Nel momento in cui la fanciulla dai lunghi capelli cobalto s'avvicinò al bancone della reception per chiedere notizie sull'uomo che stava attendendo oramai da ore, Kiyo Akimichi - la donna addetta alla segreteria - sembrò cadere dalle nuvole e sgranò gli occhi per la sorpresa. Sin da subito, quel lieve colorito che lentamente le imporporò le guance fece capire alla giovane Hyuga che la donna, probabilmente troppo presa dal suo lavoro, s'era totalmente dimenticata della sua presenza, e attraverso le sue parole poteva percepire tutto l'imbarazzo ch'ella provava nel trovarsela davanti. Cercando di scusarsi per la gaffe, Kiyo spiegò che il primario era stato trattenuto per un'emergenza: durante la notte, uno shinobi aveva fatto ritorno al villaggio con diverse ferite gravi e le sue condizioni, nonostante il team di chirurgi avesse fatto fino ad allora il possibile per stabilizzarlo e salvargli la vita, continuavano a non essere delle migliori. Un crollo improvviso del suo status aveva costretto il primario ad organizzare un'operazione d'urgenza, e quello - Setsuna lo sapeva bene - avrebbe significato ancora più ritardo.
Oh.. capisco..
Sussurrò quasi, abbassando lo sguardo. Quella sorta di demoralizzazione che le invadeva il cuore aveva raggiunto il suo culmine, così come quel senso d'impotenza e inadeguatezza: sentiva come se non avesse combinato nulla di buono fino a quel momento, di aver sprecato tempo prezioso nonostante non fosse esattamente così. Ma non biasimava di certo lo Yamanaka, e nemmeno la segretaria che cercava in tutti i modi di far comprende alla Hyuga quanto le dispiaceva di non averla avvertita prima. Stavano facendo il loro lavoro, entrambi loro. Salvare una vita posta sul filo d'un rasoio era sicuramente più importante della sua preparazione e del suo sentirsi inutile per non aver fatto nulla di concreto. Sorrise debolmente, e scosse dolcemente la testa per far comprendere alla donna dietro al bancone che andava tutto bene e che non era necessario che continuasse a sentirsi mortificata.
Non si preoccupi, Kiyo-sama. Il lavoro viene prima di ogni cosa, non deve giustificarsi con me. Piuttosto, sarà meglio che mi muova e lasci tranquillo Hachi-sama. Ha cose molto più importanti da fare, e non voglio che stia col pensiero che io sono qui ad aspettarlo. Mi porterò dietro questi tomi, così, quando avrà tempo e si sentirà di mandarmi a chiamare nuovamente, magari sarò più preparata di quanto possa esserlo ora. Potrebbe avvisarlo lei se dovesse cercarli?
Sapeva che l'Akimichi non le avrebbe rifiutato quel minimo favore, così come era certa che le sue parole non sarebbero state fraintese: non stava andando via per la noia di aspettare ancora, ma per lasciare campo e permettere al medico di operare senza altri pensieri per la testa. Restare nella hall avrebbe significato soltanto attendere in vano, e portare disturbo.
Prim'ancora che la donna grassottella potesse dare la sua risposta affermativa alle richieste della bella e cordiale Hyuga, il rumore piuttosto fastidioso d'un portellone che si apre venne accompagnato dal chiacchiericcio di due donne e dalla comparsa di un chirurgo. Portava - sicuramente sopra le vesti abitudinarie - il consueto camice verde, completo di cuffietta (da cui sbucava una ciocca di capelli scuri), mascherina e guanti in lattice. Setsuna non poté fare altro che osservare quella figura con attenzione, poiché quest'ultima, dopo un'attenta occhiata attorno, pareva essere diretta proprio al suo capezzale. Teneva le braccia lontane dal corpo mentre camminava, come se fossero sporche di chissà cosa.
(Sta cercando me? No.. impossibile. Se il primario è impegnato ad operare un paziente, che utilità avrei io per lui? Non sono un medico.. non ancora..)
Ben presto le domande che le frullavano per la testa ebbero una loro risposta: quel chirurgo altri non era che la ragazzina sbadata di qualche ora prima - resa irriconoscibile non soltanto dal camice, ma anche dal portamento più sicuro - ed era passata da li per avvisarla di una proposta da parte del primario in persona. La fanciulla dai capelli cobalto e gli occhi bianco neve ascoltò con attenzione le parole della ragazza, soprassedendo sulle scuse del primario (non c'era motivo per cui scusarsi, o così pensava Setsuna) e cogliendo il nocciolo della questione con un pizzico di stupore. Il fascinoso Hachi le proponeva di assistere all'intervento nella camera alta, confusa fra medici e apprendisti. Non ebbe nemmeno il tempo di replicare qualcosa che subito la ragazza si mise in moto per raggiungere la sala. Senza riuscire a formulare nemmeno un pensiero, Setsuna accolse la proposta e seguì Fumiko lasciando a Kiyo un sorriso imbarazzato per non essere stata presa in considerazione dalla ragazza. In quel suo sguardo era sottintesa la richiesta di prendersi cura dei tomi del primario, e l'Akimichi non poté far altro che sospirare e raccattare quei tomi sotto il bancone per custodirli.
Attraversarono assieme dei lunghi e larghi corridoi dal colore pallido, dove l'odore asettico tipico degli ospedali era piuttosto forte e, il più delle volte, fastidioso. Non le piaceva quell'odore, che le ricordava tanto la sofferenza e non tanto la pulizia. Cercò di non pensarci, e seguì Fumiko in silenzio. Avrebbe senz'altro voluto chiederle il perché il primario avesse deciso che assistere a quell'intervento sarebbe stato istruttivo per una novellina come lei, ma prima che potesse esprimere i suoi contorti pensieri con le parole, la giovane al suo fianco cominciò a spiegarle cosa s'apprestava a vedere e quali fossero le opzioni per la sua permanenza. Tutto era successo così rapidamente che nemmeno s'accorse che erano davanti alla porta della sala operatoria numero 3.
(Dovrei.. guardare un uomo mente gli aprono il petto e lavorano sul suo cuore?! Calma.. fai un bel respiro Setsuna.. se questo potrà aiutarti in qualche modo allora devi farti forza e guardare..)
D'accordo.. ti ringrazio per i consigli e per il tempo, buona fortuna..
Probabilmente il pallore naturale della sua pelle non avrebbe fatto notare il conflitto interiore, ma l'idea di osservare inerme un uomo morente non le piaceva molto.. anche se il sangue che avrebbe versato da li a poco avrebbe potuto significare la sua salvezza. Brutti ricordi le affollavano la mente, mentre si recava silenziosa al secondo piano in fondo al corridoio. La sua entrata in scena le fruttò diverse occhiate smarrite: erano tutti in camice bianco, medici e apprendisti.. lei era la sola ad essere fuori dal coro. Non ci fece troppo caso, dunque prese la cartella clinica del paziente e la lesse velocemente prima di avvicinarsi al vetro che separava tutti loro dalla sala operatoria e osservare il team di medici in preparazione. Il corpo di Hiroshi Murakami - questo il nome segnato sulla cartella clinica del paziente - giaceva inerme sul letto. La sua pelle era quasi cadaverica ed era evidente che avesse perso molto sangue. Oltretutto, le ferite che aveva riportato erano piuttosto gravi e vedere quel braccio mozzato le fece mancare il respiro: l'immagine del morente Sohaku le attraversò per un attimo il cervello.
(..devo mantenere la calma.)
S'impose, scrollando la testa per scacciare i pensieri e controllando attentamente quello che sarebbe successo da li a poco. Hachi Yamanaka fu l'ultimo ad entrare in sala operatoria e quando il suo team fu pronto per operare, chiese immediatamente un bisturi e con precisione millimetrica incise il petto del paziente.
Comincia il macabro spettacolo..
Sussurrò fra se e se, sospirando e cercando di farsi forza. Una cosa era certa: in quel momento avrebbe dovuto mettere da parte i suoi scheletri, se avesse voluto apprendere qualcosa da quell'operazione. Dopotutto stavano tentanto di salvargli la vita, non di farlo soffrire. Hiroshi non avrebbe sentito alcun tipo di dolore.
[***]
Passarono delle ore, mentre Hachi Yamanaka portava a termine la delicatissima operazione a cuore aperto. Più di una volta i macchinari a cui Hiroshi Murakami era attaccato diedero segni di arresto cardiaco, costringendo i chirurgi ad intervenire tempestivamente per ripristinare il polso. In quei momenti, alla giovane ed inesperta Setsuna mancava il fiato. Le esplodeva la testa, con tutto quel pensare alle possibilità di sopravvivenza del giovane uomo e con tutte quelle complicazioni. Se non fossero riusciti? Come si sarebbero sentiti se avessero fallito? Dopotutto v'erano tutti i presupposti per un fallimento, a giudicare dalla cartella clinica. Domande che le facevano accapponare la pelle, perché lei sapeva come si sarebbero sentiti in caso di fallimento.
(Come vuoi che si possano sentire? Colpevoli, vuoti.. come casse di risonanza d'un dolore che esploderà nel momento in cui dovranno dare la brutta notizia a chi ha a cuore questo giovane. E allora saranno i loro sguardi a renderli colpevoli, e il loro dolore a schiacciarli come piccoli insetti inutili..)
Abbassò lo sguardo, trattenendo le lacrime. Così si era sentita, quando non aveva potuto fare nulla per l'amico. La battaglia finale al sacro Bukigami l'aveva segnata nel profondo e, nonostante tentasse di mascherarlo anche a se stessa, quella ferita non sarebbe mai guarita. Avrebbe continuato a sanguinare perpetuamente, consumandola dall'interno ogni qual volta il dolore della perdita l'avesse anche soltanto sfiorata.. e nel suo lavoro - quello stesso lavoro che aveva scelto di compiere per essere parte della realizzazione di un mondo migliore - ce ne sarebbero state ogni giorno di perdite. Avrebbe dovuto farci l'abitudine prima o poi, ma in quel momento non resistette più e dovette uscire per prendere una boccata d'aria e schiarirsi le idee.
(Sto soffocando, ho bisogno di un bicchiere d'acqua..)
[***]
Scesa nuovamente al piano inferiore, raggiunse lo spazio comune e s'avvicinò al distributore d'acqua. Bevve lentamente dal suo bicchiere di plastica, cercando di tranquillizzarsi e riprendere la lucidità necessaria per tornare ad osservare l'operazione.
Stava per tornare dopo un profondo sospiro, ma poco distante dalla sua posizione poté sentire un'alzata di voce non indifferente che la destò da ogni suo pensiero e la costrinse ad ascoltare con più attenzione.
Come sarebbe a dire "stiamo facendo il possibile"?! Voi dovete dirmi come sta! Sono stufo di sentire la solita frase fatta!
Mi dispiace.. non posso darvi altre informazioni.. abbiate pazienza..
Pazienza?! Mio fratello è in bilico fra la vita e la morte e mi venite a dire di avere pazienza?!
Una discussione piuttosto accesa, fra un medico e i famigliari di Hiroshi Murakami - o così parve alla fanciulla dai capelli cobalto, che riconobbe nel ragazzo frustrato dall'attesa e dall'ignoranza una certa somiglianza con il paziente sotto i ferri. Seduta dietro il ragazzo, con le mani intrecciate sul ventre che stringevano un fazzoletto di stoffa e gli occhi gonfi dal pianto v'era una donna.. probabilmente la madre della vittima.
Attese pazientemente che la discussione si quietasse, ma a quanto pareva il medico era stato bloccato dalle iraconde richieste del ragazzo. Se da un il camice bianco non poteva assolutamente sbilanciarsi con previsioni e informazioni variabili, dall'altro non poteva essere biasimato il ragazzo poiché l'unica colpa che aveva in quel momento era quella della sofferenza. Ma più quest'ultimo alzava la voce, più la donna seduta dietro di lui senza forze pareva accusare dei colpi.
(E' una situazione assurda, ma non possono continuare così..)
Perdonate la mia intrusione, ma questa discussione non aiuta né vostro fratello né vostra madre. Guardatela.. anche lei sta soffrendo tanto quanto voi e la vostra agitazione non farà altro che aumentare la sua. E' questo che volete?
S'intromise nel discorso, dando un po' di pace a quel medico che non riusciva più a tenere sotto controllo la situazione. Si scambiarono uno sguardo, e quello parve accennare un ringraziamento prima di congedarsi e tornare in sala operatoria.
Credetemi, so cosa state provando in questo momento ma vi assicuro che il primario e il suo team stanno facendo tutto quanto è in loro potere per riportarvi vostro fratello. So che le mie parole non saranno una consolazione per voi, ma dovete tentare di avere fede.. o il dolore vi consumerà.