Tutto era tornato normale, insomma. In quel gennaio dove il mondo tremava per la minaccia dei Cercoteri, al Santuario la vita scorreva come sempre. Eterna, e loro eterni duravano, in quella comunità immortale isolata dalle beghe del mondo.
O almeno, così credevano.
Il giorno 13 tutto il Santuario si fermò. Vecchi e giovani, guerrieri e contadini, ognuno interruppe quello che stava facendo. I cani guairono e gli uccelli si alzarono in volo, mentre tutti si guardavano smarriti.
Cos'era quella sensazione?
Era energia, pura e semplice. Enorme, una quantità mostruosa che nessuno aveva mai percepito prima. Shintou avrebbe potuto ricordare la discesa all'Inferno, ma quella sensazione era diversa.
Né malvagia né benevola... Semplicemente, esisteva. E faceva sentire tutti quanti, indistintamente, piccoli e alla mercé di qualcosa di sconosciuto.
Il Priore convocò tutto il Santuario nel tempio di Jashin. Alla sua destra e sinistra, come sempre, si sarebbero trovati la Lama Nera e la Rossa, in piedi ai lati di quella pedana rialzata su cui sorgeva il sacro bacile di pietra. Non era un giorno di festa né di cerimonie, però: tutti attendevano spiegazioni e indicazioni.
«Fratelli e sorelle,» esordì con voce calma e limpida.
«State tutti percependo l'energia, enorme e soverchiante, di un cambiamento in atto. Saprete già che ormai da settimane i Cercoteri sono liberi, e che i Paesi Ninja stanno combattendo per rinchiuderli, mentre altre organizzazioni se ne litigano il possesso.»Non si soffermaò su qualcuno in particolare. Il suo sguardo violaceo scorreva su tutti, includendo ognuno di loro. Shitsuki era seduta fra le altre Lame, nelle prime file. La sua famiglia un po' più indietro in mezzo ai civili. Anche Jinsei era presente, ma non Eiji, poiché le leggi di Kumo a cui aveva scelto di obbedire non gli consentivano di allontanarsi dal Fulmine.
«Fino ad ora, come sempre è stato, il Santuario si è tenuto lontano dagli intrighi degli uomini. La nostra esistenza non può essere rivelata, o la pace che abbiamo costruito assieme finirebbe per scomparire di nuovo.»I più anziani annuirono. Non tutti erano immortali, altri erano semplici civili dai capelli grigi che si ricordavano dell'ultima volta in cui il Santuario aveva dovuto scomparire e riapparire altrove. Erano bambini, perché fortunatamente erano diversi decenni che le Lame e il Priore coordinavano gli sforzi di tutti e sovrintendevano in maniera impeccabile alla sicurezza degli abitanti.
«Qualsiasi minaccia è sempre stata affrontata e respinta. Anche oggi sarà così. Per questo vi chiedo di tornare alle vostre attività con il cuore sereno. Jashin veglia su di noi, e noi che siamo suoi figli non resteremo con le mani in mano.»Chiuse gli occhi e fece una breve pausa, per lasciar assorbire agli astanti quanto aveva appena detto.
Il Priore appariva sempre come un pluricentenario e pacifico vecchietto. Chi non lo conosceva avrebbe pensato non fosse in grado di fare del male a una mosca.
Quando riaprì gli occhi, però, quelle iridi viola brillavano di tutta la determinazione, la fermezza e il potere che lo avevano condotto fino a quel momento lì, su quell'altare, in quel tempio, con quella gente.
«Combatteremo. E vinceremo.»Guardò le Lame in prima fila, e all'unisono queste alzarono le falci. Il ruggito di Kuma copriva solo in parte le urla degli altri, più acute o più basse, ma tutte animate da un solo desiderio: proteggere il Santuario.
Shitsuki, le cui corna la rendevano facilmente identificabile in mezzo alla folla, fissava il Priore con occhi ardenti. Le parve che stesse guardando proprio lei, ma c'era da dire che la stessa sensazione avrebbe potuto provarla chiunque tra i guerrieri lì seduti. Era una delle tante abilità di Getsumoto Agiwara, riuscire a farti sentire come se tu fossi unico, inimitabile e importantissimo in quel momento.
Il Priore tornò a rivolgersi alla folla.
«Chiedo ora che torniate alle vostre attività. Vorrei restassero le Lame, e chiunque abbia un'istruzione medica o abilità tecniche e guerriere che è disposto a mettere al servizio della comunità.»E Jinsei ebbe la sensazione, fortissima e chiara come il giorno, che stesse guardando proprio lui in quel momento.
La folla si iniziò a disperdere e dividere. Getsumoto si rivolse brevemente alla Lama Nera, abbassando la voce fino ad arrivare ad un mormorio discreto.
«Assicurati che tutti siano pronti e in grado di gestirsi da soli. Dovremo inviare delle squadre da pochi elementi, e occorre che tutti siano pronti. Conosci la loro preparazione, Kuro, e hai visto coi tuoi occhi un Bijuu. Se ritieni che qualcuno di loro non sia ancora pronto, riferiscimelo.»Intanto le Lame si stavano assiepando di fronte all'altare. Shitsuki era vicina a Hikaru, e si guardava attorno osservando chi restava e chi andava. Per un breve momento, i suoi occhi incrociarono la figura di Jinsei, ma non disse né fece nulla: se avesse deciso di andarsene, la scelta era sua e sicuramente ponderata.
Lei sapeva dove doveva essere, e qual era il suo posto: esattamente quello, in mezzo ai suoi fratelli e sorelle di falce.