Fu quello forse il punto d'incontro fra Kakumei e Fuyuki, due ninja che servivano ideali diversi e che, pur avendo un nemico in comune, non avrebbero ceduto nemmeno un metro di terreno per non rischiare di perdere posizione. L'uno era pronto a sacrificare ogni cosa pur di vedere Kirinaki bruciare e, in fondo, anche Namida credeva di esserlo... ma anche di fronte alla possibilità di debellare per sempre quella minaccia, la Foglia e la sua famiglia avevano la precedenza. La spia aveva ragione, avrebbero potuto trovare una cura alternativa dopo aver stanato quei maledetti, ma chi avrebbe potuto garantire per la loro vittoria? Non vi erano certezze nel continente degli shinobi, men che meno nelle Piramidi dell'Oro e dell'Argento... e sulle decisioni prese, il jonin non avrebbe fornito certo motivazioni. Quando però l'uomo tirò in ballo il nome del Joker e le nuvole rosse, il ninja non poté che concordare con lui. Si limitò tuttavia a far finta di nulla, nascondendo la propria frustrazione dietro una coltre di fumo grigiastro. Oh, quel vecchio era dannatamente più saggio ed esperto di lui, ma non gli avrebbe mai concesso una simile soddisfazione. Si sarebbe morso la lingua fino a staccarla, piuttosto che ammetterlo.
Fu poi il turno di Mira di prendere parola e gli occhi del giovane si fecero piccoli come fessure quando la fanciulla nominò Seiri. Persino Fukuizuna ebbe un momento di shock nell'udire quel nome, in fin dei conti la kunoichi dagli occhi azzurri era stata ospite dell'eremo per diversi mesi, così a lungo da essere ormai considerata parte della comunità stessa dei mustelidi, malgrado lei avesse rifiutato l'opportunità di firmare con loro un patto di sangue. Il suo sguardo perso, tuttavia, era niente rispetto all'espressione sconvolta dello Hyuga. Come diamine poteva Mira sapere di lei e, soprattutto, del sacrificio che aveva compiuto perché lui avesse la vita salva? Proprio nel momento in cui aveva creduto di aver inquadrato la sua interlocutrice, questa aveva dimostrato prontamente il contrario, cambiando completamente le carte in tavola e lasciando il jonin con due di picche.
"D'accordo sapere il mio nome, così come di Inai e del mio trascorso con Jagura... ma questo supera di gran lunga persino le informazioni che Kakumei ha su di me." pensò, tormentandosi senza darsi pace. Doveva sapere, ma l'unico modo per farlo era esporsi e concedere fiducia a quella donna, la quale, oltretutto, non aveva dimenticato di sottolineare nuovamente la verità: senza di lei e Kakumei, in quel momento lui si sarebbe trovato ancora a Yason Mori, magari sarebbe persino diventato cenere, come ciò ch'era rimasto della città e dei cadaveri di chi aveva perso la vita quel giorno. Si alzò di scatto, facendo temere alla stessa donnola un colpo di testa che avrebbe potuto mettere a repentaglio la sua posizione. Poi batté i pugni sul tavolo e con occhi carichi di collera incontrò quelli di chi aveva di fronte, attivando la propria doujutsu senza nemmeno rendersene conto.
UCHIHA... AKANE!
Spezzando per l'ennesima volta la continuità del dialogo, Fuyuki tornò sulla domanda che aveva volutamente lasciato senza risposta. Si era ripromesso di vendere a caro prezzo quell'informazione, ma ne aveva davvero le palle piene di essere circondato da persone totalmente anonime che sapevano tutto di lui. Oh, fu maledettamente faticoso reprimere il desiderio di imporre su quel bel collo un marchio che potesse far sputare ogni verità a quella donna, ma si vide costretto a farlo per non buttare al vento l'occasione di comprendere realmente cosa stesse accadendo all'interno di Kirinaki ed accedere alle informazioni che lei e Kakumei sembravano custodire gelosamente.
Uchiha... Akane. Quel nome, oh sì, quel maledetto nome sarebbe rimasto scolpito nel suo animo per l'eternità. Fu come precipitare dopo aver percepito il terreno scomparire sotto i propri piedi. Quella sensazione durò un istante, ma tanto bastò al giovane affinché il suo cuore si riempisse di puro terrore. Poi, una frattura. Non di ossa, no, magari; il dolore sarebbe sicuramente stato più tollerabile rispetto alla maledizione che gli toccò patire. C'era un motivo, dopotutto, se il Sandaime era conosciuto come lo Spirito Demoniaco di Konoha... e fu strano, quanto tremendo, che chi aveva sempre rischiato la sua vita per lei e per il villaggio dovesse scoprirlo in quel modo. Il chakra che lei aveva impresso nel marchio si liberò solo allora in tutta la sua potenza, di fatto squarciando il sistema circolatorio dello sfortunato shinobi. Come trafitto da una lama, cadde dalla sedia, impattando rovinosamente sul suolo, di fronte allo sguardo attonito dei presenti. Inutili furono i tentativi di Fukuizuna di soccorrerlo o consolarlo, vani quelli di Mira di alleviare le sue sofferenze, qualora ci avesse provato. Pianse per la collera e il dolore, urlando finché la sue stesse corde vocali vennero graffiate da quell'atrocità... e vomitò, muco, sangue, tutto ciò che il suo stomaco aveva da accogliere. Lentamente, il chakra di chi aveva stupidamente creduto sua amica lo divorò, consumando le sue energie come un cancro. Alla fine di quell'orrido processo, Mira avrebbe sicuramente percepito quanto terribili fossero state le conseguenze del loro piano. Sfruttando le proprie capacità sensoriali, avrebbe notato con facilità la tremenda cicatrice apertasi nello spirito di Namida.
... e Fuyuki, invece, avrebbe dovuto presto fare i conti con una ferita ben più grave. Era il suo cuore, in quel momento a sanguinare e la collera a farsi avanti, pronta a parlare al suo posto. Anche le domande, oh, quelle erano più atroci di vere e proprie pugnalate.
Perché? Perché Akane aveva deciso di riservare a lui e a Chiaki un supplizio così crudele? Come aveva fatto a dimenticare la loro complicità, nata dal comune interesse di proteggere la Foglia? Come, invece, aveva potuto mettere da parte quanto c'era stato tra loro? Shinobi, entrambi madre e padri di bambini che avevano protetto a vicenda, in un modo o nell'altro. Fino a quel momento, Fuyuki aveva vissuto con l'illusione di trovarsi in un incubo e che, prima o poi, avrebbe potuto svegliarsi e ritrovare intatte le sue certezze.
Eppure, tutto ciò era vero. Fottutamente reale. Mira aveva scovato il sigillo prima di svegliarlo e, se solo non avesse avuto l'accortezza di chiedere il suo aiuto per rimuovere il marchio, sarebbe morto per volontà del suo Hokage. Avrebbe lasciato vedova sua moglie e orfani i suoi figli... solo per il despotico desiderio di giocare con le promesse che si erano scambiati, più e più volte, negli ultimi anni. Questa. Questa era davvero Akane Uchiha. E al valoroso quanto stupido Fuyuki Hyuga non restava che la consapevolezza di aver fallito, di aver commesso forse l'errore più grave della sua vita. Aveva condotto la sua famiglia fra le grinfie di un mostro, affidato il destino dei suoi cari a chi, evidentemente, non aveva nulla a cuore di tutto ciò. Aveva garantito protezione ad Hikarikage, soltanto per ottenere in cambio la condanna di dover convivere ogni maledetto giorno con il terrore di vedere in pericolo i suoi figli.
Solo allora, quando tutto fu terminato e l'ira ebbe preso il sopravvento sulla ragione, comprese chi era stata Akane... e chi, a quel punto, era davvero lo Yōkai. Da terra lanciò un'occhiataccia a Fukuizuna, una di quelle che certamente l'evocazione non avrebbe dimenticato.
- Va', sorella. Al resto ci penso io. - sibilò a denti stretti il giovane, con un tono che non pareva ammettere repliche.
- Fai sul serio? Sei ridotto davvero male, Fuyuki-chan. Non sappiamo niente di questa donna, conoscere qualcosa su Seiri non può bast-
- Non intendo ripetermi, Fukuizuna. Ci vediamo a casa nostra.
"Devi fidarti di me, sorella mia... ancora una volta." ripeté nella sua testa, cercando lo sguardo della donnola con la coda dell'occhio. Visibilmente seccata per la testardaggine del suo eremita, l'evocazione oppose resistenza, ma senza pensarci due volte il giovane compose i sigilli per il rilascio, lasciando che la sorella scomparisse in una coltre di fumo biancastro. A quel punto, poggiandosi nuovamente sul bastone di legno, si rimise in piedi e si fece strada costeggiando il tavolo, fino ad azzerare le distanze fra sé e Mira. Si trattava di pochi passi, ma ognuno di essi sembrò durare un'eternità... era quella la portata del cancro che Akane aveva innescato e che aveva ridotto allo stremo il ragazzo. Faceva fatica persino a rimanere in posizione eretta, dato che le gambe sembravano come paralizzate, tanto d'averlo costretto a trascinarsi sino a lei. Si ritrovarono quindi di nuovo uno dinanzi all'altro, con il giovane che, dovendo tuttavia deambulare con un ausilio e rimanendo di conseguenza ricurvo, raggiungeva la stessa altezza della kunoichi.
- Hai avuto ciò che desideravi, Yūrei. Ora però, voglio che tu mi dia delle spiegazioni. - disse con fare convinto, senza mostrarsi debole di fronte alla sua interlocutrice - Voglio che tu mi dica come diamine fai a sapere di me e Seiri e per quale dannata ragione hai lasciato a digiuno quei vermi del cazzo. Altrimenti...
Mira lo capì immediatamente, a sue spese. L'abile e scaltro Fuyuki aveva perso il controllo, lasciandosi sopraffare dalla collera. Tradito dal suo leader, liberato da una sconosciuta di cui non sapeva praticamente un cazzo. Il suo sguardo trasudava follia, addirittura... talmente tanta che il terrore avrebbe presto bussato alla porta della bella kunoichi dalle ciocche dorate. Come colta dal panico, avrebbe percepito qualcosa di tremendo agitarsi nella sua testa. Una voce, forse un sussurro, ma comunque piuttosto chiaro. "Ucciditi." Namida non aveva aperto bocca, anche se i suoi occhi erano ben più che loquaci. Senza nemmeno che lei lo desiderasse, Mira avrebbe visto le sue stesse mani agire fuori dalla sua volontà, finché queste non si furono strette intorno al suo stesso collo.
Quello non era Namida, né il ragazzo di cui aveva parlato Seiri, tantomeno quello che Kakumei aveva conosciuto. Era il mostro che i demoni che lo tormentavano avevano creato... e che avrebbe ucciso chi aveva di fronte, se solo questa non si fosse degnata di calmare il suo animo. Eppure, in quelle iridi ammantate di pazzia, lei avrebbe visto le cicatrici del suo dolore. Erano piccole, appena visibili, ma eloquenti abbastanza da smascherare quanto lo shinobi stesse patendo.
Erano lacrime.
... sazierò io la loro fame.