| Makoto sembrò non titubare nemmeno per un istante alla proposta del più grande, ma prima si premurò di congedare i due aiutanti che ormai avevano svolto il loro dovere. Mentre Kinji si muoveva per spostarsi nella cucina poco distante dal soggiorno, Hayato si rese conto che quello era il momento perfetto per mettere a posto il bokken che aveva preso in precedenza; mosse qualche passo furtivo verso l'esterno per poi incalzare la marcia, fino a quando non ripose la katana di legno di fianco ad un'altra, nella zona esterna che si affacciava sul giardino. Una volta eliminate le prove, il più piccolo tornò nella stanza tranquillamente come se nulla fosse accaduto, forte del fatto che l'Anbu era di spalle e persino in un'altra stanza. Riprese dunque a discutere con la sua solita parlantina come se nulla fosse.
- Certo che si, sono davvero dei mobili molto belli e credo rendano l'atmosfera più... accogliente, non è forse così?.
Dopo pochi minuti, Kinji raggiunse i due ragazzi portando con se tre tazze di porcellana e una teiera con il contenuto verdastro fumante all'interno; cominciò dunque a versare lentamente il liquido nelle tazzine facendo attenzione a non esagerare con la quantità.
- Sicuramente abbiamo un debole per i mobili in legno, e quello dei Senju è senza dubbio il migliore di tutti i grandi paesi. Devi sapere, Makoto-kun, che non siamo cresciuti in questa casa. Abbiamo passato i primi anni della nostra infanzia in un'altra abitazione e dopo la perdita dei nostri genitori siamo andati a vivere con nostro nonno paterno fuori dalle mura della Foglia.
Un sorso di thè per dissetarsi e poi continuò il discorso. Sembrò che nel raccontare quegli avvenimenti le parole dell'Uchiha avessero acquisito una punta di malinconia.
- Non era certo una reggia quella, eppure è stato un periodo sereno. Si può dire che circondarci di mobili in legno ci ricorda quel momento della vita spensierato, per quanto difficile possa essere stato all'inizio... Scusate, forse vi sto annoiando con questi discorsi.
Si riprese subito rivolgendo ad entrambi un sorriso sincero. Difficile riuscire a capire quanta tristezza potessero nascondere occhi come quelli e quanta sofferenza si potesse celare dietro un sorriso. Ma a Kinji non piaceva far pesare agli altri i propri problemi, perciò aveva da sempre l'abitudine di guardare oltre la realtà delle cose per individuarne i lati positivi e trovare il modo di andare avanti a testa alta.
- Uhm... potresti raccontare a Makoto-kun di come hai combattuto durante la guerra contro Watashi! Non lasciarti ingannare dalle apparenze: anche se a casa sembra un pigro nonnetto scorbutico, ha guidato parte dell'esercito e persino Akane-sama ha riconosciuto i suoi meriti.
L'ultima affermazione suscitò un certo disappunto nel più grande, il quale -nonostante fosse visibilmente irritato- cercò di contenere quello che aveva da dire riguardo l'ultima accusa sulla sua presunta anzianità e quindi di cambiare discorso.
- Sono certo che il nostro ospite sa bene come è andata a finire, e questo è quello che conta... magari quando avremo più tempo, se lo vorrà, potremo discuterne. Piuttosto, perchè non ci parli un po' di te, Makoto-kun? Non hai l'aria di essere solo un falegname... non è forse così?
Come aveva fatto a capire che Makoto era uno shinobi? Evidentemente era un abile osservatore che non lasciava nulla al caso; forse aveva notate qualcosa dal suo vestiario, dal suo modo di porsi, di gesticolare o un simbolo come quello sui classici coprifronte che lo legava indissolubilmente alla Foglia. Difficile riuscire a credere che due persone caratterialmente così differenti fossero fratelli. Da una parte l'esuberante e chiacchierone Hayato, dall'altra il più pacato e riflessivo Kinji; eppure quei due erano riusciti a superare il distacco dai genitori potendosi comunque definire l'uno la famiglia dell'altro. Mentre i due attendevano una risposta da parte del Senju, le mani di Kinji avvicinarono la tazza verso l'interlocutore con fare tranquillo e gli occhi corvini che si specchiavano nei suoi.
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