| Ai Kansei. Una fanciulla dalla voce suadente e dall'aspetto aggraziato, persino innocente si sarebbe potuto dire... se ancora esisteva un ninja di Kiri innocente. Riusciva inoltre allo stesso tempo a mostrare fiducia in sè stessa e capacità di prendere l'iniziativa. In ogni caso a una prima impressione pareva portata al dialogo piuttosto che al conflitto, e questo era un buon presagio per la collaborazione come team.
Sekku Su. Una ragazza piuttosto chiusa, non di molte parole. Una di quelle che pareva fare anche a meno di farsi notare, poichè preferiva osservare la situazione e intervenire solo quando lo avesse voluto. i suoi occhi guizzavano a destra e sinistra, svegli, in contrasto con la sua bocca che invece pronunciò solo il suo nome. Silenziosa, una qualità da apprezzare.
Taiji Ishianata. Giovane. Forse troppo giovane, ma in fondo tutti loro avevano iniziato a quel modo. Probabilmente era inesperto, a giudicare dalla sua età, ma questo sarebbe stato da vedere sul campo. Comunque dalle premesse non sembrava una missione tanto pericolosa, non ci sarebbero stati problemi. O almeno così Takeshi credeva.
La quarta figura. Nascosta dietro un cappuccio, il chunin non riuscì nemmeno ad intravedere il suo volto. Non pareva molto amichevole, dato che stava completamente ignorando il resto del team nel momento della presentazione. Anzi, ora che Takeshi ci faceva caso, non riusciva a vedere nemmeno se la donna indossasse un coprifronte o meno: poteva essere un membro poco socievole della loro squadra, oppure essere una semplice abitante della zona. In quel caso, perchè vestirsi a quel modo? E quella sfera che teneva in mano, di cosa si trattava?
L'attenzione di Takeshi venne attirata di nuovo da Ai, che si era rivolta a quello che il ragazzo individuò come il committente della missione. Chiratsuki, il rappresentante del quartiere, era visibilmente inquietato e tremante. Gli occhi violetti del chunin guizzavano tra i movimenti convulsi dell'uomo, che si asciugava il sudore con un fazzoletto bianco, alla donna seduta in disparte, attendendo un suo intervento nella discussione. Attese invano, mentre scopriva invece il motivo della sua convocazione lì: un fantasma che a quanto pare infestava le abitazioni di quel quartiere. Takeshi sbuffò, non troppo vistosamente. Non credeva nei fantasmi. Credeva in molte cose, ma non nei fantasmi nel senso comune del termine: chi è morto rimane tale, non si poteva tornare indietro, non importava quanto fosse rimasto attaccato alla vita. Sua madre non era tornata indietro. I fantasmi erano creati dall'ignoranza degli uomini, che non riuscivano a spiegarsi alcuni fenomeni, e alla loro paura dell'ignoto, che li portava ad attribuirli a ciò che li spaventava di più: il rancore, l'odio, la morte. Invece, ciò in cui credeva Takeshi erano i ricordi: Sanae ogni tanto continuava ad andare a trovarlo, nella memoria, nei sogni. Finchè avesse ricordato, lei non se ne sarebbe mai andata del tutto.
Beh, allora cominciamo subito a vedere se c'è qualcosa di strano in zona.
Sì, aveva proprio voglia di mostrare all'uomo che non c'erano fantasmi dietro a tutto ciò: in un istante chiuse gli occhi, lasciando che il chakra circolasse liberamente per tutto il suo corpo, risvegliando quel sesto senso che permetteva agli shinobi di percepire la presenza di altre forme di vita attraverso il loro flusso di chakra. Quello che non si aspettava, però, era la sensazione improvvisa che lo colpì come un pugno allo stomaco: era il rombo di tuono prima della tempesta, era la luce dell'esplosione prima dell'onda d'urto, il sibilo della lama sfilata dal fodero. Non era il fantasma che stavano cercando, era... era molto di più. Era il segno che qualcosa stava per accadere, qualcosa di grosso, e il cielo ne era testimone. Spalancò gli occhi, rivolgendosi sottovoce ai suoi compagni -che a quanto aveva capito possedevano abilità simili alle sue- in particolare ad Ai che si trovava più vicina a lui. Non voleva mettere in allarme Chiratsuki, ma allo stesso tempo sentiva il bisogno di sapere di non essere l'unico ad aver sudato freddo per un attimo, oltre al rappresentante del quartiere.
...lo avete sentito anche voi, vero? Stiamo in guardia.
Non era più così sprezzante quando si rivolse all'uomo di fronte a lui: anche se per motivi diversi, la preoccupazione era la stessa. Tuttavia Takeshi era uno shinobi, e in quanto tale aveva l'addestramento necessario a mantenere il sangue freddo anche dopo quella tremenda e transitoria pulsazione di energia. Lo sguardo rimase fermo, celando la preoccupazione. Prima avessero rassicurato Chiratsuki e le altre persone sulla questione del fantasma e prima si sarebbero potuti dedicare a investigare sull'altro mistero, ben più grande. Il piano era semplice, almeno nella mente del ragazzo: capire il motivo dietro quegli eventi che accadevano nel quartiere, e porvi fine.
Chiratsuki-san, ci porti a vedere questa casa. Dica, ci sono delle particolarità di cui dovremmo essere a conoscenza? Per esempio fenomeni ricorrenti, o luoghi in cui si verificano spesso questi eventi.
Avrebbe rivolto al team un gesto con la mano, per dire di seguire l'uomo nella casa di cui stava parlando. Allo stesso tempo, però, non appena il signore avesse smesso di parlare, Takeshi si sarebbe avvicinato alla figura incappucciata che ancora non aveva proferito parola. Voleva sapere con chi aveva a che fare: suo padre Ikki diceva sempre che "Uno sconosciuto incontrato per strada è soltanto un amico che dobbiamo ancora conoscere" e il Suzaku aveva sempre rispettato questa filosofia, anche se preferiva di gran lunga non accorciare troppo le distanze. "Amico" era una parola pericolosa, in un Villaggio come Kiri.
Ehi, non ti sei presentata prima. Chi sei?
Il suo tono non voleva essere ostile, quanto tranquillo: era una domanda normale, di circostanza quasi. Non voleva risultare arrogante oppure antipatico, solo avere una prima impressione di quella donna che fino a quel momento aveva deciso di non esistere.
//Carrellata di prime impressioni e ipotesi assolutamente campate in aria, tra cui la parte ruolata dell'evento//
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