Sotto uno strato di polvere, Kyōmei Yūzora - Sessione Autogestita #7

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view post Posted on 31/8/2018, 15:39
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|| Continua da qui ||

Le ginocchia facevano male a quel contatto. Il suolo secco su cui campeggiavano quella miriade di sassolini appuntiti, era peggio delle stoppie con cui il suo culo canino era venuto a contatto in quella prima D fuori casa. Si piantavano nelle carni anche attraverso la stoffa dei pantaloni e lì rimanevano, quasi appiccicati nella loro nuova comoda sede, aggiungendosi agli altri che il prossimo passo sarebbe andato ad aggiungere.
Passò vicino a Kenmaki. Ancora aperto come lo aveva lasciato quando aveva tentato invano di difendersi da quei serpenti spettrali. Poggiato lì, con le lamine coperte da uno strato di polvere farinosa e marroncina che andava ad opacizzarne la superficie altrimenti rossa. Lo osservò un po’, combattuto dal desiderio di sentire il peso rassicurante dell’arma sulla schiena e dal razionale pensiero che, in quel momento, non aveva bisogno né dell’ombrello, né di qualcosa che potesse rallentarlo ulteriormente. Alla fine lo lasciò dove stava, ripromettendosi di riappropriarsene in un secondo momento, non appena si fosse messo in moto seriamente. Il suo corpo era ancora debole. Probabilmente stava recuperando il chakra un po’ per volta, andando a ristabilire il suo fisico e, non di meno, la sua chiarezza mentale. Non era un procedimento lampo, ci voleva un po’, ma non per questo era legittimato a starsene con le mani in mano.
Per fortuna il primo corpo non era troppo distante, anzi, era piuttosto vicino a lui, proteso nella sua direzione a pancia in giù. Yu non lo aveva riconosciuto in un primo momento. La polvere falsava il colore di capelli e vesti senza contare che lui era ancora mezzo rincoglionito. A pensarci in un secondo momento si sarebbe dato del deficiente: era ovvio chi fosse, no? Chi c’era accanto a lui nel momento in cui quella statua aveva sputato quei fantasmi di morte? Chi aveva cercato invano di allontanare da una fine certa? Eppure gli ci volle avvicinarsi completamente, inginocchiarsi al suo capezzale e girarlo con una certa attenzione perché il Rosso riconoscesse uno dei compagni che aveva affrontato con lui quell’atroce odissea, tra tutti quello che più gli era stato vicino.


Takumi! Il viso pallido del ragazzo era inespressivo, stranamente rilassato…ma era talmente immobile, talmente congelato in quell’apparente serenità da mettere i brividi. Oi, Takumi! Takumi, sveglia!

Un paio di colpi sulla guancia a mano aperta, ancora prima di sincerarsi che l’amico fosse effettivamente vivo, mentre l’ansia saliva attimo dopo attimo, ma il castano non reagiva. Però era caldo, il suo viso emetteva calore e non era di certo per quegli schiaffetti che Yu gli aveva dato. Poggiò le dita sul collo per verificarne il battito, più per sicurezza che per altro, trovandolo e avvertendolo più veloce di quanto avrebbe dovuto essere per una persona addormentata a quel modo. Gli passò per l’anticamera del cervello che si stesse prendendo gioco di lui, che gli stesse tirando uno dei suoi brutti tiri per poi approfittarne e prenderlo in giro a vita, mutando l’ansia in irritazione. Era più facile pensarla così, in fin dei conti. Faceva meno paura, e non apriva quel terribile ventaglio di possibilità che, in quei primi istanti, il Rosso tenne ben chiuso.

Smettila di scherzare! Non è divertente!

Lo afferrò per le spalle, alzandolo e dandogli una sonora scrollata, ma non vi fu alcuna reazione. Il capo di Takumi ricadde in avanti a peso morto, in un modo talmente perfetto che sarebbe stato difficile da replicare fingendo. Il che significava che il castano non lo stava prendendo in giro, ma stava male sul serio! Ma anche se fosse stato, perché non apriva gli occhi? Con gli scrolloni che gli aveva dato si sarebbe svegliato pure un orso in letargo, eppure lui no. Era come se non fosse lì. Come se fosse rimasto da qualche parte in quel dedalo di tormento che avevano vissuto. E Yu si sentì improvvisamente impotente. Lo chiamò ancora, ancora e ancora, pizzicandolo, schiaffeggiandolo, facendo qualsiasi cosa fastidiosa gli venisse in mente per tentare di riportare la sua coscienza lì, ma non lo sentiva. La preoccupazione iniziò a farsi prepotente, come una serpe gli si attorcigliò nelle viscere stringendo talmente forte da togliergli il fiato. Non voleva che anche lui se ne andasse, non voleva che succedesse di nuovo! Non dopo tutto quello che avevano passato. Se lo meritavano un finale decente! Eppure lui non poteva fare nulla, non ne aveva le capacità. Non era un medico e con le sole nozioni di pronto soccorso era riuscito a capire semplicemente che il castano non aveva danni fisici rilevanti da giustificare quello stato. Si sentì chiudere la gola in un groppo stretto. Inadeguato a quella situazione e impossibilitato a fare alcunchè per una delle persone a cui più teneva…pff, quanto era ridicolo. L’ira contro sé stesso era probabilmente pari alla sua preoccupazione per l’amico. Strinse i denti tra loro fino a sentirli scricchiolare, mentre la mano destra artigliava il terriccio secco per poi schiantarsi a terra in un pugno, gli occhi stretti stretti nel chiaro intento di non permettersi minimamente di piangere.

Kuso! Cosa posso fare..?

Fu in quel momento che agli orecchi di Yu giunse una voce familiare. Alzò la testa alla ricerca della fonte e la trovò poco più in là, accucciata nei pressi di qualcuno di cui al Rosso non fregava un’emerita ceppa. Il chakra medico verde che baluginava nascosto dalla sagoma della ragazzina, fu il bagliore di speranza che diede risposta alle angosce del Chunin.

Urako… deglutì, prendendo più fiato e strappando quel groppo che chiudeva gola e stomaco. Ehi, Urako!

Lui forse non poteva aiutare Takumi, ma la moretta sì. Lei era un medico e, con tutta probabilità, aveva aiutato anche lui giusto poco prima. Non ci volle molto perché si precipitasse lì, pensando che fosse Yu ad avere bisogno d’aiuto, ma seguendo lo sguardo teso e preoccupato dell’amico riuscì ben presto ad individuare la reale causa di quella chiamata. Sembrò sorpresa nel vederlo, come non si aspettasse altri Shinobi di Kiri nelle vicinanze, salvo poi crucciarsi per qualcosa…tanto che il Rosso in un primo momento sperò che avesse già notato qualcosa che a lui era sfuggito. Ma non fu così. Urako voleva solamente certezza del fatto che quel giovane fosse effettivamente quello che, con loro, aveva subito quel calvario. Yu la guardò stranito un secondo, spiazzato dalla domanda, mentre, silenziosamente, la conferma che quella tetra esperienza non fosse stata affatto un sogno avveniva nel più semplice e diretto dei modi.

Sì, era con noi… Rispose dopo un attimo, abbassando gli occhi corrucciati sul viso immobile del castano E’ sempre stato con me.

Si tirò indietro dicendo quelle parole, lasciando lo spazio ad Urako per poter lavorare, limitandosi ad osservare, teso come una corda di erhu e pronto a rispondere ad ogni domanda di cui l’amica abbisognava durante l’anamnesi. A Yu i medici non piacevano, non piacevano proprio, ne aveva una paura folle e irrazionale tanto da rendere l’ospedale il posto peggiore del mondo ai suoi occhi. Ma aveva conosciuto Urako prima che si specializzasse nell’arte medica, era una sua compagna e questo annullava completamente il suo terrore da iatrofobico. Se al suo posto ci fosse stato qualcun altro…un dottore a caso, non sapeva se avrebbe mai trovato il coraggio di chiedere aiuto per Takumi. Forse sì, spinto dall’esigenza. Ma di sicuro avrebbe provato molta più ansia di ora nel vederlo armeggiare sull’amico. Restava comunque teso e, mano a mano che l’analisi della situazione del castano procedeva, la situazione non migliorava. Sbarrò gli occhi quando Urako gli disse che aveva la febbre alta e rispose alla seguente domanda sul suo nome quasi distrattamente, biascicando un Harada, Harada Takumi stentato mentre continuava ad osservare quel viso pallido come la morte.
Urako iniziò a chiamare il più grande, come aveva fatto il Rosso poco prima, inutilmente. Takumi non rispondeva ad alcuno stimolo, a detta della moretta, proprio come lo stesso Yu. Nemmeno lui dava segni di vita prima di svegliarsi. Era evidente, invece, che Urako non avesse avuto problemi a riprendere i sensi. Cosa avesse trattenuto Yūzora era abbastanza chiaro…quanto meno a lui. Nessun brutto contraccolpo di quell’odissea, contrariamente a come ipotizzava la moretta, semplicemente una grossa volpe incazzata. Però Takumi, allora? Perché anche lui accusava gli stessi sintomi? Urako provò di tutto. Lo chiamò, lo strattonò, lo chiamò ancora, ma il loro compagno non tornava, tanto che alla fine annunciò che avrebbe provato con quella che Yu pensò fosse una tecnica, tenendo a specificare che con lui aveva funzionato. Era come se si giustificasse e il Rosso non ne comprendeva il motivo in quel momento. Troppo preoccupato anche solo per aprire bocca, annuì a denti stretti, assentendo a quanto detto dall’amica e la osservò praticare la sua arte. La vide appoggiare le mani cariche di un chakra verde sul torace di Takumi e…

Nulla, dovevano aspettare.

Sembrava che anche Yu non avesse aperto gli occhi immediatamente dopo quel trattamento, il che dava qualche speranza anche al castano visto che non sembrava dell’idea di svegliarsi molto presto. Fu l’istinto a portare Yu ad afferrare la mano del più grande. Gelida. Ma voleva assicurarsi di sentire anche il minimo spasmo, il primissimo segnale di ripresa. Strinse.


Dai Takumi, avanti! Guai a te se ti azzardi a lasciarci le penne! Hai promesso.

Tra la preghiera e la minaccia, le parole di Yu uscirono basse e sibilate nel silenzio teso di quei lunghi istanti. Gli occhi fissi sul viso del castano, come a tentare di captarne la minima variazione che potesse preannunciarne il risveglio, senza nemmeno battere ciglio nella paura di perdere un dettaglio importante. E se in un primo momento quel viso piacevole sembrò non dare alcun segno…poi eccoli, uno dietro l’altro. Una smorfia della bocca, gli occhi si strinsero, la mano si contrasse sulla sua, il respiro riprese regolare e con esso anche Yu ricominciò a respirare. Le palpebre del castano si alzarono lentamente, lasciando intravedere le iridi verdi e tutta la tensione accumulata dal Rosso volò via nell’incrociarle e nel rivedere in esse la luce della vita. Quasi un soffio fresco su una ferita appena fatta, tanto che il suo viso non riuscì proprio a nascondere il sollievo nell’avvicinarsi a lui, mentre Urako armeggiava con una borraccia e gli diceva come procedere per assicurarsi che fosse davvero tutto a posto, ma già il fatto che Takumi parlasse e tentasse di rimettersi seduto da solo era un buon segno agli occhi del Rosso, che lo aiutò in quell’operazione onde evitare che si strozzasse con l’acqua.

D’accordo, farò così. Rispose alle indicazioni della moretta per la febbre. E grazie davvero, anche per quello che hai fatto per me. Sei un bravo medico Urako, credo di doverti un grosso favore. Annuì quindi, anche secondo lui presto o tardi i superiori si sarebbero messi in moto per riorganizzarsi, era solo questione di tempo. Sicuramente a breve inizieranno a muoversi.

Salutò la compagna prima che si allontanasse rapidamente tra i fuochi di campo, grato come non mai per il suo intervento, tanto da sentirsi realmente fortunato ad averla come amica. Ma non era il momento per quelle smancerie adesso! C’era un Takumi mezzo intontito da rimettere in sesto e, non di meno, doveva verificare che effettivamente stesse bene. Per quanto stesse dando dei buoni segni di ripresa, tutto sarebbe rimasto in forse finchè non avesse fatto quelle tre domande di rito per verificare che in quella testaccia funzionasse tutto correttamente. Quindi ok, era più tranquillo adesso che lo vedeva lì con gli occhi aperti e quasi del tutto vigili, ma non troppo. Non fino a quando non si fosse sincerato delle sue condizioni mentali. Lo assistì mentre si scolava a ciuccio l’intera borraccia che Urako gli aveva messo tra le mani. Come un assetato nel deserto non ne risparmiò una sola goccia, mentre Yu lo aiutava a stare seduto e a evitare che si inciuccasse vista la foga con cui si era messo a bere. Attese giusto che avesse finito e che avesse deglutito per bene, osservando il gozzo fare su e giù sul suo collo, prima di costringerlo a stendersi nuovamente. Lo spinse per le spalle, fino ad arrivare a terra e al primo cenno di protesta non si fece attendere a dare un’adeguata spiegazione.

Non ti agitare troppo o la temperatura non scenderà. Già, quella febbre era davvero insolita…lui non l’aveva presentata, nonostante avesse avuto ugualmente problemi nel riprendere i sensi. Se vuoi dell’altra acqua, basta che me lo dici e riempio la borraccia.

Dicendo questo prese la fiaschetta dalle mani del castano, rimettendole il tappo e poggiandola a lato della testa del compagno. Poi, come consigliato da Urako, il Rosso si premurò di adoperarsi per far scendere la febbre di Takumi a livelli accettabili. Si levò il guanto della mano destra, andando a srotolare un tratto della benda di contenimento che gli avvolgeva l’avambraccio. Quindi la tagliò con un kunai e, dopo aver reindossato il tesoro dell’eremo, la piegò così da ridurla ad una misura simile ad un fazzoletto, utile da appoggiare sulla fronte dell’amico. Prima di farlo, richiamò un po’ di chakra di tipo Suiton con il quale bagnò la benda, e solo quando fu bella umida la sistemò sulla pelle di Takumi che, non appena avvertì quella frescura, mugugnò piacevolmente facendo sorridere il Rosso. Certo…in quel frangente qualcuno come Kai che era in grado di controllare il ghiaccio, da bravo Yuki, sarebbe stato dannatamente più utile di lui, però anche l’acqua andava bene, bastava continuare a rigenerarla in modo che la fascia non si scaldasse e diventasse solo fastidiosa. Per fare questo Yu tenne la mano sulla benda, procedendo sistematicamente a ricambiare l’acqua con cui l’aveva bagnata, levandola solo per un breve istante quando Takumi espresse il desiderio di una bella doccia fresca. Beh…si poteva fare no? Compose rapido i sigilli e presto una pioggerella fine e lieve iniziò a scendere sui due Shinobi dando ulteriore sollievo al corpo debilitato da quell’anomalo calore di Takumi. Non era un problema che si inzuppassero come pulcini, all’evenienza il Rosso avrebbe tranquillamente potuto asciugarli levando l’umidità di troppo…ma per ora non serviva. Per ora era meglio che il castano si beasse un po’ di quella frescura. E Yu? Beh non aveva importanza. Ciò che davvero era importante era che Takumi si rimettesse presto. Quanto meno per il più piccolo. In realtà il suo compagno non era della medesima opinione, tant’è che se ne uscì con un Tu…stai bene? del tutto inaspettato che lasciò Yu un momento interdetto. Quello scemo era ridotto a uno straccio e ancora si preoccupava di lui, ma si poteva essere più Baka? Quanto meno quella domanda sembrava dimostrare il fatto che di lui si ricordasse, quindi forse i danni cerebrali menzionati da Urako non sussistevano. Ma serviva la controprova.

Meglio di te. Rispose con un sorriso appena accennato che però non riusciva a nascondere né la preoccupazione, né la tensione che Yu stava provando in quel momento. Ascolta, devo farti qualche domanda, te la senti di rispondere? Fortunatamente dopo un attimo di…sorpresa? Sì, qualcosa di simile, beh, dopo quell’istante Takumi annuì col capo andando a fare del sarcasmo per alleggerire l’atmosfera. Ma il sorrisetto sardonico che fece non era accentuato come suo solito. Sai dirmi come ti chiami, che giorno è oggi e qual è l’ultima cosa che ricordi? Lo sapeva che per qualcuno che stava bene erano domande sciocche, e sentirsi fare la parte del medico, in qualche modo, gli faceva venire i brividi, tuttavia era necessario. E grazie ai Kami il castano non fece troppe storie se non prendere un lungo sospiro prima di rispondere.

Harada Takumi, ventun'anni, nato nel Novembre dell'anno del serpente. Oggi dovrebbe essere il 20 Gennaio 249 DN, sempre che non sia rimasto in questo stato catatonico per più tempo. Tentennò un po’ a questo punto, come se stesse riordinando le idee prima di continuare. Scampato per un pelo alla brace e tornato nella padella, con tanti saluti da parte di un demone volpe a nove code…più o meno… Non lo guardò mai in viso mentre rispondeva, ma fissò lo sguardo in un punto imprecisato di fronte a lui, verso l’alto, solamente una volta terminato si svoltò verso Yu con quel suo sorrisetto un po’ appannato dalla fatica. Passato l’esame?

E sì, per fortuna sì, lo aveva passato a pieni voti. Per Yu fu come se finalmente si fosse tolto un grosso peso dal petto, come quelle notti in cui è difficile dormire perché l’ansia schiaccia sul torace peggio di un cinghiale bello massiccio. Takumi stava bene. Non aveva riportato danni neurologici, e aveva cianciato anche di più di quanto gli avesse richiesto - Yu proprio non sapeva che fosse dell’anno del Serpente, e chi se lo immaginava? - con quel suo solito fare ironico e graffiante, dimostrando pienamente di essere quanto meno padrone di sé stesso e di tutto ciò che era stato fino a prima di quella rocambolesca avventura da incubo. Il Rosso si rilassò, i muscoli si smollarono, i nervi pure, e un lungo sospiro di sollievo assieme a un sorriso decisamente più tranquillo di prima accompagnarono le sue prossime parole.

Dieci e lode. Gli fece, salvo poi dargli un colpo sulla spalla direttamente con le nocche del pugno. Mi hai fatto prendere un colpo, sai? Proprio adesso che ne siamo usciti!

Perché sì, quello non era stato un sogno. Nulla di quanto avevano vissuto lo era stato. Né il tempio, né quella che Kurama aveva chiamato Ōmikami, né Kurama stesso e tanto meno il dolore provato. Niente era frutto di una strana forma di immaginazione collettiva. Loro erano veramente lì a bruciare su quei pilastri, a lottare per la propria vita, a cercare di arrivare a capo di una situazione millenaria che, apparentemente, sembrava senza vie d’uscita. E lui…lui veramente aveva incontrato il Kyūbi in quello strano posto al di fuori dell’esistenza e, probabilmente, non erano falsità quelle che la Volpe gli aveva detto. Il demone era davvero dentro di lui, anche in quel momento stesso. E non sapeva come approcciarsi alla cosa. Non sapeva se avrebbe dovuto parlarne con qualcuno, non sapeva se avrebbe dovuto denunciarsi immediatamente alle autorità o se fosse meglio aspettare, quanto meno, di essere rientrati a Kiri. Non sapeva niente e la cosa lo spaventava… Non gli andava di finire in gabbia, non voleva essere imprigionato di nuovo, non voleva provare ancora quella sensazione.
Ma, forse, non era quello il momento di farsi quelle stupide pippe mentali. Ci avrebbe pensato a tempo debito, ora…erano altre le priorità. Fece una pernacchia a Takumi quando alluse al fatto che pure lui si era preso un bello spavento quando i serpenti spettrali erano usciti dalla statua e aveva visto Yu crollare a peso morto di fronte ai suoi occhi, ma in quel momento non riusciva ad arrabbiarsi seriamente col più grande. Sia perché era davvero contento di vederlo riprendersi attimo dopo attimo, sia perché lui stesso non aveva ancora recuperato tutto il chakra, sebbene in gran parte sì.


Vuoi ancora un po’ d’acqua?

Chiese quando l’amico si tirò su a sedere e lui fu costretto a togliere la mano sulla benda per un intrico di braccia causato dal castano che andò a passarsi la frescura di quello straccetto sul collo, ma lui rifiutò dicendo che stava meglio, tant’è che il Rosso annullò anche la pioggerella prima che il compagno si buscasse un raffreddore vero e proprio. Lo vide diventare pensieroso qualche attimo più tardi, prima di uscirsene con un commento su quell’odissea di tormento che avevano passato. Già. Era stato un vero inferno per loro…Però ne erano usciti e questo era l’importante. Non voleva proprio che Takumi stesse a rimuginarci su, non in quella maniera seriosa e drammatica.

Adesso, quando torneremo a casa, mi ci dovrai portare davvero in quel posto che dicevi. Fece, stiracchiando le membra e mettendosi seduto con una gamba distesa e una piegata, riferendosi alle ultime parole che l’amico gli aveva rivolto prima di legarsi forzatamente ai pilastri nel tempio oscuro, come ordinato dal Mizukage. Spero non sia un ristorante specializzato in carne alla griglia...

Perché davvero, pensava che avrebbe bandito la carne per un bel po’ da casa sua. Si poteva vivere anche con verdure, legumi e pesce in fin dei conti, no? Sì. E per fortuna il castano era della stessa opinione. Iniziò a rispondere però in una maniera strana, quasi atteggiandosi mentre si riavviava i capelli bagnati e, nonostante avesse concluso prendendolo in giro, Yu ci mise un po’ a rispondere, catturato ed inquietato da quella che lui definì un’illusione ottica, magari causata da qualche bizzarro riflesso di luce. Insomma…non era possibile che avesse visto un occhio di Takumi di un colore diverso giusto? Era giallo. G i a l l o. E dopo qualche istante, tempo di un battito di ciglia, era tornato normale. Quindi doveva essersi sicuramente sbagliato…no? Non poteva essere altrimenti. Per sicurezza o per istinto, però, si strofino gli occhi col polso pulito - mica era così scemo da usare le mani ancora sporche di terriccio secco - controllando ancora una volta, prima di bollare definitivamente quella strana visione come un proprio lapsus, deridendosi mentalmente.

Dici? Fece quindi iniziando a rispondere alle insinuazioni del castano circa il fatto che fosse troppo curioso, senza guardarlo in faccia. Gli occhi chiari del Rosso puntavano il cielo. L’ultima volta che mi hai portato “in un posto”, era un bel posto. E poi penso sia meglio così, piuttosto che essere morti dentro. Solo allora si girò di scatto verso Takumi, in viso un’occhiataccia delle sue e un broncio che non sarebbe durato molto a lungo. E non mi chiamare ragazzino! O la prossima volta che ti trovo steso a terra passo oltre!

Possibile che tutti lo chiamassero o “moccioso” o “ragazzino”? Sia volpi che persone, cazzo, era irritante questa cosa. Almeno tanto quanto quella sensazione di dejà vu - aveva l’impressione di aver già sbraitato contro Takumi una cosa del genere - e la risata a piena pancia del compagno. No…quella era una bugia. Sentire l’amico ridere delle sue reazioni in quella maniera adesso era quasi piacevole. Gli dava una sensazione di normale routine, forse solo una mera illusione visto cosa, o meglio chi, stava portandosi dietro, tuttavia non era un disturbo abbastanza profondo da sradicare il sollievo di sentirlo finalmente ridere. Sì, sentirlo, perché si era girato fintamente incazzato dalla parte opposta, ma in realtà non riusciva a tenere il muso. Gli scappò un sorriso che si accentuò vagamente nostalgico a quel No. Non lo faresti di Takumi. Non era il primo a dirgli una cosa simile. Anche Kai gli aveva risposto così un giorno che il Rosso lo minacciò di non andare a recuperarlo se fosse stramazzato per le strade di Kiri visto che pretendeva di andare in missione con la febbre alta. Non sapeva se essere felice o meno di quel genere di giudizi. Insomma non era per nulla simpatico dare per scontato che lui corresse ovunque e smuovesse mari e monti per salvarli, no? Per quanto potesse essere vero.

Anche Kai e Shizuka saranno qui da qualche parte…

Ma non ebbe neanche modo di riuscire a preoccuparsi seriamente, distratto dal tocco del castano sulla guancia che lo convinse definitivamente a voltarsi verso di lui. Che c’era? Che avesse ancora la faccia sporca di terriccio? Lo stava anche guardando in maniera insolita, talmente intensamente da spingere davvero Yu a chiedere spiegazioni, ma non appena tentò di aprire bocca, si sentì stringere in una presa improvvisa e poderosa. Una abbraccio un tantino irruento ma dal quale non si sarebbe liberato contando sulla propria forza nemmeno tra un milione di anni. L’odore del compagno d’armi era facilmente riconoscibile, ormai non si sarebbe scordato l’odore di nessuno di quelli che con lui avevano affrontato quel percorso incasinato e angosciante all’interno della statua.

Ma che..? Mitsuaki? Tempo di capire che era lui e se n’era già andato, trottando ai prossimi malcapitati da stritolare. Yu seguì la sua sagoma perplesso, prima di scoppiare a ridere. Quello è matto come una cavallo, eh?

Forse. O forse era dannatamente umano, anche se Takumi riteneva fosse più una piovra. In ogni caso, ci volle poco perché dopo lo Spadaccino arrivasse un ufficiale. Valutate rapidamente le loro condizioni, consigliò a Yu di accompagnare il proprio compagno al campo medico che era stato allestito e di mettersi a disposizione per aiutare a recuperare il resto dei loro commilitoni ancora dispersi in giro. Per quanto al Rosso l’idea di andare in un posto pieno di medici non facesse per nulla impazzire, comprendeva chiaramente che non ci fosse altro da fare per aiutare Takumi a riprendersi completamente. Urako e lui avevano fatto quello che era in loro potere, il resto stava in mano a chi la sapeva più lunga di loro.
Fu così che tra i borbottii di disapprovazione del castano, Yu, recuperata la borraccia della moretta e Kenmaki, portò il più grande nel luogo designato, attraversando i fuochi da campo che erano stati accesi e…la disperazione che aleggiava ovunque. Corpi su corpi e lamenti che si alzavano in un macabro canto furono gli unici compagni di quella triste traversata. Fortunatamente il campo non era distante e sebbene brulicasse di medici con la mascherina e intrisi di quell’odore schifoso che si portavano dietro, il Rosso fu parzialmente sollevato di affidare a loro il compagno. Che stesse bene era appurato, ormai, aveva solo bisogno di riposo e quello era il posto più adatto. Dei medici sconosciuti continuava irrazionalmente a diffidare, ma non ebbe neanche il tempo di stare lì a rimuginarci su troppo prima che proprio uno dei suoi odiati nemici naturali gli schiaffasse addosso una mascherina, dei guanti e una cartella con una lista.


Tu sembri in forma. Vieni con me, ho bisogno di una mano.

L’uomo ben più alto di lui, aveva lunghi capelli neri legati in una coda bassa e l’unica parte non nascosta del suo viso erano gli occhi azzurri. Non chiari come quelli di Kai, eppure dannatamente più freddi, distaccati. Immaginò che per essere un medico servisse quel genere di corazza, soprattutto in momenti come quello che stavano vivendo in quel frangente…momenti in cui qualsiasi corpo che veniva recuperato avrebbe potuto essere quello di un amico o di un familiare. Non gli piaceva per nulla l’idea di lavorare gomito a gomito con un dottore. Detestava il loro odore. Detestava il loro modo di fare. E per quanto poco razionale fosse, aveva sempre paura che, se avesse girato loro le spalle, avrebbero potuto infilzarlo con una siringa di qualche tipo. Il solo pensiero gli faceva salire l’ansia alle stelle! Col cazzo che si sarebbe distratto mostrando loro il fianco! Però non poteva dire di no. Quello era comunque un superiore e la situazione in cui si trovavano un’emergenza. Per quanto non gli piacesse, doveva accettare quel compito.

Cosa dovrei fare? Chiese un po’ incerto, mentre sistemava la cartella sotto il braccio per infilarsi i guanti e legarsi la mascherina sul viso. Dio che schifo…ora pure lui aveva addosso quell’odore.

Mi farai da assistente. Disse il medico allungando il passo per uscire dal campo. Quella che ti ho dato è la lista degli Shinobi che sono partiti da Kiri per questa missione e che ancora non sono stati ritrovati. Ammettendo che si riesca ad identificarli, appunterai su quella cartella i deceduti e chi, invece, è semplicemente ferito. Cureremo tutti i nostri compagni possibile e la squadra che sta poco dietro di noi, verrà a recuperare corpi e trasporterà i debilitati.

Ma…io non sono un medico, Signore.

A quel punto il passò del medico si blocco di colpo e a momenti Yu non gli andò a sbattere sulla schiena. Lo so bene, Kyōmei Yūzora. Infatti sarò solo io a curarli, tu al massimo mi farai da riserva di chakra. Tutto chiaro? All’annuire un po’ incerto del Rosso, che si stava chiedendo come quel tipo conoscesse il suo nome, il medico aggiunse Il mio nome è Tanaka Hiro, vedi di non scordartelo.

Fu così che la strana coppia si avventurò in quella distesa di disperazione. Il compito di Yu non era poi così difficile…per quanto l’idea di essere la batteria di scorta di Tanaka-san non fosse chissà quanto gratificante, comprendeva che se voleva rendersi utile quello era uno dei tanti modi in cui avrebbe potuto farlo. Di sicuro era meglio così, che starsene rintanato chissà dove ad aspettare che tutto fosse risolto. L’attesa era snervante, ma…anche girare in quella piazza distrutta, animata solamente dai lamenti di chi era sopravvissuto non era un’impresa facile. Ogni volta che si avvicinavano ad un cadavere, il Rosso pregava che non fosse qualcuno che conosceva. Perse il conto a breve di quante paia di occhi vuoti e sbarrati fu costretto a chiudere, mentre le righe tirate sui nomi di chi non ce l’aveva fatta, aumentavano di minuto in minuto su quella dannata lista. Quella era la missione più difficile che avesse mai compiuto. Non fisicamente, forse, ma mentalmente lo era. La vista del sangue dei feriti non era stressante come l’idea che il prossimo cadavere che avessero incontrato avrebbe potuto essere Kai, o Shizuka, o qualcun altro con cui aveva fatto amicizia in giorni più lieti in quel di Kiri. Era brutto, davvero brutto. Come lo era lo stato di shock impresso sul viso di alcuni compagni che assistevano un corpo ormai privo di vita, convinti fosse ancora salvabile. Folli di dolore, incapaci di accettare ciò che forse razionalmente sapevano, ma che il loro cuore rigettava completamente. Se ne stavano lì, magari continuando a tentare con le manovre di primo soccorso, incitando quello che non era altro che un cadavere ad aprire gli occhi. Quando Yu e Tanaka-san arrivavano lì, spesso e volentieri era necessario occuparsi anche del “caro shockato” che non accettava la sentenza di decesso pronunciata dal medico e reagiva in maniera violenta del tutto incontrollata, portando sia il Rosso che il dottore dagli occhi gelidi a mettere a nanna anche lui - o lei - …e ad avvertire i barellieri di sistemare anch’esso al campo, premunendosi di legarlo per prevenire eventuali crisi e scatti d’isteria.
Perse ben presto il tempo, il Rosso, di quanto passò tra cadaveri e feriti, tanto che alla fine l’odore asettico di quella mascherina fu quasi piacevole in confronto al lezzo di morte che aleggiava sulla piazza. Una situazione psicologicamente pesante che Yu resse solamente nella speranza di non trovare nessuno dei propri affetti lì in mezzo, e di ricongiungersi ad essi non appena la situazione si fosse un po’ calmata. Il medico che era con lui sembrava iniziare ad accusare la stanchezza e, infatti, ben presto richiese al Chunin il suo aiuto.


Kyōmei vieni qui. Ho bisogno del tuo chakra per sanare queste ferite, il mio non basta più. Sai come si fa vero?

Yu annuì. Sì lo sapeva e sapeva anche che sentirsi prosciugare di nuovo le forze come aveva fatto quel sigillo prima del disastro, non gli sarebbe piaciuto per nulla, ma non poteva opporsi, il suo compito era quello. Quindi senza troppe storie posò le mani sulle spalle del superiore che era inginocchiato accanto al ferito. Era un ragazzino dell’età di Urako, se non più giovane, ed aveva un’orribile emorragia all’addome. Il viso pallido e la coscienza che sfuggiva via secondo dopo secondo. Lo dovevano salvare! Il Rosso concentrò allora il chakra in modo che fluisse dai suoi palmi al corpo di Tanaka-san e questi posizionò le mani sulla ferita del ragazzino, iniziando ad emettere il classico alone verdino del chakra medico. Non fu un procedimento breve. Il Chunin avvertì chiaramente la propria energia abbandonare il suo corpo, quasi risucchiata ad un certo punto da quel circuito che avevano messo in piedi, una sensazione bruttissima che iniziò ben presto a fargli salire la nausea, proprio com’era accaduto prima dell’uscita di quel dannati serpenti. Tentò ugualmente di stringere i denti, incentivato dalle parole di Tanaka che gli chiedeva di non mollare perché erano a buon punto e quella fatica di Yu alla fine venne ripagata. La voce del ragazzino che chiedeva cosa fosse successo, spazzò via il capogiro che gli era venuto una volta spezzato il contatto col medico. Il volto sereno, nonostante fosse confuso, e quel lieve imporporamento delle gote, segno che stava decisamente meglio, gli fecero provare una strana sensazione…simile a soddisfazione, ma molto meno egoista come emozione, più calda. Il medico doveva essersi accorto di qualcosa, perché gli diede una pacca sulla spalla.

Ben fatto, ragazzo. Gli disse. Lo hai salvato. Te la senti di farne un altro?

Aveva ancora abbastanza chakra per farlo? Si interrogò mentalmente, facendo la stessa domanda anche al proprio corpo, e sì, forse anche un paio. Annuì vigorosamente mentre i barellieri caricavano il ragazzino sulla lettiga per portarlo verso il campo medico. Fu mentre questi se ne stavano andando che Yu si sentì tirare per la casacca. Voltandosi si accorse che era proprio quei giovane Shinobi ad averlo afferrato per un lembo della sua divisa. Un “grazie” appena sussurrato fece capolino dalle labbra screpolate del piccolo eroe, prima che la mano mollasse la stoffa e il giovane venisse portato via. Raccolse la cartella con la lista allora Yu, andando a cercare il nome da segnare come sopravvissuto. Un sorriso mentre lo cerchiava e si rimetteva in marcia dietro al superiore, per raggiungere il prossimo obiettivo. In fin dei conti tra tanta disperazione, si riusciva comunque a vedere un piccolo baluginio di luce ogni tanto.


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Le interazioni sono state concordate con Simo e Silvia.
 
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view post Posted on 31/8/2018, 16:11
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|| A parte i preamboli dovuti alla situazione di emergenza, l'addestramento è stato ben trattato e gli è stata dedicata una buona parte. GG.

Come sempre riesci a rendere una cosa all'apparenza tanto semplice molto ragionata, piacevole alla lettura, pregna di dettagli e sensazioni, originale. Te l'ho detto sempre e tornerò sempre a ripeterlo, sino allo sfinimento: a ogni rigo riesco a 'respirare' Yūzora, a comprenderlo, a immedesimarmi.. e questo rende fenomenale un PG già fenomenale di suo (non per niente ti è stata assegnato il Kyubi), vivo, quanto fenomenale è la scrittrice che c'è dietro. Non perdi un colpo sis, ti aspetto al varco col volpone. u.u

EXP: 500 p.t. ||

E anche per te..

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