La realtà al di là degli occhi, Addestramento basato sull'exp per Egeria (1° pg)

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view post Posted on 28/5/2017, 20:20     +1   -1
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Artificial Flower's Lullaby

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CITAZIONE
Giusto un post di introduzione per partire cariche.
Urako è di turno in ospedale, il suo tutor """responsabile""" (con molte virgolette perché sappiamo entrambe com'è, lol) la convoca in ufficio perché deve assegnarle un nuovo incarico. Come orario siamo sulla tarda mattinata, poco prima dell'ora di pranzo.
 
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view post Posted on 29/5/2017, 23:18     +1   -1
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Sono loro ad essere venuti là, mica è andata a cercarli lei! - quel pensiero continua a rimbalzarle nella testa da ieri pomeriggio: insistente, martellante, poco importa che lei si aggrappi a quella fragile scusa... il senso di colpa e l'imbarazzo, misti al disagio di sentirsi ancora all'oscuro di troppe cose, la tormentano come un letto di spine.

Ecco cosa è successo.
Lei si stava facendo i fatti suoi, zitta zitta: il pomeriggio precedente era andata al parco – quello della fanciulla stecchita - si era seduta a gambe incrociate ed aveva attivato la Trasparenza così, per allenarsi un po' a mantenere la jutsu a lungo ma senza spezzarla con movimenti inconsulti. Sembra facile detta così, ma sapete cosa succede se inizia a pruderti il naso?
O se ti viene da starnutire?
O se un ragno inizia a camminarti addosso, e ti si infila dentro la maglietta??

Siamo al parco, è ovvio che ci siano insetti dappertutto.
Non puoi muoverti o spezzi la tecnica, quindi stringi i denti e sopporti tutto, perché è lo scopo del tuo allenamento.

I primi venti minuti erano stati una noia mortale: se almeno ci fosse stato Shi con cui fare a gara o qualcosa del genere, almeno si sarebbe divertita... però non poteva mica stargli sempre appiccicata come una patella sugli scogli. Le sarebbe piaciuto tanto, ma ci ha pensato un po' ed ha concluso che anche lui ha cose da fare, non lo poteva costringere a stare con lei tutti i giorni tutto il tempo, o si sarebbe rotto le scatole – quindi allenamento in solitaria. E poi sono arrivati loro.
Li ha sentiti scalpicciare ridacchiando, senza preoccuparsi di non fare rumore - quindi ha potuto archiviare la presenza come non-ostile praticamente da subito – e si sono stravaccati sotto un pioppo, dopo cinque terrificanti secondi in cui lei ha temuto che avrebbero deciso di sdraiarsi addosso a lei. Li ha osservati senza ruotare il collo, relativamente tranquilla: probabilmente avrebbero tirato fuori uno o due libri e si sarebbero messi a studiare, e per lei sarebbe stata un gradevole diversivo. Insomma, stare sotto al loro naso senza essere vista: soddisfazioni da shinobi.

Si è resa conto quasi subito di essersi sbagliata di grosso.
Per seconda cosa, ha realizzato che non avevano nemmeno una tracolla per metterceli, i libri; la prima cosa invece era che hanno attaccato a sbaciucchiarsi praticamente subito, il tipo seduto con la schiena contro il tronco e un ginocchio piegato mentre lei gli stava incollata addosso come quelle verdurine che ti restano sui denti, un braccio steso attraverso il torace di lui e una gamba accavallata a quella distesa del ragazzo, mentre un braccio robusto la stringeva in vita da dietro la schiena. Insomma, un bell'intreccio.
Non riusciva a capire bene se fosse una posizione comoda o no: il tronco è duro, e per terra è umido, ma quelli non sembravano nemmeno badarci; a quel punto della storia però sarebbe stato opportuno che la nostra eroina si levasse di torno e lasciasse un po' di privacy ai due piccioncini... cosa che non ha fatto, perché sotto i suoi occhi si stava svolgendo un curioso fenomeno antropologico; per di più, c'è sempre il discorso di prima: non era mica lei ad andare in cerca di coppiette da spiare, semmai il contrario. Quei due sono andati a disturbare un suo allenamento, per cui se la sono andata a cercare.
All'incirca.
No, non proprio.

Esatto, non si sentiva del tutto a posto per la sua innocente sbirciatina, però che avrebbe dovuto fare? Se si fosse alzata sarebbe apparsa all'improvviso, e non aveva nessuna voglia di spiegare il perché e il percome si trovasse lì. Alla lunga sarebbe potuto diventare un problema: e se che quelli non se ne fossero proprio andati? Restare immobile per tre ore sarebbe diventato un massacro per le sue povere gambe, che già iniziavano a formicolare, ma per il momento avrebbe potuto sopportarlo in nome dell'osservazione scientifica, come accennavamo prima. A come darsi alla fuga avrebbe pensato al momento opportuno.

Il fatto è che avevano una maniera di baciarsi che non c'entra un tubo, con quella che hanno lei e Shi.
Ne aveva sentito parlare dalle sue amiche, e ogni tanto per strada si vedono le coppiette con le facce incollate insieme, ma non è che si fosse mai fermata a guardare cosa facessero esattamente; da quell'angolazione e distanza invece la visuale era eccellente. Per riassumere, era quasi come se stessero mangiando un ghiacciolo a merenda: è come se ciascuno si divertisse ad acchiappare le labbra dell'altro con le sue, come se avessero un buon sapore – e magari si sbagliava, ma a volte si mordicchiavano pure a vicenda. E quella? È la lingua? Maddaaaaai!
Cavoli se aveva un'aria scomoda, 'lla roba.
Se avesse potuto farlo, avrebbe aggrottato le sopracciglia perplessa.
Cioè, mica avevano le caramelle, in bocca. C'era davvero bisogno di tutto quello schifìo? E la saliva, saliva ovunque, e rumori di risucchio assortiti... mah. C'era da sperare che si annoiassero presto di tutto quello sbausciare, almeno avrebbe potuto alzarsi da lì e fare qualche centro con gli spiedi; se non altro ha capito la differenza tra il bacio-a-stampo e il bacio-con-la-lingua, decidendo senza ripensamento che la prima forma fosse decisamente più dignitosa e igienica dell'altra.
E così, tra uno slurp e uno smack, è arrivata a mezz'ora di totale immobilità.

Che si fa?

Seriamente, quelli non cambiano solfa.

Che rottura.

Ah no, aspetta. Forse si è mosso qualcosa.

Mhhh... non suona bene: si sono avvicinati anche di più di prima, e.... no.
Ora basta.

“Ahem-ahem!”


Di fatto, nulla le poteva impedire di emettere suoni senza muoversi: di conseguenza è riuscita interrompere quella scenetta disagiante senza farsi beccare.
Con le orecchie bollenti e gli occhi ridotti a due fessure cariche di rimprovero, ha osservato le sue vittime sobbalzare e quella specie di piovra umana sfilare la mano dai pantaloni della ragazza, che doveva essere un'utilizzatrice di suiton o non si spiegavano le dita umide; si sono guardati intorno smarriti, perplessi e poi preoccupati, perché sì – l'hanno sentita ambedue la tossicchiata ammonitrice, ma nessuno dei due riusciva a individuarne la fonte.
Hanno finito per levare le tende a passo svelto, guardandosi nervosamente intorno e a quel punto, con un sospiro di sollievo, lei ha potuto spezzare la tecnica e distendere ambo le gambe sull'erba umida, massaggiandole per riattivare la circolazione sanguigna.
Ma che roba, che si vede in giro!



E insomma, questo è quanto.
Oggi però è stata parecchio distratta in reparto, ed è una fortuna che dovesse soltanto cambiare le lenzuola; che poi non riesce mica a capirsi. Se baciare con la lingua è così disgustoso, perché non riesce a non pensarci?
Sospira confusa, sciacquandosi il viso e studiandolo, ancora umido e gocciolante, allo specchio del bagno del personale: ha le guance un po' rosse e le orecchie proprio paonazze.
“Yakamoto, la Sakamoto ti vuole in studio!”
“Dice che devi fare una roba nuova...”


Sobbalza, quasi le cade di mano l'asciugamano di mano: se lo passa velocemente sulla faccia prima di voltarsi e rispondere un “Arigato, Komatsu-san!” - ma quello già se n'è andato via. Sempre di fretta, mai un po' di garbo o calma... come tutti loro, quando devono fare l'ennesima cosuccia in più, in quel marasma che è l'ospedale.
Una cosa nuova...?
Di che potrebbe trattarsi?


Non può che essere una cosa positiva, in ogni caso: sta riuscendo a distrarla da quell'intrecciarsi di lingue che le strisciano nella testa da diverse ore, e questo per il momento le basta. Si sistema i bottoni del camice davanti alla porta dell'ufficio della sua sensei, prima di sollevare la mano e bussare con decisione tre volte sulla formica candida.



off || perdonami ma il siparietto ce l'avevo pronto da un po' XD || on
 
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view post Posted on 30/5/2017, 17:12     +1   -1
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La dottoressa Sakamoto era nel suo ufficio. Elegante, per quanto lo si possa essere con un camice bianco, capelli perfettamente in ordine, ma nessuna assistente in vista. Incredibile, vista la quasi simbiosi con cui sembravano vivere le due.
Sulla scrivania, semplice ma ordinata, era aperta una cartella clinica. Entrando, Urako avrebbe potuto vedere la foto di una ragazza giovane, con grandi occhi azzurri e una zazzera di boccoli biondissimi a incorniciare un viso pallido e probabilmente troppo magro per essere completamente in salute.

«Urako-san, ho un compito per te.»

Non un ciao, non un accomodati, solo l'andare dritti al punto. Indicò la cartellina, e la spinse verso la giovane, girandola affinché potesse leggerla.

«Ti presento Tsuki Inaka. Diciassette anni, prosopagnosia conclamata. Ma un caso particolare... Leggi tu stessa.»

Oltre a dati tecnici come gruppo sanguigno e allergie, la cartella clinica specificava che la signorina Inaka soffriva di una patologia mentale che non le permetteva di associare gran parte di ciò che vedeva al suo reale significato.

«Volti, oggetti, movimenti... Il suo cervello li interpreta in maniera alternativa, e questo rende complicato il trattarla e curarla perché l'avvicinarsi eccessivo di qualsiasi membro dello staff medico le provoca crisi di panico o rabbia. Ci vede come mostri, o... Chissà che altro.»

Un lieve sospiro, privo della più minima empatia, e la Sakamoto riprese a parlare.

«Stiamo cercando qualcosa di più pratico per poterle sottoporre alcuni test cognitivi, dove ci serve sveglia e collaborativa. Finora abbiamo fallito, e tutti gli esami abbiamo dovuto farglieli sotto sedativi o Genjutsu... Ma capisci, è poco pratico appunto.»

Chiuse la cartellina e la consegnò a Urako.

«Ormai sei in ospedale da un po', penso tu abbia l'esperienza necessaria. Diventerai la sua infermiera, studiala ed escogita un modo per avvicinarla senza che cominci a urlare e piangere. Puoi cominciare subito, è quasi l'ora di pranzo.»

Possibilità di rifiutarsi? Certo, c'erano... Ma le conseguenze, con la dottoressa Sakamoto, potevano essere ben poco gradevoli.


 
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view post Posted on 31/5/2017, 19:14     +1   -1
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off || perdonami, post noioso || on

Oggi Hatsue non c'è... e sente di non apprezzare molto quell'assenza: sa troppo di brutti ricordi. Se lo lasciasse fare, Shi passerebbe ambo le donne a fil di katana, ma per lei la colpa di quello che le hanno fatto passare non ricade equamente sulle due. Le grida dell'assistente sono impresse nella sua memoria tanto quanto le fitte dolorose inflitte dai kunai della sensei, e di certo non erano grida di incitamento. Poi c'è anche un'altra questione, che le accarezza la mente molto spesso negli ultimi tempi – specie quando le sue dita incontrano la cute irregolare sul collo del suo ragazzo, là dove un tempo era il suo marchio d'infamia: fino a pochi anni fa, la musica in Accademia era diversa. Ovviamente è contenta di non essere passata sotto l'amministrazione di Momochi Illya, ma... può davvero dirsi una kunoichi pari alle sue colleghe più grandi, quando lei è cresciuta tra mille comodità? Niente incisioni umilianti, niente sangue versato a cascate, e stando al vago racconto del corvino, neanche lezioni... per... come dire... imparare a compiacere gli uomini?

Insomma, coi brutti ricordi vuole imparare a conviverci: vuole essere più forte, e quell'addestramento cruento che ha affrontato è stato la cosa più simile ai vecchi metodi che abbia mai provato. È per questo che non si concede di titubare dopo la prima occhiata allo studio vuoto, e marcia verso la scrivania curandosi di tenere le spalle rilassate e le braccia lungo i fianchi: “buongiorno, sensei” - ribatte educatamente al saluto inesistente della donna, con lo sguardo fisso nel suo.
Cavolo, mantenere la testa alta con la Sakamoto è proprio difficile; però se Shi ha potuto tagliare via la sua stessa pelle, lei nel suo piccolo farà di tutto per seguirne i passi.
Sfoglia con calma le pagine, facendo scorrere gli occhi scuri sui vari paragrafi, forse più per apparire meticolosa che per altre ragioni: non può certo acquisire tutte quelle informazioni così, su due piedi; per quanto riguarda “i mostri”, dipende tutto da come hanno cercato di trattarla... ma questo non può dirlo ad alta voce. È il primo caso di malattia mentale che le capita, quindi niente che possa trattare con la Piccola Cura o un paio di cerotti: questa novità la incuriosisce, ma nel contempo la elettrizza con una strana ansia leggera. Come mai avrà scelto proprio lei?
Pensa che sia all'altezza, o la sta soltanto mettendo alla prova?
Forse non importa... è meglio pensare di dare il massimo, o si perderà ancora prima di iniziare. Rifiutare non è neanche lontanamente in discussione.

Per fortuna, è la stessa Sakamoto a lasciarle prendere il fascicolo; frasi come 'grazie sensei, farò del mio meglio' si rifiutano di abbandonare le sue labbra, quindi uno scarno “le farò avere un rapporto dettagliato” è la soluzione che adotta: non è che sia davvero certa di farcela, capiamoci, però è certa di poter scrivere una relazione in modo corretto ed esaustivo.
Per Tsuki ha Ha scelto un'abbondante porzione di polpettone coi piselli e un budino alla mela, perché quei brodini insipidi proprio non li può soffrire: la paziente è giovane, forse le piacerà avere qualcosa di colorato nel piatto, una buona dose di zucchero... e qualcuno dall'aria innocua davanti. È per questo che non ci ha pensato due volte, appena uscita dal retrocucina: qualche sigillo e... puf! Da una nuvola di fumo è uscita la ragazzina grassottella che è apparsa a Hakurei nel paese del Fuoco, quella con capelli crespi color rame e le lentiggini sul viso paffuto; va particolarmente fiera del kimono rosa a fragoline che sfoggia anche stavolta, è un vero tocco di classe.
Devo osservare bene e ricordarmi tutto, dalle espressioni del viso alle sue parole – questo si ripete mentre trasporta il vassoio verso la stanza della paziente – e scrivere ogni cosa senza tralasciare nulla.
Le finestre in quel reparto hanno tutte le sbarre, ma per quanto sia una protezione per gli stessi pazienti non riesce proprio ad apprezzarle: la stessa luce dei neon sembra più smorta, malata, priva di salute; si augura di essere riuscita a dipingere sul faccino rotondo un sorriso convincente, prima di varcare la soglia della stanza.

Sarà in grado quella ragazza di distinguere un sorriso da un ringhio?

 
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view post Posted on 3/6/2017, 15:22     +1   -1
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La stanza era la numero 88, nell'ala Nord dell'ospedale, quella più luminosa. Infatti, appena entrata Urako poté vedere che una grande finestra aperta attirava la più completa attenzione di Tsuki, la giovane paziente seduta sul suo letto a gambe incrociate, con le spalle alla porta. Un corpo esile, e una gran massa di ricci scompigliati che ondeggiavano a ogni risata. Sì, la ragazza stava ridendo, risatine deliziate e argentine.
A un'occhiata più attenta, Urako avrebbe notato che stava facendo bolle di sapone, e che il danzare e volteggiare delle sfere traslucide sembrava essere la fonte della gioia della paziente. Una di queste la superò, forse mossa da una folata di vento, e Tsuki si girò rapida per seguirla, finendo a quattro zampe sul letto con un sorriso che andava da orecchio a orecchio, gli occhioni pieni di gioia e meraviglia nel seguire il volo della bolla...

...Quando però nel suo campo visivo entrò la camuffata Urako col vassoio del cibo, la bolla scoppiò. E gli occhi di Tsuki si riempirono di un altro sentimento: la paura.

«No...» mormorò, mordendosi forte un labbro e tirandosi su in ginocchio.
«No no no no no no no!»
Respiro accelerato, corpo che si ritrae verso l'angolo del letto, contro la parete. Praticamente una bestiola in gabbia di fronte al carnefice appena entrato.
Strano che i budini facciano tanta paura.
«Per favore... Per favore, no!»
Tsuki afferrò il cuscino, abbracciandolo e piantandoci le unghie dentro, mentre si faceva sempre più piccola in quel camicione bianco da ospedale che le dava un'aria ancora più pallida e smunta.

 
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view post Posted on 5/6/2017, 14:23     +1   -1
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“Ma-ma... ma come... non ti piace il budino alla mela? Ero sicura di sì...”

Si sente raggelare, ma non è paura: è la sensazione di quando ti accorgi di aver fatto qualcosa di brutto quando oramai è troppo tardi per rimediare.
Però non è corretto! - protesta una vocina nella sua testa, ricordandole che lei non sta facendo proprio nulla di male. Lei è un dottore in formazione, e sta facendo quello di cui l'hanno incaricata.
… le sto mentendo, quindi non è del tutto corretto nemmeno pensare di essere nel giusto.
O no?
Si sente un po' sporca, specie perché si è davvero impegnata a fare la simpatica, mentre in realtà tutto ciò che le interessava era cavare fuori dalla paziente quello che doveva. Fine.

Le effimere che la ragazza stava soffiando sono scoppiate una ad una, e presto l'aria se ne svuota, privata del ricambio che avrebbe potuto fornire la biondina; dal vivo sembra quasi più piccola che in foto, o forse è solo quell'aria spaventata che porta stampata in faccia.
La Sakamoto ti ha affidato un incarico – suggerisce la vocina di prima, quasi un sussurro perso in un mare di incertezza – dovresti provare a...
E come, di grazia?!
Ora che si trova davanti la paziente, inizia a comprendere la dimensione della faccenda: quella donnaccia della sensei le ha rifilato di sicuro la paziente peggiore che ha in cura, e tutto perché è una gran pigrona. E che non la conosce? Potrebbe immaginarla mentre fissa annoiata quella Tsuki dare di matto, sbuffa scocciata, scribacchia due righe sul suo taccuino giusto per far figurare che ci ha perso due secondi e mezzo e poi tornarsene in studio a leggere riviste sulla chirurgia plastica.

Però lì non c'è la Sakamoto: ci sono solo Tsuki e Urako, Urako che cerca di reprimere un moto di scoramento misto a confusione e stizza, sempre con quel benedetto vassoio in mano. Dubita di riuscire a cavare altro da quella lì, non ora... non senza capirci meglio, non senza aver riorganizzato le idee e preso diversi respiri belli profondi. Deve calmarsi anche lei, insomma, perché adesso ha in testa solo un gran ronzio e non riesce a pensare.
“D'accordo, facciamo così. Ti lascio qui il pranzo. Se non ti piace il budino alla mela lascialo, ti faccio avere quello alla banana più tardi.”
“Buon appetito!”
E chiusa la porta dietro di sé ci poggia contro la schiena, strizzando gli occhi e trattenendo il fiato.
Quella lì il vassoio non se lo prende SICURO.
E se non fosse riuscita a cavare un ragno dal buco?

… sente un groppo serrarle la gola...

off || ha mollato il vassoio su una sedia vuota accanto alla porta, senza avvicinarsi o cosa || on

 
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view post Posted on 6/6/2017, 10:59     +1   -1
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Non si sa se era per via del budino alla mela, piuttosto che quello alla banana, ma il terrore negli occhi di Tsuki sembrava sincero. Abbracciata al cuscino con tutte le sue forze, mormorava qualcosa di incomprensibile e mezzo soffocato, mentre i suoi grandi occhi da cerbiatto torturato vibravano, sgranati per la paura.
Fortunatamente Urako decise di levare le tende in fretta. Lasciato il vassoio su un tavolino di fianco all'ingresso, chiuse la porta e vi ci si appoggiò contro per riprendere fiato, convinta che la paziente sarebbe rimasta nella sua tana mentale fatta di mostri misteriosi e impossibili da decifrare.

Tuttavia, le orecchie da kunoichi della Yakamoto percepirono uno spostamento e uno scalpiccio di piedi nudi sul pavimento di piastrelle. Un lieve sommovimento di piatti e ceramiche, e poi di nuovo il silenzio.
Probabilmente Tsuki aveva davvero preso il vassoio, segno che non c'era nulla che non andasse col budino alla mela.

Un infermiere di passaggio vide Urako, ancora camuffata da inserviente gioviale e paffuta, e si fermò a guardarla con un sorriso di simpatia.

«Primo giorno con lei, eh?» fece con una certa condiscendeza, indicando la porta contro cui Urako era appoggiata. «Coraggio... Ci siamo passati quasi tutti, tra una cosa e l'altra. Non è colpa tua... È colpa del suo cervello. Sembra che solo le dannate bolle di sapone, o le cose luccicanti, siano in grado di non farla strillare come un ossesso! Quella lì deve avere il cervello di una gazza ladra, credi a me!»

 
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view post Posted on 6/6/2017, 14:59     +1   -1
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I suoi occhi leggermente umidi si sollevano, posandosi sulla figura gentile dell'infermiera; sospira profondamente, in un modo quasi troppo adulto per la bimbetta paffuta di cui ha preso le sembianze, ed annuisce staccandosi dalla porta. “Capisco” risponde laconica, immaginando che razza di scena sarebbe stata, se la biondina avesse strillato sul serio.
D'altra parte è per quello che è chiusa lì: se non fosse matta, starebbe a casa sua.

“Insomma, dovrò travestirmi da bolla di sapone” commenta infine atona, tanto per dire qualcosa, perché da una situazione del genere non vede vie d'uscita: l'unico tentativo che potrebbe fare sarebbe distrarla coi suoi stessi metodi, chiedendo in prestito il tubetto di saponata che ha visto accanto al letto di un bambino giù in pediatria. Avrebbe spiegato alla madre a grandi linee come mai ne avesse bisogno, e se per caso avesse terminato la miscela le sarebbe bastato comprarne uno nuovo in cambio... ora è in servizio, non può prendere e uscire dall'ospedale come se niente fosse. Ed è così che fa: saluta la collega e scappa via al piano terra, dove la signora approfitta del sonnellino del suo marmocchio per sottrargli il tubetto senza scatenare l'inferno. Non è che abbia così tanta fiducia in quell'idea, ma se quel “rinforzo positivo” di cui tutti parlano nei libri fosse una cosa fondata, potrebbe approfittarne per aprire un canale di comunicazione con la paziente.

Un altro budino – eccolo il suo rinforzo positivo: tu giochi con le bolle, non rompi le balle, e ti do il dolcetto... visto che il pranzo non pareva averle fatto così schifo prima. Che carognetta.
Così socchiude la porta di formica, piano piano, come se a farlo fosse una folata di vento... e dopo aver intinto il bastoncino forato nella saponata soffia delicatamente, curandosi che le bolle passino attraverso la spanna di spazio disponibile e prendano a fluttuare silenziose all'interno della stanza. Avrebbe ripetuto l'operazione a volontà, restando in ascolto: nel momento in cui avesse udito le risate allegre della ragazza sarebbe entrata piano piano, senza smettere di emettere bolle, e se fosse stata fortunata avrebbe poggiato il budino ancora sigillato nella monoporzione lì, sul letto, assieme a un cucchiaino pulito.
Sarebbe stato un po'come avvicinare un animale selvatico: non avrebbe potuto permettersi movimenti bruschi o di aver fretta, o avrebbe sprecato anche quest'altra carta.

 
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view post Posted on 7/6/2017, 12:04     +1   -1
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Il collega in uniforme bianca la guardò un po' stranito dopo quella frase, ma non poté fermarsi a indagare ulteriormente perché dalla stanza in fondo al corridoio la luce d'emergenza si accese di colpo. Qualcuno aveva chiamato, probabilmente un paziente, quindi l'infermiere si congedò con un sospiro, un cenno del capo, e si affrettò a rispondere alla chiamata.

Rimasta sola, Urako tentò un nuovo approccio. Aperta la porta poté verificare che il vassoio era stato completamente ripulito e lasciato lì sul tavolino dove lo aveva riposto. Piatti e stoviglie erano lucidi, sembravano non essere mai stati usati.
Poi, quando le prime bolle presero a volteggiare nell'aria, la risata di Tsuki riempì di nuovo quell'ambiente asettico. Gioiosa, trillante, la ragazzina guardava le bolle con gli occhi pieni di meraviglia, a volte tendendo le mani verso di loro -ma senza mai toccarle-, altre volte portandosele alla bocca come a nascondere la risatina trattenuta.
Chissà cosa ci vedeva, in quel sapone volante... Bisognava chiederglielo, e forse Urako aveva escogitato un metodo per avvicinarla.
Forse.

«Uh?»

Tsuki si accorse di lei quando il budino era a pochi passi dal letto. Immediatamente si irrigidì, alzandosi in piedi sul materasso con i pugni stretti portati al petto in segno di difesa. Guardava Urako, poi le bolle, poi il budino. Sembrava... Confusa, molto confusa.

«Sei...» iniziò a dire, ma deglutì forte e la frase si interruppe. Gli occhi azzurrissimi della ragazzina guardarono le bolle, ormai rimaste davvero poche, e quando un'altra scoppiò le labbra si arricciarono come per un attacco di pianto in arrivo. Indietreggiò, ma sul materasso non poteva andare molto lontano.
«Ti prego...» singhiozzò, guardando Urako negli occhi solo per un istante, poi distogliendoli subito.
«Mangerò il tuo uovo... Ma ti prego... Non pungermi con le tue chele... Ti prego...»

Tese una manina, tremando come una foglia, verso il budino. Forse era quello l'uovo... Ma chissà cosa accidenti erano per lei le chele.

 
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view post Posted on 7/6/2017, 20:37     +1   -1
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Noooooo, niente chele!”
col tono di voce più rassicurante che riesce a produrre, si impegna per tranquillizzare la squinternata: ne studia il movimento, che seppure tremante appare tutto proteso verso il dolce.
Bingo?
All'inizio sembrava andare tutto a gonfie vele, poi quel panico sorto all'improvviso appena è entrata nel suo campo visivo: deve mollare il dolce appena possibile e rimettersi a soffiare bolle. Il cuore le batte forte ma nemmeno lo sente; invece quell'elettricità sottile che le pervade il corpo, le braccia, le dita, quella la sente benissimo: è l'eccitazione che monta quando hai elaborato un piano, lo stai seguendo e quello sembra funzionare, ma ancora temi che possa andare tutto a rotoli.

È ovvio che l'uovo di cui sta blaterando altro non sia che il budino, ed è chiaro come il giorno che tema di subire un'iniezione. A nessuno piacciono le punture, è comprensibile, tra l'altro chissà quante ne avrà subite; al contrario a tutti piacciono i dolci, e più i secondi passano, più spera che associare il buon sapore alle bolle, e le due cose alla sua presenza, possano ingraziarle la biondina.
Si arresta per qualche istante, il tempo necessario per controllare che l'altra non stia per ritrarsi, poi avvicina di qualche altro centimetro la monoporzione: “Solo l'uovo, tutto tuo. Buonissimo, questo uovo” - e si prepara a posare l'osso non appena fosse stata abbastanza vicina da poggiarlo sul lenzuolo candido, senza che cada a terra; provare a consegnarlo direttamente nelle sue mani è fuori discussione: troppo vicina, la paziente probabilmente sarebbe ripiombata nel panico... come se ora non lo fosse già... il peso del tubetto di saponata è rassicurante nella sua tasca, forse è davvero la chiave per venire a capo di quel pasticcio. E far finalmente capire alla Sakamoto di che pasta è fatta lei, perché i complimenti di Shi sono sempre belli da ascoltare ma... la voce ragionevole nella sua testa le dice che forse il ragazzo potrebbe esagerare. Non essere troppo obbiettivo, insomma.


off || buona, questa cadrega!
Se la tipa prende il budino, Urako riprende immediatamente a soffiare bolle dopo essersi allontanata lentamente dal letto || on

 
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view post Posted on 8/6/2017, 10:20     +1   -1
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Tsuki prese l'uov-pardon, il budino, e si rintanò nell'angolo contro cui era posizionato il letto. Schiena alla parete, piedini raccolti e posizione appallottolata, con le mani che stringevano quel budino ma tremavano troppo per essere funzionali al mangiare.
Gli occhi non smettevano di ricoprire Urako con le loro ondate di paura. Era evidente come non sarebbe riuscita a mangiare, finché la ragazza fosse rimasta nel suo campo visivo: il magro corpo della paziente tremava tutto, e probabilmente non sarebbe nemmeno riuscita a tenere in mano il cucchiaino.

Tuttavia, quando Urako produsse bolle, ecco che la paura mutò in confusione. Tsuki guardò le bolle, poi Urako, poi di nuovo le bolle.

«Sei... Un figlio delle fate, anche tu?» mormorò, deglutendo a forza.

E adesso, che diamine erano i figli delle fate?

«Sei... Chi stavo aspettando?»

 
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view post Posted on 9/6/2017, 19:52     +1   -1
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Un cosa?!
Accidenti, ogni volta che quella apre bocca è un nuovo indovinello... e adesso cosa sarebbero, questi figli delle fate? Con l'asticella forata a mezz'aria e il cervello che lavora febbrilmente a una soluzione, sente quasi uscire il fumo dalle orecchie: qual è la risposta giusta?
Come se la mente di Tsuki ragionasse secondo canoni normali. L'eccitazione della caccia si sta spegnendo, mentre la kunoichi cozza ripetutamente come una mosca contro il vetro di una finestra: dall'altra parte la mente della paziente, e lei che non riesce a trovarne la chiave.
Se le rispondesse di sì, è probabile che le chieda di provarlo con una prova strampalata - che naturalmente non può superare; se invece ammettesse la verità, sarebbe tanto non beccarsi il budino in faccia.

“Io vorrei tanto diventarlo...” le risponde infine con tono sospirante - un nì insomma, sperando che se lo faccia bastare. “Tu sai come si fa?”
Si sente svuotata dentro, dopo questa non sa più cosa inventarsi.
Spera soltanto che sia qualcosa di fattibile con le sue jutsu, o con qualche bolla ben piazzata, sperando che non badi troppo all'elusione della seconda domanda.

 
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view post Posted on 10/6/2017, 10:00     +1   -1
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Artificial Flower's Lullaby

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Non era un figlio della fate, ma voleva diventarlo. Questo bastò a far comparire negli occhi di Tsuki una piccola luce diversa... Quella dell'interesse.
E nel momento in cui le domandò se sapeva come si facesse, la paziente annuì con decisione.
Cosa ancora più importante, abbozzò un timido sorriso che le conferì un'aria completamente diversa rispetto allo scricciolo spaventato che vedeva i mostri e tremava. Tsuki aveva la possibilità di aiutare qualcuno, e la cosa la stava riempiendo di gioia, malgrado la paura ancora non le permettesse di abbandonare quella posizione rannicchiata.

«Ali di farfalla» spiegò con semplicità, alzando un ditino verso le ultime bolle di sapone che volteggiavano nella stanza. «Devi lasciarle posare su di te. Loro ti proteggeranno dagli occhi del Mangiaossa, e potrai lasciare questo castello.»

Deglutì rumorosamente, e smise di tremare mentre continuava a stringere il budino.

«Io... Ho perso le mie ali. Per questo sono prigioniera qui... E aspetto che il figlio delle fate a me promesso mi faccia uscire... Ma senza le farfalle, i Mangiaossa hanno troppi occhi. Mi vedono. Non posso scappare da sola.»

E la cosa, ovviamente, non le piaceva affatto.
 
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view post Posted on 11/6/2017, 22:16     +1   -1
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La buona notizia è che non si è bruciata l'unica pista buona a disposizione, quella cattiva è che la biondina è completamente fulminata.
Ali di farfalla, Mangiaossa, castelli... e sì, prima ha parlato di Figli delle Fate.
Qualcos'altro?
Ovvio, finirà tutto sul rapporto da consegnare alla Sakamoto, ma le domande da porre alla paziente esulano dal mondo di fantasia in cui si è rinchiusa; se non altro, seguendo il suo sguardo, potrebbe supporre che le ali altro non siano che le bolle di sapone che si librano in giro per la stanza. Finora è riuscita ad interpretare tutte le sue metafore correttamente, potrebbe autorizzarsi a sperare di averci preso anche stavolta. Al contrario, le cose di cui ha paura – chele, Mangiaossa e quant'altro – potrebbero equivalere ai medici che la curano da quando è stata ricoverata. Se il Castello è l'ospedale il cerchio si chiude, ma questo non l'aiuta a trovare una via per soddisfare quella richiesta bislacca.

Le bolle scoppiano quando toccano qualcosa, a meno che non si posino su una superficie umida: l'ha notato da piccola, quando ancora ci giocava anche lei in giardino. “Capisco...” risponde annuendo con fare triste - “è terribile.”
“Ascolta, io adesso mi impegnerò al massimo per imparare: mi aiuterai tu, se avessi bisogno di altri buoni consigli?”
le domanda per guadagnare tempo – e la collaborazione della ragazzina – prima di estrarre di nuovo il bastoncino forato e prendere a soffiare fuori quante più bolle possibile, nel tentativo di saturarne l'intera stanza.
Il cosa farci, beh, è molto meno immediato: l'equazione tra umidità e suiton è ovvia, ma non può infilarsi sotto la doccia solo per offrire il giusto appoggio alle Effimere; sa che nel momento in cui riuscirà a riempire l'aria di molecole d'acqua cariche di chakra, esse reagiranno ai diversi Elementi in maniere inattese – l'ha spiegato il sensei a lezione – però non può utilizzare jutsu acquatiche in reparto, o dovrà asciugare pavimenti per tutto il resto del giorno.
Le bolle stanno già iniziando a dileguarsi, e lei non ha ancora deciso che fare: in realtà la cosa più intelligente sarebbe tentare con una piccola parte del corpo, tipo una mano, o lo sforzo eccessivo vanificherà un eventuale progresso. Con un respiro profondo solleva una mano, il palmo rivolto verso l'alto, e con una buffa smorfia concentrata si sforza di richiamare il chakra Elementale – l'acqua appunto – sull'epidermide, a ricoprirla come fosse un sottile velo di sudore.
Meglio non stringerla, una mano conciata in quel modo!
Estende l'arto, provando a intercettare il fluttuare di una bolla di una decina di centimetri di diametro...

 
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view post Posted on 12/6/2017, 10:22     +1   -1
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Artificial Flower's Lullaby

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Tsuki sembrò guardare Urako con perplessità.
«Io... Aiutarti?»
Stranita dalla richiesta, non sembrava abituata a essere colei che aiutava. Le labbra le tremavano ancora leggermente, e per qualche secondo i suoi occhi saltellarono tra la kunoichi, la porta, la finestra, il tubetto di bolle di sapone, il budino, il letto. Insomma, sembrava voler ricontrollare la stanza, la sua cella nel castello, forse temendo che qualcuno la stesse ascoltando e potesse intervenire per punirla.

Eppure, nessun Mangiaossa giunse con le chele spianate, perché la giovane paziente annuì con solennità e tornò a guardare Urako.

«Sì. Lo farò.»

Una breve pausa, e finalmente l'ombra di un sorriso illuminò il visetto magro di Tsuki.

«Io sono Luna. Tu hai un nome, figlio delle Fate?»

Fatte le presentazioni, la Yakamoto si mise all'opera, sotto lo sguardo attento della biondina che addirittura appoggiò il budino di fianco a sé per concentrarsi meglio. Non era possibile capire cosa stesse vedendo, vista la sua patologia, ma nel momento in cui la bolla toccò la mano inumidita di Urako, Tsuki lanciò un urlo di gioia.

«Ce la stai facendo! Sì, bravissimo! Lascia che ti ricoprano completamente, non spaventarle!» Con un gesto ratto e repentino, si impossessò del tubetto di acqua saponata e si preparò a soffiare altre bolle. «Le chiamo di nuovo. Lascia che ti arrivino addosso, che si posino serene, okay?»

Ondata di bolle fra tre... Due... Uno...


 
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