Tiepido massaggio dalle acque, purificatore di grigi animi e donatore di piacevoli attimi. La testa era notevolmente più leggera, i lunghi capelli vermigli andavano scendendole mossi lungo i seni. Si sentiva al sicuro, stretta dal materno abbraccio di quella cascata; un abbraccio che da tempo mancava ed una sicurezza che, nella sua posizione, difficilmente si poteva riuscire a conquistare. Eppure sembrava essersi sbarazzata da ogni genere di preoccupazione, come se tutte queste si fossero improvvisamente dileguate alla vista del guscio d’acqua che avvolgeva il suo corpo latteo. Le mani viaggiavano pacifiche e delicate lungo le curve del proprio essere, ripulendole dagli affanni e dalle stanchezze che, bene o male, la vecchia Ai aveva cercato di colmare grazie all’ausilio delle sue minestre e di quei caldi piatti, che sembravano portar con sé una qualche essenza divina: era impossibile non cedere all’odore che emanavano, trattenersi sarebbe stata, probabilmente, la sfida più ardua da superare. Ma anche il più piacevole dei momenti è destinato a terminare e, battibeccando interiormente con le forze che la portavano a svolgere tale azione, si liberò del guscio protettivo che acqua le aveva gentilmente prestato. Avvolse il suo corpo con un morbido asciugamano e legò i propri capelli in una coda alta, con uno dei pochi elastici che le erano restati dalla Nuvola, doveva trovare il modo di capitarne altri: infondo pur sempre cento ryo aveva incassato. Sedette su di una sedia lì vicino, poteva accarezzare il liscio legno che la caratterizzava e, poggiandoci cautamente i gomiti, scorse di conseguenza il tavolo su cui aveva poggiato il proprio tè caldo, anch’esso in pregevole legno: alla vecchia non mancavano di certo dei buoni gusti, e poté lodare chiunque glieli avesse donati in quell’istante. Portò lentamente la tazza in terracotta alle labbra rosee e la calda sensazione del tè alla gola, andava scorrendo di pari passo con il recupero dei pensieri dapprima eliminati. Erano giorni che avvertiva la presenza di Uta, come se egli la seguisse in ogni passo compiuto, come se il nodo che li univa andava pesando sempre più al proprio cuore, ora più che mai avvolto dall’incerto grigio. Poggiò la tazza e un leggero sospiro accompagnò l’azione. “Se solo ti facessi vivo...mi basterebbe udire anche un sol passo tuo per riconoscerti, fa attenzione...” Le pupille, vivide quanto prive di vista, s’indirizzavano nella stessa direzione del cielo cremisi, reso tale dal sole sul punto di spegnere i propri raggi. Con la mano sinistra andò alla ricerca da quell’involucro di erbe, che più di una sigaretta aveva il potere di calmarla. Inspirò ed espirò parte della sua essenza, mentre pensiero, come sempre, viaggiava in mari ben più lungi dalla terra ferma. “La vecchia Ai parlava di un giorno nuovo con una strana contentezza e sembrava che la cosa mi riguardasse, non ha mai dato di matto e credo sia ancora integra, mentalmente parlando. Ma non riesco a capire a cosa davvero si riferisse, né se lo facesse solo per rassicurarmi. Credo però che non sia il caso di pensarci troppo, siamo al tramonto e, se qualcosa dovrà succedere, accadrà adesso.” E se un proverbio veritiero a questo mondo esistesse, quello sarebbe sicuramente: “Parli del diavolo e spuntano le corna”, così fu. Le mani candide della vecchia, delineate da numerose venature, si posarono sulle spalle scoperte di Ame, che ne aveva avvertito la presenza. Si mossero lentamente in un delicato massaggio e la ragazza non poté far altro che accettarlo. Vedeva nell’anziana donna una nuova figura materna e, di reciproco, la donna vedeva in lei la figura di una figlia, che mai aveva potuto scorgere. Il suo corpo era impossibilitato ad ospitare geni e mai ne aveva avuto la concreta possibilità di ospitarne. Stai ancora in affanno, piccola? Se vuoi, ti preparo la cena... La ragazza portò indietro la testa, avvicinandosi maggiormente al corpo minuto dell’anziana, in modo da poter portare le pupille smeraldine nelle sue cenere. No, Ai-san. Piuttosto vorrei chiederle una cosa, riguarda quanto dettomi stamattina. Cosa intendeva con “nuovo giorno?”, non vorrei risultarle frettolosa e paranoica, ma la verità è che lo sono. La donna terminò di viziare la sua pelle perlacea ed Ame poté in fretta constatare quanto quel tocco fosse una manna dal cielo: quella donna sapeva farsi amare in ogni sua sfumatura. Ogni alba sta ad indicare un nuovo giorno, sta poi al sole decidere se renderlo o meno speciale. Parole sagge, pronunciate mentre la sua figura si dissolveva nel buio. Aveva capito ciò che intendeva e non si discostava poi così tanto dalle parole di Yume: ognuno plasma il proprio destino. E, parlando di destino, poté seguirlo quando i vestiti coprirono la propria pelle e quando una melodia giunse alle proprie orecchie. Era ironico come un’iniziale nota, la conducesse spesso verso nuovi inizi. Ironica casualità o volere del fato stesso?