La routine uccide, libera tra Egeria, Pelle e Yolo

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view post Posted on 12/4/2018, 15:52     +1   -1
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“Eheheheheh-eheheheheheh....”

La risata inquietante risuona per l'ennesima volta tra le mura spoglie dell'ambulatorio, facendole riverberare fastidiosamente. Sarà per l'intonaco bianco, sarà per la lampada al neon così fredda, sarà che Tanaka-san tante volte le fa venire i brividi... sta di fatto che le dannate lancette dell'orologio non vogliono saperne di coprire i cinquanta, interminabili minuti che la separano dalla fine del turno.

Porge alla collega il vassoietto di cartone monouso carico di fiale vuote, da riempire col sangue del paziente: un quindicenne che risponde con sorrisetti nervosi alle battute incomprensibili della donna e le porge il braccio riluttante.
“Tanaka-san...”
Due colpetti sulla spalla: sta dimenticando il laccio emostatico. Glie lo porge e torna ad infilare le fiale già riempite di sangue scuro nei loro alloggiamenti, contrassegnate dal codice del paziente precedente.

Tanaka-san ha due occhiali rotondi spessi come fondi di bottiglia, i capelli amaranto legati in una corta coda di cavallo in cima alla testa e i bottoni del camice infilati nelle asole sbagliate. Urako avrebbe giurato di averla vista più di una volta andarsene in giro coi calzini spaiati, uno a righe e uno a pallini, ma oggi non aveva avuto l'occasione di sbirciarle le caviglie, sotto l'orlo del camice indossato storto.

Il lasso di tempo tra il cigolio della brandina, il secco tonfo delle calzature del genin contro il linoleum del pavimento e il cigolio dei cardini è insolitamente breve. Gli urla dietro “Premi per cinque minuti!”, ma difficile che l'abbia sentita.
“Eheheheheh-eheheheheheh.... questi giovani....” commenta beata l'altra, estraendo un piatto di sakura-mochi dal frigo pieno di campioni di sangue e addentandone uno con aria distratta - “Urako, senti. Fai una cosa. Chiama tu il prossimo, tanto la sai la trafila. Io credo proprio che andrò a prendermi un caffè.”
E detto questo, viene risucchiata dalla porta dell'ambulatorio ad una velocità imprevedibile.

Lo sguardo di Urako sfiora il cestino dei rifiuti, che straborda di bicchierini di plastica del distributore sporchi, e in fondo pensa che non sia poi così male lavorare un po' senza quella tizia e la sua voce nelle orecchie. Quella saletta è troppo piccola per due persone.
Apre la finestra come per far uscire gli ultimi residui delle risate fastidiose, recupera la cartellina con l'elenco dei check-up e strofina rapidamente la punta della biro sull'ultimo nome della lista; infila la testa in corridoio affacciandosi dalla solita porta e recita con tono piatto:

“Avanti il prossimo, numero 24. Fujimoto.”

 
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view post Posted on 12/4/2018, 17:30     +1   -1
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Non appena rientrato al villaggio dalla propria missione di esplorazione il genin si è immediatamente diretto, con in spalla i propri compagni feriti, direttamente in ospedale. Ancor prima di fare rapporto, ancor prima di pensare alla propria condizione. Nella sua mente è ancora vivida l'immagine del demone che apre la bocca riversando su di lui un nugolo di insetti enormi, ancora vivida l'immagine dei propri compagni feriti e-purtroppo- anche del caduto smembrato e trasformato in una serie di ornamenti per la borda di quel demone grasso a cui per primo aveva tolto la vita. Gli occhi scuri si perdono nei dettagli della sala d'attesa ambulatoriale mentre quello rimane seduto ed immobile, col dorso aderente allo schienale della sedia e coi propri compagni esanime, visibilmente feriti, posizionati ai fianchi di lui con qualche fasciatura sommaria a bloccarne rozzamente l'emorragia esterna di cui probabilmente sarebbero entrambi già morti se il Diavolo non avesse preso quella precauzione. E' immobile eppure sente le proprie gambe tremare, le spalle abbassarsi come se proprio ora, liberate dal peso dei due compagni, avessero deciso di soccombere all'affaticamento.

...no

Un pensiero che ne attraversa la mente come il filo di un rasoio mentre poco dopo serra la mascella: non ha intenzione di farsi vedere debole da nessuno, tantomeno dai medici che sono all'interno dell'ospedale, la stessa struttura che una volta aveva già avuto modo di vederlo debole, quando esanime e privo di un braccio era stato operato d'urgenza affinché il proprio arto-e la propria vita- venissero salvati, non lo avrebbe permesso una seconda volta.
L'acciaio freddo della Kubikiri ne abbraccia completamente la schiena, donandogli una sensazione di calore crescente man mano che ripercorre gli eventi, il modo in cui ha ucciso due demoni ed ha convinto il loro padrone a liberarsi del terzo, il modo in cui ha usato la propria spada per imporsi su creature terrifiche lasciate solo ai sogni, all'immaginario collettivo. E' così dolce la sensazione che lo attraversa quando prende una vita che non vuole distaccarvisi, ma anzi vi si aggrappa come fosse l'unico balsamo per un corpo stanco, martoriato dai bubboni che le mosche gli hanno provocato su tutto il corpo, specialmente sulle braccia, gambe e fronte, le cui zone scoperte risulteranno gonfie ed a tratti sfigurate. Rimane in silenzio ed attende il proprio turno, la destra si stringe di rabbia nel momento in cui il ricordo di quella porta infernale riaffiora nella sua memoria, il modo in cui aveva salvato il suo bersaglio, impedendo a lui di reclamare il suo premio...quella sensazione di impotenza dinnanzi alla gloria di quel cancello infernale...doveva indagare, scoprire cosa fosse...ed appropriarsene a sua volta.
Infine i suoi pensieri vengono interrotti nel momento in cui Urako fa capolino nella sala d'attesa, richiamando il numero precedente al suo..Urako, una kunoichi così tremendamente inadatta al proprio ruolo eppure il solo vederla lo rallegra, come se in fondo non gli dispiacesse vedere un volto noto, per quanto quel volto sia associato ad una figura che probabilmente lo odia intensamente.

Ciao Urako...

Va a dire, la voce è tremendamente bassa, stanca. Il capo dondola appena a destra e sinistra mentre poco dopo, coperto di bubboni, va ad indicare i due chunin esanimi con lui, messi ben peggio .

se quando...torni...non sono cosciente...ricordati di curare prima loro di me mh?

Domanda, socchiudendo gli occhi e poco dopo distendendo il dorso nuovamente sulla sedia, divaricando le gambe. Le braccia, lasciate scoperte dalla canottiera nera, sono zeppe di quelle piaghe mentre i tratti in cui le proprie braghe militari grigiastre sono stracciate appaiono altri di quei bubboni, ad indicare come probabilmente ne abbia su tutto il corpo. Il viso è ammantato dalle bende, eppure ben si capisce quali siano sentimenti che sta provando: dolore, stanchezza...rabbia.


 
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view post Posted on 13/4/2018, 12:26     +1   -1
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Il corridoio è pieno di gente in attesa, uomini e donne di tutte le età, profondamente diversi tra loro ma tutti in attesa di essere chiamati ad entrare. E' un po' che aspetto, ma il mio turno dovrebbe essere quasi arrivato, almeno credo. Per ingannare il tempo in questi minuti mi sono messa ad osservare gli altri, a provare a immaginare chi siano e perché siano lì. Seduto sulla sedia accanto alla mia c'è un bambino piccolo. E' accompagnato dai genitori che stanno in piedi lì accanto e ogni tanto lo rimbrottano per come sta seduto. Noto che spesso posa gli occhi sul braccio destro, che tiene appoggiato sulle gambe, per poi spostare di scatto lo sguardo e fare con esso un rapido giro del corridoio. Ci siamo sorrisi un paio di volte, quando ha preso a guardare me, mentre ora è girato verso i genitori e stanno parlando di cosa mangeranno a cena. Quanto lo invidio, è incredibile come mi manchino certe cose da niente che ormai non ho più. Vorrei averceli anch'io, i miei genitori accanto.

Non sono ferita, né malata, né niente, sto all'ospedale solo per un controllo di routine, una cosa breve. Ci sono altri invece, shinobi, che devono essersi feriti in missione, un gruppo in particolare, su cui evito di posare gli occhi. Quei tre sembrano essersela passata brutta, ma non è per questo che mi mettono in soggezione, è per l'identità di uno di loro. L'enorme mannaia che ha dietro la schiena è inconfondibile, quel ragazzo è certamente il Diavolo della Nebbia, se ci penso mi fa rabbrividire. Quante vite ha troncato quella lama, la Kubikiri? Troppe per essere contate, in giorni molto bui per il nostro villaggio, e adesso pesa sulle spalle di quel ragazzo che sì, è più grande di lei, ma nemmeno così tanto. Lui non lo invidio per niente, il Diavolo della Nebbia, il suo stesso nome è una condanna. Anche senza conoscerlo tutti sanno esattamente chi è e chi deve essere, e quel nome, con cui non è nato, si è preso tutto di lui. Forse nella vita del Diavolo c'è un po' di spazio per la felicità, ma non credo.

I miei pensieri riprendono a vagare, ma poi finiscono sempre per tornare su quei due, il bimbo e lo spadaccino. Non riesco a cacciarli via dalla testa, eppure ci provo, inizio a desiderare ardentemente che l'attesa si esaurisca. Il desiderio viene esaudito dopo non molto, quando la testa di una ragazza appare dalla porta della sala e chiama il mio nome e il mio numero. Mi alzo subito e faccio qualche passo in avanti verso di lei, sgranchendomi le gambe. Mi fermo all'udire la voce del Diavolo, evidentemente conosce la dottoressa, o infermiera, quello che è. A sentirlo parlare sembra proprio malconcio, ma non dev'essere gravissimo, se no penso che l'avrebbero fatto passare avanti. Mi stringo mentalmente nelle spalle e riprendo a camminare, certa che l'ospedale sia organizzato a dovere. Esito prima della porta, per vedere se la ragazza risponde al Diavolo, in caso contrario entro nella saletta. La guardo, in attesa di un invito a parlare o qualcosa del genere.
 
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view post Posted on 13/4/2018, 23:31     +1   -1
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Nel corridoio più gente di quella che si aspettasse.
Registra passivamente il movimento di una ragazzina più o meno sua coetanea ai margini del campo visivo, mentre gli occhi inevitabilmente vanno a caderle sull'unica nota stonata di quel monotono spartito – e il cuore parte al galoppo così, all'improvviso, tanto che dubita dei suoi stessi occhi: cosa ci fa quell'irritante spocchioso adesso nel suo corridoio, ricoperto di piaghe e bubboni orripilanti, assieme ad altre due persone ridotte pure peggio?!
Lei ha ancora una paziente da visitare. La sta aspettando. È in lista, con una prenotazione, al contrario di quei tre.
Probabilmente anche l'altra si è accorta di essere in un corridoio pieno di persone con tre chuunin mezzi morti in bella vista; Urako incrocia il suo sguardo per un istante brevissimo, e... e a quel punto la realizzazione di quello che sta realmente succedendo la colpisce con la potenza di un bufalo d'acqua in corsa.

“Tu. Dentro.”
L'indice punta Kazuku con tutta l'imperiosità consentita a una ragazzina che non arriva ai 160 cm, volgendosi immediatamente dopo verso la stanza alle sue spalle; “Fujimoto, là” - e lo stesso indice va a puntare una brandina abbandonata lungo il corridoio, un paio di porte più avanti. “Portala qui e aiutami a caricarci sopra quei due. Veloce!”
Il tempo scorre in modo vertiginoso: intollerabilmente lento e fastidiosamente rapido, svolgendo davanti ai suoi occhi le immagini del dannato corridoio in maniera caotica. Ha appena dato ordini a una paziente, come se fosse una genin apprendista-medico; l'idea che quella possa rifiutarsi di eseguire non la sfiora nemmeno per sbaglio, mentre piomba sopra i corpi esanimi come un falco affamato e inizia a tastarne il polso, verificarne la respirazione e i riflessi oculari. “Tanaka-san... dannazione...” sibila a fior di labbra e manco ci fa caso, a chi sia a portarle la barella.
Non guarda in faccia la persona – o le persone – che agguantano i ragazzi sotto le ascelle, uno alla volta, mentre lei si raccomanda con voce strozzata di fare piano, accidenti, perché lei è troppo bassa ed è scomodo che si occupi di persona di sollevarli.
Roba che ci trovano con l'ascella destra mezzo metro più in basso della sinistra, non so se rendo l'idea.

Sa solo che di colpo si trova di nuovo nella stanzetta, che adesso sembra ancora più piccola di prima, con tre chunin ridotti da schifo e una brandina di troppo, e un qualcosa dentro che riesce a sfogare solo in parte tirando un ceffone al pulsante d'emergenza che sporge dal muro lì, vicino alla porta.
Il trillo lontano le conferma che da qualche parte là fuori una luce sta lampeggiando, richiamando tutto il personale in circolazione verso la stanza segnalata.

“L'entrata per il pronto soccorso era dall'altra parte” sbotta voltandosi di colpo verso il Diavolo e piantandogli in faccia due occhi stralunati; gira sui tacchi e si tuffa nell'armadio, dove recupera due bottiglioni da mezzo litro di soluzione fisiologica assieme a due flebo con rispettivi aghi.
Naturalmente non ci sono i sostegni adatti, quindi gli aghi finiscono nelle braccia dei due moribondi e i bottiglioni nelle mano di Kazuku.
“Qui non c'è l'attrezzatura adatta. Molla quel pezzo di ferro e tienili in alto” lo redarguisce mentre già si guarda intorno con la faccia smaniosa del segugio sulla pista della volpe: eccola là, la macchina per la pressione. Schizza verso la scrivania a recuperarla, sfila da sotto al piano la sedia con le rotelline e la spedisce con uno spintone del piede verso il porta-flebo umano - “I nomi.
Come si chiamano quei due.

Serve cortisone, devo capire se sono allergici.
Tanaka-san sta arrivando”
- continua a snocciolare frasi senza apparenti nessi logici. L'odore di caffè di pessima qualità troppo zuccherato che aleggia vicino al cestino è nauseante, lo pensa ogni volta che le arriva una zaffata al naso, riesce a pensarlo anche adesso che infila senza troppi complimenti il bracciale gonfiabile al primo moribondo che le capita sottomano.
“Cosa vi ha attaccati? Jutsu nemica? Insetti? Piante urticanti?” bombarda l'unico ancora cosciente di domande, mentre scribacchia con grafia frettolosa il valore sul pezzo di carta con l'elenco dei pazienti della mattinata.



CITAZIONE
Non ho dato per scontato che Sumiye esegua: la lascio libera di recuperare la brandina ed aiutare un passante a caso, se non lo stesso Kazuku, di issare sulla barella i due malcapitati. Una volta sistemati può spingere tutti nell'ambulatorio e restare lì dentro, Urako nel caso si accorgerà di lei nel prossimo giro XDD
Se notasse che il Diavolo sta per svenire e lo ritenesse opportuno, ad esempio, potrebbe anche offrirsi di reggere le flebo al posto suo. Liberissima anche di rivolgere la parola a Urako, ci mancherebbe u.u
 
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view post Posted on 14/4/2018, 10:49     +1   -1
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Alle prime parole di quella semplicemente si alza, rimanendo fisso col proprio sguardo sulla sua figura: la ragazza pare essere cresciuta, trasformando il risentimento verso di lui in azione, un risultato apprezzabile anzi, straordinario per quanto sia cosciente che no, probabilmente quel cambiamento non è dovuto unicamente a lui, lui ha solo fornito la spinta affinché potesse cambiare ma ignora i passaggi che l'hanno portata sino a quel punto.

...mh

Mormora semplicemente a labbra serrate, andando poco dopo ad aiutare gli infermieri semplicemente caricandosi in spalla Yoshi, quello zeppo di tagli e lacerazioni per poi cercare di appoggiarlo il più in fretta possibile sulla barella che gli viene fornita: le gambe tremano ed ogni singolo movimento, ogni singolo respiro pare faticoso come scalare una montagna: il suo limite è vicino, lo percepisce chiaramente ma non vuole arrendersi né tantomeno svenire. Era giunto all'ambulatorio proprio per evitare le trafile burocratiche che inevitabilmente lo avrebbero costretto a rimandare le proprie cure -ed in buona parte anche quelle dei propri compagni- nella struttura ben più attrezzata, ma ciò lo metteva in condizioni di maggiori responsabilità perché lui era l'unico al momento in grado di dire ciò che gli aveva colpiti e cosa hanno dovuto affrontare per essere ridotti in quello stato. Dopo quel semplice movimento per poggiare no dei due compagni le mani rimangono libere, ma scuote semplicemente il capo nel momento in cui la kunoichi gli suggerisce di mollare la Kubikiri: essa non intralcia i suoi movimenti, e non ha alcuna intenzione di abbandonare qualcosa che ormai sente parte di sé, con l'ostinato egoismo che rasenta il più infantile dei comportamenti autodistruttivi.
Non parla, prende solo ampi respiri mentre si limita a reggere le soluzioni che la ragazza preleva, tentando di tenerle alte e poggiando i bottiglioni a rovescio sui palmi delle proprie mani, gettando solo uno sguardo alla Fujimoto: non la conosce, e fossero altre circostanze forse le parlerebbe, ma vuoi per l'affaticamento, vuoi per la stanchezza riesce a malapena a salutarla con un cenno del capo.

passare...dal pronto soccorso...significa burocrazia...prima il rapporto poi...indicazioni...

Una pausa nel mezzo, la voce stanca e bassa mentre ricerca la figura di Urako

poi...l'intervento...era l'unico modo per assicurarmi venissero immediatamente curati

Spiega, è tremendamente stanco, vorrebbe solo svenire e dormire eppure ancora una volta ha fatto ciò che più ogni altra cosa gli garantisce di agire non solo per sé: si è preso delle responsabilità, e che possa essere disprezzato per questa scelta, sopratutto da Urako, non gliene può fregare di meno.
Si è preso delle responsabilità sulle vite altrui, quelle stesse vite che la propria lama gli avrebbe tranquillamente suggerito di troncare ed ora gli è richiesto di fare un'altra cosa che a lui riesce molto bene: fare il soldato, dare informazioni.

Yoshi Oda e Ryuki Oyde, ho...controllato...i loro fascicoli prima...della missione...sangue A positivo il primo....B negativo il secondo...nessuna allergia registrata o...nota a medicinali

Replica tentando di far breccia in quella stanchezza, il viso gonfio che diventa rosso, come si stesse sforzando tremendamente di dare quelle informazioni.

io...e Yoshi...siamo stati...attaccati da...insetti...demoniaci...

Prosegue, socchiudendo le iridi, le braccia urlano per lo sforzo, vorrebbero cedere ma lui glielo impedisce, non gli permetterà di farlo o almeno non ora.

Ryuki...è stato vittima di...taijutsu immagino...ma...io credo che

Pausa, biascica.

io e Yoshi dovremmo mh...sottoporci a un...test...tossicologico

Chiude gli occhi, per un momento sembra che possa cedere eppure li riapre subito dopo, il freddo della lama lo riporta alla realtà, gli dona forza adesso come non mai.

perchè...da quando ho ricevuto sì...le punture...sto sempre...mh..peggio

Informa, tentando di mantenere la lucidità, i respiri divengono sempre più ampi, a tratti ben poco frequenti ed irregolari: non può reggere per sempre, ma si sforzerà di reggere il necessario.

se...ti servono...fascicoli completi su di loro...e non volessero darteli...di loro che li ho richiesti...io...non possono negarmeli

Insomma, cerca di aiutarla ad ottenere tutte le informazioni possibili, sia mai che la burocrazia possa impedirle di salvare quei due ninja la cui unica colpa è stata quella di accettare una missione più grande di loro, più grande persino di lui. Era ben scettico riguardo l'utilità di una squadra per un compito di ricognizione così pericoloso, aveva fatto il possibile per sottoporli al minimo rischio eppure avevano patito gli eventi ben più di quanto non fosse accaduto a lui. Che ironia, fare di tutto per proteggere i propri compagni ed infine ritrovarsi a doverli salvare, è forse questa la sorte che gli tocca quando si preoccupa del prossimo? Danneggiarlo ben di più di quanto non accada alla sua persona? Una cosa è certa: d'ora in avanti sottoporrà sempre tutti allo stesso rischio che richiederà per sé, non succederà un'altra volta, non lo permetterà.
 
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view post Posted on 15/4/2018, 21:34     +1   -1
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All'inizio la giovane dottoressa non sembra aver intenzione di rispondere al Diavolo, per un po' non dice nulla e mi guarda. Poi però tutto ad un tratto prende a lanciare ordini, allo spadaccino e a me, e diventa chiaro che non va tutto bene, che quei tre sono messi male come sembrano, se non peggio, e che la mia fiducia nel sistema ospedaliero di Kiri è stata senza dubbio mal riposta.

Guardo ora davvero per la prima volta i feriti, e una morsa mi stringe il cuore. Solo adesso mi rendo conto dei bubboni e delle bende, che avrei potuto notare così facilmente, se non fossi stata così terribilmente intimorita da quella stupida spada. Delle ferite così evidenti, eppure non me ne sono accorta!

Mi precipito a fare ciò che mi è stato detto, senza farmi altre domande per cui evidentemente non c'è tempo. La brandina è qui vicino, quindi in un paio di secondi l'ho afferrata e tirata con forza verso di me. Finisco di spingerla vicino ai due chunin privi di sensi, dove per fortuna qualcuno degli altri in attesa, non faccio davvero caso a chi, mi aiuta a sollevare di peso quello ricoperto di orribili bubboni e sistemarlo alla meglio sul lettino. Non è un'operazione semplicissima per me, manco per niente, quello è grosso, e pesa, ma ci riusciamo poco prima che il Diavolo riesca a mettere anche l'altro sulla brandina.

Non so bene perché, ma mi ritrovo io a spingerla dentro alla saletta seguendo i passi di questa dottoressa Urako. Lì mi ritraggo fino alla porta, ma esito. Non so se dovrei uscire o è meglio rimanere in caso serva altro aiuto. Le parole di Urako non fanno che aumentare il senso di colpa che mi attanaglia, so che la situazione è critica e che se qualcuno dei tre non dovesse farcela... Me ne sarei dovuta accorgere, maledizione! Così resto ferma lì, con nessuno che si cura di me, ad osservare non senza una certa ammirazione gli abili movimenti di Urako.
Ma come è possibile che non sia andato al pronto soccorso? Sposto incessantemente gli occhi dai feriti alla dottoressa e da questa a quelli, sono preoccupatissima. Vorrei essere d'aiuto, ma so che se prendessi un'iniziativa sarei solo d'intralcio. Non faccio nulla e aspetto, tremante, che succeda qualcosa. Sento che se moriranno sarà anche colpa mia.
 
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view post Posted on 27/4/2018, 11:40     +1   -1
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Ragazzi, sorry davvero. Leviamo la rugggine.

Lo sguardo sfiora la Kubikiri, ancora saldamente al suo posto. Nemmeno ha perso tempo a risponderle.
Ci avrebbe scommesso: testardo come un mulo.
Se fosse svenuto non gli avrebbe risparmiato un bel “te l'avevo detto”, ma ora non è il momento di rimbeccarlo... peggio per lui. Non è che non ci sia tempo di farlo: per le chiacchiere c'è semrpe tempo – è solo che non ha testa.

“Non è possibile.”
La replica arriva tagliente e immediata: assurdo che si rischi di perdere tre shinobi per amore di una trafila burocratica. Non ci crede. È una cosa troppo stupida, anche per un Paese tradizionalmente violento come il loro. Non vuole crederci, ma nemmeno questo conta adesso, non è il momento di fare polemica sulla gestione dei pazienti.

Con lo stetoscopio nelle orecchie, strizza gli occhi per leggere i numerini bianchi impressi sull'asta graduata dello sfigmomanometro, il mercurio che sobbalza debolmente ad ogni pulsazione del cuore, prima di strappare via il manicotto ed applicarlo al braccio del secondo senza fare commenti: le orecchie registrano le informazioni sui due shinobi, catturandole al di sopra degli schiocchi del battito cardiaco del paziente. Il primo dei due ha una pressione decente. Bassa, ma decente.
Gli occhi scuri si sollevano per un istante a cercare il viso di Kazuku, come per accertarsi che sia proprio lui a parlare: possibile che sia andato a leggersi in via preventiva i profili medici del resto della squadra?
Eppure sembra proprio così.
È una cosa... molto responsabile da parte sua. Però sta crollando: è diventato paonazzo, quella storia della fisiologica non va bene. “Per favore, Fujimoto-san, sostituisci Mizuguchi-san con quelle bottiglie. Dobbiamo arrangiarci finché non torna la mia collega. Tu, siediti, quella sedia lì.” impartisce istruzioni con tono fermo, accennando con la testa alla volta della sedia che ha calciato prima in direzione del Diavolo.
“Quindi Yoshi è lui, A positivo” riepiloga puntando con un dito rivestito di lattice verso il primo paziente; poi osserva il mercurio nell'asta e impreca tra i denti. “Non va, non va, non va...” sibila strappando via con ancora meno riguardo il manicotto dal braccio di quel Ryuki. Si trattiene dal buttare a terra tutto l'apparecchio solo perché potrebbe rompersi, e ci ripensa solo all'ultimo istante.
“Non si può lavorare così... TANAKA-SAN!!! urla a pieni polmoni con la testa nel corridoio, prima di sbattere di nuovo la porta e piombare sulle bende di Ryuki, col viso decisamente arrossato per lo sforzo: non fa in tempo a scostarle che un fiotto di sangue cremisi inonda il torace del ragazzo.
Sente il bisogno pressante di pronunciare vocaboli che normalmente troverebbe estremamente grezzi. Si morde la lingua.
Ormai l'impulso di seguire i protocolli è sfociato in uno stato mentale di attività febbrile, meccanica, ai limiti dell'istinto: il momento in cui aver meccanizzato certi gesti fa la differenza tra il successo o il fallimento di un'azione.
“Fujimoto-san, lo so che non è il tuo lavoro, ma ho bisogno che tu tenga quelle flebo ancora per un po'” informa la povera malcapitata con parole garbate, ma un tono di voce che trasuda un impersonale nervosismo: un vago e lontano senso di contrizione la pungola, sa perfettamente che come genin quella ragazzina difficilmente avrà il coraggio di rifiutarsi di eseguire un ordine, ma... non è giusto, accidenti. Che sia costretta a fare il lavoro di un'imbecille caffeinomane.
Imbecille.
Lo pensa da tempo, ma non si era mai sorpresa prima d'ora ad ammettere quel giudizio.
Quella poveretta ha una faccia terrorizzata, dovrà per forza offrirle il pranzo per sdebitarsi. “Kazuku-san, cerca di non svenire. La Fujimoto ha solo due mani. Adesso do una sistemata a Ryuki-san, poi pensiamo ai prelievi” spiega rapidamente, più pensando ad alta voce che spiegandolo a qualcuno in particolare.
Non ha controllato i riflessi di Yoshi.

Una cosa alla volta.
Rimuove rapidamente lo strato di bende di fortuna per mettere a nudo la ferita, solleva le mani e un alone di chakra verdognolo appare sotto i suoi palmi: non sarà sufficiente a sistemare la ferita in profondità, ma per ora deve accontentarsi di bloccare l'emorragia. Un lavoro frettoloso. Lei odia avere fretta.
Ti fa fare troppe cavolate.
Un suono di passi frettolosi precede di poco l'irruzione di Tanaka-san nell'ambulatorio, il camice svolazzante e l'odore di pessimo caffè che la avvolge come una nuvola pestilenziale: Urako vede i suoi occhi piombare sulle bende zuppe di sangue, la ragazzina estranea, i due colabrodo umani e infine sulla faccia stravolta della chunin – che non perde altro tempo: “Due sacche di sangue, A+ e B-, tre aste per flebo, subito! E i fascicoli di Yoshi Oda e Ryuki Oyde... ti spiego dopo... ma sbrigati!”

“E allerta il blocco operatorio!” le strilla dietro con un tono di voce più acuto del normale; quella per una volta non perde tempo a biascicare cavolate, si dimentica di essere superiore di grado e corre fuori; Urako tira via le mani dal torso squarciato, consapevole del fatto che quando alla donna fosse tornata la memoria le avrebbe fatto una tirata interminabile sul rispetto verso le gerarchie – ed anche del fatto che l'unica cosa che realmente avrebbe contato, sarebbe stato il sottrarsi il prima possibile a quell'alito da distributore di bibite.

 
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view post Posted on 1/5/2018, 11:43     +1   -1
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E' così stanco che alle prime parole di Urako si limita a fissarla, i lineamenti del volto sono completamente distesi, come non avesse neanche la forza di replicare. Spalanca la bocca, come volesse effettivamente aggiungere qualcosa ma nel momento stesso in cui anche solo concepisce l'idea di prendere parola le sue gambe si riscoprono a tremare: semplicemente è qualcosa che ora come ora non può minimamente permettersi. Socchiude gli occhi mentre cerca di farsi forza, serra la mascella mentre la stanchezza che alberga nel proprio corpo viene combattuta dalle uniche due cose che al momento sono riuscite a tenerlo in piedi: rabbia e responsabilità.
Due sentimenti così distanti eppure a lui così familiari: così come l'ira in battaglia gli consente di continuare a lottare nonostante le ferite riportate, le diverse difficoltà, così la responsabilità gli consente di incanalare quell'ira verso il nemico e dunque di mantenere la propria lucidità. Altro non è se il suo modo di controllare la propria spada, una spada che, in caso contrario, sarebbe ben felice di prendere le vite di tutti coloro che lo circondano.
Soffre, è evidente da come la mascella sia serrata, tanto che un flebile...

grazie...

Prorompe dalle labbra di lui nel momento in cui Urako ordina a Sumyie di sostituirlo nel trattenere le flebo per i suoi sottoposti, i suoi compagni in una missione esplorativa molto pericolosa. Vorrebbe dire di sentirsi in colpa ma dentro di sé sa che non è così: i suoi compagni in fondo si sono rivelati deboli, incapaci di affrontare il nemico meno pericoloso nonostante egli stesso avesse fatto in modo che non patissero il confronto peggiore. Sono stati deboli, eppure se è davvero così perché ha trovato così giusto recuperarli? mettere a rischio la propria incolumità per loro? La risposta è semplice, per la medesima responsabilità che protegge la sua mente dalle lusinghe sanguinarie della spada. Come avrebbe potuto ancora giustificare le proprie azioni, trovare un motivo per non combattere dissenatamente, se non fosse stato in grado di salvare i propri compagni?

patetico...

Si insulta da solo, e sa che non ha giustificazioni da offrire innanzi a quell'accusa, è questo: patetico. Gli occhi tornano quindi sulla figura di Urako, concentrandosi su di essa mentre ne ode le parole ed annuendo quindi alla domanda successiva riguardo la conferma delle identità dei due: si sta comportando dannatamente bene, probabilmente è stato un pò frettoloso nel giudicarla l'ultima volta, per quanto vi fosse una necessità di indagare e provocare che adesso pare così distante. Per lui quella non era altro che un'indagine ma per Urako beh, potrebbe esser stato uno dei momenti peggiori della sua vita. In fondo non può biasimarne l'odio che prova, ma è sollevato dal fatto che non intacchi le sue azioni, non sa cosa la muova ma è di sicuro una motivazione che riesce ad imporsi sui sentimentalismi personali, forse forte quanto quella sua responsabilità.

mi...servirebbe mh...dell'adrenalina...

Va a dire infine, abbassando il capo e cercando pigramente di mettersi a sedere. Deglutisce, sente il respiro mancargli ma gli occhi rimangono sulla figura della kunoichi mentre infine si palesa quel ninja medico poco prima in pausa: ora può rilassarsi, non ha più ragione per combattere il proprio dolore.

Stai andando...mh...benissimo...Urako

Ed a quelle parole pare sorridere, un sorriso sincero, privo di quella vena sadica ed artefatta che talvolta ha contraddistinto una piega labiale tanto rara sul volto del Diavolo. Ed è a quelle parole che infine chiude gli occhi, il capo si abbassa e le braccia ricadono lungo i fianchi privi di forze. I suoi uomini sono in buone mani, ora lui può riposare.

 
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view post Posted on 9/5/2018, 21:03     +1   -1
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Seguo ogni movimento della dottoressa senza staccare lo sguardo. Mi è chiaro ora più che mai che di medicina non capisco nulla, ma vederla lavorare con quella precisione, almeno apparente, in qualche modo mi tranquillizza, dà l'impressione che lei sappia esattamente cosa fare. Mi auguro che vada tutto bene.
"Si, certo."
Dico non appena mi viene chiesto di sostituire lo spadaccino a tenere le flebo. Lo avrei potuto dire in modo più convinto, ma colta di sorpresa dalla richiesta non ho potuto fare di meglio che balbettare un po'. In effetti lui non può continuare a farlo, gli tremano persino le gambe.
Mi avvicino al Diavolo, a cui è stato ordinato di andare a sedersi, il più in fretta possibile, prima di afferare le bottiglie. Le tengo alte davanti a me, cercando di fare come faceva lui, cercando di non guardarla troppo in faccia per paura di metterle pressione. Non è una posizione piacevolissima, troppo vicina all'azione, soprattutto quando la ragazza urla di nuovo per chiamare la sua collega andata chissà dove. Non è affatto difficile reggere le flebo, non è questo il fatto, ma, anche se credo fermamente che questo è il minimo che potrei fare e annuisco nel modo più convinto che mi riesce quando lei mi dice che dovrò tenerle ancora un po', sento l'intimo desiderio che finisca e di potermi scostare almeno un po' dal capezzale di quel chunin ferito. È che non so dove guardare!
Seguono altre misurazioni che non capisco, il sorprendermi ad alzare troppo lo sguardo almeno un paio di volte, bende rimosse, ferita trattata, l'ansia che di nuovo mi assale insieme alla paura che qualcosa vada storto.
Finalmente i passi risuonano oltre la porta e il forte odore di caffè annuncia l'ingresso della tanto attesa collega. Rimane nella stanza solo i pochi secondi necessari per ascoltare quello che le viene detto di fare, ma questo vuol dire che a breve l'ambulatorio si riempirà di dottori, io sarò dispensata da questo incarico improvvisato e per i tre shinobi il peggio sarà passato. Guardo, questa volta consapevolmente, Urako, se i tre non avranno brutte complicazioni sarà in gran parte merito suo.
 
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view post Posted on 27/6/2018, 14:59     +1   -1
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Mezz'ora dopo...

“... da una kunoichi ligia come te, non me lo sarei aspettato...”

Come riesce ad andarsene a spasso con gli occhiali di traverso? Ma ci vede?

“... non credo proprio che tua madre ti abbia insegnato ad alzare la voce in quel modo...”

Ha un sentore vagamente acido, acido e zuccheroso allo stesso tempo. Zuccheri con edulcoranti, verosimilmente.

“... di fronte ad estranei tra l'altro. Un civile, che hai tirato dentro ignorando completamente i protocolli igienici...”

Come fa quella roba che tracanna a non chiazzarle i denti?

“... senza contare il modo dilettantistico in cui hai trattato il Diavolo in persona! Mi capisci, ragazza mia? C'è roba sufficiente per un richiamo formale da parte del Caposala, per non parlare di una segnalazione ufficiale al Direttore Sanitario. Santi Kami.
Certo, puoi sempre sperare in una buona parola da parte della tua sensei, e che i piani alti tengano conto dei risultati ottenuti finora. Magari riuscirai a cavartela con un richiamo informale. Ma sarà il caso che non prenda sotto gamba nemmeno quello...”




Misura a passi più affaticati del solito il corridoio candido della Terapia Intensiva, schivando barelle, infermieri e pensieri temporaleschi.
La Tanaka è uno di quei soggetti che maschera la sua scarsa competenza facendo la voce grossa, minacciando a vuoto e tirando in ballo provvedimenti disciplinari solo perché li ha sentiti nominare una volta o due – o almeno, questo è ciò che le è stato riferito da Hatsue quando ha notato l'abbinamento agli ambulatori. C'è un motivo, insomma, se Hatsue fa da assistente alla Sakamoto e la Tanaka non ha fatto niente più dei controlli di routine... cose in cui difficilmente potrebbe fare danni, insomma. Tuttavia, non riesce a scrollarsi di dosso quel senso di oppressione: come se avesse davvero fatto qualcosa di male, intenzionalmente. Un'infrazione volontaria con lo scopo di non-si-sa-bene-cosa, probabilmente quello di mettersi in mostra a discapito della sua sempai.

Sospira pesantemente, mentre si avvia verso l'ambulatorio in cui l'attende quella poveretta della lista di attesa. La Fujimoto, sì.
Per colpa degli strepiti della Tanaka le hanno fatto un prelievo seduta stante, convinti da quella decerebrata che i ragazzi coperti di punture fossero vittime di qualche malattia infettiva; “ovviamente ci deve pensare la Yakamoto a terminare i suoi esami, così avrà l'occasione adatta di rendersi conto di cosa ha fatto a quella povera ragazzina.”
Chiaro, non si sente felice di aver trascinato una persona a caso in una situazione del genere... ma a parte chiederle scusa e offrirle il pranzo per sdebitarsi, cosa dovrebbe fare?
Spera solo che si sia resa conto di quanto fosse disperata quella faccenda, e che non se la sia presa troppo. Se non leggerà tracce di rimprovero nei suoi occhi, si riterrà già fortunata.

Il brillare della lama della Kubikiri, al di là del vetro di sicurezza, cattura per un attimo il suo sguardo: Mizuguchi è allettato, la katana poggiata contro la testata della branda ed una sacca di sangue in infusione. Non riesce a capire se stia dormendo o meno. L'hanno infilato in una camerata di gente messa decisamente peggio di lui, forse per evitarsi grane nel caso in cui un pezzo grosso come lui peggiorasse di colpo. Non le resta che proseguire, ancora per pochi metri.

Sospira di nuovo, bussa sulla porta di formica bianca e gira la maniglia, facendo il suo ingresso nell'ambulatorio: decisamente più ampio di quello di prima, è stato intonacato di fresco ed alcune delle attrezzature sono addirittura avvolte nella plastica da imballaggio.
La cartellina la attende sopra la scrivania; la paziente... beh, per prima cosa ne cercalo sguardo, una marcata sensazione di disagio che le serpeggia nell'addome.

“Prima di proseguire coi controlli, desideravo scusarmi per la brutta situazione in cui ti ho messa. Spero tu non sia eccessivamente turbata, e possa proseguire normalmente la tua giornata” - esordisce sforzandosi di apparire il più posata possibile, per poi esibirsi in un inchino formale in direzione di Sumiye.

 
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view post Posted on 2/7/2018, 20:37     +1   -1
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Appena sento bussare mi alzo in piedi e, rivolta verso la porta, cerco di assumere l'aria più presentabile che riesco, il che si traduce prima in un inutile tentativo di tranquillizzarmi, poi in un più saggio tentativo di sembrare tranquilla. Nei pochi secondi prima che la porta si apra riesco a raddrizzarmi, a staccare lo sguardo da terreno e a puntarlo verso la faccia che sta per apparire e persino a sollevare gli angoli della bocca in un accenno di sorriso.
È la dottoressa Yakamoto, la stessa di prima, in realtà la stessa che mi doveva visitare dall'inizio. Lei è educatissima, come prima cosa si scusa per l'accaduto. Non credo che la dottoressa abbia fatto qualcosa di sbagliato, probabilmente non lo crederà nemmeno lei, però queste scuse formali in un certo senso mi tranquillizzano, è come se mi autorizzassero a sentirmi a disagio, come se dicessero: "Quello che è successo è stato un evento straordinario e inatteso che probabilmente non si ripeterà". Io lo trovo tranquillizzante. Mi calma, ma non abbastanza da bloccare la domanda che durante tutta l'attesa ho ripetuto incessantemente a me stessa ed adesso sto per porre alla persona che forse può rispondere: "Oh, no, non si preoccupi, va tutto bene, però... Il prelievo che mi avete fatto non sembrava proprio una cosa di routine", no, sembrava una cosa di urgenza, come se non ci fosse tempo da perdere, "e con tutta quella fretta non ho capito bene cosa stava succedendo. Non credo che fossi visibilmente malata quando sono venuta qui, quindi..." altra pausa "sono stata esposta a qualcosa di pericoloso?". Le avevo pensate tutte, ma che io sappia le punture di solito non si trasmettono tra individui, né mi è sembrato di essere entrata in contatto con qualche medicinale pericoloso. In pratica non ho idea di cosa posso avere, l'unica cosa di cui sono abbastanza convinta è che, qualsiasi cosa sia, c'è un'altra persona che ha toccato tutto quello che ho toccato io ed è stata ugualmente vicina a i tre, e quella persona adesso è qui davanti a me. Il dubbio e la paura irrompono oltre la facciata di serenità e lo sguardo si tinge di insicurezza, mentre le labbra diventano sempre più pesanti a scapito di tutti i miei sforzi di continuare a sorridere.
 
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view post Posted on 23/7/2018, 15:34     +1   -1
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Leviamo la ruggine? =D

Si blocca con la mano sul punto di ghermire la famosa cartellina, ferma a mezz'aria, e le lancia un'occhiata vagamente sorpresa.
Aveva spiccicato sì e no un paio di sillabe prima. Ora si trova invece a rendersi conto di quanto velocemente l'avesse etichettata come “remissiva”, quando di fatto non ci aveva parlato quasi per niente... “nnnnnon lo era” - sillaba circospetta, afferrando finalmente la cartellina e individuando rapidamente, un po' sovrappensiero, i campi da compilare coi dati richiesti.

Non dovrebbe mettere in discussione davanti a un paziente le scelte di un superiore, specie dopo una lavata di capo, però non ci sta neanche a passare da fessa. E far preoccupare la Fujimoto per nessuna ragione valida. “Stando alle informazioni riportate dal Diavolo, le sue condizioni erano dovute all'aggressione di uno sciame d'insetti; la dottoressa Tanaka ha richiesto comunque delle analisi per...”
Per pura ottusità?
Il sorriso della genin sta lentamente congelandosi sul suo viso.
“Per escludere ogni ipotesi, più o meno remota, di un eventuale contagio.”
Non è ancora abbastanza rassicurante?

“Tanaka-san è un medico molto zelante e devoto alla sua causa” afferma con granitica serietà professionale - "sei in ottime mani".
È in questo momento che la Urako-nella-testa sbotta a ridere rotolandosi a terra, mentre quella visibile al resto del mondo lotta per mantenere un'espressione neutra e professionale: troppo facile criticare gli assenti, troppo rischioso alzare la cresta, quando al primo errore serio ti spediscono a fare i turni all'obitorio – e non è tanto quello, quanto le chiacchiere tremende tra colleghi.
In ospedale non si rischia la vita come in missione, però è seriamente un lavoraccio.
“Sul serio, non c'è nulla di cui preoccuparsi: se i morsi d'insetto fossero contagiosi, qui a Kiri saremmo tutti morti di malaria prima di terminare la colonizzazione dell'arcipelago. Giusto? Se dovessero esserci cose da comunicare, credo che lo faranno a breve...” le spiega recuperando un altro sfigmomanometro dall'armadietto a vetri - “Nel frattempo, per favore, accomodati pure a sedere lì” le spiega puntando un indice verso il lettino “e togliti la maglietta. Quante ore dall'ultimo pasto?”
Questo sperando di averla sufficientemente distratta a chiacchiere...



Gdoff // domande a caso da medico, venite a me!! // GdRon
 
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view post Posted on 13/8/2018, 19:00     +1   -1
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Le sue parole di rassicurazione giungono alle mie orecchie, abili menzogne oppure una spiegazione convincente, ma non ho dubbi su quale sia l'opzione a cui voglio credere. La tranquillità ritrova a poco a poco spazio nel mio cuore, finché non riesco a rispondere alla domanda della dottoressa con un sorriso incerto ma sincero.
"Subito." dico dopo solo un attimo di esitazione, sperando che finalmente l'inizio del controllo possa distrarmi dalle preoccupazioni che mi restano. Mi siedo velocemente sul lettino, seguendo le indicazioni ricevute, poi le mie mani si abbassano a prendere due lembi della maglietta che indosso. Inizio a sollevarla lentamente, ma non arriva nemmeno all'ombelico prima di arrestarsi, prima che io lanci uno sguardo di sottecchi a Urako, perché mio malgrado spogliarmi davanti a un medico mi mette sempre a disagio. Deve essere l'idea che loro possano vedere qualcosa che a me, guardandomi allo specchio ogni mattina, sfugge o una cosa del genere, a mettermi in soggezione. È un attimo, poi stringo più forte le mani e sollevo la maglia con un unico fluido movimento. Il tessuto spostandosi rivela la pelle pallida di chi è cresciuto tra le nebbie, un corpo esile e non particolarmente muscoloso, ma comunque in forma, rafforzato dagli allenamenti. Tutto sommato mi vado bene così, un'adolescente normale che crescerà a diventare una donna normale, non so di cosa dovrei vergognarmi.
"Saranno all'incirca sei ore." La risposta dovrebbe venirmi immediata alla bocca, ma gli ultimi eventi accaduti mi hanno scombussolato un po' la mente e per tirare fuori quel numero devo scavare per qualche secondo. Sembra corretto, contando che sono arrivata in ospedale quando la mattinata già volgeva al termine, poi con l'attesa e l'incidente da quando ho fatto colazione sei ore dovrebbero essere trascorse.
 
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view post Posted on 13/8/2018, 22:09     +1   -1
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Sei ore...
“Immagino tu stia morendo di fame. Cerco di essere rapida” borbotta mentre indossa lo stetoscopio e lei si sfila la maglietta; le infila il manicotto al braccio, aziona rapidamente il mantice e traffica con la valvola, finché non individua il solito schiocco... - “pressione bassina. Ce l'hai sempre, o è solo perché hai fame?” domanda così, tanto per schivare quel silenzio che si taglia con un kunai.
Se l'era bevuta, o aveva semplicemente deciso di non insistere?

In attesa della risposta torna ad acciuffare la cartellina e ci trascrive su i valori della pressione sanguigna, poi tocca ai polmoni - “respira profondamente a bocca aperta” la avvisa prima di prendere d'assalto il torace pallido col disco metallico. Non piace a nessuno il disco, è sempre freddo, ma oramai non fa quasi più caso alle smorfie infastidite dei pazienti... “Faccio anche dietro eh, un attimo... per scrupolo, i polmoni sono puliti” parlotta fra sé, sempre per evitare il silenzio eccessivo. Sarà che quando lavora con la Tanaka, quella non tace un secondo?
Da quando è che sente il bisogno di parlare mentre visita qualcuno?

“Tutto ok, ora sali su quella bilancia là” le chiede puntando l'indice verso un apparecchio dotato di stadiometro; mentre quella esegue, lei torna a scartabellare e compilare i campi della sua cartellina. Ricapitolando: Fujimoto Sumiye, anni , del clan Yoton.
“Uh... Yoton?” legge a voce un po' troppo alta, le sopracciglia che fanno un balzo verso l'alto.
Quindi quella tipina lì è una di quelle che sputano lava?!
Una che non se la tira più di tanto, e non ha manco troppe tette?!


Inutile, non può farci niente: se pensa al clan Yoton, l'unica persona che le viene in mente è Netsubou Ikari – che poi, da quanto tempo è che non la vede?
Se la ricorda come se l'avesse vista ieri: l'unica donna che abbia mai incontrato, meritevole dell'aggettivo “gnocca” - che poi è un termine che non ha la minima intenzione di utilizzare... decisamente poco fine. Ma come altro la definisci una donna come quella?
Inarrivabile, sicuramente. Ma anche nel senso che lei, Urako, a certi livelli non ci vuole proprio arrivare; quegli occhi verdi sono quanto di più bello e terribile ci sia a Kiri, specie se addosso a Shi. Eh, Shi.
Può trattenere quel sospiro accorato che le sfugge, mentre sistema la branca mobile in corrispondenza della testa della Fujimoto?
Ovvio che no, così come l'espressione corrucciata che le è salita immediatamente al viso. Strano che non l'abbia già vista, con tutta quella sensazione di occhi che ti fissano, mentre giri per il loro quartiere accanto al nipote senza kekkei della capoclan!
... non è che sta facendo finta, di non sapere chi sia?
O meglio, chi fosse...

“Peso e altezza, mancavano solo quelle.” - bofonchia a mala pena udibile, praticamente coperta da una rapidissima serie di colpi alla porta: quei colpetti nervosi e un po'troppo forti di chi vuole farsi sentire a tutti i costi, e ha una gran fretta di far sì che ciò avvenga.



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Prossimo giro pettegolezzi a carrettate. Preparati.
 
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view post Posted on 15/8/2018, 16:04     +1   -1
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"Non è un problema, davvero. Immagino che lei sia qui da ben prima di me."
Rimango stupita dalla mia stessa risposta, lo penso davvero, non è questo il punto, però è... espansiva, più di quanto io sia solita essere, soprattutto con una perfetta sconosciuta che si trova vicino a me solo perché è il suo lavoro. Sembra anche un tipo a posto, lei, ma da qui a fare a gara di scuse con un medico ce ne dovrebbe volere. Scuoterei la testa se lei non fosse lì a due centimetri per misurarmi la pressione con quel fastidioso manicotto. Passano così alcuni secondi in cui aspetto che la stretta attorno al mio braccio si allenti, in una posizione di assoluto disagio, aggravato, se possibile, dalla domanda che mi coglie di sorpresa e, mentre lei sta già scrivendo i risultati della misurazione, mi porta ad annaspare alla ricerca di una risposta sensata: "Ah... eh... Credo... entrambe le cose, penso."La mia pressione di solito è normale per la mia età e il mio sesso, quindi abbastanza bassa, ma non credo tanto da ricevere una domanda del genere.
Poi arriva lo stetoscopio, altro momento di disagio, ripetuto due volte. Alla fine però arrivo sulla bilancia, quindi l'esame dovrebbe star volgendo al termine e... l'espressione e il tono con cui legge il nome del mio clan ad alta voce non mi piacciono per nulla. Sono abituata a essere ritenuta inadeguata da chi ma conosce, ma adesso lo pensano anche le persone che sto incontrando per la prima volta e con cui non ho scambiato una parola? O questo oppure evidentemente odia il mio clan, quindi me, quindi l'esame sta per diventare improvvisamente più sgradevole. Non è odio, penso quando sospira, ma è certamente qualcosa ad averle fatto cambiare espressione, e sono certa di non averla fatta io. Mi chiedo cosa possa aver passato con gli Yoton, e se ci penso potrebbe essere stato anche molto brutto. Dopotutto, se penso ad alcuni degli altri che conosco io... Purtroppo dovere affrontare il dolore può portare ad amarlo, e lì si diventa esaltati, quindi diciamo che si smette di essere ragionevoli. I miei pensieri su quanto potrebbe essere stata sfortunata la dottoressa termina quando lei dice qualcosa che credo dovrebbe indicare la fine del controllo, ma il suono delle sue parole, già dette a voce bassa, viene in parte cooerto da un'altro rumore: qualcuno che bussa alla porta. Quel qualcuno, se entrerà, mi troverà sulla bilancia, con la testa girata verso di lui, un'espressione tra il curioso e il preoccupato, ovviamente in silenzio.
 
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33 replies since 12/4/2018, 15:52   857 views
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