Più il tempo passava più la compagnia del ragazzo gli faceva piacere. Non era facile trovare persone così alla mano di questi tempi, considerando che la maggior parte dei ninja era troppo impegnata a mantenere le apparenze. Sembrare duri, forti, senza macchia e senza paura, questo molti facevano. Noioso a detta di Eiji, per quanto lui stesso avesse paura di poche cose, forse per stupidità più che per coraggio, godersi la vita era importane. Scherzare, ridere, fare figura di merda, insomma, era tutto un circolo vizioso che, però, faceva in modo che i giorni fossero più sopportabili. Oltretutto, si sarebbe aspettato di trovare solo persone relativamente serie tra le fila di Jashin, essendo quella una religione piuttosto particolare ed invasiva. Non era così a quanto pareva, meglio, non si sarebbe trovato fuori posto nell'immediato. Chissà, magari avrebbe rimediato subito dopo, aprendo bocca e dicendo qualcosa di troppo, venendo cacciato, perseguito o radiato. Inutile fasciarsi la testa comunque, tanto valeva aspettare per vedere. Anche lui sogghignava come il compagno, dopotutto due ragazzo fanno quello quando sono in un clima di amichevole sfida, che vi aspettavate? Ascoltò con attenzione tutto quello che il compare aveva da dire e ne rimase affascinato. Con l'indice davanti al mento ed il pollice sotto lo stesso, s'immaginava come fosse la vita della persona d'innanzi a lui. Essere ciechi comportava svantaggi, ovvio, anche solo intesi come il non potersi godere il panorama. In ogni caso, il suo sensei improvvisato, non si era arreso, anzi, aveva tratto forza dalla sua mancanza. Lo ammirava un poco, avrebbe voluto essere come lui, imparare a trarre forza dalla privazione che aveva appena subito. Ci sarebbe riuscito prima o poi, pur non rendendosene conto, aveva accresciuto moltissimo il proprio potere, ma sicuramente avrebbe compiuto ulteriori passi avanti. - I see... E non è che potresti insegnarmi? Ad essere in perfetta comunione con l'ambiente dico. It must be so fuckin' coooool! - Imparare da tutto e da tutti, accrescere le proprie conoscenze ed il proprio potere. Poco importava che il sensei fosse un bambino od il più vecchio dei Jashinisti, avere una mente aperta era sempre stata una delle sue doti migliori. Continuavano ad arrivare notizie inerenti il santuario, il che non faceva altro che accrescere la sua voglia di recarsi in loco. Aveva appreso più o meno tutto quello che voleva sapere riguardo la loro meta, per ciò che restava avrebbe atteso il loro arrivo. L'unica vera speranza che nutriva, era quella di essere accolto come in una grande famiglia. Sì, sentiva la mancanza dei suoi pur non essendo ancora tornato a Kumo. Nonostante fosse consapevole che nulla avrebbe mai potuto sostituire quello che aveva perduto, magari avrebbe trovato un leggero conforto nell'essere accettato. Comunità di confratelli, condividenti la stessa religione, le medesime pratica e chissà che altro ancora, i presupposti parevano buoni. Era giunto il momento di scoprire quali fossero i frutti del patto che aveva siglato. Aveva seminato qualcosa di grosso, enorme e difficilmente comprensibile per un essere umano, adesso era giunto il momento di raccogliere. Fu fortunato nell'avere come compagno una persona come Hikaru, disponibile ai limiti dell'umano, soprattutto con un logorroico come l'Imai. Il colpo saettò veloce, non tanto quanto quello della controparte, ma avrebbe lavorato anche su questo. Come si aspettava, l'immortale non fece nulla per sottrarsi al fendente, anzi, restò immobile, mentre le lame del dono divino s'infrangevano contro le sue carni. Non vi fu nemmeno contraccolpo. Il collo venne perforato con una leggerezza ed una facilità impressionanti, ma quello che venne dopo sconvolse Eiji. Una fitta improvvisa l'obbligò a lasciare la catena con la mancina, restando comunque salda nella destrorsaa, per portarla al collo. Da fitta si trasformò in dolore, da dolore a strazio. Com'era possibile? Non era stato colpito da nulla, ne era sicuro, per quanto la controparte potesse essere veloce, avrebbe almeno visto il movimento del braccio nell'atto di lanciare la Kama. Il respiro mancava e la confusione in testa al ragazzo non faceva altro che annebbiargli i pensieri. Era come se si sentisse ancora mortale, in preda ad un dolore incontrollabile, prossimo alla morte. Sangue, sangue ovunque, sulle sue vesti, sul suo corpo, sul terreno. Stava per perdere la calma, stava per lasciarci le penne. Poi un voce ruppe il trambusto della confusione, distendendo i nervi del sedicenne. Ascoltò con un’attenzione di cui non credeva essere capace, non in quel momento, e realizzò il suo grande errore. Non stava soffrendo, non in maniera effettiva almeno, ma le sue percezioni ancora sintonizzate su di un corpo mortale, lo avevano illuso del contrario. Finalmente iniziò a comprendere la parole di Hikaru. Quella che prima pareva essere una vocina nel suo subconscio, si palesò pian piano come un grido nella sua testa. - POTERE. - Era lì, era quello, quel dolore che si stava tramutando in piacere, quel dolore che stava venendo accettato dal ragazzo, non solo dal suo corpo ma anche dalla sua mente. La percezione dello stesso cresceva sensibilmente secondo dopo secondo, con essa aumentava la brama da cui era animato il Genin. Aveva il collo mezzo mozzato, eppur era vivo e vegeto, respirava, si reggeva in piedi, e sarebbe stato pronto a combattere. Quali erano i suoi limiti? Fino a dove poteva spingere il suo corpo, fino a quando il dolore si sarebbe tramutato in mero e lussurioso piacere? Quel sangue che scorreva, rosso e vivido, era così invitante, pur essendo il suo. Voleva sapere, sapere di più, andare oltre, sperimentare quali fossero effettivamente i suoi limiti e provare a superarli. L'ignoto, come lo bramava per scoperte e viaggi, lo desiderava anche quando si trattava di potere. - WOOOOO-coff... coff... - In preda a quell'ignota estasi, in preda a quella frenesia, si lasciò andare in un urlo che squarciò la notte, poco prima di essere smorzato da due colpi di tosse. Sangue, ne uscì quello, ma non importava, non in quel momento. Osservò la controparte mentre estraeva l'arma come se nulla fosse, ne rimase estasiato. Solo adesso poteva comprenderne la possanza, solo adesso poteva dirsi partecipe di quel sentimento. Quando aveva pugnalato il primo Shintou sì, era rimasto incantato ed incredulo, ma nulla più. Adesso era consapevole di avere quel potere, avrebbe dovuto solo imparare a controllarlo per poi svilupparlo oltre ogni immaginazione. - I see... - La voce era incredibilmente bassa, sforzata dalla ferita e dallo stupido urlo cacciato in precedenza. Prese al volo la sua kusarigama, osservandone le fattezze e contemplandone il liquido del quale era lorda. Solo una cosa, in quel momento, pareva più invitante del suo stesso sangue, quello della controparte. Non perse tempo ed iniziò a tracciare il simbolo nel terreno fangoso, proprio come il sensei gli aveva mostrato, senza però staccare mai gli smeraldi dalle falci. Quando l'atto fu completato, finalmente, portò la lingua al viscoso liquido, per assaporarne la prima goccia. Come quella volta nella caverna, esattamente come quella. Sentiva qualcosa in quel sangue, come se fosse in grado di conoscere la controparte attraverso lo stesso. Aveva un sapore particolare, come un piatto tipico cucinato da esperti del territorio. Mille fragranze erano nascoste in quella singola, succulenta, goccia rossa. Chiuse gli occhi per assaporarne al meglio il tono, gustandone ogni singola molecola, per poi accompagnarlo mentre scendeva giù, all'interno del suo corpo. Quando le palpebre si sollevarono, tutto era cambiato. I suoi occhi, verdi come i prati, erano diventati scarlatti, proprio come il sangue che aveva bevuto. Penetranti ed incredibilmente spaventosi. Forse era semplicemente il momento, l'euforia, il fanatismo, che avevano fatto assumere un'espressione più minacciosa al ragazzo, ma c'era qualcosa in quegli occhi, qualcosa di minaccioso. Forse proprio quel sentimento di sicurezza che avrebbe voluto provare dinnanzi a Saisei. Osservando la sua mano notò che i colori della sua pelle erano mutati. Adesso, a stringere la kusarigama, non vi era più un semplice arto dalle fattezze abbronzate, ma una nera stretta mortale. Anche lui, come il compagno, presentava linee bianche, più o meno simili, su tutto il corpo, approssimativamente in corrispondenza delle ossa. In questo mutamento, sentiva la presenza del collegamento, percepiva Hikaru con sé. - I can feel it... And I want more... - Era quella la sensazione che si provava quando un nuovo potere veniva alla luce? Sentirsi sopraffatti e vogliosi era normale? Probabilmente sì, ma il suo intento non era quello di farsi travolgere da quella potenza, non in quel modo almeno. Avrebbe imparato a controllarlo, a controllarsi, con il tempo.