帰宅 - Tornare, ma mai del tutto, Role libera con Wrigel e Zen Humor

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view post Posted on 16/4/2018, 13:14     +1   -1
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Quando Shintou tornò al Santuario, Shitsuki era fuori a caccia con Chigawa. Lo facevano meno spesso da quando avevano lo stipendio da Chuunin della minore per garantire entrate stabili, ma era comunque un passatempo piacevole con cui le sorelle Agiwara si intrattenevano volentieri.
Quando però le vennero a dire che suo marito era tornato, lei mollò la selvaggina a sua sorella e corse a casa travolgendo chiunque avesse avuto la sfortuna di trovarsi sulla sua strada, o la mancanza di riflessi sufficiente a schivarla.
Era passato troppo tempo. Si fidava di lui, della promessa che le aveva fatto, sapeva sarebbe tornato... Ma le mancava, la loro casa era terribilmente vuota senza la presenza di Shintou a riempirla, e il letto dannatamente freddo.

Quasi abbatté la porta per la foga di entrare. Era reduce dalla caccia, indossava abiti intrisi dell'odore di terra e selvaggina, macchiati in più punti di fango secco e sangue delle prede. I capelli erano raccolti, a rendere ancora più evidenti le corna sulla fronte, e gli occhi azzurri parevano lampeggiare mentre la coda sferzava l'aria impaziente.

«SHINTOU!»

Non era rimasta a sentire quanto tempo prima fosse arrivato. Avrebbe potuto trovarlo in bagno, oppure a dormire, conoscendo le tendenze narcolettiche del suo futoneko. Inoltre, dopo un viaggio del genere, sicuramente sarebbe stato stanco.
Ma era pronta a strapparlo a forza dal suo meritato riposo, pur di poterlo abbracciare di nuovo e sapere che era definitivamente tornato.

Anche se...
Si poteva davvero tornare definitivamente dall'Inferno?


gaEo3EO


 
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view post Posted on 16/4/2018, 15:26     +1   -1
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Shintou dormiva. E della grossa anche.
Era tornato al Santuario, così dicevano alcuni, ma molti dicevano che fosse cambiato. La sua falce soprattutto. Era ancora più grande dell’ultima volta che venne mostrata ai guerrieri.
Si presentò alle porte con il nano vicino a se, trotterellante e con quel sorrisino da grandissimo bastardo, ed erano entrambi feriti.
Il nano sul petto, Shintou sulla spalla. Due tagli mostruosi.
Sembravano non essere stati fatti da armi umane. Fuoco…ghiaccio…putrefazione…qualsiasi cosa avesse causato quelle ferite, era chiaro a tutti che i due avevano varcato e camminato per sentieri troppo oscuri. Troppo Jashinisti.
Sentieri che li avevano condotti in tali abissi che negli occhi di Shintou, cremisi come rubini, ancora vi aleggiava la forma.
I vestiti erano stati ripiegati, ordine sempre e comunque, ma si poteva notare che erano strappati, sporchi di fango, terra e sangue.
Con chi avesse combattuto – forse Yamamoto? – non era dato sapere. I due non parlarono e Shintou aveva salutato il nano come sensei.
Appellativo che la Lama Nera usava raramente e se lo usava significava tutto.
Si erano salutati all’inizio prendendo strade diametralmente opposte: Yamamoto verso il Santuario e Getsumoto, Shintou verso casa sua.
Nessuna parola, nessuno sguardo solo le due falci che cozzarono contro.
Getsumoto avrebbe saputo tutto ma Shitsuki?
Ecco…Shintou era tornato a casa ma sperava di non trovare sua moglie. Aveva quasi il bisogno di starsene solo. Lo sentiva… necessario. Rivelazioni, potere e quel viaggio che lo aveva condotto su strade che, ad uomini mortali, non era concesso intraprendere.
I demiurghi…e quella mano che ormai apparteneva al mondo infernale ma che restava inchiodata in una realtà non sua. Era come se portasse una catena con un peso indicibile. E di fatti la cicatrice a forma di catena era campale. Gli ricordava tutto. Un monito…
A volte la sentiva, il più delle volte invece mai. Pensava di aver chiuso le dita e invece scopriva, suo malgrado, che la mano rimaneva ancorata al suo posto con le dita fisse.
Ci voleva sforzo e concentrazione e al momento mancava di tutte e due.
Ed eccolo quindi sul letto, dormiva beato – se beato si potesse usare ormai per un uomo del genere – e Shitsuki lo vide così.
Con i graffi, con i tagli, con le ferite, nudo completamente che dormiva come sempre faceva il suo futoneko, con quell'espressione da bambino, rannicchiato su se stesso e i suoi capelli erano ancora più lunghi dell’ultima volta. La sua barba, screziata di rosso, più lunga con qualche accenno di bianco.
Ma l’Irezumi brillava. Brillava sempre ormai. Le sue cicatrici correvano lungo il suo corpo e quella luce spuria ora violacea a volte faceva capolino.
Qualcosa in suo marito era cambiato. Qualcosa che lo aveva portato ad essere tutt’altro.
Ed ora, dormendo al suo solito, Shintou riacquistava il controllo, l’egemonia e la potestà su quella potenza infernale.
Lui, falce di Jashin, ora era il Jigoku no Samurai e questo cambiava tutto.
O forse no…
Shintou rimaneva se stesso e col tempo avrebbe intrapreso la strada del Triangolo e protetto Shitsuki per l’eternità.
Ma ora…beh ora dormiva e riprendeva le forze.
Era tempo per la pace e lo schiocco sonoro della voce cristallina di sua moglie lo ridestò dal suo adorato poltrire.
L’abbraccio. Meritato.
Era a casa.

«SHI CHAN!»




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E rispose al suo abbraccio con uno altrettanto forte, scaraventandola sul letto con foga.
Le corna quasi gli stavano cavando un occhio…poco male. Se lo sarebbe riattaccato dopo.
Ora era il tempo di stare con sua moglie tra le sue braccia.
E per una volta STI CAZZI DEL MONDO E DEI DEMIURGHI. DEI BIJUU E DEI KAGE. ORA ERA TEMPO SOLO PER LORO.

 
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view post Posted on 16/4/2018, 15:50     +1   -1
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Si lanciò su di lui in caduta libera. Senza freni, senza paracadute, piantando le ginocchia sul futon e investendolo con tutta la sua forza.
Si incastrarono uno nell'altra, le loro braccia trovarono naturalmente le posizioni da cui erano stati separati per quel tempo infinitamente lungo.

«Shintou... Sia lodato Jashin, sei tornato... Sei tornato, finalmente.»

Lo strinse con le braccia, le gambe, la coda. Non le importava nulla, né che lui fosse nudo e potenzialmente ferito (aveva visto qualche segno di troppo e nuove cicatrici ma non si era fermata a guardarle), né che lei fosse ancora sporca di terra e cacciagione.

«Mi sei mancato, accidenti a te.»

Gli baciò il collo, la nuca, la spalla. Qualsiasi punto potesse raggiungere senza doversi staccare da lui di un centimetro. Le corna erano un rischio a cui non pensava in quel momento, perché voleva solo riappropriarsi del tempo che avevano trascorso lontani l'uno dall'altra.
Sentiva il suo cuore battere al ritmo pulsante del chakra dell'altro, quella luce che pareva essersi intensificata, fatta più brillante.

Rimase a respirare il suo odore, facendolo nuovamente proprio. Diamine, quanto le era mancato. E anche l'odore era diverso, forse non si era ancora lavato ma non era una questione di essere maleodoranti per via di uno sforzo o un viaggio nelle viscere del mondo. No, era successo qualcosa a Shintou, al suo Shintou.
Ma d'altronde, era partito proprio perché voleva che succedesse qualcosa.

«Mi sei mancato tanto.»

Non si sentiva stupida a ripetere le stesse cose: erano la verità.
E quando trovò finalmente la forza per staccarsi da lui e guardarlo negli occhi, la sua determinazione a stargli lontano crollò in un decimo di secondo.
Si tuffò di nuovo su di lui e sulle sue labbra, baciandolo e mordendolo. Voleva sentirlo di nuovo con tutti e cinque i sensi, poi sarebbe venuto il momento del sesto.

Ma lo avrebbe anche lasciato parlare... Ad un certo punto.
Voleva sapere tutto.

gaEo3EO


 
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view post Posted on 16/4/2018, 16:58     +1   -1
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«Mi sei mancata anche tu. Troppo…»

Disse nascondendo il proprio viso tra la guancia e il collo di lei.
Si lasciò baciare, toccare, annusare e fece altrettanto. Sembrava essere passato un secolo dall’ultima volta che la vide. Eppure non era così. Era passato un mese abbondante eppure era stato lungo come una vita.
La trovò più bella. Più donna. Più…Shitsuki. le accarezzò il viso e i capelli, lasciandosi accarezzare dal suo sguardo, mentre con la destra seguì il contorno del suo viso, del suo naso, delle sue labbra.
Gli prese le mani e se le mise sul viso: odorandole, baciandole, accarezzandole.
Mancava Shitsuki nella sua vita e forse, ora, aveva capito quanto le parole di Getsumoto prima ma, soprattutto, quelle di Yamamoto dopo fossero vere.
Yamamoto aveva da subito capito la sua debolezza, l’inferno aveva grattato, limato, battuto, forgiato un nuovo Shintou, verissimo, ma il nano in quei quasi due mesi aveva forgiato una nuova lama.
Una lama infernale e gli aveva inculcato, in profondità, quanto Shitsuki fosse si la sua debolezza principe, ma anche la sua forza.
Triangolo e Cerchio.
Yamamoto glielo aveva detto: devi far parte di questo mondo e continuare a batterti. Fino a che il destino di Shitsuki non si manifesti. Solo allora le scelte che farete porteranno nuove realtà.
Cosa questo significasse solo Yama e Getsumoto potevano saperlo ma Shintou aveva capito che la sua adorata moglie fosse davvero forte, più di lui e anche più libera, e che non doveva essere la sua debolezza. Era forte e aveva un destino che ancora doveva mostrarsi.
Anche se Yama rise quando glielo disse. Che fosse il Cerchio? O qualcosa di più?
Ma finalmente il sankaku era tra le sue braccia e sentì qualcosa di nuovo scorrergli nel petto. Cos’era davvero la forza del triangolo e del cerchio?
Facevano parte della Legge dell’Equilibrio? O erano a se stanti?

Ma anche sapendo che il destino della sua Shi chan a breve si sarebbe manifestato, lui restava Shintou. Seppur diverso nella forza rimaneva uguale a se stesso.
L’inferno non aveva consumato la sua anima, i Demiurghi erano i suoi nuovi padroni, il samurai dell’Inferno, la loro falce ma l’anima rimaneva ancora, in buona parte, del tutto sua.

«Tranquilla sono tornato. Sono qui…anche l’Inferno non mi ha preso. Non del tutto almeno. Ma anche nelle sue profondità, te mi hai aiutato.
Sempre e solo te. Ti avevo promesso che sarei tornato ed ora sono qui…»


E la baciò con passione tenendole il viso tra le mani.

 
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view post Posted on 16/4/2018, 17:23     +1   -1
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Conoscendoli, si sarebbe potuto pensare che dopo quelle prime parole sarebbe partito l'amplesso selvaggio. Magari più di uno. Ma Shitsuki divorò le labbra di suo marito con una fame che rappresentava un bisogno prima di tutto mentale, e solo dopo carnale.
Il suo sapore fu qualcosa di cui si riappropriò con calma, accarezzandolo intanto con le mani e con la coda, tastandolo come a verificare che ci fosse ancora tutto.

Riaprì gli occhi e lo baciò ancora, più dolcemente, prima di sdraiarsi di fianco a lui. Avrebbe cambiato le lenzuola il giorno dopo, non le importava sporcarle in quel momento.

«Sapevo che saresti tornato.»

Il sorriso era sicuro, lì in mezzo a quei tatuaggi neri regalo della loro comune divinità.

«Non ne ho mai dubitato. Ho avuto paura che... Non tornassi tutto, però.»

Non staccò mai le mani da lui, temendo forse che potesse svanire di nuovo. Che fosse un sogno, un'illusione mandata dall'Inferno per tormentarla, una prova sadica di Jashin per testarla.

«Hai bisogno che ti lasci dormire? La tua mano...» L'aveva vista, e non aveva osato toccarla dato che quella cicatrice le sembrava particolarmente ostile. «Cosa è successo?»

gaEo3EO


 
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view post Posted on 16/4/2018, 17:58     +1   -1
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La sua mano. Accarezzava il viso di sua moglie ma…non lo sentiva. Era come se stesse toccando il vuoto. Una sensazione oscena.
Vedeva la sua mano, l’aveva appoggiata su quel viso magnifico eppure… il nulla. E continuava a fare male…ancora e ancora e ancora.
Per sempre.
Sorrise dolcemente. Di quei lievi sorrisi come rugiada primaverile.

« Si sono io. Non sono un fantasma. Sono ancora di questo mondo.»

Lo disse calmo, scandendo le parole, tenendole le mani, accarezzandola, baciandola. Ogni cosa affinché potesse davvero capire che lui era con lei. Che era lì. E lo sarebbe per i successivi secoli dei secoli.
Era vero: aveva pagato un prezzo ma nessuno usciva dall’Inferno senza perdere qualcosa; così come nessuno diventava Immortale senza aver dato qualcosa in cambio al gran Visir di Tutti i Bastardi.
Questo significava fare il tanto decantato patto col Diavolo.
E non era per tutti e si era dannati. Per sempre.
Scosse la testa in senso di rifiuto e le baciò una guancia, annusandole al contempo i capelli che sapevano di terra e di selvaggio.

« No, stai tranquilla. Ora vorrei stare un po’ con te.
E per quanto riguarda questa…»


Tentò di chiuderla. Non ci riuscì. A volte si…ma con uno sforzo immane. Era come avere un blocco di cemento armato. Faceva fatica anche a muovere le dita.

« L’ho persa all’Inferno.»

Semplice. E difficile da capire al tempo stesso.
Se l’aveva persa perché era lì? Perché non era più di questo mondo; così come il suo chakra. Appunto per questo era dovuto scendere i neri gradini per averne potestà: quella mano tentava di tornare al suo mondo che non era più quello dei Vivi.

« Io e il sen…voglio dire Yamamoto Kuchiki abbiamo combattuto contro un Demone.
Shuhaizo. Questo il suo nome. Mentre combattevo ho afferrato una sua parte, una delle sue catene, e ho rischiato di essere parte di lui.
Se non fosse stato per Yamamoto san a quest’ora sarei divenuto Shuhaizo e mi sarei perso in lui, perdendo me stesso per sempre inglobato e assoggettato nella sua volontà, divenendo un Dio.
Quella stessa catena ora si è incisa sulla mia mano ed è come se avessi un peso attaccato.
Perché non fa più parte di questo mondo. Appartiene all’Inferno.»


Guardò il soffitto tenendola ancora più vicino. La voleva sentire, la voleva come bisogno spirituale e mentale che carnale.

« Sono stato stupido.
Ho pagato un giusto prezzo per la mia stupidità ma questa mi ha aiutato anche ad uscirne fuori. Non sono né mai sarò il più forte.
Ho troppa strada da percorrere e la devo fare con umiltà.
Perché ho davvero visto quelli dell’altra parte. Anche Jashin si piega a loro…»


Lo sguardo…gli occhi di suo marito….erano diversi. Non spenti no… più vivi. Ed in essi vi era una luce nuova.
Una consapevolezza maggiore, alcuni avrebbero detto illuminati come i santi. Ecco: Shintou era come loro. Un santo infernale.
Aveva ricevuto una visione più chiara delle cose. Una goccia profonda quanto un oceano, vasta come la Terra e la sua anima si era elevata squarciando il Velo di Maya di questo mondo.
Aveva visto una delle Due grandi forze che si contendevano la Realtà.
Ordine e caos.
Inferno e Paradiso.
La sua mano…mero prezzo da pagare per tale Illuminazione.

« Ho perso la mano ma ho ricevuto il potere dell’Inferno e per loro ora combatto.»

Guardò sua moglie.

 
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view post Posted on 16/4/2018, 19:48     +1   -1
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Si mise di fianco a lui, continuando a tenerselo stretto e osservando quella mano che non si chiudeva. Il marchio bruciante della catena era impresso a fuoco sulla sua pelle, e Shitsuki allungò le dita per stringere delicatamente quelle del marito, evitando di toccare la carne ferita.

«L'importante è che tu sia tornato, che sia ancora tu. Sapevi che avresti visto... Cose.»

Non sapeva nemmeno come definirle. Non poteva, non c'erano parole per farlo.
E dopotutto, servivano davvero? Aveva di nuovo Shintou, null'altro le importava.
Eppure, una cosa la lasciava perplessa.

«Cosa vuol dire che ora combatti per loro? Cosa ti hanno fatto... O dato?»

La fronte aggrottata in un'espressione timorosa, la Figlia di Jashin fissava il marito negli occhi, azzurro nel rosso, in un contrasto di luci avvolte da quella dell'irezumi.

gaEo3EO


 
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view post Posted on 16/4/2018, 22:14     +1   -1
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« I Demiurghi. »

Ecco chi aveva visto Shintou. Ecco chi serviva davvero.

« Non sono più uno Jashinista, Shitsuki. Sono altro.
Sono il Sankaku di quest’epoca, così come lo è Yamamoto. Io e lui ci battiamo per quelli dell’altra parte. Il mio chakra faceva parte del loro mondo, della loro realtà.
Per non morire, come questa mano, dovevo averne il potere. Ma per farlo sono dovuto andare all’Inferno, rischiare la vita, e rendermi degno di fronte a loro.
Loro che comandano. Nemmeno Jashin avrebbe potuto dire o fare nulla contro di loro. »


Ed ecco spiegato le presenze che La Lama Nera richiamava quando il suo chakra squarciava questa realtà.
L’Inferno in terra e non solo.
Richiamava il Male. Il Caos. Una delle due grandi forze che reggevano, in un equilibrio instabile, questa realtà.
Ora lui faceva parte di loro e per loro combatteva.
Un Jigoku no Samurai.

« Questo potere ora è mio e posso richiamarlo. Non solo l’Inferno ma anche le sue porte.
Ora sono la loro falce


L’Irezumi brillò più intenso e quella mano,con quella cicatrice nefasta, sembrò sparire. Come se fosse liquida. Come se fosse trasparente.
Quel potere ora era suo. Quel chakra, finalmente, di essere totalmente libero. E cresceva giorno dopo giorno.

« Io...sono questo... ora. »

Rigirò lo sguardo dall’altra parte. E la strinse ancora di più a sé.

« Il mio destino mi sta portando in chissà quali oscure strade. In chissà quali misteri.
Il nostro destino sarà proprio questo?
Cioè…scoprire i segreti dello jashinismo, di Jashin, dell’Inferno e combattere per quelli dell’altra parte?
Loro mi hanno chiamato Triangolo…vuol dire che il Triangolo si batte per loro e non per Jashin…quanti segreti cova lo jashinismo, Shitsuki? »


Un tono di preoccupazione, mentre cercava di accarezzarle i capelli ma non gli sentiva con quella mano. Quindi la strinse a se in un abbraccio caldo, voleva sentirla in un qualcosa di più intimo e protettivo, posando la sua testa sul petto di Shitsuki. Ascoltandole il cuore...

 
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view post Posted on 16/4/2018, 22:35     +1   -1
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Sapeva già che Shintou era il Triangolo. Lo sapeva così come lei sapeva di essere il Cerchio. I suoi poteri si stavano sviluppando dentro di sé, quelli di Shintou semplicemente erano già molto più avanti. Avevano inoltre ricevuto, a quanto pare, un'ulteriore spinta dalle potenze infernali... I Demiurghi, i signori e fautori dell'oltremondo e forse anche di questo.

Shitsuki sapeva che Jashin era solo una delle tante divinità esistenti. Sapeva che la sua onnipotenza aveva dei limiti, perché questi limiti erano tracciati dagli altri dei. Non si era mai informata più di tanto, però, perché sarebbe stato futile come cercare di raccogliere il mare in un secchiello: per quanto grande, sempre più enorme sarebbe stata la parte che non si poteva conoscere.
Ma era seria quando ascoltava suo marito parlare di questi altri Dei, di queste nuove potenze che aveva accettato di servire.

«Tu non sei la loro falce.»

Inspirò ed espirò lentamente, stringendolo a sé contro il proprio petto.

«Sei la mia. Sei mio. Sei tornato dall'Inferno e ora sei qui. Potrai combattere per loro, per Jashin, per il Santuario... Ma tu sei il mio Triangolo, Shintou, e io sono il tuo Cerchio. Ci apparteniamo, molto più di quanto potremo mai appartenere a chiunque altro.»

Gli accarezzò i capelli, il collo, la schiena. Con una mano lo teneva, con l'altra lo accarezzava, e con le gambe e con la coda lo stringeva a sé.

«La nostra religione è antichissima... Ed è ovvio che sia piena di misteri. Misteri che forse non potremo mai comprendere appieno... Ma non importa.»

Gli accarezzò il volto, alzandoglielo per guardarlo negli occhi. Rosso nell'azzurro, intensi come intensa era la sua determinazione.

«Finché saremo in equilibrio, nemmeno l'Inferno sarà in grado di distruggerci. Se sarà necessario scenderò io stessa là sotto, mi farò riconoscere come Cerchio e tornerò qua.»

Era seria e decisa nel suo dire. Sorrideva tranquilla ma con una fermezza che avrebbe fatto invidia alle montagne.

«Io ho fatto delle ricerche mentre ero qui. Ho trovato le indicazioni di un tempio dove pare esserci un'altra Figlia di Jashin, nel Paese delle Terme... E ho intenzione di andarci. Voglio capire chi e cosa sono diventata, e per farlo ho bisogno di parlare con qualcuno di simile a me... Che possa spiegarmi cosa sono in grado di fare adesso, e come sviluppare i miei poteri al massimo.»

Gli prese il volto tra le mani e lo baciò lentamente, con morbida gentilezza. Gli baciò la fronte, le guance e le labbra, con il respiro calmo e controllato ma il fuoco che già iniziava ad ardere dentro di lei. Un delizioso ossimoro tradito dalla coda, che ora si strusciava lungo la gamba e il fianco di Shintou.

«Non preoccuparti di quello che non puoi cambiare, amore mio. In questo momento dovresti preoccuparti solo di una cosa...»

Lo spinse sulla schiena, iniziando lentamente a salirgli sopra con il sorriso che si allargava sornione e gli occhi che si assottigliavano in due fessure celesti.

«...Ovvero di togliermi questi vestiti di dosso.»

gaEo3EO


 
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view post Posted on 17/4/2018, 12:01     +1   -1
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Il sorriso sornione che si dipinse sul volto di Shintou, fu tutto un programma.
Guardò quelle due fessure azzurre perdendosi dentro di esse ma al contempo fu come rinascere. Sua moglie aveva questo grande effetto su di lui: riuscire con poche parole, con altrettanto pochi gesti ma potenti e netti, a scacciare i dubbi che dilagavano nel cuore del suo futoneko.
Che va bene che era il Triangolo, va bene che ora era un Samurai dell’Inferno ma restava ancora quel gattone pacioso che faceva gli scherzi con la moltiplicazione del corpo, che la prendeva in giro, che dormiva nei momenti meno inopportuni ma che restava profondamente serio quando la situazione lo richiedesse.
Era cambiato poco.
Era cambiato nella potenza, senza dubbio, ma il cuore restava limpido come la prima volta che le loro labbra si toccarono.
Così come quel brivido restava potente, quel fuoco liquido che gli scorreva nelle vene quando la baciava e facevano l’amore.
L’amava sempre. Non come prima.
Più di prima.

« Dovremmo pareggiare la situazione.
Io sono già nudo…»


Disse sussurrandoglielo all’orecchio. E la spogliò con mano esperta facendo scivolare i vestiti di lei sul pavimento, gustandosi il corpo nudo, le sensazioni che le provocava, riscoprendolo. Si perché gli sembrò di non vedere sua moglie da mille anni.
Ogni centimetro di quel corpo era cambiato in sua assenza, ogni nuova cicatrice, i capelli, gli occhi, il seno…si prese il tempo necessario, perché certe cose vanno gustate fino in fondo e con tutta la calma necessaria.
Tanto non vi erano impegni assidui e se anche ve ne fossero stati… potevano aspettare.
Quelle lenzuola e quel letto erano stati per troppo tempo solitari e freddi.




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Sul cuscino una lettera. Nella lettera una poesia per lei. Di Shintou non c’era l’ombra perché quel gattone era già ritornato a fare casino nel santuario come al suo solito.
Ma, per lei, per Shitsuki tutto era finalmente tornato alla normalità. Anche le lettere che suo marito, ogni tanto, le lasciava.

CITAZIONE
Mille anni e poi mille
Non possono bastare Per dire
La microeternità
Di quando m’ hai baciato
Di quando t’ ho baciata
Un mattino nella luce dell’ inverno
Al Santuario delle Tre Vie
Nel Paese dell’Acqua
Sulla terra
Sulla terra che è un astro.

E Shintou era davvero ritornato, ora. Tra la mamma di Shitsuki preoccupata, tra suo padre che gli aveva lanciato le peggio maledizioni, tra le due sorelle ipertettoniche che davvero, caso raro o forse erano ubriache e drogate, mostrarono un minimo di apprensione, tra gli abitanti stessi che si sentirono un minimo rincuorati che la Lama Nera fosse tornata, il santuario tutto sembrò tirare un sospiro di sollievo.
O forse fu un generale sospiro di disperazione sapendo che la chitarra di Shintou avrebbe scartavetrato gli zebedei di tutti ANCORA!



Kuma ruggì alla sua presenza rifilandogli una pacca sulla spalla che gli fece sputare un polmone.
Hikaru, come al solito, fu anche fin troppo educato e restò un po’ inebetito all’abbraccio del suo generale. Ma vinto il leggero imbarazzo iniziò a ridere e a muoversi il ciuffo davanti agli occhi ciechi, in un gesto imbarazzato ma felice.
Seishin, vestito come sempre fin troppo elegantemente alla moda giapponese, troppo sfarzoso, troppo riccamente, fece un leggero inchino. Ryouku borbottò qualcosa. Senza lingua fu difficile capire ma l’abbraccio fu eloquente.
Per l’occasione anche Sue fece capolino. Sembrò più calma ma chissà se aveva accantonato i suoi progetti o se gli avesse spostati più avanti nel tempo.
Chissà…ma Sue non era un serpente. A modo suo aveva un modo di comportarsi con una certa rigidità morale e il santuario veniva prima di tutto. Jashin era tutto.
Quindi loro erano suoi fratelli anche se il Cerchio credeva di meritarselo sempre, per quello doveva confrontarsi con Shitsuki, come lui doveva farlo con Yamamoto.
Ma per il momento si potevano anche accantonare tali beghe filosofiche-jashiniste e concentrasi a fare casino.
Kuma subito lo rigettò in una delle sue folli iniziative. Stavolta denominato Pazuru.
Seishin gli chiese consiglio su alcune tecniche dello shinmei ryuu, Hikaru voleva ancora combattere contro di lui.
Tutto ben accetto. Tutto molto gioiso. Shintou rispose a tutto e a tutti, con un sorriso e con un si gagliardo e forte.
Sue anche volle sapere di più dei Demiurghi e dell’Inferno assetata com’era di conoscenza e sapere.
Ma soprattutto di nuovo quella musica satanica, metallica, dura come la roccia fece capolino al Santuario.
Tra la batteria di Kuma, le tastiere di Sue, il basso di Hikaru, le chitarre di Seishin e Shintou il santuario vibrò dalle fondamenta, ballando a quel ritmo duro e maledettamente jashinista.
Sua moglie dovette fare gli straordinari a non perdere la testa a casa e nel santuario, come la maggior parte degli abitanti tra copie, copioni e copiette di Shintou.
Tra chi studiava i testi di medicina, chi allenava i guerrieri, chi teneva l’odiosa burocrazia guerriera, chi studiava testi antichissimi sullo jashinismo e sulle religiosi, folklore e miti, tra chi faceva esperimenti per scoprire un rimedio alla sua fu malattia degenerativa al cuore, tra chi suonava la chitarra e i suoi riff sempre più veloci e metallici, tra chi studiava storia e notizie sui bijuu, tra chi si allenava e tra chi cacciava gattoni per tirargli la coda il santuario era divenuto altro che delle Tre Vie, dei diecimila Shintou!




Di nuovo la taverna del santuario fu ritrovo serale del gruppetto di strimpellatori di strumenti, che tra balli, cantate, risate, passarono il loro tempo in compagnia di chi gli era mancato fin troppo.
E quindi, sapendo che il tempo era un accessorio per uno jashinista, sapendo che il sentiero di Shintou non era normale per uno Jashinista, ognuno a modo loro voleva passarci quanto più tempo possibile.
Era il loro amico. Non era la Lama Nera. Non lo avrebbero mai visto così.
Lo vedevano come un amico sincero e iniziarono anche a portare Shitsuki con loro. Perché il santuario era una famiglia.
Al detto di Kuma più siamo meglio è - e qui le battute a sfondo sessuale si sprecarono – si presero un pezzo di Shintou Agiwara tenendoselo stretto per i secoli a venire ma, soprattutto, per le nuove battaglie che si palesavano all’orizzonte.
Anche se quel futoneko era difficile da smuovere per le beghe umane.
Persino i bijuu non sortivano un grandissimo effetto.
Per lui erano solo dei gattoni giganti con tantissime code da tirare. Nulla di più.



Edited by Wrigel - 17/4/2018, 15:08
 
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Tutto era tornato normale, insomma. In quel gennaio dove il mondo tremava per la minaccia dei Cercoteri, al Santuario la vita scorreva come sempre. Eterna, e loro eterni duravano, in quella comunità immortale isolata dalle beghe del mondo.

O almeno, così credevano.

Il giorno 13 tutto il Santuario si fermò. Vecchi e giovani, guerrieri e contadini, ognuno interruppe quello che stava facendo. I cani guairono e gli uccelli si alzarono in volo, mentre tutti si guardavano smarriti.
Cos'era quella sensazione?
Era energia, pura e semplice. Enorme, una quantità mostruosa che nessuno aveva mai percepito prima. Shintou avrebbe potuto ricordare la discesa all'Inferno, ma quella sensazione era diversa.
Né malvagia né benevola... Semplicemente, esisteva. E faceva sentire tutti quanti, indistintamente, piccoli e alla mercé di qualcosa di sconosciuto.

Il Priore convocò tutto il Santuario nel tempio di Jashin. Alla sua destra e sinistra, come sempre, si sarebbero trovati la Lama Nera e la Rossa, in piedi ai lati di quella pedana rialzata su cui sorgeva il sacro bacile di pietra. Non era un giorno di festa né di cerimonie, però: tutti attendevano spiegazioni e indicazioni.

«Fratelli e sorelle,» esordì con voce calma e limpida. «State tutti percependo l'energia, enorme e soverchiante, di un cambiamento in atto. Saprete già che ormai da settimane i Cercoteri sono liberi, e che i Paesi Ninja stanno combattendo per rinchiuderli, mentre altre organizzazioni se ne litigano il possesso.»

Non si soffermaò su qualcuno in particolare. Il suo sguardo violaceo scorreva su tutti, includendo ognuno di loro. Shitsuki era seduta fra le altre Lame, nelle prime file. La sua famiglia un po' più indietro in mezzo ai civili. Anche Jinsei era presente, ma non Eiji, poiché le leggi di Kumo a cui aveva scelto di obbedire non gli consentivano di allontanarsi dal Fulmine.

«Fino ad ora, come sempre è stato, il Santuario si è tenuto lontano dagli intrighi degli uomini. La nostra esistenza non può essere rivelata, o la pace che abbiamo costruito assieme finirebbe per scomparire di nuovo.»

I più anziani annuirono. Non tutti erano immortali, altri erano semplici civili dai capelli grigi che si ricordavano dell'ultima volta in cui il Santuario aveva dovuto scomparire e riapparire altrove. Erano bambini, perché fortunatamente erano diversi decenni che le Lame e il Priore coordinavano gli sforzi di tutti e sovrintendevano in maniera impeccabile alla sicurezza degli abitanti.

«Qualsiasi minaccia è sempre stata affrontata e respinta. Anche oggi sarà così. Per questo vi chiedo di tornare alle vostre attività con il cuore sereno. Jashin veglia su di noi, e noi che siamo suoi figli non resteremo con le mani in mano.»

Chiuse gli occhi e fece una breve pausa, per lasciar assorbire agli astanti quanto aveva appena detto.
Il Priore appariva sempre come un pluricentenario e pacifico vecchietto. Chi non lo conosceva avrebbe pensato non fosse in grado di fare del male a una mosca.
Quando riaprì gli occhi, però, quelle iridi viola brillavano di tutta la determinazione, la fermezza e il potere che lo avevano condotto fino a quel momento lì, su quell'altare, in quel tempio, con quella gente.

«Combatteremo. E vinceremo.»

Guardò le Lame in prima fila, e all'unisono queste alzarono le falci. Il ruggito di Kuma copriva solo in parte le urla degli altri, più acute o più basse, ma tutte animate da un solo desiderio: proteggere il Santuario.

Shitsuki, le cui corna la rendevano facilmente identificabile in mezzo alla folla, fissava il Priore con occhi ardenti. Le parve che stesse guardando proprio lei, ma c'era da dire che la stessa sensazione avrebbe potuto provarla chiunque tra i guerrieri lì seduti. Era una delle tante abilità di Getsumoto Agiwara, riuscire a farti sentire come se tu fossi unico, inimitabile e importantissimo in quel momento.

Il Priore tornò a rivolgersi alla folla.

«Chiedo ora che torniate alle vostre attività. Vorrei restassero le Lame, e chiunque abbia un'istruzione medica o abilità tecniche e guerriere che è disposto a mettere al servizio della comunità.»

E Jinsei ebbe la sensazione, fortissima e chiara come il giorno, che stesse guardando proprio lui in quel momento.

La folla si iniziò a disperdere e dividere. Getsumoto si rivolse brevemente alla Lama Nera, abbassando la voce fino ad arrivare ad un mormorio discreto.

«Assicurati che tutti siano pronti e in grado di gestirsi da soli. Dovremo inviare delle squadre da pochi elementi, e occorre che tutti siano pronti. Conosci la loro preparazione, Kuro, e hai visto coi tuoi occhi un Bijuu. Se ritieni che qualcuno di loro non sia ancora pronto, riferiscimelo.»

Intanto le Lame si stavano assiepando di fronte all'altare. Shitsuki era vicina a Hikaru, e si guardava attorno osservando chi restava e chi andava. Per un breve momento, i suoi occhi incrociarono la figura di Jinsei, ma non disse né fece nulla: se avesse deciso di andarsene, la scelta era sua e sicuramente ponderata.
Lei sapeva dove doveva essere, e qual era il suo posto: esattamente quello, in mezzo ai suoi fratelli e sorelle di falce.

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view post Posted on 17/4/2018, 18:47     +1   -1
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Aprì gli occhi. Una sensazione. L’ennessima. Troppo vivida. Troppo reale. Troppo conosciuta.
Pace e guerra.
Come aveva detto qualcuno? Si aspetta solo il prossimo campo di battaglia. Si…aveva ragione.
Si aspetta sempre, più che la pace, la guerra. In quella assurda pantomima detta Vita Umana. Così maledettamente affascinante e al tempo stesso stupida. Non che gli Immortali fossero diversi. Anzi in un certo senso erano anche peggiori.
Gettavano le loro innumerevoli vite in altrettanti innumerevoli campi di battaglia per darle un sapore. Perché dopo secoli tutti sapeva di niente. La stupidità umana…proprio su quella campava il Gran Visir Di Tutti I Bastardi.
In ogni caso il giorno 13 gennaio dell’anno domini jashin 248 rientrò nelle date per eccellenza e nei giorni che facevano da spartiacque tra un prima e un dopo.
Shintou come al solito stava strimpellando. Era sgattaiolato fuori dal santuario lasciando una copia a fare il lavoro burocratico che, ammetteva sempre, non faceva per lui. Trovava sempre un modo per distrarsi quindi meglio lasciare la copia e via a suonare per distese innevate, a rilassarsi un po’ dopo dodici ore di sonno.
Ammettiamolo: non era serio sempre e comunque ma sapeva esserlo quando la situazione lo richiedeva. Una persona intelligente sa capire quando farlo, quando la situazione lo richiede.
Quella rientrava nelle situazioni serie.
Quell’esplosione accese ricordi ancora vivi e limpidi, come se potesse ancora guardarli e toccarli e non gli piacque minimamente.
Ed ebbe la spiacevole sensazione che doveva abbandonare la chitarra. E dire che stava imparando a suonare con la destra per ovviare alla sua mano fantasma…ma tant’è che iniziare ad imprecare contro un QUALCOSA di generico non sarebbe servito.
Quindi ritornò al santuario. E qualcosa gli ronzò nel cervello: che l’incontro col Gobi sarebbe presto, di nuovo giunto?
Aveva ancora una domanda in cui ballava una risposta e una non risposta.





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Arrivò puntuale.
Era serio quando doveva esserlo e quando il priore chiamava, Shintou sapeva che non era per baggianate colossali simil kage. Anche perché sennò la falce di sua moglie lo avrebbe decapitato seduta stante, e passare 100/200 anni senza il suo corpo – con la malsana prospettiva che qualcun’altro riscaldasse sua moglie – non gli piaceva nemmeno un po’.
Scusa ufficiale.
La reale motivazione: prendeva seriamente il suo ruolo di Kuro Yaida. Quando succedevano tali avvenimenti Shintou era Kuro sama. E come tale incuteva rispetto.
Ma un rispetto differente da Indra, differente da Getsumoto e dalla Lama Rossa.
Indra era inavvicinabile, Shintou era sempre in mezzo alla sua gente. Coniugava la visione di Indra con quella di Giichi Ishiyaki. Quindi fu in mezzo a loro.
Dovevano sapere che qualsiasi cosa fosse scesa in terra, Ryujin Jakka e Higanbana si sarebbero mostrate…insieme a molto altro. Insieme a quelli dell’altra parte.
A volte alle persone non servono parole, ma solo un simbolo a cui aggrapparsi. Anche i soldati facevano altrettanto, anche lui.
Soprattutto lui.
Quindi passò in mezzo a loro, cercando di non farli preoccupare più del dovuto, anche se era lui stesso preoccupato.
Cosa stava succedendo davvero?



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Ascoltò quello che Getsumoto disse.
Vi fu un attimo dove pensò quasi che il nonno Agiwara gli stesse facendo un tiro mancino. La conversazione avuta con lui qualche giorno prima…sembrava fare da prologo a tutto questo.
Getsumoto Agiwara…Yamamoto Kuchiki…due facce della stessa medaglia. Egual forza, egual determinazione ma differenti.
Opposti in tutto ma uguali in ogni cosa.
Modus menti et operandi dissimili, dissonanti eppure vi era un minimo comun denominatore uguale per loro due. Questa era al forza del Triangolo e del Cerchio?


Ora capì le parole di Getsumoto, così come i colpi infertigli da Yamamoto. Ora riusciva ad avere più chiare le cose.
La sua strada ormai era diversa da tutti loro, ma questo – grazie Getsumoto, grazie Yamamoto per averglielo fatto capire – non significava fregarsene ma essere cosciente.

«Gli uomini sono reali. Vivi, mortali, fragili. Vanno protetti, noi che siamo a loro superiori dobbiamo assicurarci che le loro vite non vengano tormentate ingiustamente. Perché anche loro hanno scelto, scelto di affidarsi a noi.
Sei la Lama Nera, Shintou Agiwara. Questo è l'unico titolo di cui devi tenere conto. Perché gli Dei, i Demiurghi, Jashin stesso arriveranno... Forse, un giorno, quando i loro capricci e i loro desideri imperscrutabili li muoveranno nella tua direzione.
Ma questa gente, questi uomini e queste donne, ti rispettano e ti amano qui, nel mondo di cui tu fai parte.»


Parole giuste. Parole che segnavano in profondità, più di una cicatrice, più di un fendente di spada.
Non sei solo. Passò il suo sguardo su ognuno di loro.
La famiglia Agiwara, Chigawa…Kazora…Kuma… quell’orso troppo cresciuto.
Vide Hikaru. Ancora non si perdonava per quello che gli aveva fatto, perché troppo stupido e perché troppo debole per controllare quel potere così arcano che gli scorreva dentro come un fiume infernale.
Guardò sua moglie e Sue, così come i bambini…gli guardò tutti. E..
sorrise.
Come poteva sorridere quell’uomo in una situazione del genere? Mentre ogni volto erano una maschera di paura, di dubbi, di incertezze quella di Shintou era serena e in un certo senso felice.
Era li. Era come se non ci fosse perché teneva lo sguardo basso, assorto nei suoi pensieri eppure sorrideva.
A volte era stupendo il destino. Ti dava quella scossa di cui avevi bisogno per non essere totalmente un coglione.
E lui…era un professore in stupidità.
Guardò Getsumoto.
Lo guardò come quelle volte in cui lo batteva a scacchi. Facendogli fare, esattamente, quello che voleva. Perché la sua mossa era troppo perfetta.
Aveva mosso le pedine. Ora gli aveva dato scacco matto.
E pensò che entrambi, sia Getsu che Yama, fossero dei gran paragnosta a modo loro. Ma erano dei Grandi.
Giganti a cui poteva solo piegarsi e ritenersi fortunato a vivere nella loro ombra.

«E quando arriveranno ci troveranno sempre qui, pronti a difendere la nostra pace e la nostra gente.

La vera domanda, Shintou, è questa...
Dove sarai, tu, quel giorno? »


Già. Dove sarai, imbecille di un samurai?
Cosa gli aveva risposto?
L’Irezumi brillò nefasto.
Be…le parole sanno essere false, le azioni sanno essere vere, granitiche.
Shintou guidava le Lame. E lui era…




dvHosvA
KURO YAIDA.




E Higanbana sorse dalle profondità dell’Inferno. Da quell’irezumi che brillava violaceo e le sue lame si conficcarono nel palco.
Tre lame. Troppo grandi per una falce, troppo grande per essere una falce. Ma era la falce della Lama Nera. Era Rossa, con quel Triangolo che brillava di luce spuria sulla lama centrale.
Uno sguardo a Getsumoto, decifrabile solo da lui stesso.

Eri contento Getsumoto Agiwara, vero?
La Lama Nera, il Sankaku scendeva in battaglia.
Paragnosta di un vecchio millenario.

« Farò il necessario.»

Un sussurro tra i sussurri.

 
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view post Posted on 18/4/2018, 10:11     +1   -1

The Pine

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Sto seduto, in disparte. Braccia incrociate sul petto, ma testa alta ad ascoltare ed osservare quanto di dovere. La situazione non è semplice, e posso capire perché l'aria è così densa di nervosismo. Pure per degli immortali, percepire quanto credo tutti abbiamo percepito non è semplice. Quell'energia, quella forza che ho solo saggiato quel giorno di fronte al Dio ha percosso il mondo e ora, così come sta succedendo qui, è certo che anche a Kiri così come in ogni altro villaggio, grande o non che sia, si stanno facendo di questi discorsi.

E noi siamo una comunità piccola. Una comunità dove ognuno di noi ha un peso grande... Compreso me. Shitsuki, così come il Priore, hanno chiaramente incrociato i loro occhi con i miei. Sanno. Sanno che non possono fidarsi di me al cento per cento. Sono nuovo, cresciuto con dogmi e credenze diverse. Per questo non ho ancora aperto parola, per questo ho atteso con pazienza che tutti si acquietino prima di potermi pronunciare.

Però lo devo fare.

Ho fatto due promesse, ma ho il tremendo timore di doverne spezzare una. Piego le labbra, afferro il mio bastone e mi tiro su, pronto a parlare. « Priore. » - lo richiamo, con voce sì alta e ferma, ma garbata - « Quale è il nostro scopo, in questa guerra? »

 
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view post Posted on 18/4/2018, 14:57     +1   -1
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Artificial Flower's Lullaby

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In molti se ne andarono. Civili, gente pacifica, ma anche guerrieri che avevano deposto le armi quando avevano abbracciato la nuova fede e la vita nel Santuario. Getsumoto li guardò in silenzio, senza disapprovare, anzi: a chi lo guardava rivolgeva un breve cenno d'assenso, a riconoscere la scelta dell'altro.
Non ci fu sorpresa nel suo sguardo quando Jinsei lo chiamò, e la mano nodosa fece segno al ragazzo di avvicinarsi. Shitsuki gli fece spazio fra sé e Kazora, che guardò l'ex shinobi di Kiri con un ghigno soddisfatto.

«Bravo, vieni al tavolo di quelli che si divertono.»

Quando tutti ebbero preso posizione, chi in piedi e chi appoggiato alle panche, Getsumoto parlò di nuovo.

«Molti di voi sono qui da tempo. Avete combattuto altre battaglie, avete compreso come il Santuario agisce e qual è il nostro scopo. Qualcuno vuole spiegarlo ai più giovani, magari?»

Si fece avanti Sue, algida e perfetta in ogni cosa che faceva. Anche la sua voce sembrava miele colato, malgrado mantenesse la fredda sicurezza di una guerriera temibile.

«Il Santuario progredisce lontano dalla barbarie dei mortali. Noi ci difendiamo, qualora ci fossero stolti desiderosi di farci del male. In quel caso, eradichiamo completamente le loro esistenze, cancellando le tracce di quello che li ha portati a noi.»

Il Priore annuì.

«Esattamente, Sue, ti ringrazio. In questo caso, tuttavia, la minaccia non è diretta a noi... Bensì al mondo intero. Le due forze in equilibrio, Kyo Dan e Taisei, litigano per il possesso dei Bijuu... E a noi non interessa chi vincerà: ci interessa che qualcuno vinca. Per questo noi dobbiamo monitorare la situazione, capire cosa sta per accadere, e intervenire affinché accada in nostro favore.»

Con le dita intrecciate davanti al ventre, le maniche gli ricadevano ampie e morbide quasi fino a terra.

«Due nostri fratelli di Kumo, Mameko ed Eiji, hanno combattuto al fianco del Kyo Dan. Tale organizzazione vuole i Bijuu liberi e indipendenti... Poiché li venera come divinità, e i suoi membri sono convinti che per tale motivo verranno risparmiati dalla furia distruttiva dei Demoni Codati.»

Shitsuki annuì, cercando lo sguardo di Shintou. C'erano tutti e due, quando il Gobi stava per calpestarli come avrebbe fatto con un'aiuola fiorita.

«Qualcuno di voi li ha già incontrati. Lama Nera, cortesemente, potresti raccontarci la tua esperienza?»

L'anziano Jashinista posò i suoi occhi viola su Shintou, lasciandogli la parola. Tutti si girarono verso la Lama Nera, in silente attesa.

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view post Posted on 18/4/2018, 17:08     +1   -1
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Shintou se ne restava in disparate.
Come sempre. Non si mischiava mai con gli altri quando rifletteva o la situazione fosse grave. Era come se, da lontano, avesse un altro punto di vista. La responsabilità di difendere la sua casa erano pesanti e pressanti quindi socchiuse gli occhi, appoggiando Higanbana sulla spalla sinistra. Le zanne rivolte verso il gruppo, la destra ad accarezzare il manico. Un gesto pensieroso.
Orecchie attente a tutto.
Gli occhi…meno. O per lo meno fece finta così.
Del nuovo confratello, così come di Eiji tempo prima, non aveva posto né mente, né dato peso – finchè non avessero creato problemi - perché solo il Priore riteneva giusto o sbagliato e decidendo di conseguenza. Anche ammettere o meno nuovi fedeli al santuario.
Lui era un soldato. Doveva preoccuparsi di ben altro.
E Getsumoto lo chiamò in causa. Voleva la sua opinione.
Shintou, appoggiato al muro, riaprì i suoi occhi alzandoli sul gruppo. Il Gobi…le sue parole…quello che gli aveva detto.
Difficile dare un opinione ma ci provò.


«Quello che abbiamo affrontato io e Shitsuki era il cinque code. E non si è fatto scrupolo alcuno a schiacciare come formiche, indistintamente, quelli del Kyo dan e quelli del Taisei.
Una forza brutale. Nemmeno con un intero villaggio, credo, si possa sconfiggere. Figuriamoci se gli venisse la malsana idea di unirsi agli altri otto. E che girino tutti e nove.
Insieme


Lasciò Higanbana appoggiata al muro, prese una sedia e si mise vicino a Shitsuki.

«Se penso che siano pericolosi? Si..
e no


Intrecciò le braccia sul petto, lasciandosi andare sullo schienale. Lo sguardo a sua moglie, poi a Getsumoto infine a tutti gli altri.

«Dipende da cosa vogliono e dal loro carattere. Il Gobi ci ha permesso di parlare. Con gli altri, forse, ci avrebbero schiacciato subito. Sono forze primordiali e non hanno nessun controllo…ma il Gobi ci ha detto anche che lo fa per vendetta contro chi l’ha rinchiuso secoli prima.»

Giusto o sbagliato? Difficile dare una risposta.

«Il problema, però, non sono tanto loro quanto i due ordini che se li contendono. Sono degli imbecilli…sono i nuovi protagonisti di un gioco infinito. Solo nuovi nomi in un gioco enorme mossi da altri…e continuerà anche dopo i bijuu e dopo di loro. Ma…»

Perché c’era sempre un ma, vero Shintou? Legge dell’Equilibrio.
Demiurghi. Il sankaku era anche questo. I giorni del poltrire erano finiti, purtroppo.
Disdetta.

«Non si può nemmeno lasciarli liberi di uccidere indistintamente. Quelli che li hanno rinchiusi ormai non sono nemmeno più polvere. La loro rabbia non è giustificata e prima o poi verranno qui.»

Prospettiva plausibile.

«Quell’esplosione di chakra…può essere l’inizio o la fine.
Bisogna dare risposte a mille interrogativi. Se sia giusto rinchiuderli o meno non sarò io a decidere. Altri prenderanno questa decisione.»


Getsumoto capì a chi si riferisse la Lama Nera.

« Una scelta andrà fatta ma bisogna fermare tutto questo.
Il Taisei e il Kyo Dan hanno fatto i loro danni e a volte non si può restare solo a guardare. Anche da immortali. Sopratutto quando forze potenti minacciano, indistintamente, tutti noi.
Io non posso farlo. Ho la responsabilità di proteggere questo santuario e la mia famiglia.»


Quello che doveva dire lo aveva detto.

 
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18 replies since 16/4/2018, 13:14   381 views
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