| Il tremore proseguì imperterrito. La sua intensità in continua, roboante crescita. Arrivò al punto in cui dovetti accucciarmi, piazzando le mani sopra la testa mentre la barriera di sabbia nera mi avvolgeva completamente. La mia mente non poté che soffermarsi sui compagni rimasti al di fuori delle nostre barriere. Fujie sembrava convinta ad andare fino in fondo con la propria decisione, ma i fratelli Ukemura erano stati più che altro coinvolti in questo a loro discapito. Mi sentivo un vigliacco. Non avevo potuto far altro che nascondermi e per di più impegnando le risorse di un'altra shinobi. Speravo che fossero tutti riusciti a scamparla, in qualche modo.
Non me ne ero neanche reso conto, ma avevo tenuto gli occhi chiusi per tutto quel tempo. Quando li riaprii, non riuscii a nascondere la sorpresa. In un certo senso, eravamo ancora all'interno delle nostre cupole di sabbia, ma era come se si fossero espanse all'inverosimile, ingrandendosi centinaia di volte e combinandosi insieme alle macerie in un unico amalgamato di sabbia dorata, ferrosa e detriti. Quello o eravamo stati rimpiccioliti fino a diventar non più grossi di un topo. Il mio sguardo si incrociò con quello di Misato, le preoccupazioni che manifestò non erano molto diverse dalle mie.
« Potrebbe nuovamente essere opera di Saiken, in tal caso non credo ci sia niente che possiamo fare per uscire di qui... spero solo che Fujie e gli altri stiano bene. »
Osservando attentamente i dintorni, non era possibile individuare nessuna traccia degli altri, o di una via di uscita. Il silenzio regnò sovrano per interminabili secondi, rendendomi terribilmente teso. Eravamo praticamente in balia di una creatura che, per quanto ragionevole e di buon cuore, era adesso in preda ad una furia esasperata. Quasi come richiamato dai miei stessi pensieri, la voce di Saiken echeggiò nella cupola. Sembrava esausto, ma nuovamente calmo e speranzoso. Desiderava con tutto il cuore di portarci dalla propria parte. Ciò che ci mostrò mi strinse una morsa attorno al cuore. La figura di Hadaka apparve proprio di fronte a me, assieme a quella di uno sconosciuto che riconobbi come la persona su cui Misato aveva pianto disperatamente. La morsa si fece ancora più stretta e mi sentii sprofondare quando altre due figure si affiancarono ad Hadaka: mio padre Sanzo e mia sorella Ren. Quando si materializzarono del tutto, fu impossibile per me anche solo dubitare che non si trattasse veramente di loro. I loro occhi si incrociarono con i miei, sorrisero. Vederli in perfetta salute avrebbe dovuto essere un sollievo, una gioia perfino, eppure... eppure la mia mente fu invasa da tutt'altri pensieri. Guardando mio padre, non potei fare a meno di sentire il suo possente grido, un misto di collera e disperazione, che rimbombò nelle mie orecchie quando mi accasciai a terra privo di forze una volta colpito dal rituale del Taisei. Guardando mia sorella, invece, tutto ciò che balenò davanti ai miei occhi fu il suo corpo inerme, il suo sguardo vitreo perso nel vuoto. Quei ricordi erano veri. Dolorosamente veri. Abbassai lo sguardo mentre i miei occhi ricominciarono a riempirsi di lacrime, rimanendo in silenzio mentre Misato dava libero sfogo ai propri pensieri.
La mia mente cominciò a vagare. Non potevo minimamente biasimare il comportamento di Saiken. Sarebbe stato ipocrita da parte mia. Io stesso mi ero rinchiuso in una fuga mentale per anni, dopo quel dannato ed ingiusto litigio che ebbi con la mia sorellina, Rin. Ciò che mi spinse ad abbandonare l'Accademia ed isolarmi nasceva dallo stesso sentimento che spingeva Saiken a fare quello che stava facendo. Irreparabile pentimento, l'essere consci di aver fatto un terribile sbaglio, torto o di aver ferito qualcuno senza avere un modo di rimettere le cose a posto. L'essere disposti ad accettare di allontanare sé stessi da tutto per il bene degli altri. Io lo capivo, ma nella mia ancora giovane esperienza, avevo imparato anche qualcos'altro. Le ferite guariscono, gli errori si correggono, le soluzioni si trovano.
Drizzai la testa non appena Misato ebbe finito di parlare. Ciò che diceva era giusto, eppure pensai che forse era stata anche troppo dura con il Bijuu. Forse stavamo sottovalutando quanto conscio fosse di ciò che stava facendo e non è tentando di strapparlo via con forza dalle proprie convinzioni che ci avrebbe aiutato.
« Codardia? Forse. In tal caso puoi chiamare codardo anche me. C'è stato un tempo in cui sarei stato disposto a comportarmi allo stesso modo di Saiken-san. Ma è una “codardia” dettata da una dolorosa realizzazione, dal desiderio di fare del bene e da un'enorme bontà. Saiken soffre, Misato-san. Tutto questo è completamente naturale. E' un istinto protettivo. »
Dissi allargando le braccia, indicando tutto intorno. Infine, allungai una mano verso le apparizioni dei nostri cari.
« Non sappiamo come funzioni questo sigillo, se di ciò si tratta, che ci ha portati ad essere riuniti qui. Non possiamo essere certi che ci sia un modo per noi di uscirne senza portare anche Saiken con noi e contro la sua volontà. »
Alzai gli occhi, cercando in qualche modo di incrociare anche solo per caso lo sguardo del demone. Fatto ciò, indicai Ren con decisione.
« Questa è mia sorella Ren, non sono sicuro se anche tu sia in grado di vederla. Tuttavia, non è la vera Ren. Lei è da qualche parte, là fuori. Il suo sguardo è piantato contro il cielo, completamente privo di vita. Ma se, come me, è stata poi sigillata, allora ho una possibilità per mantenere la mia promessa. »
Recitai le parole con solennità e decisione mentre riaffioravano, vivide, nella mia mente.
« Fuggirò dall'inferno più profondo, sconfiggerò il più micidiale dei demoni. Torneremo a Suna insieme. Tu, papà ed io. Te lo prometto, Ren. »
Non pronunciai le parole ad alta voce, ma potevano essere udite senza alcun problema. Sorrisi, guardando nuovamente verso l'alto.
« Certo, non sono esattamente finito nel tipo di inferno che mi sarei potuto aspettare ma le tentazioni qua non mancano, heh. Inoltre, che sorpresa, quello che conoscevo con l'appellativo di “demone” è in realtà una deliziosa creatura. Chiamerei demoni quei signori che hanno risvegliato quell'abominio di pietra dalle viscere della terra, con tanta leggerezza e senza alcun riguardo per coloro che stavano dando la vita per aiutarli. »
Feci una breve pausa, riprendendo con un tono un po' più serio.
« Ma il punto resta, Saiken-san. Tutti noi, Fujie, Satori, Miyamoto, Misato ed io, abbiamo qualcosa o qualcuno che ci aspetta là fuori nel mondo reale. E' imperfetto? E' ingiusto o inutilmente complicato? Certamente, ma resta il mondo a cui apparteniamo. Nulla ci vieta di lottare per migliorarlo o di trovare scappatoie più convenienti... o di fuggire da esso, come vuoi fare tu. Le tue scelte ti appartengono, ti chiedo di capire che lo stesso vale per le nostre. Non voglio forzarti a scegliere di venire con noi, ma almeno di lasciarci provare a trovare un'uscita, pure con il tuo aiuto se lo riterresti accettabile. Immagino che la nostra ambiziosa testardaggine sia per te incomprensibile come per noi la grandezza dei tuoi poteri o la forza della tua convinzione. »
Terminai il mio sproloquio abbassando lo sguardo e sospirando. Avevo fino ad esso sorvolato su un alquanto spinoso dettaglio che Saiken aveva menzionato. Sarebbe stato pericoloso per me tirare in ballo Fujie dopo che aveva infastidito e sfidato apertamente il Bijuu, ma non potevo permettermi di lasciarla andare senza provarci.
« Io... mi dispiace che sia andata in quel modo, ma... la nostra amica, Fujie. Da come ne hai parlato sembra essere ancora viva. E' proprio necessario che muoia? Possiamo salvarla in qualche modo? La morte è qualcosa di così... definitivo, non preferiresti anche tu che potesse esserci un'altra possibilità? Un'alternativa? »
Stavolta, era il mio tono che si era fatto carico di speranza. Non volevo supplicare il Bijuu, non sarebbe stato altro che una poco dignitosa maniera di forzare la sua mano in modo meno aggressivo. Era un animo gentile, nel profondo, ero sicuro che lasciargli la scelta avrebbe portato a qualcosa di buono... o almeno, avrebbe potuto considerare la cosa.
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