| Tiepido, il Sole riscalda Kumo no Sato senza poterlo effettivamente sfiorare: nuvole spesse e compatte coprono il villaggio che ne ha preso il nome, ma in più punti lasciano trapelare la calda luce dell'astro, creando un suggestivo gioco di luci e ombre sul terreno scuro, e sui volti altrettanto ombrosi delle genti che riempiono le ampie strade -conoscenti, sconosciuti, persone esterne al villaggio.
Gli occhi stanchi sfilano sul marasma di volti tutti diversi, ma tutti uguali: spogliati della tipica allegria, della caratteristica "esaltazione" che da sempre l'ha fatta sentire fuori luogo.
A dire il vero, divorati da angoscia dietro un viso stanco e tremante, le paiono tutti volti diversi ma uguali al suo - uguali al suo di qualche tempo addietro, o forse a quello che ha attualmente: ecco, forse magari, maschera lo stesso sentimento, le stesse paure, le stesse angosce.
E ci mancherebbe: avrà pur deciso di prendere di petto l'iniziativa, ma questo non la rende più grande, più coraggiosa di loro.
Le paure sono le stesse, cambia solo il modo di affrontarle.
Non li biasima: tra quelli si annida chi ce l'ha fatta fortuitamente e viene dal Paese del Fulmine, chi ha perso un proprio caro, chi è civile e sa di non potere tanto, chi è divorato dal terrore.
Scappare non è la soluzione, con Ruri è venuto in luce chiaro, nudo e crudo il concetto. Ma...capisce. Ne conosce i turbamenti, le paure, le preoccupazioni. Li capisce a suo modo, e in cuor suo spera solo che , con una nuova certezza viva in sé e la speranza riposta negli Shinobi imbarcatosi nella missione possano sfidare il terrore con il ritorno alla quotidianità. Cercando di fare il possibile per il villaggio.
Lei, invece, altro non farà che sperare possano stare bene.
Il venticello caldo, atipico nel paese montano - e quasi ha l'impressione sia provocato dalle capacità del Bijuu, che irradia un caldo tale da giungere fino a lì - sferza l'aria: delicato, con movimenti lenti e circolari, fa svolazzare tutto ciò che è capitombolato a terra, più forte di quanto possa sembrare.
La morbida matassa di soffici capelli chiari, stretta in una coda alta, ondeggia creando ampie volute - Shin socchiude gli occhi: per quanto non apprezzi particolarmente il calore, quegli scostamenti irregolari dell'aria la rilassano - quasi ha la sensazione di potersene vagare in un posto nuovo, diverso.
Non che voglia fuggire, andare lontano: vuole solo non privarsi della possibilità di abbassare le palpebre e fingere, almeno solo per un attimo che tutto vada bene. Che tutto andrà bene: ma questa non è una speranza.
In questo caso, si tratta di una promessa
Qualcosa le sbatte prepotentemente sul volta, costringendola a fermare il suo incedere per quella strada tanto da nota lei da poter essere percorsa ad occhi chiusi: scosta l'oggetto - carta - e le si rivela essere pagine di giornale.
La morte della Raikage, il messaggio dei sei, le notizie, anche di puro gossip, inerenti a Rai no Kibou.
Curioso. La realtà dei fatti dopotutto sembra volerle sbattere in faccia metaforicamente e anche concretamente.
La maschera di ostentata impassibilità si crepa lasciando un cipiglio di dispiacere.
Stringe le dita sul pezzo di carta: quelle dita mozzatele, segno concreto dell'insegnamento che Gekiretsu Reisei le ha detto - insegnamento che neanche la sua morte potrà strappare via.
Ha imparato a perseverare, a cercare la rivalsa, a trovare un effettivo quid in quel che fa - a ottenere quella tenacia che brucia negli animi di tutti gli Shinobi che stanno imbarcandosi per raccogliere l'appello dei sei: tutto questo non sparirà, e in battaglia se lo porterà stretto.
Ripiega il foglio intascandoselo, riponendolo giusto accanto al fazzoletto di Ruri - ennesimo unico ricordo della mercenaria, del suo coraggio, e di una tacita promessa di non piangere.
Chiude gli occhi. Per un attimo e circondata del buio, e anche le sue orecchie paiono ovattate, schermate dal vociare esterno. Per un attimo, l'unica cosa che percepisce è il vento vorticarle attorno. Poi riapre gli occhi.
Lascia che corrano per le strade gremite, che focalizzino le persone che le riempiono: con attente occhiate cerca qualcuno, cerca persone.
Cerca il viso di Taiki: che sia in ospedale a dare aiuto?
Cerca il viso del giovane Shinta che tanto l'ha aiutata: è forse anche lui diretto verso il punto di incontro? Probabile. Magari c'è già.
Cerca il viso di Jin, la guardiana: come se la sarà cavata Shikareta, uno dei tanti villaggi esterni a Kumo?
Nel momento in cui è stato sancito il proprio legame con figli di Tamafune, nel momento in cui è stata detta forte e fatta divenire Shin, "l'eremo" dei cinghiali è divenuto la sua famiglia: alla fine è riuscita a trovarla la quella forza che con fiducia hanno visto in lei? Forse. Sta di certo che da quel momento è cambiato qualcosa, non quanto lo Yubitsume e le sagge parole dell'amata, deceduta Kage abbiano potuto fare, ma qualcosa è cambiato - qualcosa che va ben oltre il nuovo nome e l'aver portato con sé i sette cuccioli.
I cuccioli...
E in quanto famiglia, è la propria famiglia stessa - quella originale, per così dire - che ne terrà cura: suo padre inevitabilmente resterà al villaggio, e così Tsubaki; aiuteranno al massimo delle loro possibilità prendendosi cura dei feriti, e di chi non ha casa in cui stare.
Yuri...la sua piccola Yuri...
D'istinto, sfiora quel giglio di carta che ancora tiene gelosamente custodito, più di armi, viveri ed equipaggiamenti che porta con sé.
Lei, beh...
È dura dirlo, ma le toccherà quel che ha passato lei al tempo di Watashi: quando non poteva far altro che osservare il mondo ingrigirsi dietro una finestra, chiusa in casa nel tombale silenzio di quelle quattro mura, divorata da solitudine e con troppa paura per, di nuovo, alzare gli occhi, guardare al di fuori della propria dimora, e vedere il villaggio cadere a pezzi, anche nei volti degli abitanti.
Starà con i cinghiali, certo, la sorella e il padre saranno più presenti ma...spera vada tutto bene. Di tornare vittoriosa, e stringerli tutti tra le proprie braccia. Per ora, alla bimba aveva lasciato lo stesso tipo di ricordo - non è brava, non ha le stesse mani agili e rapide e il suo cigno è venuto fuori piuttosto sbilenco e "astratto": ma ha sorriso la bimba quando se l'è presa in braccio e gliel'ha consegnato, per prendere a giochiccchiarci, e questo è quanto basta.
E Ran, invece?
Sarebbe venuta con lei, la sorella minore - a dirla tutta, quando ha lasciato casa, dopo aver passato gli ultimi minuti con i cinghiali e aver salutato il resto della famiglia, se l'era trovata ancora tutta intenta a ronfare: non voleva disturbarla, tanto meglio godesse dell'ultimo sonno tranquillo nel proprio letto come lei non ha fatto. E, invero, voleva solo percorrere quella strada sola, tranquilla, beandosi dei sussurri del vento.
Un singulto, poi un altro.
No, non è lei a produrli: la magnetista dirige repentinamente il capo alla sua destra, per poi farsi strada tra la folla; più il suono si fa vicino, più tende le orecchie per capire da dove esattamente abbia origine.
Infine, lo vede: un bimbo, tutto solo, si stringe il braccino sanguinante; in quel marasma di caos e disperazione, solo pochi lo scrutano preoccupati, non sapendo esattamente cosa fare e se possano dare - ormai, alle persone sfollate, poco e niente è rimasto.
Vicina al piccolo, gli sfiora delicatamente la spalla: il bimbo all'inizio si ritrae per la sorpresa, poi, con gli occhi gocciolanti, la fissa con sguardo speranzoso.
"Piccolo...ti sei fatto male qui?" gli dice, incitandolo a scostare la piccola mano dal punto da cui fuorisce il sangue scarlatto.
Di tutta risposta quello annuisce, tirando su con il naso e mostrando una ferita non eccessivamente profonda sull'arto.
Shin sorride, fa per rassicurarlo: poi ricopre il taglio con le mani, lasciandosele circondare dal calore del chakra curativo in un gesto ormai fluido, naturale.
Sguardi curiosi e attoniti le stanno tutt'intorno: d'altra parte, la maggioranza, se non pressappoco la totalità delle persone che stavano lì fuori sono civili.
La Kunoichi allontana le mani, poi prende il fazzolettino di Ruri e pulisce il sangue superfluo, anche lì dove la ferita è scomparsa. Il piccolo la guarda stupida, poi le regala un grande, caldo sorriso a trentadue denti - decisamente meno in realtà, constata notando le finestrelle.
In un attimo il caldo si sposta dalle mani al petto, al cuore: sorride di rimando, gli scompiglia i capelli riccioluti e torna di nuovo per la sua strada, stringendo il fazzolettino: il calore che ora le brucia in petto non è più quello tiepido e piacevole che le provoca vedere qualcuno felice e soprattutto felice grazie a lei, qualcuno che riesce a sorridere e riesce a far sorridere in tutto questo - vi scoppietta la dolorosa sofferenza di non potersi protendere verso quelle persone ad una ad una e dar loro una mano. È quelle che desidera ardentemente fare ora ma...aiuterà lo stesso il proprio villaggio, in un altro modo. Deve fidarsi. Qui c'è chi saprà aiutarli. Staranno bene. Staranno bene.
Si costringe a non guardare indietro in modo da non farsi riacciuffare dal desiderio di tornare indietro.
Cammina, cammina, e cerca di nuovo di concentrarsi sul vento. Poi, arriva.
Constata con sollievo che già una consistente quantità di Shinobi s'è riunita - sorride, poi cerca con lo sguardo chi sa bene ci sarà: un'occhiata più attenta e, di fatto, le vede.
Le riconosce dalle vesti, dalle chiome: sorride, s'accosta, poi sfiora delicatamente le spalle di entrambe, sperando di non disturbarle.
Le saluta una volte che si voltano verso di lei e sa di non starle interrompendo:
"Buongiorno Honami-chan, Ying-san" poggia lo sguardo sul falco, conosciuto in precedenza:
"Buongiorno anche a te, Moegami-san. Ying...cosa è successo?" dice scrutandole il volto.
"St-state tutte bene?"
Cerca di aggirare il discorso del Bijuu, della Raikage, e di qualsiasi altra cosa possa connettersi a questi sfortunati eventi. A modo suo, cerca di distendere i nervi di tutti con domande delle quotidianità, che porrebbe in qualsiasi altra normale occasione: è la prima a tenersi dentro una dose d'agitazione non indifferente e sì, anche di paura - loro due, che hanno imparato a conoscerla, forse sapranno riconoscere ciò, oltre che negli occhi della ragazza, nel modo in cui nervosamente sfrega il palmo della mano sul braccio, fino a, senza rendersene conto, farlo arrossare.
Shin ripensa alle nuvole che nascondono il cielo, e ai raggi che timidamente filtrano traverso esse, scaldando il villaggio.
Nella sua mente, le piace pensare che quei fugaci e tenaci raggi, che portano luce nell'oscurità, siano loro stessi.
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