Missione S - Walkürenritt, per Wrigel

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view post Posted on 24/9/2018, 17:41     +1   -1
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CITAZIONE
Come preannunciato (fatta eccezione per la tempistica, di cui mi scuso) ti lascio il primo post: fammi una bella connessione tra l'Autogestita e il presente presentissimo, tanto saranno i guai a trovare te.
Ci siamo trovati insieme giusto per quell'addestramento tranquillino qualche mese fa e non ricordo se te l'ho già detto, ma in genere preferisco post compatti e non troppo sbrodolosi XP se hai timore di scrivere troppo poco, fattelo passare.
Sulle mie manie grammarnaziste sei già adeguatamente informato; se dovesse venirmi in mente altro da dirti, provvederò strada facendo.



Du sahest der Walküre
sehrenden Blick:
mit ihr musst du nun ziehn!



 
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view post Posted on 24/9/2018, 22:50     +1   -1
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samurai-nicklas-gustafsson

Ronin.
Vagabondo. Questa era la sua nuova condizione. Una nuova, malefica, maledetta, disperata, vita.
Regalatagli da un Kami bastardo. Un Dio così osceno e turpe che ormai aveva riempito fino all'orlo la sua vita.
Il Dio Non Creato Dagli Uomini. Il Dio Dell'Abisso.
E dire che aveva sempre creduto poco negli Dei. Buffo il Destino. La sua vita e destino ora erano in mano proprio degli Dei.
I Demiurghi avevano pronunciato la loro sentenza, Jashin era pronto a ritornare sulla terra dispensando morte e sangue. Ma prima...prima lui doveva liberarsi di quel maledetto sigillo, capire con chi e cosa avesse a che fare e sconfiggerne i campioni.
Montagne di cadaveri, visceri, budella, sangue e merda si sarebbe lasciato dietro alle spalle. Una scia di morte.
Necessaria.
Doveva combattere contro qualcosa di così antico da perdersi negli abissi del tempo. Così malefico che il Gorgo primigenio non era nulla al confronto. E ancora si ricordava di quel bastardo. Come poteva dimenticarlo.
Era diventato il suo chiodo fisso. Il suo incubo. La sua nemesi.
Nosferatu. Bastardo infame, cagato da una lurida vacca. Prima o poi l'avrebbe ritrovato e gli avrebbe reso la sua vendetta con l'acciaio di Higanbana e il taglio di Ryujin Jakka.
L'avrebbe fatto sprofondare nel Rikudo Rinne e si sarebbe sollazzato nel vedere la sua anima martoriata, per poi eclissarsi ed essere negata dal Creato.
Lo avrebbe ritrovato. Yomei esigeva vendetta. I suoi fratelli e sorelle ancora si agitavano nel Limbo. Non potevano andare né nel regno dei morti, né in quello degli dei. Le loro anime vagavano tra il confine dei mondi e ancora le loro urla facevano sanguinare le orecchie del ronin.
Ormai la sua vita era nera. oscura via, in un tenebroso cammino.
Il triangolo era sceso in una guerra millenaria. I suoi passi come ferro, le sue lame le urla di vendetta di coloro che avevano trovato la dannazione eterna per mano di un bastardo. E quel marchio...bruciava. Bruciava ogni notte. Sanguinava ogni qual volta che vi erano nelle ombre i figli di quel bastardo.
Ogni notte.
Ogni maledetta notte.
Guerra. Una guerra continua. Come se non esistesse nient'altro nel mondo. Come se l'unico colore fosse il rosso, l'unica sensazione il dolore, l'unica realtà una tomba.
L'onnipresenza del male.
Ovunque andasse la tenebra era con lui.
« Non esiste un paradiso in cui potrai scappare, dove potrai vivere in pace. Dovunque si vada, l'unico posto che ci attende è sempre un campo di battaglia»

Queste le parole che sentiva dentro di sé. L'ineluttabilità del fato. Era carne da macello. Una preda prelibata. E le zanne, gli artigli, le oscenità lo bramavano. Scoprì come non potesse stare con nessuno perché chiunque sarebbe stato in pericolo. Quei bastardi, che strisciavano tra le ombre, trucidavano, violentavano, stupravano, divoravano qualunque cosa che si frapponesse tra loro e la preda.
Dovette combattere per tutta la notte per salvare un piccolo villaggio in cui aveva ritrovato, seppur per poco, ristoro, vitto, un tetto sopra la testa e un materasso che non fosse la dura roccia.
Anche allora, però, alcuni erano morti. Colpa sua. Come a Yomei.
Capì che questo doveva essere un viaggio solitario, dove l'oscurità sarebbe sempre stata presente e che non poteva esserci salvezza.
La disperazione. Questa volevano che provasse?




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Non era la disperazione che batteva nel petto di Shintou mentre l'ultimo, dell'ennessima schiera, di quei bastardi trovava la propria negazione in questo mondo. Lampi violacei che illuminavano il filo delle sue sorelle d'acciaio mentre il bastardo moriva nel modo più impietoso possibile.
Era un fuoco di vendetta.
Perché Yomei era ancora lì, nei suoi ricordi, monito e anche ricordo di una sua mancanza. Il monito che non era invincibile. Il monito di non dimenticare chi era stato dannato e perduto.
La tomba rimaneva aperta. Quell'unica tomba...era la sua promessa.
In quella tomba ci avrebbe seppellito questo Dio e i suoi Apostoli.
Ma per farlo doveva trovarli. O meglio: capire con chi e cosa avesse a che fare. E come ucciderli del tutto.
Ronin.
Viaggiare come aveva fatto Shinta Himura e proteggere. Proteggere tutti gli jashinisti da questa minaccia, proteggere il santuario e Shitsuki.
Questa era la reale missione del Triangolo. Questo era il suo Destino.
Un piede davanti all'altro.
La notte che scendeva. Il bruciore. Il segno che sanguinava.
L'ennessima battaglia.
Bagliori nelle tenebre...

L'alba lo vide lì. Armi in pugno, con l'armatura nera e quel mantello grigio a coprirlo.
L'armatura l'aveva fatta da sé. Nera come la notte. Nessun fronzolo. Spartana.
Nessun intarsio. Nessuna particolarità. Solo ferro battuto e temprato. La gloria era solo un sudario. La fama solo un inutile orpello.
Questa non sarebbe stata una guerra che il mondo avrebbe riconosciuto, né che lo avrebbe mai saputo. Questa sarebbe stata una guerra di ferro.
Una guerra d'ira.
I suoi passi lo fecero mischiare all'orizzonte.
Il mondo era diventato casa sua. E non vi sarebbe stato più nessun posto dove quei bastardi si sarebbero potuti nascondere dal samurai dell'Inferno.
Ridiventato Ronin per una causa superiore.
E col sangue versato cementato la strada verso la vittoria.
La preda era divenuto predatore e presto si sarebbe sussurrato come fu uno sbaglio lasciarlo vivo quel giorno.
Poteva essere sacrificato. Non lo fu.
Errore madornale.
E quel sigillo era un faro. Un faro per far avvicinare i suoi nemici. Portarli vicini al filo della spada. Ucciderli.
E quindi camminare. Vagare.
Non senza una meta. Ma portarli lontano da chi poteva essere una preda.
Lo volevano?
Non si sarebbe nascosto. E capirono come vi erano Demoni travestiti da uomini.
E se qualcuno sapeva, se una traccia ci sarebbe stata per capire in che modo togliersi questa gabbia di dosso, lo sapeva e lo credeva fortemente, si sarebbe presto palesata.
Al momento continuava a vagabondare e a combattere.

 
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view post Posted on 27/9/2018, 21:27     +1   -1
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Vagò una settimana intera, braccato come la cerva fuggiasca dai cani anelanti: il giorno e la notte persero di senso, caleidoscopio di sonno agitato e veglia snervante, nessuna requie, cibo stantio e bacche selvatiche, carne ancora cruda consumata in fretta e radici amare come l'antro di Jashin in persona, solo per placare il ruggito della fame. Anche il guerriero era fatto di carne, come quella sanguinante di cui era costretto a pascersi, perché le proprie membra non cadessero preda dell'odiosa e strisciante debolezza.

Su quella scogliera all'imbrunire, il giorno morente si mischiò alla bruma e alla spuma del mare, le onde battenti che ruggivano il loro lamento funebre sull'alta scogliera rocciosa. Il cielo violaceo, volto di un morto annegato, messaggero di tempesta... di quelle che ululano come una bolgia di Dannati e strappano i tetti dalle case. Lampi all'orizzonte, dardeggiavano attraverso la cortina plumbea.

Egli la vide dall'alto del suo pinnacolo, ergersi immobile come una statua: le vesti stracciate e sbattute dal vento, una donna di altezza inusuale non sottraeva il volto fiero agli artigli delle raffiche; l'alabarda stretta in pugno, scrutava l'orizzonte in attesa. Un robusto destriero grigio strappava dalla pietra il poco verde stentato, al suo fianco, il crine pallido agitato dal vento come una bandiera.

D'improvviso il fiero mento si sollevò, le orecchie dello stallone diedero un guizzo e quello s'impennò nitrendo e raspando il terreno cogli zoccoli sonanti: il volto di lei si contrasse di sdegno, maestà lesa, immenso scorno -

“O voi che vedeste della Walkiria il trafiggente sguardo: con lei ve ne dovete andare!”



Il monito rabbioso lottò con l'ululato del vento, parve vincerlo, ma i candidi piedi già calcavano i medesmi lidi.



Un'armata senza fine, senza carne, occhi marci e bandiere a brandelli: non udirono il comando della donna, incedendo inesorabili, con schioccare e graffiar d'osso sulla pietra nera e bagnata dal mare. Sorsero dai suoi abissi, armata rediviva, risalendo l'alta costa; cinsero d'assedio senza proferire suoni umani la solitaria e il suo grigio compagno. Quella levò l'alabarda, la scosse gridando alta la sua rabbia, un lampo squarciò il cielo e l'istante dopo le furono addosso. Ventagli candidi di schegge e pioggia danzarono nell'aere gelido, mentre il marchio piangeva sangue... ma non per lui, non per il Byakko stremato.



CITAZIONE
Sì, ho scritto “aere”. La i in "medesmi" l'ho lasciata apposta, che fa più aulico.
Your choice: sfancularla o darle una mano, se scegli la seconda sai già che saranno uccelli dietetici.

Come saprete ormai tutti, sto tra gli scatoloni e cambierò casa tre volte nei prossimi 10 gg, farò il possibile per non farmi attendere ma potrei deludere le vostre aspettative più rosee.
 
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view post Posted on 28/9/2018, 14:21     +1   -1
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« « Vide, lei, le Valchirie
venire da lontano,
pronte a cavalcare
verso il popolo dei Goti.
Skuld teneva lo scudo,
seconda era Skögul,
Gunnr, Hildr, Göndul
e Geirskögul.
Ora ho elencato
le fanciulle di Heriann,
pronte a cavalcare
la terra, le Valchirie. »



copertina-diablo-switch-maxw-654

Nell'oscurità mille nemici.
Occhi famelici. Zanne. Artigli. La nera armatura incrostata di sangue. La sua falce aveva mietuto vittime, la sua spada aveva il filo temprato nel sangue di quei bastardi. I suoi passi cadenzavano, ritmici, una vendetta di ferro.
Cos'era la solitudine? Pensava di averla capita.
Combattere da solo, morire da solo... semplice. Ma prima di Shitsuki.
Ora no...ora era difficile sopportarne il peso. Sopportare mangiare poco, combattere, anche solo sapere che ogni notte la disperazione, l'ineluttabilità sarebbe arrivata.
Cadenzata da ringi, miasmi, voci sottili e quella putrida masnada che mai doma, mai sazia, mai impaurita si buttava su di lui.
Lui che come scoglio solitario si ergeva di fronti a neri flutti che continuavano a sbattere contro la sua volontà. Contro quelle armi forgiate da un Dio, rinate in forme nuove per adempiere ad un sacro viaggio.
Sopportare.
Questo doveva fare. Le sue spalle dovevano diventare forti.
L’uomo fa molto di più di ciò che può o deve sopportare. E così finisce col credere di poter sopportare qualunque cosa. E questo è il terribile. Che possa sopportare qualunque cosa.
Ma lui un uomo non lo era più da tanto ormai. Questa non era una guerra per uomini. Non era una guerra per kage, per shinobi, per uomini. Non era una guerra che il mondo poteva sopportare.
Solo un Demone avrebbe potuto. Essere il Sankaku significava sopportare il dolore.
Caso buffo? Uno Jashinista al dolore ci si legava. Lo sopportava. Lo faceva suo. Si crogiolava in esso e con esso diventava più forte.
Uno jashinista era dolore.
Il dolore è il gran maestro degli uomini. Sotto il suo soffio si sviluppano le anime.
Lui doveva diventare più forte ancora. E per farlo doveva passare in quel dolore, in quella disperazione, in quel nero gorgo e affrontarlo.
Non sconfiggerlo. Ma farlo suo. Perchè il male lo si batte solo con un altro tipo di male.
L'Inferno.
Lui doveva diventare l'Inferno in Terra.
Perchè solo così avrebbe potuto resistere.
E sebbene il suo corpo fosse provato la sua ferrea volontà, la sua indomabile anima rimaneva salda nel suo principio primigenio. Il fuoco divampava nei suoi occhi diamantini, rossi come il sangue che versava.
Rossi come fiamma.
La notte scese. L'orrore si svegliò...




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In abissi insondabili martellano
le forme della notte, avide, odiose,
d’infule singolari coronate;
ali di buio palpitano in voli
Nel vuoto sconfinato senza sole,
da un orbe a un altro.
Nessuno ardisce il nome pronunziare
del cosmo da cui vengono, o fermare
lo sguardo fisso su quei volti amorfi,
o le formule arcane proferire
che con forza suprema le trarrebbero
dagl’inferni del caos.
Eppure sulla pagina d’un libro
il nostro sguardo sbigottito trova
orride forme che lo sguardo umano
non dovrebbe vedere; brevi lampi
delle entità blasfeme la cui effigie
sparge morte e follìa per l’infinito.
Che pittore è mai questo che s’inoltra,
solo, nei neri abissi e ne rivela
gli sconfinati orrori?





Il vento della scogliera. Fu come panacea. Spazzò il miasma che pervadeva le sue narici, che impastoiava il suo animo in tetri abissi. La sconfinata distesa color azzurro.
La risacca. La spuma del mare. Il cielo violaceo carico di tempesta e il mormorio di tuoni sopra di esso.
L'aria era umida, carica di pioggia mentre quel mare rimbombava con un suono ritmico.
La vastità in cui lo sguardo annegava. L'orizzonte a mischiarsi con la linea del mare.
Si perse per un attimo.
Era piccolo di fronte a tutto questo. Un' emozione particolare...la consapevolezza della distanza insuperabile che separava lui dal suo obbiettivo.
Era come quel mare. Come quel cielo. Impossibili da toccare. Vasti come una galassia eppure lui doveva tentare.
Non poteva arrendersi. Perchè il Santuario aveva bisogno di lui. Gli Jashinisti anche e vi era un amore capace di soverchiare il creato.
Lui non era mai da solo. Aveva con sé l'amore per Shitsuki. E sarebbe stata la sua armatura.
La sua arma per affrontare tutto questo.

Su un pinnacolo vide lei.
Un'apparizione? Cos'era quella donna? Un presagio? Un nemico? La sua immaginazione?
Notti insonne...iniziavano a farsi sentire. Forse doveva riposare.
Si era il caso...voltò lo sguardo il nitrito fu tuono.
La voce di lei si fece lampo. L'alabarda si alzò, fiera e indomita e la folgore fu sua.
L'aere si riempì di fetidi suoni fin troppo conosciuti.
Dal mare, come se un abisso fosse sorto, nere onde si arrampicarono sulla scogliera. Nero manto, sudario malsano che copriva il colore facendolo morire.
E lei fu lì. Davanti alla nera marea.
Sapeva che cosa fosse. Sapeva cosa stesse succedendo e il marchio divenne palese.
Sangue sgorgò da esso per pagare il supplizio sul malevolo altare.
L'assedio iniziò.
Armata senza fine. Neri brandelli svolazzavano nell'aria ormai fetida, mentre le armi graffiarono la terra con suono acuto come urla di demoni.
Lei rimaneva però.
Pallida luce, con il suo fido grigio compagno che nitrì mai domo e mai affranto.
L'alabarda di lucente acciaio fu bagliore intenso nella nera masnada.
Preda. ma non doma. Non succube di un destino infame.
Come quel pinnacolo che si ergeva di fronte al tumultuoso mare, ella si fece forte della propria corazza.
Catafratta nel suo indomito avanzare mostrò l'acciaio e si preparò a dar battaglia.
Ma da sola?
Era sola?
Non più.
Perchè nessuno meritava tale destino. Era un nemico?
Combatteva contro i suoi stessi nemici quindi..

- IL NEMICO DEL MIO NEMICO è MIO AMICO

La mano sinistra bruciò. Avvertiva il Male primigenio. L'Inferno combatteva per Shintou.
Rapidi i sigilli vennero creati e il vento si raggruppò intorno ad essa.
Fu come una carezza leggera, un abbraccio fraterno per poi esplodere con violenza contro chi avesse avuto l'ardire di toccarla.
E Le sue lame apparvero fulgide di rinnovata volontà.
L'alabarda aveva trovato la falce e la spada e avrebbero ricacciato, nel gorgo lurido da dove erano nati
, quei bastardi infami!
Lo zantsuken brillò sulle sue armi. Violacea luce mentre le cicatrici sotto la sua armatura pulsarono vivide.
Nessuno sarebbe stato solo in questa battaglia.
Insieme avrebbero fatto il miracolo.



<ninjutsu elementale> - 風 - Fuuton: Globo Tempestoso - [Chk: 140/190][Def/Res: +160/225] "Il ninja convoglia una grande quantità di vento irrorato di chakra elementale in una grossa sfera che pone tra sè e l'avversario, rilasciando poi il proprio controllo su di essa e facendola esplodere per difendersi. In caso di attacco ravvicinato completamente difeso, l'avversario subirà 6 punti ferita da taglio e subirà un malus di 1/20 alla sua successiva difesa, mentre in caso di Ninjutsu Elementale completamente difesa, essa verrà rispedita al mittente, che si dovrà difendere da una Ninjutsu Elementale di potenza pari a 3/4+60/100 di quella usata da lui."

~ Zankūsen Kai: Anche le armi di Shintou risentono del nuovo chakra. Di fatti il metallo vibrerà delle medesime pulsazioni del possessore. Si concretizzarà sotto forma di lama energetica in un raggio d'azione piuttosto ampio, come se fosse un prolungamento della spada, e seguirà fedelmente il movimento della nodachi. Le sue armi e l’attaccamento con esse è indissolubile, così intenso dall'impedire a chiunque di scindere il rapporto fra coloro che adesso sono definibili compagni di ventura. Shinta riesce a controllare e a modellare il suo chakra, o Ki, sulla lama della sua spada per sprigionare da essa una vera e propria bordata di energia. In termini da regolamento può decidere se i suoi attacchi ravvicinati con armi possano essere a lungo o vasto raggio con un costo in più di stamina. In più potrà decidere se infondere il chakra sconosciuto di Oto.
Antichakra di Oto: i suoi attacchi con armi non potranno essere contrattaccati ma solo difesi.
 
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view post Posted on 8/10/2018, 19:59     +1   -1
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CITAZIONE
Mi dispiace per il ritardo, devo trovare una quadra nonostante la situazione precaria.
Devo avvisarti che probabilmente lascerò perdere la scrittura tamarra, salvo ispirazioni improvvise. Ce l'ho messa tutta, ci tenevo un sacco, ma è al di sopra delle mie possibilità attuali ahahahahahah, oltre a trovarla repellente, faccio una fatica bestiale e ritardo nel posting. Non te conviene. I contenuti tamarri però resteranno al loro posto^^

Si volsero appena, i lumi della diva: dardeggiarono, come l'astro diurno balena sul bronzo sonante delle armi nel meriggio, sul volto del prode che ardiva prestarle il suo soccorso; altrettanto ratti ne fuggirono, trafiggendo i grugni deformi col loro ardente sdegno.

Il valore del Byakko: come l'usuraio rigira la gemma, avido, tra le dita e ne soppesa la luce, così la mischia putrida d'ossa ed acqua salsa avrebbe fatto splendere la virtù di Shintou...

… o come legna marcia l'avrebbe infranto.
Questo pensiero forse s'aggirava nella mente e nel cuore della donna, indecifrabile l'impervio viso: lo scudo possentemente rintoccava sulle carcasse che s'accalcavano a mille, corpi contorti annerivano il cielo trapunto di pallide stelle, stridendo la sconfitta mentre a centinaia, a migliaia incalzavano l'alta guerriera; bruciavano di fetida fiamma i costati trafitti dal ferro fedele, divampavano, incendio inestinguibile, arsi dall'astro ruggente della Tigre.

Un tappeto di morbida cenere presto attutì i loro passi di danza, bevve sangue e sudore e sospiri; sorse la luna pallida, assorta, sinistra dea d'una notte sdegnosa: luna di cenere, cenere in cielo, cenere in terra, cenere amara sulle labbra, negli occhi e nell'anima.
Come cento eroi, tale era la possanza di Brünhild – nome ancor ignoto, né giammai proferito al di lui orecchio; infaticabile, tal che i più valenti tra gli eroi avrebbero piegato il ginocchio al suo cospetto. Le trecce al vento frustavano l'aere tempestoso, mentre colei danzava col canto dell'alabarda assetata.

MEIN SCHATZ, WAS IST DIR GESCHEHEN!!!



Si librò alta di rabbia la voce di lei, sebben tremante: l'iburneo derma intonso di sudicia lama inimica, i lumi ardenti volse all'orizzonte. Fu lì che apparve, il cavalier di fiamme, che ond'esse incendiò l'oceano tutto – esultarono le schiere nefaste, all'incedere del loro signore.
Calore di fucina egli emanava, pari e maggiore del ruggito della Tigre: l'acqua tutta svaporava al suo passaggio, sfrigolando e sfumando come l'olio gettato dal bastione inespugnabile; ripresero vigore le sudice scolte, traendo guai e latrando lemmi blasfemi, gli scudi percossero con le lunghe lame ricurve e le umide cervella parvero deflagrare, ancor ascose dalla bianca cupola del cranio.
Ferocia ferina animò le atroci schiere, come un sol uomo balzarono al di lui palpitante collo: strappare bramavano, dilaniare, smembrare, consumare i solitari – l'astro rovente dell'inimico Generale s'approssimava frattanto, ardendo orrendamente il suo medesmo osceno seguito.






CITAZIONE
Riassunto se non s'è capito: continuate a picchiarvi come animali, il suolo si ricopre dei corpi carbonizzati dei nemici, sbuca fuori il capoccia degli stronzi e inizia ad avvicinarsi: di botta gli stronzi riprendono a picchiare più forte di prima e il Generale si avvicina, intenzionato a fare arrosto baracca e burattini. Have fun (spero)

edit: corretto font e colore dialoghi della pupa

Edited by -Egeria- - 29/10/2018, 21:25
 
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view post Posted on 14/10/2018, 21:09     +1   -1
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Shintou combatteva.
Questo era il suo destino che nella propria spada e falce trovava la sua fulgida reincarnazione.
La sua volontà era acciaio. Le sue movenze silenti, l'armatura nera a rifulgere di una tetra luce mentre l'acciaio rimandava, sul proprio filo, le carcasse ormai fattesi di polvere della masnada infame.
Si era buttato in una battaglia non sua ma questa non era più una battaglia. Era una Guerra.
Una Guerra che andava avanti da tempo immemore, quando l'uomo non vi era ancora, quando l'universo brillava nella luce di stelle neonate e il gorgo pulsare come un cuore nero.
Shintou era la lama dei Demiurghi. Una lama. Una volontà. Un destino. Uno scopo. Una vendetta.
E furono fuoco i suoi occhi. L'acciaio luce bluastra. Ogni colpo una Legge.
Ogni taglio una condanna.
I Demiurghi erano nel ronzare delle lame. Erano in quegli occhi di bracia che indomiti e fieri davano battaglia senza arretrare di un passo.
Le carcasse si facevano polvere ma non vi era pietà alcuna nell'incedere della masnada.
Polvere.
Divenivano polvere eppure continuavano ad avanzare.
Nei loro sguardi solo un intento: uccidere.
Di chi moriva non gli importava. Questo era l'esercito del Dio degli Abissi.
Questa la sua depravazione. Non vi era rispetto alcuno per la vita.
Vi era solo l'omicidio, lo stupro, la violenza, il gozzovigliare con i corpi delle povere vittime, i banchetti famelici e il Male.
Ma un Male che non aveva significato alcuno.
Non era il Male elevato dei Demiurghi che governavano con pugno di ferro, né quello di Jashin che portava una dicotomianella Legge dell'Equilibrio. Per diletto.
Per il piacere del caos ma che nella Legge veniva contemplato e dalla Legge veniva protetto.
Il Dio degli Abissi era il Male che non dormiva mai. La tenebra primigenia.
Il caos più puro.
E a tale abominio, a tale aberrazione Shintou si era votato ad estirparlo.
Con le sue lame.
Con la sua vita.

E poi ecco il Bastardo arrivare.
Sudicio, immondo essere coperto di fiamma, avanzò verso i due mentre le schiere vennero rinnovate di vigore. Taumaturgico fu il suo incedere per la vile masnada.
E gli occhi di Shintou divennero due fessure mentre la sua falce roteò nell'aere e si piantò, con un rumore sordo di crudo acciaio, sulla sua spalla destra.
Ryujin Jakka graffiò la terra lurida.
Il loro vigore era triplicato. Lo poteva percepire come il fuoco del loro Signore ardesse come Vulcano attivo in quei immondi petti.
E se la causa era Lui... che il fuoco si estinguesse.
Piantò le sue armi a terra.
La mano fece male. Ancora. Come il segno sul collo.
Facevano male entrambi.
L'Inferno reclamava il suo dazio, il Segno ricordava che preda era e Preda sarebbe stato sempre e comunque, finché il nero marchio non fosse stato strappato via dalla sua pelle e trovato un modo per tranciare questa prigione.
E così cinque copie comparvero alla sua destra e sinistra.
Le mani formarono altri sigilli e la Terra si squassò e si mosse.
Anche la stessa Terra reclamava la sua vendetta sulle immonde creature.
Un Tempio enorme.
Il simbolo di Jashin che garriva al vento iracondo e orgoglioso. Li avrebbe chiusi nel suo stomaco fatto di roccia dura e minerali mentre le altre due copie formavano le sabbie mobili al suo interno.
Una prigione. Dove rinchiuderli tutti e soffocarli.
Avere campo libero per perforare quel cuore fatto di fiamma.
E Ryujin Jakka mostrò il suo filo non ancora sazio e gli occhi di Shintou incontrarono quelli del bastardo.
Si mosse.
Lieve il vento. Una sensazione. Un pericolo con la coda dell'occhio.
Un pericolo inatteso perché mai avrebbe pensato che quell'alabarda si alzasse su di lui.

Falce e alabarda si illuminarono mentre schegge impazzite illuminavano l'aria di toni arancio.
La falce graffiò l'acciaio.
Un movimento e le due armi cozzarono a terra con stridore metallico pari all'urlo della banshee.

«Perchè?»

Gli occhi di Shintou indagarono la figura straniera. E poi la sinistra si scoprì il collo.

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Il marchio bastardo fece bella mostra di sé. Un sorriso sguaiato di un Demone.
La prova che anche Shintou era dannato. I suoi passi oscuri.
La sua vita un lento incidere.
Scandagliata dal cozzar di lame e da un presagio di sventura che sempre di più si faceva cruda realtà. dannato e perduto.
Nessuna libertà. Nessuna speranza. Eppure combatteva ancora.
Come lei.
Non era uno sprovveduto. Sapeva. Capiva.
Erano fratelli nella dannazione.
Uno sguardo truce. La voce un ringhio. Garrì la sua anima che tramutò la voce in tuono.

Er ist MEIN!!! Lui è mio...

Poteva capire i motivi dietro quel gesto. Lui era stato marchiato come carne da macello proprio da uno di questi bastardi.
Era una sua questione personale.
Aveva delle tombe da vendicare. Una lacrima da asciugare.
Una vita da prendere.
Aveva del sangue che gridava vendetta e che bolliva sulle sue mani e nel suo animo.

«A ognuno il suo. Anche io ho un conto in sospeso con uno di loro...»

Quindi avrebbe lasciato il campo e il nemico a lei. Lui si sarebbe occupato dei bastardi.



<ninjutsu elementale a lungo raggio> - 土 - Sabbie Mobili- [Chk: 80][Int: +50] "Il ninja modifica la consistenza del terreno sotto i piedi dell'avversario, riducendola a meno di quella del fango, e cercando di farvi sprofondare l'avversario. Questa tecnica può essere solo elusa, e se l'avversario ne viene colpito il turno seguente sarà impossibilitato nell'attaccare. La tecnica non infligge danni.
Se usata in combinazione con "Gabbia rocciosa", in due turni diversi, l'avversario verrà inghiottito fino a soffocare. Per evitare di sprofondare, dovrà riuscire a distruggere la gabbia nel turno successivo a quello in cui questa tecnica è stata utilizzata, altrimenti si ritroverà impossibilitato a combattere. Può essere utilizzata solo una volta a combattimento."

<ninjutsu elementale> - 土 - Tempio - [Chk: 160][Int: +40] "Avendo sviluppato la tecnica della Gabbia Rocciosa, il ninja riesce a formare una costruzione più grande e resistente dove rinchiudere fino a 3 avversari: essa assumerà la forma di un massiccio tempio, dal quale non sarà possibile uscire se non abbattendo uno dei muri infliggendogli 1500 danni (in caso di raggi vasti o totali questi colpiscono sempre il tempio). Questa tecnica non è contrattaccabile nè difendibile, solo eludibile con 3/4Vel+Chk. Una volta che l'avversario sarà rinchiuso, l'utilizzatore della tecnica potrà attaccarlo liberamente con Ninjutsu Elementale di elemento terra o sabbia, che avranno tutte (anche quelle degli avversari) un bonus di 75. Tutte le elusioni avranno un malus di 80 per la difficoltà a muoversi nello spazio del tempio. Se per dare il colpo finale ad un muro vengono utilizzate tecniche a raggio vasto o totale, esse andranno ad intaccare le colonne portanti del tempio, facendolo crollare addosso a chi sta all'interno, che dovrà difendersi da un attacco di potenza 1000. Utilizzabile con successo una volta ad incontro."

<attivazione> - Moltiplicazione Superiore del Corpo - (Chk: 50 x copia) “L'utilizzatore si concentra e componendo un unico sigillo forma delle copie non-illusorie che potranno agire in turno proprio composto solo da una azione , oppure sprecandone una dell’originale. Se colpite svaniscono. Le copie hanno statistiche pari ad 1/3 [arrotondato per difetto] dell’originale [Tranne la Slt che non la possiedono], Possono usare tutte le sue jutsu e le tecniche, i cui bonus saranno ridotti ad 1/3 della tecnica reale.”

Le copie saranno dell'elemento o materiale più consono al ninja che le crea, ma il materiale non influisce sulle potenzialità o altro della copia.
Solitamente sono cloni d'ombra, ma si può usare qualunque elemento presente nel luogo della creazione, come la sabbia nel deserto, l'acqua di un lago, la nebbia che permea il villaggio della nebbia e così via.


//Tutto concordato con il master//
 
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view post Posted on 1/11/2018, 23:56     +1   -1
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CITAZIONE
Codice colore Brunilde: #c8a2c8 in caso aiutasse. Font: El Messiri
Mi dispiace per l'attesa.


Aggrottò fosca le sopracciglia la donna, quando le iridi glauche si posarono sul marchio infamante; risalirono rapide sul volto del ronin: qualcosa sembrava sfuggire alla sua comprensione, ma parve grossomodo capire - egli le lasciava ciò ch'era suo, e tanto bastava. Annuì senza proferire parola, l'ira bruciante placata dalle poche parole del guerriero.
Si diceva legata al nemico, tuttavia nessun sigillo blasfemo marchiava l'epidermide perfetta, sotto lo strato di sangue e cenere: che fosse nascosto oppure... assente?
Cosa dunque poteva legare la bella straniera alle torme infernali?
Balzò in sella al suo destriero, affondò i talloni nei fianchi coperti di schiuma e sudore, e quello impennandosi nitrì e balzò in avanti, artigliando con l'unghia l'aria sonora.

Sorse il tempio di Shintou, l'Occhio di Jashin si levò sul campo di battaglia; le carogne nemiche a frotte soffocavano tra le colonne granitiche, cessando le grida di scherno in un cupo gorgogliare.
Nugoli di dardi si levarono dalle schiere a colpire le terga della cavalcatura, sfiorando appena il manto lustro del cavallo al galoppo tra i nembi: con furioso grido di lotta ella si lanciò in avanti, spronando il suo compagno a raggiungere l'ardente signore dell'esercito di morti.
Alto si levò il clangore d'armi nell'aria di tempesta, alabarda e spada a scontrarsi mai paghe, ciascuna bramando di saggiare le carni avversarie; faville sprizzavano dai fili bramosi di sangue, cupe urla seguivano il fischio dell'aria fessa.



Interminabile parve il confronto, nel ringhiare del tuono e nel fragore dei marosi; finché ardente brillò la fiamma nemica, arse a guisa di stella, bruciò di rabbia, che la donna sfuggiva ai suoi fendenti... una nube di fumo torbido escluse lo sguardo dai contendenti; calò la notte come un sudario, baluginavano i lampi, l'esercito incalzava le forze del ronin già provate dalla fuga infinita... quando un grido più acuto sgorgò dall'alto.

Ruggito di fiamme e di leone vittorioso seguì, e cadde dal cielo la grande guerriera: scia di sangue vermiglio la inseguiva, sgorgando copioso e il compagno fedele invano scalciava per giungere in soccorso – le grinfie nemiche serrate attorno al lungo crine, un tempo vanto per bellezza, ora impaccio intollerabile.
Ella stringeva un oggetto nel pugno, convulso, pur essendo la coscienza fuggita via dal suo corpo: brillava l'orpello di gemme preziose, e sonora si levò la rabbia del gran Generale nello scorgere il bottino di guerra. Abbandonò il fiero prigioniero e si lanciò come il falco, anelando di ghermire ciò che la donna gli sottrasse, con tanto grandi pene.



CITAZIONE
La situescion è la seguente: la tipa è stata ferita, sembra priva di sensi e sta precipitanto; ha fregato qualcosa di sbrilloccoso al nemico, che s'è incazzato. Il cavallo era trattenuto per la coda dal bastardone, quindi potrebbe non arrivare in tempo a tirare su la padrona, ammesso che sia viva.
The introduction is about to end.
 
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view post Posted on 7/11/2018, 23:50     +1   -1
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Le sue armi saettarono sui nemici. I suoi occhi erano per loro.
Si gettò nella mischia: diavolo tra diavoli. Combattere con quella furia omicida che lo faceva assomigliare ad un demone. Non aveva pietà. Nessuna pietà, nessuna remora, nessun dubbio.
Le sue armi si alzavano e ricadevano sulle vittime. Sangue e budella. Urla e agonia.
Le loro bocche deformate in orrendi ghigni quando le loro zampe e artigli lo ferivano, ma Shintou avanzava.
Continuava.
Non era di questo mondo la sua furia.
I suoi occhi erano rossi come il sangue che versava. Blasfemo e scuro come le loro anime, mentre una luce violacea saettava tra quelle ombre come un fuoco fatuo.
Due lampi. Due luci. Nelle ombre.
Urla.
Dolore. L'armatura incrinata sulla spalliera sinistra. Due passi indietro. Il collo azzannato. L'urlo da bestia selvaggia. L'antichakra che esplodeva come un onda che s'abbattesse sugli scogli.
Combattere. Arrterare. Il fiato corto ma quel sorriso che non lo lasciava mai.
Shinta Himura...sorrideva sempre durante le battaglie. A sfregio del nemico, dicevano alcuni, Giichi era di un avviso diverso eprchè lesse il cuore malandato del samurai. Rideva perché si sentiva vivo nella battaglia. E più il nemico era forte, più la sua potenza manifesta, più quel cuore si incendiava e batteva più forte e vivo. Perché nella morte cercava quell'anelito battito che non trovava nella sua fredda vita.
Ma Shintou rideva perché non era un amante della morte ma accettava le sfide.
Amava la guerra. Amava la battaglia. Il sangue che colava sulle sue armi, il suo, il dolore, l'essere dentro la battaglia, sentirla, assaporarla, cogliere quell'unico attimo in cui tesi e antitesi si fondevano insieme.
Quando la vita si contraeva in un unico spasmodico istante in cui racchiudeva il tutto.
Quando il proprio avversario lo soverchiava. Quando il suo sangue veniva offerto in sacrificio a Jashin e alla sua causa.
Prima era solo cercare la morte..ora era dare la morte.
respirò a fondo. Il sorriso a tagliare il viso.
Quegli occhi come lapilli. Come tizzoni infernali. Dentro si agitava il nero abisso dei Demiurghi.
Quegli occhi infernali guardavano l'orrenda orda, la masnada cagata da un buco di culo detto Dio degli Abissi eppure non tremarono. Eppure non vi era nulla che orgoglio, morte e acciaio.
Il gesto della mano fu eloquente.
Gli altri accettarono quell'invito.
Shintou gli aspettò e sia Ryujin Jakka che Higanbana ronzarono nefaste.
Entrambi ridevano.
Quando dall'alto un suono.
Un rombo.
Un grido.
La vide scendere in picchiata come falco.
Le membra date al vento. La sua essenza data al nulla.
Ma nell'incoscienza stringeva qualcosa.
Qualcosa di prezioso che l'altro lesto e rapace, voleva ghermire e fare suo.
Aveva perso la bionda guerriera.
Il singolar tenzone, quella giostra infernale di sangue e demoniaca volontà, arrise all'essere che si fregiava del titolo di generale della turpe masnada.
Che l'oggetto fosse il suo simbolo? Forse più che un simbolo...
Poteva lasciarla cadere? Poteva lasciarla morire?
Vi erano mille domande che attendevano risposta. Il marchio ella non l'aveva. E allora perché le forze del Dio infame la volevano? Quali le implicazioni?
Chi era il maledetto la cui corazza era fiamma e zolfo?
Perdere una battaglia non era importante. Se ne potevano perdere mille. Alla fine contava sempre e solo una.
Quella risolutiva. E solo nella sconfitta vi poteva essere la forza per risorgere. La vittoria non significava nulla. Non imparava nulla. Non portava nulla che più che orgoglio, tracotanza e spocchia.
Il vero guerriero sapeva che perdere una battaglia avrebbe reso il suo braccio più saldo.
La sua spada più affilata.
Perdere era la panacea di ogni maestro. Perché saggiava la volontà e la batteva al fuoco dell'umiltà.
Un Maestro è per sempre studente.
Non doveva morire. La vendetta andava perpetuata, andava espletata, andava colta e posta sull'altare del sacrificio.
La mano si mosse. Il fendente tranciò l'aria che si ruppe con un sibilo acuto.
Tagliò la coda del cavallo, lo lasciò libero di andare verso la sua padrona.
Uno costone di roccia si sollevò.
Shintou balzò su di esso correndo sulla sua parete saltando verso di lei per prenderla al volo.
Il corpo sodo di lei fu preso dal samurai infernale.
Le sue mani tastarono quello che i mortali non osavano neppure sognare nei loro sogni, ma a Shintou non interessava.
Per lui l'unica donna al mondo era Shitsuki. Il suo cuore, anima e corpo era dato all'ancella di jashin. Il resto erano solo ombre.
La sua bellezza non poteva nemmeno rivaleggiare con Lei. E come poteva farlo?
Come la luce di una candela poteva reggere l'intensità del Sole?
Ridiscese a terra attutendo la sua caduta. Le forze erano venute meno.
La battaglia la si stava perdendo.
In quelle condizioni non poteva reggere ad uno scontro. Nè avere la sua vendetta.
Ma un immortale ha pazienza.
Un guerriero sa quando il momento della ritirata è più propizio che una morte onorevole, ma stupida, su di un campo di battaglia. Perché la morte era la fine della storia.
E la fine la voleva scrivere lui.
Raccolse il prezioso mentre una copia stava distruggendo il Tempio facendolo crollare sull'orda, per schiacciarli come i vermi che erano. Mentre le altre si gettarono sul generale che catafratto nella sua rabbia, ardeva di livore e possesso.
Poco tempo aveva per mettere terreno e distanza tra loro e le mani rapaci dell'essere innominato.
Saltò sul cavallo. Non li amava ma ora era utile.
Non era un cavallerizzo eccelso ma dare di sprone, testa bassa e correre verso l'orizzonte lo poteva fare.
Oggi avevano perso domani avrebbero vinto.
Ma prima avrebbe ricevuto risposte e tagliato la nebbia di questa storia, prima le sue lame avrebbero strappato dal petto, il nero cuore del bastardo.
E poi..
...poi avrebbe dato battaglia al Dio Non Creato dagli uomini e ai suoi Apostoli.
Sopratutto ad uno...




CITAZIONE
Mi spiace per il post non bello e al di sotto, per me, degli standard. Ma devo riprendere un minimo la mano nel role e la giusta forma mentis per portare a termine questa S.
 
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view post Posted on 25/11/2018, 22:56     +1   -1
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CITAZIONE
Off || Il corpo sodo di lei fu preso dal samurai infernale.
Le sue mani tastarono quello che i mortali non osavano neppure sognare nei loro sogni

>> T O P XDD
ti perdono tutti gli errori di battitura sto giro.
Fammi assistere da Jashin, affinché io riprenda un ritmo decente...

|| On

Una radura nel cuore della selva;

il destriero brucava in silenzio tra le dita delle querce secolari, i finimenti tintinnavano quietamente allo scuotersi della testa equina; un secco sudore striava i fianchi dello stallone, privato del suo setoso orpello: le stanche membra bramavano un lungo riposo, onde poter riprendere il cammino.

Un fuoco basso da campo, arrostiva le carni della preda della Lama di Jashin: porco selvatico dal vello irto, ucciso con un solo fendente; alitava la fiamma un sospiro di vita sulle membra della guerriera esangue - ma il vigore di lei era forte ed ancor più possente era il suo spirito, e sotto gli occhi dell'Immortale, un lieve incresparsi del viso preannunciò l'imminente risveglio.

I lumi di lei si spalancarono alla volta celeste, che s'imporporava oramai ad oriente: la notte intera pretese il suo deliquio e l'assalì un profondo sgomento, dipinto sui tratti del bel viso d'avorio; s'agitava affannata, ricercava qualcosa lo sguardo bruciante, finché si posò sull'uomo e ciò che tratteneva tra le dita forti, mostrando alla donna ciò ch'ella bramava... luccicava preziosa al dardeggiar di fiamme, la cintura incrostata di gemme ch'ella strappò al nemico, dietro un caro tributo di sangue.
Si pose seduta, protese le mani: “Gib ihn zurück.”
Imperiosa come una regina al suo servo, tuttavia il pallore mortale ancora ghermiva i nobili tratti, e al rifiuto posto da lui, non poté che opporre l'ira funesta del fiero volto.

“Tu parli, io dare a te oggetto”
Esigeva il motivo, lo chiedeva con fermezza in quella sua lingua straniera: a che fine sfidare la sorte, un'atroce morte?
Oro e gioielli, preziosa merce ai comuni mortali, inutili orpelli ai fieri guerrieri: ch'ella bramasse meramente agghindarsi della più leggiadra delle cinture, era tutto fuorché credibile.
Sbuffò e ponderò, la divina: le sopracciglia chiare fluttuarono a guida d'ali d'albatro, finché non seppe cavarsi d'impaccio – con gesto eloquente, espose il suo invito... indossarla, e con un gran pugno percuotere un tronco di quercia tanto grande da non potersi cingere con le ampie braccia distese. Dunque attese, ch'egli adempisse a ciò che indicava con gli arti muti.

Il legno antico esplose, come marcio si fesse in mille schegge, per il potere soverchiante del mero arto del giovane: dunque era quello l'arcano potere del gioiello... la forza di un Kami, nelle membra di un uomo. “Ah quindi è cosi...e perche è tua? Perche ti danno la caccia?"
La replica non tardò: “preda sei tu” sibilò quella, un astio cocente a spandersi sul volto dalla pelle chiara - “Io CACCIATORA”. Bruciava in lei l'insulto come brace ardente.
“Zintura mia e basta. Dono a colui che amavo, che ora non è più.”

L'accento è straniero, pesante, la lingua incerta: da quanto tempo la donna si aggirava per quelle lande, regno degli shinobi?
“Cacciatora? Ma tu hai debito con me. Io aiuto te tu aiuti me” - lui la incalzò, lei s'adombrò vieppiù e sbuffò dalle labbra carnose: "tu prendi zintura, io pari, e tu va' mit dem Teufel"
Orgogliosa e sprezzante, disposta a nulla che potesse macchiarne l'onore ai suoi stessi occhi severi.

Non si arrese il guerriero, gli sforzi tesi a che quella capisse davvero: “Io avere conto in sospeso con demoni. Io avere marchio...” - e lì mostrò, nuovamente, la negra chiazza che feriva la pelle solcata dai segni di mille battaglie - “Tu cacciatora? Io ammazzademonio.
Tu raccontare me tua storia io raccontare mia. Insieme va bene te?”

Le sopracciglia fiere lottarono nell'ampia fronte, tuttavia... una scintilla s'accese nei cerulei occhi: "Io invincibile Kriegerin. Non serve aiuto. Perché io aiuta te??" insisté, ostinata tuttavia pensierosa.
“Perché io potere aiutare te. Tu invincibile kriegerin? Io essere immortale”
E con tali parole, affondò la sua propria lama nel petto vivo e palpitante: sangue rosso come il crisantemoo sgorgò, eppure la vita non abbandonò le membra del folle, che non cessava la sua opera di convincimento; sorpresa, sgomento erano dipinti sul bel viso: “Was bist du... cosa... tu...come cuesto possibile? Come tu non servi lui?”
Spontaneo il dubbio, pronta la risposta: la dote dell'Agiwara nulla aveva a che fare con quelle delle schiere nemiche, né col loro sovrano; “Posso essere te d aiuto più di tanti. E tu debito di tua vita con me. Io aiuto te contro demoni e tu aiuti me contro il loro capo, capo che da loro vita”

“Chi ha fatto questo marchio a me è forte. Servo di dio oscuro dio che annienta ogni cosa. Anche tuo nemico è servo di lui. Io combatto loro. Io ammazzo loro. Io ero comandante prima di marchio”
Lungo fu il racconto: cronache della falce e del buio, di Demiurghi e Jashin, e dove i lemmi si facevano intricati, pronto il giovane illuminava la straniera; le mostrò le armi, sorelle riforgiate, infine venne il tempo del silenzio... e della fiducia, pallida e nuova come strali di sole attraverso i nembi di tempesta. "Voglio credere tue parole. Mio nome ist Brunhilde, figlia di Odino, Signore di Valhalla" – sillabò lei, tenendo alto e fiero il mento - ”Io shintou agiwara. Ora mangia e racconta te a me.”
Le porse la cintura, che lei prese e avvolse all'addome; cercò, affondò i candidi denti nella preda di lui, pascendosi e narrando a sua volta. Così si conobbero i guerrieri alleati, così la prima pietra del patto fu posta.

Sorgeva un tempo il Valhalla, dimora e tempio di Kami lontani,
Odino regnava sui Kami lontani e Walkirie sue figlie,
guide eterne ai guerrieri morenti, alle ricche dimore celesti,
di corvi e di cigni signore, di morte sorelle.
Splendeva tra esse Brunhilde, forte alabarda e animo fiero,
ed ella Siegfried amava, e il fuoco di lui ricambiava.

L'idillio, ahimé, fu breve: l'eterno Valhalla, dimora degli dei, un dì funesto iniziò a deperire: piccole crepe, muffe delicate ne avvolsero le mura dalle fondamenta; la fama di un esercito invincibile, di defunti soldati, correva rapida per le lande baciate dal pallido sole del nord.
Partirono le Walkirie, onde guidare le anime dei morti, che trovassero ristoro nel dolce sidro e nelle grandi aule... ma empi scheletri trovarono, orridamente vuoti di spirito. Nessuna voce esultò al loro cospetto, nessuna versata in loro onore: dimenticate dai mortali, sprezzate da nemico infaticabile, guerreggiarono per sette giorni e sette notti, con sorti alterne; all'alba dell'ottavo giunse Siegfried, valentissimo tra gli eroi, splendente d'armi, per volere di Odino, ad abbattere l'immondo stregone.
Stridettero le armi, cozzarono gli scudi, sudore e sangue bagnarono l'erba pesta e le ossa, e quando il sole volse all'occaso, lenta l'armata ripiegò all'orizzonte... portando con sé sorelle e amante.

Cupo dolore, rabbia bruciante, vendetta strisciava nei suoi pensieri: "Io guardato, capito sue mosse. Io e te, aspettare loro e colpire: possiamo sapere prima dove, se fortuna assiste noi.
E tu insegna me tua lingua."

Detto ciò trasse dall'ampio corpetto una mappa, intrisa di sangue, e la spiegò sull'erba fresca: divisa in quadranti, una nera croce segnava il luogo della funesta battaglia appena conclusa. "Io aspettava loro, non te" spiegò seria, additando il segno tracciato con foga. "Loro torna, forse presto, forse poi."



Azioni concordate col masterato, poemetto pseudoepico cagato fuori in un momento di sonnolenza. Lol.

CITAZIONE
Tornando a noi: spara un numero a caso da 1 a 10 e una lettera da A ad L.
Stavolta giochiamo a battaglia navale^^
 
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view post Posted on 26/11/2018, 21:24     +1   -1
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« Il carro di Arlecchino
vaga per i campi e coglie
i rantolii degli uomini
e delle battaglie
il carro di Arlecchino
si veste di colori
che gli uomini han portato
prima di farsi fuori
nell’unica uniforme
che vesti quando muori

L’armata di Arlecchino
falange di dannati
strappati anche alla pace
che tocca ai caduti
trascina le sue insegne
trascorre nazioni
l’armata di Arlecchino
non brucerà all’inferno
né porterà gli allori
dovuti agli eroi
perché nel sangue sparso
è il fiore dei carnai
perché nel sangue sparso
è il fiore dei carnai

Masnada di Arlecchino
vaga per i campi e sogna
il sonno che si sogna
in primavera
nel gelo che rimonta
ad ogni sera »



Aasgaardreien_peter_nicolai_arbo_mindre




Lo sfrigolare del fuoco.
La bionda norrena aveva le ferite fasciate, pulite, si sentiva più in forza grazie alle sapienti mani del medico Shintou.
Quelle stesse mani che poco prima si erano lavate nel sangue e nei visceri del nemico, dispensatrici di morte ora avevano avvolto il corpo di lei ristorandolo e guarendolo.
Morte e vita
Uomo e Immortale.
Shintou e Sankaku. I due opposti che si univano a formare il terribile samurai dell'inferno che continuava ad essere un ronin diabolico. Fiera indomita le cui zanne ancora gocciolavano per il sangue dei demoni che sbranava.
La carne emanava un profumo delizioso. Era lì, davanti al fuoco, con la mente invasa dai pensieri. Doveva mettere a fuoco i vari tasselli di questa storia.
Non che non credesse alle parole di Brunhilde , anzi tutt'altro. Aveva visto molto per essere scettico su quello che i mortali definivano leggenda. I suoi occhi si erano posati su realtà e mondi sconosciuti. Le sue lame combattevano per esseri antichi quanto l'universo, lui era divenuto una di quelle stesse leggende che leggeva sui suoi libri.
Credeva a Brunhilde.
La guardava nei suoi occhi penetranti, nella sua foggia di guerriera e sapeva che quelle parole non nascondevano menzogna. Così come quella cintura sarebbe stata la madre di mille guerre in mani di uomini sbagliati. Assetati di potere, senza scrupolo alcuno se non la propria boria e il proprio Ego. La propria insana voglia di mettere le loro sontuose chiappe unte, su scranni così alti che l'umana comprensione non poteva discernere.
Ancora guardava la sua mano. Poi guardò l'albero. Quale potere celava il mondo?
Meglio non domandarselo. Rischiava di impazzire. Meglio focalizzare le proprie attenzioni su quello che l'antica guerriera aveva da dire.
E ascoltò il suo dire.
E Shintou fu fortunato senza saperlo. Perché se al suo posto vi fosse stato Kuma, avrebbe piegato il suo ginocchio al cospetto di colei che ogni guerriero norreno ambiva a vedere. La morte era la fine solo se in battaglia le valchirie non avessero posato i loro occhi cerulei sulle anime dei valorosi.
Combattere e morire. Perché solo nella morte poteva esservi quell'ardimento necessario, quella supremazia, quel fine che dava senso ad una vita posta al servizio dell'acciaio.
Kuma era prima tutto un figlio del Nord. Sapeva. Ma Shintou no.
E la sua ignoranza lo rendeva più vero. Scevro da qualsivoglia schema mentale o cultura imposta, il figlio adottivo del santuario guardava da pari la bionda guerriera effige di un potere antico e orgoglioso. Lei di regale schiatta.
Lei che nacque guerriera e di guerrieri si circondava scegliendo i più valorosi. In attesa dell'ultima battaglia.
La battaglia Sacra.
Kuma era uno di loro. La Bionda Figlia di Odino era quello che ambivano di vedere i mortali nel loro ultimo dire.
Perché quando il mondo si fosse fatto grigio, quando tutto diveniva nero e ogni cosa venir affogata dall'oblio, poter guardare quei lapislazzuli lucenti come stelle imperiture in quel nero abisso, significava che la propria vita aveva avuto un senso. E la morte era solo l'inizio.
O l'attesa.
L'attesa per un momento più pregno.
C'era un senso in questa morte. E la scelta lo poneva sull'altare del Valore.
Ma così non si poteva dire per questi nemici. Schiavi di una volontà.
Non scelti.
Ma resi schiavi senza senso alcuno, solo per diletto e per continuare a combattere. Una guerra eterna dove non vi era pace, né silenzio, né redenzione, né senso.
Non si erano votati ad una causa, dall'una o dall'altra parte della Bilancia Universale, non erano Shintou.
Shintou era schiavo...ma aveva scelto di esserlo. Si giocava sulla scelta il suo essere schiavo di Entità talmente grandi che nemmeno nelle leggende erano menzionate. E se lo fossero state nessuno avrebbe mai capito.
Shintou era schiavo e guerriero per scelta.
L'orrenda masnada solo fantasmi in catene. Gli occhi dell'ammazzademonio si fecero cupi; riflesso dei pensieri che diabolicamente si annidavano nel suo cuore. L'immagine di questi uomini di questi soldati morti, uccisi in battaglia, che non riuscivano ad avere pace neanche dopo la morte, per cui costretti a continuare a combattere. Quasi come se non potessero fuggire assolutamente il loro destino.
Vi era del diabolico e del sadico in questo.
Vi era solo continuare a vivere e a morire perdendo se stessi, la propria anima e corpo rimanendo solo gusci vuoti in attesa.
Vi è un male che si può battere solo con altro male. Ora era chiaro.
Strani alleati. In una guerra oscura.
Brunhilde e Shintou.
Un patto era stato infine concluso. Un alleata così particolare. Una Dea compagna di questa Guerra che mischiava vendetta al Destino del Mondo.
La masnada era un pericolo che incombeva su di loro, così come i mille altri che si nascondevano nelle tenebre in attesa.
«Io insegno a te, tu insegni a me tua lingua.»

Si. Voleva imparare. Perché sarebbe servito.
Da pari.
Perché entrambi erano nelle tenebre e perduti in esse.
Ma da cacciatori quali erano avrebbero trovato la via anche nelle tenebre più fitte.
E Shintou guardò la cartina.

«Tu fortunata. Trovato me e loro. Ma sopratutto me.
Come io te. Fortuna? Io e te insieme andremo.
Tu avrai vendetta e io...»


Gli occhi si velarono. Di una tenebra malsana. Il pugno si serrò.
Si sarebbe avvicinato di più a quel bastardo infame.



CITAZIONE
E battaglia navale sia.
L 10
<ijutsu> - Konji Kin: Piccola Cura - (Chk: 40)“Questa è la più semplice tecnica di cura esistente, ma quella che di solito è anche la più utile, poiché la rapidità d'esecuzione è velocissima, permettendo al ninja di poter ritornare a combattere. Manipolando dunque il suo chakra il medico lo concentra quanto più possibile sul palmo della propria mano, poi avvicina questa alla propria o altrui ferita, mantenendo la distanza di circa tre pollici, dopodiché fa fluire l'energia spirituale nei labbri della lacerazione, tentando di ricostruire il tessuto. La Ijutsu fa recuperare 10 Punti Salute, ma tale valore aumenta di 5 per ogni 20 Punti Chakra utilizzati oltre i 40 base. Se si cura la lacerazione con lo stesso valore di Vita persa allora svanirà anche il Malus, non superiore al Quinto Grado. Se viene utilizzato il triplo del chakra necessario per sanare la ferita questa verrà considerata come Attivazione utilizzabile solamente una volta per turno, naturalmente tale clausola vale solo se la Ijutsu viene utilizzata su se stessi. Non può togliere il Malus Congelamento e quello d'Accecamento, ma quest'ultima solo per il rango Jonin.

<ijutsu> - Enkou: Alone Curativo - [Chk: 150] "Lo studio del chakra ci ha fatto scoprire che questo è di diverso colore a seconda del tipo di jutsu utilizzate. Solitamente, per le ninjutsu la tonalità dell'energia spirituale impastata si avvicina all'azzurro tendente al blu scuro, soprattutto se sprigionato in gran quantità, ma per le Ijutsu, tecniche prettamente mediche e rinvigorenti, questo assume un colore verde smeraldino, il quale non emette una sensazione di potenza, ma una di pace e rilassante tranquillità, fattori assai cari ai medici. Esistono varie Ijutsu di cura, ognuna per ferite specifiche, ma ne esistono altre come la Piccola Cura che sono decisamente generali, e permettono di sanare lesioni di vario tipo. Solitamente tali tecniche risultano essere le migliori per vari motivi di comodità ed apprendimento, inoltre è proprio per questo che si è sviluppata la tecnica dell'Alone Curativo, una delle più conosciute del mondo ninja, il cui funzionamento è identico alla Piccola Cura. I Punti Salute recuperati grazie alla Jutsu sono 25, ma ogni 25 Punti Chakra utilizzati senza contare quelli iniziali garantiranno un recupero di ulteriori 10 Punti Salute. Se con la tecnica si curano tutti i Punti Ferita persi per via di un attacco che ha causato malus questo verrà annullato, ma solo fino al 2° Grado."
 
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view post Posted on 3/12/2018, 16:27     +1   -1
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L10 buca; sparane altre 5 sto giro, che le caselle sono tante. Se colpisci più di un bersaglio, organizzo le schermaglie in modo da rendere la faccenda narrativamente sensata.
Io appunto tutti i tiri che fai su un bel foglio, se non hai un cavolo da fare preparati un memo anche tu.

Ich heiße Schintö. Du heißt Brunhilde”
Accompagnata da gesti eloquenti, la lezione seguiva l'itinere dei guerrieri, in marcia per la boscaglia rattrappita sotto la sferza impietosa del vento.
“Er heißt Grane” - sbuffò il palafreno, sentendosi chiamare, gettando le orecchie vigili all'indietro.

“Der Baum, das Blatt, die Wurzel. Tu deve... devi... imparare, se è maschio, femmina o... nezzuno dei due, o non puoi parlare corètto.”
Passavano le ore, senza fretta nel passo: raccoglievano radici e bacche selvatiche, funghi e foglie medicamentose, abbattendo le prede adatte a saziare l'appetito e mantenere salde le forze.
Ampia era la valle, alle spalle della costa tempestosa: le brulle propaggini che si gettavano nel mare ruggente lasciarono il posto ad antiche colline, cinte di rocce e d'alberi, con radi torrenti a nutrirne i fianchi battuti dai venti. Un inverno eterno gelava il cuore di quelle lande, un male oscuro ne beveva l'anima.

Dispiegava la mappa Brunhilde, calcolava il tragitto col pallido sole, finché una colonna di fumo lontana non inquinò l'aere terso: s'infoschì il di lei sguardo, afferrò i finimenti, affrettò il passo e con lei lo stallone, ancor dolorante per la fuga – tuttavia vano fu il loro affannarsi.
Tarda era l'ora, il misfatto compiuto, la pira ancor fumante, eppure spenta.
Un pugno di case col tetto di paglia: arsero come torce imbevute di pece, esse con tutti i loro abitanti. Il puzzo di carni bruciate salutò le amiche narici dei guerrieri, compagno fedele e sgradito delle campagne peggiori: nessuno viveva, tra quelle macerie.
“Scheiße. Sie sind schnell.”
Orme mischiate d'ossa e stivali, calcavano la terra tutt'attorno: non v'erano dubbi, su chi fosse l'autore. Non v'erano dubbi sulle vittime neppure: contadini per lo più, con la loro prole. Non guerrieri, non soldati.
“Warum... perché, Schintö. Tu sai perché fanno questo?” - scosse la testa e il biondo crine, china sul relitto di bambola dal colore di cenere.



CITAZIONE
Riassunto: siete arrivati tardi, villaggio sterminato. Decidi cosa fare, la libertà è più un ostacolo che un aiuto... e occhio che non scrivo dialoghi a caso.
 
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view post Posted on 5/12/2018, 14:07     +1   -1
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Un gioco.
Un maledetto gioco a rincorrere chi un fantasma.
Ci voleva fortuna. Ci voleva dedizione. Ci voleva ardimento. Tutto il mondo poteva essere il loro obbiettivo. E chi braccava erano solo due.
Due contro una masnada immensa che colpiva e spariva come lampo. Uccideva come lama non vista e lasciava dietro di sé solo la corruzione tanto cara al Dio Non Creato Dagli Uomini.
Tutto questo era frustrante.
Ma era anche questo il suo compito: sopportare sopratutto il fallimento; conscio che non avrebbe potuto salvare tutti. Non ne era in grado e non ne sarebbe stato capace.
Forze oscure e più grandi di lui erano in moto e la disperazione, così come le lacrime, le doveva ricacciare in fondo alla sua anima. Perché non era il momento del pianto, né di disperarsi per la propria incapacità.
Potevano e dovevano fare di più.
Ma non riusciva a rimanere indifferente a tale massacro.
Era un soldato. Era nato guerriero. Il massacro non era nella sua natura.
Non aveva mai alzato la sua mano contro un indifeso. Contro una donna o un bambino. Non vi era onore.
Non vi era gloria.
Uccidere chi non poteva difendersi non portava null'altro che vuoto. Non c'era nemmeno divertimento.
Non c'era quel fremito selvaggio di mettere in gioco la propria vita contro un guerriero formidabile. Non c'era l'elettricità a scorrere sulla lama che pulsava allo stesso ritmo del cuore.
Non vi era quella danza orgiastica che solo quando il guerriero di fronte ne era degno, accendeva l'anima a mò di tizzone.
La vita a contrarsi. La vita a esplodere.
Quella era al guerra che amava. Combattere contro chi poteva difendersi, contro chi sapeva brandire acciaio e conosceva l'odore del ferro e del sangue. Contro il braccio valente di nemici che avevano la volontà di ucciderlo; che danzavano con la morte e la morte ne era loro schiava e puttana.
Quella sensazione che era come infilare il proprio cazzo in una fica umida. Era come scopare e venire.
Shintou godeva nella battaglia.
Ne godeva di ogni aspetto. Ne godeva in ogni sua specie. Ma mai alzò il suo acciaio contro il debole.
Né contro lo sconfitto.
Ecco perché questo lo colpì. Ne aveva viste di guerre, di crimini, di nefandezze, di stupri e massacri e come sempre ne era sempre rimasto inorridito.
Ma si trattava di uomini. Uomini lasciati liberi di dare sfogo alle loro pulsioni perché chi comandava era ancora più bastardo e infame di chi seguiva.
Non era la Guerra che il suo Maestro gli aveva insegnato. Non era al Guerra che combatteva Giichi Ishiyaki.
Era solo un massacro per il gusto e il piacere di farlo.
Cosa potevi esserci di onorevole nell'uccidere chi non sapeva difendersi?
Chi aveva sempre tenuto in mano una vanga, coltivato la terra, spaccandosi le mani e la schiena sotto il sole, la neve, il gelo o la pioggia per assicurare un futuro alla propria famiglia?
Era da guerrieri?
Non era nemmeno da assassini. Perché queste persone non c'entravano nulla nella Guerra. La loro era di ben altra natura.
E un bambino non dovrebbe mai vederla. Né il suo putrido tocco sfiorargli le delicate gote.
Né la morte averlo.
Perché i bambini non si toccavano.
MAI

E stette lì. Fermo. Ma non impassibile. I suoi occhi erano carichi di un odio che un cuore umano non poteva capire. Che un uomo non avrebbe mai potuto sopportare. Ne sarebbe stato consumato dall'interno e la sua anima affogata in tetri abissi dove quell'odio era Imperatore.
Non poteva rimanere freddo di fronte ad un massacro perpetuato per sollazzo. Per compiacere il proprio cazzo e la puttana di quel Dio che sfidava i demiurghi e La Legge Dell'Equilibrio.
Eppure la sua anima, seppur piangesse lacrime di sangue, rimaneva fredda e lucida. L'odio solo olio che faceva incendiare quella rabbia tenuta a freno solo dalla volontà e dallo scopo.


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«Lo so, purtroppo.»


Lo sa cosa?

Rispose dubbiosa la bionda guerriera.


«Servono un dio oscuro. Il male puro. Capisci? Male...male senza scopo. Solo dolore.»

Eppure, Schinto, tutto ciò non ha senso. Kvale è il loro scopo finale... uccidere tutti ezzeri umani forse?
Per ottenere cosa?


La stessa domanda a cui lui stesso, infine, trovò una risposta.


«Ci sono esseri che si battono. Io faccio parte di questi. Io combatto per difendere legge. Perché loro vogliono il caos
Chi sono? Non lo so...ma sono tanti e sono forti. Lui è uno...io ho incontrato un altro...solo caos e morte portano.»


Tuo pensiero è corètto mio pensiero è che se spendi tante forze, vuoi premio tanto grande.

«Allora capiamo lo scopo. Anche se ho paura che non ci sarà scopo
Capire questo Dio. Capire chi sono. Troppo antichi e nascosti...questa è loro forza.»


Eppure...aveva un dubbio. Gli Jashinisti servivano Jashin: nella loro sete di distruzione e caos portavano, però, nutrimento al loro signore. I loro scopi, sebbene pensassero di essere liberi da qualsivoglia giogo, rimanevano ingabbiati nelle trame di jashin stesso.
Qui si poteva dire lo stesso?

Ja. Non zapere cosa vuole... vogliono... e perché.

Sempre il maledetto perché. Shintou si prese un momento per riflettere.

«Forse invece di correre per loro dovremmo correre prima di loro
Hanno attaccato tuo popolo...quello cercava tua cintura...mentre cadevi lui era dietro di te e forse voleva quella.»


Aveva bisogno di avere più informazioni possibili. Così avrebbero fatto solo il suo gioco. Dovevano tentare di anticipare le sue mosse.
Ma come?
Brancolavano nel dubbio.

Naturale che voleva la zintura!essa dona forza sovrumana senza zintura, lui meno potente. Di poco, ma meno temibile non ancora abbastanza debole, da ezzere battuto.

«Allora cerchiamo di capire come batterlo. Tutti nasciamo da qualcosa.
Lui vuole cintura? Noi daremo cintura e prepareremo il campo ma dobbiamo capire. Girare cosi facciamo favore a lui
Perché venuto in tuo terra. Come tuo amante battuto lui...»


Questo era importante.
La risposta avrebbe cambiato anche il suo approccio a questa battaglia.
Ma non fu la risposta che sperava. La bionda cacciatrice rimaneva ferma nelle sue decisioni. Non voleva che per smania, o per sottovalutare, il nemico la cintura cadesse nelle sue mani.

Dare zintura?? FOLLE! zintura resta kvi con me.

Non riusciva a capire che forse era l'unico modo per poterlo portare in trappola...anche se...la sua forza rimaneva troppo grande. Nutriva il dubbio di batterlo. Non era riuscito con quella canaglia, figlio di una vacca incenerita, non credeva di riuscirci contro quel tizzone d'inferno e la sua masnada.
Ma gli occhi di lei si incupirono. Divennero foschi come se nubi cariche di pioggia avessero oscurato il cielo cobalto dei suoi occhi.
Tristezza... - mio amante non sconfitto ha lui...

Vi era molto altro non detto. Doveva capirne di più e per certi versi la sua tristezza la capiva. Shintou aveva perso tutto e ritrovato di più, ma sapeva cosa significasse perdere qualcosa. Così come ricordava bene il sapore della merda che la vita, molto spesso, ti lanciava addosso. E quindi le mise una mano sulla spalla

«Se io ho fiducia tua racconta. Io devo sconfiggerli...» Perché da questo dipendeva tutto. Anche della sua vita.
Anche di Shitsuki. E gli occhi del samurai persero, per un momento, quel colore vivido divenendo grigi.
Il sospiro della valchiria fece da controaltare. E quello che disse fece rimanere di stucco l'ammazzademonio.

Lui Siegfried, Schinto. Generale di morti è lui.
Ha perso la sua mente, mi capisci?
Ha perso suo kvore forse per sempre...


«No per sempre!»

Si stupì del suo tono. Forse perché lui, la sua personale speranza, non l'aveva ancora lasciata a marcire.

«Qualcosa c'è. Lui attratto da cintura.
Speranza c'è.»


Zintura è potere, lui vuole potere
tu troppo... come si dice... vedi cose troppo buone, Schinto. Nezzuna speranza per Siegfried...


«C'è sempre speranza...»

Senza significava aver perso. Perché questa Guerra si basava tutto su questo.

«Se non l'avessi sarei già morto con loro.
Se tu perdi la tua, tu sconfitta già. Io combatto con speranza per mio villaggio mia moglie i miei fratelli morti...»


Non poteva lasciarsi abbattere. Non poteva...

io pronta a sacrificare lui, per salvezza di Valhalla. Tu non conisci me bene, Schinto.
Ho speranza di distruggere nemico. Nel modo giusto, usando la testa.
Non regalando zintura e oggetti per farlo più forte
Mie zorelle sconfitte, mia casa in rovina. Mio compito vendicare tutto kvesto.


Irremovibile. Doveva trovare un altro metodo. Se Siegfried era divenuto questo Demonio, da qualcosa era partito.
Che fosse il Dio dell'Abisso intervenuto a corrompere il suo cuore? In che modo?
Come?
Su questo poteva indagare. Aveva un indizio. Significava che gli araldi del bastardo nascevano. Come e in che modo questo era da appurare. Ma sapere che prima erano come lui lo rincuorò.
Forse valeva per questo momento ma aveva scoperto qualcos'altro: la corruzione di quel maledetto poteva trasformare un Campione in un Demonio senza remora alcuna.
Ma tentò ancora di farle capire che forse la cintura poteva sbloccare la situazione.

« Cintura modo.
Non regalare. Ma pensa...lui attratto da potere...dove qui potere?»


Sbuffò la nordica. Stava sbagliando approccio e le parole di lei lo fecero riflettere su altri punti.

Tu non cerchi di riprendere tua arma, se nemico la prende?
Lui questo fa.


« E lui vuole cintura vero?»

Imbecille di un samurai!
Testardo come un mulo. Non riusciva a vedere oltre.
Doveva avere una visione d'insieme più amplia. Non fossilizzarsi esclusivamente sulla cintura. Non stava più combattendo uomini.
E Brunilde fu chiara e Shintou capì.
Imbecille rimaneva. Doveva iniziare a maturare. Non più Shintou ma Sankaku.
Solo il Triangolo avrebbe potuto essere la Falce dei demiurghi. Shintou doveva iniziare ad accantonare la sua parte umana per ergersi a qualcos'altro.


Se lui voleva solo zintura, noi adesso non seppellisce cadaveri. Seppellimo.

Ci voleva tanto a capirlo? Doveva iniziare a ficcarselo in testa. In quella maledetta testaccia dura: qui non vi erano uomini. Non vi erano Kage, non vi era Akatsuki, Anbu o patetici uomini troppo presi dai loro giochi puerili.
Qui vi era una Guerra che trascendeva l'umana comprensione. E lui era una, delle molte forze, in campo.
Lui e Brunilde stavano facendo qualcosa di impossibile. Troppo. Doveva iniziare a capirlo e a farci il callo.
Gli uomini erano lontani, con le loro paure, le loro beghe da quattro soldi, i loro tronfi successi.
Tutto questo sarebbe stato spazzato via se questo Male avesse vinto.

Noi combatte.

Vero.

Lui non insegue, capisci?
Quindi non vuole molto zintura.


Shintou si guardò intorno. Non voleva cintura. E allora cosa? Cosa stava cercando? E cercava qualcosa? Se non voleva cintura perché non era così importante, vi era qualcos'altro che occupava un posto privilegiato nella sua mente oscura?
Loro...non erano solo caos. O perlomeno lo portavano ma vi era un perché. Vi era un metodo.
Forse ognuno di loro, a suo modo, assecondava il gorgo del proprio cuore. Abbracciava le tenebre della propria anima facendo soffocare in esse tutto ciò con cui venivano a contatto.
Ma...

«Devo capire come sia diventato questo. Anche l'altro era uguale...ma aveva un perché...»

Oscuro e tenebroso. Maledettamente diabolico ma vi era un perché.
Il Generale dei Morti, sebbene preda della sua pazzia, seguiva un metodo? Il potere...voleva il potere...

« Tu non perdere la speranza. Questo male si combatte con la fede il cuore e l'acciaio.»

Rincuorarla. Dargli forza. O forse erano rivolte a lui stesso tali parole?
Sospirò la nordica.

Non oso sperare. Ma combattere sì, kvello posso farlo. E alla fine vedremo, la speranza che è corètto avere.

E quando l'ultima lapide fu posta i due guerrieri ripresero il loro cammino.
Ma Shintou aveva dei dubbi. Dubbi a cui doveva dare risposte al più presto.
Prese le sue armi...
Un altro campo di battaglia presto sarebbe giunto.

« Farò di tutto per salvarlo...o almeno gli darò una morte onorevole da guerriero qual'era.
Non lascerò che la sua anima si consumi...»


Onore.
Samurai. Anche da ronin. Anche da...

PREDA

E la caccia iniziò.
Prede e predatori...i bordi si stavano facendo frastagliati. Il loro confine sempre più labile.



CITAZIONE
H 2; A 10; L 8; F 1; C 3


Edited by Wrigel - 6/12/2018, 16:58
 
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view post Posted on 17/12/2018, 21:04     +1   -1
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Ronin e Valkiria, calcavano con cuori e stivali pesanti le colline brulle.
Valkiria e Ronin, cercavano tracce.
Attendevano.
Vegliavano in attesa dell'alba, rabbrividivano al freddo della volta celeste trapunta di stelle, cacciavano e marciavano, battendo la regione in lungo e in largo.
La pista del nemico, serpe infida annidata tra l'erba: inseguita, sfuggiva per un soffio.
Altri villaggi in fiamme, altri innocenti senza vita.
Capanne svuotate, pile di oggetti dati alle fiamme, templi e sacrari rasi al suolo, senza un perché, senza un motivo.

Pensosa Brunhilde voltava macerie bruciate, l'alabarda tinta di nero, come il suo cuore in lutto, che già paventava il Crepuscolo degli Dei, per come ella li aveva conosciuti.
Una domanda a spingerli avanti: warum, perché, e la scoperta nuova a Sankaku – sì, nascevano gli araldi, e non da mente divina; quali seduzioni offrisse il Malvagio, onde corrompere il cuore agli eroi, non un'anima se non quelle insozzate poteva narrarlo.

Cinque volte piombarono, falchi sulla preda.
Quattro volte essa sfuggì, una mera manciata di piume negli artigli di sparviero.
Rapaci affamati di vittoria, studiavano l'itinere dell'armata dell'ombra: si celava la feccia, divisa in manipoli! Leggeri, veloci, ratti colpivano e si ritiravano, rapide ossa senza le carni, ingollate dal baratro del Buio in persona senza lasciar tracce.
Quale volontà dietro gli assalti, impossibile intuirla.
“Vielleicht... forze, Schintö, stiamo sbaglianto kvalcosa” disse ella un dì, masticando carne risecca - “Arrivare prima dobbiamo, non dopo! Così serve a niente!
Esercito può devastare tutto da oriente a occidente, da zud a Nord, perché kvesto attacca a casaccio?!”
esclamò, gettando con stizza l'osso spolpato nelle braci ardenti dell'esile fuoco da campo, che lo divorarono.



CITAZIONE
H 2; L 8; F 1; C 3: con questi colpi hai sfiorato alcuni target. Sparane altri cinque!
Ti dico che anche con L10 ci eri andato vicino, ma ci ho pensato meglio e se continuo a non dirti un caffo qui facciamo il 2020.

Post corto, ma non mi va di servire pappa pronta XD
 
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view post Posted on 23/12/2018, 17:25     +1   -1
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Vi era dell'amaro in bocca.
Masticava rabbia e fiele. Quattro volte furono a portata di falce, quattro volte si volatilizzarono. Spettri nel nome. Spettri nel modo.
Spettri.
Quindi che fare? E restò così, a masticare la sua rabbia, a inghiottire la sua incapacità e a tartassarsi le dita delle mani come a voler sfogare su qualcosa quella rabbia che mal digeriva.

«Lo so, purtroppo.»

Parole amare. Che dovevano fare? Come riuscire ad anticipare le loro mosse?
Conoscenza.
Solo quella distruggere quella gabbia d'oscurità in cui era stato gettato. Questa la forza del Dio degli Abissi.
Il suo non lasciare tracce. Il suo corrompere gli animi portandoli alla pazzia. O forse solo a far emergere la parte più tenebrosa e pura, di quell'oscurità, che da sempre si celava nel cuore degli uomini.
Era impossibile da sradicare.
Non era grazie ad essa che Jashin proliferava? Non era per quell'oscurità che Shintou scelse di far questo patto col demonio per avere quella seconda opportunità tanto agognata? Per egoismo, certo, ma anche perché l'animo umano da sempre era luce e tenebra.
Ma qui non era importante. Filosofia spicciola.
Filosofia che non faceva vincere questa battaglia.
Lui doveva prendere quel bastardo. Mettergli le mani al collo, spezzarglielo e avvicinarsi di più al suo obbiettivo.
Che fosse stato un tempo un uomo, un eroe, un Campione che popolava i racconti intorno al fuoco ormai era del tutto perduto.
Poteva solo fermare la sua corsa. Dargli quella morte che, davvero, sarebbe stata il lungo e meritato riposo. La pace.
Tanto agognata.
Sigrified ormai era morto ma qualcosa rimaneva di lui. Corrompere non era stravolgere. Era capovolgere.
Perché anche l'uomo retto, quando calava il buio, poteva dar sfogo al suo animo malvagio e divenire un mostro.
E allora cosa si annidava nel cuore di questo mostro? Un campione divenuto mostro.
E perché attaccava una zona brulla, racchiusa tra due catene montuose i cui contatti con l'esterno era pressoché nulli?
Poteva attaccare ogni parte del continente. Mettere a ferro e fuoco i grandi villaggi. Distruggere una nazione intera e il Daimyo in persona eppure...eppure erano in una zona dimenticata da Dio e dagli Dei stessi.
A caso?
Respirò a fondo. Non erano a caso.
Quel bastardo non aveva attaccato il santuario di Yiomei a caso. Lo aveva fatto per uno scopo. Violentare. Uccidere. Depredare. Squartare e banchettare con quei poveri disgraziati.
Vi era uno scopo.
Sempre vi era.
Che fosse per il caos più puro o per la propria cupidigia corrotta dalle tenebre gli esseri imperfetti si muovevano sempre verso uno scopo.
Verso la perfezione e il senso delle loro vite.
Questo nei Testi Sacri aveva letto.
Elevarsi.
Quindi, chi prima fu uomo e ora demonio, anche lui era guidato da uno scopo. Uno scopo che doveva chiarire. Doveva gettare luce nelle tenebre eterne.
Un raggio di luce davanti a questo Muro della Disperazione.

«Raccontami, Brunilde. Di Sigfried e della tua vita.»

Doveva capire il passato per poter vedere il futuro. Oscurato da un presente torbido e disperato.
E la bionda guerriera del Nord parlò.
E Sigfried si palesò di fronte ai suoi occhi: le sue imprese, le sue gesta, l'uccisione del drago Fafnir furono grandi, epiche tali che nessuno fu come lui.
Tali che sfidò il volere di Odino, involontariamente ma lo fece, stesso per liberare Brunilde dalla punizione a cui il padre degli Dei l'aveva condannata.
Dormire in un cerchio di fuoco finché un essere umano, degno di mettere piede nel Valhalla, non avesse avuto il coraggio di attraversarlo per portarla via.
Certo lei era giovane. Anche lei sbagliò a portare un guerriero, bello e aitante, ma non degno. Per questo fu punita.
Ma Sigfried fu degno. Sigfried prese lei e la liberò dalla sua condanna e da quel momento il suo cuore fu dell'Eroe.
E il premio fu bere l'idromele e da quel momento fu immortale. Campione degli Dei.
Così come Shintou era Campione dell'Inferno.
Molte cose in comune...e allora dove fu il suo punto debole? Come irretire un uomo del genere?
Quale fu la crepa del suo cuore?
E Odino?
Il Valhalla stava morendo e Odino con esso. Quindi erano soli.
Ma quando era successo? Prima o dopo la venuta della masnada?
A quanto pare molto tempo prima. Quindi avevano colpito quando erano più deboli.
E le sorelle di Brunilde seguirono lo stesso destino di Sigfried: irretite dal Nemico.
Brutta storia.
La Valchiria continuò. Serviva che parlasse. Le sue preoccupazioni, i suoi dubbi ma sopratutto lei aveva combattuto e stava ancora combattendo. Chi meglio di lei per sbrogliare questa matassa?

Era convinta che la loro invasione fosse programmata. Miravano al Valhalla da tempo, e l'avevano studiato bene prima di mettere piede nelle loro terre. Infatti non riusciva a spiegarsi, come avrebbero fatto ad agire con una tale precisione da evitare ogni resistenza da parte di Eroi, Valchirie e divinità stesse.
Studiato nei minimi dettagli. Subdolo.
Ma efficace.
Il colpo finale fu assestato quando apparve l'esercito, e la popolazione che risedeva nei territori vicini al Valhalla, invece che supportarli con preghiere, scelse altri dei, perché non riteneva che le Valkirie potessero proteggerli.
Fu allora che Siegfried fu mandato in battaglia, ma venne catturato e Odino si ammalò gravemente.
Tutto troppo strano.
Che piani avevano? E chi guidò tale attacco?
Un solo nome.
Nosferatu.

« …Nosferatu »


« NOSFERATU»



E fu allora che Shintou fu preda di un qualcosa di oscuro.





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ERA IL BASTARDO DI YOMEI!

Non vi era più dubbio alcuno.
E il viso di Shintou divenne una maschera di odio e livore. Il suo antichakra fu come mare in tempesta e nei suoi occhi vi erano oscuri gorghi di una tenebra ancora più antica e potente. Dove brillavano Dodici Stelle oscure.
Shintou stava dando la caccia a lui.
A quel nemico sfuggente ma che si lasciò dietro il terrore, la morte, l'abominio, lo stupro e un peccato che ne in nessuna lingua degli uomini o degli dei poteva riuscire a spiegare.
Ed ora...ora sapeva che da troppo tempo la sua schifosa figura inquinava questa realtà.
Brunile stava soffrendo le sue stesse pene.
Era uniti nel sangue e nel dolore.

«Scusami...»

Disse a bassa voce. Dove riprendersi.
Da quella rabbia che faceva ancora tremare i polsi. E il marchio sul suo collo sanguinò. Lo coprì con un gesto repentino.
Odiava quel marchio. Così come odiava chi glielo aveva impresso.

«Chi ha attaccato il Valhalla è lo stesso che ha attaccato il Santuario di Yomei, stuprando, uccidendo, divorandone gli abitanti. Miei fratelli nella fede.

Dass er verflucht ist!»


Si passò una mano alla bocca. La sentiva secca. Ancora questo effetto gli procurava il ricordo, anche dopo tutti quei mesi.
Forse non sarebbe mai passato. Lo avrebbe accompagnato finchè i Demiurghi non avessero reclamato la sua anima.
Doveva convivere con il senso di colpa e l'orrore. Era più tremendo che portare quel marchio.


«Questo marchio è il simbolo del loro Dio. Questo marchio me l'ha impresso chi ha corrotto il tuo campione.


Er wollte Verzweiflung. Meine verzweiflung . Ma non l'avrà. Io avrò la sua testa...lo giuro... »


E Shintou non giurava mai. Ma aveva fatto un patto di sangue. Lo aveva giurato su quelle tombe e la cicatrice sulla sua mano era lì a ricordarglielo.
L'unica cicatrice che si era fatto da sé che non aveva paura a mostrare. Non come altre di una vita precedente quando portava altro nome e serviva altra causa.
Brunilde e Shintou avevano lo stesso obbiettivo.
Un caso?
Che gli Dei avessero pianificato questo? Che quei due dovessero incontrarsi per unire la falce dell'Inferno alla lancia delle terre del Nord?
Brunilde era stata spodestata dal suo rango. Raminga come lui.
Non aveva più casa. Non aveva più amore. Non aveva più nessuno da proteggere. Vi era solo un campo di battaglia che prendeva posto di un altro e un altro ancora.
Eppure eccoli lì: accomunati dal ferro, uniti nella vendetta.

«Qualsiasi cosa succeda, Nosferatu si muove per un obbiettivo preciso: sollazzare il suo padrone. Trovare nuove vittime, nuove prede. Trovare chi è degno e corromperlo facendo che che questo bastardo Infame del loro padrone gozzovigli e prosperi.
Io e te andremo avanti insieme. Fino a che non incontreremo di nuovo Nosferatu...e allora...solo allora...»


GLI DAREMO IL SANGUE E L'ACCIAIO!




I 7; L 7; I 8; I 9; L 9
 
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view post Posted on 29/12/2018, 23:50     +1   -1
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Cazzabubbolo soldato, noch einmal Wasser! Wiederholen! Wiederholen!
Altri 5 colpi il prossimo turno.
Ti farò una bella foto del tabellone a fine giocata, fa schifo al cavolo =D

Ho cercato di riassumere all'inizio del post alcune delle informazioni che ti ho passato via whatsapp, soprattutto per il fatto che se non le trascrivo da qualche parte facilmente accessibile, rischio di fare stupidaggini; quelle che hai già inserito tu, non sto a ripeterle.

Con I7 ne hai sfiorato un altro, ma diverso da quello che hai sfiorato prima. Niente, speravo di riuscire a postare prima, ma già sono contenta di avercela fatta prima di Capodanno.

Santuario di rocce brulle, eremo elevato coronato di brina; terra di confine, di tutti e di nessuno, Fulmine e Gelo a cingerne i fianchi, raro l'umano calpestare per quelle lande.
Stecchite le piante, dormienti udirono il racconto di epiche gesta: Brunnhilde dall'aureo crine muoveva le labbra belle, parole ne sgorgavano come da sorgente di montagna.
Parole amare come lacrime, lacrime amare come sale: racconto di dei, d'eroi, d'arme e di amori, audaci imprese e infine, la caduta. Gli occhi di cielo asciutti restarono, lacrime già versate li abbandonarono tempo or sono – non certo per orgoglio smodato, o perché di pietra fosse il suo petto.

Le alterne sorti, la lenta rovina, la pugna, il tradimento: ogni cosa narrò, secondo la sua idea; e quando il richiese, indugiò sulle orride fattezze del corruttore... sui suoi usi, sulle sue schiere, e fu lì che vide il volto del Marchiato farsi ferale.
“Cosa è Yomei...” volle ella domandare, e la voce le si spense in gola.
Lo riconobbe Shintou, e alta crebbe la sua furia; corse la mano sull'alabarda, ma per ella non v'era minaccia alcuna. Sangue rosso stillava dal nero marchio ch'egli ascose, e foschi si fecero gli occhi cerulei... “Niente come cuesto Siegfried mi ha mai mostrato...”
Il dubbio cinse l'animo d'acciaio e stelle.

“... che non vuol dire che non avesse cuesta cosa.”
Ammissione tetra, grigia e amara, ma dura e vera quanto la roccia.
“Non sempre cuello che non vedo, non può esistere” - e v'era più verità in tali parole, che in mille altre già favellate.
“Ignoro lo scopo del Signore della Notte, Schintö-san” proseguì, adoperando il titolo che dal ronin aveva appreso - “Ciò che essere chiaro deve, è come. Solo così le nostre azioni avranno efètto sul figlio di cane rabbioso.
Adesso io non so, se lui non conosce di noi due, o se solo non gli importa niente... ma io so che se noi capiamo come lui opera, noi possiamo impedire. Noi possiamo rallentare. Allora lui si infuria, e non può fingere più di non sapere chi noi siamo.
Ma però, se zervello non mi ragiona male, se lui si infuria e noi siamo forti come adesso, noi Soldaten morti.
Ha preso Siegfried, ha preso tanti eroi, tu hai ferita che non vuoi mostrare.
Io non chiedo cosa fa a te la ferita, un giorno tu ne parli a me, prima che tutto finisce bene, o finisce male.
Verstanden?”

Sbuffò il fiero destriero, mentre la bionda padrona inveiva con voce potente nel bosco d'inverno, testimoni le foglie morte e i freddi sassi... sbuffò, e con l'unghia percosse il suolo, che suonò come cavo per il gelo d'inverno.
Si levò quella a carezzare il crine lungo e setoso, ma scuoteva il capo il palafreno inquieto: qualcosa avvertiva, che alle umane doti era sfuggito.
“Sente cualcosa, Schintö-san” lo avvertì quella, la mano sull'alabarda - “Ma non è vicino.
Se lo avverte, ho una speranza... che cualcosa di forte hanno tra loro.
Forte nemico.... o forte arma.
E se cuesto è vero, arma deve presto essere nelle nostre mani. Prima è nelle nostre mani, e meglio sono le cose.
Se invece è forte nemico... brandisci tue spade da ninghia, Schintö-san, e combatti come una orsa femmina con la pancia vuota!”
Severa come la morte, brandì l'arma che sfiancato avrebbe un uomo mortale, elevando la lama lucente al cielo; i candidi denti snudati a guisa di lupa che ringhia, attese un cenno d'intesa – un gesto, parole, che unissero gli spirti guerrieri verso una meta.



CITAZIONE
Come sempre, dissemino briciole tra i sassolini...
 
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66 replies since 24/9/2018, 17:41   1220 views
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