| Sunagakure no Sato, Kaze no Kuni, 11 marzo 249DN "Avevo detto che non ti sarebbe piaciuto..."*Grugnì, dall'alto del proprio scranno, in risposta all'incredulità della donna. Il sigaro pigramente pulsante tra le dita, le gambe accavallate, la Volpe aveva chiaramente deciso di non preoccuparsi più della questione. I turbamenti che gli aveva causato erano ora nascosti dietro un velo di fumo, seppelliti sotto una facciata di noncuranza, una che lo contraddistingueva. Difficile dire se stesse portando avanti quella sceneggiata per convincere sé stesso, Fujie o entrambi. Fatto sta che, quando alla kunoichi venne in mente di indagare ancora, il vecchio rispose a mezza bocca.*"Tsk... non ne ho idea. No, non c'era nessuno con lei, non all'ingresso dell'ospedale comunque... e sinceramente non sono andato a chiedere in dogana. Chiamami per quel che sono, ma me ne muoiono abbastanza per le mani."*Troncò, la bocca troppo indaffarata a tirare profondamente per continuare quella conversazione. Tale rimase il livello di contributo che il vecchio ninja ebbe da offrire, e tale sarebbe rimasto fino alla fine dell'ispezione non avesse Fujie, incapace di dissimulare ulteriormente il proprio stato, dovuto allungare una mano verso le celle accanto a lei. Il gesto, inevitabilmente, avrebbe destato Kitsuen dal proprio contegno.*"Oi, tutto bene?"*Fece il vecchio, alzandosi lentamente e facendo per avvicinarsi. La voce era già distante un'eternità, ovattata; la sua figura irreale, avvolta nella bruma e odorante d'acqua e muschio, terra e morte. Inevitabili contaminazioni del contatto che la kunoichi era andata cercando con il Sei Code... a suo rischio e pericolo. Fu come lanciarsi di testa in uno stagno fangoso; per un momento, la sensazione le ricordò quella provata nell'attraversare le gallerie scavate dai cultisti del Tasso, mesi prima.*"No… Io… lei…"*Sollecitata dalle domande della propria ospite, e, senza dubbio, dalle immagini e sensazioni che andava vivendo attraverso la sua pelle, il Sei Code si riscosse. Rompendo nuovamente quel silenzio febbrile, l'essere rivolse a Fujie una risposta strozzata, quasi inconcludente. Ad ogni suono la kunoichi avrebbe sentito il demone agitarsi, vibrare d’angoscia, le emozioni trasferite senza alcun filtro alla coscienza della ragazza, che tuttavia le avrebbe riconosciute come estranee.*"Sono stati loro a venire da me… Io non sapevo, non volevo, non volevo…"*Così, inevitabilmente, l'ansia della lumaca avrebbe spinto la già provata psiche di Fujie allo stremo. Sembrava impossibile portarla a ragionare, comunicare in maniera pacifica, e quella sensazione di affogamento, di soffocamento non faceva che intensificarsi. Ad ogni spasmo del Sei Code, la ragazza si sarebbe sentita mancare l’aria, le pareti attorno a lei inspiegabilmente immuni all'umidità ormai palpabile, all'olezzo di muffa che inesorabilmente sentiva montare nelle narici… era il demone ad emanare quell’energia? Era la bambina? La bambola? Il ciondolo? Tutte e quattro? Il Sei Code ne subiva l'influsso come lei?*"Ho cercato di nascondermi, di scappare… Ma loro.. e allora ho dovuto…"*La sentiva supplicare, difendersi davanti ad una giuria invisibile contro un'accusa che Fujie non aveva nemmeno considerato. Eppure sarebbe stata lei a pagare lo scotto di quell’angoscia incontenibile, scatenata dalla comparsa della bambina. La figura vestita di rosso accanto a lei le rivolse un nuovo richiamo, muovendosi quasi al rallentatore per raggiungerla. Irriconoscibile, Nan era ormai solo ammantato di vaga familiarità... una lontana conoscenza.*"Nashib-"*Un respiro flebile, strozzato e torbido, l’aria attraverso uno spazio angusto e inagibile. Tanto lieve, da principio, che nessuno dei due poté udirlo. Eppure ad esso ne seguì un altro, altrettanto fragile, e un altro ancora, finché il ricambio d'aria non fu sufficiente a consentire il movimento e la parola.*"S… Signora…"*Esalò la bambina, tendendo una mano dal carrello su cui era adagiata per cercare la mano della ragazza, che a stento si sarebbe altrimenti accorta del suo risveglio. Così ora i ruoli si invertivano, ed era lei a toccare Fujie, laddove la kunoichi aveva evitato attentamente di farlo. Un contatto gelido, umido, ma delicato... le piccole dita si insinuarono sotto quelle della donna, sfiorandole il palmo in una debole stretta. Accortosi del movimento, Nan fece un balzo indietro.*"MACHECC?!""Signora… Signora delle lacrime…"*Pigolò la bambina, la figura impossibilmente gracile, pallida, lentamente issata sul fianco. La guardò, rivoli d'acqua dagli occhi, dal naso e dalla bocca... difficile dire se per sentimento o mera gravità. Lo sguardo lucido, ma torbido e scuro come antracite, le cornee rosse di pianto e sofferenza. Sorrise, benché solo metà del volto potesse mimare sollievo.*"Ti ho trovata…"*Dalle altre celle attorno a loro iniziò a colare acqua. Fujie sentì le gocce raccogliersi sull'acciaio dove aveva posato la mano, traspiranti all'esterno prima di gocciolare a terra. Dapprima impercettibili... poi, via via, gli sportelli non furono più in grado di contenere il flusso, che prese a scrosciare violento in terra.*"Ma perché sempre a me... perché sempre te... puttana Izanam-"*Con uno schianto secco le celle presero a cedere, una ad una, rilasciando il loro contenuto sul pavimento dell'obitorio. Fradici, la pelle livida e muffita, gonfia, mangiata dalla stessa acqua che ora faceva loro da placenta, i cadaveri caddero come pezzi di carne. Morti annegati, tutti, quasi che l’obitorio, in uno scherzo crudele, fosse stato riservato interamente a quella causa di decesso. Infallibilmente si riebbero dal proprio torpore, cercando con occhi vacui e mani tese il calore della vita. Sulle loro labbra l’eco del richiamo che la bambina le aveva rivolto.*"Signora… Aiutaci, aiutaci…"*La testa pareva sul punto di esplodere, di aprirsi come una noce di cocco perché ne uscisse altra acqua. Il Sei Code era impazzito, la sua energia incontenibile, le sue grida assordanti. Immagini su immagini le attraversarono la mente, ricordi estranei fusi ai propri, un flusso di coscienza incomprensibile. Pioggia scrosciante, bambole appese alle finestre, grida, una caverna, un ciondolo al collo... Shinjou. La parola era ovunque.*"NASHIBI MUOVI IL CULO!"*Urlò la figura che si trovava di fronte a lei, estraendo la propria arma in un battito di ciglia ed abbattendo senza pietà il cadavere di un vecchio, che le si era fatto addosso. L'uomo, gonfio d'acqua e molle nei tessuti, si aprì come un barile di pesce, le ossa una minima resistenza mentre le interiora si univano all'acqua in terra, ormai alta alle caviglie. Il sangue era fango, gli organi legno e muschio, le ossa antracite. Immediatamente dopo la figura avvolta nella nebbia si mosse al suo fianco, esortandola a farsi largo verso l'uscita. Ma la porta era sbarrata, sigillata a tenuta stagna, e l'acqua continuava a salire. Non c'era scampo.*GDROFF///Mille scuse per il ritardo osceno.///GDRON
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