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Il Paese del Gelo, una landa dove la neve regna sovrana tutto l' anno fatta eccezione per una sola settimana durante l' Estate, terra impervia odiata anche dagli stessi abitanti della regione che forse per paura non osano sfidare le alte montagne che la circondano rassegnandosi quindi alla dura vita di questo Paese. La prima volta che Goro Ubuke affondò i suoi passi in quel bianco perenne fu quando aveva venti anni, era poco più di un ragazzino sprovveduto in cerca di avventura e già allora aveva maledetto quel posto per essere così ostile con i viandanti. Il tempo non aveva addolcito l' accoglienza che quella regione riservava, anzi il poco interesse dei grandi paesi confinanti aveva gettato il Paese del Gelo in un periodo di estrema povertà diminuendone la popolazione che oltre ai problemi interni doveva anche sopportare la scomoda permanenza di farabutti provenienti da ogni angolo del mondo ninja, ladri e traditori che accettavano di buona vena quell' orrendo clima in cambio di un sicuro nascondiglio. Ora l' anziano ripercorreva la strada fatta in gioventù, allora era tremendamente impaurito per i possibili attacchi dei poco di buono che pullulavano in quelle montagne, ma ora era lui stesso uno di loro, un ricercato. Kumo l' aveva lasciata parecchi chilometri alle spalle, ma sapeva benissimo che la Nuvola non avrebbe permesso a un Nukein del proprio popolo facile vita, era solo questione di tempo prima che il Villaggio si sarebbe mosso con le indagini sul suo conto. L' omicidio tra compaesani non è qualcosa che si perdona facilmente, non nei grandi villaggi e soprattutto non in un posto come Kumo, dove l' importanza della patria è superiore anche alla vita del singolo Shinobi.
Era in viaggio da più di una settimana, i primi giorni si era mosso rapidamente sfruttando il suo mezzo di trasporto nelle valli del Paese del Fulmine, ma ora in quella lastra ininterrotta di ghiaccio e neve la vecchia bicicletta era solo un peso, così come la vanga. Le aveva lasciate infatti in una caverna appena varcato il confine di Shimo no Kuni, sicuro di poterle richiamare una volta superate quelle terre grazie ai sigilli che gli aveva impresso. Proseguendo quindi a piedi il proprio cammino dovette fare i conti con la fame e la sete, incredibile, pensò, quanto possa essere difficile trovare dell' acqua in un deserto di ghiaccio: la neve, seppur può rappresentare una fonte di liquidi, è priva dei minerali necessari all' idratazione; più che per un piatto di selvaggina pregava per un bel the caldo da sorseggiare davanti a un focolare.
Come se ad ascoltare le sue preghiere ci fosse uno spirito benevolo, in lontananza, oltre le cime degli sporadici pini, vide del fumo levarsi in cielo. Quel segnale poteva significare sia pericolo che riparo, ma il desiderio di un posto caldo e soprattutto la speranza di placare la sua sete, lo spinsero ad avvicinarsi. Per sua fortuna la colonna di fumo si alzava da un comignolo di una vecchia baita a due piani, era una locanda per viaggiatori come suggeriva il cartello posto al suo ingresso. Goro, contento per quella visione, sospirò a bocca aperta lasciando uscire una nuvola di vapore dalla sua bocca che gli appannò gli occhiali. Davanti la porta sbatté con forza i talloni sul tavolato in legno per far staccare la neve compatta sotto le suole, poi bussò con decisione. L' ora era tarda, diverse ore dopo il tramonto, e di rumori dall' interno non ne sentiva. Bussò ancora con più vigore, più e più volte, ma non ebbe risposta. Dopo un minuto gli sembrò di sentire un leggero parlare, erano poche voci, sicuramente si trattava di un dialogo tra due o al massimo tre individui. Si spostò verso la finestra vicina e cercò di vedere all' interno della locanda, i vetri avevano visto tempi migliori e con tutto quel ghiaccio attaccato sbirciare all' interno era più difficile di quanto pensasse. Gli sembrò comunque di scorgere due figure, una era più grande dell' altra e sembrava avere in mano un grosso oggetto... sembrava un' arma.
-Il nostro padrone sta arrivando.- Era Thresh a parlare, alitando pesantemente dietro l' orecchio di Hideyoshi che tuttavia continuava a fissare davanti il suo fratello Hecarim, l' odore di morte che accompagnava ogni parola del Carceriere era sufficiente a far nauseare un uomo ma il Cantore rimaneva fermo, diritto, avvolto da una granitica fierezza. -Puzziamo di morte perché è da lì che proveniamo.- Continuò il centauro, alludendo al regno dei morti incurante se l' uomo davanti a lui avesse intuito o meno il riferimento, -siamo qui per assicurarci che tu lo accolga. Lui non lo sa ancora ma ha bisogno di te. E anche tu in futuro avrai bisogno di lui, e quindi di noi...- Le ultime parole echeggiarono misticamente mentre una leggera risata femminile si alzò nell' ambiente; Morgana osservava i suoi fratelli, divertita come suo solito, mentre agitava lentamente le mani al cielo lasciando una scia violacea che lentamente si disperdeva. Thresh invece disturbava il silenzio creatosi strofinando lentamente le sue dita spettrali sulle catene dell' arma che impugnava, producendo così un tintinnio fastidioso e continuando a respirare a fauci spalancate per molestare il giovane con il suo maleodorante alito; nulla lo intimidiva, nemmeno un Ninja leggendario, il suo scopo era quello di raccogliere anime da rinchiudere nella sua lanterna per poi torturale negli Inferi, solo perché un anima sia ancora legata al mondo dei vivi non rappresenta un motivo sufficiente per non iniziare a seviziare le sue future vittime. Morgana nel frattempo continuava a sogghignare, solo lei a conoscenza del motivo: forse rideva per il fratello così ottusamente spavaldo, o forse già intuiva i successivi sviluppi di quel dialogo.
La sagoma più imponente, quella che sembrava impugnare un' arma, si fece da parte, mentre la seconda si avvicinò alla porta. Si sentì un pesante rumore di chiavistelli e infine il portone della locanda si aprì. Il vento della notte penetrò rapido nella casa trasportando con sé freddo e neve. -Desidera?- A parlare era stato un uomo sulla cinquantina, calvo e dai vestiti logori, chiaramente il proprietario del posto. -Un letto e un pasto caldo.- Rispose calmo Goro. L' uomo si fece di lato invitando l' ospite ad entrare ed aggiunse: -Abbiamo una camera libera ma la cucina è chiusa, le posso dare al massimo il pane avanzato della giornata.- Il tono era leggermente scocciato. Il becchino entrò e subito le sue membra avide di tepore si avventarono sul calore di quella bettola, gli odori orrendi del pavimento non erano per niente sgraditi al vecchio, davano un tocco accogliente a suo modo di vedere. Gli occhiali si appannarono nuovamente per lo sbalzo di temperatura, se li tolse e con non poco sforzo a causa della miopia vide dietro al bancone una donna grassa e alta, sicuramente la moglie del proprietario, in mano aveva una padella e il volto era disseminato di vene gonfie; probabilmente Goro aveva interrotto una lite coniugale, non che gli importasse minimamente. Si sedette su uno sgabello, gli altri clienti evidentemente stavano già tutti dormendo, l' oste gli servì un bicchiere d' acqua e del pane raffermo mentre la donna sparì nella cucina. -Mi dia del sake.- Intuendo le prossime parole dell' uomo aggiunse: -una tazza sporca non le costa nulla, non le ho chiesto di riaprire la cucina ma solo un goccio per un vecchio viandante.- L' altro si limitò a versare l' alcolico per poi tornare dalla moglie che lo aspettava per concludere la discussione interrotta. Goro bagnò le labbra nel liquore assaporando immediatamente il calore rilasciato, poi iniziò la sua povera cena senza pensieri nella testa. Voleva solo un po' di riposo.
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