双子 - Futako: Due gocce d'acqua, Quest medica genin per ArdynIzunia

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view post Posted on 11/9/2018, 18:59     +1   -1
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A Man of No Consequence

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Trattenendo il fiato, Kacchan osservava il procedere dell’intervento sotto le mani esperte di Ayumi e del dottor Hiroki, mentre erano alle prese con la valvuloplastica. Silente, seguiva febbrilmente i loro gesti dalla sua posizione, vicino la testa del paziente, cercando di memorizzare ed imparare quanto più possibile e, prima lezione che avrebbe imparato, era che il tempo, durante gli interventi, era una variabile fin troppo pericolosa.

Da quando avevano iniziato l’operazione, il signor Mitokado aveva perso parecchio sangue e, sfortunatamente, le scorte in loro possesso non si erano dimostrate sufficienti, tanto da costringere una disperata ricerca di donatori all'interno del presidio ospedaliero. E quel poco che gli era rimasto in circolo stava iniziando a diventare sempre più freddo e denso, rendendo difficili le manovre di fino mentre introducevano il sondino diretto al cuore.

Eppure, nonostante la situazione critica, Ayumi sembrava avere la situazione in mano senza alcun timore, e fu allora che Kacchan la osservò con maggiore attenzione, soffermandosi sul viso delicato, coperto dalla mascherina in parte sporca di maschera, gli occhi scarlatti, in cui erano visibili i segni neri tanto tipici degli occhi degli Uchiha... ”Chissà perché ha attivato lo sharingan...” Si domandò, facendo scivolare lo sguardo sulle piccole mani fini ed eleganti che, in quel momento, si erano ammantate di una calda luminescenza azzurrina, infondendo il proprio chakra all'interno del corpo del paziente. Sotto lo sguardo sbalordito del giovane Yamanaka, il tessuto ferito venne cicatrizzato, restituendogli un aspetto più sano, dal colore più intenso.

”Conosco quella tecnica... Mamma la usava spesso, per curarmi le piccole ferite e le escoriazioni che mi portavo dietro ogni qual volta tornavo dagli allenamenti...” Cercò di concentrarsi sulle emozioni della Uchiha, cercando di capire quale fosse il giusto “assetto mentale” da avere durante l’utilizzo di quella tecnica, e la sensazione che ne ricevette fu quella di un caldo abbraccio, uno di quegli che di solito ti da tua mamma, quando, durante la notte, ti svegli terrorizzato da un brutto sogno, ed ecco che arrivano le sue braccia tese, a concederti tutto il calore, la serenità e la calma che servono a ridar pace ad un cuore e un animo angustiato.

Scosse il capo, energico, cercando di ritornare al presente, e al fatto che nessuno si fosse fatto vivo con le scorte di sangue. Preoccupato, volse lo sguardo verso uno dei medici li presenti, le mani strette sul bordo del tavolo operatorio, tanto forte da far sbiancare le nocche nascoste dai guanti. «Qual è il gruppo sanguigno del paziente? Magari il mio potrebbe esser compatibile...» Domandò speranzoso, ma lo sguardo del medico spense immediatamente quella piccola luce visibile nei suoi occhi. «0 negativo, purtroppo.»

Imprecando a denti stretti, il ragazzo rivolse nuovamente il suo sguardo all'addome aperto dell’uomo, mentre gli spiegavano la gravità della cosa, come se già non lo sapesse: le persone aventi sangue del gruppo 0 negativo erano degli ottimi donatori, quasi perfetti, ma se si trattava di riceverlo, la situazione diventava problematica, dato che potevano ricevere sangue solamente del medesimo tipo e dello stesso fattore Rhesus. Fosse trattatosi di un gruppo A o AB, avrebbe potuto tranquillamente donarlo lui stesso, ma così....

« Kacchan, puoi andare a vedere a che punto sono le unità di sangue?» Gli domandò Ayumi, sottraendolo così alle sue imprecazioni mentali. Aveva appena buttato giù la maggior parte delle divinità minori che conosceva quando, nell'uscire, per poco non si beccò la porta dritto in faccia, facendolo indietreggiare contro uno degli scaffali metallici presenti nella sala, facendo tintinnare le fiale contenute al suo interno. Trafelato, uno specializzando teneva tra le braccia l’oro rosso di cui avevano un disperato bisogno.

Sembrava che una buona stella avesse deciso di brillare per loro, ma Ayumi non sembrava tanto convinta di tanta fortuna, magari c’era l’ombra di un ennesimo imprevisto in agguato, sotto forma di infezione o quant'altro? Ma il disturbo sonoro generato dall'interfono interruppe ogni tipo di dibattito presente in sala, spegnendolo sul nascere. Stranamente, a Kacchan non serviva nemmeno dover alzare lo sguardo per capire chi ci fosse, dall'altra parte. Avrebbe potuto anche non sentire la sua voce, per quel che lo riguardava. Anche da sordo, cieco, privo di qualunque percezione sensoriale, avrebbe saputo dire con assoluta certezza che, dietro al vetro, nella sala d’osservazione, chino sull'interfono, c’era suo cugino. Come faceva ad esserne così sicuro? Prurito alle mani, quasi covasse un irrefrenabile desiderio di menar le mani. Ed infatti....

Alzò lo sguardo in quella direzione solo per dar conferma al suo infastidito istinto, accigliandosi. Non che fosse un falco, ma era visibile nel primario il suo aspetto decisamente sfatto e abbattuto, sfinito, per non parlare del respiro affannoso e del colorito decisamente poco invitante. ”Aspetta.... Non mi dire che...” L’esplosione di un tafferuglio, però, lo distolse dai suoi pensieri, senza però smetter di fissare il cugino e ridurre il prurito alle mani, che adesso era passato anche alle braccia. Solo quando sentì il rumore di un corpo cadere, rovesciando uno dei carrelli dell’addetto agli strumenti, Kacchan distolse lo sguardo... E rimanendo a bocca aperta. ”E che cazzo... Certo che ne succedono di cose, in una sala operatoria...”

Esterrefatto, osservò Ayumi sovrastare minacciosa il dottor Hiroki, steso a terra, minacciosa quanto un fottuto gigante mentre gli puntava un dito al petto. ”Promemoria: mai fare incazzare Ayumi...” Pensò, rimanendo di sasso, ma l’allarme lanciato dall'anestetista lo riscosse. Il paziente stava per entrare in arresto cardiaco, non ce l’avrebbe fatta ancora per molto, pochi secondi al massimo.

Defibrillare. Dovevano assolutamente defibrillare, ma finché avvicinavano il macchinario, avrebbero perso secondi preziosi.... E ripensò alla scossa che aveva dato al tirocinante, su nella sala d’osservazione, ma ce l’avrebbe fatta, sarebbe stato in grado di afferrare il cuore e colpirlo con la giusta scarica? Non l’avrebbe mai saputo, perché mentre si stava spostando, la porta si aprì nuovamente, questa volta prendendolo in pieno sul viso, facendogli vedere le stelle.

Con i lacrimoni agli occhi, tenendosi il naso dolorante, ma fortunatamente ancora integro, guardò suo cugino entrare fulmineo e, non riusciva a crederci, fare esattamente quello che gli era passato per la testa, riportando il battito ad un ritmo più stabile. ”Non ci posso credere, cazzo...” Con quell'intervento in extremis, suo cugino non solo aveva dato una scossa di vita nel cuore del paziente, ma aveva anche riacceso la fiducia negli occhi dei colleghi che, con le sacche di sangue appena ricevuto, poterono finalmente tirare un sospiro di sollievo, procedendo con la conclusione dell’intervento senza ulteriori problemi. D'altronde, adesso avevano il primario ad aiutarli nelle ultime fasi finali, quindi nulla poteva andare storto, se non fosse per il dottor Hiroki che, imbestialito, rifiutò l’aiuto di uno specializzando nel rialzarsi. Lo sbatté via in malo modo, facendolo cadere sui ferri ancora buttati alla rinfusa per terra, mentre usciva dalla sala operatoria, gettando nel lavandino all'ingresso mascherina e cuffia. «Non finisce qui, sappiatelo!» Brontolò, sbattendo la porta con un gran clangore, ma nessuno gli diede troppa retta, rinfocolando ulteriormente la sua collera.

«Cavolo, è davvero una gabbia di matti qui...» Ammise lo Yamanaka, massaggiandosi il naso un’ultima volta, andando ad aiutare il ragazzo a rialzarsi da terra. «Tutto bene? Ti sei fatto male?» Domandò, porgendogli una mano che venne subito afferrata. Tirandosi su, il povero malcapitato si risistemò meglio che poté il camice e un paio di occhiali scuri, mantenendo lo sguardo basso, quasi fosse imbarazzato da quanto era capitato, ma era difficile capirlo, dato che nulla del suo viso era visibile. «Grazie... Credo... Credo di si....» Rispose, con una voce abbastanza atona, priva di alcuna sfumatura, così impersonale da far rabbrividire il giovane.

Indietreggiando di un passo, si chinò per raccogliere alcuni degli attrezzi, seguito a ruota dal ragazzo che aveva aiutato a tirar su, e fu allora che entrambi puntarono gli occhi sulla mano destra del giovane, sporca dal sangue che usciva fuori da un brutto taglio sul palmo.

«Cavolo, bisogno immediatamente disinfettarlo e fasciarlo! E se entrassi in contatto con dei residui di sangue del paziente? No no, bisogna assolutamente sistemarla.» Febbrilmente, si guardò intorno, notando le boccette presenti proprio nella scaffalatura che aveva urtato poco prima, vicino al lavello d’ingresso, Tenendolo saldamente per il polso, si portò dietro il giovane che, lasciandosi trascinare senza opporre resistenza, continuava a ripetere che non era nulla, che non doveva preoccuparsi.

Balle. Senza tener conto delle sue rassicurazioni, che impostate con quel tono e timbro di voce sembravano fin troppo sepolcrali, lo fece sedere di peso su uno sgabello, tirando fuori dell’acqua ossigenata e una compressa di garza. Avrebbe volentieri usato il betadine per disinfettargli la ferita, ma quel tipo non la smetteva di parlare, quindi sperava di metterlo a tacere con quella soluzione di perossido di idrogeno. «Davvero, non ce ne è bisogno. Gli strumenti su cui sono caduta non erano stati ancora utilizzati, ed essendo sterilizzati e in ambiente asettico, non contrarrò infezioni. KYAH!» Il versetto stridulo che emise fu la prima cosa umana che Kacchan gli sentì emettere da quella sua bocca. E soprattutto, la prima cosa femminile, perché non si era minimamente accorto che il tirocinante non fosse un lui, ma una lei.

«S-scusa… A-adesso te la fascio...» Imbarazzato per la madornale gaffe appena commessa, Kacchan abbassò lo sguardo sulla mano ancora avvolta dal lattice, che prontamente gli sfilò, rivelando una manina femminile quanto la voce della sua proprietaria che, dopo quell'attimo di sbandamento, aveva ripreso il suo normale sproloquiare monotono. «Davvero, non serve fasciare... Basterà una piccola cura...» Ricevendo un’occhiataccia cobalto, la ragazza si zittì, permettendo così a Kacchan di pulire per bene la ferita: il taglio fortunatamente non era molto profondo, magari avrebbe potuto fare un tentativo....

Strinse la mano ferita tra le sue, stringendola tra palmo e palmo, chiudendo gli occhi per concentrarsi, cercando di immaginare il suo chakra come un balsamo lenitivo, delineandolo nella sua mente, per poterlo tramutare nell'ago e nel filo che avrebbero ricucito la ferita... «Non ci riuscirai. Non hai alcuna competenza in campo medico, e di certo non puoi aver appreso quella tecnica solamente avendola guardata, una volta sola, da Ayumi-sempai.» «Oh, ma sta zitta un po’.»

E, con gesto brusco, le sbattette quasi la mano in faccia, sana, priva di alcun segno, in un palese gesto che rappresentava un vaffanculo a tutta quella storia. «Oh.» La ragazza si guardò la mano per un secondo scarso, rialzandosi e prendendo un nuovo guanto in lattice, come se nulla fosse accaduto, per poi tornare a risistemare i ferri caduti per terra, riponendoli su un vassoio con l’intenzione di portarli all'autoclave per poterli sterilizzare nuovamente.

«Che tipa strana...» Ammise tra se e se, rizzandosi dritto tutto baldanzoso, guardandosi il pugno stretto, orgoglioso di esser riuscito nell'impresa. Alzò lo sguardo e, raggelando, incrociò lo sguardo con quello del cugino che, con sguardo affabile, salutava il resto dell'equip che, di rimando, presero congedo, dando ciascuno un’affettuosa pacca sulla spalla del primario, o una delicata stretta al bicipite, a volerlo ringraziare per il supporto dato, lasciandolo da solo ad occuparsi del paziente.

Avrebbe dovuto girare i tacchi e uscire dalla sala, seguendo il resto dei camici verdi, ma il suo lato masochista lo spinse a muoversi, un passo dopo l’altro, proprio in direzione del cugino, abbassando però lo sguardo sul torace ancora aperto. «Tempismo perfetto, il tuo. Come sempre, del resto.» Pronunciò, imitando la neutralità del tono di voce della tirocinante che aveva aiutato. Volse lo sguardo verso il carrello, in cerca degli attrezzi che sarebbero serviti per saldare lo sterno e ricucire i tessuti e la pelle del torace, peccato non sapesse quali fossero. D’istinto ne prese un paio e quasi non si sorprese di vedere che fossero quelli giusti. Minimo suo cugino glieli aveva indicati con messaggi telepatici subliminali. Figurati.

Lo osservò mentre risaldava lo sterno, senza alzare lo sguardo sul viso, ma concentrandosi prettamente sulle mani in continuo movimento. Quelle dannate mani che sembravano fare tutto alla perfezione, meglio di chiunque altro. «Era tuo, vero? Quel sangue che avete portato...» Non si scompose il medico nel sentirgli fare quella domanda, chiedendogli di passargli altri attrezzi, mentre continuava imperterrito. «E cosa te lo fa pensare?» Gli domandò, alzando lo sguardo su di lui. Kacchan allora alzò lo sguardo, incrociando lo sguardo smeraldino del cugino, facendogli ben intendere che no, non gli sarebbe andata per niente bene una presa in giro, specie e soprattutto da lui.

«Appena dopo esserci lasciati, ho saputo dell’urgenza e, mentre cercavamo disperatamente donatori in giro per l’ospedale, mi sono imbattuto nel dottor Kazuma e della sua segretaria. Sono stati loro ad aiutarmi con la procedura di prelievo.» Ammise, ultimando la saldatura e apprestandosi ad iniziare la procedura di chiusura del tessuto sovrastante. Kacchan, dal canto suo, continuava a restare in silenzio, grattandosi di tanto in tanto un bicipite o un pettorale. «Nel corso dei miei studi, ho sviluppato una tecnica che mi permette di modificare la struttura del mio sangue, in modo tale da renderlo compatibile con chiunque. Torna utile in certe circostanze, non trovi?» Avrebbe voluto sdrammatizzare sulla cosa, forse, ma Kacchan continuava a restare in silenzio, senza batter ciglio. Il primario abbassò quindi lo sguardo sui punti di sutura che stava applicando. «Nessuno è a conoscenza di questa cosa, forse Ayumi sospetta qualcosa, ma non ne sa comunque niente.» «Sembra quasi che tu ti stia giustificando. Non serve che mi dai tante spiegazioni.» «Perché, non ne volevi?»

Touché. Indispettito per essersi lasciato leggere tanto facilmente, agguantò gli attrezzi sporchi, portandoli all'autoclave per poterli ripulire, pronto a scappare via da quella stanza il più in fretta possibile, ma c’era ancora una cosa da chiarire, tra loro due. «Perché non sei per niente sorpreso di vedermi qui dentro?» Domandò, la voce che a stento tratteneva il rancore e la rabbia, mentre un pensiero subdolo si insinuava nella sua mente: possibile che suo cugino si fosse spacciato per il suo terapeuta, quella mattina, così da spingerlo verso quella direzione?

Si voltò, pronto ad affrontarlo, ma lo vide allontanarsi, spingendo il paziente con l’intento di portarlo su in reparto. «Maledetto te, rispondimi!» Con rabbia buttò mascherina e guanti nel cestino, per poi correre dietro al cugino, seguendolo, con l’intenzione di bloccarlo e potergli riversare contro tutto ciò che aveva sopportato nei suoi diciott'anni di vita passati nella sua ombra, ma appena uscito dalla sala le sue mani vennero agguantate da quelle di un’anziana donna che, nell'impeto dell’azione, lo abbracciò con forza, ringraziandolo a gran voce per aver salvato la vita a suo marito, impedendogli così di bloccare il medico.

Se non fosse stata per la situazione, si sarebbe scrollato di dosso la vecchia, per poi correre contro il cugino, magari tirandogli un bel pugno su quel viso d’angelo, ma si trattenne, stringendo le mani all'anziana consigliera e cercando di rassicurarla. «È stato per tutto il tempo nelle mani di ottimi chirurghi. Suo marito non poteva trovare di meglio, e lui è stato un gran lottatore, ha tenuto duro fino all'ultimo secondo.» Ammise, accarezzando delicato il braccio della donna, senza però distogliere lo sguardo da quella figura per lui tanto irraggiungibile.
 
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view post Posted on 14/9/2018, 21:33     +1   -1
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C
ostretto a limitare le sue reazioni davanti alla moglie del paziente Kacchan vide sfumata l'occasione di sfogarsi e di togliersi tanti sassolini dalle scarpe, per contro se fosse rimasto li con gli specializzandi si sarebbe trovato ad avere molto lavoro da fare per sistemare la sala operatoria. Nel disinfettare tutto e nel riordinare i ragazzi non avrebbero risparmiato i commenti sull'intervento e sull'onore che aveva avuto: per un attimo per il gruppo fu come tornare all'accademia con il chiacchiericcio che gli studenti facevano non appena il sensei voltava le spalle e abbandonava l'aula.
E se l'indomani avesse provato a rintracciare il dottor Kazuma per bombardarlo di domande o per richiedere una seduta d'urgenza la segretaria gli avrebbe risposto che era partito per le meravigliose terra di Nami no Kuni, avrebbe tenuto un seminario di psicologia e sarebbe rientrato soltanto in primavera. A chi insisteva la povera Mihai ripetè che non era l'unico terapista disponibile nell'ospedale e che se lo desideravano potevano fissare appuntamento con medici altrettanto bravi.

Ayumi ci mise qualche ora ad uscire da terapia intensiva ma alla fine varcò quella porta, sulle sue vesti stavolta non v'era sangue e appeso il camice bianco rimaneva soltanto un corpicino esile e tanta stanchezza: turni di dodici o ventiquattro ore non erano cosa rara in ospedale, specie in pronto soccorso. Sbadigliando ripetutamente la vide stiracchiarsi portando entrambe le braccia in alto ma il gesto anzichè donarle beneficio portò la sua espressione a stringersi in una smorfia, rimase quasi disgustata dal suo stesso odore e scherzando con una collega disse di aver proprio bisogno di una doccia. Quando si accorse di Kacchan cercò di darsi un contegno ma per il cattivo odore purtroppo non c'era soluzione, con la gola arsa si scusò per l'attesa e gli spiegò che avevano letteralmente costretto il Primario al riposo; facendo le sue veci lei aveva finito soltanto adesso il giro di controllo di tutti pazienti del reparto. Incamminandosi lungo il corridoio alla ricerca di un distributore d'acqua il silenzio venne interrotto solo dopo aver stappato la bottiglia e averne bevuto mezzo litro tutto d'un un fiato.

"Haaaa, mi ci voleva proprio! A proposito, scusami se ho alzato i toni in sala Kacchan ma non mi hai lasciato molta scelta. Si può sapere cosa ti era saltato in mente?"

Fuori servizio, senza il camice e senza tutto l'equipaggiamento di chirurgia la giovane Uchiha non sembrava affatto un medico, così in borghese appariva come una ragazza.

"Se dopo l'esperienza di oggi sei ancora interessato, come promesso avrai la tua possibilità di diventare un medico a tutti gli effetti, in tal caso domattina porterò le scartoffie da firmare e potrai iniziare il giro visite con gli altri specializzandi. Ti assicuro che non è sempre così frenetica la nostra vita, quella di oggi è stata un'emergenza nell'emergenza, un episodio che anche chi lavora quotidianamente in pronto soccorso vede di rado. "

Gli spiegò che all'inizio avrebbe per lo più osservato e svolto lavori noiosi e nel tempo libero avrebbe studiato in vista degli esami che si sarebbero tenuti da li a un mese.

Per quanto riguardava il Primario fu praticamente impossibile parlarci e la cosa sarebbe solo che peggiorata nei giorni seguenti, la sua figura nell'ospedale così come fuori, si fece sfuggente. Il genin sentì dalle infermiere che era stato visto di qua o di la in compagnia del Sandaime e di altri funzionari dando l'impressione che vi fosse qualcosa di grosso in ballo. In quel periodo del resto nel villaggio non si respirava un'aria tranquilla e anzi, da quando erano iniziati gli allenamenti per la cattura dei bijuu [X] tra gli shinobi e i cittadini il morale non era alto, si viveva costantemente nel terrore di veder insorgere i demoni similmente a come aveva fatto Ryu Yotsuki con le sue Salamandre.

* * * *

    Due settimane dopo
    Dicembre 248 DN
Impegnato nel suo giro il novizio medico era intento nel rispondere al capoturno durante il giro visite. Ad ogni paziente ricoverato la donna leggeva la cartella clinica e poneva delle domande aspettandosi risposte rapide e precise. In quei pochi giorni Kacchan capì che quel lavoro era tutt'altro rose e fiori, aldilà della competizione e della difficoltà della materia, fare diagnosi accurate era quasi sempre una scommessa: tante le variabili, troppe le cose da tenere a mente e il più delle volte anche se la cura era facile se non si trovava la risposta giusta era tutta fatica inutile. Per non parlare poi dei ritmi richiesti e delle tempistiche..

"Kiyoko-sensei, mi scusi ma lavorando con questi ritmi non si fa che diminuire l'accuratezza, aumentano le possibilità di sbagliare.. non sarebbe meglio prendersi il giusto tempo per dare a ognuno la cura giusta?"

"Nel nostro lavoro il tempo è tutto. Se avessimo il doppio dei medici e se potessimo congelare lo stato in cui versa ogni paziente la tua teoria non farebbe una piega ma a seconda dei casi il malato potrebbe peggiorare nel giro di giorni, ore o minuti e non c'è tempo per approfondire la diagnosi o per fare alti esami. Se non riuscite a tenere tutto a mente dovrà essere il vostro istinto a tirarvi fuori dai guai e per quello non c'è sensei che tenga. Ci si nasce con quella scintilla."

Nel dirlo l'infermiera in carne pensò senza dubbio a Kacchan ma non esternò quel suo pensiero, aveva saputo del suo disagio e dalla gaffe del loro primo incontro fu ben attenta a non ripetersi.

Pausa pranzo, tra le letture del giorno avevano diverse copie di "Malattie Autoimmuni" e il "Manuale diagnostico e statistico sui Disturbi Mentali", alla fine dell'ora poi il giro riprese, la dottoressa aveva anticipato agli studenti che nel pomeriggio avrebbero visitato due pazienti molto speciali. Il primo era in terapia intensiva e quando entrando riconobbero la voce dell'anziana Sachiyo non fu difficile tirare a indovinare di chi si trattasse.

"Takumi-san! Come va oggi vecchio mio?"

Disteso a letto l'anziano sollevò un braccio e con il palmo aperto oscillò la mano, un cenno che sembrò dire "non c'è male". Aveva il suo solito boccaglio per l'ossigeno e come gli era stato consigliato non si sforzò di parlare.

"Eh si lo so, ci sono giorni buoni e altri meno, con quello che ha passato è normale. Possiamo iniziare?"

Quando entrarono i monitor a cui era collegato il paziente erano spenti e chi sulle prime pensò che la sorpresa stesse nel doverlo dimettere presto restò deluso. Nel vederlo così abbattuto e ancora privo di forze era una possibilità davvero remota e in molti sbiancarono quando scoprirono che la dottoressa Kiyoko aveva fatto spegnere di proposito tutto perchè intendeva far visitare loro il paziente: avrebbero dovuto dirle in che condizioni lo trovavano e di cosa credevano avesse bisogno.

"Kacchan, il paziente è anche un po' tuo quindi a te l'onore di iniziare."

Neanche a dirlo il vecchio Mitokado era d'accordo sull'aiutare la dottoressa con gli aspiranti medici.
 
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view post Posted on 20/9/2018, 18:36     +1   -1
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Nel vedere la schiena di suo cugino allontanarsi, Kacchan sentì una strana morsa al petto che, in quel momento, imputò dovuta alla frustrazione di quel momento, anche se temeva che fosse dovuto ad un sentimento molto più profondo e a lui ancora sconosciuto. Sospirò mestamente, abbassando lo sguardo sull'anziana signora che aveva di fronte, il cui sollievo e gratitudine non solo trasparivano dal suo viso e dai suoi occhi lucidi, ma anche dalla sua griglia emotiva, in parte leggibile dalla mente del giovane Yamanaka. Pazienza, pensò, sicuramente i Kami gli avrebbero concesso altre occasioni per confrontarsi con lui, anzi, ne era certo, perché quel confronto si pronosticava essere devastante come uno scontro frontale.

Ora, però, doveva pensare ad un modo per liberarsi dalla presa della donna, così da potersi allontanare per... Andare dove? Come una scossa elettrica che attraversa un filo di rame, così nella sua mente gli ritorno in mente l’iscrizione al corso, ma soprattutto Ayumi! Dov'era finita la giovane Uchiha?

Accigliandosi, si guardò intorno, sperando di intravederla da qualche parte, ma a parte alcuni tirocinanti, non scorse in alcun modo la sua lunga chioma fluente. Nel panico, stava già per mandare alla malora la signora, fortuna che qualcuno venne immediato in suo aiuto e, a giudicare dal timbro di voce, riconobbe all'istante chi era venuto in suo soccorso.

«Signora Sachiyo, abbiamo portato suo marito in terapia intensiva, per poterlo tenere sotto osservazione. Perché non va a prendersi una bella tazza di tè caldo e si riposa un po’, così nel mentre gli altri colleghi l’avranno sistemato e potrà fargli visita.» Nonostante il tono atono, le parole pronunciate dalla ragazza ebbero un effetto calmante sulla donna che, con un profondo sospiro, la ringraziò, allontanandosi e...

Accigliandosi, Kacchan intravide un puntino rosso sul collo della donna, per poi puntare lo sguardo sulla mano della ragazza che, con calma, si risistemava il polsino della sua casacca azzurra. Senza più la bardatura utile agli interventi, il giovane ebbe modo di osservarla con più attenzione.

Nonostante la statura decisamente poco pronunciata, era poco più alta di un metro e cinquanta, aveva le giuste proporzioni, almeno stando a quel che si riusciva ad intravedere attraverso la stoffa abbondante della casacca e dei pantaloni da chirurgo. Pelle chiara, diafana, incorniciata da lunghi capelli castano chiaro che le coprivano in parte il viso, lasciando scoperta l’altra, mettendo in mostra una vistosa rasatura. Viso ovale dai lineamenti delicati, una bocca dalle labbra sottili, perennemente piegate in una fessura inespressiva, e occhiali tondi dalle lenti scure, che gli impedivano di studiarne forma e colore degli occhi.

La ragazza, resasi conto di essere sotto il suo attento esame, scosse per un ultima volta le maniche, facendo poi ricadere le braccia lungo i fianchi e puntando gli occhiali dritto sul suo viso. «Coccinelle. Le mie piccole sono specializzate nel rimuovere tossine e stabilizzare con le loro secrezioni i parametri vitali.» Sentenziò lapidaria, dando così una spiegazione al ragazzo che, in tutta risposta, alzò le spalle. «Oh, beh... Molto utili, in effetti.... Ehm, per caso hai visto dov'è andata... Ehi, aspetta!»

Senza lasciarlo finire di parlare, la ragazza lo agguantò saldamente per il polso, tirandoselo dietro. Nonostante la sua stazza minuta, Kacchan rimase sorpreso dalla sua presa, tanto forte e salda, e per un certo verso non gli dispiacque venir trascinato via in quel modo, dato che, al momento, aveva solo una gran confusione in testa.

La seduta dallo psicologo, la ricerca folle di Ayumi, il suo intrufolarsi in sala operatoria e la sua partecipazione all'intervento... Tutto ciò l’aveva riempito di una potente scarica di endorfine sul momento, ma adesso, impalato lì, in mezzo al corridoio, l’effetto dell’ormone era svanito, lasciandolo fisicamente e mentalmente sfinito. «Bisogna metter in ordine la sala operatoria che abbiamo utilizzato. Gli altri ci stanno già aspettando.»

Inebetito, si fece trascinare e, varcata la soglia, rimase frastornato dal vociare entusiastico dei ragazzi li presenti, ognuno intento a sistemare. Nel vederlo entrare, ammutolirono, ma la quiete durò solo pochi secondi, perché immediati ripresero a parlare, a voce ancor più alta, accalcandosi su di lui, in preda ad un euforia che il ragazzo non riusciva a comprendere, frastornato com'era. Pacche sulle spalla, complimenti, battute e risate lo sommersero, facendolo sentire nuovamente sopraffatto da tutto quell'insieme. L’unica che non faceva parte di quella ondata d’entusiasmo goliardico era l'Aburame che, stringendo i ferri che aveva appena sterilizzato, l’osservava con.... Disprezzo? Non ne era certo, dato che la sua griglia emotiva, per qualche ragione, gli appariva disturbata e distorta, forse per via delle coccinelle che custodiva segretamente nel suo organismo, supponeva.

«Meno chiacchiere e più movimento ragazzi. Dobbiamo liberare in fretta la sala.» Sentenziò, spegnendo come una doccia fredda il rovente entusiasmo dei suoi colleghi che, imbarazzati e un po’ scocciati, vennero bruscamente richiamati all'ordine, ma a quanto pareva la ragazza non aveva ancora finito di parlare, perché puntò dritta su Kacchan, colpendogli il petto con la punta del sottile dito indice. «E tu, Hachi Yamanaka detto Kacchan, non montarti la testa. Solo perché sei il cugino del Primario, non pensare che riceverai altri trattamenti di favore come quello che ti è stato dato oggi.»

Il gelo piombò nella stanza, uccidendo definitivamente le ultime tracce di euforia rimaste: ognuno dei presenti abbassò il capo, rimettendosi al lavoro senza degnare il giovane di alcun tipo d’attenzione, ma lui, rigido al centro di quello spazio asettico, percepiva benissimo quello che frullava nelle loro teste e, nonostante la cosa non dovesse poi molto sorprenderlo, lo fece imbestialire nuovamente.

Serrò i pugni, digrignando i denti, guardando in cagnesco la ragazzina che gli stava ancora di fronte. Ognuno dei presenti, senza ammetterlo apertamente, tranne l'Aburame, ovviamente, condividevano quel pensiero, ovvero che, ciò che era accaduto, era dovuta ad una qualche strana forma di raccomandazione e, cosa che faceva ulteriormente incazzare Kacchan, probabilmente avevano pure ragione perché, dopo quanto era successo, era impossibile pensare che Ayumi gli avesse fatto fare quel che aveva fatto se non per via del legame di parentela tra lui e il Primario.

Aria, gli serviva assolutamente una boccata d’aria. Ed uscire da quella stanza infernale era la prima cosa da fare. Agguantò la mano della ragazza, stringendola con forza, gli occhi cobalto furenti mentre le scostava in malo modo il braccio. «Sai che c’è? Vaffanculo.» Così dicendo uscì come una furia, a grandi passi, spinto dalla rabbia e dalla disperazione. Ecco perché aveva evitato di metter a nudo quel suo intimo desiderio di diventare medico: perché, qualunque cosa avesse potuto fare, qualunque cosa gli altri avrebbero fatto nei suoi riguardi, vi era sempre, costantemente, la presenza del cugino ad influenzare tutto. Perché era inevitabile che gli altri pensassero che scegliesse quella strada perché aveva in qualche modo la via spianata, facilitata dalla presenza di quell'ombra tanto ingombrante.

Si sarebbe voluto allontanare dall'ospedale, uscire fuori, sfogare la rabbia contro il tronco di un albero, eppure i suoi piedi lo spinsero davanti ad una scrivania a lui ben nota e, nel vederlo così stravolto, Mihai per poco non si lasciò sfuggire la cartellina che aveva in mano. Strano, nonostante avesse un disperato bisogno di evadere da li, l’unica cosa che gli interessava al momento era sputare fuori le sue sentenze in faccia al dottor Kazuma. Buffo come si erano evolute le cose, in quelle poche ore: da detestare la presenza del terapeuta nella sua vita, adesso quasi la ricercava, considerandola alla stregua di una dose di eroina per un tossicodipendente.

E, sua solita fortuna, Mihai gli rivelò che il dottore si era allontanato per un convegno e sarebbe rientrato solo in primavera. Primavera? Ma era forse uscito fuori di testa, quel coglione del medico? Ma lo sapeva il danno che faceva ai suoi pazienti? E poi, andare in terapia con un altro.... E i progressi fatti? Tutto buttato nel cesso. Sfogarsi sulla povera Mihai, comunque, non avrebbe sortito alcun miglioramento, così lasciò perdere quel suo vorticare furente di pensieri e, scrollando le spalle, si allontanò, sentendosi schiacciato da un peso che gli gravava dentro. E ora, cosa doveva fare?

Rimase per ore seduto su una sedia di plastica dalle gambe metalliche, le mani strette su un bicchiere di cartone al cui interno il tè si stava malamente raffreddando, gli occhi fissi su quella brodaglia giallognola che doveva dare vagamente di limone, ma che in realtà gli ricordava di più il detersivo per i piatti. Santa Inari, quanto faceva schifo il tè del distributore.

Sospirando, si stravaccò sulla sedia, scrutando ora il soffitto, le luci al neon che sfarfallavano leggermente, per via di un lieve calo di tensione. Ripensandoci, parlare ancora con quel cialtrone serviva a qualcosa? Dopotutto, aveva deciso di affrontare ogni situazione di petto, senza più nasconderle nel sacco che si portava appeso sulla schiena, quindi perché non togliersi quell'ennesimo peso? Ed ecco perché, dopo diverse ore, era ancora in ospedale, perché l’unica persona che poteva risolvere quel suo enigma era ancora in servizio, dedita ad ultimare il giro delle visite.

L’aspettò in ansia e, quando la vide arrivare, stremata dopo quel lungo e massacrante turno di lavoro, quasi ci ripensò a volerla ulteriormente tediare con i suoi dubbi, ma quando il suo sguardo incrociò quello di Ayumi, capì che non poteva in alcun modo evitare quel confronto. Gli serviva sapere, altrimenti non sarebbe riuscito a proseguire nella sua vita.

Attese quindi che gli si avvicinasse, porgendole una bottiglietta d’acqua che aveva preso dal distributore apposta per lei. Anche perché non aveva idea di quale bevanda fosse ghiotta la giovane Uchiha, e preferì evitare l’orrido tè che tanto mal sopportava. Eppure, la ragazza parve apprezzare particolarmente. Si lasciò cadere sulla sedia al suo fianco, sospirando stancamente. «Haaaa, mi ci voleva proprio! A proposito, scusami se ho alzato i toni in sala Kacchan ma non mi hai lasciato molta scelta. Si può sapere cosa ti era saltato in mente?» Gli domandò, senza traccia di rimprovero nella voce, ma solo pura e semplice curiosità.

Kacchan si passò imbarazzato una mano dietro la testa, scompigliandosi i capelli biondi, abbassando lo sguardo sulle mani della ragazza, strette intorno alla bottiglia di acqua fresca. «Io... Diciamo che non ero tanto lucido. Vedi... Volevo assolutamente iscrivermi al corso e... A ripensarci ora, ho davvero fatto una pazzia, non sarei mai dovuto irrompere in quel modo... E tu avresti dovuto cacciarmi via a calci, invece...» Ammise, alzando lo sguardo su di lei, piegato in avanti, con le braccia piegate sulle ginocchia. «Perché non l’hai fatto? Perché mi hai permesso di assistere all'intervento? Centra forse mio cugino?»

Diretto, senza troppi giri di parole, puntò dritto a dove voleva arrivare, e fu ora il turno della ragazza di abbassare gli occhi sulla bottiglietta che stringeva tra le mani.... E la sua griglia emotiva venne completamente mascherata, impedendo a Kacchan di poter capire quali sentimenti la pervadessero. E ciò rappresentava una porta sbattuta in faccia, no? «Se dopo l'esperienza di oggi sei ancora interessato, come promesso avrai la tua possibilità di diventare un medico a tutti gli effetti, in tal caso domattina porterò le scartoffie da firmare e potrai iniziare il giro visite con gli altri specializzandi. Ti assicuro che non è sempre così frenetica la nostra vita, quella di oggi è stata un'emergenza nell'emergenza, un episodio che anche chi lavora quotidianamente in pronto soccorso vede di rado.»

Deviò il discorso, riportandolo su quello “neutrale” del corso, ma non si diede per vinto, almeno non per il momento. Quando Ayumi si alzò, per andarsene, la bloccò, afferrandola per un polso, accarezzandone delicato l’interno con il pollice, saggiando la morbidezza e la freschezza di quella pelle chiara. «Ti prego, Ayumi, spiegamelo. Sono per caso un cazzo di raccomandato?» Per tutta risposta la ragazza gli sorrise, afferrando la sua mano e sciogliendosi dalla sua presa. «Vieni domani e scoprilo tu stesso.»

E lui l’aveva fatto. Era tornato il giorno dopo. E il giorno dopo ancora.

Due settimane dopo
«Sei in ritardo di venti minuti.» Sentenziò col suo classico tono di voce Naoko Aburame, le braccia strette intorno ad un imponente blocco per appunti a spirale, da cui sbucavano, in maniera ordinata, decine di linguette colorate. Dritta nella sua minuscola statura, scrutava Kacchan arrivare di corsa, tutto trafelato, sistemandosi una penna che gli stava sfuggendo via dal taschino della sua casacca azzurra, su cui era appeso un cartellino plastificato fermato al tessuto con una spilla.

Ancora non riusciva a credere di esser un tirocinante del corso di medicina, eppure doveva fare in fretta ad abituarsi a quella nuova realtà, che l’aveva ormai inglobato da due settimane abbondanti. Ovviamente i dubbi che l’avevano attanagliato quel giorno, insieme ad Ayumi, non l’avevano mai abbandonato, instillandogli sempre quel pizzico di fastidio e angoscia che ormai accompagnavano sempre la sua vita, eppure si stava rendendo conto che, probabilmente, la maggior parte del lavoro era fatto dalla sua fantasia e dal suo innato senso di inadeguatezza.

Si era reso conto, infatti, che in molti avevano avuto quella sua stessa idea, ovvero che Kacchan fosse raccomandato per via di suo cugino, eppure nessuno lo poneva sopra un piedistallo, anzi tutt'altro, e di ciò Kacchan ne era estremamente grato. In molti, infatti, cercavano di ostracizzarlo ed ostacolarlo, dandogli i compiti più infidi e fastidiosi, quasi a dispetto delle eventuali ricompense che avrebbe potuto sfruttare col suo grado di parentela, ma il giovane Yamanaka quasi ci sguazzava con gioia, in questa condizione. Perché in questo modo avrebbe potuto mostrare agli altri, ma soprattutto a se stesso, che tutto ciò che aveva e otteneva in quell'ambito, erano merito suo, e di nessun altro. Ecco perché ci teneva tanto a faticare il doppio rispetto agli altri. Ed era anche per questa ragione che era riuscito ad avvicinarsi tanto alla bisbetica Aburame.

«Ho finito adesso di fare l’inventario delle scorte mediche al terzo piano....» Le rispose, tirando il fiato e affiancandola, in fila dietro altri tirocinanti guidati dal capoturno nel loro quotidiano giro visite. «Davvero? Peccato, speravo ci mettessi di più.» «Certo che sei proprio stronza.» «Lo so.» Nonostante lo screzio iniziale, Kacchan aveva imparato ad apprezzare notevolmente la presenza di Naoko, tanto da sentirla quasi indispensabile, in quell'ambiente. Col suo modo di fare così schietto e diretto, senza peli sulla lingua, Kacchan aveva trovato in lei una sorta di figura terapeutica, ed era un portento sul lato lavorativo, tanto che sembrava avesse fagocitato ogni possibile enciclopedia medica esistente sulla faccia della terra, quante erano le cose che sapeva a mena dito. Peccato che, proprio per questo suo carattere, sul lato umano facesse pena, ed ecco che Kacchan cercava di aiutarla, provando a farle uscire il lato umano che c’era in lei. Al momento, però, era riuscito a tirarle fuori solo il lato da “saccente zitella acida”, ma era già un miglioramento, almeno a detta degli altri compagni di corso. Avevano proprio uno strano rapporto simbiotico...

«Allora, che cosa abbiamo oggi?» Le domandò sottovoce, per evitare di disturbare la spiegazione dettata da Kiyoko sensei, l’infermiera in carne che, una volta, l’aveva scambiato per suo cugino. «Abbiamo ultimato il giro nell'ala B e adesso recuperiamo un paio di letture che ci hanno dato da studiare. Una potrebbe particolarmente interessarti.» E, così dicendo, battè la punta del dito su una nota che aveva segnato sul suo blocco appunti, dove vi erano segnati i titoli dei libri da recuperare. E, ovviamente, Kacchan capì subito che lei si stava riferendo a quello sulle malattie mentali. «Simpatica come sempre, Naoko. Dici che troverò un paragrafo dedicato anche su di te, su quel manuale?» «Probabile.»

Sogghignando, si mise dritto, recuperando dalle mani di Naoko il suo blocco appunti, iniziando a scorrere lo sguardo sugli appunti precisi e dettagliati presi durante quel giro visite. Passarono quindi la pausa pranzo insieme, studiando le varie letture e rivedendo i casi clinici di quel giorno, permettendo a Kacchan di rimettersi in pari. Gli appunti dell’Aburame erano fantastici, ma lo Yamanaka aveva tutta l’intenzione di dare un’occhiata alle cartelle cliniche per conto suo, magari prima di finire il turno, nel caso il giro visite del pomeriggio si dimostrasse breve. Naoko, infatti, aveva volutamente evitato di dirgli chi avrebbero visitato dopo.

E fu sorpreso di scoprire che, il giro visite del pomeriggio, sarebbe partito con la visita del signor Takumi, il paziente di cui aveva seguito in prima persona l’intervento al cuore. Trovarono l’anziano disteso sul letto, debole, la maschera dell’ossigeno premuta sul viso sciupato, l’anziana moglie al suo fianco.

Kacchan era contento di vederlo, anche se avrebbe tanto sperato di trovarlo un filino meglio, e poi... Perché diamine i monitor erano stati staccati? Mentre la mente vagava, travolta dai ricordi di quella sala operatoria, qualcuno gli diede una gomitata nelle costole, facendolo piegare di lato. Guardò torvo Naoko, chiedendosì perché diavolo gli aveva fatto male, ma la ragazza gli indicò il paziente con un cenno del capo, e solo allora Kacchan si ricollegò con il presente e, lentamente, volse lo sguardo verso l’infermiera che, sorridendo, aspettava una sua reazione. «Kacchan, il paziente è anche un po' tuo quindi a te l'onore di iniziare.»

Spalancò gli occhi, agitato, guardando prima l’infermiera e poi il paziente, non sapendo bene cosa fare, ma soprattutto, erano davvero sicuri? “Idiota, di che ti preoccupi? Hai ravanato dentro il petto di sto tizio, ed è ancora vivo. Che ci perdi a fare una visita di controllo, adesso?”

Con un profondo respiro, si passò le mani sudaticce sulle gambe dei pantaloni, iniziando ad osservare i monitor che, spenti, non gli avrebbero suggerito nulla. «Ehm, beh... Il paziente ha subito un intervento a cuore aperto, quindi la prima cosa che mi verrebbe è di controllare e valutare la frequenza cardiaca e la pressione sanguigna. Auscultare con lo stetoscopio il petto e dietro la schiena, per sincerarmi che non ci siano strani rumori e valutare un buon funzionamento del sistema respiratorio. Controllerei anche il catetere vescicale, così da sincerarmi delle condizioni renali, dato il forte stress a cui è stato sottoposto il paziente. Se non sono state già fatte, consiglierei di effettuare esami del sangue, elettrocardiogramma, ecocardiogramma, Rx toracica. Dato che il signor Mitokado ha perso molto sangue durante l’operazione ed è stato sottoposto a trafusione, valuterei anche di sottoporlo ad esami per valutare la presenza di infezioni virali e batteriche, emolisi immune intravascolare ed extravascolare e non immune, valutare la presenza di reazioni allergiche e anafilattiche, sepsi post-trasfusionale, reazione trasfusionale febbrile non emolitica, sovraccarico circolatorio e sovraccarico marziale. E in base agli esiti degli esami, valutare se continuare con la somministrazione antibiotica e antidolorifica, ricalibrandone i dosaggi, via flebo e se aggiungere, sostituire o rimuovere eventuali dosaggi di plasma expander, soluzioni tampone e integratori. »

Riprese fiato, osservando i presenti, per poi proseguire a briglia sciolta, senza sapere se, effettivamente, quello che proponeva fosse giusto o sbagliato, ma, finché rimaneva tutto sul piano ipotetico, poteva ancora permettersi il lusso di commettere qualche errore. «Ah, e ovviamente controllerei lo stato della ferita chirurgica e temperatura corporea. E già che ci siamo, valuterei anche la sensibilità degli arti, non si può mai sapere....»


Di roba medica non ne capisco una ceppa. Spero solo di non aver scritto troppe boiate :asd:
 
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view post Posted on 22/9/2018, 22:52     +1   -1
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♫ Peace ♫

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U
n treno in corsa, quando Hachi Yamanaka detto Kacchan iniziò la sua analisi, nessuno riuscì a fermarlo. Ostentando una certa sicurezza sulla materia l'apprendista medico utilizzò un linguaggio molto tecnico e partendo dalle prime osservazioni finì per descrivere un intero percorso da seguire, il tutto dettato da un certo criterio. Dalle infermiere poco distanti ai compagni di corso - passando per il paziente e la stessa Kiyoko-sensei - fu difficile dire chi fu il più perplesso di tutti. Gli riusciva naturale e per quanto dentro di se celasse insicurezze di varia natura furono i geni a parlare per lui, a farlo muovere e a guidarlo mentre auscultava il cuore, controllava le urine e tutto il resto.
Quando finì la dottoressa prese a parlare espirando dando come l'impressione che avesse trattenuto il respiro fino a quel momento.

"D'accordo d'accordo, ricordatemi di non farglielo fare mai più o potrei trovarmi senza lavoro nel giro di qualche mese!"

Sentito lo strano complimento della dottoressa l'anziano esibì un sorriso sghembo, il massimo che la convalescenza gli permetteva era quella mezza smorfia, tra le infinite rughe scavate sul suo viso tuttavia i presenti lessero facilmente conforto e gratitudine. Kiyoko a quel punto dando un paio di buffetti sulla gamba del paziente riprese con il suo solito fare indaffarato e riaccese uno ad uno i vari macchinari.

"Naoko cara intanto ti dispiacerebbe portare la prescrizione di quegli esami di là, hai buona memoria dubito ti serva prendere appunti dico bene? In quanto a voi altri restate concentrati e leggete qui.."

Seppur indirettamente l'Aburame finì per fare la segretaria di Kacchan, fu come se lui avesse prescritto la cura e di certo lei non fu contenta di quell'incarico: sul momento non si rese conto che la scelta della dottoressa era dettato da fiducia e stima, sapeva che a differenza degli altri non aveva bisogno del continuo della lezione.

".. Qualcuno sa dirmi cos'è l'onda T?"

[...]


Circa trenta minuti dopo il gruppo di specializzandi al completo uscì dalla stanza del signor Takumi per lasciarlo riposare e lo fecero con in mano un piccolo dono trasparente e ben infiocchettato. Il sacchetto era pieno di biscotti che l'anziana Sachiyo aveva preparato e confezionato con le sue stesse mani, ne regalava uno ad ogni medico e ad ogni persona che veniva a fare visita al marito - nemmeno il Sandaime fu risparmiato dall'intascare il dono - e nel riceverlo poterono scrutare tutta la riconoscenza nei suoi piccoli occhi e nella stretta del suo abbraccio: uno di quelli pregni di calore e gratitudine infinita.
Nel vederla così, perfino l'Hokage faticò a riconoscerla. Tornata dalla missione in mattinata, era passata a far visita poco prima degli specializzandi e per la prima volta in tanti anni di servizio sembrò arrendersi all'idea che i due Saggi di Konoha avevano fatto il loro tempo. Ma ehi, capiamoci, anche se in gioventù li aveva odiati per come l'avevano trattata e a fasi alterne, ingannata, ad oggi non impazziva affatto all'idea di doverli rimpiazzare e questo perchè crescendo e lavorando al loro fianco aveva imparato a capire il perchè di tante loro decisioni. Molto di quello che sapeva e che le era servito nel ruolo di kage era merito loro, erano stati degli ottimi mentori e al contempo dei nonni adottivi, di quelli un po' bacchettoni ma affettuosi, sempre presenti e disponibili per un consiglio.
Si commosse quando li vide stringere il medaglione con la foto del loro unico nipote, un amico e un fiero shinobi di konoha che in punto di morte fece il suo nome per spingere la sua nomina a Hokage.

(Daisuke-san.. )

Non era solo lei a dovergli molto, era l'intero villaggio a doverlo ringraziare ma come tante missioni di quel calibro, non tutte le informazioni trapelarono all'esterno e anche se la sua morte non fu vana non per questo fu meno dolorosa. Perì al termine di un'operazione che avevano condotto insieme volta a sventare degli infiltrati nelle alte cariche del villaggio: senza il suo aiuto un impostore avrebbe visto il proprio volto venire scolpito sul monte degli Hokage.

* * * *


Il secondo e ultimo paziente che avrebbero visitato quel giorno alloggiava in una stanza lontana dal reparto di terapia intensiva, pur non essendo in pericolo il paziente riposava nel letto di un reparto particolare e cosiddetto "vip". Erano stante per pazienti privilegiati - che pagavano - o che venivano utilizzate per via della notorietà o problemi di sicurezza e simili di alcuni pazienti che, detta in breve, era bene tenere a distanza dalle stanze comuni.

"Mi raccomando, questa visita sarà particolare, esigo la massima diligenza. Finite quei biscotti o metteteli via " O li mangio io forse voleva dire, sicuro come la morte che ci sarebbe riuscita la grande Kiyoko-sensei. "Via le briciole. Sistemate i colletti di quei camici voi due e tu - perdinci! - togliti quell'espressione angosciata dalla faccia."

Percorrendo il lungo corridoio videro dalla distanza la porta di loro interesse ma intesero subito che l'ospite non era solo, sull'uscio intravidero il mantello fiammeggiante e logoro al tempo stesso del Sandaime.

    [X]

    "Come sta?"

    "Ha qualche costola incrinata. La ferita perforante alla spalla è sotto controllo, il pericolo di infezioni è scongiurato, gli resterà una brutta cicatrice ma la funzionalità dell'arto non dovrebbe essere compromessa. Lo sapremo con certezza però solo quando si sveglierà, purtroppo la componente rigenerativa differisce con i nervi."

    "Se non fosse stato per lui non ce l'avremmo fatta.."

    "Si riprenderà, vedrà. Tornerà a dirigere questo posto in men che non si dica, non si preoccupi. E poi io non ho nessuna intenzione di farlo al posto suo, voglio dire, mi ci vedrebbe? Sono troppo giovane, il ruolo di Primario non mi si addice.. Ehm no cioè, non volevo dire che il signor Hachi è vecchio no, nossignore, quello che volevo dire era che.."


    Fu un po' come dare del vecchio ad Hachi e anche ad Akane visto che erano pressapoco coetanei ma se ne accorse troppo tardi, Ayumi era una gran chiacchierona e quando iniziava non c'era modo di fermarla. Goffamente cercò di rimediare ma l'unico risultato che ottenne fu quello di far ridere il Sandaime e tutte le infermiere nei paraggi. Nei paraggi c'era anche Setsuna Hyuga - allieva del Primario - che era venuta a trovare il suo sensei informandosi sulla prognosi e adoperandosi come e più del suo medico curante.
    Restando sul ciglio della porta Akane guardò in direzione del letto su cui riposava lo Yamanaka e prima di andare poggiò una mano sulla spalla delle due ragazze. Sembrò dire "Ve lo affido. Fate del vostro meglio."

Ascoltando in disparte quello scambio di battute a Kacchan probabilmente si raggelò il sangue nelle vene, aveva capito bene, era suo cugino il paziente vip? In ansia il gruppo attese il proprio turno con delle espressioni a dir poco cadaveriche e se Kiyoko diede tranquillamente il bentornato al Sandaime, quando la guida del villaggio passò di li con il suo piccolo seguito gli altri esibirono goffamente un inchino; intento a mangiare biscotti di fianco alla donna v'era il giovane figlio dalla folta chioma bionda e poco più indietro la dottoressa Ayumi che ammiccò verso Kacchan in segno di saluto mentre masticando biscotti tentava invano di convincere la consanguinea a fare un salto in infermeria. Morale della favola? I doni di Sachiye-dono stavano riscuotendo grande successo.

"Non c'è trucco, non c'è inganno. Avanti giovani, sempre avanti. Coraggio su, è permesso sempai? "

Disteso sul letto con lo schienale reclinato v'era proprio Hachi, senza camice a petto nudo e un'ingombrante fasciatura tra spalla e busto.

"Sei già entrata Kiyo-san, come tuo solito oserei dire.. " Sospirando stancamente con quelle poche parole non si sottrasse ai suoi doveri di bravo paziente. Conosceva fin troppo bene la prassi. "Su su, non faccia così, ho sentito che la missione è stata un successo e che ne avete preso uno. " Tentò di tirarlo su ma il silenzio che ne seguì, unito allo sguardo perso oltre la vetrata di lui, valse più di mille parole. "Daaccordo, niente chiacchiere ho capito. Disponetevi a semicerchio ragazzi. Naoko la cartella per favore, leggila tu stavolta."

Tre costole incrinate e ferita perforante all'altezza della spalla già trattata. Nel rapporto i dettagli abbondavano rispetto alle solite cartelle a cui erano abituati e la grafia delle note era perfino leggibile. Forse per gli shinobi e danni derivati dagli scontri la prassi era diversa o chissà, era diverso solo perchè si trattava di QUEL paziente e nessuno dei medici coinvolti voleva rischiare di mettere una sola virgola fuori posto.

Naoko dovette controllare la ferita e insieme agli altri studenti notò che era stato trapassato da parte a parte, a giudicare dai movimenti limitati dell'arto i nervi erano stati lesionati dal chakra raiton ma l'effetto sarebbe sparito con il giusto riposo e della fisioterapia. I lividi riportati al contrario non si contavano e in particolare sull'addome scolpito v'erano strani segni di stritolamento.

"Se è tutt-" ma non lo era, avevano appena iniziato. "Tentacoli. Piuttosto insolito. " lo interruppe lei con la solita invadenza. "Rischi del caso? Forza, non siate timidi ragazzi è un'ottima occasione per mettere in pratica i vostri studi.". In tutta risposta ci furono solo scambi di sguardi quasi come se ognuno volesse scaricare la patata bollente all'altro; nel mentre impacciata Naoko ricompose la fasciatura del paziente illustre che, anche se non lo dava a vedere, mal sopportava la situazione. Aldilà di quanto era successo in missione e aldilà della visita degli specializzandi si trovò ad osservare di sfuggita il cugino e sperare che non facesse una delle sue solite uscite. Non era proprio in vena si commenti impertinenti.

"Sul serio dottoressa, se non le dispiace vorrei riposare. Il viaggio è stato lungo, il successo relativo e il caso non è così interessante come vuole far credere.."

Kacchan potè avvertire chiaramente la sua spossatezza a livello mentale ma c'era anche dell'altro che per via delle condizioni il jonin non si curò minimamente di nascondere. Il suo spirito era animato da un suono diverso dal solito o se c'era sempre stato era la prima volta che Kacchan riusciva a coglierne i particolati, era come se delle note altalenanti si susseguissero senza alcun criterio o ragione che per qualche strano motivo lo portò a pensare a Natsuko e a quello che provava in sua presenza.

L'Hokage era appena uscito e giravano molte voci sul legame che li univa, così come sul bambino dalla zazzera bionda che era comparso nel villaggio tutto d'un tratto, già grande: che fosse innamorato perso? Cosa era successo in quella missione aldilà della cattura di un bijuu?



GdrOff|| Se hai bisogno di risposte o reazione da parte di NPC per completare il post ed evitare giri di post, dimmi pure in privato (Naoko invece gestiscila pure come credi nel seguire le azioni che ho descritto).

Prima di postare fammi sapere in privato che genere di reazioni ha il personaggio, eventualmente Hachi potrebbe chiedere una cosa e potrai inserirla e reagire nello stesso post. Manca poco a finire^^ || GdrOn



Edited by ~Angy. - 23/9/2018, 00:21
 
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A Man of No Consequence

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Nel suo piccolo, Kacchan non era granché convinto del giusto approccio che aveva suggerito. Probabilmente, pensava, aveva esagerato e, magari, tutta quella mobilizzazione di esami e valutazioni cliniche non era necessaria, forse erano addirittura superflue, per cui fu per lui un vero e proprio shock percepire la reazione dei presenti, e non solo di quelli presenti nella stanza del vecchio Mitokado.

Si ritrovò, così, ad arrossire al commento di Kiyoko sensei, ma non un rossore tenue e imbarazzato, ma talmente tanto prepotente e spiccato da fargli diventare rosse pure le punte delle orecchie. «Si, vabbè... Alla fine sono procedure di prassi... Anche gli altri le avrebbero fatte....» Cercò di giustificarsi, mettendo in evidenza il fatto che, molto probabilmente, non aveva fatto nulla di speciale. Davvero, lo sapevano tutti come approcciarsi in un caso del genere, quindi perché sorprendersi tanto, no? Giusto? No?

Impietrito dall'imbarazzo, non sapeva bene cosa fare, se dar forma a quello cui aveva detto a voce, e quindi metter mano sul paziente, o attendere solo i Kami sapevano cosa, perciò preferì stringersi il dischetto metallico dello stetoscopio tra le mani, il capo chino, lasciando spazio agli altri specializzandi di darsi da fare. Visto che aveva detto tutto giusto, non doveva esser difficile, per loro, eseguire quelle semplici mansioni... Anche perché, con le mani che in quel momento battevano come bandiere ghermite dal vento, difficilmente avrebbe potuto fare un buon lavoro.

Le griglie emotive dei presenti erano fin troppo vivide per i suoi gusti e, specie quella di Kiyoko-sensei, gli fece venire una gran voglia di tirarsi una padellata sul muso. Ripetutamente. Magari sincerandosi prima che fosse pulita, ovvio. Perché aveva come l’impressione che, quella donna, da lui si aspettava proprio quello, e non perché fosse da lui, da Kacchan, ma perché c’entrava suo cugino. In qualche modo, ne era macabramente certo.

Stava per fare un passo indietro, proponendosi di effettuare le prescrizioni per quelle visite, quando Kiyoko sensei lo anticipò, delegando Naoko che, al suo fianco, si irrigidì, così come il giovane Yamanaka. Con la coda dell’occhio, dritto nemmeno gli avessero infilato un palo su per il retto, Kacchan sbirciò la collega al suo fianco, cercando di studiare le sue emozioni. La sua calma equilibrata vacillò, vibrando di un fastidio che Kacchan aveva già visto, quando si trattava di lui, ma poi, come se nulla fosse, quella vibrazione sparì, ritornando alla calma piatta di un elettroencefalogramma morto. Che fosse un suo modo per schermarsi da lui?

«Nessun problema, Kiyoko-sensei. Lo faccio subito.» Il timbro con cui Naoko pronunciò quelle due semplici parole gli parvero quasi sepolcrali, facendolo rabbrividire lungo la schiena. Brutto segno, pensò, mentre la seguiva con lo sguardo, osservandola uscire e afferrare la cartella clinica infilata nel supporto di metallo fuori dalla stanza del paziente, per poi rivolgersi alle infermiere li vicino.

Non ascoltò minimamente la spiegazione della donna, preso com'era a scrutare la sua collega. Era la più brava del corso, decisamente molto meglio di lui, e, tra l’altro, lui era l’ultimo arrivato del gruppo, il pivellino, quindi non trovava giusto che fosse Naoko ad espletare quelle mansioni... E poi era preoccupato dalla reazione della ragazza. Temeva che, in qualche modo, ce la potesse avere con lui per quello che era successo...

Incurante della spiegazione che Kiyoko-sensei stava effettuando, scivolò cautamente lungo il muro, uscendo dalla stanza senza dare troppo nell'occhio, arrivando alle spalle della ragazza che, dietro la porta, era intenta ad ultimare la compilazione di alcune schede sulla cartella clinica del paziente.

Bene, ed ora come cominciare il discorso? Schiarendosi la gola, imbarazzato, affiancò la collega, sentendosi ulteriormente a disagio anche per il dislivello d’altezza che c’era tra loro. “Santa Inari, ma c’è qualcosa per cui non mi senta a disagio? Porca di una miseria laida...” «Ehm, allora Naoko... Tutto ok?» «Certamente. Perché non dovrebbe?» Domandò, senza distogliere l’attenzione dalle annotazioni che segnava. «Beh, ecco... Pensavo ci fossi rimasta male... Sai, per il fatto che Kiyoko-sensei abbia mandato te ad effettuare le prescrizioni...»

Teso come una corda di violino, Kacchan si portò una mano dietro la testa, grattandosi nervoso i capelli, senza distogliere gli occhi cobalto dalla figura della collega che, senza batter ciglio, chiuse la cartellina e la ripose nell'applicazione metallica, poggiandovi sopra la mano. Rimase in silenzio per qualche secondo, voltandosi poi verso di lui e, stranamente, il giovane suppose che quel prolungato silenzio fosse fatto di proposito, affinché si innervosisse ulteriormente. “Ok, la cosa non le è andata proprio giù...” «Sul serio. Sono la migliore del corso, conosco a memoria tutti i compendi medici basilari per le funzionalità medico-infermieristiche, e tu mi stai chiedendo se me la sono presa se la sensei mi ha afficato un ruolo da passacarte? Ma li hai visti, gli altri tirocinanti?»

Nonostante il suo tono fosse atono e privo di alcuna inflessione, Kacchan colse tra le righe una certa saccenza da parte dell’Aburame che, piazzatasi di fronte a lui, dava deliberatamente le spalle alla sala dove i loro compagni stavano ascoltando la spiegazione. «Sono pesci fuor d’acqua, a mala pena sono riusciti a seguire le procedure che hai descritto qualche minuto fa e, temo, alcuni probabilmente non hanno nemmeno idea di che tipo di esami tu stessi trattando. Era inevitabile che la sensei chiedesse a me di trascriverle e riferirle al personale, per preparare gli esami richiesti. Ti immagini cosa sarebbe successo, se l’avesse fatto uno di quelli?»

Kacchan non poteva vedere gli occhi della ragazza, nascosti com’erano dagli occhiali dalle lenti tonde e scure, ma sicuramente fiammeggiavano, indignati per quella mancanza di competenza da parte di quelli che sarebbero dovuti diventare i futuri medici di Konoha. Ovviamente, tutto questo Kacchan lo poteva solo intuire, perché, come solito da parte di Naoko, il suo timbro di voce non faceva trasparire nulla di qualsivoglia emozione. «Oh, bhe, effettivamente....» Non che potesse dire altro. Naoko non aveva tutti i torti e, stando alle griglie emotive dei ragazzi li dentro, effettivamente manifestavano un certo disagio, dovuto all'inesperienza e all'insicurezza.... «Magari erano solo in ansia, può capitare...»

Provò a giustificarli, in qualche modo, ma la ragazza, mantenendosi ferma e ostinatamente silenziosa, fece capire allo Yamanaka che no, era irremovibile sotto quel punto di vista. Alla fine, esasperato, il ragazzo sospirò, incurvando le spalle. «Temevi potessi avercela con te?» «Beh, mi sembra ovvio. Hai visto come sono andate queste due settimane, e il commento di Kiyoko sensei ne è un riassunto fin troppo veritiero: se porto a buon esito qualcosa, non se ne sorprendono nemmeno più. Se lo aspettano, che io vada bene in quello che faccio, e perché? Perché sono il cazzo di cugino del primario, per la miseria.... Possibile che non riesca ad ottenere un merito senza che debbano per forza paragonarmi a lui?»

L’aveva detto di getto, senza pensarci troppo su, rendendo manifesto il tarlo che gli pungolava nel cervello da quando aveva iniziato il corso, e si sentì privo di un peso, contento quasi, di aver fatto quella confessione, specie con Naoko che, priva di alcun tipo di tatto o finezza, gli rispose senza troppi giri di parole. «Che puoi pretendere. È inevitabile che ti rapportino a lui: stai lavorando con l'equipe da lui selezionata e formata, con il personale che l’ha plasmato e indottrinato nell'arte medica. Se temi di non ricevere i giusti meriti per quello che fai, allora non avresti mai dovuto effettuare il praticantato qui, non ti pare?»

Fece per aprir bocca, per poter rimbeccare, ma... Dannazione, aveva ragione, anche questa volta, eppure la cosa non lo infastidì, tutt'altro. Sorrise amaramente, alzando le spalle. «Vero. Forse è per questo che mio padre, tempo fa, mi propose di effettuare i corsi a Suna... Diamine, aveva capito già tutto, quel maledetto...» Abbassò lo sguardo, cercando di nascondere gli occhi lucidi, travolto dalla tristezza. Incredibile come suo padre, all'epoca, avesse capito fin da subito cosa avrebbe mai potuto angustiare il suo ragazzo e di come avesse tentato di evitargli un tale fardello. Se non avesse tergiversato, quella volta, magari avrebbe potuto accelerare i tempi, farsi consigliare da lui... Peccato che, purtroppo, l’ultimo assalto subito da Konoha glielo avesse portato via.

«Ehi. La vuoi una coccinella?» Naoko si era chinata, piazzandosi direttamente sotto di lui, così da poterlo guardare dritto negli occhi, nonostante il ragazzo avesse tentato di abbassare la testa per nascondere il tumulto del suo cuore. Sorrise in maniera dolce amara, scompigliando i capelli della ragazza che, sorpresa, emise un versetto acuto stizzito, portandosi le mani alla testa, per evitare di metter troppo in disordine la capigliatura castigata. «Nah, non serve. Ora mi calmo... E poi è un po’ inquietante, il modo in cui le spacci.... Nemmeno fossero metanfetamine.» «Vero. Ma fossi in te una me la prenderei....» Rispose candidamente, spiazzando il ragazzo e facendolo ridere.

Suo padre era morto, non l’avrebbe più aiutato ad affrontare i problemi che la vita gli poneva d’avanti, e gli mancava terribilmente, eppure doveva andare avanti, superare la perdita e, con essa, trovare la forza per affrontare ciò che lo spaventava. Ormai nessuno l’avrebbe potuto più proteggere, poteva contare solo su di se, per poter sconfiggere i suoi demoni interiori.

Affiancando la ragazza, Kacchan ritornò nella sala, finendo di seguire la spiegazione e fu con un sorriso imbarazzato che accettò il piccolo dono offertogli dalla moglie del signor Mitokado. Peccato non fosse un patito dei dolci, ma per correttezza ne mangiucchiò uno, riponendo gli altri nella tasca della casacca. Glieli avrebbe lasciati a Chiyo, che di sicuro li avrebbe saputi apprezzare molto più di lui.

Il gruppo si spostò, allontanandosi da quel reparto e recandosi in uno che permetteva ai pazienti di rimanere più “appartati”, se così si poteva dire. Sgranocchiava lentamente il biscotto, sperando in cuor suo di non dover effettuare un altro spettacolino come quello fatto dal signor Mitokado. Di sbalzi umorali ne aveva avuti a sufficienza, per quel giorno... Povero fesso.

Capì subito che quella giornata sarebbe finita male, quando intravide il piccolo gruppo appartatosi davanti alla porta che immetteva nella sala dove era stato portato il loro prossimo paziente da visitare. Non fu una consapevolezza immediata, però: dapprima, nel vedere il gruppetto, percepì una strana vibrazione sottopelle, quasi come se qualcosa gli si agitasse dentro, agitandolo. “Calmo, magari è solo la tua immaginazione....” Provava a convincersi, ma più si avvicinava al gruppo composto da Ayumi, Setsuna Hyuga e niente popò di meno che Akane Uchiha, l’Hokage, più percepiva il fastidio crescere dentro di lui, perché il suo sesto senso gli suggerì che, dietro quella porta, steso sul letto, poteva esserci solo una persona. “Dannate Hachi’s Angels....”

Quando, però, riuscì ad intercettare il loro discorso, ebbe la conferma che stava cercando, prima ancora di varcare quella soglia. «Te l’avevo detto, io, che ti serviva una coccinella.» Nel sentire Naoko sussurrargli al suo fianco, Kacchan volse la testa verso di lei, gli occhi sgranati. «Cosa?! Tu sapevi che saremmo venuti qui?» Pronunciò in un sibilo rabbioso, serrando le dita sul biscotto che aveva in mano, spezzandolo. Per evitare di farne cadere pezzetti a terra, cercò di riprenderlo al volo, stringendolo nella mano libera, ma urtando il tirocinante che aveva avanti. «Kiyoko-sensei ci aveva informato che avremmo fatto visita a qualcuno di “speciale”, ma non ero poi granché certa che fosse lui...»

Cercando di trattenere un imprecazione, Kacchan non aveva più voglia di continuare quel giro visite, ma sfortunatamente la fiumana di tirocinanti lo costrinse a proseguire, spingendolo così nella sala in cui avevano sistemato suo cugino Hachi. Disteso sul letto, con lo schienale reclinato, c’era una sua versione più adulta e decisamente molto più acciaccata.

Nonostante il fastidio che provasse nel ritrovarsi nella sua stessa stanza, il giovane Yamanaka non poté fare a meno di domandarsi come diamine avesse fatto a ridursi così: pallido, pieno di lividi ed escoriazioni, aveva una grossa fasciatura che gli ricopriva la spalla e buona parte del busto. Stando a quello che aveva sentito di sfuggita da parte di Ayumi, aveva delle costole incrinate e la spalla perforata da parte a parte.

“Non è tuo cugino. Non è quel cazzone, è solo un paziente. Trattalo come tale.” Si, come no, difficile riuscire a nascondere il suo fastidio, ma se voleva diventare davvero un medico, doveva riuscire a superare discordie e pregiudizi, trattando chiunque gli capitasse sotto tiro in egual misura. E questo pensiero, almeno in parte, lo calmò, ma quando sbirciò da sopra la spalla di Naoko, intenta a leggere ad alta voce la cartella clinica del paziente, non riuscì ad evitare di stritolare ciò che rimaneva del biscotto, ancora chiuso nella sua mano.

La cartella che raccoglieva tutte le informazioni riguardanti suo cugino, comprese le nuove terapie a cui era stato sottoposto per quella nuova seduta, erano state trascritte con doviziosa perizia, prive di errori e con una completezza tale da rasentare la perfezione. Ed era l’unica cartella clinica che, da quando aveva iniziato il tirocinio, risultava così perfetta. Nessuno degli altri pazienti sembrava aver mai subito un simile trattamento. Perché diamine tutta questa differenza? Solo perché lui era il fottuto Primario, meritava una sorta di trattamento privilegiato? Cos'è, gli altri pazienti non si meritavano un’accuratezza e un approfondimento di tale entità?

Se lo sentiva, avrebbe fatto qualche stupidaggine, in quella stanza, così preferì rimanere a ridosso del muro, vicinissimo all'uscita. Somigliava ad un uccellino spaurito, pronto a spiccare il volo alla minima avvisaglia di pericolo. E, proprio come un animale in trappola, non staccava gli occhi da suo cugino che, in tutto quel parapiglia generale, sembrava davvero a disagio. Forse non gli piaceva fare la parte del paziente?

Sibillò, stizzito, notando come Naoko, che era alle prese con le fasciature del primario, gli fece un lieve, impercettibile, cenno del capo, facendo uscire una delle sue coccinelle dalla scollatura della sua casacca. “Caccia fuori un’altra di quelle coccinelle, e per quanto è vero che Inari protegge le risaie, te le infilo tutte su per il culo.” “Vivono già all'interno del mio organismo, mi spiace.” “Fanculo.”

«Tentacoli. Piuttosto insolito.» Affermò la loro insegnante, scoprendo il torso del medico, rendendo visibili ai ragazzi lunghe striature violacee, con evidenti segni di abrasione. Accigliatosi, per un attimo il ragazzo mise da parte l’astio che covava in quel momento, per cercare di capire in che razza di situazione si fosse infilato suo cugino, per ridursi in quello stato. E, a quanto pareva, non era l’unico a porsi quella domanda, perché anche un tirocinante davanti a lui, bisbigliando, porse la stessa domanda al suo compagno che, di risposta, gli bisbigliò tutto eccitato, coprendosi la mano con la bocca, per non farsi scoprire. «Ma come, non lo sai? Da quando sono tornati, non si fa che parlare d’altro! Era in missione, in una squadra capitanata dall’Hokage in persona, e sono riusciti a catturare uno di quei Bijuu!» «Cavolo, saranno stati fantastici!» Kacchan raggelò nel sentire quella parola, dimenticandosi di tutto e tutti. Bijuu? Ne avevano davvero affrontato uno?

Con lo sguardo basso, non poté fare a meno di pensare ad un’altra, di missione, per l’esattezza l’ultima che aveva compiuto, risalente a quello stesso autunno: il suo team era stato incaricato di gestire l’evacuazione e la messa in sicurezza di un piccolo centro abitato, situato in una foresta di querce poco distante dal confine. Tutto sembrava procedere senza intoppi, sfortunatamente non si erano resi conto che, tra gli abitanti che stavano scortando in un posto più sicuro, vi era un membro del Kyo Dan. L’uomo, un pazzo fanatico, ne aveva approfittato per sfruttare le vite di quegli abitanti in un macabro rituale, nella speranza di poter chiamare a se una di quelle dannate bestie, Kurama, la Volpe a Nove Code, che già aveva seminato morte e distruzione nel Paese. Assorbendo dei residui di chakra che la belva si era lasciata dietro durante i suoi ultimi attacchi, l’uomo li aveva incanalati all'interno delle sue vittime, creando così delle piccole riproduzioni di quel Bijuu che, sotto il suo controllo, avevano intenzione di divorare quanto più chakra possibile dagli altri abitanti, così da fare da esca per attirare l’originale.

Con non pochi sforzi, insieme alle sue compagne, Chiyo e Natsuko, erano riusciti a mettere in salvo il resto dei civili, mentre il loro sensei, Matsuda Nara, cercava di tenere impegnato il membro del Kyo Dan e quella sua mezza dozzina di piccoli demoni affamati. A quel punto aveva lasciato la protezione dei civili alle ragazze, precipitandosi in aiuto del suo sensei, ed è stato allora che Kacchan commise un madornale errore: per facilitare la cattura dell’uomo, lo Yamanaka, approfittando del non esser stato individuato dal nemico, lo aveva colpito con una delle tecniche segrete tramandate dal suo clan.

Il Capovolgimento Spirituale gli permise di prendere il controllo del corpo dell’uomo quei pochi secondi, sufficienti ad interrompere il controllo mentale che lui aveva con le creature, e permettere al maestro di intrappolarlo con la manipolazione delle sue ombre. E fu allora, quando il collegamento spirituale si spezzò, che avvenne l’irreparabile. Le creature, prive di controllo e senza più un obbiettivo sul quale infierire, erano rimaste dapprima immobili, confuse, ma poi si erano allontanate, lasciando solo Matsuda sensei e Kacchan, privo di sensi. Nonostante il Capovolgimento fosse spezzato e l’uomo del Kyo Dan reso impotente, immobilizzato e privo di coscienza, lo spirito di Kacchan non sembrava esser rientrato nel suo corpo il quale, sotto gli strattoni dell’angosciato maestro, era scosso dalle convulsioni, quasi stesse avvenendo un conflitto interno.

Quello che il maestro non sapeva, ne tanto meno il giovane Yamanaka poteva prevedere, era che il suo spirito stava cercando invano di fermare quelle creature, tentando di disperdere il chakra della volpe legato a quello delle povere vittime, nella speranza di mettere al sicuro gli altri. Forse pensava di esser abbastanza forte, probabilmente si era sopravvalutato, nel tentativo di voler salvare tutti, vittime comprese, e quelle creature decisero di farsi beffe di lui, andando ad infierire proprio su ciò che lui aveva di più prezioso: le sue due compagne.

Quando Kacchan riprese finalmente i sensi, si era precipitato col maestro dalle sue due compagne, che nel mentre avevano condotto gli abitanti al sicuro, in un sistema sotterraneo usato in passato per dei trasporti. Avevano trovato Chiyo priva di sensi, devastata, mentre si teneva le braccia strette al ventre, a coprire una profonda ferita allo stomaco, e Natsuko, poggiata all’ingresso del tunnel, ancora in piedi solo perché la sorreggevano le ossa, completamente pesta e sanguinante in più punti. E, intorno a loro, i corpi esanime delle piccole bestie che, ormai privi del chakra del Bijuu, ritornavano ad assumere le loro sembianze umane.

Fortunatamente venne in loro soccorso una squadra di supporto, che immediata si prese cura delle due ragazze, strappandole alla morte quasi per un soffio. Eppure, la missione era stata un successo: avevano portato a termine l’evacuazione, impedito una strage, fermato e catturato un membro del Kyo Dan, e il tutto con sole sei vittime.

Rifocillatisi ad un campo base, attendendo la ripresa delle ragazze, Matsuda sensei aveva confidato al ragazzo la sua intenzione di proporli per una promozione, per l’ottimo risultato raggiunto. Era stato allora che Kacchan aveva perso la testa, iniziando ad aggredire dapprima verbalmente, poi fisicamente il maestro, venendo fermato solo dall'intervento di alcuni ninja li presenti. Ed era stato per questo che era stato messo in congedo e costretto ad esser seguito da un terapeuta. Disturbo post-traumatico, avevano detto.

“Disturbo un corno.” Pensò, raggelato dal ricordo del passato. Nessuno sapeva che, in realtà, la sua reazione era stata dovuta da ben altro che un banale shock. L’aggressione alle ragazze, da parte delle bestie, l’aveva causata lui, perché nel tentativo di fermarle, aveva permesso loro di scoprire dove si fossero nascoste. E aveva visto tutto, TUTTO, di quello che quelle belve avevano fatto loro. Quindi come poteva, quel deficiente del suo caposquadra, pensare anche solo di promuoverlo! Per colpa sua per poco non le ammazzavano!

Tremante di rabbia, la vista di suo cugino ridotto in quello stato non fece altro che metter benzina sul fuoco. Perché, conoscendolo, si era ridotto in quel modo per salvare i suoi compagni, riuscendoci, per giunta. Ma allora perché quel dannato ci era riuscito, mentre lui no? Perché dovevano esser finite le sue due migliori amiche, in un letto d’ospedale, invece che lui?

La sua griglia emotiva era ormai allo scatafascio, pronta ad implodere su se stessa, segno inequivocabile dell’imminente crisi che avrebbe avuto e che a malapena sarebbe riuscito a frenare.
«Perché....» Sillabò a denti stretti, fremente, le braccia tese nello sforzo di mantenersi ancorato al muro alle sue spalle. «Perché diavolo la sua cartella clinica è così perfetta, mentre quelle degli altri pazienti riportano tanti errori o mancanze? Cos'è, vi piace tanto avere pazienti di serie A e serie B?» “No, cazzo, fermati....”

Batté il pugno sul muro con forza, serrando la mano talmente tanto forte che le unghie si conficcarono nel palmo. «Quindi che senso ha perdere tempo con LUI, se tanto l’avete analizzato dalla testa ai piedi, senza tralasciare alcun particolare? Cos'è, una presa in giro verso gli altri pazienti, per cui non dedicate altrettanta attenzione? E TU! TU permetti che si faccia tutto questo? Andatevene tutti un po’ a fanculo.» E, così dicendo, per poco non scardinò la porta, nel tentativo di andarsene.

Non era riuscito più a trattenersi, era scoppiato, riversando la sua rabbia proprio su quell'uomo che tanto odiava. Rabbia e odio che, in realtà, provava per se stesso. E solo perché non poteva essere come lui, forte abbastanza da riuscire a proteggere chi gli stava più a cuore. «Gliel'avevo detto, io, di prendere una coccinella.»
 
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view post Posted on 27/9/2018, 21:16     +1   -1
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I
l modo in cui tenne le distanze non passò certo inosservato ai presenti ma, nonostante il suo nervosismo, tra un'interrogazione e l'altra Kacchan riuscì a inserirsi nel dibattito chiedendo se avevano considerato lesioni agli organi interni. La dottoressa annuì e spostandosi lateralmente dalla sua cartellina tirò fuori diverse lastre: una volta posizionate sulla lavagna retroilluminata gli specializzandi poterono osservare le condizioni dell'uomo con più accuratezza. Le costole incrinate erano piuttosto evidenti mentre le sfocature biancastre appena sotto non evidenziavano emorragie o rigonfiamenti di sorta.

"Considerando che è stato rianimato da chi non era del mestiere, anche se parliamo del Sandaime, è stato fortunato. Nel farlo avrebbe potuto rompergli le costole o peggio, lo sterno."

E sarebbe stato il colmo dopo che l'aveva trafitto alla spalla. Le dinamiche non erano specificate ma che fosse stata lei a colpirlo e in che modo, si.

"Grazie della visita Kiyoko-san. Insieme ad Ayumi state facendo un ottimo lavoro con gli specializzandi, mi piacerebbe occuparmene da solo ma sapete com'è.."

"Troppo gentile sempai, così mi fa arrossire! Spero solo che questa sia davvero la loro vocazione e che supereranno brillantemente l'esame. "

"Con la pratica invece come se la cavano? "

"Come tutti i medici sono più bravi a curare i pazienti che a prendersi cura di loro stessi.."

Alludendo all'autocura che ancora non avevano imparato alla perfezione la donna gli lanciò uno sguardo apprensivo: fu un chiaro riferimento alla fretta che il jonin aveva di lasciare il ricovero.

"Mi raccomando, non abbia fretta di tornare a lavoro, prendetevi cura di voi."

Colpito nel segno con il braccio sano fece un ironico saluto militare "Agli ordini capo.", il suo abbandono prematuro dal reparto non sarebbe stata il primo, come Primario dell'ospedale infatti poteva tranquillamente firmare il foglio delle sue stesse dimissioni.

"Beh qui abbiamo finito. Ragazzi e ragazze il giro visite è concluso, tornate pure ai vostri studi."

Ma poteva finire davvero tutto così in tranquillità? Che domande, certo che no.
Kacchan sembrò destarsi da un sogno e battendo il pugno non si sprecò in complimenti nel far notare la differenza di trattamento tra i normali pazienti e quelli del reparto così come quello tra questi ultimi e Hachi. Senza peli sulla lingua il ragazzo fu sul punto di perdere il controllo e accusò il Primario di permettere quello schifo.
Quell'uscita rabbiosa e improvvisa pose l'accento su quello che avevano pensato tutti i suoi compagni - nessuno aveva avuto il coraggio di farlo notare - e come c'era da aspettarsi nella stanza
calò un silenzio asfissiante. Se da un lato Kiyoko non seppe cosa rispondere, il jonin non battè ciglio alle accuse del cugino. Era stanco, avrebbe voluto dormire e riposare ma non per questo gli avrebbe negato una risposta.

"Dovresti porre queste domande a chi compila quelle cartelle e ai medici che mi hanno in cura, non trovi?"

Così dicendo lo invitò a riflettere, spiegò che era inevitabile che prestassero più attenzione ai pazienti di quel reparto perchè spesso si trattava di persone influenti, ricconi spietati che alla minima virgola fuori posto avrebbero potuto far causa al medico o all'intera struttura. Nel suo caso essendo il responsabile della struttura chi lo aveva in cura sapeva bene che poteva risalire facilmente a chi era l'incaricato di turno per la trascrizione dei dati e un errore poteva significare il licenziamento o la riassegnazione. Ironia della sorte, sottolineò, era proprio per i suoi provvedimenti se quella cartella era così perfetta e le altre appena accettabili.

"Confido in voi per alzare gli standard."

Il tentativo di motivarlo a migliorare il sistema sarebbe suonato di certo come una sfida alle orecchie di Kacchan - o come una paraculata, chissà - ma d'altra parte la coscienza pulita del cugino trasparì cristallina per mezzo delle sue iridi azzurre. Sguardo placido e battito sereno, dettagli che il genin avrebbe potuto cogliete senza alcuna difficoltà.






GdrOff|| Altro post impegnativo per te. Reagito alla risposta di Hachi puoi skippare fino al giorno dell'esame, a grandi linee sarà un test teorico con anche delle diagnosi da fare su vecchie cartelle cliniche. Al termine, l'esame pratico verte su una dimostrazione, dovete farvi un taglietto e rimarginarlo con l'Autocura. Puoi ruolare il superamento della prova e al termine, dopo il giuramento di gruppo:

« Giuro solennemente di essere un fiero medico di Konohagakure no Sato.

Non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortale, né suggerirò un tale consiglio e regolerò il mio tenore di vita per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio. Ciò che vedrò o intuirò durante l'esercizio sarà legato e sempre soggetto a segreto professionale per la tutela della riservatezza del paziente; tacerò su ciò che non è necessario sia divulgato. Mi asterrò da ogni accanimento diagnostico e terapeutico e giuro di curare ogni paziente con eguale scrupolo e impegno, prescindendo da etnia, religione, nazionalità, condizione sociale e ideologia politica.

Consapevole dell'importanza e della solennità dell'atto che compio e dell'impegno che assumo, giuro di rispettare i colleghi anche in caso di contrasto di opinioni e di facilitare il diritto alla libera scelta del medico curante.

E' con innocenza e purezza che io custodirò la mia Vita e la mia Arte.»


.. ti faranno notare che per poter iniziare ad esercitare devi riottenere l'abilitazione come shinobi. Puoi già entrare nello studio dell'Hokage e fare rapporto sulla missione che ha portato alla sospensione. || GdrOn
 
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view post Posted on 28/9/2018, 14:56     +1   -1
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A Man of No Consequence

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Dove in tutti i modi uscire da quella stanza, respirare a pieni polmoni, perché stranamente l’ossigeno sembrava esser stato aspirato via, lasciandogli nel petto una morsa ferrea che gli impediva di respirare, ma quella, sapeva bene, era la conseguenza di tutta la rabbia che provava in corpo e che sperava ardentemente di poter uscire, per spaccare e devastare qualcosa, che fosse una finestra, una sedia, una porta o la testa di qualcuno, anche la sua, volendo.

Per ora, invece, preferì accanirsi sulla porta chiusa dietro di se che, quasi a voler mandare a fanculo il suo tentativo di fuga, si ostinava deliberatamente a lasciarlo inchiodato li dentro, nonostante tirasse la maniglia come un ossesso. Perché diavolo non riusciva ad uscire?

La voce limpida e cristallina del cugino lo bloccò sul posto, le spalle contratte, le braccia tese e le mani serrate su quella dannata maniglia che non voleva minimamente accennare di far schiudere quella dannata porta. E quelle parole, quelle parole che pronunciò, con tanto candore, lo lasciarono interdetto, facendogli dimenticare la rabbia che, bollendo, stava facendo sbatacchiare il suo coperchio.

Volse il capo, guardandolo da sopra la spalla con due occhi sgranati, mentre leggeva la sua griglia emotiva che, unita a quelle parole da lui pronunciate, lo lasciarono ancora più interdetto. Come poteva comportarsi così? Come poteva permettere che una cosa del genere potesse accadere, proprio lì, nel suo ospedale.... Non era questa la concezione che Kacchan si era fatto della medicina, del lavoro che doveva fare il medico.

La vita, di per se, già faceva schifo, era un costante altalenarsi di dolori e sofferenze e quegli attimi fugaci di pace e serenità che si provavano, lo sapeva, erano solo temporanei, atti a permettere all'individuo di prepararsi, fisicamente e psicologicamente, per ricevere l’ennesima batosta. Era per questo, soprattutto, che da sempre l’aveva spinto a voler diventare medico, per poter aiutare quelle povere anime dannate che erano loro miseri mortali, per prepararsi alla nuova catastrofe che li attendeva, e per permetter loro di affrontare quei momenti bui e terribili, aiutandoli a rendere il loro fardello meno duro e pesante da sopportare. E questa visione della vita non risparmiava nessuno, ne ricco ne povero, ne bello ne brutto. Tutti, in un qualche modo, ne erano colpiti. Certo, il prestigio e il potere potevano permettere di affrontare con più facilità i terrori e le mancanze della vita, ma di certo non li rendeva speciali rispetto ad altri, solo, forse, più fortunati. E allora perché dare ulteriore vantaggio a loro? Perché non prestare quello stesso impegno a tutti?

Tale discrepanza di modi non la tollerava, non la sopportava, non la capiva per nulla. E sapere che suo cugino la pensava in quel modo, in maniera completamente diversa dalla sua, glielo fece vedere per la prima volta con occhi diversi. «Parli sul serio?» Riuscì a pronunciare in un rantolo di voce, l’aria che si strozzava in gola, quasi non volesse uscire dal caldo bozzolo della sua carne. E, con quel filo di voce che gli uscì, anche la rabbia, stranamente, svaporò, fluttuando fuori e lasciandogli addosso una calma gelida. E fu con quello stesso gelo che pronunciò, con voce decisamente più pronunciata «Mi fai veramente schifo.»

E, senza aggiungere altro, si voltò verso la porta e... Oh, che sbadato, ecco perché non si apriva. Bastava semplicemente spingerla verso l’esterno, invece che tirarla, ed eccolo lì, libero di poter lasciare quella stanza, libero di percorrere le lunghe distese di linoleum bianco, con l’aria che finalmente riempiva di nuovo i suoi polmoni, fresca e odorosa di disinfettante, odore che non lo infastidì per nulla, anzi. Quel lieve pizzicore che gli procurava al naso e alla gola gli apparve piacevole, quasi come se quella sostanza potesse insinuarsi fin nel suo cervello e ripulirlo per bene, disinfettandolo da quel batterio odioso che l’aveva assediato in quella dannata stanza.

Senza accorgersene, si ritrovò nel bagno, chino su uno dei lavandini in acciaio inossidabile, il suo volto riflesso su uno specchio bullonato al muro. Qualcosa gli gocciolava lungo il viso, ma non stava piangendo, no... Aveva le mani bagnate, quindi probabilmente si era sciacquato la faccia senza nemmeno rendersene conto, eppure, con l’acqua fredda che gocciolava lungo quei lineamenti, non poté fare a meno di rivedere quel pezzo di merda di suo cugino, e quelle parole, pronunciate con tanta serenità in quella stanza, continuavano a rimbombargli nella testa.

E lui aveva davvero covato il desiderio recondito di voler esser come lui? Inferocito, sbatté con forza la testa contro quel vetro, incrinandolo all'altezza della fronte, in un reticolato che infranse la sua figura, ma lasciando i cocci al suo posto, tenuti insieme dalla pellicola di sicurezza che copriva il retro dello specchio. Un fiotto caldo di sangue rosso colò lungo il viso, sgorgando dalla ferita che si era aperto sulla fronte, gocciolando lungo il naso, fin giù al mento e macchiandogli la casacca. Finalmente, nella sua testa, la voce del cugino si spense. Davanti ai suoi occhi, in quello specchio incrinato, non vi era più il suo dannato riflesso, ora cera solo lui, se stesso, da solo in quella stanza. E, in quel silenzio, giurò. Giurò solennemente a se stesso, sulla sua anima e sul suo stesso sangue, che gli scorreva nelle vene e che gli dava vita, che mai, MAI, sarebbe diventato come lui. Sarebbe diventato meglio di lui, molto meglio. Non sarebbe stato più nella sua ombra, anzi. Avrebbe reso suo cugino l’ombra di se stesso, l’avrebbe surclassato. E avrebbe iniziato da quel preciso istante.

Qualche tempo dopo....
Seduto al banco che gli avevano assegnato, Kacchan respirò a pieni polmoni, quasi percependo l’odore dell’ansia che ammorbava quella stanza “Ci siamo...” Pensò, scrutando con lo sguardo le teste dei tirocinanti seduti davanti a lui, frementi, agitati, mentre sfregavano le mani sulle gambe o giocherellavano nervosi con le penne che avevano trovato sopra il loro banco.

Entrati nella stanza, guidati da tre medici esaminatori, avevano trovato su ciascun banco un foglio bianco, una penna, matita e gomma, nulla di meno e nulla di più. Loro, d’altro canto, non potevano portare nulla all'interno della stanza, così da poter ridurre all'osso le possibilità dei ragazzi di copiare da libri e appunti nascosti.

Scorse la testa di Naoko, due file davanti alla sua, mentre uno dei medici gli posava sul banco una busta bianca sigillata, grande abbastanza da contenere al suo interno un fascicolo. A differenza sua, la ragazza, seduta rigida, osservava dritta davanti a se, senza cercare alcuna distrazione, non che ne avesse bisogno. Come poteva ben vedere Kacchan, la sua griglia emotiva era una tabula rasa, piatta e vuota, un circuito elettrico completamente spento. Una volta le aveva chiesto come mai si manteneva così distaccata dalle emozioni umane e, semplicemente, lei l’aveva detto che lo faceva per le sue coccinelle: era il prezzo da pagare per poter dare loro un ambiente in cui vivere il più neutrale possibile, per evitar loro inutili stress che ne inficiasse la giusta funzionalità. Gli sembrava logica, come cosa, ma un po’ gli dispiaceva per lei, non poter vivere a pieno, ma riducendosi solo a fare da spettatore esterno. Un vero peccato.

«Allora, avrete a disposizione tre ore per completare la prova. Non toccate e non aprite le buste fino a nostro ordine, il quale decreterà l’inizio della prova. All'interno della busta troverete un fascicolo contenente la prima parte della vostra prova d’esame, che prevede domande a risposta multipla e aperta, sugli argomenti trattati durante il corso. La seconda parte dell’esame, invece, vi verrà consegnata ad un’ora dalla fine del tempo limite. A ciascuno verrà consegnata una cartella clinica e dovrà, sugli altri fogli presenti nella busta, compilare per iscritto il piano clinico, prognosi e terapia che effettuereste con quel determinato caso. Dopodiché, allo scadere del tempo, in ordine, uno alla volta, verrete alla nostra cattedra, consegnerete la vostra busta dove all'interno avrete messo la vostra prova d’esame, ed effettuerete una dimostrazione di Autocura, per poi lasciare la stanza. Se ci sono domande, fatele adesso, perché appena daremo inizio alla prova non vorrò sentire volare una mosca. Chi verrà beccato a fiatare, sbirciare o copiare verrà sbattuto fuori e la sua prova verrà considerata non superata. Qui stiamo per far nascere medici, non bamboccioni che non hanno il coraggio di assumersi le loro responsabilità...»

Kacchan non prestò particolare attenzione a ciò che il medico diceva, semplicemente incrociò le braccia al petto, le dita che picchiettavano un ritmo tutto loro nell'incavo del gomito, lo sguardo basso su quella busta. Aveva studiato come un pazzo, lavorato in ospedale con altrettanta foga, passato notti insonne su libri e compendi per potersi preparare a dovere per quel giorno. E, finalmente, eccolo lì, pronto e determinato, sicuro di se e delle sue capacità, come mai prima d’allora.

Certo, la strada per lasciarsi alle spalle insicurezze e senso d’inadeguatezza verso tutto e tutti era ancora lunga, ma aveva iniziato ad ottenere dei cambiamenti, seppur piccoli, a detta sua, eppure era già qualcosa. Era un inizio, dopotutto. Non era più andato in terapia, tuttavia. Col fatto che il dottor Kazuma, il suo terapeuta, l’avesse in qualche modo abbandonato ai suoi demoni, preferendo allontanarsi per un convegno che l’avrebbe rivisto tornare in primavera, ricominciare il ciclo con un nuovo terapista gli era parsa la cosa più inutile da fare. Ormai aveva capito dove stava il problema e, forse, aveva trovato una soluzione alla sua risoluzione, ma occorreva tempo, tempo e fatica per raggiungere la tanto agognata pace interiore. E poi, lo sapeva, quel giorno non c’era solo il suo esame d’abilitazione. Avrebbe affrontato un’altra prova che l’avrebbe messo a dura prova, molto più di questa, il cui esito avrebbe cambiato per sempre la sua vita. E quella era davvero difficile, come prova, da superare, ma sapeva di dover affrontare. Per poter diventare medico, ma soprattutto, per poter affrontare se stesso e l’orrore che si era portato dentro troppo a lungo.

«Iniziate.»

[...]


«Ce l’hai fatta, ce l’hai fatta!» «Congratulazioni dottorino!» «Oh, tesoro... Sono così fiera di te. Papà sarebbe stato così contento di vederti, oggi...» Stretto tra le braccia delle tre donne della sua vita, Kacchan cercava invano di prender fiato, ma era estremamente difficile, specie se Natsuko ne approfittava per sbattergli in faccia al sua terza coppa C. Eppure, in quel momento, non gli dispiaceva tutto quel calore, anzi, ne assorbì quanto più poté, per darsi la forza necessaria per superare ciò che avrebbe dovuto affrontare.

Aveva superato con successo la sua prova d’esame, pronunciato il giuramento e diventato medico a tutti gli effetti. E, come lui, tanti altri tirocinanti che avevano seguito il corso insieme a lui. Anche Naoko ce l’aveva fatta, ma era un dato di fatto che passasse senza problemi. In molti avevano avuto difficoltà con l’Autocura, durante la fase finale dell’esame, ma fortunatamente lui non aveva avuto grosse difficoltà: dopotutto, era riuscito ad autocurarsi un brutto taglio sulla fronte, un taglietto su un polpastrello non era stato nulla di così tanto impegnativo.

Da sopra la spalla di Chiyo, riuscì a malapena ad intravedere il tavolo della commissione d’esame che si svuotava, ma riconobbe subito dove si trovava la zazzera bionda di suo cugino. Durante il suo giuramento, pronunciato in coro insieme agli altri neo medici, lo aveva guardato dritto negli occhi, pronunciando con maggiore enfasi la parte riguardante l'eguaglianza del trattamento per i pazienti, quasi a volerlo rimbeccare per quella mancanza che gli aveva contestato qualche tempo prima. Un ammonizione, forse, per fargli capire che, con quell'atteggiamento, stava venendo meno al giuramento da lui stesso pronunciato all'epoca, e che avrebbe dovuto far rispettare ai suoi colleghi, ma soprattutto una sfida. Perché Kacchan aveva tutta l’intenzione di non dargliela vinta, di dargli battaglia e, chissà, magari un giorno soffiargli via la sua bella poltroncina comoda da capo supremo di sto gran cazzo e lasciarlo col culo per terra. Giusto per ripagarlo della stessa moneta con cui aveva vissuto tutti quegli anni.

Scioltosi finalmente dall'abbraccio, i suoi polmoni ringraziarono, e il giovane si strofinò l’angolo dell’occhio destro, fingendo di avere qualcosa nell'occhio, per non far capire quanto, anche lui, fosse commosso, ma i festeggiamenti, almeno per il momento, avrebbero aspettato. Sospirando, volse uno sguardo verso sua madre, che si era allontanata per salutare alcuni suoi conoscenti e potersi vantare del successo appena ottenuto da suo figlio, per poi concentrarsi sulle sue due compagne d’armi, le sue migliori amiche, un pezzetto del suo stesso cuore. «Sei deciso, quindi?» Domandò Chiyo, preoccupata, leggendo la risolutezza nello sguardo dell’amico. «Non posso rimandare più. Devo affrontare questa cosa, se voglio poter andare avanti.» «Noi ti staremo vicine, lo sai. Qualunque cosa succederà.»

Ricambiando il sorriso dolce di Chiyo, Kacchan l’abbracciò stretta, spingendosi sulle punte dei piedi per poter riuscire ad arrivare con la testa nell'incavo della sua spalla, crogiolandosi nella stretta delicata, ma forte, di quella dolce gigantessa. Natsuko, silente, l’osservava senza proferir parola, aspettando che i due amici si sciogliessero dall'abbraccio. «Tu non hai mai avuto colpe, dovresti saperlo.» Pronunciò la Hyuga, puntando i suoi occhi rosa in quelli cobalto del giovane, che tuttavia non riuscì a sostenere lo sguardo. «Me l’hai portato?» Domandò invece, lo sguardo basso mentre si sfregava i capelli dietro la nuca.

Con uno sbuffo del suo nasino dai lineamenti delicati, Natsuko gli porse il fascicolo che lui stesso le aveva chiesto di prendere dalla sua stanza, prima di raggiungerlo per la cerimonia. Era stata dura, per lui, compilare quel rapporto, passandoci sopra tutta la notte e, nonostante al suo interno vi avesse riportato tutto, temeva ancora di aver tralasciato qualcosa.

«Kacchan, guardami.» Quasi gli avesse letto nel pensiero, Natsuko gli prese il volto tra le mani, serissima, senza alcuna traccia della solita malizia che le illuminava i lineamenti. «Non hai fatto nulla di sbagliato, e lo sai. Sono i rischi del nostro mestiere, e tu non puoi farci niente. Prima lo capirai e meglio starai.» Per tutta risposta Kacchan si incupì, corrucciando la fronte e tendendo lo sguardo basso sul fascicolo che teneva in mano, stringendolo quasi in maniera convulsiva. Come faceva a non capire? Per poco non le aveva uccise.

Fu sorpreso di sentire sulla guancia ispida di barba la morbidezza e il calore delle labbra Hyuga, che indugiarono per qualche secondo, quasi non volesse interrompere quel contatto, quella vicinanza di corpi che mai avevano sperimentato. O, almeno, mai in quel modo così profondo e ricco di significato.

Cercando di mascherare il rossore sulle guance, Kacchan si liberò dalla stretta della ragazza, senza però lasciarle la mano. Quante cose avrebbe voluto dire, ma le parole, quelle infami, proprio non ne volevano sapere di uscire fuori, anche se, semplicemente, le stava risparmiando per dopo, per quello che avrebbe detto al cospetto dell’Hokage.

«Se non fosse stato per te, non ce l’avremmo mai fatta a portare a termine quella missione. Hai salvato la vita di Matsuda-sensei, hai salvato la vita di tutti noi...» Ma lui quelle parole non voleva nemmeno ascoltarle, nonostante, in pratica, fossero veritiere. Senza il suo intervento, Matsuda-sensei sarebbe soccombuto sotto attacco incrociato delle bestie e del membro del Kyo Dan, troppi per esser gestiti da un unico ninja, e loro non avrebbero avuto alcuna possibilità di salvare gli abitanti di Ōkunoshinzō.

«Dopo vi trovo, quando avrò finito?» Domandò, ignorando completamente le parole pronunciate dall'amica. Con un sospiro mesto, Natsuko mollò la presa, incrociando le braccia al petto, rassegnata. «Ah, zuccone. Sta tranquillo, ti aspettiamo a casa.» Non se le meritava, ma doveva ammettere di esser proprio fortunato a poter contare su di loro, ad avere il loro sostegno ed il loro... amore. Perché vedeva tanto amore nei loro cuori e, sapendo ciò che aveva fatto, la cosa gli fece venire una stretta al cuore, ma non c’era più tempo, ne ragione o voglia, di piangersi addosso. «Andiamo a toglierci questo pensiero.»

[...]


Con il fascicolo stretto in mano, Kacchan rimase con il pugno sospeso sulla porta, cercando di farsi coraggio. Un profondo sospiro e bussò, forse un po’ troppo energicamente, per i suoi gusti, ma era quasi un modo per scacciar via l’ansia. Attese una risposta dall'interno dell’ufficio, e solo allora si permise ad entrare, inchinandosi in segno di rispetto nei confronti della più alta carica, politica e militare, del villaggio.

«Ojama shimasu, Sandaime-sama. Sono...» Diamine, e adesso, come si sarebbe dovuto presentare? Col suo nome completo, lo stesso che aveva quello lì? «...Kacchan Yamanaka, signora. Non so se ricorderà il mio caso.» Decise, schiarendosi leggermente la voce nel pronunciare il suo nome. Bene, e ora che si era presentato, come diamine fare a sganciare quella bomba che finalmente si era deciso a far esplodere?

Cauto, quasi temesse di venir incenerito al primo passo falso, afferrò con entrambe le mani il fascicolo che portava con se, portandolo davanti a se e posandovi lo sguardo, quasi rivedendo, attraverso il cartone rigido che li conteneva, i fogli su cui aveva vergato, con la sua grafia ordinata, tutto ciò che era successo quel maledetto giorno. Si schiarì nuovamente la gola.

«Sono uno dei ninja che presero parte alla missione presso Ōkunoshinzō. La squadra principale, per lo meno... Io... Forse ben saprà, Sandaime-sama, che per quella missione sono stato messo in congedo e... Beh, ecco...» Dannate parole, perché si ostinavano a non voler uscire fuori? Chinandosi in avanti, stese le braccia, porgendo in avanti il fascicolo, cosicché la donna potesse prenderlo. «Non ho mai fatto rapporto di quella missione. Non ho mai spiegato il perché... Di quella mia reazione, quella per il quale sono stato costretto ad andare in terapia, per shock post-traumatico.»

Rimase piegato in quella posizione quasi supplice, attendendo che la Uchiha prendesse il fascicolo. Solo allora si sarebbe raddrizzato, ma continuando a mantenere lo sguardo basso, fisso sulle mani che si stringeva con forza, mentre rivedeva davanti agli occhi ogni singola scena. «Non si tratta di shock post-traumatico. Non ha nulla a che vedere con tutto ciò... Io... Quando Matsuda-sensei, a fine missione, mi ha confidato che voleva proporci per una promozione, l’ho aggredito, sia fisicamente che verbalmente, perché, da parte mia, non c’è stato nulla che meritasse un onore del genere, tutt'altro.»

Non voleva mostrarsi debole, in quel momento, ma il senso di colpa lo costrinse a tenere le spalle basse, tremante, gli occhi che minacciavano di far scorrere le lacrime, ma le trattenne con rabbia, schiarendosi la gola e continuando a parlare, con voce più roca. «Con la mia stupidità, con la mia supponenza, ho messo a repentaglio la vita delle mie compagne di squadra. Pensando di essere abbastanza forte, ho cercato di fermare quel membro del Kyo Dan, di rompere il suo legame mentale con quelle creature di chakra. E per colpa mia quelle stesse creature che ho cercato malamente di fermare, hanno rischiato di ucciderle e mandare all'aria tutto il lavoro fatto fino a quel momento, mettendo a repentaglio la vita delle persone che stavano proteggendo.»

Riprese fiato, dando il tempo alla donna di dare un’occhiata al contenuto del fascicolo e cercando di continuare, perché quella era la parte più difficile da far uscire, le parole più dolorose da pronunciare. «Oggi ho effettuato il mio giuramento come medico di Konoha, ma come ben saprà, non potrò esercitare a meno che di non ricevere un reintegro, ma per quello che ho fatto in quella dannata missione.... Non dovrei nemmeno più continuare a portare il coprifronte, se per questo. Io... l’ho visto, l’ho vissuto in prima persona, imprigionato dalla volontà di quella bestia, a vedere quello che facevano alle mie amiche, come se fossi io stesso ad accanirmi sulle loro carni...»

A quel punto non riuscì a trattenere più le lacrime che, brucianti di vergogna, iniziarono a scivolare lungo le guance, spingendolo ad abbassare nuovamente il capo. «Sono la cosa più preziosa che ho, e se non sono in grado di proteggerle, probabilmente non sono nemmeno in grado di proteggere questo villaggio. Gomennasai, Sandaime-sama, per esser così debole, per aver rischiato la riuscita della missione, per aver messo a repentaglio la vita di valorosi soldati. Gomennasai.»

Nonostante il dolore, nonostante la sofferenza, Kacchan sentì il suo cuore diventare più leggero, nonostante quel macigno di senso di colpa continuasse a pressarlo. Finalmente stava affrontando i suoi demoni e avrebbe assunto la piena responsabilità delle sue azioni, con schiena dritta e testa alta. Ecco perché si asciugò con foga il viso, riassumendo una posizione eretta. E così avrebbe atteso il verdetto dell’Hokage che, adesso, oltre ai rapporti degli altri membri della sua squadra, aveva anche il suo, l’ultimo tassello del puzzle che le avrebbe permesso di vedere la figura in tutta la sua interezza.
 
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view post Posted on 28/9/2018, 23:33     +1   -1
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GdrOff// Questo piccolo scambio è una libera che cronologicamente avviene dopo questo post in [Studio dell'Hokage] e quindi prima della partenza per Fukagizu. //GdrOn


    15 Gennaio 249 DN

L
a missione da poco terminata aveva portato un'aria di cambiamento, la notizia del secondo bijuu catturato presto fece il giro del villaggio e ordinando la sospensione degli allenamenti quel sentore venne come amplificato. Chi era del mestiere da un po' di anni non avrebbe faticato a capire che quella calma altro non era che il preludio alla tempesta, ci erano già passati con Watashi e percepire quell'elettricità sulla pelle destò non poche preoccupazioni nei residenti. Dal momento che non vennero emessi annunci sul termine dell'allerta generale, la sospensione del programma di allenamento era chiaramente un invito a riposare in preparazione di un nuovo sforzo, quello decisivo.

Occupata ad organizzare il viaggio verso Fukagizu il Sandaime tuttavia non potè ignorare altre questioni che per quanto fossero di minor rilievo, non potevano attendere: fu Ayumi al solito ad organizzare la sua agenda e quando venne il turno di ricevere Kacchan ne approfittò ulteriormente per farsi rinfrescare la memoria. Nell'ultimo periodo tra le operazioni volte a scoprire si più sulle due fazioni legate ai Cercoteri, tra i tentativi di cooperare con gli altri villaggi - nonchè l'inizio della vera caccia a Kirinaki - stava davvero faticando a star dietro a tutto e tutti.

"Meglio che non mi faccia trovare qui allora, non credo gli sia ancora passata dall'ultima volta."

"Lo credo anch'io.. maaa a proposito, non credete sia il caso di far rientrare il dottor Kazuma? "


Seduti dietro la scrivania intavolarono l'argomento e per quanto la questione fosse di minor rilievo il coinvolgimento non fu da meno.

"Dopo la fatica che ho fatto a convincerlo? " A convincere chi, il dottor Kazuma oppure.. Mezzo sorriso, uno sguardo d'intesa e poi riprese. "Comunque sia non è della terapia che ha bisogno adesso. Dopo la discussione che abbiamo avuto credo abbia trovato un modo propositivo per andare avanti e non importa se continuerà a disprezzarmi, l'importante è mantenere vivo quello slancio che ha acquisito.

Finalmente ha fatto dei progressi e ha un'importante qualifica per le mani, è il momento giusto per rimettersi in gioco.. riprendere con le sedute sarebbe come fare un passo avanti e cento indietro.
"

"Sui risultati non ho nulla da ridire ma sapete bene che non tollero certi atteggiamenti, quello che ti ha detto davanti a tutti è inaccetta-"

"Dagli una possibilità, te ne prego. E' pronto. "


Abbandonata ogni formalità il biondo si alzò di scatto dalla seduta e con i pungi chiusi e il capo chino insisté. Contava davvero sulle nuove leve, così come lei, ma su tutto credeva in Kacchan e non gli importava cosa pensasse di lui, era un ninja dotato e come tale meritava una seconda opportunità. Entrambe le donne dalla chioma corvina rimasero stupite da una simile reazione, se da un lato poteva suonare come una raccomandazione, dall'altra entrambe sapevano che quella era l'ultima delle sue intenzioni: Hachi credeva davvero nelle abilità del cugino ed era li a pregare con tutte le sue forze che gli venisse data una seconda chance.
Akane espirò lentamente dalle narici e silente si limitò ad un cenno. A seguire arrivò l'invito a lasciarla sola, avrebbe fatto le sue valutazioni durante il colloquio con Kacchan.

Poco più tardi il Genin bussò alla sua porta, pochi convenevoli e si passò al sodo. Trasandato come suo solito il ragazzo spiegò il motivo che lo avevano portato a richiedere quell'incontro e allungando la cartella con il rapporto sulla missione ne fece un riassunto a voce. Osservando ogni suo gesto e inclinazione capì che il genin era ben conscio di ciò che aveva fatto, la trasparenza dei suoi sensi di colpa la raggiunsero facilmente e lo stesso si potè dire per l'implicito desiderio di riscattarsi. Le sue non erano certo le prime lacrime versate tra quelle quattro mura e nell'ascoltare il racconto non potè che rivedersi in lui.
Lo lasciò parlare e sfogare per poi fare un commento che a primo impatto sembrò del tutto sconclusionato.

"Come se la passano Sachiyo e Hiroshi-dono ? "

Battendo le palpebre poi finalmente le iridi scarlatte dell'Uchiha vestita di bianco tornarono alla vita, lo sguardo abbandonò l'analisi e assunse note nostalgiche.

"Perdonami, non volevo essere indelicata, nell'ascoltarti ho avuto come un deja-vu. ". Gesticolando con le mani sembrò cercare una complicità di pensiero che tuttavia non c'era; anche se erano come due gocce d'acqua non poteva sperare di avere con lui la stessa intesa che aveva con Hachi. Per fortuna recuperò agilmente la gaffe spiegando cosa intendeva dire:

"Avevo qualche anno in meno di te ma versai lacrime altrettanto amare davanti ai saggi di Konoha quando mi proposero la promozione, altrettante le nascosi ai successivi elogi ed encomi. Certo non arrivai alle mani - quello no - ma se ti dico questo è affinchè tu comprenda, spesso completare le missioni non da alcuna soddisfazione, i danni collaterali per quanto possano sembrare inevitabili ci lasciano un segno e capisco perfettamente come ti senti.

A tal proposito colgo l'occasione per porgerti le mie scuse, è mio compito assicurarmi che le missioni siano ben classificate, le informazioni sul Kyo Dan in nostro possesso erano e sono tutt'ora scarse e questo ha fatto si che vi imbatteste in pericoli eccessivi..
"


Continuando a sfogliare il rapporto sulla missione d'improvviso si assunse la responsabilità dell'accaduto. Gli occhi scorsero tra le righe con molta calma e quando terminò la lettura richiuse il fascicolo. Non disse nulla ma dopo qualche attimo la carta iniziò a fumare e annerirsi tra le pieghe delle pagine, li dove l'Hokage teneva le sue dita. Di li a poco nacque la fiamma e l'odore pungente di bruciato riempì lo studio.

"Sai però che non è di questo che ho bisogno vero?"

Probabilmente lo Yamanaka avrebbe pensato che era tutta matta ma al contrario Akane non poteva essere più seria di così. Sapeva dell'accaduto, lo aveva letto sul rapporto degli altri, lo aveva sentito dalla bocca tumefatta del sensei - ora anche dalla sua - e aveva letto con attenzione le sue parole prima di incenerirle. Cosa significava allora quel gesto?

"Devi lasciarti alle spalle quello che è successo o quel peso non farà che continuare a rallentarti e ostacolarti. Sei diventato un medico brillante - mi dicono tra i più promettenti degli ultimi anni - e sarei un Kage folle a impedirti di esercitare. "

Il dottor Hiroki non era dello stesso avviso ma tra la sua opinione e quella del Primario, di Ayumi e Kiyoko non c'era nemmeno da chiedersi quale fosse la più attendibile. Le avevano raccontato di quanto successo nella sala operatoria e se da autodidatta era riuscito a fare così tanto, c'era ben poco da rimuginare circa le sue capacità.

"Non so qual è il tuo nindo tuttavia ho capito quanto tieni alle tue compagne e ai tuoi affetti. Proteggere chi amiamo è tra le motivazioni più forti che possano esistere quindi forza, asciuga quelle lacrime e torna da loro, torna a svolgere missioni e presto avrai l'occasione di competere e conquistare con le tue forze la promozione."

Non sapeva cosa c'era ad attenderla a Fukagizu, il rituale a cui auspicava Kataritsuen avrebbe senza dubbio fatto la storia e se l'operazione si fosse rivelato un successo la vita avrebbe ripreso a scorrere placida e una volta chiuso quel capitolo i grandi villaggi ninja avrebbero continuato la loro vita e coltivato le tradizioni. Il torneo chunin era il palcoscenico perfetto per Kacchan, un'occasione irripetibile.





GdrOff|| Intanto che completiamo la role libera ti lascio le valutazioni, in questo modo puoi già procedere con la sessione autogestita e l'aggiornamento della scheda. Ricorda di lasciarmi poi le valutazioni per il masteraggio con i voti da 1 a 10 su Tempistiche e Coinvolgimento Personale.



##VALUTAZIONI##



ArdynIzunia - Quest completata

Nel dare i voti mi sono dovuta soffermare solo un attimo su Strategia/Approccio, il regolamento dice che il voto riguarda la "capacità di affrontare le difficoltà incontrate, fantasia, idee, eventuale gioco di squadra" e al solito faccio fatica a capire se è da leggere in chiave Off (capacità quindi del giocatore, capacità interpretative e quindi legate al role), oppure se si tratta di strategia On game e strettamente legate al carattere del personaggio. Forse è un mix delle due? Bo, quello che posso dire è che hai colto ogni minimo spunto che ti ho offerto e ti sei catapultata in ogni situazione nonostante gdr on sembrasse letteralmente un suicidio professionale xD.

FAL2d6K



    Role: 10
    Scrittura: 10
    Strategia/Approccio: 9

    Voto Medio: 9.7

    P.ti Exp: 582
    Bonus pesi: //

Ci sono stati un paio di momenti in cui hai reagito in modo inaspettato, tipo adesso con la reazione alle parole di Hachi, certo immaginavo che non sarebbero state rose e fiori ma il tuo pg a volte sembra un caso perso, convinto delle sue idee capisce spesso fischi per fiaschi :asd:. E' stato un bel battesimo per quanto mi riguarda, spero ti sia divertita almeno un po': prima o poi arriverà il giorno in cui andrà d'amore e d'accordo con il cuGGino, crediamoci :superman:
E il dottor Kazuma è mai esistito? :ahguru:
Lo scoprirete solo vivendo xD

    Punti Fama Proposti: 5
    (darei anche di più, 10 ma leggo che bisogna rifarsi alle missioni D?)

    Missione D: max 5
    Missione C: max 10
    Missione B: max 30
    Missione A: max 50
    Missione S: max 70


    A meno di cose eclatanti, indicativamente ci si rifarà a questa scaletta anche per Quest e Addestramenti, con riferimento ai colori dei vari ranghi.

    La motivazione è legata alle azioni compiute in sala operatoria in presenza di medici importanti e a contatto con NPC importanti quali i saggi di Konoha. Il background c'era già, io non ho fatto altro che sfruttarlo dal momento che si prestava troppo bene :asd:, diciamo quindi che aldilà dell'accaduto il bonus fama è legato a doppio filo con le scenate che fa, con la somiglianza e la parentela con Hachi Yamanaka: è per l'insieme di voci che circolano in ospedale.


Grazie per aver navigato con angy cruiselines. || GdrOn


Edited by ~Angy. - 18/11/2020, 22:25
 
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view post Posted on 29/9/2018, 09:49     +1   -1
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A Man of No Consequence

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Nel sentirsi venir posto quella domanda, Kacchan rimase completamente spiazzato e, confuso, si ritrovò a rispondere senza neanche farci caso, mentre si grattava il petto, all'altezza del cuore. Dovette però schiarirsi un attimo la gola, perché la voce gli uscì a stento e molto roca, nemmeno avesse fumato dieci sigarette tutte insieme. «I due saggi, dice? Beh, l’ultima volta che li ho visti sembravano stare bene, e Mitokado-sama sembra essersi ripreso bene, dopo l’intervento...» Ma, a quanto pareva, quella domanda posta dall’Hokage doveva esser stata una svista, perché subito si corresse, incolpando la cosa ad un deja-vù.

Imbarazzato, Kacchan si strofinò la nuca, abbassando lo sguardo e rosso in viso. Ecco, ci mancava solo che, per un attimo, le avesse ricordato suo cugino, in qualche evento passato. La somiglianza c’era, non era la prima volta che subiva una gaffe del genere, però in quel caso non lo innervosì come suo solito, anzi, lo imbarazzò ulteriormente, perché conosceva i pettegolezzi che giravano su suo cugino e quella donna. Chissà quale ricordo le aveva evocato... No, davvero, forse non lo voleva poi proprio sapere, specie se riguardava vagamente quello.

L’Uchiha, però, quasi ad avergli letto nel pensiero, gli spiegò il motivo di quella sua reazione e no, non c’entrava nulla suo cugino, tutt'altro, c’entrava lei in prima persona, il modo in cui aveva affrontato determinati avvenimenti della sua vita che, inspiegabilmente, in qualche modo gliela resero più umana... e molto più simile a lui, alle stesse insicurezze che aveva e che lei aveva avuto nella sua infanzia.

E questa loro comunanza lo calmò, almeno in parte, almeno fino a che non fu lei a scusarsi. Immediato iniziò a muovere le mani davanti a se, in segno di diniego. «Ma no, Sandaime, ma cosa dice... Lei non dovrebbe scusarsi, nessuno poteva prevedere quello che sarebbe successo. Dopotutto questi sono gli imprevisti del nostro mestier....» Si interruppe, sorpreso, rendendosi conto di star usando le stesse parole che Natsuko gli aveva rivolto giusto poco tempo prima, nel tentativo di placare il suo senso di colpa e fargli capire quanto quella fosse la realtà: potevano fare tutti i calcoli che volevano, ma il rischio era un valore costante nel loro lavoro e dovevano saperlo gestire. Piangersi addosso perché c’era, era inutile, tanto valeva cambiare lavoro.

«Cavolo, Natsuko aveva proprio ragione. Sono davvero un zuccone e... Santi Kami, ma cosa sta facendo?!» Allarmato, vide l’Hokage dare fuoco al suo fascicolo, al rapporto su cui aveva sputato sopra sudore, lacrime e sangue per scrivere. E, adesso, era ridotto in fumo e cenere, un nulla di fatto. Con gli occhi sgranati e un braccio teso, quasi a voler fermare col pensiero quella combustione, rimase a bocca aperta nell'ascoltare le parole della donna.

Il cuore, per un attimo, smise di battere, riprendendo forsennato con un ritmo tutto suo, facendogli venire il capogiro. Si era aspettato tutti i finali possibili e immaginabili per quella situazione, tutti estremamente negativi per lui, ma questo.... Questo non se lo sarebbe mai aspettato, o, forse, probabilmente lo serbava in segreto nel cuore, una fievole speranza che, magari, le cose sarebbero andate bene, che tutto si sarebbe risolto... e avrebbe avuto la sua assoluzione.

Nuovamente le parole faticarono ad uscire dalle sue labbra, incespicando e facendolo balbettare, completamente frastornato. «Io... N-non so come ringraziarla, Sandaime-sama, per la fiducia che mi ripone, anche se non sento di meritarmela, per ciò che è accaduto.» Si posò una mano sul cuore, piegandosi in un inchino sommesso, ancora molto scosso. «Farò del mio meglio, e anche più, per non deludere le sue aspettative, ne tanto meno quelle delle mie compagne, che, nonostante tutto, hanno sempre creduto in me. Santa Inari, ancora non riesco a credere come facciate ad avere fiducia di un imbecille come me...»

Si drizzò di scatto, rendendosi conto non solo di esser stato indelicato e irrispettoso, con quell'ultima frase, ma anche tremendamente villano. Gli occhi spalancati, iniziò a gesticolare frenetico, non sapendo bene come uscire fuori da quella madornale figuraccia. «Mi scusi Sandaime, non volevo mancare di rispetto. È che sono ancora parecchio confuso da tutto questo, ma posso ben capire che ciò non mi giustifica per nulla. Forse è meglio se me ne vada, prima di farle perdere altro tempo.» Commettendo un’altra gaffe, quasi schizzò via, precipitandosi verso la prima porta che gli capitò a tiro. Solo che non era quella d’ingresso dello studio, ma quella che dava su un piccolo bagno privato. «Ehm... No, non è questa l’uscita.» Girandosi di scatto, nemmeno gli avessero pizzicato il sedere di soppiatto, Kacchan si irrigidì, le braccia lunghe distese affianco al corpo. «P-posso andare?» Domandò, indicando tutto tremante l’uscita. Ancora qualche secondo e, a breve, sarebbe svenuto lì per il sollievo e la gratitudine, e di certo non voleva concludere la serata con quella enorme ciliegina/figura di merda sulla sua bella torta mezza sfasciata e diroccata che era la sua vita.

#Valutazione#
Che dire, grazie grazie grazie per aver introdotto al mondo il mio Kacchan! Sarò sincera, non mi sarei mai aspettata che questa quest avrebbe preso questa piega, e ne sono rimasta pienamente entusiasta! Mi hai permesso di eviscerarlo in una maniera completa e, semmai qualcuno mi dovesse chiedere "Mi descriveresti il tuo pg?" io lo rimanderei direttamente a leggersi questa quest, perché siamo riuscite a far uscire davvero tutto da lui, e per essere la sua prima role in assoluto, sono davvero molto molto soddisfatta. (un po' meno contento potrebbe essere il povero malcapitato che dovrà leggersi questa ruolata, perché deve sorbirsi i miei undici post da almeno 5 pagine di word ciascuno... Povero cristo, manco fosse una penitenza come punizione per aver perso un rischia tutto :asd:)
Quindi potrai ben immaginare che il mio voto per Coinvolgimento Personale è un bel 10 (dieshi) tondo tondo.

Parlando di Tempistiche, invece, non ho nulla da ridire: fin da subito mi avevi avvisata che non saresti stata una scheggia e ho accettato senza problemi la cosa. Con l'avvicinarsi del Torneo, abbiamo avuto un bel po' di pressa al culo, ma sei riuscita anche ad accelerare il ritmo e siamo riuscite ad accorpare in una sola quest anche quello che avrei voluto fare nella prossima autogestita e nella libera in studio, quindi, meglio di così che si vuole? :asd: Non ho ben chiaro ancora come dare il voto in questa categoria ( dovrei dare 10 a chi fa da scheggia? Devo ancora capire il termine di paragone adatto) quindi direi 8.

Vedremo come andrà avanti questo rapporto di cuGGinanza :flower: sperando che non finiscano alle mani. Certo che entrambi c'hanno il debole per le belle ragazze con gli occhioni speciali :moon: Semmai Akane volesse farsi il toy boy, c'ha sempre a disposizione la versione giovane del moroso :gusperm: a quel punto si che finirebbero davvero alle mani i cugini :schiaff:

Che altro aggiungere? Grazie ancora, spero di ruolare ancora insieme a te (e qualcosa mi suggerisce che, forse non troppo a breve, potrei avere contatti con una certa lupacchiotta giù nel sud :sun: )

Alla prossima e... La vuoi una coccinella? :love:
 
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view post Posted on 4/8/2023, 17:53     +1   -1
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VALUTAZIONE

Ve possino, sti post infiniti..
Non è vero, adoro quando le cose sono fatte bene e questa è una quest ben pensata, ben strutturata e ben eseguita da entrambe le parti.
Non ho molti appunti da fare, a parte qualche errore di trascrizione qua e la, dovuto probabilmente alla fretta. La parte del giro finale era più sottotono rispetto all’intervento in sé, ma sei riuscita a mettere ulteriore carne al fuoco con Hachi (povero il mio sensei, quando scoprirò cosa gli è successo…).
Grazie per la nomination in game, perfettamente calzante con il mio PG e la sua indole.
Confermo il voto medio dato dalla masterata, ergo 9.

Voto: 9
Valutazione: +
Paga: 270 ryo (calcolato sulla paga massima di 300 ryo, come da vecchio regolamento riferito alle Quest di 1° Livello)
 
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