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Una gabbia improvvisamente si solleva dal nulla richiudendosi come una tenaglia inesorabile proprio attorno alla figura dell'essere più pericoloso, proprio attorno al Demone che da solo potrebbe facilmente ucciderlo e magari prendere possesso persino del suo stesso essere. Squadra quell'opera crudele eppure efficiente in un silenzio rigoroso mentre gli occhi si sgranano e la bocca rimane spalancata per qualche istante: non ci può credere, che stia fingendo di essere ben meno letale di quanto non sia realmente? Perchè accettare tale reclusione, che scopo potrebbe mai avere? Sospira, le parole della Kubikiri giungono sì alle proprie orecchie ma hanno il potere di solleticarne le corde dell'anima nel momento immediatamente successivo, ed in effetti non potrebbe essere diversamente poiché, inevitabilmente, quella lama fa parte di lui da molto più tempo di Isobu, ne conosce i punti deboli e li sfrutta. Li sfrutta, ed il risultato è strabiliante. Sente il controllo su quella parte tanto incontrollabile e sanguinaria del proprio essere scivolargli lentamente dalle dita man mano che la Mannaia ne riempie la mente di immagini di puro potere, lo lusinga, mentre dall'altra parte un potere ancestrale lo canzona, tenta di riportarlo a proprio modo coi piedi per terra. Non parla in un primo momento, ma piuttosto torna ad osservare in primo luogo quel lupo ed improvvisamente muove un passo indietro. Un primo ritirarsi seguito da un secondo, ed infine cerca semplicemente di sedersi al suolo esattamente tra i due esseri: loro hanno creato la loro posizione, ora tocca a lui fare altrettanto, è l'unico modo per riprendere il controllo: un marinaio esperto dopotutto non segue la tempesta la governa.
Non sarò mai Mizukage, vi ho rinunciato nel momento stesso in cui ho giurato, in cui sono diventato il Diavolo
Gli occhi che si muovono in principio verso la Kubikiri, le gambe che si accavallano mentre le braccia s'intrecciano al petto, la schiena si distende e poco dopo prende un ampio respiro.
colui che porta la giustizia di Kiri non può esserne anche l'immagine manifesta, colui che porta la legge di Kiri deve agire nella Nebbia, non costituirne il volto...vuoi forse che diventi un nuovo Ki?
Domanda poco dopo, un largo ghigno che compare sul proprio volto mentre successivamente si limita a scuotere il capo: la Kubikiri lo conosce bene, eppure lo stesso può dire lui di lei. Se è così ingombrante, così potente da soffocare persino il potere di Isobu, allora deve ridimensionarla, riequilibrare, toglierle potere per darlo a sé stesso.
Lo stadio delle lame...i continui massacri...la nebbia di sangue...è questo che vuoi da me...non è vero?
Sbuffa, mordicchiandosi il labbro inferiore: non può dire che solo rievocare quelle immagini non gli causi un brivido di piacere, eppure lo rinnega. Si prende tutto il tempo del mondo per completare quella frase: ha visto le sue catene indebolirsi, e se quella gabbia attorno ad Isobu è anche in buona parte causa sua, come crede, allora può rinnovare i vincoli di quel lupo famelico. Ci può essere un solo vincitore, e quello deve essere lui.
non sono quel Diavolo, non sono una pallida imitazione di chi mi ha preceduto poiché da essi differisco completamente: difendere Kiri significa essere ciò che la avvolge, non chi la amministra...un concetto, un simbolo, non può diventare carne così come tradire ciò per cui è stato creato
La ammonisce, perché per quanto vi sia legato più la spada lo lusinga, più si rende conto che non vuole far altro che incatenarlo alla sua volontà perennemente. Brama di fondersi con lui perennemente, di renderlo un glorioso guerriero perennemente coperto di sangue. Vuole irretirlo, eppure a proprio modo sta lasciando degli indizi affinché possa a propria volta essere non irretita, ma contrastata: è il suo corpo, la sua mente, e di certo non si farà portare via niente, non dopo tutto quello a cui ha già rinunciato, spogliandosi di ogni abbellimento e rendendo il suo stesso essere una distesa di nulla. Esattamente come quello spazio aperto suggerisce. E' dopo quel breve discorso che torna a fissare Isobu, osservandolo in rigoroso silenzio man mano che prende parola, andando a sciorinare le proprie rimostranze nei suoi riguardi. Non sono parole vuote, non nascondono alcun doppio fine come invece sembra fare la Kubikiri no, piuttosto cercano di metterne a nudo l'anima, le convinzioni profonde, ed osservare fastidiosamente tutte le crepe in quel muro che costituisce la sua più profonda convinzione.
questo bambino si chiama Kazuku, capisco il rancore che nutri nei miei riguardi, al tuo posto farei lo stesso, credimi
Non lo dice tanto per dire: lo sguardo che rivolge al demone è carico di quella consapevolezza.
ma non mancarmi di rispetto, ed io farò altrettanto...Isobu
Lo chiama a propria volta per nome per la prima volta, tentando di riequilibrare la situazione all'interno del proprio essere: così come ha tentato di rafforzare le catene attorno alla Kubikiri, così cerca di allentare la gabbia attorno al Sanbi. Una curiosità morbosa la sua, talmente forte da surclassare persino il timore che nutre nei riguardi del tre code.
E' qua che ti sbagli, per quanto il passo sia breve non è un sentiero che intendo percorrere, non una strada che intendo imboccare e tu, che sei stato adorato come un Dio, parimenti detestato, dovresti conoscere ben meglio di me il punto di non ritorno, riconoscerlo, e potresti istruirmi affinché non commetta il tuo stesso errore...non ne rinnego il pericolo, ma non per questo mi abbandonerò ad esso
Quasi non riesce a credere alle parole che ha pronunciato, eppure non sono altro che l'estensione naturale di un tarlo che ne ha fatto preda la mente da tempo: non vuole sfruttarlo ma stabilire con esso una relazione, non vuole sopprimere nessuno di quei due esseri, ma trovare assieme ad essi un equilibrio. Qualcosa che percepisce nelle sue viscere essere dannatamente possibile, perché ognuno a proprio modo. Chiude ancora la bocca: ciò che il demone dice ha un che di profondamente veritiero: cambiano gli uomini, cambia il loro cuore, e così le leggi: se dovesse mai trovare in esse una personificazione, sarebbe l'artefice della rovina di Kiri poiché niente che sia instabile dura a lungo.
Dentro la legge, per la stessa, una giusta pena per ogni colpa e l'accortezza di giudicare in maniera imparziale chi tali infrazioni commette...perché solo assumendosi l'onere della scelta ad ogni livello, per ogni ruolo, si può essere consapevoli del proprio fardello, ed in funzione di esso agire per garantire il processo non venga corrotto.
Alle ultime parole sente improvvisamente lo sguardo di Isobu su di lui e non può fare a meno di ricambiarlo, di guardarlo appellandosi a tutto il proprio coraggio per non distoglierlo: non è solo una questione di coraggio, ma anche di rispetto.
...lo siamo...ognuno è strumento delle proprie idee, di ciò che ha scelto di essere...ancor prima di uomini, dei o simboli
Il riferimento è ovviamente tanto ad Isobu quanto alla Kubikiri, e non può esimersi dal farlo. Ha ragione, il suo discorso in fondo era manchevole, perché se si agisce per un fine e lo si persegue ciecamente, allora si è necessariamente strumenti dello stesso. Che fottuta stronzata la vita umana, farebbe quasi ridere.
ma ora sono io a fare due domande a te, Isobu: se non siamo altro che strumenti...te in nome di cosa agisci? Ma sopratutto...
Una pausa, lo sguardo che torna alla propria spada, quasi malinconico, manco non credesse a quanto sta per dire, si fa coraggio, e nel respiro successivo lascia andare quella seconda domanda.
Quale pena, sorte, credi io debba patire per quello che ti ho fatto?
Domanda infine, lo sguardo che si ferma su quelli della tartaruga: non gli importa quanto farà male, vuole saperlo. Vuole cessare quell'interrogatorio e diventare interlocutore. Lo vuole, con tutto il proprio essere.
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Quella prima recita non pare aver funzionato ed anzi, l'efficienza dei guardiani del paese dell'Acqua si sta ribaltando contro di lui. Serra la mascella mentre si riscopre a serrare il pugno destro: non è qualcosa che può accettare, non ha tempo da perdere eppure non può neanche consentirsi di attirare inutilmente attenzioni rivelando prematuramente la propria identità. Per una volta che sarebbe così comodo essere il Diavolo...
....
Sgrana improvvisamente gli occhi, poco dopo e semplicemente limitandosi ad alzare ambo le braccia verso l'alto: è un messaggero, conosce il proprio sigillo ed ha un rotolo del richiamo sufficientemente piccolo da apparire come una consistente comunicazione.
Vi prego non ce n'è bisogno! scendo dal cavallo e vi mostro la pergamena, così capirete...vi prego devo tornare da lui tra meno di una settimana sennò...
Deglutisce, tornando con lo sguardo sulle guardie innanzi a lui mentre poco dopo cerca semplicemente di eseguire molto lentamente quanto annunciato poco prima. Tenta di scendere dal cavallo, rimanendo sul lato destro, le narici ben dilatate a percepire qualunque improvviso distanziarsi del legno delle frecce da quello degli archi. Cerca di dare la schiena agli arcieri, ed in quel fare, ravanando in quelle sacche da sella, cerca di approfittare di quella rinnovata copertura per andare a concentrare una piccola quantità di chakra direttamente sul palmo della mano destra. Nell'istante successivo semplicemente cerca di passare proprio quel chakra sulla superficie esterna del proprio piccolo rotolo del richiamo, uno stratagemma che tenta di palesarsi con il semplice apparire un sigillo in ceralacca rossa, a richiudere lo stesso quasi fosse una comunicazione strettamente personale, e nel cui mezzo campeggia il volto di un Diavolo ghignante dalle zanne snudate. Il simbolo che ha scelto per lui come consigliere del Mizukage, un sigillo che nel paese dell'Acqua garantisce che qualunque porta venga aperta e con timore richiusa alle proprie spalle. Poco dopo cerca nuovamente di voltarsi, tentando di muoversi di un paio di metri sulla destra, in modo tale da allontanarsi dal destriero qualora venga preso di mira: mica vuole che muoia il proprio animale, non ora che ha ancora una grossissima utilità.
Mi chiamo Ryushi Okada, vengo da Ibaraki e sono il messaggero scelto dal Diavolo per portare la sua parola...ora CAPITE perché devo passare?
Il tono che tenta di darsi è ancora a metà tra il disperato ed il determinato, che cerca anzi di andare ad acuire in maniera tale da apparire più realistico, modula ancora il proprio tono di voce, e la destra che regge quel rotolo munito ora del proprio sigillo in ceralacca in piena vista. Osserva i presenti alternando lo sguardo: non può perdere altro tempo. Il nome di quel villaggio poi, è quello che corrisponde ad una zona ad un giorno di viaggio a Sud rispetto a Kiri, una locazione realistica con la propria posizione e provenienza.
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Ascolta ancora le parole che Isobu gli rivolge: rassegnate. Ad esse si aggiunge la replica della Kubikiri, che lo vuole isolare, distruggere, vuole dargli a tutti i costi il colpo di grazia eppure lo provoca come fosse un bambino, qualcosa che in fondo potrebbe aver preso da lui. Sente quel ronzio, le placide parole del demone, ed improvvisamente tutto gli appare così...fastidioso.
BASTA
Grida improvvisamente nel momento in cui la propria lama termina la sua provocazione, proprio su di essa muovendo lo sguardo.
NON siamo al di sopra della legge, SIAMO la volontà che la porta, non portarmi laddove non mi voglio spingere, laddove neanche tu avresti controllo. Non spingermi dove non ho intenzione di andare, perché non ti permetterò mai più di controllarmi, così come hai quasi fatto quel giorno di cui stai parlando, quando hai cercato di farmi uccidere una nostra alleata...o te ne sei dimenticata?
Domanda, un che di supponenza che fa da intermezzo a quella rabbia. Non può essere ipocrita, non qui. E' poco dopo che torna sul Sanbi, annuendo.
Tutto è lecito, nella misura in cui ciò di cui sono al servizio lo concede, o forse sei davvero convinto che abbia la presunzione di impadronirmi di tutto ciò che voglio, o di provarci, come fossi null'altro se non un criminale particolarmente sanguinario?
Domande, gli pone delle domande a proprio modo dure, inclinando appena il capo verso sinistra, il tono di voce che rimane tranquillo, eppure prosegue.
Credi davvero che sia così ipocrita, che non voglia altro che il potere? Quando se davvero non volessi altro che quello...tutto questo sarebbe così profondamente diverso? Davvero credi che io dopo il Gedo possa compiacermi per quello che ho fatto, che voglia erigermi a DIO, dopo aver visto COSA gli uomini fanno a chi ha il potere per definirsi tale? Che voglia erigermi a LEGGE con la mia spada, e tenerti perennemente in una gabbia, dopo aver visto cosa accade a chi segue quel sentiero, dopo averne udito la caduta ed ancor prima l'odore di putrefazione? CREDI DAVVERO CHE SIA COSI' FOTTUTAMENTE CRETINO?
Non ce la fa più, grida la propria rabbia, se ne libera all'esterno impregnandone l'ambiente circostante: se quella è una tempesta vi aggiungerà anche la propria ira. Se quella è una tempesta, farà in modo che anche i propri interlocutori ne vengano travolti. O tutti sullo stesso mezzo per far fronte ad un solo problema comune, o il nulla, l'oblio. E non ha per un cazzo paura di arrivare sino in fondo per scoprire cosa lo attende.
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