双子 - Futako: Due gocce d'acqua, Quest medica genin per ArdynIzunia

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view post Posted on 24/7/2018, 21:36     +1   -1
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GdrOff|| Fai pure il primo post libero presentandomi il pg o comunque ruolando quello che sta vivendo, l'unica direttiva è quella di terminare con l'inizio di una delle sue sedute dal terapista; l'NPC che avrai difronte puoi iniziare a descriverlo come preferisci fisicamente, caratterialmente lascia fare a me in quanto poi dovrò essere io a gestirlo, per lo più si limiterà ad ascoltare e fare dei cenni.

La quest partirà in data 15 Dicembre 248 DN.

- Per qualsiasi domanda mandami pure mp o in caso aggiungimi sulla chat in basso a destra (basta fare click sul mio profilo e fare Aggiungi amico).
- Come concordato in partenza non posso assicurare un ritmo eccelso, cercherò comunque di fare almeno 1 post a settimana
- In caso di problemi e assenze ovviamente avviserò e ti pregherei di fare altrettanto^^

Spero di farti divertire e in qualche modo di far crescere il tuo personaggio. Buona fortuna :superman: || GdrOn

 
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view post Posted on 25/7/2018, 20:40     +1   -1
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GdR Off|| Chiedo venia, sono un po' arrugginita, spero di non fare troppo cappellate :sese: || GdR On
CITAZIONE

Narrato - «Parlato Kacchan» - «Parlato Natsuko» - "Pensato" - Roba scritta da Kacchan


Era una mattinata fredda e grigia quella che Konoha si stava apprestando ad affrontare eppure, nonostante l’aria facesse presagire l’arrivo di un’imminente nevicata, nessuno se ne dava peso, continuando come sempre la vita di tutti i giorni. Forse, solo i bambini guardavano con occhi sognanti il cielo, sperando di poter vedere fiocchi di neve cadere ed imbiancare il villaggio, euforici ed entusiasti di poterci giocare, e magari saltare una giornata di scuola, chi poteva dirlo.

«Paese del Fuoco una ceppa. Oggi si gela, manco fossimo in quello del Gelo.» Come se Kacchan ci fosse mai stato, nel Paese del Gelo. Era inutile, quel giorno purtroppo era più scontroso e rude del solito, infastidito da ogni piccolezza. In questo caso, le temperature non troppo gradevoli di quel giorno.

Sbuffava, osservando annoiato le nuvolette di vapore addensarsi su labbra e naso ad ogni suo respiro, per poi disperdersi nella brezza del mattino. Le guance lievemente arrossate dal vento vennero quindi coperte, nascondendo parte del viso in una morbida sciarpa di lana, nella quale cercò quasi di nascondercisi completamente, mentre era seduto su quella panchina davanti all'ospedale.

Era in anticipo, di ben mezzora, ma non aveva la benché minima voglia di aspettare il suo turno nella sala d’aspetto: troppa gente l’avrebbe visto, altrettanta avrebbe fatto domande.... E già doveva sorbirne parecchie da parte del suo strizzacervelli.

Imprecando a denti stretti, Kacchan si infilò una mano nella tasca sul retro dei pantaloni, tirando fuori un piccolo taccuino: il diario che il suo terapeuta gli aveva chiesto di scrivere. Decise di sfogliarlo disinteressato, per passare il tempo, in attesa dell’orario stabilito per la loro visita, rimuginando su alcuni paragrafi che aveva scritto. L’ultimo, in particolare, gli fece incupire lo sguardo e aggrottare le sopracciglia, fino a spingerlo a strappare di netto la pagina che, immediato, ridusse a brandelli sempre più piccoli, per lasciarli poi disperdere dal vento.

«Col cavolo che gli do sta soddisfazione. Gliela farò sudare, sta confessione, altroché.»
Tirò quindi fuori una penna, iniziando a scrivere, la punta che marcava il foglio in maniera rabbiosa, quasi in mano si ritrovasse una zappa, invece che un banalissimo strumento di cancelleria.

15 Dicembre, e mi ritrovo a prender freddo fuori dall'ospedale, a ghiacciarmi il culo su una panchina, quando potrei tranquillamente aspettare al calduccio nella sala d’aspetto. Cavolo, mi scoccia ammetterlo, ma Natsuko ha ragione, riguardo al mio orgoglio, perché non ho alcuna intenzione di far sapere a chiunque che vado da un terapista. E per cosa, poi? Capire le ragioni del mio comportamento? Saranno fatti miei perché mi comporto così, o no? Perché diamine dovrei tener conto a qualcuno... Ah, ma che diavolo dico. Certo che devo tener conto a qualcuno, faccio parte di un team, per la miseria, e capisco perfettamente che il mio comportamento potrebbe causare problemi alle ragazze... ma sto bene, diamine! Voglio solo.... Vorrei solamente esser lasciato in pace, esser libero di poter fare le mie scelte, senza che nessuno mi dica “Oh, proprio come farebbe Hachi-san” MA FANCULO. Ah, se lo avessi davanti, in questo momento... Gli stringerei le mani al collo, le lascerei scivolare lentamente sul suo petto nudo, fino a slacciargli i....


Perplesso, Kacchan allontanò lentamente la punta della penna dal foglio, smettendo immediatamente di scrivere. Gli occhi vitrei erano puntati davanti a lui, a fissare il vuoto, mentre cercava, con un leggero esercizio di respirazione, di scacciare certi pensieri dalla testa, perché volevano dire solo una cosa... E quel qualcosa furono le mani che si strinsero delicate sul suo petto, cingendolo dalle spalle.

«Natsuko. Come sapevi che ero qui?» «Buongiorno Kacchan. Ero venuta in negozio, ma tua madre mi ha detto che eri già uscito, così ho supposto che tu fossi qui..» Sussurrò la ragazza, chinandosi su di lui e stringendolo in un abbraccio, un gesto che per chiunque sarebbe apparso innocente, ma che per Kacchan rappresentava un chiaro segnale d’allerta.

Preferì, però, non dar a vedere il suo turbamento, così scosse leggermente il capo, cercando di de-sincronizzare il flusso dei suoi pensieri con quello dell’amica, tornando ad osservare quanto aveva scritto sul suo diario. Grugnì schifato, decidendo così che avrebbe strappato anche quella pagina.

«Come vanno le sedute dal terapeuta?» Domandò la giovane e avvenente sedicenne, sussurrando direttamente nell'orecchio, tanto che il giovane poteva quasi sentire la morbidezza delle sue labbra sulla sua pelle. Un brivido freddo gli percorse la schiena, mentre si schiariva la gola per poterle rispondere.

«Vanno. Lui fa domande, io rispondo, semplice. Almeno così finiamo senza sforare l’ora prefissa. Se non mi ostino a fare ostruzionismo, la cosa fila più veloce e si leva subito dalle balle.» Ammise candidamente, senza celare il disprezzo che provava per quella che, a sua detta, era una perdita di tempo. La ragazza ridacchiò, una risata sottile e acuta, simile al tenue cinguettio di un uccellino, posando il viso sulla spalla del compagno, i capelli corti a solleticargli la guancia, mentre le mani, lentamente, gli carezzavano il torace, puntando sempre più giù, il loro movimento accompagnato dalle parole della donna. «Beh, visto che la cosa ti infastidisce tanto, perché oggi non la salti? Sai, conosco un ottimo rimedio per riempire un’ora vuota... O forse anche di più.»

Immobile come uno stoccafisso, la pelle d’oca a ricoprirlo da capo a piedi, Kacchan deglutì, ma schizzò in piedi come una molla non appena sentì le mani della ragazza avvicinarsi alla cintura dei suoi pantaloni, scostandosi di malo modo la Hyuga che, fingendo un leggero broncio, incrociò le braccia al petto, mettendo in mostra la mercanzia. «Santa Inari, Natsuko... Perché non la pianti, una buona volta?»

Voleva bene a Natsuko, tanto, ma ogni volta che la ragazza mostrava quella parte lasciva e libidinosa, beh... Non riusciva proprio a sopportarla. “Forse perché fa così con tutto ciò che respira?” Pensò malignamente, ma subito se ne pentì, perché sembrò quasi che la ragazza gli avesse letto nel pensiero, perché il finto broncio scomparve, lasciando posto sul suo bel viso squadrato un’espressione fredda, neutra, una maschera che Natsuko era solita indossare quando percepiva una minaccia emotiva nei suoi riguardi. «Cos'era quel pensiero che mi hai lanciato?» Sibillò, al limite del rabbioso, fissando con i suoi pallidi occhi dalla tenue tonalità rosata il viso del giovane Yamanaka, in visibile disagio.

Iniziò a guardarsi disperato intorno, cercando da qualche parte un appiglio per potersene uscire da quella situazione. Purtroppo per lui, il rapporto che aveva stretto con le sue due compagne era talmente tanto forte che, senza rendersene conto, era riuscito ad instaurare un legame mentale con loro, complici le sue abilità innate. Ecco che, quindi, in momenti in cui si sentiva particolarmente agitato, gli capitava spesso di percepire le loro emozioni, se molto intense anche pensieri a loro collegate, e trasmetterne a sua volta.

E, questa volta, Kacchan sperava con tutto il cuore che Natsuko non l’avesse captato in toto. E ringraziò i Kami per questa fortuna. «Ecco.... Io.... OH! Ma che sbadato! Si è fatto tardi, è meglio che corra...» Diede le spalle alla ragazza, fuggendo gambe all'aria verso l’ospedale.

Non vide il volto della ragazza incupirsi, la sua schiena incurvarsi e non sentì nemmeno il suo triste e lungo sospiro. «Codardo.» Eppure la sua tristezza e il suo rammarico caddero come un macigno sulla sua schiena, lasciandogli una stretta al cuore per tutto il tragitto fatto fino allo studio del suo terapeuta. “Ottimo lavoro Kacchan. Sempre pronto a mandare tutto all'aria...”
 
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view post Posted on 29/7/2018, 21:23     +1   -1
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P
er un cuore in tumulto non esisteva medicina, lo sapeva bene Kacchan così come lo sapeva bene l'uomo contro cui andò a cozzare. Nella fretta di scappare via dalle forme provocanti di Natsuko il biondino girando l'angolo si trovò davanti proprio chi non voleva vedere: nell'impatto entrambi finirono a terra e colleghi in camice bianco che stavano camminando all'ombra del Primario osservarono la scena con grande stupore. Allungandosi a soccorrerli si soffermarono sulle somiglianze tra i due e se non fosse state per la muscolatura più allenata del capo medico e l'estetica più disordinata del genin sarebbe stato quasi impossibile distinguerli. La caduta dei due sembrò avvenire allo specchio e scegliendo di fare da solo valse lo stesso per le movenze nel rialzarsi. Poco più di un lieve stordimento, stavano bene entrambi fisicamente e a guardare il più grande non sembrò nemmeno arrabbiato e anzi, Kacchan giurò di aver intravisto un barlume di colpevolezza nel suo sguardo, una sorta di consapevolezza di essere nel posto sbagliato nel momento sbagliato.

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"Tranquilli non è nulla. "

Una volta in piedi spolverandosi il camice lo allargò per osservarlo meglio, cadendo il terriccio aveva lasciato alcune macchie sul tessuto candido e nell'accorgersene decise a malincuore di toglierlo; tenendolo per il colletto se lo caricò in spalla con una certa verve pensando bene di portarlo in lavanderia. Facendo poi cenno agli altri di anticiparlo cercò di intavolare una conversazione con il ragazzo, neanche a dirlo conosceva le difficoltà che stava affrontando in quel periodo.

"Tutto bene cugino?"

Gli pose quella domanda con molta spontaneità ricollegandosi al piccolo incidente eppure dal suo sguardo il suo interlocutore potè facilmente intuire che si riferisse a ben altro: di certo il medico sapeva delle difficoltà che stava passando ed era informato delle sedute con il dottor Kazuma.


Edited by ~Angy. - 18/11/2020, 22:22
 
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view post Posted on 5/8/2018, 10:46     +1   -1
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Doveva cercare in tutti i modi di azzerare completamente il cervello, renderlo muto, perché altrimenti, nella sua testa, si sarebbero ripetute in un loop assordante tutte le sensazioni e i pensieri negativi che aveva fatto nascere nell'amica.
Chiuse gli occhi, immaginando di erigere un muro a schermare la sua mente da quella degli altri, e questo suo breve attimo di "concentrata distrazione" gli fu fatale: non si accorse minimamente del gruppo che si stava avvicinando, ne tanto meno di chi lo componeva.

L'impatto col primo della fila fu inevitabile, tanto che il giovane Kacchan si ritrovò a terra che ancora aveva gli occhi chiusi. "Ottimo Kacchan. Non solo oggi hai ferito i sentimenti di Natsuko, ma hai anche atterrato qualcuno. E dopo, cosa ci tocca, ammazzare il terapeuta?" Pensò con disprezzo nei suoi confronti, autocommiserandosi. Possibile che quel giorno non riuscisse a farne una giusta? "Fosse solo per oggi...."

«Scusatemi, ero sovrappensiero e non vi avevo proprio visto... Tutto ben...» Si scusò, rimettendosi in piedi rifiutando però l'aiuto dei medici che lo attorniarono. Solo che, nel rialzarsi, si interruppe, sgranando gli occhi nel vedere contro chi si era scontrato. E a quel punto fece tabula rasa nel cervello. Zero cosmico. Annientamento totale. "Col cazzo che gli faccio leggere i miei pensieri adesso..."

Stizzito, osservò il cugino rialzarsi e constatare i danni subiti dal loro scontro: il camice macchiato di terriccio e, supponeva Kacchan, un giramento di palle non indifferente nell'averlo incontrato.

Cercando di mantenersi il più neutrale possibile, sia nell'espressione che nei pensieri, nonostante dentro di se Kacchan sentiva di star per esplodere, si morse nervoso il labbro inferiore, indicando il camice macchiato. «Dallo a me. Lo porterò in lavanderia a far smacchiare.» Disse, facendo segno di volerlo prendere, ma la domanda che il cugino gli rivolse lo inchiodò sul posto, col braccio teso.

"Sul serio mi stai chiedendo come sto? Brutto figlio di puttana, dovresti conoscerla la risposta, no? La tua esistenza mi assilla da quando son nato e ciò mi mette perennemente sotto pressione; sono invaghito di una ragazza che la da via come il pane e ciliegina sulla torta per poco non ho fatto ammazzare lei e Chiyo durante la nostra ultima missione, per colpa delle scelte del cazzo che faccio, e mi volevano pure promuovere..." «Bene. Tutto benissimo. Va magnificamente.» Mentì spudoratamente, rimettendosi le mani in tasca ed incassando la testa nelle spalle, nascondendo il viso nella sciarpa. «Ora scusami, ma, sai... Ho una visita medica da fare e sono già in ritardo....» Doveva assolutamente allontanarsi da lui, anche a costo di mollargli un cazzotto in faccia e scappare come una lepre. "Sarà contento il dottor Kazuma... Oggi avrà parecchio su cui lavorare, quel bastardo..."
 
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view post Posted on 10/8/2018, 18:37     +1   -1
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ide chiaramente il modo in cui si contrasse, tra sé e sé ammise che fu un discreto tentativo. Fece in tempo a leggere il suo sgomento e la frustrazione per l'incidente fino a sfiorare quella sensazione soffocante e buia a pesare sul cuore che tuttavia presto venne mascherata dal giovane. Non che fosse la prima volta che si trovava ad osservarlo da vicino ma non lo aveva mai visto in uno stato di angoscia e rabbia così profondi. Non lo diede a vedere ma era molto in pensiero per lui, annuendo alla sua richiesta comunque sia si limitò a ringraziarlo e teso l'indumento lo lasciò ai suoi impegni: per il resoconto sulla terapia sarebbe passato dal dottor Kazuma solo in tarda serata.

(O forse vista la situazione farei meglio ad avvertirlo e chiedergli di valutare se rimandare la seduta.. )

Mentre ragionava sul da farsi il Primario osservò il cugino allontanarsi, le mani in tasca e le spalle basse, aldilà di come tentasse di mascherare il suo spirito si vedeva lontano un miglio cosa provava, bastava saper leggere il linguaggio del corpo.

* * * *

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Non molto distante dal centro del villaggio ecco che Kacchan si trovò ad imboccare la strada per l'ospedale, superato il viale alberato la struttura ospedaliera si presentava in ottimo stato, edificio bianco, la facciata finestrata rifletteva i raggi solari e avvicinandosi si poteva notare di come la struttura si estendeva sia in larghezza che in altezza per mezzo di alcune torri cilindriche. In cima un tetto dalle tinte azzurrognole.
Probabilmente anche i medici più esperti non conoscevano tutti gli spazi all'interno dell'edificio per non parlare poi del giovane genin che ne stava varcando la soglia in quel dì di Dicembre. Era diverso tempo che percorreva sempre la stessa strada e gli stessi corridoi incrociando gli stessi sguardi e le stesse facce perplesse degli inservienti. Le infermiere per lo più si limitavano a scambiarsi uno sguardo, poi si sapeva che sparlavano in disparte tra loro, magari a fine giornata quando si ritrovavano negli spogliatoi. Kacchan non era davvero famoso ma nell'ambiente si sa, le voci girano e il biondo sembrava essere diventato l'attrazione del momento, era un po' sulla lingua di tutti.

"Buongiorno caro, hai fatto tardi, per caso ti è saltato di nuovo in mente di saltare la seduta? Hahah, tranquillo a me puoi dire tutto lo sai no? Non mi offendo, so di essere un po'.. come dire.. indigesto."

Capelli scuri e tenuti corti con una cura quasi maniacale, magro e poco più alto della media, questo era il dottor Kazuma ad una prima occhiata. Prima di esibire quel risolino contenuto aggiustò le lenti sul naso e mantenendo il contegno cercò di mettere il ragazzo a suo agio facendo dell'autoironia. Tra le centinaia di pazienti che aveva avuto in cura di certo era uno dei più complessi. Facendolo accomodare sul lettino presto lo raggiunse sulla seduta li di fianco e tenendo la sua spessa cartellina tra le mani per un po' osservò il camice sporco che lo Yamanaka aveva portato con se. D'istinto scrisse qualcosa.

"Come ti senti oggi, ci sono miglioramenti?"

Quando rialzò i suoi piccoli occhi verso di lui mantenne l'espressione tipica di chi desiderava ottenere tutto con il minimo sforzo, come suo solito pretendeva risposte senza dover insistere. Ciò che voleva? Oltre alle risposte e alla famosa "apertura" a cui faceva sempre riferimento prima di iniziare voleva leggere gli aggiornamenti sul diario.


Edited by ~Angy. - 18/11/2020, 22:23
 
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Fortunatamente suo cugino non lo trattenne molto: prese il camice che aveva sporcato, ricevendo in cambio occhiate da cane bastonato, e finalmente il giovane Yamanaka poté allontanarsi, nonostante la sua meta non gli fosse granché gradita. "Posso sempre fare bollo, no?" Pensò, lanciandosi il camice su una spalla e continuando a camminare tutto ingobbito, lo sguardo basso fisso sui suoi piedi che calciavano i piccoli sassolini che disseminavano il viale d'accesso dell'ospedale.

"Sta giornata è iniziata di merda e può finire solo peggio, saltare la visita potrebbe solo migliorarmela, però...." Sospirò mestamente, fermandosi davanti all'ingresso della struttura ospedaliera. Alzando lo sguardo, Kacchan poté vedere il suo riflesso nella porta a vetri: pallido, spento, con profonde occhiaie a segnargli gli occhi... Era ridotto ad uno straccio, il fantasma di se stesso, ma come aveva fatto a ridursi in quello stato? "Ma guardati come ti sei ridotto... E per cosa, poi? Perché non riesci a trovare il coraggio di affrontare i tuoi problemi?" Probabile, ma non poteva continuare a procrastinare in quel modo in eterno. Doveva prendere il toro per le corna, o meglio i tori, e iniziare ad affrontarli, uno per uno, o altrimenti l'avrebbero inesorabilmente schiacciato sotto il loro peso, tutti insieme e con ferocia. Quindi perché non iniziare affrontando quella prima incombenza?

Infastidito dalla sua stessa mollaggine, Kacchan indurì lo sguardo, si tirò su dritto e, con una falcata decisa, si decise a varcare la soglia, ignorando deliberatamente le occhiate e il vociare sommesso che si generava al suo passaggio, da parte di medici e infermiere che lavoravano in quel reparto e che, date le sue visite di routine, ormai avevano inquadrato il personaggio. Non si sa se in bene o male.

"Tranquilli stronzi, non mi sopporterete ancora per molto..." Pensò inacidito, arrivando finalmente davanti la porta dello studio del dottor Kazuma. Senza doverci pensare troppo, l'aprì di getto, senza indugio, ne tanto meno bussare, galvanizzato dalla sua decisione di porre fine a quelle sedute, ma nel vedere il medico salutarlo pacato, pronto ad ascoltarlo nonostante il suo atteggiamento passato e il suo ritardo, beh... Vedere il medico gli spense il fuoco della determinazione, facendolo nuovamente dubitare sul da farsi.

"Davvero voglio aprirmi con quest'uomo? Farmi mettere completamente sotto esame?" Come se la vita da Shinobi, alla fin fine, non fosse un esame continuo... Sospirando, Kacchan si fece avanti, chiudendo la porta lentamente, alle sue spalle, cercando di non far rumore, quasi fosse combattuto e volesse scappare proprio in quel momento. «Nah, si figuri, dottor Kazuma. Sappiamo entrambi che quello indigesto non è lei, in questa stanza. Pensi faccio fatica io stesso, a digerirmi, figararsi... Piuttosto, mi scusi per il ritardo, ho avuto un... incontro inaspettato che mi ha preso più tempo del dovuto.» Ammise candidamente il giovane, avvicinandosi al lettino sul quale il medico insisteva per farlo stendere. Chissà poi perché gli psicologi facevano stendere i loro pazienti.... Per farli sentire più comodi? A lui metteva solo una grand'ansia.

«Sempre lettino? Non è che per caso si ritrova un puff? Sa quando mi siedo su quei cosi, mi danno l'impressione di sprofondare sotto terra. Ecco, direi che oggi mi sento proprio così....» Sospirando rassegnato, si sedette al centro del lettino, senza però stendersi, mantenendo lo sguardo basso sul camice del cugino, che si era sistemato sulle gambe. "Dicono che aprirsi nei confronti di un estraneo sia la cosa migliore da fare. Non si è esposti direttamente ai loro giudizi: non lo conosco, che mi frega del suo giudizio?" Sarebbe stato utile aprirsi completamente, eppure qualcosa lo frenava, e sapeva bene cosa fosse, dato che ce l'aveva sotto gli occhi. Il dottore, infatti, aveva iniziato fin da subito a prendere appunti sulla sua cartella clinica. Cartella clinica che sarebbe stato possibile consultare solo dall'analista e dal primario, che, guarda caso, era la persona che meno di tutte Kacchan voleva sapesse i suoi problemi. E il suo camice era ora tra le sue braccia, quasi a rammentargli ogni secondo che stava lì la sua pesante presenza nella sua vita.

Diamine, possibile che non capisse quanto tutto ciò lo facesse stare male? "Forse non lo capisce proprio perché non ho mai dato l'occasione di esternare la cosa?" Rimase così in silenzio, a lungo, cercando di trovare una soluzione a quel problema, ma la soluzione, di per se, era semplice, solo difficile da attuare, almeno da parte sua. Codardo. Quell'unico pensiero captato da Natsuko, prima di lasciarla, gli rimbombava in testa. E aveva ragione, era davvero un gran codardo.

«Non ci troverà scritto granché... Ho strappato le ultime pagine che avevo preparato...» Pronunciò atono, tirando fuori il diario e allungandolo verso il medico. Approfittò quindi di quel breve lasso di tempo, quell'attimo che il medico avrebbe usato per prendere il diario e iniziare a sfogliarlo, distogliendo quindi lo sguardo da lui, per agire. Non che fosse chissà quale insano gesto, da compiere, ma per lui, quello che stava per fare, era davvero di vitale importanza.

Si alzò, aprì il camice davanti a se e, come se fosse da solo nella stanza, con estrema cura iniziò a piegarlo, per poi riporlo con cura ai piedi del lettino, lisciandone i baveri, nonostante fossero leggermente macchiati di terra. E, nel mentre, dando quindi le spalle al terapeuta, iniziò a parlare. «Oggi è successa una cosa che mi ha fatto aprire gli occhi. Mentre sfuggivo dalle grinfie di Natsuko, mi sono imbattuto in mio cugino. Tranquillo, non l'ho preso a botte, anche se avrei tanto voluto... Ci siamo semplicemente scontrati mentre giravo l'angolo, e nell'urto gli ho sporcato il camice. Ecco perché me lo sono portato dietro, per ripulirlo.... Comunque sia, non era questo di cui volevo parlare.»

Rimase in silenzio per qualche secondo, lo sguardo fisso su quel camice, con le iniziali del primario ricamate all'interno del colletto. Le sue stesse iniziali. «Natsuko mi ha fatto notare, a sua insaputa, una cosa, ovvero che sono un codardo. E non parlo del campo di battaglia, anzi, sono anche fin troppo avventato e imprudente, su quel frangente, quanto piuttosto nella vita di tutti i giorni, nelle piccolezze, nelle scelte che, a lungo andare, possono cambiarti la vita. Ho una paura fottuta di dichiararmi alla persona che mi piace, ho paura di criticare atteggiamenti che reputo negativi in chi voglio bene, ho paura di affrontare il giudizio della gente nei miei confronti, di sapere quello che pensano di me...» Si voltò di scatto, sventolando le mani davanti a se, in segno di diniego. «No, aspetta... Non è che ho paura del giudizio della gente... Solo, mi infastidisce. Quando si tratta degli estranei, me ne frego e basta, ma di chi conosco, di chi mi sta accanto... Ho paura di deluderli, credo... Non lo so, sono confuso...»

Si sedette al centro del lettino, i gomiti poggiati sulle gambe e la testa tra le mani, lo sguardo basso. «Solo... Non è facile essere accostati costantemente a lui.» E, così dicendo, volse lo sguardo sul camice. « Lui che è sempre pronto a tutto, che eccelle in qualsiasi cosa che fa... Mio padre mi diceva sempre di non dar peso a questa cosa, che anche se condivido il suo nome, io sono io, devo agire come farei io, incurante del giudizio degli altri... Ci provo a vivere così, ma come posso fare a far finta di nulla, se poi le scelte che volgio prendere mi porterebbero a seguire le sue orme? Diamine, voglio poter dire a tutti "Ehi gente, voglio diventare medico!" Senza che mi rispondano "Oh, proprio come tuo cugino!" Al diavolo! Io non voglio essere come lui!»

Disperato, incassò nuovamente la testa nelle spalle. Sospirò profondamente e rivolse un sorriso amaro al medico. «Che ne dice? Bello complessato, non trova? Oggi le ho lanciato proprio una bella patata bollente....»
 
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view post Posted on 19/8/2018, 17:36     +1   -1
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reso in consegna il diario lo sfogliò con aria di sufficienza e ascoltando le parole del giovane alla fine lo richiuse delicatamente ponendolo sotto la sua cartellina; nel farlo contenne uno sbuffo gonfiando le guance, quasi come se fosse prossimo a rassegnarsi con quel caso disperato. Il realtà il dottor Kamata non era affatto disperato, solo sperava di risolvere il tutto senza l'ausilio di farmaci psicotici ma fio ad ora i metodi classici non avevano portato a nulla di certo il problema non era il lettino o la mancanza del puff. Si definì "bello complessato" e lui sorrise lievemente.

"Non più di altri invero."

Tolse gli occhiali e strofinandosi un occhio li rimise al loro posto assicurandosi che fossero all'altezza giusta del suo naso aquilino.

"Con la seduta di oggi sono giunto ad una conclusione, non credo tu abbia davvero bisogno del mio aiuto. Sei più che consapevole del problema e sai di doverlo affrontare e superare per poter vivere sereno. Vuoi uscirne ma la tua innata non fa che ostacolarti, sbaglio?"

Sfogliando le pagine dei suoi appunti sembrò fare un'analisi complessiva del caso, quasi come si stesse preparando davvero a chiudere il rapporto medico-paziente. chissà, forse voleva solo indicargli uno specialista diverso o chissà che altro frullava nella mente di quello stramboide maniaco dell'ordine. Sistemato anche il ciuffo riprese a parlare e lo fece tenendo il conto con le dita alzate: quattro, come le alternative che offriva.

"Per aiutarti posso prescriverti degli antipsicotici, per lo più rilassano, favoriscono il sonno e riducono l'ansia. Dovrebbero aiutarti a gestire il fastidio che provi verso il giudizio altrui ma come la maggior parte dei farmaci hanno anche delle controindicazioni, a fasi alterne potresti avere dei cali di concentrazione e sonnolenza o peggio, apatia."

Quell'opzione poteva sembrare allettante ma le controindicazioni avrebbero fatto storcere il naso a chiunque quindi proseguì con la seconda opzione. Rapido nel parlare sembrò conoscere a memoria tutto il vocabolario medico, quasi come se avesse sotto gli occhi il libretto farmaceutico.

"In alternativa possiamo inibire questo aspetto della tua innata oppure - per quanto sarebbe da folli - potremmo rimuoverla del tutto con un intervento invasivo e irreversibile. Inibirla solo in parte d'altro canto non è meno rischioso, potrebbe avere conseguenze anche sulla parte attiva delle tue tecniche ma possiamo provare e vedere come reagisce il tuo organismo. "

Non gli disse che per tentare avrebbero dovuto fare una sorta di elettroshock ma continuando serioso piegò che qualche settimana prima aveva avuto un colloquio in merito con il Primario, dovendolo aggiornare sui progressi ne aveva approfittato per farsi spiegare qualcosa in più sull'innata del loro clan.

"Terza, puoi uscire di qui e correre da Ayumi-san per le iscrizioni ai prossimi corsi di medicina che scadono, vediamo, tra circa dieci minuti. La prossima sessione per novellini che non hanno mai fatto volontariato e non hanno mai visto una sala operatoria inizieranno forse tra quattro o cinque mesi."

Sollevando l'anulare poi con fare stanco si affrettò ad esporre l'ultima alternativa, quella che sperava non ascoltasse nemmeno. Avrebbe fatto i salti di gioia nel vederlo uscire di corsa dal suo studio, significava meno rogne per tutti.

"Quarta, ti fisso il prossimo appuntamento. Resterai seduto su quel divano per altri venti minuti continuando a rimandare l'inevitabile e tornerai a trovarmi per un'ora a settimana nei mesi a venire. Nel mentre gli altri andranno avanti con la loro vita facendo progressi che potresti raggiungere senza sforzo ma che non raggiungerai a causa del fastidio che provi verso il giudizio altrui."

Audace il dottor Kazuma lo mise alle strette, non lo aveva mai visto sotto quell'ottica e a dirla tutta Kacchan faticò a credere che ci fosse davvero un termine per le iscrizioni. Nel caso in cui avesse iniziato a farfugliare o parlottare sulla sua indecisione - fossero anche insulti polemici - l'uomo in camice sarebbe rimasto composto ticchettando con un dito sull'orologio da polso.
Una sfida o un incoraggiamento?
 
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Ce l’aveva fatta. Stentava ancora a crederlo, il giovane Yamanaka, ma fu con un profondo sospiro di sollievo che accolse quella sua confessione. Sorrise, iniziando a ridacchiare tra se e se, lasciandosi cadere pesantemente sul lettino, finalmente libero di un peso che lo attanagliava da quando aveva ormai memoria.

Mai, in vita sua, si era sbilanciato così tanto, a stento era riuscito a farlo nella sua cerchia di persone fidate e, bisogna ammetterlo, era una cerchia abbastanza ristretta, dato che contava solo sua madre, Chiyo e Natsuko. E liberarsi di quel fardello, dar voce a quel suo rospo che era rimasto appollaiato per anni in gola, condividere quella sua seppur piccola e fugace aspettativa, lo aveva rasserenato non poco.

“Cavolo, e pensare che temevo fosse molto più difficile...” Pensò, sollevato, continuando a sorridere sereno allo psicanalista che, per tutta risposta, si strofinò gli occhi stanchi, sospirando. «Con la seduta di oggi sono giunto ad una conclusione, non credo tu abbia davvero bisogno del mio aiuto. Sei più che consapevole del problema e sai di doverlo affrontare e superare per poter vivere sereno.» Ascoltò le parole del medico, muovendo il capo in segno affermativo, galvanizzato dalle sue parole, che in qualche modo rafforzavano quella sua convinzione. «Esatto, è quel che penso anche io! Forse se iniziassi ad affrontare i problemi di petto ed evitare di nasconderli e lasciarmi sopraffare, potrei migliorare...» Ammise entusiasma, parlando quasi sopra all’uomo, che non si interruppe, anzi, continuò, lanciando infine una bomba che lasciò completamente impietrito il giovane, gelato sul posto, l’espressione serena e ridanciata pietrificata sul volto. «Vuoi uscirne ma la tua innata non fa che ostacolarti, sbaglio?» «Come, scusi?»

Aveva davvero sentito bene? Davvero quell’uomo pensava che il suo problema dipendesse dalla sua innata, dalla sua capacità di riuscire a leggere nella mente delle persone? Sempre più confuso, il giovane si guardò spaesato intorno, quasi fosse lui ad aver capito male, o, più che probabile, era stato lui stesso ad esprimersi male. Dopotutto, non sapeva nemmeno lui come esprimere quel suo malessere, quindi il medico poteva benissimo averlo frainteso?

«Oh, ehm, dottor Kazuma, credo mi abbia frainteso, ma probabilmente ho sbagliato ad esprimermi io...» Cercò di spiegare, ma il medico sembrava innamovibile, mentre si sistemava e, alzando la mano, gli elencava le sue quattro opzioni. «Per aiutarti posso prescriverti degli antipsicotici, per lo più rilassano, favoriscono il sonno e riducono l'ansia. Dovrebbero aiutarti a gestire il fastidio che provi verso il giudizio altrui ma come la maggior parte dei farmaci hanno anche delle controindicazioni, a fasi alterne potresti avere dei cali di concentrazione e sonnolenza o peggio, apatia.»

Il giovane rimase a bocca aperta, sorpreso. Seriamente gli stava proponendo di assumere farmaci? Era forse impazzito? Per la miseria, era un ninja dopotutto, come diamine avrebbe fatto a lavorare, se si fosse ridotto in quelle condizioni? Avrebbe volentieri ribeccato il suo dissenso, ma la seconda opzione sconvolse ancor di più il giovane: effettuare un’operazione per rimuovere la sua abilità innata. «Dottore, deve davvero avermi frainteso, io non voglio....» Il medico continuò, e la terza opzione fece accigliare Kacchan, che si rimise dritto sul lettino, studiando attentamente il medico, lasciandolo finire di parlare.

Le labbra serrate, lo sguardo blu fisso a scrutarlo, mentre la rabbia iniziava a ribollirgli dentro, Kacchan seppe con certezza che quel medico, quell’idiota e ciarlatano, non lo aveva minimamente ascoltato, non ci aveva capito una fava di quel che gli aveva detto e, cosa più importante, non gli interessava affatto aiutarlo, voleva solo toglierselo dai piedi, così da poter archiviare la sua pratica e prendersi la parcella per tutto il lavoro che aveva fatto su di lui.

«Dunque le cose stanno così» Sentenziò freddo, serrando i pugni sopra le ginocchia. Ah, che gran voglia di tirargli un cazzotto dritto sul muso, così da rompergli non solo il naso, ma anche quegli stupidi occhiali che si ostinava a cercare di tenere su dritti. Eppure.... No, colpirlo non avrebbe fatto altro che assodare le sue convinzioni su di lui, e poi, cosa sarebbe successo dopo? Si sarebbe comprato un paio di occhiali nuovi, fatto sistemare il naso, come se nulla, in quello studio, fosse mai successo....

Sorrise radioso quindi, alzandosi in piedi e avvicinandosi al medico, per potergli prendere la mano. «Sa, credo che lei abbia ragione. Non c’è un minuto da perdere, se voglio davvero inseguire questa mia decisione.» Ammise, riferendosi all’iscrizione ai corsi, anche se, effettivamente, il fatto che ci fosse un termine per presentare domanda gli era del tutto nuova, come cosa. Magari quel vecchio pirla se l’era inventato per mandarlo via quanto prima, cosa molto probabile, tra l’altro, ma non voleva rischiare.

«Grazie di tutto dottore, e mi scuso per esser stato una tale spina nel fianco...» Aggiunse candido, salutando l’analista e avvicinandosi a grandi passi verso la porta, ma l’aveva da poco aperta quando si fermò sulla soglia, sorridendo al medico. «Se non le dispiace, parlerò con la sua segretaria, così da poterle mandare una selezione di erbe mediche, come segno di gratitudine per ciò che ha fatto per me... Buon proseguimento.» Un ballucinio in quegli occhi blu profondi ed un sorriso sinistra accompagnarono l’uscita del giovane, che si chiuse la porta alle spalle, lasciando il medico all’interno del suo studio. Dalla receptionist, dietro il bancone dell’accettazione, la segretaria del medico, una giovane infermiera che teneva traccia e registrata tutti i dati sugli appuntamenti ambulatoriali del medico, sorrise al ragazzo, vedendolo così di buon uscire. «Kacchan, vedo che oggi sei uscito di buon umore.... E con largo anticipo rispetto al solito. Andata bene?»

Il ragazzo, smagliante, sorrise all’infermiera, avvicinandosi al banco e dando una sbirciata al registro dei prossimi appuntamenti. «Benissimo Mihai, talmente bene che mi sono accordato col medico per i prossimi incontri! Mi ha chiesto di chiederti di aggiornare la sua schedule degli appuntamenti, nel mentre sistema le annotazioni sulla nostra ultima seduta. Vorrei che mi prenotassi per i prossimi due.... no, erano tre mesi, si. Tre mesi, tutti i giorni, un’ora di seduta a mia disposizione, una a inizio turno e una a fine turno. Sai, abbiamo fatto progressi, e il dottor Kazuna vuole battere il ferro finché è caldo, non so se mi spiego....»

Avrebbe quindi atteso la reazione dell’infermiera, per poi chiederle dove avrebbe potuto trovare Ayumi, che avrebbe poi raggiunto. Peccato, si sarebbe perso la faccia del medico nel scoprire che se lo sarebbe ritrovato davanti alle palle per ancora taaaaanto tempo.

Ebbene si, corre da Ayumi, ma prima si fa prenotare diecimila ore di seduta, solo per rompere le balle al medico per chissà quanto tempo :asd:
 
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view post Posted on 25/8/2018, 21:29     +1   -1
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tupita dalla reazione del diciottenne Mihai annuì con poca convinzione, perplessa quanto confusa si appuntò gli appuntamenti con una prima bozza e vedendolo andar via si chiese cosa avesse tirato fuori dal cilindro un professionista pragmatico come il dottor Kazuma.
Di li a poco la porta dello studio si aprì e la segretaria istintivamente alzò lo sguardo: sottobraccio un camice logoro, un passo inaspettato e un sorriso.

"Oh.."

Un sibilo fuoriuscì appena dalle labbra dell'uomo che ammiccava - Shh - e le mani curate si mossero come a pregarle di fare silenzio e di mantenere quel piccolo segreto..

* * * *


Corridoio centrale, ala ovest.
Alla richiesta di aiuto nel trovare Ayumi la segretaria aveva fatto spallucce e suggerito di tentare in infermeria e che l'avrebbe senz'altro riconosciuta dagli schiamazzi. Tutto bianco e asettico quel posto tuttavia ai suoi occhi appariva come un vero labirinto, perfino i novizi che già lavoravano li da qualche tempo facevano fatica ad orientarsi, figurarsi un ospite come Kacchan abituato a fare quell'unico percorso verso il reparto di psichiatria.
Adoperandosi appurò che non poteva sapere se la scadenza dei dieci minuti fosse reale o meno ma se avesse chiesto in giro, seppur con qualche incertezza, gli avrebbero confermato.

"No, non è qui desolata, ha avuto una chiamata urgente in pronto soccorso, è dovuta scappare via di corsa qualche minuto fa, sa com'è fatta lei no?"

Senza alzare gli occhi dal paziente quell'infermiera in carne sulla cinquantina fu l'unica a mostrarsi disponibile - in realtà era soltanto quella meno indaffarata - e restando seduta tra i separé che dividevano i vari box continuò a occuparsi dei graffi del suo paziente. Per le mani aveva un bambino dell'accademia bendato da capo a piedi che chiaramente le aveva prese di santa ragione da un compagno: a guardarlo bene sembrava reduce da una zuffa più che da un combattimento vero e proprio.

"Com'è andata poi con il buon vecchio Takumi, era un mio vecchio paziente sa?
Da quando ho lasciato il reparto a causa della vista ho continuato a seguire il suo percorso riabilitativo. Ho sentito che perfino voi non avevate alternative ad un terzo intervento, è ancora dell'idea di farsi trasferire all'ospedale di Suna? Non sopravviverebbe al trasporto, forse dovrei parlarci.
"


Era la classica donna che parlava a raffica, una comare apprensiva e stressante ma dal cuore d'oro ma quando Kacchan capì che guardandolo con la coda dell'occhio - con i suoi problemi di vista - l'aveva scambiato per il Primario e possiamo solo immaginare come si sentì: possibile che anche il loro timbro di voce si somigliava così tanto?

* * * *


Cinque minuti più tardi, con lo scadere del tempo ormai agli sgoccioli avrebbe trovato il pronto soccorso, forse l'unico distaccamento ben segnalato di tutta la struttura ospedaliera. Gli bastò seguire le frecce rosse stampate a terra, sui muri e un po' ovunque a dire il vero oltre ovviamente a seguire le voci di allarme al megafono e i dottori che correvano nella stessa direzione. Fu in quel caos che trovò Ayumi, gli sfrecciò davanti insieme alla barella che cavalcava: spinta dai paramedici sembrava essere in piena emergenza a giudicare dal sangue che imbrattava la dottoressa fin sopra i gomiti.

"Voglio cinque sacche di sangue zero negativo, un equipe pronta prima di adesso e tutti gli specializzandi disponibili in sala con me."

Non fu tanto lo sharingan nelle sue iridi a donarle quell'aria determinata quanto invece la precisione e la cadenza perfetta dei suoi movimenti nel continuare la rianimazione cardiaca. Quel poveretto stava per finire sotto i ferri eppure da esterno alla situazione il giovane Yamanaka ebbe come la sensazione che non potesse essere in mani migliori, la dottoressa godeva di ottima fama nell'ospedale ma anche in generale nel villaggio. Voce squillante, mora - capelli lunghi - mingherlina e alta all'incirca un metro e sessanta, sedici anni da poco compiuti e già con un curriculum di tutto rispetto, non per niente operava con il Primario nonostante la sua specializzazione votata alla medicina da battaglia; e non per niente era l'assistente dell'Hokage e "madrina" del figlio.

"Rapidi rapidi! Resti con me signor Takumi, si ricordi quello che ha detto alla dottoressa Kiyoko, un uomo con la scorza dura come la sua morirà di morte naturale.. senza soffrire.. nel suo letto.. mentre dorme.."

Ad ogni pressione seguì una specifica o un richiamo, doveva tenerlo sveglio. Osservando la scena Kacchan non capì bene come ma nella confusione, tra spintoni e l'agitazione generale, finì per trovarsi nell'anticamera della sala operatoria con indosso un camice verde ancora slacciato sulla schiena, dei guanti infilati in malo modo e per finire nello specchiarsi sopra il lavabo si vide con indosso una mascherina e cuffia in testa.

"Tra quanto sarà qui? Bene. Il kit per il bypass è arrivato? "

Le uniche tracce di sangue che le erano rimaste addosso erano sul suo viso a causa di alcuni schizzi. Fattasi sostituire per la rianimazione con l'aiuto degli addetti, Kacchan la vide insaponarsi con foga le mani - già coperte dai lunghi guanti fino al gomito - e infine sciacquata via la schiuma si voltò facendo ben attenzione a non toccare nulla e nessuno, sembrò quasi danzare e seguire i passi di in una danza di cui conosceva i passi a memoria.

    "Iniziamo."

052WKAi










GdrOff|| Ruola i vari eventi e arriva pure a descrivere i primi minuti dell'intervento, sei in compagnia di altri ragazzi che, seppur apprendisti e specializzanti, puoi descrivere di come credi si sentano pesci fuor d'acqua, tremano e pregano di non essere chiamati in sala per improvvisarsi assistenti durante un intervento a cuore aperto.
Per qualsiasi dubbio sai dove trovarmi, buon post^^ || GdrOn


Edited by ~Angy. - 18/11/2020, 22:23
 
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Camminava con passo spedito, le suole che stridevano quasi sul linoleum mentre imboccava l’ennesimo corridoio ospedaliero, lo sguardo alzato, in cerca di un qualche punto di riferimento, in quella desolazione bianca. Ogni corridoio gli sembrava uguale al precedente, e se non fosse stato per le targhette indicative, affisse sulle porte e ad ogni svolta, difficilmente sarebbe riuscito ad orientarsi. Diamine, va bene che era un ospedale, ma tenerlo così asettico faceva davvero bene? Almeno buttaci un minimo di colore alle pareti, magari differenziato per reparto... Ora capiva perché la gente ricoverata più giorni alla fine se ne andava in paranoia: chiunque sarebbe ammattito, nel vedersi davanti sempre e solo stanze e corridoi tutti bianchi. Tutti uguali.

Sospirando, salutò con un cenno della mano uno dei portantini che aveva fermato, per chiedere indicazioni su dove potesse trovare l’infermeria, sperando di trovarci li Ayumi. Non la conosceva granché, ma avendo frequentato l’accademia nello stesso anno, poteva dire di conoscerla di fama: era un tipino che non la dava a dire a nessuno, fiero e battagliero, che difficilmente si sarebbe fatta mettere i piedi in testa da qualcuno. E vedere fino dove era arrivata, i risultati che aveva ottenuto sia come ninja che come medico... Una tipa davvero tosta, senza alcun dubbio. E, di conseguenza, sapere di dover interpellare lei, per potersi iscrivere, era l’ennesima mazzata sulla testa: già si immaginava la reazione che la ragazza avrebbe avuto, nel sapere il suo interesse per la medicina.

”Kami, vi prego... Siate clementi...” Pensò quasi con rassegnazione, mentre raggiungeva finalmente l’infermeria. Con un sibilo risentito, il giovane constatò, suo malgrado, che Ayumi non c’era. In compenso, però, trovò un’infermiera intenta a medicare un ragazzino, china su di lui e troppo presa a rassicurarlo sulle sue condizioni. Ah, quante volte ci era finito lui, in quelle stesse condizioni? Pieno di lividi ed escoriazioni, tornava in quelle condizioni un giorno si e l’altro pure, tenuto per un orecchio dal suo sensei, che puntualmente lo andava a tirar fuori dalle zuffe che scatenava. ”Certo, ero una gran testa calda... Non che ora sia cambiato poi molto, mi sa...”

Si schiarì la gola, bussando prima di entrare e avvicinandosi all'infermiera, sperando di ottenere da lei informazioni su dove si fosse cacciata Ayumi. «Mi scusi, ha per caso visto Ayumi? La stavo cercando per poterle parlare per le iscrizioni del nuovo corso...» Domandò delicato, alzando lo sguardo sul ragazzino e sorridendogli gentile. La donna continuò imperterrita a medicare il piccolo, rivelandogli che Ayumi era stata chiamata d’urgenza in pronto soccorso. Sospirò spazientito, scrollando le spalle rassegnato. «Immagino... » Riuscì solo a dire, grattandosi pensieroso la testa e volgendo lo sguardo intorno, cercando di orientarsi. E adesso da che parte era il pronto soccorso?

Stava per ringraziare la donna per la sua gentilezza, ma quella iniziò ad attaccar bottone, parlando di cose di cui Kacchan non aveva la benché minima idea: chi diavolo era Takumi? Che cavolo ne sapeva, lui, del suo quadro clinico? Poi capì e si trattenne dall'imprecare. A quanto pareva, l’infermiera l’aveva scambiato per suo cugino.... «Mi scusi, ma adesso devo proprio andare...» Sibilò a denti stretti, parecchio risentito, caricando a passo di marcia in direzione del pronto soccorso. Per la miseria, ma com'era possibile confonderlo a tal punto con... lui!?

Preferì non pensarci troppo, anche perché, in quel momento, aveva altro a cui pensare e di cui preoccuparsi: doveva trovare assolutamente Ayumi, altrimenti rischiava di dover rimandare, ancora, quella maledetta iscrizione e, questa volta, nulla l’avrebbe spinto a procrastinare, ne il suo complesso di inferiorità nei confronti di Hachi, ne tanto meno il tempo tiranno.... Peccato che non avesse fatto i conti con un’altra incognita: come si sarebbe comportato davanti ad una persona in fin di vita? Perché era proprio quello che si ritrovò a dover affrontare Kacchan... O meglio, la stava affrontando Ayumi, che proprio in quel momento le sfrecciò davanti, affiancata da un'equipe medica, intenta a trasferire un uomo che sembrava sanguinare copiosamente.

”Cazzo, e adesso che faccio?” Irrequieto, si guardò dapprima intorno, poi seguì con lo sguardo la barella che si allontanava, la voce di Ayumi che ordinava perentoria di tener pronta una sala operatoria per lei. Quello non era proprio il momento per fermarla e chiedere per l’iscrizione, senza ombra di dubbio, però.... Sapeva bene, Kacchan, che se si fosse tirato indietro, adesso, l’avrebbe visto come un segno del destino, che probabilmente non era cosa per lui iscriversi e quindi avrebbe perso definitivamente la prontezza di spirito che l’aveva spinto fino a quel momento, in quella giornata catartica.

«Al diavolo, male che vada mi manderà a quel paese...» Imprecando, le corse dietro, cercando di chiamarla a gran voce, ma evidentemente la giovane non lo sentiva, presa com'era. E come darle torto? Tra un paziente da salvare tra le mani e decine di persone, tra paramedici e personale medico a farle capannello intorno, era inevitabile che non gli desse corda.... Chissà, magari, se si avvicinava un po’ di più, poteva provare a chiederle... Cavolo, sarebbe stato davvero fuori luogo ed estremamente scortese, e la cosa lo metteva davvero a disagio. Si limitò quindi ad avvicinarsi a lei quanto più gli fu possibile, dando però una sbirciatina al paziente, cercando di capire quale malanno lo avesse colpito.

Non riuscì bene a vedere, perché qualcuno lo tirò per un braccio, spingendolo in un’altra stanza, seguito a ruota da una decina di persone, tutte trafelate, intente a prepararsi per entrare in sala operatoria. «U-un momento, io s-stavo solo...» Cercò di ribadire, ma qualcuno gli stava già infilando un camice, spingendolo con foga verso un’altra infermiera che, nel vederlo, gli sorrise, infilandogli una cuffia sulla testa. «È un bene che ci sia anche lei qui... Scommetto che vuole dare un’occhiata più da vicino alle nuove reclute, non è così?» Facendogli un occhiolino, lo spinse in un gruppo di altri ragazzi, tutti visibilmente in ansia nei loro camici verdi, intenti a spintonarsi nel vano tentativo di attirare quanto meno possibile l’attenzione su di se.

Confuso e stralunato, Kacchan, li in mezzo al gruppo, si sentiva soffocare, un po’ per via della mascherina un po’ per via delle emozioni di quei ragazzi i quali, senza volerlo, riversavano su di lui tutte le emozioni che li attanagliavano in quel momento. Non che ne fossero consapevoli, ma per Kacchan era un supplizio, mentre cercava di farsi largo, cercando un po’ di spazio. «Per favore, fatemi spazio... Devo parlare con Ayumi...» Cercò di pronunciare, la voce mascherata e distorta dalla mascherina, alzando le braccia in aria, quasi implorasse la resa... ”Chissà, magari se do una piccola scossetta elettrica, si faranno largo, no?” Pensò, cercando di trovare con lo sguardo Ayumi, deglutendo sonoramente: voleva davvero chiederglielo ora? Sul serio? ”Tanto, vado già in terapia... Male che vada mi prenderanno per mentalmente instabile...” Pensò, mentre allungava un dito verso il ragazzo che aveva davanti, dandogli una leggera scossa dietro la schiena. Non molto forte, quel tanto che serviva per spingerlo a spostarsi, così da lasciargli campo libero davanti a lui.... ”Sta cosa andrà a merda..."
 
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L
a tensione in quella saletta era palpabile, nonostante la vetrata a separarli dal tavolo operatorio gli specializzanti erano oltremodo nervosi, nessuno di loro aveva mai toccato un paziente al di fuori di semplici prelievi o la cura di graffi superficiali. Nessuno di loro aveva avuto la vita di qualcuno per le mani, - soprattutto Kacchan - il quale tuttavia continuò per la sua strada. Se il dottor Kazuma aveva detto il vero la scadenza per le iscrizioni probabilmente era già scaduta o era prossima ad esserlo. Quando diede quella piccola scossa il tirocinante si spostò come sperato, voltandosi pensò di aver avuto un'allucinazione, si grattò il punto sulla schiena e poi deglutendo tornò a fissare l'equipe medica.
Riuscito a farsi largo Kacchan raggiunse la prima fila e scoprì che nel mentre il paziente era stato intubato, aveva un grosso tubo infilato in bocca il quale era collegato ad alcune macchine. Appese ad una sorta di appendiabiti c'erano invece diverse sacche, alcune di sangue, altre di una soluzione trasparente e il tutto confluiva al paziente attraverso alcuni tubicini più piccoli di cui non vedeva la fine. Nonostante la luce accecante puntata sul paziente in fin di vita e la posizione elevata di quella saletta non si riusciva a vedere granchè da li: come facevano ad imparare quei ragazzi restando in disparte?

"Cosa stanno dicendo secondo voi?"

"Stando alle procedure il medico operante chiama gli strumenti di cui ha bisogno e spiega passo passo quello che sta per fare. Guardate adesso inizia con l'incisione. "

"Accidenti, come fa a non tremarle la mano?"

Dal nulla poi si udì un "click" e la piccola combriccola si voltò automaticamente verso destra in direzione del pulsante che attivava l'interfono bidirezionale: con molta nonchalance il diciottenne decise di fregarsene di tutto e di disturbare Ayumi per chiedere dell'iscrizione al famoso corso a scadenza.
    "KEEEHH !?"

      "KEEEHH !?"

Sbiancando all'unisono il gruppo non riuscì a trattenersi e dopo i primi istanti di silenzio e imbarazzo esclamarono per lo spavento. Se inizialmente credettero di non essersi accorti della presenza del Primario - e di aver fatto chissà quali colossali figure di merda nel parlare tra loro - quando sentirono Kacchan richiamare l'attenzione di Ayumi capirono di aver frainteso e si sentirono doppiamente idioti. Una delle ragazze quindi corse a tappargli la bocca e a staccargli il dito dall'interfono ma ormai era troppo tardi, a giudicare dalle reazioni in sala i medici avevano sentito tutto, comprese le loro reazioni chiassose.

"Sssshh, ragazzi ci sentono!"

La mano del medico operante si fermò per un istante ma poi riprese come nulla fosse. Solitamente quando veniva attivata una comunicazione dall'esterno era per ricevere informazioni di vitale importanza sul paziente - era d'obbligo quindi fermarsi e ascoltare - l'esito di alcuni esami pronti all'ultimo minuto portavano ad un cambio di programma sulla cura e sull'intervento.
Nella stanzetta tuttavia non giunsero risposte nè da lei nè d altri medici, per un interminabile minuto le uniche cose che udirono gli specializzandi furono i bip delle apparecchiature e il soffiare della macchina cuore-polmoni.

"Aspirare."

Approfittando di quel momento Ayumi alzò lo sguardo verso la vetrata e con la testa fece cenno allo Yamanaka, poteva di raggiungerla in sala.
Quando il ragazzo mise piede all'interno della sala operatoria, le cose che lo colpirono nell'immediato furono due, lo sbalzo termico e l'odore; itra quelle mura si respiravano a stento i sedici-diciassette gradi centigradi mentre l'odore pungente di sostanze chimiche disinfettanti che servivano a mantenere l'asepsi dell'ambiente era quasi nauseante. Su un carrellino poi notò numerosi strumenti chirurgici ordinati per funzione e dimensione, molti dei quale non sapeva nemmeno a cosa potessero servire.

"Sono desolata Kacchan, i moduli che mi chiedi come vedi sono inservibili, erano in quella cartellina mentre rianimavo il paziente. Si erano iscritti in venti ma ormai con tutto quel sangue non credo riusciremo più a recuperare i dati e temo che il tempo sia scaduto."

"Che peccato, pare quest'anno non avremo nuovi specializzandi."

Nonostante la situazione delicata l'assistente di Ayumi non si trattenne dal prendersi gioco del ragazzo e sorridendo dietro la mascherina fece per scambiare uno sguardo complice con il collega che aveva difronte. L'Uchiha non ebbe alcuna reazione a quel commento, mantenendo la sua compostezza si voltò e riprese a chiamare gli strumenti che le servivano.

"Iniziamo con il bypass."

Al genin bastarono quei pochi minuti per capire in che tipo di ambiente stava entrando, ebbe come l'impressione che le aspirazioni e la buona volontà avrebbero sempre cozzato con stupide regole, con il menefreghismo ma anche e soprattutto con l'arroganza e l'infamia di colleghi e collaboratori. L'ospedale era una gabbia di leoni pronti a sbranarsi a vicenda per il posto migliore: un luogo dove la competizione era a dir poco sfrenata ma possibile che anche Ayumi era di quella pasta? Certo dai tempi dell'accademia era passato molto tempo ma tra loro non c'erano mai state grosse divergenze, possibile che non potesse fare un strappo alla regola?





GdrOff|| EDIT: ti aggiungo la cartella clinica, anche se la documentazione è imbrattata di sangue riesci a leggerla e puoi riconoscere dalla foto che si tratta dell'anziano saggio di Konoha. Capisci che per motivi di privacy fanno riferimento a lui con il secondo nome di battesimo. Sai che in passato era un ottimo ninja, sensei del primo Hokage. || GdrOn



- CARTELLA CLINICA -

# Dati Anagrafici #

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Nome: Hiroshi, Takumi
Cognome: Mitokado
Sesso: M
Età: 75
Rango: ex Jonin
Lavoro: Pensionato (ex Consigliere)
Nato a: Konoha
Indirizzo: Magione dell'Hokage, Edificio 3, Civico 45
Stato Civile: Coniugato

Convive: ✔ | Vive da solo: ✘

# Problemi Passivi #

- Cardiomiopatia Dilatativa
- Fibrosi Cistica
- Ipertensione
- Artrite



# Ricovero n° 23: Motivo Consultazione Medica #

Difficoltà Respiratorie / Dolore al petto

# Problemi Attivi #

Complicazioni post-trapianto Cardiaco / Rigetto


    Medico Curante: Dott.ssa Kiyoko Nakano


    - Presenti in Sala -

    Chirurgo Operante: Dott.ssa Ayumi Uchiha
    Primo Assistente: Dott. Hiroki Senju
    Secondo Assistente: //
    Ferrista: Dott. Anzai Tanaka
    Anestesista: Dott. Akira Kamata


Edited by ~Angy. - 18/11/2020, 22:24
 
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view post Posted on 4/9/2018, 14:54     +1   -1
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Con non poca fatica, Kacchan riuscì a farsi largo tra la calca di corpi stipati in quella stanzetta, raggiungendo finalmente la prima fila, che dava direttamente su una vetrina che permetteva di visionare in toto la sala operatoria. Col fiato corto, infilò un dito sullo scollo del camice, cercando di allentarlo un po’, sperando di riuscire a prender fiato, ma la mascherina che aveva sul viso aumentava il senso di soffocamento, mentre nella sua testa rimbalzavano come palline di un flipper le emozioni di tutti quei ragazzi li accalcati: timore, soggezione, paura, senso di inadeguatezza.... Diamine, quanto maledettamente gli assomigliavano...

Scosse il capo con vigore, cercando di snebbiare la mente e ritornare al momento presente, abbassando la mascherina e avvicinandosi ulteriormente alla vetrina, poggiandoci sopra la mano libera. Il freddo contatto della superficie lo aiutò a svuotare la mente, a calmarsi e a ritrovare la lucidità che gli serviva per affrontare quello che stava per fare.... “Cazzo, seriamente lo sto per fare? Devo esser proprio sciuminito...”

Addocchiò, sul lato destro, una piccola scatola metallica affissa alla parete, munita di diversi bottoni e con una piccola sporgenza traforata: l’interfono che permetteva le comunicazioni con la sala operatoria sottostante era disattivato, impedendo così ai giovani presenti nella stanza di ascoltare quello che stava succedendo a pochi metri di distanza, e la cosa lo lasciò stranito, come se quel dettaglio avesse ridestato un ricordo che fino ad allora aveva tenuto assopito, nascosto in un cassetto tanto a lungo da essersene dimenticato. E dire che era un ricordo relativamente recente....

Tre file di sedie metalliche occupavano la stanza, permettendo di accomodare una trentina di persone, senza contare quelle che si sarebbero potute accomodare sul fondo della sala, rimanendo però in piedi contro il muro. Quella sala, però, quel giorno era vuota e l’unico sedutovi al suo interno era Kacchan, in prima fila davanti alla vetrina che dava sulla sala operatoria nella quale un’equip medica era intenta ad operare sua madre. Rimozione dell’ovaio sinistro per mezzo di una laparotomia, un intervento abbastanza nella norma, tanto da non richiedere la presenza di un pubblico, generalmente composto da tirocinanti inesperti smaniosi di poter imparare. L’interfono presente in sala, però, era rimasto attivato, forse per una dimenticanza. Fatto sta che Kacchan sentiva perfettamente quello che i medici stavano dicendo, descrivendo le procedure che stavano effettuando mentre operavano sua madre. Chissà, probabilmente stavano spiegando la procedura a qualche novellino alla sua prima volta con un bisturi.

Kacchan si alzò, così da poter scrutare con maggiore attenzione ed effettivamente potè notare che uno dei chirurghi non era esattamente a suo agio. Digrignò i denti, infastidito dall’idea che potessero usare sua madre come banco di prova per qualche inetto incapace, ma sapeva bene che a tenerlo sotto controllo c’erano persone decisamente molto qualificate. Alcune fin troppo, per i suoi gusti. E vedere il suo riflesso nel vetro lo fece imbestialire ancor di più, spingendolo a scostarsi dal vetro, proprio mentre la porta della sala d’osservazione si apriva. L’uomo che si sporse al suo interno osservò con i suoi profondi occhi blu cobalto la sala e, una volta posatisi su Kacchan, brillarono, mentre un largo sorriso si apriva sul suo volto.

«Ecco dove ti eri cacciato!» Pronunciò con voce calda, cercando di mantenere il timbro basso, mentre si chiudeva alle spalle la porta e raggiungeza il suo ragazzo che, di rimando, gli sorrise, puntando su di lui gli stessi occhi color cobalto. «Volevo esser sicuro che andasse tutto bene....» Ammise, indicando con il pollice la vetrina alle sue spalle.

Con un sospiro, suo padre si lasciò cadere sulla sedia di fronte al giovane, passandosi una mano tra i corti capelli castani, un gesto che il giovane Yamanaka, si rese conto, aveva ereditato da lui. «La mamma è in ottime mani, dovresti star tranquillo.... » Sentenziò, e il giovane si ritrovò a dover ammettere il vero: sotto i ferri di suo nipote Hachi, Kyoko non correva alcun rischio, ne era fin troppo consapevole.

«Si, lo so, solo che….» Sospirò, sedendosi di fianco al genitore, stendendo le gambe davanti a se, non sapendo fino a che punto spingersi, ma si trattava di suo padre, e con lui non aveva alcun segreto. «Ero curioso. Volevo vedere cosa succedeva in una sala operatoria, come si comporta un medico in circostanze tanto delicate, sai com’è.....» In tutta risposta l’uomo fece un cenno affermativo con la testa, senza però smetter di sorridere sormione. Conosceva bene il suo ragazzo e aveva già intuito che qualcosa gli frullasse in quella arruffata testolina bionda. «E come ti sembra?» «Incredibile. Oltre ogni dire.» Ammise senza troppi giri di parole, voltandosi per poter osservare I chirurghi che, in quell momento, stavano richiudendo il taglio addominale. L’intervento era finito ed era andato tutto liscio come l’olio, come c’era da aspettarsi.

«Allora perché non studi medicina? Visto che l’idea di fare il medico ti intriga così tanto, perché non ci provi?» Domandò candidamente, ricevendo in tutta risposta uno sguardo truce, mentre il ragazzo indicava alle sue spalle, senza aggiungere una parola. Cavolo, proprio non riusciva a digerira l’idea di avere anche solo un minimo di interesse verso suo cugino.

«Studia per conto tuo allora, se proprio ti pesa dover chiedere a lui. Puoi chiedere alla mamma di farti spiegare qualche nozione base e, se non sbaglio, dovrebbe avere ancora qualche libro di anatomia nascosto giù in cantina. E quando diventerai Chunin, se passi le selezioni, potresti deciderti di seguire un corso come si deve.... Magari non necessariamente qui a Konoha...» Nel sentire quelle parole da parte del genitore, gli occhi del ragazzo si fecero lucidi, carichi d’emozione. «Dici che si potrebbe fare?» «Ma certo! Mi basterà chiedere a qualche mia conoscenza a Suna, e magari ci si potrebbe accordare in qualche modo....»

Non finì la frase, perché venne interrotto da un abbraccio caloroso da parte del ragazzo che, imbarazzato, si staccò quasi subito, senza però smettere di sorridere. «Sarebbe fantastic, pà, dico davvero!»


Il giorno del suo sedicesimo compleanno, suo padre gli regalò un libro di medicina, uno dei primi che il giovane Kacchan aveva letto avidamente, nel cuore della notte, tra una missione e l’altra, ogni qual volta aveva un po’ di tempo libero. Li divorava quei libri.... Peccato che, con la morte di suo padre, li lasciò chiusi nel fondo del suo baule, tirandoli fuori solo quando quell’idea gli punzolava novamente la mente, per poi rigettarli nel fondo impolverato. Questa volta, però, non avrebbe lasciato perdere. Lo doveva a suo padre, ma soprattutto a se stesso.

Con decisione pigiò il dito sul tasto di accensione dell’interfono, che immediato gli permise di comunicare all’interno della sala operatoria. «Ayumi-chan, sono Kacchan. So che non è un buon momento, ma sarei interessato ad iscrivermi al....» Non riuscì a terminare la frase, perché qualcuno lo bloccò da dietro, tappandogli la bocca, mentre gli altri ragazzi, terrorizzati dalla sua azione avventata e sconsiderata, farfugliavano tra loro. Kacchan, però, sapeva perfettamente cosa ronzava nelle loro teste. ”Questo qui è matto da legare! Ma si rende conto della gravità della situazione?” ”Si, probabilmente sono impazzito del tutto”

Per un minuto interminabile, il silenzio regnò sovrano, rotto solamente dai segnali acustici generati dai macchinari in sala operatoria e dal ronzio d’interferenza generato dall’interfono che veniva spento. Fu allora che Ayumi alzò lo sguardo verso di loro, puntando i suoi occhi su di lui in particolare, facendogli segno di raggiungerla. Con uno strattone, Kacchan si divincolò dalla presa dei tirocinanti che l’avevano bloccato, un misto di sguardi tra lo sdegnato e il sorpresi ad accompagnarlo mentre usciva dalla sala d’osservazione per recarsi in quella operatoria.

Sarebbe dovuto sentirsi agitato, con tutti quegli sguardi a fissarlo, le loro emozioni e angosce a premergli sulla cuffia, nella speranza di penetrare nella sua psiche, così da turbarlo, eppure Kacchan era stranamente calmo mentre varcava la soglia e si immetteva nell’ambiente freddo e asettico della sala operatoria. L’odore chimico con cui sterilizzavano l’ambiente, unito a quello del sangue, gli fece prudere il naso in maniera fastidiosa, rischiando di stringergli in una morsa la bocca dello stomaco, ma si impose di mantenere quella fredda e lucida determinazione che lo aveva spinto fino a compiere quell’insano gesto. E poi, combattendo sul campo di battaglia contro la progenie di Watashi, aveva avuto modo di sentire tanfi ben peggiori.

A pochi passi da Ayumi, prefer mantenersi comunque a distanza di sicurezza, più che altro per evitare di essere d’impiccio al resto dell’equip medica: si sistemò quindi dietro I carrelli avvicinati al tavolo operatorio, sul quale erano posate decine di attrezzi diversi. Riconobbe qualche bisturi, delle pinze e un divaricatore, ma per il resto gli erano quasi del tutto sconosciuti. Su di un altro, invece, vi era una cartellina imbrattata di sangue che, stando alle macchie lasciate, era stata gettata lì in un gesto frettoloso, quasi fosse d’impiccio, insieme ad altri incartamenti immacolati.

«Sono desolata Kacchan, i moduli che mi chiedi come vedi sono inservibili, erano in quella cartellina mentre rianimavo il paziente. Si erano iscritti in venti ma ormai con tutto quel sangue non credo riusciremo più a recuperare i dati e temo che il tempo sia scaduto.» Sentenziò lapidaria Ayumi, indicando velocemente proprio quella cartellina su cui aveva posato lo sguardo Kacchan. Un’imprevisto bello e buono, come ne capitavano tanti, in quel mestiere. Forse era destino, che non riuscisse a coronare quel desiderio, eppure....

«Che peccato, pare quest'anno non avremo nuovi specializzandi» A parlare fu quello che Kacchan supponeva essere il Chirurgo Secondo Operatoreche, beffardo, lo derise apertamente, cercando con lo sguardo l’approvazione del collega che gli stava di fronte. Senza pensarci due volte, Kacchan alzò lo sguardo verso la saletta, dove il gruppo di tirocinanti continuava ad assistere alla scena, ignari di cosa si stessero dicendo. Fece quindi segno loro di attivare l’interfono, così da permetter loro quanto meno di sentire, perché aveva tutta l’intenzione di far quadrare i conti, li dentro.

Si può sapere che cazzo ti ridi, coglione? Pensi che tutto questo sia uno scherzo?» Sibilò, furente, afferrando saldamente il bordo metallico di uno dei carrellini. Aveva una gran voglia di tirarglielo in faccia, ma così facendo avrebbe compromesso la buona riuscita dell’intervento, e di certo quella sua intromissione era già abbastanza fastidiosa da dover gestire.

«È fondamentale che ogni medico metta a disposizione le proprie esperienze e conoscenze per permettere la migliore formazione delle generazioni future, e ti permetti di ridere sul fatto che non si terrà un corso? Cos’è, il protossido d’azoto ti ha completamente annebbiato il cervello?» Così dicendo indicò il gruppo di tirocinanti, ancora intenti ad assistere allo spettacolo. « Li sopra c’è il future del reparto medico di Konoha, e te non solo non stai svolgendo come si deve il tuo dovere di mentore, ma li stai anche denigrando e deridendo. Quei ragazzi hanno una gran voglia di imparare e, da quando siete entrati, non avete nemmeno dato una spiegazione sulle manovre che state applicando. Cos’è, non si usa più descrivere in maniera doviziosa ogni manovra che il Primo Chirurgo Operante effettua, eh, testa di cazzo? Come pensi che riesca l’infermiere slavato di sala a prender nota sul rapporto? E come pensi che possano capire quei ragazzi le manovre che state effettuando, se non ti metti nemmeno a descriverle un minimo, deficiente!»

Alchè, rosso in vico, afferrò la cartella clinica del paziente, iniziando a leggervi i dati inseriti. Nel vedere chi fosse il paziente in questione, trattenne un’imprecazione a denti stretti, ma cercò di mantenersi lucido, mentre buttava un occhio alla saletta d’osservazione, sperando avessero attivato l’interfono. ”Vedete di collaborare pure voi.... Lo sto facendo anche per voi, questo....” Perché le emozioni che provavano quei ragazzi, in qualche modo, erano fin troppo simili alle sue e voleva fare di tutto per riuscire ad aiutare anche loro, permetter loro di superare le insicurezze, di prender coraggio a manifestare i propri pensieri, idee e dar voce alla loro curiosità.

«Il paziente è maschio, 75 anni. Iperteso, soffre di artrite. Gli sono stati diagnosticati in passato fibrosi cistica e una cardiomiopatia dilatativa, la quale è stata trattata con un trapianto cardiaco. Stando all’anamnesi presentata, il paziente presenta difficoltà respiratorie e dolore al petto, pertanto si suppone che la causa sia da implicare a complicanze post-trapianto. E ora che te l’ho introdotto, testina di cazzo, perché non spieghi che manovre state affrontando, descrivi la situazione che i tuoi occhi da ciolone vedono e indichi quali sono le procedure che la dottoressa Ayumi sta attuando?» Prese un bel respiro profondo, rimettendo al suo posto la cartella clinica del paziente, prendendo poi la cartellina imbrattata di sangue.

«Perdonami, Ayumi-chan, so che sono sempre un gran chiassone e rompipalle, ma non mi sarei permesso mai di fare una cosa del genere se non sapessi quanto tu sia abile nel mantenere la concentrazione e i nervi saldi anche nei momenti più critici. Capisco la delicatezza della situazione, perciò sarò breve, conciso e diretto: voglio iscrivermi ai corsi, ma son ben certo che il tempo per presentare la domanda è scaduto, e di certo non è giusto che venti ragazzi, come me, vogliano perdere l’occasione di poter cominciare gli studi. Ecco quindi la mia proposta: prendo le iscrizioni, te le ripulisco cercando di renderle nuovamente leggibili, e ritroverai la cartella, pulita e riordinata, proprio qui, nello stesso punto, non appena finirai l’intervento. Oppure rubo la cartella e la distruggo, e in questo modo sareste costretti a riaprire un nuovo bando d’iscrizione, in quanto un fattore esterno ha sabotato il normale iter amministrativo, decretando un ritardo nello svolgimento della normale prassi. Con la prima opzione nessuno saprebbe nulla di quello che è successo, mentre con la seconda verrebbe fatto noto come il sistema organizzativo sia mal gestito, permettendo un furto del genere, senza parlare della sciatteria con cui vengono trattati incartamenti importanti. Dato che è fondamentale che le documentazioni mediche siano ordinate e tenute con estrema cura, vedere quel che è successo con quella cartella sarebbe problematico: se delle semplici iscrizioni sono state ridotte in quello stato, come saranno allora le cartelle cliniche dei pazienti? » Lo sapeva fin troppo bene che si stava legando un cappio intorno al collo, stringendosi per bene anche il nodo, ma se non faceva vedere di aver le palle, nessuno l’avrebbe preso sul serio, li dentro. E poi era già stato spedito in terapia per aver smadonnato contro un suo superiore, dopo quella sua uscita cos’avrebbero potuto fargli, retrocederlo di grado? ”Che lo facciano pure, per quel che mi importa. Se servirà per annientare l’ombra che mi perseguita, ben venga. Non mi tiro indietro e non mi pento di nulla.”

«Quindi dimmi, Ayumi-chan. Di quanto tempo hai bisogno per rimetter in sesto quest’uomo?»
 
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view post Posted on 4/9/2018, 19:10     +1   -1
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esso piede nella sala operatoria senza sapere esattamente come Kacchan trovò la forza e la determinazione per fare un vero e proprio sproloquio, questo iniziando dall'inveire contro il primo assistente: l'uomo che con poche parole taglienti si era preso gioco di tutti gli specializzandi, presenti e futuri. Dandogli liberamente del coglione in un momento tanto delicato il genin continuò ad argomentare le sue ragioni, questo senza riuscire a tenere a freno il suo temperamento, pur di essere ascoltato diede inizio ad una sorta di rivolta a nome di tutti gli specializzandi e dei novellini in campo medico. E pensare che uno come lui non poteva nemmeno considerarsi parte del gruppo, pur avendo studiato anatomia e altre nozioni da autodidatta infatti non aveva ricevuto una vera formazione o educazione in quel campo. Era solo un intruso eppure aveva il petto gonfio e fiero continuò per la sua strada.

"Tsk, come osi ragazzino! Qualcuno lo sbatta fuori, ci sta facendo solo perdere tempo e concentrazione."

La tensione era palpabile e quando il dottore urlò gli specializzandi saltarono sull'attenti, due di loro varcarono la soglia di corsa. Tra il tamponare, l'aspirare e il frugare nelle budella del paziente Ayumi li fermò e perentoria redarguì Kacchan.

"Voi due fermi e tu chiudi il becco, non sei nella posizione di fare proposte né puoi pensare di riformare il sistema sanitario dal nulla. Per prima cosa le procedure le esplicita il medico operante e non l'assistente, seconda gli specializzandi non possono operare finchè non superano determinati esami. Sei uno stolto se credi che fare una sceneggiata simile serve a qualcosa, ti stai solo mettendo in ridicolo e che tu ci creda o meno la situazione mette a disagio più me che te.."

Quel rimprovero con la sua voce acuta non l'avrebbe lasciato indifferente, ne era certa, del resto la sincerità del sentimento appena espresso era puro e semplice, cosa che lo Yamanaka avrebbe constatato facilmente grazie alla sua innata. Rivolgendosi ai colleghi poi la dottoressa abbassò il tono di un'ottava senza tuttavia perdere quella sfumatura autoritaria. "Ho trovato l'emorragia, suturo all'altezza del ventricolo destro. Anzai l'innesto è pronto?", il ferrista quindi le allungò un recipiente metallico con all'interno un vaso sanguigno prelevato da chissà dove e pronto ad essere utilizzato per risolvere la situazione. "Aggiornamenti sui segni vitali?", in disparte l'anestesista senza mai staccare gli occhi dalla cifratura e i numeri dettati dalle macchine rispose preoccupato. "Pressione in calo 70-50, pulsazioni 130, sta andando in shock!" a quel punto Ayumi diede il permesso ai due specializzandi di aiutarla, serviva manodopera e in pronto soccorso non c'erano altri chirurghi disponibili. Mentre uno le tenne gli strumenti, l'altro fu incaricato di asciugarle il sudore dalla fronte e poi di rimetterle gli occhiali ingranditori; nel mentre il cugino del grande capo chiese quanto tempo le serviva per rimettere in sesto il vecchio saggio - fu un'ottima domanda - ma lei non aveva la risposta e lo ignorò deliberatamente.

"Ho una terza proposta per te Kacchan, non per niente ti ho chiesto di scendere in sala. Il posto del secondo assistente come avrai notato dalla cartella clinica è vacante, chiuderò un occhio sulla scadenza delle iscrizioni e sulla sceneggiata se aiuterai me e il dottor Hiroki."

"Ma è una follia! Perchè non inserisce uno degli altri?"

"Perchè finchè non arriva il Primario con le sacche di sangue di cui abbiamo bisogno sono io il medico operante e sono io a decidere."

Non aveva alternative, o così o avrebbe dovuto ritentare l'anno seguente. Per quanto improvvisata al biondino venne offerta un'opportunità incredibile e se da un lato la cosa generò grande invidia negli specializzandi dietro la vetrata, al contempo fece tirare un sospiro di sollievo a quelli presenti in sala; ora che erano vicini al tavolo operatorio - sguardo basso e mani tremanti - erano ben contenti di occuparsi di compiti infimi, erano ben contenti di limitarsi pulire la pozza di sangue che andava allargandosi sotto i loro piedi.

"Ayumi-san il paziente ha perso conoscenza."

La situazione stava precipitando rapidamente eppure mantenendo il controllo chiese una stima all'anestesista: "Quanto tempo ci resta per la valvuloplastica?", era diventata una corsa contro il tempo e in tutta risposta il dottor Anzai fu quanto più preciso possibile. "Ammesso che il sangue arrivi in tempo abbiamo circa venti minuti, quello in circolo si sta raffreddando troppo in fretta."

"Ce lo faremo bastare. Allora Kacchan, te la senti?"




GdrOff|| Sentiti libero di rifiutare così come di accettare, la scelta non pregiudicherà la riuscita o meno della quest, ruola semplicemente quello che ti viene da caratterizzazione.
    - Se il tuo pg rifiuta fermati all'uscita della sala operatoria, passerai per la sala d'attesa dove troverai Sachiyo, l'anziana moglie del paziente nonchè Consigliere ancora in carica.

    - Diversamente se accetta documentati sulla valvuloplastica e descrivi pure l'intervento fino allo scadere del tempo; dopo 20 minuti Ayumi e l'equipe di cui sei entrato a far parte non avrà ancora terminato l'intervento, il paziente è sempre più freddo e prossimo all'arresto cardiaco.

Per ulteriori dettagli sai dove trovarmi^^ || GdrOn
 
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view post Posted on 6/9/2018, 15:24     +1   -1
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Serrò le labbra con forza, inviperito, scoccando un’occhiata di fuoco verso i tirocinanti che si stavano avvicinando, intenzionati a portarlo via di peso. Senza rendersene conto, strinse al petto la cartellina sporca di sangue: se volevano portarlo via, si sarebbe portato dietro quella documentazione, quindi volenti e nolenti avrebbero dovuto assecondarlo, forse.... Peccato che la sua parte ragionevole gli fece capire che si stava comportando da bambino viziato ed egocentrico, quasi come se la mamma non gli volesse comprare il giocattolo tanto agognato.

”Visto, minchione, a voler fare lo spavaldo? E a che è servito? A nulla, anzi, hai solo peggiorato le cose...” Pensò amareggiato, deglutendo sommessamente. Possibile che non riuscisse a combinarne mai una giusta? Le parole di Ayumi, però, bloccarono i presenti in un tableau vivant, mentre rimproverava il giovane Yamanaka che, ormai privo della spacconeria che gli aveva gonfiato il petto, si stava ormai afflosciando come un palloncino sgonfio, rendendosi conto della figuraccia fatta.

Abbassò lo sguardo sulle carte che stringeva convulsamente in mano, le orecchie in fiamme per l’imbarazzo, mentre la veridicità dei sentimenti della giovane chirurga lo infilzarono come mille spiedi ghiacciati, facendolo sentire ancora più miserabile di quanto già non si sentisse. Ma cosa gli era saltato in mente? Va bene voler affrontare il proprio destino senza timore delle proprie scelte, ma così, si rendeva conto, faceva del male non solo a se, ma anche agli altri.

Perchè non aveva avuto alcun senso seguire Ayumi in quella sala operatoria: in primo, data l’emergenza, non avrebbe mai potuto assecondare o anche solo ascoltare le sue richieste, quindi, se proprio ci teneva a diventare medico, poteva sempre aspettare il prossimo bando d’iscrizione. Che male c’era ad aspettare? Lui invece si era intestardito, cocciuto come un mulo, perché aveva paura di non trovare il coraggio di accettare un rifiuto come risposta. E per questo non solo aveva fatto irruzione lì, ma aveva anche rischiato di mettere in serio pericolo la vita del paziente, e solo per uno stupido attacco di spavalderia e strafottenza non richiesta, nel suo misero ed insignificante tentativo di dare colpe a chi in realtà non ne aveva. Quando, in realtà, l’unico colpevole era lui.

Sdegnato da quel suo gesto, si maledì, odiandosi. ”Basta fare cazzate”, si disse, mentre abbassava la cartellina sgualcita, riposandola sul carrellino. Inutili sarebbero state le sue scuse, si rendeva conto perfettamente di aver fatto una follia e, ripensandoci, forse era davvero il caso che si allontanasse da li.... ma solo per potersi recare per fare rapporto all’Hokage, autodenunciandosi. ”Sono un pericolo per me stesso e per gli altri, forse non dovrei nemmeno esser ancora un ninja...”

Solo allora prese coraggio, alzando lo sguardo, ricongiungendosi col mondo che lo circondava, rendendosi conto che la situazione non andava migliorando: le condizioni di Mitokado-sama stavano peggiorando e, come minimo, il suo bel spettacolino non aveva fatto altro che peggiorare tutto. «Sono davvero mortificato, Ayumi-chan....» sussurrò, disperato, incrociando lo sguardo della ragazza.
«Ho una terza proposta per te Kacchan, non per niente ti ho chiesto di scendere in sala. Il posto del secondo assistente come avrai notato dalla cartella clinica è vacante, chiuderò un occhio sulla scadenza delle iscrizioni e sulla sceneggiata se aiuterai me e il dottor Hiroki.» La bomba venne sganciata e, com’era prevedibile, ne seguì un’esplosione di reazioni che investirono in pieno il giovane, lasciandolo completamente spiazzato, impietrito sul posto. Dopotutto il casino che aveva combinato, davvero Ayumi voleva dargli una responsabilità tanto grande?

Incredulo, gli occhi color cobalto sgranati per lo stupore, fisso i visi dei medici i quali, sorpresi dalla decisione della ragazza, fecero notare i loro dubbi e sconcerti. Non si stava immaginando tutto, allora: Ayumi voleva davvero dargli quella responsabilità, ma sarebbe davvero stato all’altezza di un compito del genere?

«Ayumi-chan, ma…. Non ho mai fatto nulla del genere, è già tanto se ho una qualche minima conoscenza di anatomia umana.... E poi, dopo quello che ho appena fatto, davvero mi daresti la vita di qualcuno in mano? Sono...» Ma una vocina, nel profondo della sua anima, lo fece fermare dall’autocommiserarsi in quel modo patetico. ”Zitto, smettila con le tue manie da melodramma! Ti danno l’occasione di redimerti dalla figuraccia che hai fatto, cosa potrebbe andare storto?” Il paziente poteva morire sotto i ferri, magari per un suo errore, dato che lui non ne sapeva assolutamente nulla di chirurgia cardiovascolare; rischiava di rovinare per sempre la reputazione e la carriera di Ayumi, che in quel frangente aveva riposto fiducia nella persona meno adatta; e la lista dei danni che avrebbe potuto causare, con la sua inesperienza e il suo brutto carattere, poteva solo che aumentare, quindi era davvero necessario rischiare tanto?

”Voltati, vattene da questa sala e spera che riescano a farcela senza te che fai da impiccio.” Oh, quanto avrebbe voluto farlo! Sarebbe stata forse l’unica cosa giusta che faceva nell’arco di quella terribile giornata, eppure.... <i>”Dovrei scappare, di nuovo, dalle conseguenze delle mie azioni? E cosa abbiamo risolto così? Nulla.” Per tutti i Kami, quanto si faceva schifo. Con che forza si sarebbe guardato allo specchio, dopo?

Pregò con tutto il cuore Inari per non fargli vomitare il riso che aveva mangiato a colazione, perché il suo stomaco si stava rivoltando a causa di ciò che stava per fare. «Al diavolo, fammi lavare e vi aiuto.» Sentenziò, andando di corsa verso il lavandino, iniziando a sfregarsi frenetico fino agli avambracci col betadine, cercando di riacquistare un minimo di lucidità. Ormai il dado era tratto, il brodo sul fuoco... Non restava che vedere come sarebbe andata a finire quella storia. E le conseguenze? Al diavolo, le avrebbe affrontate, prendendosi tutte le colpe di quanto accaduto.

Asciugatosi ed infilatosi un nuovo paio di guanti in lattice, corse dal secondo chirurgo, che lo guardò in cagnesco. Se il suo sguardo avesse potuto uccidere, a quell’ora Kacchan sarebbe ridotto ad un mucchietto di cenere. Il ragazzo abbassò lo sguardo, in colpa, ma lo rialzò subito, determinato. «Mi dica cosa devo fare.»

Seguendo le indicazioni del chirurgo, Kacchan si spostò verso la zona inguinale del paziente: dato che Ayumi era alle prese con un bypass aorto-coronarico, avrebbero dovuto effettuare la valvuloplastica con un catetere a palloncino, così da lasciarle maggior libertà di manovra. Scelsero come punto di introduzione una vena passante per la radice della coscia destra, la vena femorale.

Nonostante sentissero il tempo scorrere, quasi fiatasse sui loro colli, agirono senza fretta, con calma, perché sarebbe bastato un sussulto, un piccolo tremito, per aggravare ulteriormente la situazione. Guidati da apparecchiature adatte, introdussero il catetere, bucando il setto interatriale che divide gli atri, ossia due delle quattro camere in cui è diviso il cuore, permettendo così l’accesso alla valvola mitrale.

Kacchan era affascinato, nonostante la tremenda agitazione che covava nel petto, meravigliato dal modo in cui i quei chirurghi operavano, alternando momenti di insana frenesia, ad attimi di totale stallo, mentre eseguivano azioni tanto lente e delicate da sembrare star fermi. E, ad ogni azione, il chirurgo che seguiva gli spiegava le manovre, indicandogli come spostare il sondino, seguendo le indicazioni riportare da un’apparecchiatura radiologica adatta allo studio del cuore, di cui ignorava il nome.

Creato l'accesso, introdussero il vero e proprio catetere dilatatore attraverso la valvola mitrale. Un oggetto curioso, agli occhi di Kacchan, mentre lo introduceva. Il dottor Hiroki gli spiegò che all’estremità di quel catetere vi era un palloncino ad alta resistenza che, gonfiandosi, era capace di produrre uno strappo controllato della valvola, aprendola tanto da ricreare soddisfacenti condizioni di flusso del sangue, migliorando sensibilmente le condizioni cliniche del paziente. Dovevano però far attenzione a calibrarne la dilatazione, perché altrimenti rischiavano di causarne la rottura e provocare nel paziente un embolia polmonare.

Col cuore che batteva a mille, Kacchan si fece da parte non appena Ayumi ultimò il bypass, cosicchè potesse aiutare il collega senza troppi fastidi, ma la situazione non sembrava per niente migliorare, anzi: il paziente diventava sempre più freddo e, a giudicare dai macchinari, era prossimo ad un arresto cardiaco.

Senza pensarci, Kacchan si spostò verso la testa del paziente. Non sapeva bene cosa fare, in quelle circostanze così, l’unica cosa che gli venne in mente di fare fu posare una mano sulla fronte dell’anziano, lisciando all’indietro i capelli canuti. «Oh, andiamo Mitokado-sama, non ci molli proprio adesso! I suoi familiari hanno bisogno di lei, Konoha ha bisogno di lei. Non vorrà mica mollarci in questa situazione?» Gli sussurrò parole di incoraggiamento, sperando servissero a qualcosa, ma non ci credeva nemmeno lui più di tanto. Dopotutto, cosa poteva fare un’anima forte, se comunque risiedeva in un corpo debole ormai al limite delle sue possibilità?
 
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view post Posted on 10/9/2018, 22:29     +1   -1
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I
nutile nasconderlo o girarci intorni, Ayumi si accollò un grosso rischio con quel suo gesto. Consapevole della sua decisione tuttavia non smise nemmeno per un attimo di dubitare di lui, lo conosceva dai tempi dell'accademia e sapeva bene di che pasta era fatto, i suoi unici limiti erano dati dal suo caratteraccio ma in quanto ad abilità era un talento naturale e obiettivamente nessuno poteva dire il contrario: lo sapeva lei e lo sapevano tutti i presenti in sala, la pasta del medico ce l'aveva nel DNA.

"Suture quasi terminate. Appena finisco passo ad aiutarvi con la valvuloplastica. Non resti in silenzio dottor Hiroki, come siete messi?"

"S-si, catetere inserito correttamente, stiamo per arrivare alla valvola mitrale ma con il sangue a questa temperatura il liquido di contrasto non ci permette di vedere bene le immagini.."

"Chikushō.. mai che ci fosse uno Hyuga in sala quando serve. Procedete con cautela, un'embolia è l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno.

Tenendo la guida della cannula Kacchan fu sottoposto ad una pressione a dir poco elevata; ad un certo punto avvertì un'improvvisa sensazione di calore provenire dalla dottoressa Ayumi che, seppur intenta a suturare, le sue braccia vennero ricoperte di un chakra azzurrino che a contatto con il paziente ebbe un effetto cicatrizzante sulla ferita e al contempo, un effetto scaldante. Pur impegnata in un'altra operazione riuscì così ad aiutarli con le immagini portando
l'intervento all'ultima fase.

"Ottimo lavoro ragazzi, adesso subentro io. Cannula zero cinque."

Primo e secondo assistente dunque lasciarono a lei il comando e di conseguenza il genin vide il suo compito terminare. Fattosi da parte sussurrò al paziente delle parole d'incoraggiamento ma non sarebbero state di certo quelle a salvarlo e quando la dottoressa concluse con successo l'intervento, scongiurando il rigetto dell'organo, si rivolse proprio a lui.

"Bene abbiamo finito. Hiroki-san prima di richiudere il torace attendiamo l'arrivo del sangue, in questo modo se dovesse avere un arresto cardiaco potremmo defibrillare in maniera più efficace. Kacchan, puoi andare a vedere a che punto sono le unità di sangue? "

Gli venne spiegato che il gruppo sanguigno del vecchio saggio era molto raro e che avendo finito tutte le sacche di trasfusione disponibili stavano cercando donatori compatibili in giro per l'ospedale e nei dintorni. Quella procedura d'emergenza tuttavia non era così immediata come poteva sembrare, difatti se il donatore non era registrato come tale occorreva fare prima delle analisi per accertarsi che non avesse malattie e infezioni di sorta.
Fu così che nel varcare la soglia Kacchan rischiò di prendere in pieno muso la porta della sala operatoria, questa infatti venne aperta brutalmente in senso opposto: sulla soglia uno degli specializzandi con tra le braccia il carico che stavano aspettando con ansia.

"Sono loro! Ma dove le hai recuperate, sicuro siano stati fatti tutti gli esami del caso?"

Sbigottita l'Uchiha dubitò sulla provenienza di quel sangue ma poi l'interfono si attivò e tutti i presenti alzarono li sguardo in alto. Appoggiato alla vetrata v'era il Primario dell'ospedale in evidente stato di affanno, senza camice e con una pessima cera.

"Non c'è tempo per i controlli, iniziate subito con le trasfusioni. Se muore le infezioni non significheranno nulla e poi la moglie è stata chiarissima, faremo tutto il possibile per salvarlo. "

Annuendo Ayumi non se lo fece ripetere, mentre il capo medico iniziò a prepararsi per poter entrare in sala lei eseguì gli ordini e con l'aiuto del ferrista e di Kacchan collegò le prime sacche di sangue ai macchinari; queste dopo averlo centrifugato e scaldato avrebbero trasportato il liquido dritto in vena al paziente per mezzo flebo. Ovviamente in sala non tutti furono d'accordo ma se l'anestesista si limitò a dissentire in silenzio e continuando a fare il suo, il dottor Hiroki non fu altrettanto pacato.

"Questa storia finirà male, non potete fare come vi pare, ci sono delle procedure da seguire! Non ho intenzione di essere radiato a causa vostra e delle vostre imprudenze.

DAMMI QUA!
"


Visibilmente contrariato il medico abbandonò la sua postazione e fece per strappare le sacche dalle mani di Kacchan ma quando fu sul punto di toccarlo Ayumi si frappose tra loro e lo colpì: eseguì degli attacchi in rapida successione portati con le punte delle dita, uno stile che ricordò molto le chiusure del clan Hyuga, il jonin non ebbe il tempo di dire nulla, le parole gli soffocarono letteralmente in gola. Come paralizzato si lasciò atterrare da un ultimo e semplice colpo, un calcio in pieno petto.

"Provaci di nuovo e te la stacco quella mano, poco importa se dopo dovrei sudare per riattaccartela."

Il corpo pesante del Senju volò via sotto l'impetuosità della piccola Uchiha finendo così per impattare e ribaltare il carrellino del ferrista. Seguì il clangore metallico dei tanti strumenti delicati e affilati che cadevano a terra sparpagliandosi ovunque e perdendone così la sterilità e Ayumi per un lungo istante continuò a fissare quell'inetto con disprezzo: non era nemmeno in grado di identificare le priorità. Poi, come se lo stress cui erano sottoposti non fosse già abbastanza, ecco che la pressione precipitò e per Ayumi che non era un vero chirurgo la situazione si fece quasi ingestibile; lei aveva ottenuto il permesso di operare per aver assistito innumerevoli volte il primario, grazie alle sue abilità e grazie allo sharingan infatti aveva copiato le sue tecniche di intervento ed era capace di ripeterle ma com'è ovvio ripetere un intervento da manuale non era sempre sufficiente, ogni caso era diverso e lei non aveva le conoscenze necessarie per poter agire di conseguenza in caso di imprevisti.

"Ayumi-san! Il paziente è al limite, arresto cardiaco tra cinque, quattro, tre.. "

La sala operatoria versava in uno stato di caos ordinato, a terra nonostante gli sforzi dei due specializzandi v'era ancora molto sangue, tamponi vari, garze e adesso ferri del mestiere e un uomo a terra. Deglutendo la ragazza chiamò il defibrillatore ma ad arrivare prima fu Hachi in persona: varcata la soglia seppur con ancora il camice slacciato alle spalle gli si parò davanti, la sua mano era già nel petto del paziente e teneva tra le mani il cuore del signor Mitokado. Prima dello scadere del conto alla rovescia strinse la presa attorno all'organo come a potenziare il suo ultimo battito e in quel modo scongiurò l'arresto cardiaco.
Il macchinario per la trasfusione entrò in azione.

"L'intervento è terminato con successo. Andate pure a darvi una ripulita e a riposarvi, richiudo io. Grazie a tutti, Kacchan.. "

Così annunciato il Primario che era specializzato proprio in interventi di cardiochirurgia, dedicò un attimo anche al cugino, gli fu grato per il supporto dato e anche se non aveva idea di come erano andate davvero le cose non sembrò arrabbiato di vederlo li dentro e anzi, ad osservare bene la sua reazione sembrò quasi esserne già informato: che avesse parlato con Ayumi con la sua telepatia per tutto il tempo?



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GdrOff|| Osservando Ayumi hai appreso Piccola Cura, se vuoi hai la possibilità di metterla in atto (magari dicendo che uno degli specializzandi si è ferito nel raccogliere da terra un bisturi). Se vuoi aggiungere altro per quanto ha combinato Hiroki ovviamente sei libero di farlo e una volta ruolato il tutto puoi decidere di restare in sala così come uscire e riposare come concesso dal primario.

Se vuoi interagire con Hachi dimmi che in caso ti fornisco già le risposte; puoi terminare con la chiusura del torace e il paziente che esce dalla sala operatoria, tieni presente che la barella verrà portata lungo il corridoio fino in terapia intensiva (dove sarà tenuto sotto osservazione h24) e la moglie ringrazierà di cuore tutti i medici che usciranno. || GdrOn


Edited by ~Angy. - 18/11/2020, 22:24
 
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