Forget the fog, we'll bask in Jashin, Role libera tra gaeshi e Wrigel

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view post Posted on 1/9/2018, 21:19     +1   -1
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Scapparono da Fukagizu con le ali ai piedi.
No, non scapparono, non fu una fuga... Si allontanarono, Shitsuki in testa, condottiera di mille sdegni, e si lasciarono alle spalle quel luogo blasfemo, infame e colmo di traditori.
Tre di loro erano traditori dei loro villaggi, ma l'ironia non trovò spazio in quel momento.

«Cerchiamo di mettere più distanza possibile tra noi e loro. Appena potremo parlare più tranquilli, vi spiegherò tutto.»

Kazora sbuffò, ma Hikaru annuì rispettando il desiderio della Figlia di Jashin. Corsero quindi per diverse ore, e quando furono fuori dal Paese della Pietra era notte fonda. Faceva freddo, in quel bosco che stavano attraversando, e quando passarono di fronte ad una caverna coperta di muschio la Agiwara maggiore piantò i piedi e si fermò.

«Okay, basta. O mi portate in spalla, o ci fermiamo. Se faccio ancora un passo vomito.»

Di malavoglia, Shitsuki si fermò. Lo sguardo seccato però si ammorbidì quando vide che sua sorella era davvero allo stremo delle forze. La sua algida bellezza era sciupata dal pallore eccessivo della pelle, gli occhi febbricitanti e il sudore che le impiastricciava i capelli. Hikaru annusò l'aria, poi rivolse i suoi occhi bendati al Cerchio e al Triangolo.

«Credo sia più saggio fermarsi e riposare qualche ora. Possiamo fare turni di guardia, e ripartire quando saremo tutti di nuovo in forze.
Siamo tutti stanchi, dopotutto.»


Kazora sgranò gli occhi in un'espressione da "alleluia, qualcuno mi capisce!" e procedette verso la caverna. Logicamente, era intenzionata a non fare il primo turno di guardia, e nessuno la fermò.

«Hikaru, vai con lei. Vi svegliamo tra qualche ora.»
«Sei sicura, Shitsuki-sama?»


Malgrado fossero amici di infanzia, la devozione a Jashin aveva portato l'ex Hyuuga a cambiare il suffisso onorifico con cui si rivolgeva alla ragazza.

«Sì. Non riuscirei a dormire nemmeno con una botta in testa. Vai a riposare... Ma prima controlla che la caverna sia sicura.»

Chiedere al cieco avrebbe avuto molto più successo che chiedere a sua sorella. Kazora era una brava Lama, e pur mancando di un braccio si impegnava e otteneva risultati notevoli. Tuttavia, quando si trattava di percepire l'ambiente, specie quando era stanca, le sue capacità rasentavano il minimo sindacale. Spedire con lei Hikaru significava una scansione completa della caverna e lo sterminio di qualsiasi occupante non gradito.

Per fortuna la grotta doveva essere vuota, perché non uscì nessun rumore. Shitsuki poté quindi appoggiare la schiena alla parete rocciosa, chiudere gli occhi, e sospirare pesantemente. Non guardava nemmeno il marito, sapevano entrambi che quello era il momento che aspettavano per capire cosa era successo in quel disastro.

«Comincia tu, ti va? Dimmi cosa ti hanno fatto. Come sei finito legato su quel pilastro.»

Eh già, lei lo aveva visto incatenato, offerto come un animale da macello. Non sapeva che quella fosse solo un'illusione di Amaterasu, e che il vero Shintou aveva affrontato ben altre avventure.

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view post Posted on 2/9/2018, 12:06     +1   -1
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Tranquillo e pacioso, il futoneko Shintou saltellava baldanzoso e contento.
Un enorme gattone sculettante.
E dire che contro facciadafaina era tutto tranne che un gattone pacioso e saltellante. Ma per fortuna era lontano.
La puzza di merda di quei tre ormai un ricordo, Son Goku pure, il resto della marmaglia sarebbe divenuta cenere. Quindi andava tutto bene.
Quindi si poteva saltellare contenti pregustando odore di casa. La signora Agiwara che cucinava, Rojo che tornava puzzolente dai campi, Kuma e le sue mille avventure sessuali con donne di tutti i tipi e di tutte le bruttezze, Seishin e la sua arte, la sua chitarra, i suoi libri, le sue ricerche, i suoi guerrieri.
Casa sua.
E ‘sticazzi di tutto il resto.
Ma si sa, l’inculata è sempre dietro l’angolo ecco perché bisognava restare attenti.
E chissà perché aveva la sensazione che sarebbe stato meglio camminare rasente ai muri a culo strettissimo.
Perché sua moglie era nervosa. Troppo nervosa, anche più del normale.
C’era qualcosa di strano.



Kazora era al limite. Persino Hikaru. Anche lui e Shitsuki.
Avevano corso come se avessero avuto dietro Jashin con una frusta infuocata. Non era un bene.
Soprattutto per Kazora. Era cencia in volto. La sua pallida bellezza era scavata da profonde occhiaie.
Per fortuna che in quel bosco avevano trovato una caverna.
Una goccia di sudore cadde per terra.
Era stanco. Aveva il volto sudato e i suoi muscoli urlavano disperatamente.
Gli sentiva bruciare.
Avevano tutti bisogno di riposo. Quella statua gli aveva risucchiato l’energie.
Tutte.
Vero che erano riusciti ad uscirne vivi ma il prezzo da pagare in termini di forze ed energie fu immane.
Respirò a fondo. Si sentiva svuotato.
Però non del tutto.
Fece un paio di sigilli. Fu un indizio inequivocabile che la velocità di esecuzione era di molto scesa.
E cinque Shintou comparvero accanto a quello vero.
Subito si mossero in differenti direzioni.
Un cerchio. Un perimetro fatto di sensi e occhi attenti. Mentre la quinta avrebbe cancellato le loro tracce a ritroso.
Perché? Perché aveva la sensazione che sua moglie avesse creato un casino.
Troppa fretta.
Ma non di quella che aveva sempre Shitsuki…era un altro tipo di fretta. Non riusciva a spiegarlo.
Istinto.

«Faranno un lavoro migliore di Hikaru e Kazora.
Cancelleranno le nostre tracce e terranno sotto osservazione la zona. I miei sensi sono migliori dei vostri. E quei due hanno bisogno di riposo…come noi due.»


E appoggiò la schiena alla parete di roccia.
Ebbe una certa smorfia di stanchezza. Di solito aveva più forze…quella malefica statua era molto più bastarda di quanto pensasse.
Un miracolo davvero esserne usciti.

Sentiva il respiro profondo di Kazora e Hikaru. Crollati di sasso.
Gli avrebbe lasciati dormire. Erano stati bravi entrambi.
Era orgoglioso di tutti e due.
Ma sua moglie voleva parlare.
E fu diretta come al solito. Il problema che l’essere diretti di Shitsuki Agiwara percorreva vie tutte sue e quindi l’espressione di Shintou fu stupita.

«Palo? Che palo?!»

E si grattò la testa al solito. Con quel modo di fare a metà tra un gatto e un bambino colto con le mani nella marmellata.

«Allora…andiamo con ordine…io non sono stato attaccato a nessun palo.
Mi sono ritrovato in una dimensione, all’interno di quello schifo di statua, con alcune persone. E Son Goku…»


Lo scimmione col dono della parola che avrebbe tanto volentieri gettato nello Yomotsu Hirasaka. Peccato che non vi era traccia di quella specie di lombrico travestito da gorilla.

«Ho dovuto combattere con alcuni del Kyo Dan e del Taisei. Incredibile che anche in quella situazione continuavano ad essere così stupidi.
Ma non ero solo con me vi erano altre persone.
Mi sono già dimenticato dei loro nomi»
tanto per cambiare. La memoria di Shintou, soprattutto quando non era attento, era pari a quella di un ameba. «Ma uno me lo ricordo. Hideyoshi Kaguya.»

«Chi?»

Jashin li fa e poi li accoppia. O l’accoppa….dipendeva dal diletto del gran visir di tutti i bastardi.

«Il kage di Oto.»

«E com’è andata?»

«Il suo segno si è attivato. Aveva capito subito che vi era qualcosa che lo avrebbe distrutto. Ma la cosa positiva e che nessuno mi ha riconosciuto.
È una prova che ormai tutti si sono dimenticati. E che io sono troppo cambiato.
Quindi notizia positiva.»


Un sorriso compiaciuto e soddisfatto.

«Già. Decisamente meglio.»

«Per cui come vedi nessun palo.
Avevo accanto a me la manifestazione, chiamiamola così, del mio chakra? Anima? Non so definirla…comunque una tigre. Un byakko.
Mi ha accompagnato in questa avventura. Abbiamo combattuto i due schieramenti e uno dei due generali…»
si rabbuiò. Bastarda di una scimmia sotto steroidi. Bastarda e infame. Gli aveva tolto un ottima sfida. Un ottimo guerriero.
E perché? Perché doveva dimostrare di essere un pezzo di merda. Avrebbe dato un braccio per ritrovarlo e tagliargli la gola. Schifosa scimmia del cazzo! Sospirò. «Son Goku ha dimostrato che in fondo il Taisei non aveva torto.
E che i Bijuu possono essere delle forze senza controllo.
Ha lanciato un’ ammasso di chakra. Potente, enorme che li ha spazzati tutti via. Mi ha tolto un’avversario. Ha ucciso solo perché voleva dimostrare che il cazzo più grosso era il suo.
Tsk! »


Nessuno si metteva tra la falce del Minazuki No Hana e il suo avversario. Nemmeno una scimmia troppo cresciuta.

«E subito dopo ci siamo dissolti. E ho visto Fukagizu dall’alto e poi mi sono ritrovato nel mio corpo. Son Goku era contento. Aveva detto che la sua prigionia era finita.
Ma di quel bastardo nemmeno l’ombra…quindi penso che anche gli altri Bijuu fossero da qualche parte in quella statua.
Gabbie. Come se fossero a compartimenti stagni…e io mi sono ritrovato in quella di Son Goku…chissà invece Kazora e Hikaru… e te.
Come mai hai detto del palo?»


Si rialzò. Aveva la schiena che gli prudeva. Il suo vestito era strappato.

« E dire che mi era costato anche troppo questo cappotto. C’ero affezionato…la mia solita fortuna.»

E solo allora Shitsuki potè vedere l’Irezumi sulla schiena del marito. Incompleto però.
Vi era solo una tigre rampante…

 
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view post Posted on 2/9/2018, 18:25     +1   -1
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Ascoltò Shintou con la schiena appoggiata alla roccia, scivolando sempre di più col sedere a terra. Ora che si erano fermati, si rese conto che effettivamente anche lei era stanca, e anche parecchio. L'adrenalina, la rabbia, il desiderio urgente di casa l'aveva spinta fino a quel momento... Ma ora il suo corpo chiedeva pietà.
Si tolse la falce dalle spalle e la appoggiò di fianco, mentre scopriva che Shintou aveva fronteggiato nientemeno che Son Goku, il Quattro Code. E cosa aveva ottenuto? Un nuovo disegno.

«E quella tigre? Quando te la sei fatta?» chiese, indicando la schiena tatuata del ragazzo. Ricordava bene il suo tatuaggio, e l'ultima volta che lo aveva visto a torso nudo non ce l'aveva. Che fosse un lascito del Gedo Mazo? L'ennesimo strambo mistero di un posto che non sarebbe dovuto esistere?

«Che strano, però. Io ti ho visto... Eri con me.»

Gli occhi azzurri si posarono su quelli rossi del proprio compagno di vita ed eternità.

«Io mi sono trovata in un tempio, con altri di Kiri. E il Mizukage, e Urako. Quel tempio era opera della dea Amaterasu, che aveva cercato di imprigionare la Volpe a Nove Code, Kurama.»

Procedette a spiegargli i dettagli. Il saio che avevano dovuto indossare e che li aveva bruciati, i nove pilastri dove avevano trovato loro stessi legati in sacrificio... La volpe, una versione infante e legata, che chiedeva loro di sacrificarsi per liberarla e uscire da lì.

«E cosa avrei dovuto fare? Sia io che la mia copia eravamo d'accordo, e sapevamo bene che se una di noi fosse morta, avrebbe significato che non era reale. E che Jashin ci stava mettendo alla prova. Quindi ho sgozzato l'altra me, quella legata, e Kurama ha recuperato una coda, diventando più forte.
Ma secondo te gli altri cosa hanno fatto? Niente! Hanno preferito far morire bruciati quei cloni che ingraziarsi il demone e uscire da lì!»


Era arrabbiata. Era ancora arrabbiata, perché oltre al dolore subito, c'era stata la beffa dell'essere stata l'unica a fare la cosa giusta, e paradossalmente umana. Shitsuki era ovviamente convinta di aver avuto ragione, di essere stata vittima di stupidi umani, ma un punto era effettivamente ineccepibile: morire sgozzati è molto più rapido e indolore che bruciare vivi.

«E a uno dei pali eri legato tu... Ma non riuscivo a raggiungerti, né a sentire cosa mi stavi dicendo. Poi... Poi non so cosa è successo, ricordo di aver perso i sensi e di essermi svegliata in un tempio uguale, ma gelido. Con un'altra Volpe che era la manifestazione di Amaterasu, che ci ha chiesto a sua volta di sacrificarci.»

Strinse i pugni, gli occhi lampeggiavano d'ira e la coda, malgrado la stanchezza, frustava l'aria e il terreno.

«E sai cosa hanno fatto i miei compagni? Mi hanno stordita con non so che tecnica, e mi hanno legata al palo. Urako guardava. Il Mizukage guardava. C'era 'sto stronzo che mi stava incatenando come un animale da macello e... E nessuno faceva niente!»

Le tremavano le labbra, tanta era l'ira che la stava animando. In quel momento aveva pianto dalla frustrazione e dall'impotenza, e quelle lacrime si affacciarono di nuovo ai suoi occhi.
Il ricordo dell'umiliazione subita bruciava come quel saio maledetto che era stata costretta a portare.

«Kurama alla fine... Si è comunque liberato. Quindi è stato tutto inutile. E per un attimo, io... Io ero te. Avevo il tuo corpo.»

Aveva ancora gli occhi lucidi di rabbia, e allungò la mano in cerca di quella di Shintou.

«Ma capisci perché non tornerò a Kiri, vero? E non permetterò che Kazora, o qualcuno dei nostri fratelli, sprechi più tempo per aiutare un villaggio che ha osato immolarmi come... Come un dannatissimo agnello sacrificale.»

Aah, la sindrome dei sentimenti offesi. Brutta cosa per un immortale, che può serbare rancore per l'eternità.

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view post Posted on 4/9/2018, 16:27     +1   -1
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«Mh? Ah…dici questo…nulla. Ora vi è solo una tigre stilizzata. Il Byakko tanto caro alla mia scuola di spada.
Chissà forse sono più vicino ai felini che agli uomini…»


Yamamoto gli metteva sempre strane pulci nelle orecchie. Anche se ancora era vivo, come fuoco, il ricordo di Reshef. E sentì come scorrergli del magma nelle vene.

«Più combatterò per i Demiurghi più questo tatuaggio prenderà forma. Quanto tempo ci vorrà? Il tempo suo. Non ho fretta

Ma più che del suono Irezumi a Shintou premeva altro.
Shitsuki. Era pur sempre una bambina. Terribile nella sua collera, esaltata nel fuoco vivo della sua fede però pur sempre una bambina.
Non era una donna come Sue. Non aveva ancora la forza del Templare del santuario. Era una quindicenne lanciata di forza in un mondo osceno e crudele come quello degli shinobi e poi catapultata in un mondo ancora più oscuro. Quello di Jashin.
E poi… divenire un simbolo. Non era facile. Non poteva esserlo. Il suo corpo era cambiato e per quanto fosse divenuta più donna nelle forme, più terribile in quelle nuove vesti, nell’anima restava sempre la sua Shi chan.
Si avvicinò a lei e le prese una mano. Se la mise sulle gambe, stringendola a sé. Le accarezzò i capelli, le asciugò le lacrime, le pizzicò la mano.
Era sempre lì Shintou.
Lo era da sempre. Da quando moribondo attraversò mezzo continente per arrivare da lei.

L'Amore, che obbliga chi è amato ad amare a sua volta.

Era un Dogma. Una Legge di Dio. Che insegnava all’Uomo ad amare. E ratto afferrò il cuore di entrambi.
E da allora i loro battiti si fecero unisoni. I loro abbracci furono potenti.
L’unione perfetta tra l’Amore Assoluto e quello carnale. Corpo e Anima.
Erano UNO.
E capì cosa stesse provando sua moglie. Non per empatia, ma perché erano due corpi ma un unico cuore.
Il cuore lo aveva sacrificato da troppo tempo ma vi era un battito che continuava battere tra di loro, per loro e con loro.
Mano nella mano.
Due e Uno.
E capì. Capì l’indignazione di sua moglie. Lei non si era spiegata? Di certo neppure quei bastardi avevano tentato.
La dura legge del mondo degli shinobi. Ma un simbolo come Shitsuki come poteva abbassare il capo di fronte al kage?
Perché Shitsuki era la luce che ogni Jashinista stava aspettando. Da un tempo che nessun uomo poteva comprendere.
Il Cerchio. e questo comportava delle responsabilità e degli oneri di fronte alla comunità degli jashinisti, non di fronte agli uomini.
Il Mitsukage era sotto di lei perché sarebbe passato. E un altro avrebbe preso il suo posto.
Ma nella lunga storia dello jashinismo, che affondava le sue radici quando l’uomo ancora si puliva il culo con le foglie, solo due ebbero il titolo di Cerchio.
Due.
Quanti kage aveva avuto Kiri? Questa era la differenza.
Ma doveva capirlo e provarlo sulla sua pelle. Per maturare doveva affrontare quel mondo e osservarlo, viverlo in ogni sua parte e sfaccettatura.
Ma rimaneva sempre una bambina. Ma sua e sua soltanto.
E lui non fu lì. Avrebbero avuto le stesse palle quei bastardi a farlo con lui?
Facile prendersela con lei. Troppo facile. Ma avrebbero avuto lo stesso coraggio a farlo con Higanbana infilata in quelle luride budella fatte di merda e piscio?
Se l’avesse persa…se l’avesse persa tutta Kiri sarebbe stata affogata nel suo stesso sangue.
Avrebbe impalato i sette sulle loro stesse spade e si sarebbe gustato i loro lamenti, mentre gli avrebbe ingozzati con le carni dei loro famigliari.
Si…era rabbioso. Una rabbia che solo un essere alleato dell’Inferno poteva avere.
Mai risvegliare la parte più oscura del Sankaku.
E continuò a stringerla forte a sé.
Perché? Perché capì che poteva perderla. Che la stava perdendo? E per colpa di chi?
Schioccò un bacio su quelle guancie umide.
Mentre le afferrò con forza, facendole male, la sua mano.

«Chi sarebbe ‘sto stronzo che ti ha legato al palo?»

Occhi rossi in quelli cobalto.

«Anche se…questa è la legge di Kiri. Anzi…questa è la Legge di ogni shinobi che va in guerra. Sacrificane cento per salvarne mille

Giichi Ishiyaki e le sue parole.

«Ma te hai fatto un errore. Ogni comandante, daimyo o kage che dir si voglia, espone le sue insegne. Tu non lo hai mai fatto.
Non hanno mai capito chi e cosa rappresenti e quale potere si celi nel profondo della tua anima. Sono mortali. Al massimo vivono per ottant’anni. I meno fortunati non arrivano a vedere i trenta morendo su qualche sperduto campo di battaglia, con i corpi mangiati dalle formiche e dai vermi.
E nel corso della loro vita vedono solo un granello del mondo.»


Il cinismo di chi aveva sulle sue spalle più secoli che anni.

«Non so perchè io fossi su quel palo. Forse una parte di me…forse era un inganno di Amaterasu per farti fare quello che voleva.
I Bijuu sono vecchi quanto il mondo. Non con la stessa potenza degli Dei ma quasi. Il fatto che Amaterasu sia scesa è perché si dice abbia il comando sugli affari dei cieli. E i Bijuu dovevano tornare nella Legge dell’Equilibrio.
I Demiurghi mi hanno mandato a combattere questa guerra appunto perché la Legge era stata infranta e se Amaterasu, che combatte per quelli dell’altra parte, è scesa allora la questione era davvero più grave di quanto pensassi.»


Continuò a asciugare il suo viso. Le aggiustò i capelli, la fece calmare. o almeno tentò di calmarla.

«Ma ora quello che mi preoccupa e cosa succederà.
Kiri emetterà una taglia sulla tua testa. Ma per quello non sarà un problema…»




3jjKTR5
«Chiunque verrà lo ammazzeremo come un cane.»



Ma sperò ardentemente che non si trattasse di Urako.

«E non essere troppo dura con Urako. Come te quella pupona deve crescere. E maturare.
E ha ricevuto già colpi duri…e sai a chi mi riferisco…e credo che tra voi due, perché credo tu sia amica sua, o qualcosa che ci si avvicini, dovresti parlarne.
Il rancore non è buono. Non è buono per un mortale figuriamoci per un immortale.
Perché i primi muoiono lasciando tutto e intraprendendo un viaggio, ma noi purtroppo rimaniamo qui. E non ce ne libereremo più.»


Un consiglio.

«Sopratutto se ci tieni. Per quanto la tua taglia a quella penserò io. Insieme al sensei. »

Poi la domanda sorse spontanea. Dopo la rabbia.

«Eri nel mio corpo?! Ma...che diavolo significa?»

Assurdità. O meglio: quel Velo di maya che costantemente qui due sollevavano scoprendo al di sotto nuove realtà, nuove domande.

 
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view post Posted on 5/9/2018, 14:06     +1   -1
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Ed ecco che la feroce Jashinista, la Figlia di Jashin simbolo e guida per il suo popolo, si rannicchiava come un gattino fra le braccia di Shintou in cerca di conforto e un po' di coccole. Gli si strinse al collo, abbracciandolo e facendosi abbracciare, e lasciò che il calore e i gesti teneri di suo marito facessero finalmente sfumare quella rabbia, quelle offese, e sì, anche quella paura, che l'avevano avvolta fino a poco prima.

Sapeva che avrebbe trovato la giusta complicità in Shintou. Un tentativo di razionalizzare il tutto, di giustificare il comportamento del Mizukage, ma finita lì: a trionfare era la rabbia e la furia per chi aveva osato mancare di rispetto alla sua Shi-chan.
E la ragazza sorrise, beandosi dell'odore della sua pelle. Non le importava che fossero sudati, sporchi dal viaggio, quello era Shintou, il vero, unico Shintou, e la sua furia da tigre le dava tutta la soddisfazione di cui aveva bisogno.

«Non so nemmeno il suo nome, ma non importa. Ricordarlo sarebbe un onore che gli faccio... E non si merita niente, solo la mia falce nel petto.»

Povero Takumi Harada, insultato senza spiegazioni. Ma il resto delle parole di Shintou aveva un senso, e la ragazza assunse un'espressione più controllata e seria.

«Avrei dovuto dirlo? Spiegarlo chiaramente, dici? Non so...» Disegnò con le dita sul petto del compagno a cui era appoggiata. «Il Priore mi ha detto di fare attenzione. Certo... Me l'ha detto quando non ero ancora una Figlia di Jashin, ma comunque... La protezione del Santuario viene innanzitutto.»

Sospirò rimettendosi dritta, in modo da guardare suo marito negli occhi.

«Se Hayate è furbo, non mi metterà una taglia. Conosce il mio potere e quello di Kazora e sa quanto saremmo temibili, tanti di noi tutti nello stesso posto. Ma...» Occhi negli occhi, eguale ferocia e determinazione a difendere la loro casa e la loro gente. «...Se sarà così stupido da farlo e tanto abile da trovarci, la Nebbia dovrà piangere tutti i suoi morti.»

Stava parlando di persone che fino al giorno prima erano sue alleate, colleghi con cui lavorava ogni giorno... Ma tutto era svanito e scemato di fronte al tradimento subito.

«Urako non può fare la bambina e sperare che vada tutto bene.» Da che pulpito veniva la predica. «Le ho dato la possibilità di scegliere. E lei ha scelto, quindi significa che sta bene lì. Se le daranno la missione di trovarmi, beh... Sarà il momento di farle incontrare di nuovo Shi.»

Che bello avere amiche fidate, eh? Shitsuki sospirò di nuovo e tornò ad appoggiarsi a Shintou, la fronte poggiata contro il lato del suo collo.

«Non mi chiedere perché fossi nel tuo corpo. Di solito sei tu nel mio...» sogghignò, allungando la mano per prendere quella dell'altro, quella ferita dalle catene infernali di Shuhaizo. «Ma ho sentito quanto questa ti faccia male, e... Ho richiamato a mia protezione i cancelli infernali.»
Accarezzò con le dita il dorso della mano marchiata. Ricordava la pulsazione continua, il dolore quando aveva infuso il chakra per richiamare i Rashomon, la sensazione di avere qualcosa che ti tirava costantemente il braccio cercando di ostacolarti.
«Non avevo capito quanto... Pesante, fosse stato il tuo viaggio all'Inferno. E forse non lo capirò mai.»

Sospirò e chiuse gli occhi, rilassandosi contro la sua spalla. Intrecciò le dita alle sue, tenendo la testa in modo che le corna non andassero a graffiargli il mento.

«Anche io dovrò fare un viaggio. Devo scoprire di più sui miei poteri e... Su chi sono diventata. Non posso rimandarlo ancora.»

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view post Posted on 6/9/2018, 22:52     +1   -1
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«Si…avresti dovuto dirlo. Come pensi di farti rispettare se non mostrerai mai la tua forza?»

Un concetto che a Kiri conoscevano. Per quella stessa forza che due Kage erano finiti soffocati nel loro stesso sangue.

«Se fossi stato io il kage ti avrei riso in faccia. Perché l’immortalità è un Dono che da sempre l’uomo cerca. E cha da sempre ne ha timore. Non dovevi sgozzarti, no, perché i propri segreti rimangono tali sempre – impara che l’arte dello shinobi è l’arte dell’inganno – ma mostrare che le tue parole non erano da pazza si. Così hai fatto solo la figura dell’invasata.
Un’invasata buona per concimare i campi. Forse per questo che quei bastardi ti volevano sacrificare invece di darti retta.»


Un punto di vista diverso da quello di Shitsuki. Non di rimprovero ma un modo di guardare le cose in maniera diversa. Un’angolatura che il focoso sangue della jashinista non avrebbe mai e poi mai preso in considerazione.

«Urako non si è comportata da bambina. Non più di quanto tu stia facendo adesso.

E le pizzicò una guancia. Gattone malefico.

«Cosa poteva fare? Cosa ha visto Urako? Nulla. Ha sofferto? Poco.
Ha perso Shi? Un amore giovanile che scomparirà di fronte al prossimo. Quanti soffrono per amore? Tutti…Urako è ancora una bambina che non sa nulla del grande oceano. Vive in convinzioni stupide, rigida come un sasso, in un mondo che è in continuo mutamento. Per di più uno shinobi che non sa adattarsi è uno shinobi morto.
Imparerà…ma dai suoi errori… così come te dai tuoi. Non essere pronta a dispensare scelte, giudizi e rimproveri Shi chan. E conoscendoti… quante scelte gli hai dato


Se la conosceva un minimo già la vedeva, ribollir come un vulcano, falce in pugno e incazzata come una belva. E quando Shitsuki era in quello stato non si poteva ragionare con lei. Gli sarà corsa incontro con la stessa forza di una montagna che crollasse. Nemmeno lui frenava sua moglie in quello stato figurati quella pupona di Urako.

«Tu non sei mai stata di Kiri. La tua gente è da un’altra parte. Tu non appartieni a nessun posto tranne che al santuario e agli jashinisti. Ma Urako…puoi forse biasimarla se non ti ha seguito? Se non ti ha difeso? Non lo so cosa sia accaduto lì dentro, per inciso se ci fossi stato davvero tutti loro sarebbero stati già morti nel momento stesso in cui avessero posato un dito su di te, quindi prendi quello che dico perché conosco te e un minimo ho capito come ragiona Urako.
Ma soprattutto che tu sei un immortale. Lei no. Non dimenticarlo mai.»


La grande differenza che gli rendeva superiori. La stessa per cui Shintou non aveva mai risposto né al Kokage né a facciadafaina. Per lui erano solo tombe aperte in cui inesorabilmente sarebbero rotolati.

«E tra l’altro nemmeno condivido le scelte di Shi. Ma rimangono sue e sue soltanto. Non m’interessa…e se sarà destino prima o poi si reincontreranno. »

Non gli interessava. In fondo erano proprio i casi disperati che Jashin amava irretire. Dalla disperazione che nasce quella goccia nera di cui Jashin si disseta.
Vero, Shintou?
Poi Shi chan gli prese la mano. Quella maledetta mano.

«A volte mi dimentico. Ma solo a volte…è un monito costante. Il monito di una responsabilità e di un patto.
L’Inferno non è per tutti e mai dovrai metterci piede, Shi chan. Se puoi non farlo.»


Quegli occhi. A volte erano così profondi da farsi domandare quanti anni avesse davvero Shintou. Quasi ventuno…o più di duemila? Quegli occhi erano a volte così profondi da sembrare come due perfetti laghi immobili ed eterni, dove il trascorrere del tempo era solo una brezza leggera su quella superficie.
Superficie quieta che nascondeva ben altro. Perché a volte vi era un fuoco nero che ardeva. Un fuoco che solo chi aveva visto l’Inferno, solo chi era un alleato dei demiurghi poteva avere.
Solo chi aveva visto chi davvero comandava questo mondo. O almeno che si batteva per averne il controllo.

«Sapevo che lo avresti fatto. E la cosa non mi lascia tranquillo. Le Figlie di Jashin sono esseri sfuggevoli. Persino il sensei nella sua lunga vita ne ha viste solo un paio. E il ricordo non fu piacevole…»

E questo era già un primo campanello d’allarme.

«Ma questo è il tuo destino. E ti ricordo le parole del Gobi…di come ci ha chiamati.
Fai il tuo percorso e manifesta il tuo destino.
Sii il Cerchio…perché agli Jashinisti serve tutto il nostro potere. Ma soprattutto serve la Loro guida. Tu dovrai guidarci perché ho una brutta sensazione…»


Un vento gelido entrò nella grotta.
Una luna rossa fece capolino dalle nuvole…

 
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Brutto quando qualcuno ti ricorda, con garbo e gentilezza, che hai sbagliato.
Ancora più brutto se quella persona è per te un enorme punto di riferimento, sotto moltissimi aspetti.
Estremamente più brutto se sei Shitsuki Agiwara e ritieni di avere sempre ragione, tranne quando hai torto, ma in caso Shitsuki Agiwara avesse torto il mondo si piegherebbe in modo da raddrizzare quel torto in una ragione.
Insomma, per dirla breve: mise il broncio.
Gonfiò le guance, aggrottò la fronte, e vedere una creatura più demone che umana che si imbronciava come una bambina probabilmente avrebbe fatto ridere anche i più timorati di Jashin.

Ma Shintou non era un timorato di Jashin. Dava del tu al Dio, discuteva coi Demiurghi, e aveva conosciuto Shitsuki ben prima che questa diventasse il Cerchio o una figura di culto.
La conosceva, e sapeva come toccare i giusti tasti, sia del suo corpo ma soprattutto della sua mente.
Per questo lei si imbronciò: perché Shintou aveva ragione.

«Il Mizukage sapeva dei miei poteri. Non l'ha detto agli altri, e quando io ho accennato alla cosa nessuno mi ha ascoltata. Ma cosa dovevo fare? Tagliarmi la gola come tu avevi fatto con Eiji?»

Cosa fa chi si sente accusato giustamente? Cerca di ribaltare la frittata, o di reindirizzare la colpa altrove. Sempre con quel broncio stizzito, la testa incassata nelle spalle, e la coda che frustava infastidita l'aria.

«Tanto non mi avrebbero ascoltato comunque. Erano tutti presi da quel tempio, da quelle... Convinzioni di essere migliori... Eravamo di fronte ad uno dei Bijuu, in un tempio di una Dea della Luce, quando io... Io...»

Ringhiò, e gli occhi le fiammeggiarono d'ira. Sentiva di aver sbagliato, ma sentiva comunque di essere stata vittima di un'ingiustizia.
Alle sue spalle, per un attimo, apparve un abisso nero. Una parete soltanto, un accenno di quel che poteva essere, e che Shintou aveva già vissuto durante il suo tragico ultimo scontro con la precedente Lama Nera.

«Io ho come elemento il Buio.»

Ma era troppo stanca per restare arrabbiata ancora a lungo, e soprattutto mantenere attivo il controllo sullo Yokusei. Con un sospiro, chiuse gli occhi e il Buio scomparve.

«Sono stanca.»

Uno sbuffo leggero, e si raggomitolò di nuovo sul petto di Shintou.

«Sono stanca, amareggiata, voglio solo andare a casa, eppure so che appena arriveremo a casa vorranno che gli spieghiamo tutto e che li rassicuriamo... E avrò una marea di benedizioni arretrate da impartire...»

Era un oggetto di culto, e a differenza del loro Dio che distillava avidamente i suoi miracoli e le sue risposte, Shitsuki cercava sempre di accontentare tutti e non dimenticare nessuno. Amava la sua gente e il suo villaggio: Shintou aveva ragione, lei non era mai stata di Kiri, non ci aveva mai nemmeno provato. Quello era un lavoro... Ma la sua vita era al Santuario.

Solo che in quel momento il Santuario le appariva come un futuro estremamente faticoso.

«Senti, ma se...»

Aprì gli occhi e rivolse al marito uno sguardo che a casa Agiwara veniva usato fin troppo spesso. Era la richiesta, la proposta che si sapeva essere malandrina, ma che veniva fatta lo stesso nella speranza che la controparte si rendesse complice. Cosa che molto spesso, quasi sempre, accadeva.

«Se mandassimo Kazora e Hikaru per primi al Santuario, e noi ci prendessimo... Un giorno, un giorno solo, per tornare con più calma e avere un po' di tempo per riposarci e giungere freschi e pronti al nostro dovere?»

Da una parte, era una fuga dalle proprie responsabilità. Breve, ma fuga. Dall'altra, era una consapevolezza dell'assenza di voglia che aveva di affrontare i suoi doveri. Piuttosto che farli male, che rispondere di malavoglia ai postulanti, preferiva arrivare dopo ma più rilassata.

«Perché io arrivata a casa ignorerei tutti e mi chiuderei in camera con te per almeno una giornata. E magari ci rimarrebbero... Male, nel vedere che la mia priorità è toglierti questi vestiti e fare l'amore con te finché non urlerai basta.»

E sorrise, contro il suo collo, accarezzandogli il petto. Quella era una prospettiva che metteva già in ombra tutte le umiliazioni subite.

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view post Posted on 12/9/2018, 13:34     +1   -1
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Shintou si fermò a pensare.
Si grattò la testa con quel fare da gatto appena sveglio. Come se qualcosa, una folgorazione, avesse appena attraversato la mente del samurai.

«Fare buon viso a cattivo gioco. »

Fu tranquillo a pronunciare quelle parole. Si lisciò la folta barba.

«Hanno fatto Gruppo e hanno attaccato quella che, secondo loro, era da disturbo per il gruppo. Ma nessuno di voi si è spiegato. Siete partiti pensando di avere ragione.
Certo il mizukage avrebbe potuto fare di più ma non è sua la colpa. Non si sgrida un asino perché sbaglia. È la sua natura…»


Arricciò le labbra e si grattò la barba. Se la lisciò più volte, ci giocò era un suo modo per aiutare i pensieri ad essere ordinati.

«Lo sbaglio è di tutti. Ma non devi far mai vedere le tue qualità ma ricordati cosa è successo a quella poveretta durante la caccia al gobi. Anche io potrei dire di comandare gli jashinisti…ma chi mi crederebbe? Potrei dire di essere Jashinista ma non basta avere una falce.
Le proprie abilità devo rimanere segrete – il classico pensiero da shinobi – ma soprattutto, forse, sarebbe stato meglio presentarti mostrando che le tue parole fossero vere.
Se dici di guidare gli jashinisti presentati con loro. Mostra le tue insegne. A quel punto saresti diventata non solo un’arma ma soprattutto una forza politica. In fondo gli jashinisti, Dono o meno, sono temuti in ogni parte del continente.»


Stava spostando la discussione su un punto di vista particolare. Perché un kage non è solo tale durante la guerra ma soprattutto in tempo di pace. E vi erano forze che si affrontavano non con la falce ma con la lingua e l’intelligenza.
E forse era appunto su questa che il mizukage aveva ponderato le sue scelte.
Perché se solo avesse capito che Shitsuki era un simbolo, venerato al pari degli Dei, non avrebbe mai permesso che gli accadesse qualcosa. I rischi di ritorsioni sarebbero stati altissimi.
E nessuno voleva una seconda Konoha e una rediviva Furikami.

«In più la tua condizione ti rende esposta. Anche a me piacerebbe che tutto si risolvesse con la spada e con il nemico davanti, ma purtroppo le serpi esistono e anche quando nei cesti vanno a fuoco, si scrollano la fuliggine di dosso e ritornano subito in gioco.
Anche questo è il mondo.»


Si tolse gli occhiali rotondi dal viso. Un altro, ennesimo, vezzo particolare di un uomo che andava avanti sulla propria strada a modo suo.
Shitsuki stava trovando il suo modo di essere Shitsuki. Difficile e non facile.
Troppe cose e tutte assieme gli erano successe…ma questo non era un mondo dove a lungo si poteva rimanere fanciulli e innocenti.

«Lo so…è difficile…»

E poi il Buio. Eccolo lì…ratto era comparso seguendo la rabbia della sua padrona. Shintou provò un brivido. Lo nascose a sua moglie. Non era il caso d’allarmarla ancora di più o agitarla più di quanto non fosse già.
Ma quel Buio era tremendo. Non era come il Buio del padre ma quella sensazione fu uguale.
E Shitsuki non sapeva controllarlo…come lei.
Aveva un potere tremendo.
Come se quel Buio fosse vivo. Ma ancora non riusciva a controllarlo. Non ne era padrona.
Questo significava…che poteva esserne schiava?
Se la mise più vicina, appoggiò la testa di sua moglie sulla sua spalla, e le accarezzò una guancia.
Se le emozioni molto forte facevano attivare il vero potere che ancora, latente, si celava in lei non era un bene. Il rischio che lei e altri – e guardò Hikaru e Kazora – si facessero male era troppo alto.
Come aveva fatto lui.
Vi erano poteri che gli esseri umani non potevano controllare…ma loro non erano più esseri umani.
E forse era proprio per questa loro natura che potevano tenere a freno l’Antichakra dell’Inferno e il Buio di Jashin.
Ecco perché Shitsuki doveva essere protetta e addestrata. Kiri aveva fatto la sua parte.
Esaurito il suo compito. Quello che le doveva insegnare lo aveva fatto, ora doveva seguire la strada del Cerchio.
Il Cerchio…una responsabilità pesante come una montagna gravava su quelle spalle. Ed erano piccole. Come lei.
Quel corpo esile eppure con una responsabilità immensa.
Non ci aveva mai pensato che anche su Shitsuki, e forse più di lui, gravavano responsabilità e oneri immensi. Perché un’intera comunità l’aveva presa come modello, come guida, come Luce. Lei che aveva il Buio del Gran Visir Di Tutti I Bastardi.
E da qualche parte Jashin se la stava ridendo a crepapelle per questo.
Sua moglie era forte, si, ma era pur sempre una bambina di quasi sedici anni. Non era Getsumoto, né aveva quasi i quattromila anni del nano.
Loro erano arrivati ad essere quello che poi il mondo avrebbe conosciuto come Cerchio e Triangolo, già nella maturità. Quando i loro occhi avevano già visto tanto, i loro corpi temprati dal dolore e il loro sangue più volte bagnato l’altare del sacrificio per compiacere il Dio delle Tre Lame.
Difficile quel cammino, come lo era quello di Shintou. Ecco perché la capiva.
Vi erano delle responsabilità tremende che ancora non era in grado di supportare da sola. Sballottata in un mondo troppo grande.
Come del resto anche lui.
Non aveva chiesto il ruolo di Lama Nera, né aveva chiesto l’Antichakra o di essere la Falce dell’Inferno contro dei nemici così antichi e potenti che l’oscurità era la loro tana. Oscuri e misteriosi si muovevano alla conquista di questa realtà.
Non aveva chiesto di essere un Generale. Né di essere un Maestro.
Ma erano i suoi pesi e le sue medaglie.
Doveva portarle.
E quindi la capì molto bene che a volte, umanamente, si voleva sfuggire a tali pesi. Ma anche per ritrovare un equilibrio.
Perché a volte staccare la spina era un bene. A volte ci ritemprava.
Un sorriso sornione e un bacio.
Occhi che scintillavano.
Occhi di chi era complice.

«Anche tre!»

E che le responsabilità si fottessero.

«Ci meritiamo una vacanza. Tra il Gobi, il Taisei, il Kyo dan e quant’altro ho solo voglia di stare con te. Baciarti e fare l’amore fino a che non m’implorerai di smetterla.
Te non mi basti mai…»


E strusciò il suo viso sul suo. E si accucciò a lei. Prese, prima, il sacco a pelo ravvivò il fuoco e coprì Shitsuki in modo tale che non prendesse freddo.
Si accertò che Hikaru e Kazora stessero bene e si concentrò per ampliare le sue sensazioni. Le sue copie rimanevano vigili e invisibili.
Mentre la quinta era a caccia. Avrebbero avuto una buona colazione e cibo a sufficienza per il viaggio.
Ravvivò il fuoco e si stese vicino a sua moglie. Giocò con una ciocca dei suoi capelli bianchi come perla.
La testa appoggiata pigramente sul pugno destro.

«Ripensavo un po’ a quello che ci è successo nell’ultimo anno. Io e te che ci scontriamo, io che ti vengo a cercare come uno zombie, il rimettermi in forze nonostante le ferite e il dono del gran vi…ehm…volevo dire di Jashin.
Il matrimonio, vivere con te, il santuario, Seishin e gli altri, Yamamoto, l’antichakra, le battaglie.
Tutto così in fretta che mi sembra che siano passati secoli e secoli e non poco più di un anno. Mi sembra di conoscerti da così tanto tempo…»


Le accarezzò il viso. Le dita sfiorarono il suo volto, seguendone il contorno.

«Però mi sono sempre chiesto una cosa…»

Il crepitare del fuoco.

«Come mai ti sei innamorata di me, Shi chan? Non ho nulla di così speciale…»

Non avevano mai toccato questo argomento. Avevano toccato molto altro e ben altro di loro stessi ma mai questa piccola gemma. Preziosa e appunto per questo fragile. Che forse aveva paura della risposta.
Le paure…di un uomo che aveva attraversato inferni e dolore e che aveva da sempre contato solo sulle sue forze per non affondare nel marciume.

«Perchè quel giorno sotto la pioggia ho capito che avevamo un legame. E non sto parlando di quello del sangue. Sì, Jashin ti ha messo sulla mia strada, ma sei tu che ci sei rimasto. Tu che mi sei stato accanto, mi hai aiutata, guidata…Sei entrato nel mio mondo e mi hai reso parte del tuo.
Ti ho trovato splendido, fin da subito, ma non ho deciso di sceglierti. Mi sono accorta di averlo già fatto quando non potevo più fare a meno di te, per essere davvero felice.»


Una di quelle risposte che qualsiasi uomo vorrebbe sentirsi dire dalla donna che ama. Una risposta che avrebbe squassato una galassia intera.
Abbassò gli occhi, un leggero e timido sorriso colorò il viso di Shintou.

«E tu?»

Domanda legittima. Restò assorto per un po'. Guardò il fuoco…la risposta venne da sé.
Parlò il cuore.

«Tu sei tutto quello che non sono. Cioè la mia metà, senza di te non sono intero. Insomma…quando incontri la tua metà sei assolutamente convinto di essere un uomo felice, di essere intero. Però capisci, anche, che non sei niente senza di lei e non puoi tornare indietro a quando eri a metà perché adesso sai cosa significa essere intero. »

E sorrise felice.
E da una tasca comparve qualcosa. Una scatolina di pelle vellutata e nera.
Un click…lenta dischiuse il segreto ivi contenuto.
E di nuovo l’anello nuziale fu davanti agli occhi cobalto della sua Shitsuki.

«Perché ti sposerei ogni volta, per ogni giorno, fino alla fine dei tempi.»

 
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view post Posted on 14/9/2018, 19:52     +1   -1
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Una Shitsuki immusonita continuò a guardare Shintou colpevolizzandolo per le sue parole giuste, dannatamente a segno.

«Oh, ma sei proprio sicuro che non eri tu quello sul palo?» borbottò scontrosamente, a bassa voce. Sapeva che il marito aveva ragione. Lo sapeva, conosceva bene le dinamiche di quel gruppo anche se non lo aveva visto.
Dannati Generali, dannati Shinobi esperti che hanno visto le dinamiche degli umani.

«Quindi... Tu dici che devo iniziare a presentarmi ufficialmente per chi sono davvero? Il problema è...» Sospirò contro il suo petto. «Che potrei farmi degli alleati, ma sicuramente mi farò dei nemici. Miei e del Santuario. Gente che pensa di poter sfruttare il potere di una Figlia di Jashin, come abbiamo già visto... E il Priore ci ha sempre detto di fare attenzione, di mantenere il riserbo.
Lo sai che il Santuario vive in pace perché nessuno sa della sua esistenza, dopotutto. E abbiamo un esercito, ma non voglio doverlo usare. I nostri confratelli meritano la pace che cercano nel nome di Jashin.»


Tutto vero. I Jashinisti erano visti come mostri, cannibali, violenti, ma al Santuario delle Tre Vie la maggior parte dei fedeli come arma impugnava il coltello sacrificale.
Le Lame esistevano per proteggere coloro che avevano scelto la via della pace, o che non potevano difendere loro stessi e i loro cari.

Ma anche loro erano confratelli. Anche loro meritavano pace. E Shintou si mostrò più che d'accordo nel prendersi qualche giorno di riposo solo per loro, una piccola vacanza lontana dal peso delle responsabilità.

«Speravo lo dicessi!»

Molto più serena, ora, Shitsuki aiutò Shintou a preparare il giaciglio e si stese di fianco a lui. La stanchezza fisica bussava alla porta reclamando la sua attenzione, ma voleva ancora godersi quei momenti di intimità e di dolcezza che non sembravano mai bastarle.

E alla domanda più strampalata rispose con la più pura delle ovvietà.
Non si era mai fermata a chiedersi perché si fosse innamorata di Shinta Himura, o avesse scelto di sposare Shintou Agiwara. Era successo, e basta. Un impeto, una forza più grande di lei, e aveva capito che l'eternità la voleva passare con lui.
Fine.

E la cosa bella? Nella loro rispettiva follia, si erano trovati. Ed entrambi pensavano la stessa cosa.
Shintou le mostrò l'anello e Shitsuki si illuminò, sorridendo deliziata.

«Me l'hai rifatto! Grazie... Sembra quasi più bello del primo!»

Il primo, che si era perso nel Buio con sommo dispiacere della ragazza. Tese la mano sinistra, aprendo le dita con un sorriso carico di aspettativa.

«Allora... Ci manca solo da scegliere la meta per questi tre giorni di luna di miele.»

Alla fine, la loro "vera" luna di miele l'avevano passata in missione, a squartare esperimenti scientifici e porre fine alle sofferenze di un ex confratello corrotto dai suoi aguzzini.
Qualche giorno di glucosio se lo meritavano.


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view post Posted on 18/9/2018, 16:08     +1   -1
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Stava bene con Shitsuki.
Anime gemelle? Bah...non aveva mai creduto che due persone fossero perfette per lo stare insieme.
Perché? Perché non esisteva la perfezione e non credeva che due persone fossero destinate a stare insieme. Quel filo rosso del destino che legava indissolubilmente due persone, ovunque esse si trovassero, con chiunque fossero, nonostante tutto e tutti. Troppo semplice.
E se l'anima gemella fosse dall'altra parte del mondo? In che modo trovarla se non si aveva la possibilità di muoversi?
No...non credeva nel filo rosso credeva più che due persone scegliessero di stare insieme, si dessero l'una all'altra e combattessero affinché questo amore resista allo scorrere del tempo, alle burrasche e ai colpi duri e imprevedibili della vita.
L'amore non era il destino era una scelta e una cura.
La scelta di stare insieme e avere la forza di prendersene cura. Difficile non impossibile.
Lui aveva fatto questa scelta. Quell'anello era il pegno di tale impegno. Così come lui aveva il suo ora Shitsuki, di nuovo, aveva il proprio.
Due simboli per un'unica scelta.
E quella scelta più e più volte era stata messa in crisi, messa su quell'altare che la vita richiedeva.
E tra sacrifici, oneri, responsabilità, erano ancora lì.
Un bel traguardo. Il loro rapporto si era cementificato, consolidato, diventato duro come il diamante.
E solo Jashin sapeva quanto tra poco questo rapporto sarebbe stato messo alla prova.
Il triangolo e il Cerchio sarebbero stati chiamati ad una grande responsabilità
e se l'amore fosse stato sincero allora l'intero mondo ne sarebbe stato squassato.
Ma al momento, in quel lasso di tempo, di fronte al fuoco, con la tranquillità e la serenità dei gesti i due vivevano una vita tranquilla.
jashin vegliava su di loro e il Santuario rimaneva avvolto nel suo segreto e tutto procedeva nel migliore dei modi.
I due avevano bisogno di riscoprirsi non come guerriero e simbolo ma solo e semplicemente, come Shitsuki e Shintou.
Semplici ragazzi.
Marito e moglie.

«Mh...fammici pensare...»

Mille vie. Tante possibilità.

«Taki no Kuni...andiamocene al mare! Stiamo lontano da tutti e tutti. Anche più di tre giorni a dire il vero...»

malefico futoneko. Aumentava la posta in gioco con la stessa nonchalance con cui acchiappava i gattoni al santuario.
Stesso identico sorriso furbo e sornione. Stesso sguardo.
Malefico...futoneko e maledettamente malefico. Shintou Agiwara era imprevedibile quando iniziava a strusciarsi e a fare le fusa. Nemmeno Jashin avrebbe saputo dire quali assurdità e demonerie poteva partorire la sua testa.

«Mi serve proprio una vacanza. Un massaggio. Carne a volontà...dormire... bagni caldi e... vederti nuda...»

Il mao e il frrrr furono le avvisaglie che ormai il gatto panzoso aveva preso il sopravvento.
E dire che Shitsuki e gli animali non è che andassero tanto d'accordo. Figuriamoci aver sposato la reincarnazione rediviva di un gattone panzoso, ciccione, pigro e maledettamente paraculo.

 
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view post Posted on 24/9/2018, 15:11     +1   -1
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Taki no Kuni.

«Ci sto. Per la meta... E per tutto il resto» sorrise, godendosi quelle stupide fusa che quello stupido marito le faceva. Esseri immortali, guerrieri mitologici, generale di un'armata invincibile... Ed eccolo lì, a imitare un gatto e a strusciarsi contro il suo collo senza dignità alcuna.
Proprio un feroce samurai infernale.
Proprio.
Lo amava anche per quello.

Il giorno dopo si congedarono da Hikaru e Kazora dando loro serie motivazioni che vennero accolte con uno sguardo ironico e una sottile risata.

«D'accordo, diremo al Santuario che siete stati trattenuti e che arriverete presto.»
«Cercate di far passare i succhiotti per dei lividi, almeno... E di non abbronzarvi troppo.»

Non li avevano ingannati nemmeno per un momento, ma non ce n'era davvero bisogno. Shitsuki sorrise, riconoscente ai suoi fratelli (una di sangue, l'altro di fede) per quel piccolo regalo che stavano facendo alla coppia.

Mandarono quindi avanti Kazora e Hikaru, e loro si diressero verso la Cascata. Sempre più a nord, verso il mare, prendendo strade secondarie ed evitando i maggiori centri abitati, fino a che non trovarono un villaggio che sopravviveva di pesca e di turismo termale e marittimo. In inverno la spiaggia non era adoperata, e visto il periodo non sereno nessuno veniva a fare i bagni terapeutici, quindi la coppia venne accolta con gioia... Anche perché Shitsuki si era trasformata in modo da nascondere le corna e la coda, ma non la falce: voleva rilassarsi, certo, ma non rinunciare completamente a se stessa.

Presero una stanza nel miglior albergo del paese, e prenotarono l'uso della vasca termale esclusivo per tutto il giorno.
Con una bottiglia di sake vicino, e l'acqua calda che le arrivava fino al petto, Shitsuki poté finalmente tirare un lungo sospiro di sollievo.

«Avremmo dovuto farlo molto tempo fa.
Avrei dovuto lasciare Kiri, molto tempo fa.»


Sorrise, indossava solo l'anello -quello nuovo, ancora sfavillante-, e la mano che lo portava si allungò verso la bottiglia per versare il sake nelle coppette di ceramica.

«Cosa pensi di fare, una volta tornato a casa?»



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view post Posted on 7/10/2018, 20:57     +1   -1
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Shintou entrò di soppiatto nell'acqua. Guardingo come solo uno shinobi poteva essere, letale come Ryujin Jakka timido come Shintou Agiwara.
Che, si stava guardando intorno con fare sospetto, mentre si immergeva veloce quanto una lontra, in acqua.
E ci restò anche per un bel po...perchè era timido, perché pensava che qualcuno lo osservasse, perché sua moglie era bona assai perché lui aveva un principio di erezione.
E suvvia! Un minimo di contegno!
Nemmeno l'aveva vista, aveva appena intravisto – sotto il pelo dell'acqua – il capezzolo voglioso e subito il durello infame comparve a sottolineare come fosse catafratto nell'egida della trombata jashinista per eccellenza.
E quale sarebbe stata questa leggendaria trombata jashinista?
Saltargli sulla giugulare come una tigre avrebbe fatto con il cervo.
Avrebbe fatto bollire quell'acqua tanto la sua focosità, il vulcano in lui era in procinto di eruttare.
E non poteva nemmeno dire che poteva spegnere i bollenti spiriti visto che era in un bagno termale.
Che, caso sfortunato, acuiva la sensazione piacevole di voglia sibaritica della di lei vagina.
Quindi?
Non dare spettacolo era il primo punto.
Sincerarsi che non vi fossero segaioli nei dintorni. Il secondo.
Il terzo esplorare il campo di battaglia per trovare la posizione migliore di spinta.
Il quarto osservare le mosse di Shitsuki e coglierla impreparata.
Quinto attaccare forte.
Sesto. Tentare di non concludere prima.
Caso raro. Ma non impossibile. Certo che avere quei pensieri non era il massimo. Oddio...di massimo già c'era – e qualcuno si starebbe anche chiedendo come diamine faceva un uomo senza un cuore a pompare sangue - ma era risaputo che sforzare più del dovuto poi i muscoli si strappavano.
E lui già stava tirando forte più che mai.
Stranamente l'acqua intorno a lui era ancora più calda.
Bolliva finanche.
Quindi come fare?
Soluzione: pensare a qualcosa di brutto.
Ma brutto brutto. Un uomo nudo!
No...meglio di no. Era pur sempre virile codesti pensieri doveva lasciargli ad altri tipi un po' più variopinti.
Quindi...no uomini nudi.
Uomini vestiti?
Ma ancora uomini?! Allora alle donne!
No...peggio. Poi se gli fossero venute in mente Chigawa o Kazora addio.
Fonte termale si trasformava in geyser. Cinquanta feriti.
Trenta donne incinta.
Gli addetti ai lavori si domandano in che modo il geyser avesse iniziato tale attività e come si fosse creato. Eh...ditelo a Shintou che guardava Shitsuki come la samehada guardava un pezzo di chakra.
Quindi? Soluzioni possibili?
Eh..però pure lei e santo Jashin redivivo nei cieli infernali! Si fermasse a scuotere il deretano.
E mannaggia tutto il pantheon infernale con i Demiurghi in primis!
Ed eccola la soluzione!
Parlare. Parlare e parlare.
Attività così cara alle donne.
Poi si domandavano perché gli uomini amassero così tanto il sesso orale.
Perché, finalmente, potevano avere cinque minuti di silenzio in casa!

Fece emergere sola la testa.
Shintou parlare. Solo questo. Calmare i bollenti spiriti. Anzi raffredargli. Pensare al ghiaccio.
Ecco...ghiaccio sui testicoli. Faceva male...no...peggio. Gli jashinisti si segavano col dolore.
Cazzo di sfiga...


«Non lo so...»

Oh si che lo sapeva. Trombare per 72 ore continuative.

«Forse farò delle ricerche sulla mia malattia...»

No sul Punto G e come farla eruttare a mò di geyser.

«Ma in ogni caso credo che cercherò indizi sul Primo Triangolo...»

E ora era serio. E abbassò gli occhi...

 
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view post Posted on 11/10/2018, 13:01     +1   -1
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Avevano praticamente tutto l'hotel solo per loro. Avevano fondi a sufficienza da godersi la migliore delle vacanze, e rilassarsi per tre giorni in quel posto dimenticato da tutti.
Non voleva pensare ai nemici, ai doveri, solo stare tranquilla e lasciarsi coccolare dall'acqua calda. Era talmente rilassata che avrebbe potuto anche addormentarsi lì, complice forse quel bicchierino di saké che si era già fatta. O forse erano due. Più probabile due.

In teoria anche Shintou avrebbe dovuto sentirsi così, erano i piani di entrambi.
Allora perché lo vedeva così maledettamente teso?

Notava come se ne stesse fermo immobile, a distanza di sicurezza quasi avesse timore di lei. Com'era possibile?
Tra lei e Shintou era sempre esistita la regola della sincerità, nelle reciproche intenzioni. "A cosa pensi?" "Niente" non era una conversazione che era mai avvenuta tra di loro.
Però lo sguardo sbarrato del marito la faceva preoccupare. Percepiva qualcosa? Un pericolo? Stava dissimulando per non far capire a un nemico che lo aveva individuato?

Shitsuki si staccò lievemente dalla parete rocciosa della vasca, raddrizzando la schiena. L'acqua era scura, i minerali contenuti in essa le regalavano un colorito bruno e un odore pungente, ma non sgradevole.
Se Shintou stava parlando, tanto valeva parlare a sua volta... O almeno cercare di capire cosa non andasse.

«Il Primo Triangolo? En-Tarah-Ana?»

L'argomento era di suo piuttosto sorprendente. Non tutti sapevano dell'antica storia delle origini del Jashinismo come lo conosceva il Santuario. Shitsuki ovviamente aveva studiato, lei e Sue avevano interrogato il Priore e spulciato antichi volumi e diari, ma anche così erano arrivate a poche e scarne conclusioni.

«Suppongo che ti convenga chiedere direttamente al Nano. È l'unico che lo ha conosciuto e che è ancora vivo... E desideroso di parlarne, probabilmente. Il Priore si è sempre fermamente rifiutato di approfondire l'argomento...»

Perché abbassava gli occhi? Cosa c'era che non andava?
Shitsuki li abbassò a sua volta, cercando di capire se c'era qualcosa nell'acqua. Intravedeva il corpo di Shintou, ma non nei dettagli; si avvicinò.

«Però... Ti vedo teso.»

E non sapeva quanto. Lei era tranquilla e placida, lui un fascio di nervi. E non le veniva in mente cosa potesse provocare questa differenza.
Intendiamoci: trovava suo marito estremamente attraente e aveva un appetito sessuale sano e vorace. Solo che quella era una situazione che invitava alla calma, e avrebbero avuto tre giorni per divorarsi l'un l'altra... Perché affrettare i tempi?

Forse, in una cosa, la coppia Agiwara era simile a tante altre.
La mefistofelica voglia che prende almeno uno degli sposi durante la luna di miele.

«Va tutto bene?» chiese a bassa voce, seria in volto, tenendo anche lei i sensi all'erta qualora un potenziale assalitore cercasse di approfittare di quel momento per attaccarli. La sua falce era appoggiata appena fuori dalla vasca, all'asciutto, ma Shitsuki sapeva essere letale anche a mani nude.
Alla peggio, avrebbe trafitto a suon di cornate chiunque fosse giunto a rovinarle la vacanza.

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view post Posted on 11/10/2018, 20:33     +1   -1
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Scattò a baciarla proprio in quell'istante.
Ma non fu un bacio carnale fu... dolce.
Shintou era strano. Troppo.
Nel modo di vestire, nei suoi atteggiamenti, nel modo di combattere che ormai poco aveva a che fare con quello di un samurai. E così era nei rapporti.
Silenzioso il più delle volte, ascoltatore, spettatore più che protagonista, restava sempre in disparte.
Un lupo avrebbero detto molti.
E di fatti era così. Shintou era un lupo che considerava il Santuario il suo branco.
Era scrupoloso e attento a tutti. Pronto a prestare orecchio, mano – finanche soldi – se qualcuno avesse avuto bisogno.
E poi c'era Shitsuki.
Chissà che fine avrebbe fatto senza di lei.
A volte ci pensava. Forse Shinta Himura in questo momento avrebbe preso il posto di Giichi e traghettato Kumo in quella filosofia di sutra e acciaio tanto cara a Giichi Ishiyaki.
La morte ormai era prossima e quella morte onorevole tanto agognata sarebbe presto giunta.
Una vita spesa per uno scopo.
Ma avrebbe perso molto. Non avrebbe vissuto appieno come invece faceva Shintou Agiwara.
Anche per questo Shitsuki era uno dei pilastri su cui si basava l'immortalità di Shintou.
E il poter ridere e scherzare con lei, poterla prendere in giro – perché per lui sarebbe sempre rimasta Shi chan con o senza corna – era prezioso.
Quindi baciò la cosa più preziosa che aveva su questa Terra e gli schizzò un po' d'acqua in viso.
Schioccando la lingua sul palato e facendogli un occhiolino sardonico.

«Ora va meglio!»

Malefico come solo un futoneko poteva essere.
Ma la controffensiva di Shi chan sarebbe stata repentina. La sua rappresaglia immediata.
Era il momento del gioco...




Shintou era esausto. Shitsuki era sopra di lui e gli puntava la falce alla gola.

«Va bene! Va bene! Va bene...hai vinto! Ma porcaccia la miseria quando sei diventata così brava con la falce?!»

Aveva il fiato grosso. Stanco ed esausto. Shitsuki aveva vinto.
E Shintou rideva. Rideva che gli addominali facevano male. Una risata cristallina.

«Non dire a nessuno che mi hai battuto però. Perché sennò mi ritroverò tutti alla porta pronti a sfidarmi! »

Il non prendersi mai sul serio.

 
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view post Posted on 16/10/2018, 17:26     +1   -1
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Artificial Flower's Lullaby

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Vai te a capire cosa passava nella testa di quel pazzo di suo marito... Un secondo prima era tutto teso e nervoso, l'istante dopo la baciava sogghignando malefico.
Ma se erano le emozioni e l'acqua calda che cercava, Shitsuki era pronta a dargli pane, companatico, e pure da bere per i suoi denti.
Anche perché, ora che le era vicino, poteva capire molto meglio quale fosse il centro della tensione di prima...

«Ora? Vediamo se possiamo farla andare ancora meglio...»


Con un pollice a mezzo centimetro dal suo occhio e la falce contro la sua gola, Shitsuki fissava Shintou dall'altro con un sorriso compiaciuto.
L'acqua, da marrone, si era tinta di sfumature rosse e rosate. Un colore perfetto per i due benedetti di Jashin, che avevano inzaccherato il bagno esterno senza farsi problemi di alcuna sorta.
Perché avrebbero dovuto, dopotutto? Si stavano divertendo!
E vedere Shintou ridere così era sempre qualcosa di bellissimo.

«Da quando sei tu ad allenarmi... Maestro.»

In effetti era migliorata molto da quando aveva iniziato a praticare lo Shinemi Ryuu. Aveva ancora secoli di strada da fare, ma la stava facendo, e questo si traduceva in un utilizzo più preciso ed efficace della falce, ma anche dell'intero corpo.

«E ammettilo, ti piacerebbe che venissero a sfidarti... Inoltre non sarebbe male avere alla porta qualcuno di diverso da Kuma che cerca di portarti a bere!» Caro vecchio orso dedito agli eccessi. C'era chi diceva che aveva sacrificato il fegato a Jashin, tanto non gli sarebbe comunque più servito.

«Comunque tranquillo, non lo dirò a nessuno...»

Sogghignò, togliendo la falce dalla gola del marito e appoggiandola di lato, vicino alla vasca.

«Però intendo reclamare il mio premio.»

Si tuffò sulle sue labbra come il cormorano si lancia negli abissi, sfidando le onde e le correnti per recuperare la perla più preziosa.
Avrebbe affrontato qualsiasi uomo, donna, mostro o divinità per lui. Attraversato ogni deserto, scalato ogni montagna.
E mentre le ruote del destino si muovevano spostando i tasselli del loro futuro, gli Agiwara si godettero quel lungo, intenso bagno.
Inconsapevoli, ancora, che presto la sorte li avrebbe separati per metterli nuovamente alla prova.

koZxxIh


 
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