| La ragazza alzò gli occhi, davanti a sé si ergeva imponente l'ospedale della nebbia. Era arrivata. Il suo sguardo torno a posarsi sugli avambracci ustionati, scosse la testa ed entrò. Avanzò senza esitazione verso il pronto soccorso, non era un'assidua frequentatrice dell'ospedale, ma sapeva con precisione dove andare. Davanti a lei una decina di persone sedute e un giovane in camice bianco intento a disinfettare una ferita.
Quello doveva essere il medico di turno. Sumiye si sedette e aspettò, mentre quel ragazzo si occupava dei vari pazienti, fasciando, disinfettando e, a volte, guarendo ferite con impulsi di chakra di un particolare colore verde. Osservava incuriosita il medico all'opera, consapevole che fosse il lavoro di uomini come lui a tenere in piedi l'intera forza militare del villaggio. Dopo l'ustione di quinto grado di una ragazzina e un grosso taglio sul ventre di un uomo anziano, il giovane medico si diresse finalmente verso la genin.
"Cosa abbiamo qui?"
La fatidica domanda.
"Ustioni ad entrambi i piedi, anche se credo siano solo l'effetto di un genjustu. Poi ho ricevuto un colpo violento al petto, un calcio. Ho notato che il dolore si fa più acuto quando provo a respirare profondamente. E..."
Qui esitò, ma ci aveva pensato bene, era la cosa migliore da fare.
"potreste fare qualcosa per queste? "
Il giovane guardò le ustioni sugli avambracci, sembrava sul punto di parlare, ma Sumiye fu più veloce:
"Questi segni potrebbero rivelarsi un problema in una missione di infiltrazione, o le ustioni potrebbero fare infezione. E poi credo di potermi ricordare il nostro motto anche senza averlo scritto in questo modo."
Anticipare una persona a quel modo non era assolutamente nel suo stile, ma la verità era che lo aveva fatto per convincere non tanto lui quanto se stessa di star facendo la cosa giusta, ma soprattutto per il motivo giusto. Perché quelli che aveva detto non erano gli unici motivi, ce n'era un altro, di cui non andava molto fiera e che non avrebbe mai ammesso ad alta voce. Quelle specie di tatuaggi non le piacevano nemmeno un po'. Arrossì improvvisamente a quel pensiero, era così poco da kunoichi e così tanto da dodicenne.
Il dottore scoppiò in una mezza risata. Che avesse capito quello che passava nella mente di Sumiye?
"Non preoccuparti, non volevo certo criticare la tua scelta. E poi per essere del clan Yoton ti è andata molto bene. Pensa che uno degli ultimi che è arrivato era stato colpito da un geyser, hanno dovuto ricostruirgli i tessuti uno a uno!"
Sospiro di sollievo.
"I metodi del clan sono molto duri..."
"Puoi dirlo forte! Non vi capisco proprio. Per quanto riguarda le tue ferite, i piedi guariranno da soli, dagli solo un po' di tempo. Le costole sono un po' più problematiche, probabilmente si sono incrinate. Mantieniti a riposo e applica del ghiaccio sulla zona in cui senti dolore. Ecco qua."
Sumiye afferrò la borsa del ghiaccio che le veniva porsa e andò subito a metterla dove era stata colpita dal calcio del vecchio.
"La cosa importante è non smettere di respirare profondamente, altrimenti si rischiano problemi ai polmoni. Ci vorrà qualche settimana per guarire, nel frattempo non pensare nemmeno di andare in missione. Ora, le tue braccia."
Il medico accostò i palmi agli avambracci di Sumiye e iniziò a rilasciare quello strano flusso di chakra verde. Il tessuto si rigenerava davanti agli occhi stupiti della ragazza, dove prima c'erano quei segni neri ora la pelle era tornata chiara e intatta.
"Cosa ne pensi?"
"Grazie mille, quasi non ci speravo."
Il giovane andò ad occuparsi di un altro paziente, mentre Sumiye si alzò e si diresse verso casa. Davanti a lei si prospettavano delle lunghe settimane. Mentre camminava la sua mente andò a Benkei Han, il ragazzo che aveva conosciuto in ospedale, era quasi certa che il medico avesse parlato proprio di lui. Chissà come stava.
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