi ed Oto, 13 marzo 249 DN, ore 9.42 *Mangiò lentamente, come era solito fare, godendo del calore dello stufato ben più che dello stufato stesso. Non perché egli non fosse un gran cuoco, e non lo era certamente mai stato, o perché la qualità degli ingredienti fosse quella che fosse, ma perché a quasi due giorni dall'ultimo pasto Hideyoshi non sentiva i morsi della fame dilaniarlo. Si nutriva per abitudine, buona o meno che fosse, ben sapendo tuttavia di non poter più digerire porzioni normali per l'essere umano, e di giovarsi molto più della temperatura esterna del cibo che non della carica calorica. Mutazioni, queste, che avrebbero suscitato esaltazione in qualsiasi cultista del Fango... ma non in lui, che aveva visto questa situazione aggravarsi di anno in anno fin dallo scontro al Tempio di Jashin, che ben ne conosceva l'origine. Era stata la Progenie, lo era tutt'ora, benché in modi che sempre gli erano sfuggiti e che, temeva, non sarebbe riuscito a comprendere prima della fine. Prima di diventare... Gli occhi distrattamente rivolti al profilo mastodontico ed affilato delle montagne, il vento gelido sotto il cappuccio di pelliccia, Hideyoshi rammentò le parole di Mahiru e di Kinji, tentando per l'ennesima volta di tracciare un filo conduttore verso quella che lui aveva sempre creduto essere la pista giusta, l'unica per lui disponibile. La paura dell'autosuggestione era una che lo tampinava ormai da anni, il terrore di vedere sol quello che voleva vedere disperatamente, sapendo che, nell'errare, non avrebbe avuto una seconda opportunità... eppure tutto pareva tornare, tutto pareva ricondurre al Laboratorio, a quel che Tashigama e Yo stavano disperatamente cercando sotto il villaggio. La Corruzione di Mahiru e il suo stato, la Tana e l'Oblio, il Segno e le sue componenti... Se fosse riuscito nel suo intento, se fosse sopravvissuto a quell'ennesima ordalia, forse sarebbe riuscito a condurre una spedizione.*(Che cosa sapevi, Yo? Che cosa ti sei portato nella tomba?)*Il pensiero del sepolcro vuoto di Otomika gli balenò nella mente come un fulmine tra le nubi, riportandolo bruscamente al tempo presente. Disfece le braci, coprendole con la terra gelida ma secca di quel luogo, quindi fece sparire i resti del pasto. Chissà se Yumi e Kira avevano incominciato i lavori, come da sue istruzioni... chissà se avrebbero trovato una via, prima del suo ritorno. Chissà se Sayuri era ancora viva, se aveva portato a termine con successo la missione che le aveva affidato. Chissà se Onimio, da qualche parte, aveva tutte le risposte che gli servivano. Questi ed altri mille pensieri si disfecero tra i tetti e le vie di Busan, mentre la città gli si dispiegava davanti agli occhi. Costruita in pietra chiara e sbiancata da un velo di neve, Bousun non soffriva lo stesso livello di rigore usuale agli altri abitati della Neve. Fumo lasciava le cupole rotondeggianti delle abitazioni, ma non era raro distinguere, anche da quella distanza, edifici costruiti in stili diversi da quello tipico del paese. Una città poliedrica, snodo commerciale ma, proprio per questo, in passato non estranea alla guerra che aveva squassato quella parte del Continente. A ciò si doveva l'imponente doppia cinta muraria, capace di schermare gran parte della vita quotidiana agli occhi del Cantore. La vicinanza con la Cascata e con la Pietra non poteva aver lasciato la città indifferente agli ultimi, devastanti eventi che avevano interessato quella malaugurata zona geografica. Eppure, guardandola da lì, nulla avrebbe fatto presagire che altro fuorché una quieta pace governasse la città. In sé, rimuginando sui trascorsi che il luogo doveva aver passato, Hideyoshi si sentì quasi in dovere di non disturbarne l'esistenza, di non portare nuove sciagure con sé.*(Eventi insoliti... è stato messo precauzionalmente sotto sigillo, ma è richiesto il nostro intervento...)*Rimuginò sulle parole di Hakuja, le poche che avessero per lui avuto un qualche senso, prima di marciare in direzione delle porte. Sopra di lui un cielo pallido, ma la neve, se era caduta, lo aveva fatto diverse ore prima.*
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