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| //Mi scuso davvero in anticipo con chi dovrà sorbirsi tutto 'sto papiro. Ho provato a ridurre all'osso ogni mini-paragrafo per farla più breve possibile.// Rimase lì, accucciato a terra, per tutto il tempo necessario, aspettando che Anezaki cacciasse tutte le lacrime che aveva in corpo, prima di stare ad ascoltare la sua risposta. Non si sarebbe aspettato niente di più, né di meno: era esattamente ciò che voleva sentirle dire, ciò che la stessa ragazzina che lo aveva accolto a Kawagoro e convinto ad inginocchiarsi per mostrare a quei bambini la sua Ninjato, così come ora si era abbassato per starle accanto, gli avrebbe detto allora, prima che una Bestia e un'organizzazione le portassero via tutto quello che aveva. Socchiuse gli occhi e sospirò, provando a pensare che se Yuzuki era ancora lì, da qualche parte, di sicuro gli avrebbe fatto piacere sapere che, proprio nel giorno in cui aveva perso la vita, salvato Kawagoro e condannato a morte Himitsu, almeno la più grande sarebbe stata al sicuro con lui, come espresso nelle sue ultime volontà. Da qualche parte nella sua testa, tuttavia, doveva essere consapevole del fatto che quel poco sollievo che stava provando in quel momento, era dovuto all'aver rispettato la parola data e a quel senso di responsabilità che avvertiva così forte in lui e verso quella ragazzina che era, purtroppo, il lascito di un compagno che aveva sacrificato la sua stessa vita, pur di consentire a lui, Setsuna, Hakurei e all'intero villaggio di uscire sani e salvi da quell'orrenda situazione. Che fosse il ben noto senso di colpa del sopravvissuto - con cui aveva avuto a che fare più volte in quegli anni - o semplice gratitudine verso quell'uomo, poco importava: Anezaki era ora una sua responsabilità, ed avrebbe fatto di tutto per crescerla e accompagnarla per la strada che lei avrebbe scelto in futuro, in ogni caso. Si rialzò aprendo gli occhi, per poi tendere una mano alla bambina ed aiutarla a fare altrettanto.Arashi: "Dobbiamo prepararci a lasciarli andare, tutti quanti. Dobbiamo dargli un saluto degno del loro gesto e del bene che gli volevamo."La mano della piccola, umida a causa delle lacrime che aveva asciugato, si perse nella sua. Accanto a loro Setsuna continuava a disperarsi, consolata dalla sola presenza di Hakurei che, accanto a lei, sembrava essere altrettanto costernato e, in minima parte, scosso dalla visione della sua compagna che piangeva a terra come Anezaki poco prima. Era uno spettacolo raccapricciante, che cozzava in pieno con le urla cariche di gioia degli abitanti di Kawagoro i quali, nonostante avessero appena osservato le loro case andare a fuoco, festeggiavano l'inattesa vittoria sulla Bestia e l'estinzione delle fiamme da questa causate: erano stati inaspettatamente svegli, sia nel cercare un rifugio, sia nell'affrontare i tanti incendi che erano divampati nel borgo. Nessuno piangeva, nessuno si lamentava, nessuno soffriva: c'erano solo caldi abbracci e parole buttate verso il cielo, ringraziamenti verso chissà quale divinità. In tutto ciò, una parte di lui dovette maledirli: se solo avessero avuto la prontezza di dimostrarsi altrettanto decisi e rapidi nell'accettare l'allarme quando era stato Yuzuki a lanciarlo, forse gli eventi avrebbero potuto prendere una piega diversa. Forse lui non sarebbe andato da Maneko, non avrebbe dovuto tentare l'impossibile pur di convincerlo e di organizzare un'evacuazione senza speranze e, forse, Yuzuki non si sarebbe neanche rivolto a lui e all'eremo, perché non ne avrebbe avuto bisogno."No...no. Mi sto raccontando delle enormi cazzate, e basta. La Bestia era sulle tracce di Himitsu, l'avrebbe seguita ovunque...il problema non era l'allarme, né questa gente, e Yuzuki lo sapeva bene: è per questo che si è sacrificato, insieme a sua moglie. Non c'era altra scelta, non c'era altro finale."Maneko sbucò davanti a loro, dopo essersi fatto largo - non senza fatica - tra la folla che ora cominciava ad accalcarsi attorno al punto in cui giaceva il corpo della piccola Himitsu: per un momento, Arashi fu sorpreso nel constatare che sul suo volto non vi era traccia di preoccupazione, poiché avrebbe giurato, dopo aver fatto la sua conoscenza, che un tipo del genere si sarebbe messo le mani nei capelli per la catastrofe che si era abbattuta sul villaggio e, soprattutto, sulla sua preziosa e bellissima abitazione. Evidentemente, o quest'ultima era stata tra le poche ad essere risparmiate dalla furia incendiaria del gatto, oppure nella testa dell'uomo era sopravvissuto un briciolo di morale e senso del dovere: dovette convincersi di questa seconda ipotesi, quando osservò il dolore che pervase la sua espressione alla vista del minuscolo corpo senza vita della bambina. In fondo, nonostante lui avesse esercitato il controllo che lo Sharingan sapeva garantirgli sugli individui più deboli e più facilmente manipolabili, già quando lo aveva praticamente costretto ad accettare il racconto di Yuzuki e ad organizzare quell'evacuazione senza speranza, aveva avvertito in lui una preoccupazione sincera, abilmente innescata dalle sue parole ma comunque vera, rivolta non solo a lui ma all'intera Kawagoro. Anezaki strinse forte la sua mano: tremava, ma non era sicuro che fosse a causa di chissà quale rabbia.Maneko: "Arashi Uchiha...l-la bambina, lei, la figlia degli Homura è...è m-morta...?"Arashi: "Sì."Orrore sul suo volto, mentre lo sguardo incrociava quello annebbiato dalle lacrime di Anezaki.Maneko: "Lei...gli Homura, a-anche loro...Arashi uchiha, ci sono i l-loro corpi, alle porte..."Arashi: "Sì."Cosa stava accadendo a quell'uomo? Probabilmente, era davvero più umano di quanto le sue precedenti azioni non gli avessero fatto pensare: forse aveva solo preso delle decisioni sbagliate, causate da informazioni, esperienze e convinzioni ancor più sbagliate. Quello che aveva davanti a sé, non era un capovillaggio incapace, né una persona cattiva: semplicemente, era qualcuno che aveva forse commesso degli errori.Maneko: "Noi...dovevamo a-ascoltarli, la B-Bestia è arrivata e ha incenerito t-tutto m-ma sono tutti vivi...Arashi Uchiha, SIAMO TUTTI VIVI! Ed è grazie a quello che mi avete detto voi, e però ora questa bambina è morta e i suoi genitori pure e...e..."Aveva commesso degli errori e ora ne stava pagando un prezzo, stabilito dalla sua stessa coscienza, fin troppo alto.Arashi: "Gli Homura hanno deciso di sacrificarsi per sconfiggere la Bestia. Non sarebbe potuta andare diversamente, neanche se voi gli aveste dato retta fin dall'inizio. Non sto dicendo che era destino, ma non dovete dannarvi l'anima per quanto è successo. Piuttosto...ricordatevelo, questo sì. Ricordate di prestare ascolto ad ogni cosa, ad ogni richiesta, ad ogni allarme, anche il più stupido ed incredibile."Maneko sopesò per qualche secondo le sue parole, prima di rispondergli: sembrava stesse combattendo una guerra dentro di sé, un'enorme contesa tra il senso di colpa ed il sollievo per lo scampato pericolo, che aveva come trofeo la sua stessa stabilità mentale. Ci fu un vincitore.Maneko: "Ha ragione. Gli Homura hanno salvato questo villaggio, e faremo bene a r-ricordarcelo. Dovremo ricordare anche loro...dobbiamo dedicargli un ultimo saluto, come vuole la nostra tradizione. Un saluto degno."Per una volta, fu d'accordo con Maneko. Fu Setsuna a offrirsi per preparare la salma della piccola Himitsu per l'estremo saluto. Dal canto suo, Arashi si inginocchiò ancora vicino ad Anezaki.Arashi: "Aiutala. Sei l'unica che può farlo. Io mi occuperò dei tuoi, torno presto. Quando li avremo salutati come si deve, partiremo. Subito. Prendi tutto quello che vuoi, quello che ti è rimasto...e saluta i tuoi amici. Dì loro che se un giorno vorranno, potranno venire a trovarci, o saremo noi a farlo. E, sempre e vorranno, quando saranno grandi, insegnerò loro qualche trucchetto: glielo avevo promesso."Maneko lo guardò un'ultima volta, stranito: non pareva aver capito cosa stava accadendo. Lanciò ad Anezaki uno sguardo a metà tra il preoccupato e il risentito.Maneko: "Non capisco, lei non...non rimane qui? Ne avremmo cura, di certo non la lasceremmo da sola, non dopo tutto ques-"Lo interruppe quasi subito.Arashi: "Anezaki verrà con me. È quello che vuole, e ciò che voleva anche Yuzuki. Mi occuperò io di lei, starà bene. Tornerà, se lo vorrà, per rivedere i suoi amici...e potrà farlo ogni volta che lo desidera."Detto ciò, voltò le spalle al capovillaggio, dirigendosi verso il luogo maledetto dove era stato svolto il rituale.[...] Si ritrovò a correre a perdifiato per le stradine di Kawagoro, con Hakurei ale calcagna: Setsuna avrebbe sicuramente chiesto al ragazzo di accompagnarlo ed aiutarlo a trasportare i due corpi senza vita dei coniugi Himura fino al lago, dove avrebbero dato loro l'ultimo saluto, ma lui si era offerto spontaneamente non appena lo aveva visto partire. Non rimasero a lungo in silenzio, aveva l'impressione che il giovane volesse chiedergli qualcosa e, di fatto, fu proprio così: esordì buttando lì un commento che si riallacciava alla loro ultima discussione e, malgrado il ragazzo stesse ammettendo di aver commesso un errore, la cosa non lo tirò su di morale nemmeno un po'. Anzi, dovette trattenersi dall'esalare un sospiro piuttosto amareggiato: era riuscito nel suo intento, vero, ma fin dall'inizio sapeva che questo non lo avrebbe fatto stare meglio.Arashi: "Già...tutto, tranne forse la cosa che gli stava piuù a cuore."Sconsolato, rallentò appena, perché il pensiero di Himitsu e della sua morte - l'unica che non aveva previsto, pur aspettandosela - lo colpì nuovamente, e ancor più duramente di prima. Hakurei lo affiancò, le labbra strette in maniera impercettibile, per poi pronunciare quelle che parevano quasi essere parole di conforto: la morte della bambina non dipendeva da lui, lo sapeva, così come aveva intuito il collegamento che ella doveva avere con il rituale svolto da Yuzuki e Chihiro, ma questo non era un buon motivo per non rammaricarsi della sua perdita.Arashi: "No, probabilmente non sarebbe comunque dipesa da me...conosco i miei limiti, ma ogni tanto non sarebbe male provare a superarli. Non era questo il caso, né il momento: ci ho provato, non mi ha detto bene.""Non mi dice mai bene."Esitò, rallentando ancora, poi scosse la testa e si affrettò a trovare un appiglio, uno qualsiasi, per poter cambiare discorso.Arashi: "Non pensavo saresti tornato vivo da quella montagna, cosa vi è successo?"Ascoltò il breve racconto del giovane, sorpreso per la mancanza di dettagli: Hakurei era infinitamente interessato a quella Bestia, ricordava la sua voglia di partire alla volta della montagna, ma ora la descriveva piena di difetti, con un pizzico di delusione nella sua voce.Arashi: "Sembri quasi deluso...forse non era così intelligente come lo credevo io - o tu. Si è fatto fregare da tre ragazzi, in fondo. Cosa credevi di trovare, lì? Eri semplicemente...curioso?"Stavolta, quella domanda non era stata buttata lì giusto per cambiare discorso: provare a capire i ragionamenti che il ragazzo aveva fatto, quelli che lo avevano spinto a cercare il confronto con la Bestia in quella maniera, era interessante. Lo sentì commentare la vanità del gatto con la stessa punta di delusione che aveva avvertito in precedenza: l'intelligenza c'era, certamente, ma indubbiamente il delirio di onnipotenza in cui era inciampato il mostro lo aveva screditato enormemente agli occhi di Hakurei. Continuò ad ascoltare il resto della sua risposta, annuendo quando lui gli confermò della sua curiosità - fin qui poteva capirlo, era un qualcosa che spingeva anche lui - e sgranando gli occhi dalla sorpresa quando il genin tirò fuori il termine "eremita"."Ah...AH."Ecco cosa c'entrava, ecco perché quella profezia sembrava divisa in tre: non c'erano solo lui e Setsuna per tartarughe ed uccelli, ma anche un terzo eremo. Lo fissò imbambolato per qualche secondo: probabilmente, tutto quello strano e pomposo discorso prima di separarsi, lo aveva fatto nella speranza che lui cogliesse qualcosa."Caro Hakurei, ti sei trovato davanti uno degli eremiti più tardi, mi sa."La sua espressione si fece via via sempre più distesa e la sua avanzata, dal momento che erano ormai arrivati a destinazione, più lenta e rilassata. Questo, almeno, fino a quando non lo sentì pronunciare la domanda che, probabilmente, Hakurei si era tenuto dentro fin dall'inizio di quella conversazione: a quel punto, si fece più serio.Arashi: "Avevo un piano, Setsuna ne era al corrente ed era lì a distrarre la Bestia, rischiando la sua vita. Il gatto non poteva percepire il chakra di Himitsu, che era il suo obiettivo, grazie a questo piano...ma non poteva reggere per sempre. Dovevo dare agli Homura quei sessanta secondi, vedendo come stavano andando le cose, come la Bestia stesse cominciando a perdere la pazienza, è stata l'unica cosa che mi è venuta in mente, la più sensata. A te decidere se sia stato il gesto folle di un pazzo che insegue il suicidio, io...io sapevo che stavo per morire e avevo paura, ma la responsabilità di quel piano era mia, così come la vita di ogni persona in quel villaggio. L'ho fatto perché dovevo farlo, perché credo che il lavoro che facciamo a volte non lasci spazio ad alternative quali la fuga, o l'attesa: distrarlo, far sì che loro avessero quei sessanta secondi, era mio compito. Dovevo portarlo a termine ad ogni costo...ci sono riuscito, in parte."Parlò lentamente, quasi scandendo ogni parola del suo discorso, nonostante le parole gli uscissero dalla bocca con una naturalezza disarmante: troppe volte ci aveva pensato, troppe volte aveva dialogato con se stesso ripetendosi, fino allo sfinimento, quelle stesse cose che ora comunicava ad Hakurei. La risposta del ragazzo non tardò ad arrivare, ma pareva non aver colto a fondo il concetto che Arashi aveva provato ad esprimere - e un po' se l'aspettava.Arashi: "No, pensi bene. Non c'era alcun incarico, né l'eremo mi impone di aiutare qualcuno - ci mancherebbe - né il mio gesto è stato dettato da chissà quale fratellanza. Non dipendeva dal mio ruolo, ma da quello che ho vissuto per arrivare al mio ruolo. Non combatto perché sono uno shinobi e Konoha me lo chiede, ma sono uno shinobi perché combatto. Non c'entra il mio villaggio, la mia fazione...c'entra che io sono uno shinobi perché in quel momento ero l'unico a poter fare qualcosa di concreto affinché ciò che avevo in testa potesse compiersi e quel villaggio salvarsi, e l'ho fatto. Spesso la gente scambia la causa con l'effetto, e viceversa. Chiamalo obbligo morale, se vuoi...io avevo quella responsabilità, e non perché sono uno shinobi di Konoha, ma semplicemente perché stava a me."Fece una pausa di qualche secondo, giusto per riprendere fiato, poi proseguì nella sua spiegazione.Arashi: "Oltre a questo, stai sottovalutando una cosa. Potevo fregarmene e lasciar morire questo o quello, lasciare che altri soldati più esperti di me se ne occupassero...e se ragionassimo così, solo l'Hokage potrebbe combattere veramente, gli altri starebbero a guardare. Quanto dureremmo? Era solo questione di tempo, visti gli allarmi, prima che quella Bestia o un'altra a lei affine attaccasse la Foglia. Quello che è successo non è poi così lontano dal mio - nostro - lavoro: forse non era Konoha a chiedermelo oggi, ma domani? Se quel mostro, prima o poi, avesse attaccato la Foglia per motivi del tutto simili a quelli che lo hanno portato qui? Forse gli Homura non hanno salvato solo Kawagoro, oggi."E di questo, ne era profondamente convinto. Perciò, quando Hakurei gli disse che forse stava correndo un po' troppo, che ci avrebbero probabilmente pensato a tempo debito, si stupì: gli sembrava lo stesso errore che avevano fatto i grandi villaggi ai tempi di Watashi. Abbassò lo sguardo, visibilmente abbattuto."Non cambiamo mai."Arashi: "Credimi, se non ci fossimo detti le stesse cose che hai appena detto tu ai tempi di Watashi, le cose a Kumo sarebbero andate diversamente."Arrivarono al luogo del rituale mentre Hakurei continuava a parlare. Non staccò gli occhi da Yuzuki e Chihiro nemmeno per un attimo, ma il discorso del ragazzo gli entrò comunque in testa, perché era perfettamente logico e questo, per qualche strano motivo, lo divertì oltremodo.Arashi: "Detta così sembro davvero un pazzo. Sì, mi piace testare i miei stessi limiti e, un po' di tempo fa, ero ossessionato dal...come hai detto? "Mettere sotto scacco la sorte", sì. Ci pensavo spesso e sì, in parte è uno stimolo. È tutto ciò che abbiamo, in fondo. Non direi che quello che ho fatto possa riassumersi solamente in questo però, di modi per mettersi in gioco ce ne sono tanti, alcuni molto più sicuri. No, mi piace...ma preferirei di gran lunga un mondo senza Bestie che vanno in giro a cacciare bambine: so che è un'utopia, quindi la mia credo sia l'unica strada percorribile, dal mio punto di vista. Almeno faccio qualcosa che mi piace altrettanto."Il ragazzo sembrò capire stavolta, probabilmente perché lui aveva finalmente confermato parte dei suoi sospetti. Gli scoccò un'occhiata fugace: l'aspetto gli conferiva un'aria decisamente intelligente, quasi da pensatore, riflessivo...per questo si era stupito così tanto quando lo aveva visto partire alla volta della montagna senza avere nemmeno la parvenza di un piano tra le mani. Lo faceva più stratega, forse. In ogni caso, non si era sbagliato: era davvero uno che amava scavare a fondo per comprendere qualsiasi cosa, che fosse una persona o una Bestia. Quello che secondo lui era stato un errore puramente tattico, era magari da imputare alla poca esperienza, più che ad un'ingenuità che non sembrava esser parte del genin. Guardarono entrambi i corpi, ed il giovane gli chiese se avrebbero dovuto portarli dove aveva detto Maneko.Arashi: "Sì. Al fiume, tu porta Chihiro, io mi occupo di Yuzuki. Immagino dovremo posarli da qualche parte lì, vedremo strada facendo...intanto, portiamoli."[...] "Te lo sarai chiesto sicuramente, Yuzuki. Tenevi troppo a loro. Ti sarai sicuramente chiesto: una volta che io sarò andato, chi si occuperà di loro? Per questo le hai date a me. Non potevi rivolgerti a nessuno, se non a me. Per salvare questo villaggio, per crescere le tue bambine una volta che avresti chiuso questa faccenda con la tua morte. Eri disperato e io non l'ho capito fin da subito, non ho visto quanto eri solo. Quando l'ho realizzato, non ho nemmeno fatto in tempo a dirti quanto stavo apprezzando il tuo gesto, ho soltanto pensato a fare ciò che andava fatto. Forse ho onorato la tua ultima scelta, spianandoti la strada verso la morte...eppure ho fatto tutto ciò che era in mio potere per rendertela meno ripida. Ti ho accompagnato come mi avevi chiesto. No, non lo hai fatto esplicitamente, ma era quello il senso. Probabilmente, sapevi che ero l'unico in grado di farlo, oltre ad essere l'unico a cui poterlo effettivamente chiedere. La parte più difficile in fondo è stata proprio questa: non il combattimento, non lo stratagemma, non il coraggio che ho avuto nell'affrontare la Bestia, ma quello necessario a lasciarti andare così, in questa maniera, ad accettare un sacrificio che, per quanto tragico, era necessario. Lo sapevamo entrambi. Qualcuno doveva morire, per consentire agli altri di andare avanti. Ho provato ad essere io, ci ho provato con tutto me stesso...non è servito a nulla."Yuzuki dormiva tra le sue braccia e la sua veste oscillava appena, tra un passo e l'altro, mentre si avvicinavano al fiume. Gli abitanti di Kawagoro avevano predisposto una sorta di sentiero, delimitato ai lati unicamente dalla loro stessa presenza, che li avrebbe accompagnati fino alla sponda del fiume dove, preparata anzitempo, li attendeva l'umile zattera di legno che avrebbe accolto i corpi degli eroi del villaggio. Nell'aria, mossa a tratti da una brezza tiepida che pareva voler anticipare l'arrivo della primavera, aleggiava ancora l'acre odore del legno andato in fumo delle loro abitazioni, e non un singolo uccello osava cantare, né l'intero mondo pareva voler osare interrompere il silenzio surreale che era sceso su quelle terre. Alcune delle persone ai lati della strada piangevano, ma i loro singhiozzi non giunsero mai alle sue orecchie e nessuno osò parlare o urlare qualcosa - qualsiasi cosa - per salutare Yuzuki e Chihiro: tutti li guardavano, ma nessuno voleva disturbarli. Quel silenzio, non poté fare a meno di notarlo, era lo stesso con il quale avevano accolto l'allarme del suo amico, con un'unica, fondamentale differenza: l'attenzione. Prima, era carico di diffidenza ed ostilità, ora invece di rispetto e, forse, di un pizzico di rimpianto per ciò che avrebbe potuto essere, per la fiducia che i suoi stessi compaesani - la gente che lui aveva scelto di salvare - avevano mancato di mostrargli. Il bello era che di tutto ciò, a Yuzuki non aveva mai davvero importato molto: lui glielo aveva detto, quasi a voler predire il suo stesso futuro, che quella gente prima o poi lo avrebbe ringraziato del suo gesto, e che tutta Kawagoro lo avrebbe ricordato fino alla fine dei tempi per questo. La risposta di Yuzuki era stata semplice e immediata: della memoria non gliene fregava nulla, ciò che contava era la sicurezza del villaggio."Direi che ci sei riuscito, no? Alla fine, sono tutti salvi."Non lo aveva fatto solo per loro, però. No, lo aveva fatto anche per quella bambina che piangeva lì, da qualche parte, nel vederlo avanzare verso la zattera - l'unica sopravvissuta di quella famiglia maledetta da uno stupido rituale. E per l'altra, quella che avrebbe compiuto assieme a lui quell'ultimo viaggio, la più innocente e, allo stesso tempo, la più colpita di tutti. Allora si disse che no, lui non poteva sapere la fine che avrebbe fatto Himitsu, ma in ogni caso avrebbe agito comunque: la loro ultima discussione aveva coperto proprio quell'argomento, l'impossibilità della bambina di sfuggire all'interesse della Bestia e di tutti gli altri mostri che loro malgrado calcavano la loro stessa, malata terra. Si disse anche che doveva davvero essersela posta, quella fottuta domanda: "quando io non ci sarò più, che ne sarà di Anezaki ed Himitsu?""Io sono stato la tua risposta, Yuzuki, e questo...questo è assurdo."Continuare a camminare sotto quel peso, a tenere la testa alta e le spalle ben dritte, mentre reggeva il corpo senza vita del padre di Anezaki, fu ancora più difficile quando quella consapevolezza, che già aveva raggiunto, lo colpì ancor più duramente, come se avesse appena realizzato ciò che era successo e quanto era grave. Lui, Arashi Uchiha, di appena vent'anni, uno shinobi come tanti altri, era stato la risposta alla domanda di un padre di famiglia alla domanda: "chi veglierà sulle mie figlie, quando io me ne sarò andato via?" Per la prima volta, in mezzo a tutti i dubbi che la sua mente gli sottoponeva quotidianamente, lui non era più un'incognita, un oggetto in divenire: lui era la destinazione finale, la spiegazione, il valore assegnato. Era stato scelto ancora, così come era avvenuto quando le tartarughe avevano deciso di affidarsi a lui. Adesso, sulle sue spalle, non si reggeva più soltanto un eremo, ma anche il futuro di una bambina che aveva perso tutto - ed era bizzarro, assurdo, incredibilmente strano constatare che il peso di quella singola vita, era di gran lunga superiore a quello delle sue amiche testuggini. Doveva esserlo, perché nel guidare un eremo era affiancato dalle sue compagne: da Buyobuyokame e Isshikame, che avanzavano ora entrambe al suo fianco in quel sentiero, chiamate anche loro a tributare l'ultimo saluto al loro defunto amico, da Kenjin a Shikame a Shiwa ed Heiwa. Tutte loro lo avrebbero aiutato...ma crescere una ragazzina, no, quello era un altro paio di maniche. Quello avrebbe dovuto farlo da solo, nonostante l'aiuto che, ne era certo, loro gli avrebbero dato. Anezaki era diventata una sua responsabilità, forse la più grande di tutte: lei, ora, dipendeva da lui, almeno fino a quando non sarebbe stata in grado di camminare sulle sue stesse gambe - e, probabilmente, anche in seguito. Portare la salma fino a destinazione fu il compito più arduo che avesse mai affrontato fino ad allora e, ciò che accadde dopo, rischiò di fargli versare molte più lacrime di quante ne aveva già contate durante il suo scontro con il gatto. Adagiò il cadavere sulla zattera, mentre Hakurei faceva lo stesso accanto a lui con il corpo senza vita di Chihiro e le due testuggini entravano in acqua, tenendo ben ferma la piccola imbarcazione. Pochi secondi dopo, una singola fiaccola illuminò il buio di Kawagoro: era una fiamma arancione, brillante, che emanava un calore ben diverso da quello freddo ed impersonale di quella azzurrina del demone. Anezaki sorreggeva la torcia, la quale a sua volta colorava il volto contratto in una smorfia di dolore indecifrabile. Accanto a lei Setsuna, ancora profondamente scossa, reggeva tra le braccia il corpo senza vita della povera Himitsu. Un passo dopo l'altro, la Hyuga li raggiunse e, seppur non vi fosse nessuno a cantare, vederla avanzare verso di loro fu come ascoltare un lamento lontano, una musica calda quanto la fiaccola che reggeva l'orfana degli Homura, che cessò di suonare quando anche l'ultima dei tre fu adagiata sul legno, tra le braccia dei suoi genitori. Loro l'avevano creata, loro l'avevano condannata, loro l'avevano amata, loro l'avevano uccisa. Se ne sarebbe andata assieme a loro, legata suo malgrado in maniera indissolubile a coloro che l'avevano generata. Anezaki si accostò alla pira sostenuta dalla zattera e lui, con sua enorme sorpresa, dovette constatare la totale assenza di lacrime dal suo volto. Era una caratteristica che l'avrebbe sempre accompagnata da quel giorno: sebbene fosse ad un passo dal piangere, dal disperarsi, la smorfia contratta sul viso della ragazzina era l'unico indizio della sua sofferenza. Il fuoco avvolse i corpi e le testuggini, lentamente, lasciarono la presa, consentendo alla barca di abbandonarsi alla corrente del fiume.Arashi: "Mi dispiace."Strinse la presa che aveva sulla spalla sinistra della bambina, offrendole l'altra mano affinché potesse passargli la torcia.Anezaki: "Sembra anche a loro."Gli indicò la folla che si era riversata lungo il corso d'acqua e che, in silenzio, seguiva con lo sguardo la zattera che si allontanava.Arashi: "Hai sentito Maneko, se li ricorderanno per sempre...probabilmente gli intitoleranno una piazza, una statua, magari l'intero villaggio. Ma a te non importa, vero?"Lei scosse la testa, girandosi per guardarlo negli occhi, mentre lui gettava in mare anche la torcia.Anezaki: "No. Non importava neanche a papà, o alla mamma. Mi interessa solo una cosa, ora."Era lo sguardo di chi aveva preso una decisione e mai, per nessun motivo, avrebbe fatto marcia indietro.Arashi: "Lo so. Sarà difficile, non è una vita tranquilla. Sei pronta?"Anezaki: "Sì."Arashi: "Hai preso le tue cose?"Anezaki: "Non avevo niente da prendere."Arashi: "Hai salutato i tuoi amici?"Anezaki: "Sì."Sospirò.Arashi: "Va bene. Saluta pure Setsuna se vuoi, ma potrai rivederla presto: quando ti porterò con me a Konoha, lei sarà lì."Si rivolse verso Setsuna ed Hakurei.Arashi: "Ho bisogno di tornare dalle mie compagne e presentare loro Anezaki. Partiremo subito, per non far aspettare troppo Konoha. Ci tratterremo lì per un po', un paio di giorni al massimo, dopodiché tornerò subito a Konoha per fare rapporto insieme a voi. Prendetevi cura di quella sfera, sapete quanto è importante...deve arrivare all'Hokage, ma sono sicuro che sia in buone mani, le migliori."Abbozzò appena un sorriso alla Hyuga: aveva apprezzato il suo operato in quella vicenda, il desiderio di protezione verso Himitsu ed Anezaki ed il coraggio con cui aveva abbracciato il suo piano. Si era fidata ciecamente delle sue deduzioni e, sebbene in molti avessero sicuramente catalogato il suo comportamento come perfettamente normale per una kunoichi di Konoha, villaggio che dava al lavoro di squadra un'importanza a dir poco fondamentale, lui non riusciva affatto a darlo per scontato, né tantomeno voleva farlo.Arashi: "Ti ringrazio, Setsuna. Avevo sentito parlare delle tue abilità, della tua bravura...ma dopo aver visto con i miei occhi cosa sei in grado di fare e quanto sei disposta a mettere in gioco, non posso che essere contento di avere una collega così coraggiosa. Ci vediamo, fate buon viaggio."Fece per andarsene, poi si bloccò e, dopo un attimo di esitazione, si voltò nuovamente, rivolgendosi stavolta al ragazzo che accompagnava la Hyuga.Arashi: "Magari io non sono riuscito a vederlo, stavolta...ma se una come lei ti dedica del tempo, un motivo buono deve esserci. No, anzi, sono sicuro che c'è. A maggior ragione se sei riuscito a rimanere a stretto contatto con quella Bestia senza esser divorato, devi essere stato piuttosto astuto, su questo non ci piove. Ben fatto, in ogni caso. Spero di rivederti presto, magari senza il destino di un villaggio e di una bambina di mezzo.""...già, senza questioni etiche di mezzo, saremmo amiconi."[...] Partirono subito dopo, lui su Buyobuyokame, Anezaki su Isshikame, entrambi saldamente aggrappati agli scuti delle sue compagne. Percorsero il fiume che dava il nome a quel villaggio - o meglio, che lo aveva dato fino a quelo momento, stando a quanto gli aveva comunicato Maneko. L'unica superstite degli Homura aveva salutato fugacemente quelli che erano stati gli amici della sua relativamente breve permanenza in quel maledetto borgo, forse perché ansiosa di lasciarsi alle spalle quella vita o, più semplicemente, per avere ancora qualche secondo per poter scrutare la zattera che, all'orizzonte, si portava via la sua famiglia. La seguirono con gli occhi per tutto il corso d'acqua, senza proferire parola, osservando silenziosamente la pira di fumo che si alzava da essa. Di tanto in tanto, una lacrima si affacciava sul volto della bambina, per poi essere ricacciata indietro a fatica. "Per quanto puoi essere forte, Anezaki, non sarà facile."Il viaggio fino all'isola sarebbe durato un paio di giorni, per questo aveva scelto di partire in anticipo rispetto a Setsuna ed Hakurei, che invece ne avrebbero impiegato meno di uno per raggiungere Konoha, ma avrebbero trascorso la notte a Kawagoro - o meglio, a quel che rimaneva di Kawagoro. Ricordava ancora le parole di Yuzuki su quel rigagnolo, quindi non fu sorpreso quando questo ne incrociò un altro e vi si unì: era un semplice ed anonimo affluente destinato a perdersi in un fiume molto più grande e, di conseguenza, nel mare sconfinato. Raggiunsero la foce continuando a seguire la zattera che si era fatta carico della famiglia Homura: avrebbero potuto superarla, ma aveva preferito non farlo per due motivi. Primo: finché fosse stato possibile, era desiderio inespresso e allo stesso tempo ovvio di Anezaki rimanere vicino a ciò che rimaneva della sua vecchia vita. Secondo: seguire semplicemente la corrente, specialmente con un peso sul guscio, era molto più facile che cavalcarla, sia per Buyobuyokame che per Isshikame. Quando finalmente furono in mare aperto, però, fu costretto a chiedere loro di prendere la direzione per l'eremo e, soprattutto, di farlo il più velocemente possibile. Fu così che si staccarono dalla pira ancora in fiamme, volgendo il loro sguardo verso la zattera fino a quando il buio della notte non la inghiottì all'orizzonte. Allora e solo allora, le lacrime solcarono copiose il viso della ragazzina, ma non un suono fu emesso dalla sua bocca. Chiese alle testuggini di arrestare la marcia.Arashi: "Hai fame?"Anezaki fece di sì con la testa, gli occhi fissi sul punto dove, poco prima, la sua famiglia era scomparsa. Frugò nella sacca, estraendo rapido una borraccia ed un kunai: lanciò la prima ad Isshikame, che l'afferrò al volo col becco e la porse alla bambina, poi scese agevolmente dal guscio di Buyobuyokame e, tastata la superficie dell'acqua con un piede, si issò su di essa e fece due passi, stiracchiandosi.Anezaki: "Ara...Ara-shan, come...?"L'ultima degli Homura lo guardava come se lo avesse appena visto togliersi nuovamente Ultimo Bastione per donargliela.Arashi: "È semplice. Concentrando il chakra nei piedi, alle estremità inferiori, applichi una forza che spinge l'acqua verso il basso e te verso l'alto. Vedi?"Alzò appena il piede sinistro, indicando l'increspatura della superficie liquida che ribolleva sotto di esso.Anezaki: "Ma è grandioso! Potrò farlo anch'io?"Sembrava davvero una bambina a cui era stato dato il nuovo, ultimo modello del suo giocattolo preferito: aveva un'espressione rapita, sognante, incredibilmente diversa da quella mogia e triste di qualche secondo prima. Sorrise.Arashi: "Ti servirà un po' di allenamento ma sì, potrai fare anche questo. Vuoi provare? Potresti non riuscire al primo tentativo, ma è relativamente facile, non è nemmeno una delle abilità più strabilianti di uno shinobi, te lo garantisco."La vide esitare, indugiando con lo sguardo sull'acqua scura: nonostante non tirasse un filo di vento ed il mare fosse calmo e piatto, la sua paura era evidente.Anezaki: "Come...come?"Bella domanda.Arashi: "Fammi pensare."Attivò lo Sharingan, poi si guardò attorno. Dopo qualche secondo passato a fissare l'acqua, immobile, lanciò il kunai sotto di sé e, senza alcun preavviso, si tuffò.Anezaki: "ARA-SHAN! Cosa..."Isshikame: "Oh, tranquilla Ane-chan. Vi sta prendendo dell'ottimo pesce."Buyobuyokame: "Pft. Che schifo. Molto meglio la verdura. Non vedo l'ora di mangiare il minestrone di Heiwa, a casa."Riemerse dopo qualche secondo, completamente fracico, il kunai in una mano e la sua preda nell'altra.Buyobuyokame: "Non mi piace per niente questa cosa che mangi la carne. Dovresti mangiare molta più verdura, sei sciupato. E perché non ti sei spogliato, prima? Ti prenderai un raffreddore."Guardò Buyobuyokame, sinceramente stupito."Arashi: "Da quando ti preoccupi così tanto della mia salute? Non volevo spogliarmi, comunque...la povera Anezaki già ha visto più di quanto volesse vedere quando le ho dato Ultimo Bastione."La tonalità rosea delle gote della bambina si fece pericolosamente vicina al rosso porpora, ma la sola luce della luna fece passare quell'alterazione di colore quasi del tutto inosservata.Buyobuyokame: "Sta di fatto che ora ti morirai di freddo, se non ti sbrighi...dai, che quel pesciolino va cucinato."Lo infilzò nuovamente con il kunai, quindi ne porse l'estremità alla testuggine, la quale lo tenne ben alto di fronte a lei; quindi, richiamato il chakra ai polmoni, lo liberò dalla bocca e avvolse con una fiammella il povero pesce. Il risultato fu una cena non proprio deliziosa, ma quantomeno decente.Anezaki: "È buono, Ara-shan. Un po' troppo cotto, però. Qui è tutto bruciacchiato."Arashi: "Ho esagerato col fuoco, sì."Buyobuyokame: "Esagera sempre col fuoco, non so quante volte gli ho detto di abbassare quella fiamma, ogni volta rischia di bruciarmi il muso."Sgranocchiarono così la cena, le due tartarughe vicine, lui su una e Anezaki sull'altra.Anezaki: "Ara-shan...dove pensi sarà la zattera, ora? Papà, mamma, Himitsu...dove pensi che siano?"La domanda.Arashi: "Non saprei. Isshikame, dove vanno le testuggini che non ci sono più?"Isshikame gli restituì uno sguardo assente, vagamente assonnato.Isshikame: "Oh, io...io sono troppo giovane per sapere queste cose. Credo di averne vista una, forse...credo, sì. Credo che quando si sentano particolarmente stanche, non quanto sono stanco io, ma di più, credo che vadano al lago dell'isola, e poi non tornino più su."Anezaki: "Ma cosa gli succede, poi? Stanno bene? Dormono, o vi guardano da laggiù?"Aveva negli occhi quella scintilla che solo la curiosità di un bambino poteva accendere.Isshikame: "Oh, questo io non lo so...solo Shikame-sama e Kenjin-sama hanno accesso a quel posto, io non so cosa ci sia là sotto. Ho...scusami Ane-chan, io davvero ho troppo sonno ora, non ricordo cosa..."La voce di Isshikame si spense gradualmente nel nulla e, sotto lo sguardo sbigottito della ragazzina, prese ad emettere dei suoni vagamente riconducibili al russare tipico degli esseri umani.Arashi: "Tranquilla, è semplicemente sfinito. È stata una lunga giornata, anche per una tartaruga. Non ti lascerà cadere."Anezaki non parve troppo rassicurata dalle sue parole: c'era altro a tenere ben corrucciata la sua fronte.Anezaki: "Se potessi camminare sull'acqua come te, Ara-shan, potrei scoprire dove è finita quella zattera. Avrei potuto seguirla, avere una risposta."Per tutta risposta, lui si alzò e, sceso nuovamente da Buyobuyokame, si accostò alla testuggine addormentata.Arashi: "Ho visto tante cose strane in questi anni, ma niente mi ha ancora convinto che quella zattera possa andare da qualche parte in particolare. L'unica cosa che so è che potresti seguirla per tutta la vita, senza ottenere alcuna risposta. Altrimenti, potresti scegliere di lasciarla andare via così e correre dall'altra parte, ed è quello che farei io...ma questo non significa nulla, sta a te deciderlo."Porse il braccio alla bambina.Arashi: "Solo perché io credo che inseguirla sia inutile, non vuol dire che tu debba pensarla allo stesso modo. Quello che posso fare io è offrirti il mio braccio, e insegnarti come camminare."La ragazzina, ancora titubante, afferrò il suo avambraccio.Anezaki: "Non so come fare."Arashi: "Neanche io, e non è questo il problema. Non penso a come camminare sull'acqua, penso a perché voglio farlo. Cosa devi raggiungere, Anezaki? Dove vuoi andare? Vuoi raggiungere quella zattera, quel puntino? Provaci."Un passo, poi un altro ancora, mentre l'acqua si increspava sotto i piedini della bambina e quest'ultima si aggrappava, sbigottita, a lui.Anezaki: "ARA-SHAN! ARA-SHAN, CE LA STO FACENDO!"La sorpresa fu tanta che, dopo qualche secondo di iniziale smarrimento, la ragazzina guadagnò una posizione ancora più eretta ed allentò la presa sul suo avambraccio, entusiasta. Durò poco, però, perché lo sforzo fu talmente grande che, dopo appena una decina di passi, gli si accasciò addosso, sprofondando nell'acqua fino alle caviglie.Arashi: "Hai fatto abbastanza per oggi, Anezaki. Datti del tempo, e potrai arrivare dove vorrai."Se la caricò in braccio per poi adagiarla sul guscio di Hissikame mentre lei, sfinita, sprofondava nel sonno, ancora sorridente. Quindi, sospirando, si issò nuovamente su Buyobuyokame.Buyobuyokame: "Mi piace questa ragazzina."Chinò appena il capo, in cenno di assenso alle parole della tartaruga.Arashi: "Buyobuyokame?"Buyobuyokame: "Sì?"Arashi: "Avevi ragione, sto morendo di freddo."Buyobuyokame: "Eh, te l'avevo detto."[...] Raggiunsero l'isola la sera del secondo giorno, come previsto e, com'era prevedibile, vennero accolti sulla spiaggia da dozzine di testuggini, alcune genuinamente incuriosite - tra queste, riconobbe Shiwa ed Heiwa e la piccoletta che, durante il suo primo soggiorno all'eremo, lo aveva avvicinato e squadrato da cima a fondo perché, immaginava, era il primo essere umano che si era mai trovata davanti - altre intimorite o addirittura preoccupate dalla presenza di Anezaki. Vi fu un gran vociare quando scesero dai gusci delle loro accompagnatrici e, non appena ebbero toccato terra e furono usciti dall'acqua, si formò un capannello attorno alla ragazzina: le tartarughe parevano essere ben più attratte dalla novità che rappresentava quella bambina, che dal ritorno del loro eremita che, neanche due giorni prima, le aveva allertate tutte quante del pericolo che stava correndo, mettendo in agitazione l'intera isola al fine di ricevere un disperato aiuto. Chi, tuttavia, sembrò non essere interessata ad Anezaki, correndo - si fa per dire - verso di lui, fu Heiwa.Heiwa: "Arashi-kun! Arashi-kun! Bentornato, Arashi-kun! Non c'è un secondo da perdere, devi seguirmi! Shikame-sama vuole vederti, presto!"Lo afferrò con il becco per la manica, tirandolo con tutte le forze che aveva in corpo: non l'aveva mai vista così agitata.Arashi: "Un attimo, Heiwa...ehi, un attimo! Ho capito, arrivo, ma devo prima sistemare Anezaki!"Heiwa: "La cucciola? È di lei che vogliono parlarti! Kenjin ha ordinato di tenerla d'occhio qui, sulla spiaggia, di non farla muovere e di portare te da Shikame!"Si scambiarono uno sguardo, nel quale lesse tutta la preoccupazione della testuggine. Si rivolse a Buyobuyokame un'ultima volta, prima di seguire la sua compagna nella foresta che seguiva la spiaggia.Arashi: "Assicurati che Anezaki stia bene. Rispetta il volere di Kenjin, dille che per ora deve rimanere qua e che tornerò il prima possibile per mostrarle il resto dell'isola e presentarla alle altre."Si prese il tempo per sincerarsi che il messaggio fosse arrivato alla sua compagna, prima di allontanarsi definitivamente. Il percorso che seguirono fu lo stesso che, la prima volta, lo aveva portato all'immenso lago sulla cui superificie aveva duellato con la stessa Buyobuyokame: lo riconobbe, nonostante la poca luce che filtrava tra gli alberi, perché era l'unico vero e proprio sentiero che si addentrava nella foresta su quell'isola, come fosse stata l'unica strada battuta dall'uomo. Giunti sulla riva del lago, Heiwa lo intimò di salire su di lei e lui non se lo fece ripetere due volte. Diversa fu, invece, la sua reazione, quando ella, una volta guadagnato il centro del lago, gli chiese di fare un bel respiro e di aggrapparsi forte al suo collo.Arashi: "Cos...che hai intenzione di fare?"L'occhiataccia della testuggine lo convinse ad affrettarsi a prendere quel respiro. Quello che accadde poi, se non si fosse prefissato di afferrare il collo della tartaruga come fosse l'ultimo appiglio che lo tenesse ancora alla sua stessa vita, probabilmente lo avrebbe lasciato senza fiato al punto da affogare nel lago. Heiwa si immerse ad una velocità impressionante nello scuro e freddo specchio d'acqua: fu come prendere un centinaio di schiaffi gelidi e sferzanti in faccia senza alcun preavviso, roba che avrebbe mozzato gambe e respiro anche al più impavido degli shinobi. Fu costretto, tra l'altro, a tenere gli occhi chiusi per buona parte del tempo, perché questi presero a bruciare al contatto con il liquido - nonostante si trattasse di acqua dolce, l'impatto improvviso con questa e la sua temperatura proibitiva, la resero ben più fastidiosa di qualsiasi altro mare salato. Quando li riaprì, si rese conto che finalmente poteva tornare a respirare, perché in qualche modo erano tornati a galla e solo allora si rese effettivamente conto di quanta acqua doveva aver ingoiato. Tossì un paio di volte, sputacchiando qua e là: quanto erano rimasti là sotto? Un minuto? Due? Ma soprattutto...Arashi: C-cosa è...cosa è questo posto?"La pozza da cui erano emersi rifletteva le pareti calcaree di quella che sembrava una grotta, creando uno strano gioco di luci sulle pareti stesse: a tratti erano viola, a tratti azzurre, a tratti bianche. Heiwa si prese il suo tempo per rispondergli, trascinandolo prima verso una sporgenza rocciosa sulla quale lo issò.Heiwa: "Il cimitero. Il nostro cimitero. Ogni buona tartaruga di una certa età lo sa."E così, quello era il posto che gli aveva accennato Isshikame, quello dove le testuggini andavano a morire una volta resesi conto della loro imminente dipartita. Strano però: guardandosi attorno, non vide alcun guscio o traccia che potesse lasciar intendere la funzione di quel luogo. Al contrario, alle sue spalle vi era quella che pareva essere un'enorme entrata di una grotta, larga almeno tre volte tanto quella in cui si trovava in quel momento. Heiwa la indicò col muso, senza dire altro. Infreddolito, con i vestiti bagnati - non poté fare a meno di pensare che quella era la seconda volta, in due giorni, che finiva così - le diede le spalle ed imboccò quell'immenso passaggio. Era un tunnel gigantesco, poco illuminato al contrario della precedente grotta, che percorse in circa cinque minuti, a passo sempre più veloce e cadenzato. Arrivato alla fine, ciò che vide lo stupì ogni oltre previsione, nonostante si aspettasse uno spettacolo del genere: un antro vastissimo, del quale era impossibile stabilirne la lunghezza poiché la fine si perdeva in qualche punto imprecisato, lontano dall'entrata, costeggiato da dozzine e dozzine di carapaci ormai vuoti disposti in cerchi concentrici, come fossero tante tartarughe riunitesi lì per parlare l'una con l'altra. Regnava al suo interno un silenzio pesante e surreale, accompagnato da una luce naturale simile a quella che illuminava la grotta che lo precedeva, ma più tenue, come se qualcuno l'avesse smorzata per non svegliare i gusci dormienti. Davanti a lui, Shikame."Bentornato, Arashi-kun. Mi scuso con te per la convocazione improvvisa, ma come ben sai ogni nuovo arrivo su quest'isola è sempre fonte di curiosità e preoccupazione."Lui abbassò lievemente il capo.Arashi: "Capisco perfettamente, Shikame-sama. Anezaki è la figlia di Yuzuki e, come lui era nostro amico, sono sicuro che anche lei lo sarà."La testuggine emise un grugnito che gli ricordò vagamente un cenno di assenso."Ne sono certa, così come sono certa del tuo giudizio. Buyobuyokame ci ha raccontato che cosa hai fatto, il coraggio che hai avuto e la tua determinazione nell'aiutare Yuzuki. Hai agito bene, mi spiace che tu non abbia trovato un aiuto tempestivo qui all'eremo, ma la distanza era tanta e il tuo piano di evacuazione richiedeva troppo tempo...abbiamo comunque provato a metterci in moto, ma non è stato necessario. So che hai comunque salvato ogni vita di quel villaggio, nonostante questo."Il suo sguardo si fece più cupo. Ogni vita?Arashi: "Non proprio. Yuzuki è morto, e sua moglie e la figlia più piccola lo hanno seguito.""È vero, e questo è un peccato. Un dolore che colpisce non solo te, ma tutte noi: Yuzuki era nostro amico. Aveva, tuttavia, una missione da compiere...e aveva commesso i suoi errori, in passato, che l'hanno determinata. Noi non gli abbiamo mai chiesto di raccontarceli, né di scontare chissà quali pene. Gli abbiamo solamente offerto il nostro appoggio quando lo desiderava. Apprendere della sua militanza nel Taisei è stato uno choc, ma sono sicura che anche tu hai visto quanto di buono c'era in lui."Tacque per qualche secondo, soppesando le parole della testuggine nell'innaturale silenzio della grotta. Quando Yuzuki gli aveva confidato della sua militanza nel Taisei, che si era evidentemente protratta fino al giorno della sua morte, era rimasto sorpreso dal fatto che questa fosse passata del tutto inosservata agli occhi dell'intero eremo: aveva sempre considerato le seu compagne come neutrali ed imparziali e forse proprio per questo, in fondo, non poteva escludere che tra i loro protetti vi fosse anche chi, proprio come il padre di Anezaki, faceva parte di organizzazioni a lui sconosciute. Non era il villaggio di appartenenza, il credo o l'orientamento politico a definire il contratto che si stipulava tra uomo e tartaruga, bensì la semplice fiducia che quest'ultima riponeva nel primo, pertanto l'intera questione poteva riassumersi in una scelta: fidarsi, o meno, del giudizio di Shikame.Arashi: "Non credo fosse in dubbio la sua bontà: ha sacrificato la sua vita per salvare quella delle sue bambine e di Kawagoro, in maniera del tutto indipendente dalla sua appartenenza al Taisei. So bene perché scegliete di appoggiare qualcuno, quando lo fate, l'idea di contestarvi la firma di un contratto non mi passa nemmeno per la testa. Dovremmo controllare meglio, però, chi si unisce a noi. Se Yuzuki ci ha tenuto nascosto il Taisei per anni, qualcun altro potrebbe fare lo stesso."Shikame abbassò lo sguardo, visibilmente preoccupata."Su questo hai ragione. Il ritorno delle Bestie Codate ci ha ricordato pericoli che credevamo morti e sepolti assieme a loro. A tal proposito, cosa mi dici della bambina? Sapeva chi era suo padre, cosa faceva?"Domanda a cui non aveva una risposta chiara: probabilmente no, Anezaki era troppo piccola per venire a sapere della militanza del padre tra le fila del Taisei, ma qualcosa doveva pur aver sospettato.Arashi: "Non credo. Yuzuki non nominava quasi mai l'organizzazione, e teneva le sue figlie ben lontane da quei discorsi: per tutto il tempo abbiamo parlato in codice, praticamente, quando si sfiorava l'argomento Taisei o Bestie. In ogni caso, anche se fosse venuta a conoscenza di qualcosa in questi anni, non ha alcun legame con quell'organizzazione...in effetti, non ha alcun legame con nessuno, se non con me: Yuzuki me l'ha affidata, per questo è qui."Gli occhietti della testuggine si fecero grandi per la sorpresa e, per mezzo secondo, il suo becco si aprì, conferendole un'espressione sbigottita che mai le aveva visto sul muso."Oh...Yuzuki ha fatto questo? Quelle bambine erano tutto per lui, la fiducia che riponeva in te - in noi - era più grande di quanto pensassi. Si fermò un attimo, pensierosa, per poi riprendere."E sia. La bambina è una tua responsabilità, e come tale è anche nostra. Qualsiasi cosa vorrà fare, saremo pronte ad aiutarla, come con suo padre prima di lei: quest'isola è casa sua."Prese quelle parole come il sigillo ufficiale sull'approvazione dell'accoglienza di Anezaki all'eremo: la parola di Shikame, al pari di quella di Kenjin, era probabilmente l'unica ad essere percepita come vera e propria legge tra le sue simili.Arashi: "La ringrazio, Shikame-sama.""Cosa vorresti fare con lei? Le darai un posto dove stare, o farai di più?"Ci pensò su mezzo secondo, prima di darle la risposta più sincera che gli venisse in mente.Arashi: "No, farò di più: la addestrerò. Vuole diventare una guerriera, che tradotto significa kunoichi.""Mi sembra un'ottima idea, se questa è la sua volontà saprai cosa insegnarle. Prendi uno dei gusci."L'ultima frase, pronunciata come un invito, lo lasciò spiazzato: Shikame indicò col muso la prima fila del cerchio più esterno, quello dove, presumibilmente, se ne stavano i carapaci meno datati dell'intero cimitero. Interdetto, spostò lo sguardo da Shikame ai gusci e poi di nuovo dai gusci a Shikame.Arashi: "Ehm...perché?""Perché la loro funzione, qui dentro, non è solo quella di starsene lì fermi per la nostra memoria. Alla piccola servirà un equipaggiamento, un'armatura. Non può certo tenersi Ultimo Bastione, quella spetta a te. Parte del suo primo addestramento sarà qui, con noi: ci aiuterà a forgiare la sua armatura e, se ci riuscirà, avrà il nostro appoggio anche quando dovrà combattere."Si avviò verso il primo dei gusci della fila, titubante, cercando di evitare di sentirsi come una specie di tombaiolo, come se stesse profanando chissà quale sacra sepoltura.Arashi: "Shikame-sama, insomma, siamo sicuri che...""Come pensi sia stata forgiata l'armatura che hai indossato fino a questo momento? Ovviamente è impossibile ottenere un'altra opera come Ultimo Bastione, a meno che Kenjin non decida di spogliarsi interamente del suo carapace...ma le sarà di aiuto, almeno un po'. Prendilo, è questo il lascito che le nostre compagne hanno deciso di donarci quando sono venute qui a spirare."Si caricò il carapace sulle spalle, frastornato, quindi si girò nuovamente verso la testuggine.Arashi: "Cosa dovrà fare?""Romperlo come si deve, per ora. Scuto per scuto. Al resto penseremo noi, poi, ma ci vorrà del tempo. Troverai Heiwa alla fine del tunnel, ti riporterà su."Dal modo in cui lasciò cadere l'ultima frase, capì che quella conversazione era finita. Chinò appena il capo, poi fece per voltarsi."Augurale buona fortuna da parte mia, Arashi-kun. Ah, e...Kenjin si congratula con te per quanto hai fatto a Kawagoro. Ha bofonchiato qualcosa come "beh, almeno sappiamo che il nostro eremita non è un completo incapace"."Che detto da lui, in effetti, era come un complimento. Sorridendo, imboccò il passaggio alle sue spalle.[...] Anezaki: "Ma non ci riesco, mi sanguinano le nocche! Guarda!"La ragazzina gli porse il dorso della mano destra, sbucciato in più punti come se avesse passato la notte a grattuggiarlo forsennatamente contro gli scogli della spiaggia.Arashi: "Devi concentrare il chakra nella mano. Continua a provare, o non potranno mai forgiare la tua armatura e tu non sarai mai una guerriera."Se, poco prima di partire per Kawagoro, gli avessere detto che da lì a qualche giorno si sarebbe trovato sull'isola, alle prese con il più classico dei capricci di una bambina appena divenuta sua allieva, probabilmente non solo non ci avrebbe creduto, ma si sarebbe messo a ridere come un matto.Anezaki: "Ma questo guscio è troppo duro! E poi guarda quant'è grande, ci metterò una vita Ara-shan!"Heiwa: "Ehi, bada a come parli! Guarda che la mia trentanovesima sorella ci teneva molto alla linea, non è mica colpa sua! È tutta genetica, avessi visto che zampe lunghe e sexy che aveva!"Quella situazione era a dir poco assurda: si girò verso Heiwa, con un sopracciglio alzato.Arashi: Trentanovesima sorella?"Heiwa: "Che c'è? Non pretenderai mica che mi ricordi tutti i nomi di tutte le sorelle che ho, vero?"Arashi: "Certo che no, ma ti ricordi perfettamente l'ordine in cui siete nate."Heiwa sbuffò appena, divertita.Heiwa: "Scherzi? Mica vado in ordine di nascita. Nossignore, è in ordine di morte. È la mia trentanovesima sorella morta, se ti interessa poi ci sono quelle ancora in vita, io sono la cinquantadue, poi ce ne sono altre..."Arashi: "No, ok, poi me lo dici, ora dobbiamo allenarci."Aveva appena intravisto il cipiglio spazientito di Shiwa, segno che Heiwa era sul punto di buttarsi in un'ampia disquisizione di tutto il suo albero genealogico, ragion per cui si affrettò a stroncare sul nascere ogni suo tentativo di prendere la parola. Quando lo aveva visto uscire dalla grotta, aveva piantato gli occhi sul carapace che portava sulle spalle e, estasiata, gli aveva comunicato che apparteneva ad una delle sue sorelle, l'ultima ad esser morta. Lì per lì, aveva temuto una sua reazione offesa, quando le aveva spiegato perché Shikame gli aveva affidato proprio quel guscio, invece sembrava essere parecchio felice della cosa. La sera stessa, dopo aver presentato Anezaki all'eremo, aveva condotto la bambina sulla spiaggia e le aveva spiegato il suo compito: rompere, scuto per scuto, quel carapace, da cui poi le tartarughe avrebbero ottenuto un'armatura. La ragazzina era rimasta a bocca aperta e, in preda ad una gioia incontenibile, aveva voluto cominciare da subito il suo addestramento. Quella vivacità, tuttavia, durò poco: il tempo di scoprire che concentrare il chakra in una mano per spaccare un guscio, non era così facile come credeva. La mattina dopo erano ancora lì: Heiwa che li teneva d'occhio assieme a Shiwa ed Isshikame, Anezaki che sotto il sole colpiva il carapace e lui che supervisionava il tutto.Isshikame: "Cos'è che sta cercando di fare, esattamente?"Doveva essere, più o meno, la ventesima volta che Isshikame gli ripeteva quella stessa domanda, con l'aria di chi si era appena svegliato: era sempre stato un tipo piuttosto ingenuo e poco propenso al ragionamento, ma di fronte a tanta insistenza dovette incrociare le braccia, trattenersi dall'alzare gli occhi al cielo e concludere che quell'allentamento tanto particolare non solo era una novità assoluta per la tartaruga, ma probabilmente anche completamente privo di senso. Non poteva dargli tutti i torti, visto che la ragazzina era riuscita a malapena a fare due passi sull'acqua due sere prima, figuriamoci se nell'arco di poche ore avrebbe mai potuto concentrare abbastanza chakra nella mano per spaccare gli scuti di un guscio.Arashi: "Rompere quel guscio, spaccando uno ad uno gli scuti. Shikame-sama ha detto che le sarà utile, che senza non potrà avere la sua armatura...ho pensato che, mettendogliela su questo piano, come una specie di gioco al termine del quale vi è una ricompensa, sarebbe stato più facile per lei imparare."Isshikame si lasciò sfuggire un suono gutturale vagamente riconducibile a una risata piuttosto divertita. Lui, d'altro canto, sbuffò l'ennesima volta quando Anezaki colpì il carapace, senza ottenere alcunchè.Arashi: "È ovvio che non ce la farà mai, così. Non possiede abbastanza chakra per rompere quel coso, né è capace di padroneggiarlo."Di nuovo quel suono.Arashi: "Oh insomma, ma si può sapere cosa hai da ridere?"Isshikame gli restituì un'occhiata sognante, per poi tornare ad osservare la bambina.Isshikame: "Perdonami, Arashi-kun, è che...beh, è normale. La tua idea mi sembra buona, ma non stai considerando ogni cosa. Non è un semplice animale da addestrare, è una bambina e, come tale, non conta soltanto il gioco e il premio finale. Ci sono molte cose che una bambina può fare, come te, in quanto essere umano. Non è un problema di chakra, Anezaki-chan non riesce a sentire il guscio!"Arashi: "Sentire il guscio?"Isshikame: "Sì, come hai fatto tu con il mio la prima volta che ci siamo allenati qui, sull'isola. Ricordi?"Vagamente: ricordava di aver poggiato una mano sul carapace di Isshikame, e di essere rimasto sorpreso dalla totale assenza di calore.Isshikame: "Non puoi rompere un carapace del genere, senza conoscerlo. Metti una mano sul mio."Sembrava essere diventato improvvisamente più serio e deciso, come se sapesse bene ciò che gli stava chiedendo e cosa ne sarebbe seguito. Si affrettò ad eseguire, ma la sensazione che ebbe la prima volta, non fu diversa da quella che provò in quel momento, quando le sue dita incontrarono il guscio della testuggine.Arashi: "Freddo. Duro. Sento che ci sei, che sotto questo guscio tu vivi...ma suppongo sia solo perché ti vedo qui, davanti a me, e ti conosco. Non percepisco nient'altro, dovrei?"Isshikame annuì vigorosamente.Isshikame: "Sì, dovresti. Alcune cose le ignori, Arashi-kun, ma è normale, non sei stato ancora addestrato per questo. Ora prova a mettere le mani sul guscio di Heiwa-san."Eseguì ancora una volta, ma non percepì alcun cambiamento.Isshikame: "Noti qualche differenza?"Arashi: "No, nessuna. Potrebbero essere lo stesso guscio, per quanto ne so."Entrambe scossero la testa, divertite.Heiwa: "Stavolta fidati dei tuoi occhi. Non lo vedi che il mio carapace è molto più grande? Muovi le mani, toccalo tutto. Cerca."Gli pareva quasi una mancanza di rispetto nei confronti di Heiwa ma, visto che l'invito proveniva dalla stessa proprietaria del guscio, si affrettò a passare le mani su di esso un po' ovunque. All'incirca all'altezza dello scuto posto appena sopra la zampa sinistra, si fermò.Heiwa: "Oh, hai trovato."Arashi: "Qui è più...cedevole. Sento il calore."Isshikame annuì di nuovo, stavolta soddisfatto.Isshikame: "Ogni guscio è diverso, perché ogni guscio ha il suo proprietario, e il suo proprietario la sua storia. Capisci cosa voglio dire?"Arashi: "Forse. Heiwa, esiste davvero, per Anezaki, una via semplice per spaccare il guscio della tua trentanovesima sorella?"Heiwa: "Certo che c'è."Arashi: "Grazie."Non gli serviva altro: Isshikame aveva pienamente ragione. Si era focalizzato così tanto sul far utilizzare il chakra ad Anezaki, che aveva tralasciato di insegnarle tutto il resto, che in realtà era la parte forse più importante dell'arte del combattimento. Si avvicinò alla bambina a grandi passi, chinandosi accanto a lei davanti al guscio.Arashi: "Perdonami Anezaki, non ti ho ancora insegnato tutto."Passò le mani sul carapace vuoto e rimase così per diversi secondi, la fronte corrucciata e gli occhi chiusi mentre Anezaki lo guardava incuriosita.Anezaki: "Ara-shan...? Cosa stai facendo?"Lui non rispose subito, limitandosi a scuotere la testa. Dopodiché, aperti gli occhi, concentrò il chakra in un dito e fece pressione sul penultimo scuto partendo dall'estremità posteriore del guscio, posto proprio sulla verticale di quella che avrebbe dovuto essere la coda della tartaruga. Questo, con grande stupore della bambina, si alzò appena e andò a depositarsi a terra, sulla sabbia, accompagnato da un tonfo sordo.Arashi: "Ti ho costretta a focalizzarti sulla cosa sbagliata: non devi rompere questo guscio, devi...smontarlo. Ogni scuto può cadere come questo, se sai dove si trova e perché è più debole in un punto piuttosto che nell'altro. Forse la tartaruga che possedeva questa casa, ha ricevuto una ferita proprio qui, dove io l'ho toccata, e per questo lo scuto era già stato danneggiato. Una volta che ne hai tolto uno, gli altri saranno più facili da staccare."Anezaki continuò a guardarlo con un misto di curiosità e confusione, come se non avesse ancora afferrato ciò che lui stava cercando di spiegarle.Anezaki: "Quindi non devo colpirlo con tutta la forza che ho? E come faccio a sapere dove devo toccarlo? Come hai fatto tu?"Arashi: "Non ho fatto niente di speciale, niente di più di quello che hai visto: l'ho studiato. Osservalo, toccalo, ascolta il suono che emette quando lo colpisci: ogni indizio che ti darà questo guscio, sarà uno scuto in più che potrai rimuovere. Una volta che avrai capito dove colpire, basterà concentrare un minimo di chakra su quel punto esatto e il resto verrà da sé...proprio come ho fatto io. Isshikame, Heiwa e Shiwa sono lì per aiutarti: tocca i loro gusci se vuoi, studiali, ascolta le differenze tra quelli e questo che hai davanti."[...] Lasciò l'isola la sera stessa, chiedendo ad Heiwa di utilizzare la tecnica del richiamo nella stessa, particolare maniera in cui l'aveva vista farlo proprio con lui quando si erano incontrati la prima volta, facendosi portare alle porte del villaggio della Foglia. Fu costretto ad aspettare la mezzanotte, perchéla testuggine aveva bisogno di molto riposo prima di utilizzare una simile quantità di cakra per soddisfare la sua richiesta e, soprattutto, doveva prima aver consumato almeno tre porzioni abbondanti del suo minestrone preferito. Se ne andò con gran rammarico di Anezaki, che tuttavia era riuscita quel pomeriggio a staccare dal guscio il suo secondo scuto e, quindi, in preda all'euforia, era finita a gambe all'aria sulla sabbia, sfinita, annunciando una sacrosanta pausa che avrebbe trascorso a giocare con Isshikame. Lo Sharingan gli aveva da tempo rivelato la perfetta normalità del chakra della ragazzina - fatto assai strano se paragonato a quello della sorella più piccola - eppure non poté non essere sorpreso dai passi da gigante che aveva compiuto in soli tre giorni. Heiwa, quasi a volerli giustificare, buttò lì che era mertio di Arashi, che era un bravo maestro, ma lui in cuor suo sapeva che il merito della crescita di Anezaki era tutto da attribuire alla tenacia della bambina, qualità tutt'altro che scontata. Prima di partire, dichiarò che sarebbe tornato presto per portarla a Konoha, dove avrebbe continuato ad allenarsi, ed in effetti uno dei motivi che ora lo spingevano a tornare al villaggio era proprio voler raccontare i recenti sviluppi all'Hokage e chiederle, dopo Oshoku, di poter accogliere tra loro anche una seconda ragazza decisa a diventare una kunoichi. Oltre a questo, doveva ovviamente fare rapporto assieme a Setsuna ed Hakurei e raccontare come era avvenuta la cattura della Bestia, assicurandosi che la pietra finisse nelle mani dell'Hokage e, soprattutto, chiedere scusa per la sua sparizione improvvisa dal villaggioe provare a spiegare le sue motivazioni. Quando giunse alle porte, poi, il karma volle proprio giocare con lui, perché le guardie erano le stesse ragazze che aveva ingannato alla partenza qualche giorno prima e, quando lui si presentò a loro con un sorriso colpevole ben stampato in faccia, ci mancò poco che queste non lo riempissero di botte seduta stante. Se questo non avenne, probabilmente lo dovette al ritorno già avvenuto di Setsuna ed Hakurei, che forse avevano già comunicato il suo ruolo nella vicenda che si era appena conclusa, anche se si sarebbe aspettato di ricevere a breve una visita - tutt'altro che di cortesia - anche da parte di Nahoko Hyuga, che lo avrebbe strigliato per bene."Oh beh, ho fatto quello che era il mio dovere, checché ne dicano loro."Una delle due ragazze lo prese per il braccio e lui, scherzosamente, le chiese se lo stesse per accompagnare al più vicino chiosco di ramen per riscuotere la cena che lui le aveva promesso. Lei mise il broncio e allora capì che no, non erano diretti a un chiosco, ma alla sua abitazione: lo avrebbero accompagnato fin lì e, probabilmente, tenuto d'occhio fino a quando l'Hokage non lo avrebbe convocato per stare a sentire il suo racconto.
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