[ Ricevimento ] Shikyū

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view post Posted on 15/11/2014, 01:43
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[ Shikyū ] - 子宮 - Il Grembo

|| Kiri non si può certo definire un villaggio pacifico, ma sotto la guida di Hogo Kyujo la Nebbia ha tentato di sopprimere la sua innata brama di violenza e sangue: il Mizukage vuole per il Villaggio un futuro di onore e non di tradimento, un futuro di ferrea disciplina e non di individualismo, un futuro di spade d'acciaio e non di lame celate. Per questo, l'intera struttura a cupola -destinata ad accogliere i partecipanti, gli spettatori e gli addetti ai lavori- è un conglomerato di ferro, dagli angoli spigolosi e per nulla accogliente. Non un incavo dolce dove l'occhio si può riposare, il principale obiettivo del Grembo è proprio quello di incutere timore e irrequietezza in chi la guarda. L'esterno richiama alla memoria -neanche troppo velatamente- lo Stadio di Lame costruito da Ki Momochi in occasione del precedente Toreno Chunin di Kiri, ma privato dell'elemento sanguinolento: Kiri ha bisogno di recuperare la propria identità di Villaggio di guerriero, dalle origini, ma senza fare sfoggio della crudeltà insensata che vigeva in quell'epoca, un'identità che nascerà proprio da questa costruzione.
L'entrata è formata da un arco che sembra dover crollare da un momento all'altro, composto di vere e proprie forche caudine -armi affilate e appuntite rivolte verso il basso- sotto le quali è necessario passare per arrivare al corridoio centrale: lungo questo spazio sono presenti varie porte che si affacciano sulla diverse sezioni degli spalti, mentre al termine si trova una rampa di scale -sorvegliata da una coppia di guardie- che porta ai due piani superiori, uno dedicato allo svolgimento delle prove e l'altro al meeting tra i Kage.
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Edited by ~Angy. - 21/11/2014, 01:05
 
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view post Posted on 15/11/2014, 20:32
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♥ Non piangere Nishimiya sai poco fa ti ho parlato in un sogno, mi sembrava di aver rinunciato a molte cose, ma non è così. Ho sempre pensato come te Nishimiya...♥

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Shikyū - L’accoglienza -
Era tornata dal mare, era tornata a Kiri con un tremendo peso sul cuore ma era stata costretta. Di nuovo quelle uggiose giornate calavano su di lei e l’odore salmastro della libertà era ormai soltanto un ricordo lontano ma sapeva che presto lo avrebbe risentito, sapeva che presto avrebbe solcato di nuovo i mari e che lo avrebbe fatto proprio al fianco del capitano Aoi. Ormai aveva iniziato a capire che tipo di persona fosse quella donna però ancora le era poco chiaro cosa volesse realmente da lei: perché rimandarla in quel villaggio ad affrontare un sanguinario torneo dal quale sarebbe potuta non tornare viva?
Probabilmente tutte quelle domande avrebbero trovato risposte soltanto una volta ritornata indietro, soltanto una volta tornata al mare e alla libertà.
Quella mattina si era svegliata presto, non aveva mangiato quasi nulla decidendo di andare a spendere gli ultimi soldi in una tavola calda alla ricerca di quei meravigliosi dolcetti che aveva provato una volta a Konoha ma era evidente che di dolce in quel villaggio non c’era niente: nemmeno il cibo. Con l’amaro in bocca si trovò costretta a vagare per le strade per cercare di raggiungere l’enorme edificio che era stato adibito per il torneo per il quale era tornata al villaggio. Quella cosa stava per iniziare e avrebbe dovuto tenersi stretta la vita con le unghie e con i denti.


”Finalmente ho un motivo per tenermi stretta la vita…finalmente posso sperare di andarmene da qui!”



Ed era solo quello che contava davvero. Non aveva alcuna voglia di partecipare ad una pagliacciata come quella ma almeno avrebbe potuto far vedere a tutti di che pasta era fatta. Doveva ricordarsi che lei aveva fatto quello che aveva fatto e aveva percorso quella strada soltanto per un motivo: il potere di essere libera. Invece di prenderla così a male poteva cercare di trarre un buon profitto da quella situazione e sfruttare il tutto per poter imparare qualcosa di nuovo da chi avrebbe incontrato perché ormai quella lezione l’aveva imparata da tempo: ci sarà sempre qualcuno più forte di te.
Ad un normale genin le gambe avrebbero preso a tremare davanti a quella struttura inquietante che non lasciava trasparire nulla di nuovo ma non ad Akane, le sue erano ben fisse e calme, così come il suo animo, per lei quella era soltanto un’altra seccatura, una che la teneva lontano dal mare: un fastidio da eliminare.
Eppure le tornò in mente la rabbia che aveva preso Aoi quando lei aveva ucciso con tanta leggerezza uno di quei fratelli. Non le era piaciuto e, a modo suo, aveva provato a spiegarle che la libertà assoluta, la primissa, è quella della propria vita: uccidere qualcuno voleva dire privarlo della libertà. E lei combatteva per questo giusto? Quindi non poteva più uccidere? Non avrebbe dovuto far a fette tutte quelle bestie addomesticate che si sarebbero parate di fronte a lei?


”No Akane, uccidere dovrà essere la tua ultima spiaggia. Certo, il capitano Aoi non c’è ma tu sei una pessima bugiarda, non potresti mai tenerle nascosta una cosa del genere quando la rivedrai!”



Purtroppo era proprio quella la realtà, quindi avrebbe cercato di non uccidere nessuno e di lasciare quei piccoli fastidi liberi di scorrazzare per quel mondo fasullo e soggiogatore.
Fece un profondo sospiro prima di fare qualche passo ed entrare finalmente in quella struttura, sulle sue spalle era ben fissata la faretra con i suoi spiedi e al suo fianco la Katana, la sua piccola Kasui che stava imparando lentamente a conoscere e che sarebbe diventata presto la sua compagna fedele, ne era sicura, proprio come la katana di Shinta lo era per lui.


”Chissà se verrà a vedermi!”



Si trovò a pensare ponendosi quel grandissimo interrogativo. Le avrebbe fatto piacere ma non era sicura di valere tanto per lui fino a quel punto. In effetti non lo aveva minimamente considerato quando aveva scelto il mare insieme al capitano, non gli era saltato nella mente nemmeno una volta però ora si perché lui era l’unica cura che avrebbe potuto risollevare il suo spirito in mezzo a tutto quel marciume.
Intanto sul suo capo sfilava un arco che sembrava voler cedere da un momento all’altro e che era formato da forche caudine. Forse perché stava pensando al giovane shinobi di Kumo ma Akane non fece minimamente caso a quelle armi e continuò a camminare finchè non entrò nel salone principale. Le persone presenti erano ancora poche e probabilmente lei era arrivata in anticipo o forse erano gli altri ad essere in ritardo, ad ogni modo la cosa le diede abbastanza fastidio, però gli occhi stavano ormai scorrendo l’enorme salone in tutta la sua grandezza e freddezza. Metallo, spigoli, era proprio così che si sentiva quando stava dentro le mura di quel villaggio, si ritrovò a pensare che avrebbe voluto conoscere quel genio che aveva ideato quel posto perché rappresentava proprio ciò che aveva dentro. Già, perché in fondo anche lei qualche piccolo sentimento iniziava ad averlo anche se non sapeva bene come si chiamavano.
Anche in quel momento cosa avrebbe dovuto provare? Nervosismo? Gioia? Paura? Irrequietezza? Qualunque fosse la risposta lei non sentiva nulla di tutto ciò, o almeno così credeva. Interrogò più volte il suo animo mentre restava in piedi come una cretina continuando a scorgere nuovi dettagli ma lui le rimandava soltanto uno stato di calma e pacatezza. Era come l’acqua, calma e riflessiva ma anche come la neve, pronta a congelare chiunque si fosse messa sulla sua strada. Era una buona cosa, almeno attendere non sarebbe stato tanto difficile.
Così rimase ferma ad aspettare che tutto avesse inizio e che qualcuno venisse almeno a darle qualche direttiva.



-GdrOff-

Dato che nessuno risponde lo faccio io XD spero che il post vada bene, anche dove mi sono fermata. Dal momento che non ci sono state direttive più precise ho fatto così ma se per caso doveva andare in maniera diversa fatemi sapere che modifico senza problemi!

-GdrOn-
 
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view post Posted on 15/11/2014, 23:37
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*Era da alcune settimane che era entrato a Kiri. Sinceramente aveva perso il conto dei giorni ormai. Era un altro conto che lo preoccupava, un conto alla rovescia che avrebbe segnato la sua fine se non avesse portato a termine la missione con discreto successo. Ma per ora non aveva avuto alcuno spiraglio di successo. Era nervoso. Sentiva la pressione del fallimento imminente sul suo collo, così come sentiva di essere impotente completamente allo svolgersi degli eventi.

Quella mattina si alzò presto. Doveva andare a vedere lo stadio, dal quale Hogo in persona avrebbe parlato e avrebbe aperto le danze per questo ennesimo gioco al massacro. Non aveva mai assistito ad un torneo chunin, sarebbe stata un'ottima esperienza e, sperava, un nodo per carpire quante più informazioni possibili da chiunque e qualunque cosa i suoi occhi potessero catturare.

La tensione nervosa di quei giorni iniziava ad esaurirlo. La notte dormiva male, si svegliava presto la mattina ed era sempre più scorbutico, anche se non poteva davvero sfogare con alcuno quella sua frustrazione. Essere solo in mezzo al nulla era più sopportabile che essere soli in mezzo alla gente. Si sentiva in continuo disagio, per quanto, nonostante tutto, Kiri fosse proprio il villaggio Ninja più adatto a lui.

Stivali. Check.
Guanti. Check.
Corpetto di ferro. Check.
Drago dorato sulla spalla. Check.
Shinryu. Check.
Colazione. Aha, avanzi della sera precedente, dato che si era scordato di comprare qualcosa. E da bere almeno saké? No? Birra?
Succo?
Acqua, uao. Colazione da daimyo proprio.

Si avvicinò che il sole non era ancora del tutto sorto e solo il riverbero mattutino illuminava fiocamente Kiri. La nebbia rendeva impossibile osservare qualsiasi cosa. Lo stadio, per come si presentava, pareva più una grossa trappola meccanica che non uno stadio. L'entrata stessa sembrava una ghigliottina. Sublime a dir poco...*


"Ricordo che mi raccontasti che tutto ebbe inizio qui Sensei. Qui cambio tutto per te, qui ti perdesti nella dannazione. Se mi sforzo posso ancora sentire l'eco delle urla dei corpi straziati dal folle macellaio della Nebbia. E tu cercasti di difenderli tutti Sensei, ricordo la foga con cui descrivevi la scena. Dovevano essere possenti le tue mura per bloccare questa trappola. Mi domando se sarò mai in grado di eguagliare un simile potere." *Sussurrò tra sé e sé Sasaki*

"Quasi mi sembra ancora di sentirla l'energia che sprigionasti quella volta. Devi aver consumato un mucchio di chakra quella volta, e lo spasmo impazzito del flusso di chakra naturale corrotto dalla morte violenta di tutti quei ragazzi è ancora percepibile. Mi pare quasi di sentirti ancora qua, Sensei. Il che è strano, a essere sinceri. Spettrale quasi, come se la tua ombra, una parte della tua anima, fosse stata sepolta qua"

*Fissò lo stadio, studiandone i dettagli e i particolari. Appariva identico alle descrizione fatte da Keiichi. Quello stadio era andato distrutto, e ora era di nuovo qui, ricostruito come se nulla fosse. Sperava che Hogo non fosse come Momochi. Non aveva molta voglia di entrare in quella trappola meccanica, altrimenti.*

”Sai, quando mi hai lasciato...” *Iniziò, continuando a parlare da solo, a voce più alta sta volta, tanto sembrava essere ancora solo lì* ”Mi sono sentito completamente perduto. Non ho mai capito cosa ti spinse a soccorrermi, né cosa ti spinse ad agire come hai sempre agito, in quel modo così...strano. Ti ho odiato, sai? Eri molto arrogante e ipocrita, ma dall'alto del tuo trono, non te ne accorgevi neppure. Decantavi tanto la virtù della pace, ma ti ho visto con questi occhi versare linfa cremisi degli uomini per qualsiasi baggianata. Eri iracondo, facile all'ira, ma al tempo stesso ti prendevi cura delle nullità che ti attraversavano la strada. Non ti ho mai capito Sensei. Dopo tutti questo tempo e quello che è successo, ancora non capisco. Da una parte ti ho amato come amavo mio padre, cercando di essere all'altezza delle tue aspettative. Ma non sembrava essere mai sufficiente quello che facevo. E mi hai lasciato questa cicatrice, lasciandola marchiare col fuoco molte notti. Mi mandavi antidolorifici, sembrava che solo quelli facessero effetto. Non capisco davvero Sensei, cosa volevi insegnarmi alla fine? Il dolore è passato sai? Sono stato ad una sorgente molto strana, pullulava di chakra e strane creature. Ti ho affrontato sai? Ti ho anche battuto, anche se capisco che era solo mera illusione. Ma da quando sono riuscito a batterti, anche solo nella mia immaginazione, molte cose sono cambiate in me. Sai, da quel giorno, la mia mente ha permesso al mio corpo una strana trasformazione...” *Si torse il braccio come fosse gomma, piegandoselo fino alla spalla* ”E ho incontrato altri maestri. Ti ho cercato sai, i primi tempi insomma. Volevo solo capire perché”

* Si sedette per terra, colto da un'improvvisa stanchezza e un senso di vuoto che gli martellava il petto, unito ad una furia feroce e iraconda che sembrava volesse esplodergli dalla gola. Sentiva che se in quel momento avesse aperto la bocca, esse non sarebbero state fauci umane, ma sarebbero state le grotte di mitiche fornaci. Avrebbe sentito la sua lingua diventare fuoco, la sua mente un maglio e il corpo un'incudine che forgiavano parole d'acciaio, dure e dense di frustrazione.

Si sentiva molto sperduto in quei momenti. Aveva tanta sete di sangue, più un desiderio di violenza per sfogarsi che altro, a dire il vero, ma non poteva.*


”Quando sono stato cacciato da mio padre, non avevo altro luogo dove andare. Te mi hai insegnato tutto quello che so, anche se a volte continuo a sbagliare e a fare cazzate. E mi rode dentro, capisci, perché non posso chiedere consiglio a nessuno, devo fare affidamento a me stesso e alla memoria di tutto quello che ho imparato. Da una parte, lo trovo un privilegio essere cresciuto così, sono molto più forte dei giovani della mia età, sia come fisico che come carattere, ma da una parte non posso fare a meno di pensare che avrei voluto avere più spiegazioni su tante cose che ancora non capisco.”

*Il suo corpo si tese, avvolto da una frustrazione interiore che non veniva mai sfogata. Un mancamento lo colpì quando si rese conto che stava trattenendo il respiro dalla rabbia, il sangue che schizzava pazzo nel cervello, sotto la pressione incessante del cuore che, scambiando quella rabbia per una situazione di pericolo, pompava all'impazzata sangue infettato da adrenalina dal cervello, portando i suoi sensi ad un'iperattività improvvisa, sballando le fragili strutture chimiche che venivano distribuite nel corpo. Un principio di esaurimento nervoso lo stava attanagliando, lo sentiva. Pensieri sconnessi ai quali non riusciva a stare dietro prendevano il sopravvento, immagini passavano a caso davanti ai suoi occhi, sentiva rumori fantasma alle sue spalle.

E la terra tremò sotto di lui. Ma a quanto pare, letteralmente.

Quando riaprì gli occhi, era esattamente dov'era prima. Una strana aura aleggiava nell'aria, e le immagini di fronte a lui semrbavano più un miraggio che altro. L'aria era tremula, quasi fosse riscaldata da un potente fuoco che ne distorceva i raggi di luce riflessi sui suoi occhi. Sentiva la testa molto leggera, e un leggero conato pervadeva la sua gola*


”Io credevo di farti un favore a lasciarti. Tutto quello che hai detto esprime che ho fatto più danni che benefici. Ma forse lasciarti senza una spiegazione è stato un gesto molto ingiusto da parte mia”

*Si girò di scatto, vedendo una figura che non avrebbe mai riconosciuto se non dalla voce. Un uomo, molto maturo nell'aspetto, la bocca scavata e la pelle ritirata sul petto che rendeva visibili le costole, i capelli di un rosso spento macchiati di viola qua e là, la pelle deturpata da molti marchi che sembravano emanare ancora rabbia e potere. Dopo tutti quei mesi, con un aspetto sconvolgente, Sasaki rivedeva il maestro. Quanto tempo era passato, giudicando il tutto? 7 anni? Aveva perso il conto ormai*

”Io...”

”Ti ho visto intrappolato in quel cristallo Sasaki. Non potevo fare nulla per aiutarti. Il mio potere era o insufficiente o semplicemente inefficace. Ho provato a inviarti parte del mio chakra, ma purtroppo molto di esso si è corrotto nel processo. Non so cosa tu abbia visto, ma qualcosa deve pur averti provocato quelle ferite alle guance.”

*Sasaki era incredulo e senza parole. Era cambiato così tanto. Sapeva che qualcosa non quadrava in Keiichi, l'aveva capito dal suo sguardo molto tempo fa. Ma vederlo così...debilitato gli fece male*

”Cosa...?”

”Nella mia ignoranza Sasaki, ho creduto che se ti avessi cresciuto con eccessivo affetto, saresti cresciuto debole e facilmente incline all'ira e alla corruzione molto più facilmente di quanto non feci io. Non negherò nulla di quanto hai detto prima. Tutto corrisponde alla realtà. Sono stato un cattivo maestro, me ne dispiaccio”

”Come fai ad essere qui? Come sei entrato, come sapevi?”

”Shinigamidai no me. La maledizione che mi fu impiantata a tradimento da Otomika crea una connessione con le persone con cui condivido il chakra. Immagino dovrebbe essere un modo per sapere se le mie eventuali vittime sono ancora vive o no. Funziona anche per scopi benefici, per fortuna, anche se sono perseguitato dagli spettri delle mie vittime a volte. Non sei l'unico a passare notti insonni, Sasaki”

”Questa...è una genjutsu?”

”Sì e no...sono effettivamente qui a Kiri, ho visto lo stadio, ma di certo non sono così imprudente da presentarmi qui all'apertura del torneo chunin. Per quanto possa essere cambiato, credo che gli shinobi di Kiri abbiano memorizzato a menadito il mio flusso di chakra. Sono in contatto con te sempre grazie all'Occhio dello Shinigami. Sei cambiato molto Sasaki, hai più ferite sul corpo ma le porti con orgoglio. Sei diventato molto più forte da quando ti ho lasciato. Potrei quasi dire di essere orgoglioso, ma non voglio vantarmi di un successo che non spetta a me”

”Tu mi hai salvato la vita”

”Salvare una vita è facile come toglierla Sasaki. Non ci vuole molto, credimi. Considerando in cosa ti sei andato a invischiare, forse mi domando se non avessi fatto meglio a lasciarti dov'eri”

”Come puoi dirmi questo?” *Disse urlando di rabbia* ”Dopo tutto quello che...”

”Mi sono espresso male. Avrei fatto meglio a salvarti la vita e operare una gejutsu su tuo padre per tenerti dentro Shirokabe, invece di prenderti sotto la mia ala protettiva. In un moto di egoismo, speravo di potermi redimere attraverso di te. Ma ora tu fai il mercenario, e cerchi di scrutare Kiri per entrare in un'organizzazione di pazzi megalomani, alquanto sbandati al momento, ma comunque pazzi”

”Cerco di sopravvivere Sensei. Non tutti sono nati col potere di cui tu disponi”

”Quindi cerchi il potere? Non ti basta quello che sei? A cosa pensi ti servirà più potere, hmm? Vuoi forse emularmi?”

”Mai”

”Beh, è proprio a questo che porta il potere. Cosa credi spinse Ki Momochi a fare quello che fece? Credi fosse un gesto di sfida? Credi significasse qualcosa? Era solo una dimostrazione di potere. Lui poteva, non c'erano altre cose da dire. Io feci quel che feci perché ne avevo la possibilità. Il potere corromperà sempre l'uomo, che cercando di redimersi, corromperà altri uomini”

”Quindi io sarei già corrotto, secondo te? Sei tornato dopo anni solo per rimproverarmi?”

”Capisco. Hai già dimenticato quello che ti dissi”

”Quando?”

”L'Occhio mi permette di vedere il futuro da qualche anno a questa parte. Certo, è solo un futuro potenziale, ma verficaibile al 100%. Ricordi quel mostro dagli occhi cavernosi Sasaki, o la tua mente ha già operato per cancellarlo”

”Io non...no...”

”Il Marchio del Samsara fece risvegliare in me una parte molto oscura Sasaki. Una parte di me era convinta di essere dalla parte del giusto, e credeva che spettasse a me giudicare gli altri e decretarne il destino. Da qui nacque Shinigami, lo spettro del deserto, il grande mietitore. Dentro di te vive una rabbia così profonda Sasaki che mi ha sempre spaventato. Quella creatura è ciò che diventeresti tu acquisendo i poteri che ho acquisito io. In te vige l'animo di un Divoratore, e la battaglia contro Watashi ha solo dato più forza a quella parte. Ti buttasti ad inseguire l'assassino di tua madre, disobbedendo a tuo padre non per vendetta, né per giustizia e neppure per sete di uccidere. Era qualcosa di più ferale Sasaki. Kami, indossi una divisa che rispecchia il tuo animo interiore e hai dato alla tua arma il nome di una creatura mitica e ancora sei cieco di fronte all'evidenza?”

”Se anche fosse?”

”Come?”

”Se anche fosse, che diritto hai te di giudicarmi? Non è detto che io faccia la tua stessa fine Sensei. Kami, e pensare che stavo giusto per dire che quasi mi mancavi, ma adesso maledico l'averti rivisto!”

” Nella notte più profonda, capirai le mie parole, nel giorno più splendente dimenticherai il mio nome”

”Che blateri? Io non -”

*L'orrore. Come un fiume in piena, ricordò tutto. Ricordò quel demone perfettamente, ricordò i suoi occhi. E si vide, dentro quella massa fetida di carne puzzolente e rancida, mentre cercava qualcosa da mangiare, senza lo scopo primario del nutrimento, ma solo il gusto di divorare viva una preda. Lanciò un urlò pazzo, mentre le sue spire prendevano fuoco*

”Mi dispiace Sasaki. Non posso essere il mentore che cerchi. Non ne sono mai stato in grado. Cerchi di vivere seguendo ogni mio insegnamento, ma io non ho diritto di insegnarti nulla di etica e morale. Percorri dunque la tua strada, e vivila come meglio credi. Quando avrai affrontato anche tu i tuoi demoni, ci rivedremo. Era troppo presto per incontrarti di nuovo, Mi dispiace”




*Una ghigliottina falciforme pendeva sopra la sua testa. Come cazzo fosse arrivato all'entrata dello stadio non ne aveva idea. Si rizzò in piedi, osservandosi attorno attonito. Nessun movimento. Era ancora troppo presto.

Sarebbe tornato più tardi. Meglio tornare a casa per il momento...*


Edited by Memphos - 16/11/2014, 16:04
 
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GdR Off//continua dallo Studio [X]/GdROn


*I presenti risposero con grande entusiasmo e pur essendo consapevole del fatto che molti di loro non avrebbero superato le prove che li attendevano, come capo villaggio lei gioì nel vedere tanto entusiasmo. Nonostante la guerra infatti le nuove generazioni erano pronte a mettersi in gioco, voltare pagina e combattere affinchè non tornassero mai più anni bui come quelli assediati dalla presenza di Watashi e progenie.


Mancavano poche ore alla partenza.
Il viaggio fu organizzato con settimane di anticipo da Hachi, il capo medico Yamanaka, nonchè braccio destro dell'Hokage vigente. La prima tappa avrebbe portato il gruppo di shinobi verso le coste a Est del Paese del Fuoco e mai come prima non ci fu spazio per lo sfarzo degli eventi passati. Ognuno avrebbe viaggiato facendo affidamento solo sulle proprie gambe mentre per i civili che avrebbero voluto partecipare come spettatori, furono adibiti diversi carri trainati da possenti cavalli. In particolare il Saindaime ci tenne a informare tutti i parenti dei partecipanti che per loro era assicurato un posto a bordo della nave che li avrebbe trasportati nel Paese dell'Acqua fino a Kiri e ogni spesa pagata, a costo di dover sganciare di tasca propria. Con ancora la ricostruzione in corso in alcuni punti del villaggio e cittadine limitrofe il budget che aveva avuto a disposizione era davvero ridotto ma Akane non ammise repliche, i familiari dei ragazzi avevano il diritto di poter assistere all'esame dei loro figli; anche se nessuno piaceva ammetterlo nè aveva il coraggio di ammetterlo, spaventava l'idea che il Torneo si svolgesse proprio a Kiri. L'alleanza degli shinobi aveva avvicinato un po' tutti i Grandi villaggi e i Paesi minori ma i pregiudizi sono cosa difficile da cancellare e il ricordo di come era finita l'ultima volta non faceva dormire loro sonni tranquilli.
Se circa quindici anni prima v'era stato Keiichi a difendere i Genin dalle lame implacabili degli organizzatori, questa volta avrebbe fatto lei le sue veci battendosi senza esitazione contro una morte annunciata o meno.
La conquista di un titolo non vale una vita e di questo la prima donna di Konoha ne era pienamente convinta.

Attraversate le grandi foreste del sud in alcune ore gli shinobi giunsero sulla costa e le prime avvisaglie si avvertirono dall'odore di salsedine nell'aria. La vegetazione poi si diradò progressivamente e il canto dei gabbiani li accolse dinnanzi a quello spettacolo della natura: l'oceano sconfinato.
Spuntarono su una scogliera che dava sul mare e dalla vallata si intravide il percorso che portava verso il porto; attraccate a riva dieci navi portavano in alto lo stendardo fiammeggiante del loro Paese e le immense vele bianche ancora ripiegate nascondevano un immenso simbolo che tutti loro portavano con orgoglio sul coprifronte.

Nahoko Hyuga - una dei jonin che accompagnavano il capo villaggio in quella traversata - li aveva già anticipati e quando l'intero gruppo si fermò nei pressi del porto stava controllando alcune scartoffie indirizzando i primi civili. Tutt'attorno lo scenario era piuttosto insolito, v'erano marinai indaffarati in ogni angolo, mercanti e pescatori che contrattavano e non mancarono nemmeno uomini di strada a chiedere umilmente l'elemosina; incredibile e sempre molto triste constatare di come ricchezza e povertà convivessero da sempre fianco a fianco nell'indifferenza più totale. Così, mentre iniziarono ad imbarcare Akane fu vista bisbigliare all'orecchio della Hyuga che annuendo di rimando parve non preoccuparsi troppo; si mosse in direzione del molo più lontano, pochi istanti e quando se ne andò in quello stesso punto una miriade di pesci sobbalzavano appena ammucchiati uno sull'altro a casaccio.
Ciò che restò nel momento di levare l'ancora fu la sagoma di un anziano barbuto che incredulo e commosso finì per commuoversi e ringraziare il suo dio con un cenno delle mani al cielo.*



(accidenti, dove si sarà cacciata adesso la piccola peste)

*Fu sul punto di chiedere a Kinji ma poi intravide a prua la chioma bionda di Hachi e al suo cenno di okay smise di preoccuparsi, avrebbe badato lui al suo giovane figlio di appena sei anni. Non era stato facile convincersi all'idea di portarlo con sé a Kiri ma il suo braccio destro le fece capire che un'esperienza del genere, anche solo come semplice spettatore, poteva essere davvero importante e formativa. Del resto dovette ammettere, Akane stessa non aveva mai messo piede nel Paese dell'Acqua e conosceva Kiri solo sulla cartina e dai libri di storia, tramite rapporti di alcune missioni magari e poco altro: sarebbe stata la prima volta per entrambi.
- Con la costa ormai svanita all'orizzonte il cullare delle onde sembrò aumentare progressivamente e fu felice di scoprire che non soffriva il mal di mare, ci avrebbe fatto un figura davvero spiccia in caso contrario. Non trovandosi nel suo ambiente tuttavia il disagio si fece sentire molto presto e non ebbe paura di condividere i suoi pensieri con il chunin al suo fianco.*


"In un mare sconfinato come questo delle navi sembrano come dei ciottoli che rotolano giù da una rupe, speriamo che il tempo ci assista."

*Poggiata al corrimano la bella Hokage mantenne lo sguardo fisso al cielo e in particolare sulle nuvole che iniziavano a sfocare e ingrigire la volta celeste. La nebbia ben presto avrebbe iniziato ad avvolgere quelle acque di confine e come d'istinto l'Uchiha cercò conforto nel inquadrare meglio la polena, una scultura appariscente ma al tempo stesso utile a rinforzare lo scafo: la sua forma ricordava un drago marino che serpeggiante correva lungo le fiancate della nave madre; fu creato e scolpito rigorosamente da zero dai Senju del villaggio, come del resto la base di tutte le navi che erano salpate dal porto.


Il suono di un corno annunciò poi la vista di terra all'orizzonte, l'isola maggiore del Paese. Quando attraccarono fu fatta una nuova conta per semplice routine e sistemata la formazione da viaggio con le guardie all'esterno per sorvegliare i civili, fu deciso di inserire a intervalli regolari delle scorte anche tra le file interne. Prese le dovute precauzioni si proseguì nuovamente a piedi e con i carri che furono scaricati molto lentamente dalla zona di carico; i cavalli erano davvero irrequieti, l'umidità che aleggiava nell'aria li metteva a disagio e come biasimarli del resto.

Seguirono altri lunghi minuti di marcia e quando finalmente giunsero alle porte, Akane era ancora in testa al gruppo, Nahoko e Kinji al suo fianco, con Hachi e il piccolo dai riccioli biondi che poco più indietro erano affiancati da una guardia che portava in alto lo stendardo di Konoha. Sbrigate le formalità per i permessi fu concesso alla carovana e agli shinobi tutti di entrare a Kirigakure no Sato.
Sembrò filare tutto liscio fino a li, per un attimo temette eventuali perquisizioni, controlli di sorta o perfino il disarmo - similmente a come fu fatto al torneo di Kumo per accedere al Sacro Bukigami - ma questa volta non la nudità non fu richiesta e ringraziò i kami per questo.*


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*Avviandosi per le strade potè iniziare a farsi un'idea di come era strutturato il villaggio, non che ci fosse molto da ammirare dietro il banco di nebbia, case, pietre, le alture o l'acqua che scorreva placida. Era presto per un giudizio globale ma la mancanza di colori era opprimente per qualcuno nato e cresciuto nella verdeggiante Konoha. Guardandosi attorno cercò poi di capire se erano arrivati già altri esponenti da Suna o Kumo ma nonostante si stessero avvicinando sempre più al luogo indicato come raduno, non riuscì a scorgere coprifronti diversi da quelli kiriani. Passo dopo passo infine giunsero al palazzo che li avrebbe ospitati tutti e mentre la maggior parte dei civili spinti dalla curiosità tipica dei turisti si erano sparpagliati per le strade, il gruppo di shinobi di Konoha si riunì ai piedi di quell'edificio inquietante. Il Sandaime Hokage non era presente al vecchio torneo organizzato dai Momochi la decade scorsa ma aveva potuto osservare l'ambiente e gli eventi principali attraverso i ricordi di Keiichi, fu più che altro un viaggio mistico e oltremodo sadico generato dalla magia rinchiusa in una reliquia che prendeva forza dallo sharingan. Dopo tutti quegli anni ora quegli stessi occhi fissavano un edificio a cupola interamente in ferro ispirata all'antica opera dei sanguinari antenati di Kiri.

Così, a pochi passi dall'entrata, l'Hokage arrestò il passo e con lei si quietò la marcia del suo seguito: quella sorta di ghigliottina non prometteva nulla di buono.*

 
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view post Posted on 16/11/2014, 14:04

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Il viaggio verso il Paese dell'Acqua fu per Arashi un vero e proprio calvario.
La prima tappa furono le coste ad est del Paese del Fuoco, dove alcune navi preparate appositamente per loro li avrebbero aspettati e poi condotti via mare fino alla loro meta.
Fu una camminata lunga e particolarmente noiosa: gran parte dei Genin che avrebbero partecipato all'esame erano accompagnati da genitori e parenti che mai si sarebbero persi l'opportunità di vedere i propri pargoli in azione.
Della sua famiglia, però, nessuno era potuto venire, complice anche la malattia del padre che costringeva sua sorella e sua madre a stargli dietro ventiquattr'ore su ventiquattro.
Così, quando la carovana degli shinobi della Foglia si prendeva delle pause dall'estenuante marcia che li avrebbe condotti al porto, lui non faceva altro che sedere in silenzio, cercando di recuperare un po' di forze. In quei momenti si maledì per non aver portato nulla da leggere con sé: se non altro avrebbe impiegato meglio il suo tempo, magari informandosi sulla storia del paese dove si sarebbe tenuto il torneo.
Tuttavia, procedendo a piedi, era stato raccomandato loro di portare solamente lo stretto indispensabile: pesi superflui avrebbero rallentato il singolo e l'intera comitiva e, probabilmente, i libri rientravano in quella categoria di oggetti non essenziali per il loro soggiorno a Kiri.
Quindi, non avendo molto di meglio da fare, decise semplicemente di camminare, riposare e ascoltare l'ambiente attorno a sé. Non rimase per nulla sorpreso nel constatare che almeno la metà - se non di più - dei civili che li accompagnavano, in quanto parenti degli aspiranti Chunin, erano enormemente preoccupati dal fatto che il torneo si svolgesse proprio nel Villaggio della Nebbia, che evidentemente godeva di una cattiva fama in tutta Konoha.
Dal canto suo, l'Uchiha aveva deciso di non dare troppo peso a tutte le voci che giravano sul conto di Kiri, anche se dovette ammettere che anche lui cominciò ad avvertire, in quei giorni, una spiacevole e costante sensazione di apprensione.
In fondo l'esame di selezione dei Chunin era un evento di grande importanza, che adduceva un fattore di rischio non proprio trascurabile per ogni villaggio che vi partecipava: questo non era lui a dirlo, ma la storia.
Per il villaggio ospitante, tale torneo significava spalancare le porte a tutte le più potenti nazioni ninja, dando la possibilità ai loro mini-eserciti di alloggiare tra le loro mura. Allo stesso modo però, le delegazioni dei villaggi in trasferta erano costrette a trattenersi in quella che, in altre occasioni, sarebbe stata la trappola perfetta.
A causa di tutti quei pensieri, mentre il convoglio della Foglia si avvicinava sempre di più alla costa, Arashi non riuscì a reprimere la fastidiosa sensazione di essersi volontariamente iscritto ad una sorta di "mini-guerra".


"Ma che vado a pensare...Sarebbe assurdo mettersi a giocare alla guerra quando, fino a qualche mese fa, combattevamo tutti fianco a fianco."

Di due cose però era certo.
Uno: anche solo ospitando un evento di tale portata, Kiri aveva coraggiosamente deciso di esporsi in prima linea, considerando anche che l'intero mondo ninja era ancora in piena fase di recupero dopo la guerra e la parola d'ordine in quel periodo era "ricostruzione". Il fatto che proprio il Villaggio della Nebbia, famoso per la sua riservatezza quasi ossessiva, avesse deciso di ospitare il torneo a pochi mesi dallo scontro finale con Watashi era sicuramente singolare, inconsueto.
Due: poteva aver visto e combattuto tutte le battaglie che voleva, ma quell'esame sarebbe stato tutto tranne che una passeggiata.


[...]



Finalmente, la carovana giunse al porto.
L'odore non proprio familiare di salsedine gli riempì le narici e il suo viso si contrasse in una smorfia di fastidio, mentre i suoi occhi vagavano curiosi per tutto il porto, osservando marinai e mercanti mentre si affrettavano da una parte all'altra della banchina. Vi era nell'aria un non so che di frenetico, già lontano dalla relativa quiete che si respirava a Konoha.
Mentre procedevano con le operazioni di imbarco, si prese qualche minuto per ammirare l'oceano; non era la prima volta che lo vedeva dato che suo padre qualche anno prima, in uno dei rari periodi in cui non era in missione, aveva deciso di portare tutta la famiglia al mare, proprio lungo quella costa da dove ora si accingeva a lasciare il Paese del Fuoco.
Arashi si era illuso di poter passare qualche giorno di relax in compagnia della sua famiglia, costruendo castelli su castelli di sabbia insieme a sua sorella.
Tuttavia, appena arrivati in prossimità del mare, si era manifestata la volontà di suo padre: senza troppi fronzoli, lo aveva scaraventato in acqua, urlandogli dietro che uno shinobi che non sapeva nuotare non poteva definirsi tale. Lui, che allora aveva sì e no undici anni, aveva ribattuto con veemenza che ancora non era diventato un ninja, ma suo padre non aveva voluto sentire ragioni e gli aveva fatto passare il resto di quella particolare vacanza - se così la si poteva definire - in acqua. Se non altro aveva imparato a nuotare, anche se non era certo un campione e sua sorella, di un anno più piccola, era molto più veloce e sciolta nei movimenti di quanto lo era lui.
In ogni caso, ricordò mentre saliva sul ponte di una delle dieci navi a disposizione dei ninja della Foglia, si era divertito anche più del dovuto: il mare gli era piaciuto e in futuro gli sarebbe piaciuto tornarci, magari con Misato.
In effetti, il solo pensiero della ragazza in costume gli bastò per andare completamente in bambola per qualche istante, ritardando le operazioni di imbarco e beccandosi dunque una sgridata e una sonora pacca sulle spalle da uno dei tanti marinai che li assistevano nel processo.


[...]



Arashi: "Terra...Terra..."

Scese boccheggiando dalla nave, aiutato a tratti dallo stesso marinaio che lo aveva sgridato quando vi era salito.
Se gli avessero chiesto com'era andato il viaggio, avrebbe tranquillamente risposto che era stato come morire, passare per l'inferno e resuscitare per poi morire un'altra volta.
Non appena la gigantesca imbarcazione era uscita dal porto Arashi aveva avvertito un profondo senso di disagio, tanto che all'inizio si era allarmato e aveva pensato agli effetti di chissà quale tecnica.
"Mi stanno attaccando" - aveva pensato - "è una genjutsu, vogliono farmi fuori!". Poi gli era presa una dolorosissima fitta allo stomaco ed era corso sul ponte della nave per rimettere, non senza qualche rimpianto, la deliziosa colazione che gli aveva preparato sua sorella quella mattina.

"Ma quale genjutsu...Mi hanno avvelenato, morirò qui, in mare."

Un mozzo che passava di lì lo aveva guardato divertito e apostrofato con tono canzonatorio.

Mozzo: "Uh...Quindi anche i grandi e potenti ninja di Konoha soffrono il mal di mare, eh?"

Infuriato, aveva rivolto al giovane un'occhiataccia mentre reprimeva con tutte le sue forze un altro conato di vomito.

Arashi: "Dunque sei stato tu...Cos'è questo "mal di mare"? Un nuovo veleno?"

Il mozzo lo aveva guardato ancora più divertito.
Era irritante, davvero.


Mozzo: "Il mal di mare è quando stai su una nave e senti...Beh, quello che senti ora, no? Io in realtà non ne soffro, ma immagino sia una sensazione di profondo malessere e nausea derivata dalla nave che va su, e poi giù, poi ancora su e giù e su e giù e destra sinistra, destra sinistra e poi gira e gira..."

Aveva vomitato un'altra volta, disgustato.
Il resto del viaggio lo aveva passato lì, sul ponte, cercando disperatamente di ignorare la nausea e le continue occhiate divertite dell'equipaggio e degli altri passeggeri. Non aveva mai viaggiato su un mezzo di trasporto, men che mai su una nave e mai aveva sentito parlare di quella che era senz'ombra di dubbio la sua nemesi, il suo peggior nemico: il mal di mare.
Quando finalmente erano giunti in vista della terraferma si era catapultato verso prua, contando i secondi che lo separavano da essa.
Sceso dall'imbarcazione prese a fare lunghi e profondi respiri, riempiendosi i polmoni di quell'aria che tanto gli era mancata sul ponte della nave: il mozzo, dalla poppa di questa, gli rivolse un sorriso beffardo agitando la mano a mo' di saluto.
Lui, dal canto suo, gli rivolse un medio non troppo cortese e, date le spalle alla nave, si affrettò a seguire la carovana della Foglia.
Man mano che si avvicinavano alle porte di Kiri, la nebbia si faceva via via sempre più fitta, tanto che a un certo punto dovette camminare con gli occhi ridotti a due fessure per lo sforzo di riuscire a cogliere qualcosa del paesaggio: dovette rinunciarvi dopo pochi minuti però, dato che l'unico colore che vedeva attorno a sé era il grigio pallido della foschia.
Avanzarono lenti, con le guardie in visibile stato di allerta e chiaramente non a loro agio in mezzo a quella nebbia.
Poi, finalmente, giunsero alle porte del villaggio: alte almeno quanto quelle della Foglia, erano praticamente l'unica costruzione perfettamente visibile nel raggio di venti metri.
Vide l'Hokage e la sua scorta confabulare con gli shinobi della Nebbia a guardia dell'entrata e, pochi minuti dopo, il convoglio riprese la sua marcia.
Riprese a guardarsi intorno una volta entrato nel villaggio: la nebbia era ancora presente ma lasciava intravedere parte delle strade e delle case che componevano Kiri.
In qualche modo, gli tornò alla mente lo stato in cui versava Konoha durante gli anni della guerra: poca gente per strada, pochi colori, aria decisamente pesante.
Ecco, in quel momento il Villaggio della Nebbia gli ricordava quella Konoha: i pochi abitanti che incrociavano durante il loro cammino spesso volgevano il loro sguardo altrove e quasi tutte le case erano in pietra, grigie almeno quanto la foschia che le avvolgeva.
Se non fosse stato per qualche elemento naturale sparso qua e là - soprattutto corsi d'acqua e qualche pianta che vi cresceva accanto - avrebbe avuto la sensazione di trovarsi dentro un enorme ingranaggio, sicuramente funzionale ma freddo e non particolarmente bello da vedere.
Continuò a guardarsi intorno nella speranza di riconoscere qualche faccia amica - a dire la verità una faccia, quella di Misato, che sarebbe venuta a Kiri per assistere al suo esame senza prendervi parte.
In ogni caso, la delegazione della Foglia giunse finalmente alla meta: il gigantesco palazzo di ferro a forma di cupola che avrebbe ospitato il torneo e i suoi partecipanti.
Era una costruzione singolare: come il resto del villaggio era quasi del tutto priva di decorazioni o altri particolari che contribuissero a renderla esteticamente bella.
Tuttavia la sua grandezza riusciva a trasmettere all'animo di chi la guardava la sensazione di essere, al suo cospetto, infinitamente piccolo.
Era l'unica opera architettonica, oltre alle porte del villaggio, che svettava sopra la nebbia e, anzi, sembrava quasi risaltare al confronto con questa, come se la foschia la ingigantisse ancora di più; guardandola, Arashi ebbe la sensazione che l'intero villaggio di Kiri gli stesse dicendo:
"questa è Kiri, questa è la nostra potenza", uscendo dalla protezione della nebbia e mostrandosi a lui in tutta la sua forza.

 
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view post Posted on 16/11/2014, 18:13
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jmgvzKm


Il Torneo Chunin era arrivato. Un soffio di normalità dopo anni a versare sangue e ad ingoiare terrore.
Si il mondo stava lentamente tornando alla normalità: con le sue albe, i suoi uomini, le donne nelle risaie o a vestirsi bene per un appuntamento; ma anche con i suoi intrighi, i suoi veleni e i pugnali nascosti sotto i vestiti di seta.
Una visione un po’ pessimistica di una realtà che, per molto tempo, era davanti ai loro occhi ma che avevano anche loro contribuito a creare. Watashi aveva mostrato loro vie diverse, che il male non dormiva mai e che in fondo loro erano solo uomini…uomini che, nell’eterno vizio e abitudine, ritornavano ad essere quello che erano sempre stati.
Interrogarsi su ciò arrovellava il cervello della bella Shiroko e la metteva di fronte anche, e soprattutto, alle sue mancanze, vizi e vezzi che aveva tenuto fino a quel momento: da tempo non interrogava più gli astri, da tempo non percepiva più nessun segno e da tempo, ormai, lei non era più La Dea Pallida. Solo una donna in mano a correnti più forti di lei.
Un tempo era più sicura di sé e di quello che aveva e di chi era: il suo sangue era puro; il sangue di un antica dinastia, di antiche origini, retaggio di tempi andati e in lei tutto ciò riviveva.
Ma negli occhi vi si scorgeva la malinconia, la tristezza ma anche una saggezza più profonda: era come se da quando era stata destituita, o per meglio dire, lei aveva acconsentito a ciò aveva acquisito una nuova conoscenza di sé e del suo destino.
Watashi aveva fatto crollare le sue certezze e la sua vita e come Kumo, che stava ritrovando la forza di alzarsi, così lei trovava la sua vera strada che gli era stata preclusa per abbracciarne un'altra.
Dorata superficialmente ma così vuota nel suo diramarsi; eppure oggi lei tornava a quel posto che aveva lasciato. Strano il destino a dir la verità: aveva lasciato la veste di Kage per l’abito da monaco ed ora, di nuovo, eccola lì – tra spuma e correnti marine e di vento ad accarezzarle la pelle e gli splendidi capelli color del grano – a ritornare ad essere Shiroko La Pallida…Raikage di Kumo.
Anche solo per i giorni del torneo ma lasciava su di sé, sulla pelle, un dolce e tenue profumo di ricordi e di nostalgie. Respirò entrambe le cose, le respirò fino a saziarne e si perse a contemplare la vastità del mare…e un brivido percorse la sua schiena.
Ora e solo ora, di fronte ad esso e al sole che, morendo tra i suoi flutti lo incendiava di colori dall’arancio al rosso, ritornava ad essere solo Shiroko Yotsuki conscia di quello che era e del perché aveva la veste del kage e il suo copricapo: dal mare sarebbe venuto un altro pericolo. E questa volta nessuno avrebbe aiutato Kumo…oppure si?
E strano a dirsi che l’unico alleato che avevano era un non-morto. Ma quanto vi era di vero? Fidarsi è bene non fidarsi è meglio?
In ogni caso Giichi non voleva rischiare: ed eccola lì – un po’ preda, un po’ predatore, a fare quello che tanto tempo prima aveva fatto a Kumo: essere kage e presenziare al torneo Chunin.
Spostò una lunga ciocca dorata dai suoi magnifici occhi verdi e mille pensieri vorticavano nella sua testa, mentre il vento – un bel grecale – faceva gonfiare le vele e la nave scivolò sulle acque come una lancia magnifica.

[…]

Kiri si presentava davanti alla piccola delegazione restaurata dalle sue antiche vesti sanguinarie. Una nuova Kiri?
Shinta ne assaporò l’aria e la trovò ferrosa e la nebbia sembrava un nero sudario: ma forse erano solo le leggende che ammantavano, loro si come nebbia, la vera Kiri. Eppure un fondo di verità vi doveva essere ma in ogni caso non avrebbe permesso che quella nebbia si tingesse di sangue.
Le nazioni degli shinobi ne avevano versato anche troppo, non serviva che altro se ne versasse solo per mantenere la leggenda in vita. E sicuramente anche Shiroko era dello stesso avviso.
Eppure chiunque li vedesse non poteva domandarsi chi fossero, così chiusi nei loro cappotti, e perché erano scesi da una anve – una piccola fregata – quando attraccavano al loro porto mastodontiche crwature di legno e cordame e da esse venivano vomitati fuori le più disparate genti.
La delegazione di Kumo manteneva il profilo basso – una novità conoscendo i caratteri di quei barbari - come amavano definirli alcuni – eppure era così. Leggeri, silenziosi passavano tra le vie coperte dalla nebbia fino al luogo preposto alla santificazione e alla gloria dell’essere shinobi.
A Shinta venne persino la malaugurata idea di parteciparvi sotto mentite spoglie e invidiò coloro che potevano fregiarsi di tale onore.
Lui non lo ebbe…e a dirla tutta tecnicamente era ancora un genin. Promosso in guerra, certo, ma solo per intercessione di Giichi.
Fosse stato per gli altri lui sarebbe rimasto a vita un genin….e con questi presupposti essere – o divenire Jonin – era escluso davvero.

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Bè l’accoglienza è Kiriana e tutto non lascia trasparire nulla di buono. Ma se questa è Kiri non credo che dovremmo aspettarci fanfare, campane o robe del genere.
Ma soprattutto, credo, nessuno si aspetti Kumo. Vero Shiroko-san?


I più intelligenti sicuramente si aspettano Kumo, Shinta. Ma chissà come reagiranno a tutto questo.

Il Kage stà rischiando tutto. Ma anche e soprattutto è questo Giichi…andiamo Raikage il dovere ci impone la nostra presenza.

Leggeri si intrufolarono tra le vie, senza sfarzo, senza fanfare avvicinandosi allo stadio e il cuore di Shinta non potè non sussultare a tale vista: chissà dove finiva il patriottismo e iniziava il fanatismo più becero a Kiri.
Il più delle volte chi si dichiara innamorato di spade e di guerre è più pericoloso di qualsiasi altro guerriero. Anche Shinta era innamorato delle lame ma qui vi era qualcosa che stonava con tutto il resto….e Kiri era sempre stata più fanatica – pazzoide che guerriera.
Strinse le propria spada e, sotto il suo travestimento, occhi bruciarono.




Informazioni La delegazione di Kumo in ordine temporale, arriva per ultima e quasi sul filo dei secondi. Questo perchè in patria abbiamo qualche gatta da pelare ;)

Il mio secondo pg è sotto copertura, questo per non far saltare la sua identità a Konoha. Anche perchè da accordi presi, Shinta è - sulla carta - un ninja della foglia per cui per evitare grossi problemi si traveste.
La delegazione è un piccolo gruppetto di persone: vi sono alcuni ragazzotti di Kumo - pronti per il chunin - ma è davvero povera e poco pomposa( strano per i Kumoniani o Kumesi o come volete chiamarli XD).
In bocca al lupo a tutti e divertiamoci XD
 
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view post Posted on 17/11/2014, 12:02
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♥ Non piangere Nishimiya sai poco fa ti ho parlato in un sogno, mi sembrava di aver rinunciato a molte cose, ma non è così. Ho sempre pensato come te Nishimiya...♥

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Shikyū - Mal di mare -
Il giorno del torneo chunin era arrivato e Misato non si sarebbe persa l’azione di Arashi per nessun motivo al mondo. Aveva intenzione di andare, seguirlo e sostenerlo come meglio poteva fare. Certo, un po’ era invidiosa del fatto che lui fosse stato scelto e lei no ma in fondo lo aveva sempre saputo che era uno shinobi migliore e che avrebbe fatto carriera decisamente più in fretta. Fece comunque un leggero sospiro e si preparò a partire.
Partì da Suna con una piccola carovana di spettatori che, per un motivo o per un altro, avevano intenzione di partecipare come spettatori al torneo. Si trovò piuttosto bene e, dato il suo temperamento, chiacchierare con loro non era difficile né noioso, in particolare si fermò sempre a giocare con una bambina che era in viaggio con il padre per andare a vedere il figlio di un loro amico di Konoha che avrebbe partecipato. Erano tutti molto eccitati e non vedevano l’ora, anche lei sognava già il momento in cui il suo ragazzo sarebbe uscito da quell’enorme salone salutandola con un sorriso e dicendole “Sono diventato chunin”. Si, perché sarebbe sicuramente successo e non vedeva proprio l’ora.
Quando raggiunsero le sponde del mare dovettero salire tutti su un’enorme nave e la ragazza iniziò subito ad avere qualche remora. Era la prima volta che saliva su una cosa come quella e l’idea di viaggiare sull’acqua non le piaceva poi molto. Ce l’avrebbero fatta?
Il resto del viaggio la passo sul parapetto continuando a tenersi la bocca con la mano destra e rischiando di vomitare ad ogni oscillazione strana. In fondo lei era un ninja del deserto, che cosa ci faceva su una nave? Lei camminava, mica era un pesce. Ad ogni modo cercò di rimanere in forze e su di morale perché non vedeva l’ora sia di vedere la famosissima Kiri, culla dei più grandi assassini, e il suo Arashi all’opera.
Così attaccata al parapetto com’era fu una delle prima a scorgere le rive e alzò un braccio rischiando davvero di vomitare.


«Terra, terra! C’è terra!»



Urlò, facendo quasi eco ad uno dei marinai che stava dando indicazioni al capitano dal suo posto in cima all’albero maestro. Non era mai stata così felice in vita aver raggiunto la sua meta. Quando poi finalmente scesero dalla nave Misato crollo a terra urlando.


«Siano lodati i Kami….siamo ancora vivi…siamo ancora vivi!»



Beh era felice di essere arrivata a destinazione e, soprattutto di essere scesa da quella nave soprattutto perché la sua sabbia aveva ronzato nervosa per tutto il tempo. Non le piaceva navigare questo era certo. La bambina che l’aveva accompagnata per tutto il tragitto la guardò un po’ spaesata con il padre prima di scoppiare a ridere.
Insieme si diressero poi verso l’enorme edificio creato e adibito apposta per quell’evento. Era enorme e sprizzava da tutti i pori il loro potere. Già quella era una parte della potenza di Kiri ma lei non poteva sapere proprio tutto dal momento che la storia di quel villaggio non l’aveva mai affascinata abbastanza perché la studiasse. Lei si era fermata al fatto che erano assassini senza scrupoli e questo l bastava per tenere gli occhi aperti, sperava solo che nessuno facesse qualcosa di strano interrompendo il torneo, magari per cercare di uccidere i Kage.
Attraversarono poi il corridoio con quelle ari che minacciavano di far loro del male ad ogni passo e facendo ritrarre la bambina al fianco del padre un po’ spaventata. Forse non era stata poi una grandissima idea. Anche una volta dentro non potè fare altro che notare la mancanza di dolcezza e di calore. Come si poteva crescere liberi e felici in un posto come quello? Anche Misato non sapeva darsi una risposta.
Si guardò in giro chiedendosi se quelli di Konoha fossero già arrivati e in mezzo alla folla che si stava lentamente creando, notò subito l’hokage.


”Si, sono arrivati! Devo subito cercare Arashi!”



Si disse prima di volgersi nuovamente verso l’uomo e la bambina con cui aveva fatto quell ungo e penoso viaggio.


«Scusate adesso vado a cercare il mio ragazzo per augurargli buona fortuna! Magari ci vediamo sugli spalti, tenetemi un posto!»



Sorrise salutando con la mano e correndo verso il gruppo di Konoha per cercare lo shinobi.


«Arashi eccomi! Sono venuta a vederti!»



Urlò tutta contenta durante la corsa subito dopo aver adocchiato il giovane e concludendo il tutto saltano gli addosso e facendo rovinare tutti e due a terra. Si, l’irruenza di quella ragazza era davvero qualcosa di tremendo e forse il giovane ninja stava iniziando ad accorgersi.



-GdrOff-

Hey Vale scusa per la scena da scadente manga comico ma non ho resistito e si, ho ipotizzato che ti butta a terra mentre cade perché alla fine ti coglie alla sprovvista XD

-GdrOn-
 
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view post Posted on 17/11/2014, 16:03




Brancolava nel buio, nelle oscurità di un mondo a lui sconosciuto. Procedeva a tentoni data la scarsissima visibilità di quel luogo angusto. Ogni passo affondava in un cumulo di nebbia oscura, pesante, corrotta. Non vi erano suoni né odori in quel luogo dimenticato dalla luce del sole. Più avanzava, più sentiva le membra farsi pesanti sotto il greve peso della paura. Persino respirare diveniva pian piano un'azione complicata da portare a termine. Vagava per lande sconosciute senza una meta precisa, senza sapere cosa cercare, senza sapere perché si trovasse in quel posto.
Poi, in lontananza, una luce. Come una falena attratta da una fiammella si sentì obbligato a dirigersi in quella stessa direzione. Procedette ad ampie falcate cercando di ignorare le difficoltà che il suo corpo incontrava ad ogni minimo spostamento, fino a quando finalmente non raggiunse il suo obiettivo. Un piccolo specchio fendeva l'oscurità perenne di quel luogo, quasi a volerne contrastare l'oblio. Osservò attentamente, spingendo il proprio sguardo oltre quella superficie cristallina. Notò una piccola famigliola felice, un padre ed una madre amorevoli che accudivano il proprio figlio. Un bimbo di 3-4 anni al massimo, capelli castani ed occhi azzurri come il cielo più limpido. Sembrò riconoscere quel fanciullo, ma non ne fu del tutto convinto. Improvvisamente però le ombre cominciarono ad inghiottire lo specchio, cingendolo con le proprie spire nere come la pece. Mitsuaki cercò di eliminare quelle ombre, spostandole con le mani, ma invano. Cominciò quindi a battere sulla superficie superficie di quella finestra, ma nessuno parve udire la sua presenza. Provò allora ad urlare, ma né una parola né un sibilo si levarono dalle sue corde vocali. Si scoprì impotente, fragile. Poté solamente osservare quel piccolo quadretto familiare scomparire dinanzi ai suoi stessi occhi senza poter far nulla al riguardo.


[...]

(Ancora quello strano sogno...cosa vorrà mai dire...)

Si ritrovò seduto sul proprio letto, le coperte completamente riverse per terra. Era madido di sudore e respirava affannosamente. Quell'incubo lo tormentava da diverse settimane e si alternava alle orrende visioni della guerra contro il Dio Oscuro. Non certo sogni lieti per il povero genin.
Al capezzale del letto se ne stava tranquilla la sua compagna che immediatamente gemette nel vedere il suo padrone sveglio.


Buongiorno Sammy...sei pronta? Oggi è il grande giorno!

Dal canto suo la lama grugnì, quasi a voler rispondere affermativamente allo spadaccino.
Lo shinobi si diresse mestamente in bagno per potersi preparare. L'acqua calda della doccia cominciò a scorrere sul suo corpo segnato da diverse cicatrici, su cui spiccava quella in pieno petto, riportata nello scontro contro Sasaki. La stessa non era completamente guarita ma presentava notevoli miglioramenti dall'ultimo scontro sostenuto. Rimase immobile per diversi minuti, lasciando che il calore dell'acqua lo rinvigorisse. Una volta fuori prese ad asciugarsi, passando poi a sistemare la lunga zazzera di capelli, sistemati in una lunga coda per non intralciare i movimenti. Cominciò quindi a vestirsi indossando i soliti abiti, consoni al proprio rango.
Avvicinandosi al letto impugnò la Samehada e, con cura, iniziò ad avvolgerla nelle consuete bende. Lo spadaccino sapeva benissimo che questo a lei non piaceva, ma non poteva rischiare che qualcuno si ferisse nello stargli vicino. Anche un singolo graffietto poteva rivelarsi fatale. No, non poteva lasciarla libera.
Controllò quindi d'aver preso tutto e, dopo aver caricato in spalla la fedele mannaia, si apprestò ad abbandonare la magione. Dopo l'ultima missione si era infatti trasferito nella residenza del kage, in una delle stanze riservate del palazzo. Aveva perso i ricordi della propria famiglia, non ricordava neanche di avere un posto in cui tornare. Si era quindi diretto verso la residenza, dove gli era stato offerto alloggio. Non il massimo della comodità, certo, ma pur sempre migliore delle molte bettole della città.
Prese quindi a camminare verso il luogo dove si sarebbe tenuto il torneo. Solo dopo diversi minuti si accorse di un piccolo dettaglio: si era dimenticato di chiedere dove si trovasse la struttura. Cominciò quindi a girovagare per tutta Kiri, senza però trovare nessuno a cui chiedere informazioni, forse perché erano già tutti arrivati a destinazione. Correndo a dritta e a manca percorse diversi chilometri, perlustrando quasi l'intero villaggio.


[...]

Dopo varie peripezie riuscì ad arrivare al luogo dell'esame, nonostante il fiato corto. Piegato sulle ginocchia non poté comunque fare a meno di ammirare la struttura costruita per l'occasione: una cupola enorme costituita da ferro in ogni sua parte. Non una perfezione architettonica certo, ma la sua grandezza incuteva comunque un certo fascino. Lo spadaccino non aveva ricordo degli eventi risalenti al primo kage Momochi e per questo non poteva scorgere le evidenti somiglianze con la mortale opera risalente a quest'ultimo.
Evidentemente in ritardo, Mitsuaki fece un'ultimo sforzo e con decisione si diresse verso la struttura, attraversando imperscrutabile l'arcata formata da forche, quasi senza accorgersi della sua presenza.
Attraversò con la medesima risolutezza la rampa di scale fino a giungere alla porta che conduceva probabilmente nel luogo ove la prova si sarebbe tenuta. Dinanzi alle due guardie che presidiavano l'entrata si identificò, nonostante queste ultime probabilmente lo avessero già riconosciuto.
Era pur sempre uno dei sette leggendari Spadaccini della Nebbia. Era pur sempre il campione di Kiri!


//Beh, che dire? Buon chunin a tutti!
P.S. Si, il mio pg è così sbadato da essersi scordato di chiedere dove fosse la struttura. E per quanto riguarda le "peripezie" per trovare il posto è in progetto una role libera con un altro pg.//
 
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view post Posted on 17/11/2014, 17:30
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Mhh... mhhhh..

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GDR OFF///Continua da qui///GDR ON

*Il tempo era volato. Ad Himura pareva ieri di aver ricevuto la missiva da Kiri, e già stavano ultimando i preparativi per la partenza.
Sostò sulla banchina, osservando il sole fare capolino dall'orizzonte; in bocca un sigaro iniziato la notte prima. Qualcosa, come sempre, animava i suoi pensieri.
Avrebbero affrontato l'intera traversata via mare, per non dover passare attraverso il Paese del Fiume. Benché fosse stato egli stesso a premere per un'unica navigata, il pensiero di poter incappare in una tempesta o in qualche flottiglia di pirati lo turbava. Certo, sarebbero stati due jonin contro dei comuni tagliagole... però...*


Ako:"Sale?"
Nan:"Mh-mh..."
Ako:"Acqua?"
Nan:"Mh-mh..."
Ako:"Riso?"
Nan:"Mh-mh..."
Ako:"Medicazioni?"
Nan:"Mh-mh..."
Ako:"Equipaggiamento?"
Nan:"Mh-mh..."
Ako:"Nave?"
Nan:"Mh-mh..."
Ako:"Equipaggio?"
Nan:"Mh-mh..."
Ako:"Porto?"
Nan:"Mh-mh..."
Ako:"Cervello?"
Nan:"Mh-mh..."
Ako:"No, quello manca all'appello, Kitsuen-san."
Nan:"Mh-mh..."
Yoichi:"Lascia perdere Ako... dovrebbe esserci tutto. Appena gli uomini avranno finito di caricare saremo pronti. Vai a controllare che non facciano confusione, ti raggiungo tra poco..."

*Non sarebbe stata una traversata in grande stile; l'imbarcazione era piccola ed anonima, avvezza alla lunga tratta trai due paesi. Nulla di rilevante sullo scafo in legno scuro, né sul piccolo castello, né sulle vele azzurro chiaro. Il contatto con il capitano era stato fatto sul luogo, in modo da assicurarne le intenzioni. Il prezzo era stato alto, certo, ma non aveva importanza.
L'Hachidaime si voltò ad osservare Ako mentre correva verso la nave; era una bella mattinata, nonostante tutto, e la brezza carica di salsedine riusciva a lenire le preoccupazioni di tutti... forse persino di Nan, che era stato avvertito nemmeno quattro ore prima e trascinato fuori dal suo loculo per fare da supervisore. Se ne stava lì, adesso, seduto su una cassa... in volto la stessa espressione che aveva sempre. Himura avrebbe pagato una discreta somma per vedere la smorfia che il vecchio aveva fatto quando gli ANBU erano piombati in casa sua... sorrise, traendo una ricca boccata.
L'oceano riusciva sempre a farlo sorridere... una sensazione strana...*


Yoichi:"Kazekage-sama, tutto pronto. Possiamo partire."

Himura:"Oh, bene, era ora. Siamo già in ritardo."

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*Non si intendeva granché di navigazione, certo, ma non sembrava che vi fossero marasmi in arrivo. Ovunque posasse lo sguardo non vedeva altro che blu... e per quanto fosse bravo a nasconderlo, il Kazekage non poteva negare un certo entusiasmo. Di rado gli era capitato di andare per mare, e mai per un tempo così lungo. "Due giorni tondi" aveva detto il nostromo, non senza accento. Salvo imprevisti, ovviamente.
Himura volse lo sguardo al ponte, cercando i suoi. Yoichi era seduto assieme ai marinai, giocando a chissà quale diavoleria da bettola che gli uomini si erano offerti di insegnargli... e pareva stesse già vincendo. Naturalmente il Kazekage non approvava simili passatempi... ma d'altronde non c'era granché con cui distrarsi. Lui stesso non sapeva cosa fare, ed erano passate appena sei ore.
Ako stava seduta sul cassero, in grembo il gatto portafortuna della nave, e anche lei sembrava già ben annoiata. Lo sguardo era perso all'orizzonte, cercando chissà cosa. L'animale invece era impegnato in una battaglia all'ultimo sangue con le dita della giovane, che però stavano avendo decisamente la meglio. Era grasso, ed Himura non avrebbe saputo dire se nel bene o nel male.*


Nan:"Heh... non mi dispiacerebbe un assaggino di quel coso, dovessimo andare alla deriva."

*Il vecchio era accanto a lui da un po', ma Himura non ci aveva fatto caso. Di rado era lui ad iniziare una conversazione... e l'argomento che scelse per dare il via a questa ne dimostrò l'inesperienza.
Il Kazekage si voltò a guardarlo, incrociandone gli occhi dietro un sottile velo di fumo. Alzò le sopracciglia.*


Himura:"Non ti credo, Kitsuen-san. Se è vero che il fumo blocca l'appetito, tu non mangi da settant'anni."

*Lo shinobi fece una smorfia strana, difficile dire se fosse piccato o stesse sorridendo.*

Nan:"Che ci crediate o no, Kazekage-sama, c'era un tempo in cui pur fumando mangiavo come un maiale. Specialmente durante i viaggi per mare.
C'è qualcosa nell'ondeggiare che mi smuove le viscere... forse è l'ondeggiare stesso, dopotutto... sigaro?"


*Himura alzò una mano in segno di rifiuto, e di nuovo non seppe se aver fatto a Kitsuen un favore o un dispiacere. L'uomo fumava ventiquattro ore su ventiquattro, eppure quel portasigari in acciaio era sempre pieno, per qualche ragione.
Aveva poca importanza; il Kazekage dubitava fortemente che Nan fosse stato un marinaio, in passato, e dubitava ancor più fortemente, come medico, che il suo tabagismo gli avesse mai consentito di apprezzare il cibo.
Era stato un errore portarselo dietro; i problemi erano iniziati nemmeno saliti in nave. Il capitano gli aveva proibito di fumare sottocoperta, e così Nan aveva steso la branda sul ponte per poi vedersela rimuovere dall'equipaggio. Probabilmente se ne sarebbe rimasto al fresco per due giorni... ammesso che questo potesse scalfirlo.*


Nan:"Beh... cerco di tenervelo per quando arriveremo... sarete nervoso."

----------------------------------------------------------

*Nervoso era un vezzeggiativo in confronto a ciò che stava provando in quel momento. Che diavolo era saltato in testa al Mizukage!?
In una grottesca rievocazione, Hogo aveva eretto praticamente la stessa struttura fatta realizzare da Ki Momochi, undici anni prima, per il Torneo più brutale di sempre. La Trappola, lo Stadio di Lame, e via di lì. Himura non ricordava esattamente il nome che era stato dato a quella mostruosità, ma l'immagine del sangue e dei corpi impalati sugli artigli non se n'era andata. Se non fosse stato per Keiichi-sama, quella volta... trasse una profondissima boccata dal sigaro.*


Himura:"Aspettate qui."

*Andò incontro alla loro scorta ANBU, consegnando i documenti ufficiali del villaggio e facendosi spiegare la procedura d'ingresso senza battere ciglio. Gli shinobi dovettero cogliere il suo stato d'animo, perché non si dilungarono granché in dettagli.
Lo sguardo di Himura era ancora puntato tra le nebbie; la struttura era visibile da una distanza notevole, e forse era persino più grande dell'originale... un'impresa notevole, considerata la follia dello Yondaime Mizukage.
Ultimati i preparativi fece segno al gruppo di avanzare, e decise che avrebbe fatto i conti col Kyudaime una volta dentro.
Nonostante lo stadio si facesse sempre più spaventoso, man mano che avanzavano per il villaggio, Ako non riusciva a nascondere la sua trepidazione. Fosse stato per lui, il Kazekage avrebbe fatto marcia indietro immediatamente. E per una volta Nan pareva essere del medesimo consiglio. Quell'evento prometteva malissimo sin dall'arrivo, e non era solo la sua solita paranoia, stavolta. Si sfregò le mani... l'umidità della nebbia non gli dava nessun conforto, e di certo non lo faceva sorridere. Come aveva fatto a sentirsi così rilassato due giorni prima?*


Himura:"E dovrebbe essere lo stesso mare..."

*Mugugnò tra sé e sé, masticando la foglia del sigaro.
L'ingresso alla mostruosità non era meno ridicolo del resto; un portale ampio, alto, in pietra locale ed avvinto di lame. Dall'arco pendeva una serie di lame progettata senza dubbio per dare l'impressione di essere instabile... o almeno così si disse l'Hachidaime, sperando di avere ragione. Il pochissimo vento riusciva a farle muovere, nonostante il peso, e lo stridio leggero che producevano gli fece venire i brividi. Si dannò per essere andato lì senza domandare ulteriori dettagli, e per un breve momento pensò di abbatterle e mettere fine a quella pagliacciata.
Poi però, abbassando lo sguardo, incontrò delle sagome che non avrebbe voluto venissero ghigliottinate. C'era la delegazione di Konoha, appena fuori... e il Sandaime Hokage. Anche Akane pareva preoccupata dalla struttura.*


Himura:"Hokage-sama... sarebbe stato meglio se avessimo fatto un sopralluogo PRIMA di portare i nostri ragazzi..."

*Come sempre non si perse in convenevoli; disse ciò che voleva dire a chi voleva dirlo, ignorando gli altri.*

Edited by .Hide - 17/11/2014, 20:59
 
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..Kira
view post Posted on 17/11/2014, 19:07




Kira ed il torneo Chunin, non avevano mai avuto modo di conoscersi, seppur il medico fosse già un Chunin. Purtroppo lui apparteneva ad una generazione di ragazzi che avevano vissuto la guerra fin dalla giovane età, combattendo in prima linea fin da genin. Lui non aveva mai dovuto mostrare il suo valore alla miriade di persone che venivano a guardare il torneo, non aveva affrontate prove pensate dagli organizzatori e non aveva mai provato la sensazione di essere acclamato dal pubblico in festa. No, il suo passaggio a chunin era stato completamente diverso:
Non doveva dimostrare il suo valore a dei giudici, ma ai suoi compagni che lottavano e morivano accanto a lui, non c’era un pubblico ad osservarlo e ad acclamarlo, ma solo qualcuno che da lontano pregava affinché rimanesse in vita e soprattutto non ha mai dovuto affrontare delle sfide organizzate, dove la tua vita non è mai in pericolo, ma ha dovuto combattere per sopravvivere alla minaccia più grande che il mondo abbia mai avuto, Watashi. Quindi no, non conosceva il torneo chunin ed erano tanti i motivi che lo spingevano a partecipare a quell’evento seppur da spettatore: anzitutto la curiosità di capire cosa si fosse perso, cosa sarebbe stato costretto a fare per diventare Chunin e quello che si prova a partecipare ad un evento del genere, successivamente lo faceva anche per tifare i genin del suo villaggio e vedere se tra di loro ci fosse qualcuno di interessante, che avrebbe attirato la sua attenzione ed infine perché il torneo si svolgeva a Kiri.
Da quando era tornato da Morondor non aveva più parlato con nessuno di Yumi, la ragazza croce e delizia di quell’esperienza, anche perché aveva costretto la sua mente a non pensarci, a scacciare quei pensieri dolorosi e a dimenticarsi totalmente di lei. Quando però venne a sapere che il torneo si sarebbe svolto a Kiri il primo pensiero che ebbe fu rivolto proprio verso di lei. In cuor suo sperava che l’avrebbe incontrata per strada, in un bar, negli spalti.. ovunque! Voleva solamente vederla per sapere se stava bene. Ovviamente non ci sperava, conosceva bene l’idea che aveva su Kiri e sicuramente non avrebbe condiviso questa manifestazione nel suo villaggio.


*Come si dice? La speranza è l’ultima a morire..*

Sarebbe anche stata un’occasione per rivedere la miriade di amici fatti durante la guerra sparsi per i vari villaggi. Questi eventi infatti attiravano gente da ogni dove e sicuramente avrebbe incontrato qualcuno di loro.
Comunque sia per il viaggio decise che avrebbe pagato per avere ogni comfort: anzitutto nessun viaggio a piedi, avrebbe preso una carrozza di lusso, con ogni tipo di comodità all’interno. Arrivato alla costa avrebbe preso una nave privata, anch’essa di lusso dove si sarebbe potuto rilassare al massimo. Arrivato a Kiri per tutta la durata del torneo aveva preso una stanza in uno dei più grandi e costosi Hotel al centro della città, tra una prova e l’altra avrebbe visitato il tanto timoroso villaggio della nebbia per conoscerlo meglio. Insomma si sarebbe preso una meritata vacanza dopo la guerra e dopo Morondor.
 
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view post Posted on 17/11/2014, 22:47
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CITAZIONE
"Pensato"
«Parlato»

Narrato


Senzatitolo-1copia
Nindo di un prossimo Demone





Fu un risveglio particolarmente tranquillo. I suoi occhi nettamente felini si aprirono come due popcorn alla luce fioca che penetrava dalla finestra di camera sua. Nessun rumore echeggiava nella casa. Nessun odore di tè caldo, appena preparato. Molto probabilmente i suoi erano ancora a letto.

Kiyu viveva ancora con i genitori, ma questo in parte era un vantaggio. Molte meno responsabilità e preoccupazioni. Da semplice studente doveva solo occuparsi di studiare, per prepararsi al suo futuro esame per diventare Genin e talvolta aiutare suo padre nei capi di riso.

Ieri, appunto, era una di quelle volte in cui il padre gli aveva chiesto una mano. Per questo motivo era andato a letto presto, per questo motivo si era svegliato alle prime luci dell'alba.
Si alzò di scatto dal letto. Poi in punta di piedi si diresse in giardino, per controllare se le foglie di lattuga avvelenate avessero fatto il loro lavoro.


Sempre muovendosi furtivo, osservava l'erba sotto la lieve luce di un sole che non si era ancora deciso a nascere.

«Ci siete piccoline mie? Questa volta ho usato dosi molto più basse dell'ultima volta.»


Sussurrava con un ghigno malefico dipinto sul volto. I suoi occhi vagavano da una parte all'altra del prato. Non sembrava che questa volta fosse riuscito nel suo intento, infatti nessuna creatura sembrava aver rosicchiato le sue trappole. Finché...

«Eccoti qui! Tu sei l'unica questa volta. Pazienza. Mi accontenterò»


Detto questo, prese in mano quella piccola testuggine intorpidita dal fatale medicinale, assunto evidentemente in dosi tali da renderla solo paralizzata. La scena che seguì fu orribile. Il ragazzo tirò fuori dalla tasca un kunai, di quelli dati in dotazione agli studenti. Sedendosi per terra, con la tartaruga ancora in mano, le scalfì dolcemente la cute del piastrone, partendo dall'area centrale. La bestiola si dimenava, ma sedata dal medicinale non riuscì a sfuggire. Il sorriso di Kiyu era raggiante, davanti a quello spettacolo: piccole membra di un piccolo corpo che piano piano venivano asportate da mani per nulla esperte. Fino a che l'animaletto non smise per sempre di opporre resistenza e i suoi occhi persero la luce.


Il giovane si premurò di gettare lontano da sguardi indiscreti i resti della sua preda, solo dopo essersi leccato gustosamente le dita. La nascose lontano da casa, lontano dai sui genitori. Diciamo pure che non sarebbe stato un bello spettacolo per loro scoprire questo lato del figlio. Lui ci teneva particolarmente a tenerglielo nascosto. Non era il caso di farlo sapere. Un padre e una madre sono fieri del proprio pargolo quando torna a casa dicendo di aver preso un bel voto. Di certo non quando torna a casa con il cadavere del coniglietto di una sua compagna di classe. No. E' una di quelle cose che recano un certo disagio in un genitore.


Quando, passando dal vialone alberato, tornò a casa, il sole era già sorto da almeno un'ora, sebbene la nebbia tendesse a occultarlo.


«Kiyu-chan, tesoro, dov'eri? »


Sua madre era una donna attenta, ma non particolarmente intelligente. Un po' ingenua e follemente innamorata del figlio. Non riusciva proprio a scorgere il suo lato crudele. Così come non ci riusciva suo padre. E così diversi suoi insegnanti. I suoi coetanei invece se n'erano accorti da quando era entrato nell'accademia. A loro spese.

«'Giorno mamma. Ero andato a sentire la freschezza della rugiada del mattino, sotto agli alberi del viale che porta al villaggio. Sai quanto adoro l'acqua. Ora mi lavo, mi vesto e vengo a fare colazione. Dì a papà, quando si alza, che oggi non ci sarò tutto il giorno, quindi non potrò aiutarlo. Digli che sono terribilmente dispiaciuto, ma c'è il torneo Chunin, ci saranno molti shinobi di altissimo livello. Di sicuro verranno anche da Konoa e non mi dispiacerebbe vedere l'Hokage almeno una volta. Magari è un'occasione che non mi ricapiterà due volte »


Sorrise alla madre. Poi andò a cambiarsi.

"Voglio uccidere... Voglio ancora uccidere... Mi spiace, so che è sbagliato... No non mi dispiace, non mi interessa proprio...
"


Si lavò velocemente e scese a fare colazione.

------------


Quando arrivò al villaggio c'era tutt'altro che un clima di festa. Per le strade camminava una quantità ingente di turisti, ma Kiri aveva come sempre l'aspetto tetro e oscuro di un luogo che ha ospitato per anni, se non secoli, shinobi spietati e crudeli assassini. Proprio questo adorava della sua città. Nient'altro. Non le inutili persone, non i suoi compagni di scuola rammolliti. Ma amava l'essenza stessa del villaggio, sempre presente nelle sue vie.


Girò l'angolo. Davanti ai suoi occhi si presentò un spettacolo che non si vede tutti i giorni. Diverse persone, la maggior parte ninja della nebbia, stavano in piedi davanti all'immensa arena dove si sarebbe svolto il torneo. Disposti alcuni secondo una coda ordinata, altri, presumibilmente turisti o indecisi, sparsi in giro per la piazzuola davanti all'ingresso.

Si avvicinò alla coda, posizionandosi alle spalle di un corteo che, a giudicare dai coprifronte proveniva dal villaggio della Foglia. In realtà non era come aveva detto a sua madre: poco o nulla importava a Kiyu di Konoa o dell'Hokage, per quanto quest'ultimo avesse qualcosa di affascinante.

"Mi piacerebbe staccarle i suoi bellissimi occhi. Dicono sia un Uchiha. Chissà quanto sarebbe disperata nel guardarmi mentre li mangio uno alla volta... No, cazzata, vedrebbe solo il primo. Quindi devo staccargliene prima uno solo... Ma poi l'altro...? ...L'altro glielo lascio, esatto. Perché sennò non vede una fava di quello che le farei... Forse prima le tolgo il destro e me lo mangio, lentamente... Ma il secondo è sempre un problema... Ideona! Siccome è un Kage, deve essere di sicuro legata al villaggio. Quindi mangio il suo villaggio. No. Un suo abitante. Un abitante piccolo. Un bambino... No adesso non ho voglia di pensare alle torture, sono troppo emozionato... "

In preda ai suoi oscuri pensieri, il giovane studente si accorse a malapena di essere arrivato davanti all'ingresso, una volta che lo scorrere della coda davanti a lui era terminato. Guardò in alto di istinto e osservò affascinato l'opera di Momochi dal basso. Egli era stato un membro di uno dei clan più potenti di Kiri. Sostanzialmente i più quotati come detentori della Katana Tagliateste.

Solo gli shinigami sanno quanto Kiyu desiderava ottenere una spada del genere. Avrebbe ucciso per averla. No, in effetti avrebbe ucciso comunque. Diciamo allora che avrebbe salvato una vita per averla. E questa ossessione parve crescere in lui mentre osservava le linee aguzze di quelle affilatissime spade che pendevano dal soffitto. I suoi occhi brillavano mentre osservava quelle lame splendenti, che tanto gli ricordavano il suo sorriso a bocca spalancata.














GdrOff//
Penso si sia già capito, ma nel caso non sia riuscito a farlo capire: entro come spettatore. ]


//GdrOn
 
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Uror
view post Posted on 18/11/2014, 00:46




E

ra una giornata particolare, finalmente era arrivato il momento.
Adesso Yui si sentiva davvero una sciocca essendosi preoccupata per l’intera settimana, interrogandosi su un’unica domanda: andare o non andare al VI torneo Chunin?
Era curiosa non poteva negarlo ma al tempo stesso combattuta, suo padre non era particolarmente interessato all’avvenimento e le aveva sconsigliato di andare, era ancora una studentessa e se si fosse spaventata avrebbe perso quello che la spingeva a continuare a suo dire. Il torneo si teneva solo in occasioni speciali e i ninja che vi prendevano parte erano i migliori dei loro villaggi.
Alla fine però la risposta era arrivata chiara e limpida nella sua mente ed il suo desiderio aveva avuto la meglio, non poteva non andare: aveva sentito parlare di clan i cui membri avevano solo occhi bianchi, di altri che utilizzavano l’ausilio di animali, di senza clan molto forti e poi ci sarebbero stati i genin di Kiri e Suna, i primi li avrebbe addirittura raggiunti se avesse passato il test e se loro non avessero superato il torneo...sopravvivendo ovviamente.
Era più che colpita all’idea, voleva vederli combattere e non ci sarebbe stata un’altra occasione più proficua, l’avrebbe visto come un augurio al suo test. Venivano da tutti i regni per vedere quello scontro, quella simulazione di guerra e lei che si trovava proprio lì doveva evitarlo? Beh sarebbe stato più che stupido.
Uscì di casa leggermente in ritardo quella mattina, si era svegliata presto come sempre e aveva preparato la colazione ma era rimasta ferma a riflettere, cosa che gli accadeva spesso, aveva sentito parlare per fama di alcuni campioni del suo villaggio ma non li aveva mai conosciuti. Dubitava che tutti loro avrebbero apprezzato ricevere del tifo, e che sarebbero passati, ma le sarebbe piaciuto anche assistere ai combattimenti dei ninja di Suna.
A volte le mancava la sua città natale e non vedeva l’ora di assaporare nuovamente quel calore, la nebbia era accettabile ma a lungo andare finiva per stufarla quando non risultava utile per nascondersi a qualcuno di fastidioso. Però doveva ammettere che ormai era la sua terra, forse era solo troppo egoista a non voler rinunciare al sole.
Dovette scendere in fretta alla fine per poi avviarsi all’arena con un passo tranquillo, sapeva che molta gente importante avrebbe visto il torneo e che quindi ci avrebbero messo un po’ a iniziare ma desiderava vedere l’arrivo dei ninja di tutti i paesi assieme ai loro capi.
Le strade erano già deserte ma ancora qualche ritardatario come lei era in giro.

[...]

Non aveva mai visto l’arena ma era a dir poco spettacolare, Yui la studiava con gli occhi scuri ed era lieta di poterla ammirare mentre si riempiva di persone, nonostante avesse avuto dei contrattempi era giunta al momento opportuno. Il contrasto di luce e ombra era magnifico, il metallo pareva ammassato in modo informe ma l’entrata era la parte migliore, appariva pronta a crollare contro chiunque fosse stato indegno di varcarla, era proprio adatta a un torneo come quello ed al loro villaggio.
Voleva trovare un bel posto in modo da studiare, guardarsi attorno e approfittarne per vedere i partecipanti degli altri villaggi.
Ovviamente avrebbe tifato per Kiri, anche se era nata a Suna ormai era quella la sua casa e coloro che si erano recati al torneo avevano praticato il suo stesso percorso e voleva scoprirne il livello se possibile.
Aveva sentito che l’Hokage della foglia era una bella donna, anche abbastanza giovane con ovviamente poteri illimitati e leggendari, forse lo dicevano per agitare le folle ma ovviamente per arrivare a quel punto doveva essere qualcuno di eccezionale. Si chiese se sarebbe riuscita a trovare un buon posto per vederla.
Il Mizukage non sarebbe stato da meno ovviamente, come sempre avrebbe fatto la sua figura, non era mai riuscita ad avvicinarsi o a superare la folla per ammirarlo e suo padre insieme ai suoi amici beoni diceva cose poco cortesi riguardo il grande guerriero, parlando di cose personali come chi decideva di portarsi a letto…non lo sopportava quando faceva così, con le sue battutine, ma l’importante era che le sue parole non arrivassero a orecchie indiscrete…
Del Kazekage aveva pochi ricordi, solo vagamente rammentava di quanto fosse possente e del proprio clan che si complimentava nonostante in pochi fossero appassionati alle arti mediche mentre lui era un medico da guerra.
Sul Raikage non sapeva davvero niente ma sperava di vederlo, a Kiri non ne parlavano molto e suo padre beh, era un chiacchierone in rare occasioni e non con lei per lo più.
Ad ogni modo prese un bel respiro guardandosi attorno, il luogo non la preoccupava era solo in attesa che tutto iniziasse. Non le sembrava di vedere altri compagni, ma era anche vero che non dava mai molta importanza di norma agli altri quando era impegnata in altro, in classe, ad ogni modo si stava già divertendo, gli scontri sarebbero stati un di più.

 
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view post Posted on 18/11/2014, 16:12
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*Avevano dovuto sostenere una lunga traversata, eppure l’entusiasmo di quel piccolo gruppo di shinobi provenienti dal Paese della Terra non accennava a diminuire. Avevano macinato terreno per giungere sulle sponde del Paese del Fuoco prima dell’inizio del VI Torneo Chunin, al quale Hogo Kyūjo, Kyudaime Mizukage, li aveva sorprendentemente invitati tramite missiva. La splendida Chiye Koizumi, ammantata dei colori caldi della terra, non faceva che pensare alle possibilità che quest’invito avrebbe potuto aprire sul suo cammino. L’imbarcazione che li avrebbe condotti sulle sponde del Kirigakure No Sato era lì ad attenderli e la prima a calpestare il ponte fu proprio lei che scesa dalla sua tanto elegante quanto sfarzosa lettiga, rigorosamente portata a spalla dal seguito, vi fu accompagnata dalla sorella minore e dai pochi aspiranti chunin di cui l’Iwagakure disponeva. Poco prima della partenza aveva chiarificato che pochi avrebbero potuto seguirla in quella traversata, soltanto coloro che avrebbero retto il peso del viaggio e non avessero mostrato cenni di vacillazione. Ce n’erano stati, sospinti dal desiderio d’entrare nelle sue grazie e sentire dalle sue labbra peccaminose parole d’apprezzamento che a pochi riservava.. e, a dirla tutta, si riteneva estremamente soddisfatta di quel risultato. Sentiva che la sua influenza era altissima tanto fra i giovani quanto fra i potenti, e questo non poté che strapparle un sorriso a fior di labbra mentre quei suoi occhi scuri e provocatori miravano l’orizzonte baciato dalle prime luci dell’alba.*

Cosa ti rende tanto giovale, sorella?

*Le chiese a bruciapelo la giovane donna che l’accompagnava come un’ombra, i cui lughi capelli cremisi ondeggiavano seguendo i movimenti della brezza marina. La Sandaime Tsuchikage, appoggiata elegantemente sulla ringhiera dell’imbarcazione, non smise d’esibire quel sorriso e abbassò lo sguardo come fosse un cenno di sufficienza.*

Tutto questo mi rende giovale, sorella cara. Siamo state invitate a un’evento che coinvolgerà tutte le forze ninja a livello mondiale.. e quale miglior modo d’agire se non ingarbugliando le trame sino ad ottenere ciò che si desidera?

*Le rispose, facendosi quasi beffa del nervosismo che quest’ultima aveva mostrato nel chiederle cos’aveva da ridere. L’intraprendente Akiho dovette, come di consueto, incassare il colpo, e abituata com’era al comportamento fuori luogo della sorella maggiore non fu difficile per lei.*

Quale miglior modo per mettere a repentaglio la vita dei nostri possibili soldati, vorrai dire. Guardali! Nessuno di loro sopravviverebbe un solo secondo contro ninja meglio addestrati. Perché gli hai permesso di venire? Perché non li hai fermati?

*Continuò imperterrita, cercando di far ragionare la sorella sull’eventualità di una completa disfatta delle forze genin dell’Iwagakure No Sato. Chiye si voltò dalla parte opposta, dando finalmente le spalle al mare e mirando i giovani che, chi a poppa chi a prua, s’allenavano per proteggere ed elevare il loro nome ai suoi occhi.*

Hanno scelto loro di farlo, perché bloccare le loro ambizioni? Ogni scelta ha una sua conseguenza, Akiho-chan. Conoscono le conseguenze, conoscono cosa c’è in palio. Che ci provino, o falliscano nel loro intento. Comunque vada, ne trarranno una lezione.. o incorreranno alla morte, liberando l’Iwagakure dagli anelli deboli. D’altronde, un solo anello debole potrebbe essere più pericoloso d’un intero esercito addestrato. Tanto vale che questi s’estirpi di sua spontanea volontà, conservando un briciolo d’onore.

*Parole agghiaccianti, condite da un sorriso sadicamente attraente e da uno sguardo sereno puntato verso uno dei giovani li presenti. Questi, un ragazzo dai brillanti occhi verde oliva e degli spettinati capelli mogano di media lunghezza, accorgendosi per puro caso dello sguardo della sua magnifica Tsuchikage sulla pelle, ebbe giusto modo di assaporare il suo sorriso e il suo cenno ammiccante e voltarsi dal lato opposto. Non avrebbe dovuto deluderla, poiché quella dea aveva posto su di lui la sua fiducia e lui, da shinobi intraprendente qual’era, avrebbe dominato quel torneo in suo nome.*

E’ una follia sorella, e questo lo sai bene.. se addestrati a dovere, questi anelli deboli potrebbero divenire gli anelli forti di domani. Nessuno di loro ce la farà, e l’Iwagakure farà una magra figura davanti al mondo intero. Noi, popolo di guerrieri.

Tranquillizzati, non tutti sono destinati alla sconfitta. Quel ragazzo sa il fatto suo, e in mio nome porterà alto lo stendardo della tua amatissima Iwagakure. Stanne certa: Kaiji-kun non deluderà né le tue né le mie aspettative.

Spero tu abbia ragione..

*Sospirò infine la fanciulla dai lunghi capelli cremisi, con quella durezza tipica del suo carattere bellicoso ma estremamente devoto alla sua madre patria, mirando col suo sguardo ambrato le movenze frenetiche della giovane promessa del suo villaggio. A differenza della sorella minore, sempre pronta a saltare a conclusioni catastrofiche, la meravigliosa perla dell’Iwagakure No Sato si godeva la traversata in mare. Non le importava l’esito del torneo e non le importava l’incolumità dei giovanissimi genin ch’avevano deciso di rischiare tutto pur d’entrare nelle sue grazie. Le importava solamente della possibilità di conoscere più approfonditamente i grandi nomi del mondo ninja, e di avere l’opportunità d’interagire con loro.*



[...]



*Attraccarono al porto del Paese dell’Acqua nelle prime ore dopo l’alba. Questa volta, differentemente della partenza dall’Iwagakure No Sato, non v’erano numerose persone al seguito della magnifica donna bardata di bende ma soltanto una decina di giovani leve e l’immancabile e onnipresente sorella minore. Non v’erano sfarzi, non v’erano lettighe.. soltanto quel piccolo corteo marziale e uno stendardo col simbolo della patria portato al cielo dalle robuste braccia di Akiho. Chiye Koizumi marciava elegantemente al centro di questo, poco dietro la sorella; avanti e dietro aprivano e chiudevano il corteo gli aspiranti chunin come se questi volessero proteggere da ogni lato l’incantevole creatura che portava sulle spalle il nome e l’orgoglio dell’intero villaggio. Giunsero così alle porte del Kirigakure No Sato ove la squadra speciale, posta a guardia dell’ingresso, accertò l’identità della Tsuchikage e del suo seguito, operando gli adeguati controlli e lasciando dunque spazio per il loro accesso. Continuarono la marcia fra le viuzze di quel villaggio ammantanto dalla nebbia più fitta, che rendeva l’aria irrespirabile e la vista quasi impossibile se non ad un palmo di naso.. ma altresì rendeva una tetra bellezza al tutto. Le persone del luogo, vedendola sfilare con fierezza e beltà, non potevano fare a meno di voltarsi ad osservarla e di lasciarle spazio per il passaggio. Chiye gradiva i loro sguardi sulla sua pelle e il sorriso che increspava i lineamenti del suo viso pareva renderle ancora più giustizia. Alla fine raggiunsero lo stadio forgiato nell’acciaio, una struttura pericolosa ma splendida nel suo insieme. L’ingresso era pericolante e pareva quasi che una delle travi laminate potesse cader giù e mozzare i corpi degli avventori come fosse una ghigliottina, ma nessuno avrebbe potuto intimorire l’animo di quella dama né tantomeno quello della sorella al suo fianco. L’acciaio era la loro specialità e le armi non erano loro nemiche, ma preziose alleate. La Tsuchikage conosceva bene i metodi di forgiatura delle armi e vederne tante incastonate come dei gioielli in quella struttura le piacque, per quanto anch’ella, come la sorella, pensansse fosse soltanto uno spreco. *

Eccoci finalmente.

*Sussurrò alla sorella minore, guardinga. V’erano già alcuni Kage e tanti spettatori provenienti dai più disparati paesi. Coloro che Chiye riconobbe come Akane Uchiha, Sandaime Hokage, e Himura Koshima, Hachidaime Kazekage, stavano già canfabulando fra di loro.*

(Ci sarà da divertirsi..)

*Si ritrovò a pensare, mentre gustava gli sguardi indagatori senza dar modo di far capire ch’ella si fosse accorta di questi.*

 
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Chi vive senza follia non è così saggio come crede...


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Chiaki non aveva mai fatto un viaggio di piacere, ne mai avrebbe avuto idea che un giorno le sarebbe stato concesso questo privilegio. Ed effettivamente non era propriamente così ma niente e nessuno le avrebbe fatto cambiare idea a tal proposito. Riusciva a malapena a trattenere un sorriso eccessivo che stonava con la veste bianca dalle nuvole dorate. Nonostante i colori meno aggressivi il simbolo del mantello era un avvertimento bello e buono e se non lo fosse stato il suo vestiario allora ci avrebbe pensato il suo compagno a far capire chi fossero. Fuyuki si girò a fissarla e il suo volto tornò improvvisamente serio come se temesse il giudizio dell'amato. La direzione che stavano seguendo era più che ovvia: l'area portuale più famosa del Paese del Fuoco li attendeva. Se da un lato temeva le conseguenze del loro gesto avventato dall'altro il suo uomo l'aveva rassicurata esponendo un piano rigorosamente dettagliato sul da farsi. Non avrebbero fallito e come avrebbero potuto con tutta quella marmaglia di gente che si ammassava lungo la banchina?
I due compagni della kunoichi se ne stavano comodamente sulle sue spalle, nemmeno loro volevano perdersi un'occasione del genere. Il mare, non aveva mai avuto modo la quindicenne di solcare le onde ne di vedere la città circondata dalla nebbia. Un brivido le percorse la schiena ma non di paura piuttosto d'eccitazione. Fremeva all'idea di poter guardare un torneo chunin e chissà se fosse rimasta a Konoha forse anche lei sarebbe stata lanciata tra quella marmaglia di sconosciuti. L'eremita le aveva narrato che non sempre queste prove finissero bene, che molti parenti vedevano i loro figli morire sotto i loro occhi. Che si trattasse del passato? Che dopo la guerra contro Watashi le cose fossero cambiate? Forse avrebbe rivisto la rossa, forse Yumi, forse persino quel tipo strano...
Scosse la testa mentre tornava a concentrarsi sull'obiettivo. L'organizzazione richiedeva nuove reclute, nuova carne fresca. Prima avrebbero fatto qualche lavoretto sporco, poi forse qualcuno dei membri avrebbe deciso per una loro promozione. Lei se ne lavava le mani delle faccende burocratiche sia perché il suo ingresso era avvenuto da poco sia perché c'era pur sempre il sensei in sua compagnia. Chissà da quanto tempo era che si preparava a un evento di tale portata? L'odore di salsedine si fece più forte e la Hyuga sfregò le mani dall'entusiasmo lasciando che i suoi due amici pelosi la fissassero perplessi. La curiosità era qualcosa che non si poteva frenare, forse crescendo si poteva reprimere ma quando una ragazza aveva visto solo quattro mura per buona parte della sua vita, in quel caso non si poteva fare nulla. Ai bordi più alti di una collina fissarono il paesaggio che si propinava per l'intera discesa. Un piccolo villaggio dedito soprattutto alla pesca e al trasposto pullulava di stranieri provenienti da ogni possibile terra ninja. Il blu forte dell'oceano si estendeva verso l'orizzonte infinito e parecchi galeoni contornavano quello che doveva essere il porto.
Ce n'era uno in lontananza che si scagliava verso la linea di confine che separava il cielo e il mare. Un soffio di vento le scompigliò i capelli, più forte e temibile rispetto agli anfratti boschivi; un'ottima giornata per cavalcare le onde. Scesero a valle cauti, fermandosi dietro a una delle tante case di legno, forse di diverso aveva il fatto di essere abbastanza esterna al villaggio; il byakugan non rivelava nessun movimento all'interno, probabilmente le persone erano in festa per quell'evento fuori dal comune che gli avrebbe portato maggiore ricchezza per tutta la durata dei giochi, se così si potevano chiamare. La nukenin intanto muoveva costantemente le dita incapace di poter stare ferma, solo quando le venne detto di azionare la prima parte del piano, ponderò accuratamente sulla sua trasformazione. Ci aveva già riflettuto abbastanza nei giorni precedenti ma non aveva mai voluto condividere con suo marito la sua decisione finale. Compose i sigilli in contemporanea con Yin e Yang ed una nuvoletta di fumo rivelò le sue sembianze permanenti per tutta la durata del torneo chunin di Kiri. Una piccola bambina all'incirca di sei anni dalla carnagione pallida fissava ora un altro ragazzo che non era più il suo amato.

I suoi compagni d'avventure invece erano diventati due adorabili criceti addomesticati anche se il furetto dal pelo nero come la pece continuava a ripetere che si sentiva umiliato dell'aver preso la forma di un animale tanto stupido. Le controversie continuarono per il resto del tragitto e tenevano compagnia alla giovane che si guardava intorno con occhi diversi, più bassi. Il mondo da laggiù era così grande. La seconda parte era anche quella più pericolosa che avrebbe potuto creare un esito positivo come negativo nonostante Chiaki non dubitasse minimamente delle tecniche dell'ex ANBU. Il cervello umano era qualcosa d'incomprensibile, troppo vasto, troppo complicato anche se molti medici ne avevano studiato le meccaniche più e più volte. Attese pazientemente che la vittima venisse corrotta mentre comprava dello zucchero filato da una delle bancarelle della zona. Insomma, era entrata pienamente nella parte che ricopriva. Lo zainetto a forma di criceto fece vibrare le campanelle non appena la pargoletta si mosse. Per la terza parte del piano avrebbero dovuto attendere l'ora della partenza ma mai si sarebbero aspettati un simile inghippo.
Non appena i marinai risuonarono nel corno sulle loro navi, tutti coloro che avevano incontrato per le strade e nei negozi iniziarono a spingerli vigorosamente. Piccola e fuori portata si ritrovò su una nave, strappata dalla presa ferrea del suo amato. I documenti non occorrevano, non dopo i trucchetti infimi del giovane shinobi dalla chioma castana. Eppure la paura d'essere sola e indifesa in quell'immensa imbarcazione si fece largo nei suoi pensieri. Non era più alta di un metro e venti, lo scalpitare dei passeggeri era irritante soffocandola in quell'ambiente per quanto vasto, estremamente stretto. Fu l'albero della nave a catturare la sua attenzione e quando lo ebbe testato fu subito amore. Zampettò sulla superficie zigrinata del legno scaturendo qualche esclamazione preoccupata e stupita dall'equipaggio. Alcuni la invitarono persino a scendere ma dopo aver capito che non era cosa per loro scalare lasciarono immediatamente perdere. Forse quando sarebbe caduta avrebbero raccolto i suoi pezzi o forse l'aria tempestosa l'avrebbero fatta desistere.
Inutile dire che la kunoichi non aveva la benché minima voglia di abbandonare quel posto così alto. Ripercorse il discorso d'Akane, cosa era per lei il mare, cosa le faceva provare e adesso sentiva di capirla un po' di più. L'umidità le bagnava la chioma scura e faceva lo stesso con i due animaletti che non facevano altro che scrollarsi ripetutamente. Poco distante ma allo stesso troppo lontana per i suoi occhi troppo poco speciali, l'altra imbarcazione era partita in seguito. Entrambe puntavano verso il mare aperto, verso una nuova avventura. Uno scossone la ridestò dal suo sonno, rischiando seriamente di farla cadere da quell'altezza così elevata. La brezza, il modo in cui il mare la cullava l'avevano fatta appisolare aggrappata all'albero e non solo a lei. Aspettò che tutti fossero scesi prima di percorrere il percorso a ritroso e scendere automaticamente da li. Scivolò lungo l'asse di legno e quando i suoi piedi toccarono terra improvvisamente si risollevarono di nuovo.

- Sei parecchio pesante per essere così piccola - disse un uomo che l'aveva sollevata per il kimono.

Fortunatamente Chiaki aveva sempre vantato un peso molto, forse anche troppo leggero e questo l'aiutò a mascherare meglio chi fosse realmente. Si divincolò infastidita facendo qualche gridolino, doveva scendere da li e incontrare di nuovo l'altro membro delle nuvole rosse. I due finti criceti azzannarono l'uomo che fece immediatamente cadere al suolo la piccola. Pochi attimi e questa era già scomparsa.
Non se la immaginava così tetra, così nebbiosa almeno. Si, non poteva dire di non essere stata avvisata ma la sua testa si era costruita un'immagine tutta sua di Kiri, in realtà troppo sua. Sembrava un posto diroccato, quasi peggio del teatro che aveva ospitato il suo esame genin. Quale peggiore punizione per quei poveri disgraziati se non un bel fantasma? Ci stava tutto in quel posto così grigio? Da vacanza di piacere improvvisamente qualcosa mutò e l'immaginazione si spense. In fondo era come se anche loro fossero dei partecipanti dell'arena. [x]

Edited by Karen91 - 28/11/2014, 19:15
 
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Komu 2.0
view post Posted on 18/11/2014, 17:53




Il mio nuovo cammino cominciò da Konoha. Una volta finita l’adunata nell' ufficio dell’ Hokage lasciai il grande edificio rosso insieme agli altri genin emergenti ,ai parenti di ques’ ultimi che avrebbero fatto da spettatori e ai ninja esperti che avrebbero svolto il ruolo di guardie di corpo dell’ Hokage .
Ci inoltrammo nella foresta secolare che circondava il nostro villaggio diretti verso le coste est del paese del fuoco.
Tutto il viaggio fu compiuto a piedi ,camminammo per molte miglia senza lasciare indietro nessuno, senza perderci , senza mai rallentare. Io camminai nel centro del gruppo, insieme a altri giovani ninja con Hikari al mio fianco. Il mio fedele amico osservava con attenzione il grande bosco osservando tutto con grande attenzione e curiosità ,odorando il muschio sugli alberi, godendosi l’erba fresca sotto le zampe , ascoltando il fruscio delle fogli e guardando la luce del sole che filtrava attraverso i rami.
In realtà solo un terzo del viaggio lo fece sulle sue zampe ,la maggior parte del tempo lo passò sulla mia testa o sulla mia spalla a sonnecchiare. Provai a scuoterlo un po’ ma lui rimase impassibile
« Dai , Hikari, non fare il pigrone ! » mi ripromisi che non appena fosse diventato grande come si addiceva ad un vero lupo mi sarei fatto trasportare io da lui . In pratica programmai una piccola vendetta. Non ero veramente irritato dal fatto che non faceva nulla , oramai ero abituato al mio fratello a quattro zampe.
Mentre camminavo diretto verso il mio destino mi lascia un momento per rendermi conto che stavo andando verso Kiri, il Paese dell’acqua mentre solo qualche un mese prima ero nel Paese del fulmine , a Kumo.
« Uao praticamente stò facendo il giro del mondo » in effetti era un progetto a cui ogni tanto avevo pensato. Vedere il mondo ninja nella sua interezza , visitare tutti i villaggi ninja , anche quelli minori, era una cosa che avrei davvero voluto fare.
Nonostante fossi abbastanza allenato a percorrere lunghe distanze dopo un po’ cominciai anche io ad essere stanco ,a sudare , a respirare con fatica e sentirmi le gambe deboli. Il peso di Hikari non aiutava molto. Avrei quasi voluto scroccare un passaggio dalle varie carovane di spettatori . Mi sembrava quasi ingiusto che noi dovevamo farcela a piedi mentre altri potevano starsene comodamente seduti ma comunque capii, la maggior parte della gente sulle carrozze erano solo spettatori , gente non ninja , semplici paesani e parenti dei vari ragazzi in gara. I miei parenti invece erano rimasti a casa ma a me andava bene così. Sarebbe stato già abbastanza difficile per me combattere davanti a centinaia, magari migliaia, di persone e i miei due fratelli non mi sarebbero stati d’aiuto. Haru mi avrebbe assillato di consigli prima dell’esame e Arashi avrebbe tifato per me a squarciagola tutto il tempo.
Lentamente e gradualmente la foresta cominciò a diradarsi e lasciò spazzo a sassi, rocce, pianure e finalmente alla costa e al mare.
Il mare , io non avevo mai visto prima d’ora il mare.
L’oceano , la grande acqua, l’immensa distesa azzurra , la prateria dei pesci.
Rimasi a bocca aperta non appena lo vidi , meravigliato da tale imponenza , bellezza e calma. Svegliai anche il mio perché si godesse quello spettacolo. « Hikari, dai sveglia! Guarda il mare » il cucciolo si destò e starnutì non appena odorò l’aroma dell’acqua salato, così diverso da qualsiasi cosa avevamo a Konoha.
Poco dopo tutta la nostra comitiva si imbarcò sua grandi navi per raggiungere il villaggio della nebbia, io , estremamente entusiasta, fui uno dei primi a salire.
Mi godetti tutto il viaggio in barco sul ponte. Rimasi seduto sul bordo legnoso della nave intento a gustarmi a pieno quella esperienza nuova per me mentre Hikari era accucciato , sempre sul bordo, a pochi passi da me.. Insieme rimanemmo lì ad ascoltare il dolce scorrere dell’acqua , a sentire i nuovi odori che il mare ci portava e a farci scompigliare i capelli e il pelo dal vento . Non riuscivo a distaccare gli occhi da quell’ enorme massa d’acqua, era uno spettacolo bellissimo , non capivo come mai non tutti si fermassero a gustarsi la visione che la natura ci offriva. Sentì che alcune persone di Konoha si sentivano male, per il fatto che fosse la loro prima volta in mare, e diedero di stomaco. Mi sembrò di intravedere anche Arashi, l’Uchiha che avevo incontrato al Konoha, boccheggiare e stare male.
Io invece mi sentì bene , il dondolare delle barca mi parve rilassante e calmante, un lungo momento di relax e di risposo prima dell’inizio dell’esame che avrebbe decretato il mio futuro. Un lieve timore mi percorse la spina dorsale, simile ad una goccia di acqua ghiacciata che ti gela l’anima. Il viaggio in terre straniere , l’imminente meeting con rappresentanti di altri villaggi ninja, la grande sfida che mi aspettava, il pensiero che avrei dovuto dare tutto me stesso; mi sembrava tutto troppo simile alla preparazione alla guerra contro Watashi. Non mi ero ancora ripreso del tutto bene come aveva pensato, pensavo ancora a quell’ orrore.
Hikari percepì la mia agitazione, come sempre, e cominciò a leccarmi la mano con la sua lingua umida e ruvida. « Grazie amico» era riuscito a calmarmi un po’.In fondo il torneo chunin non era la stessa cosa della guerra;non avrei dovuto essere attivo e attento ogni singolo momento , pronto a rischiare la vita e anche a morire ma sapevo che anche quell'esame non sarebbe stata una passeggiata.
Ben presto il mare cominciò a essere coperto da una densa coltre di nube. Inizialmente c’erano solo poche nuvole bianche ma in poco tempo una grande nebbia cominciò a coprire tutto attorno a noi impedendoci di vedere il paesaggio, rendendo tutto un po’ cupo e triste, impedendo pure ai caldi raggi di sole di passare. Era evidente che eravamo in prossimità del villaggio della nebbia.
« Mi domando come facciano i marinai a non schiantarsi».
A malincuore scesi dalla nave e , con Hikari ancora in spalla, seguì il resto della comitiva verso il villaggio segreto della nebbia.
In breve giungemmo davanti alle imponenti e antiche mura di pietra che proteggevano quel villaggio.
Presi un bel respiro e con Hikari tutto scodinzolante entrai.
Il villaggio della nebbia mi parve per alcuni versi uguale al mio; in giro c’era moltissima gente indaffarata al lavorare, a vivere la propria vita o a compiere missioni, anche lì la mano di Watashi aveva portato distruzione e quindi vari edifici erano in ricostruzione.
Era diverso ovviamente per la gran quantità di nebbia, fumo, nuvole e coltri oscure che coprivano tutto, impedendoci la vista di molte e cose e dando a tutto un aria più cupa, anche gli edifici come colore e stile di architettura erano differenti .
Osservavo queste particolari e novità mentre mi avventuravo verso il centro della città, nel cuore della nebbia. Davanti a noi si delineò il contorno di una gigantesca cupola di lucido ferro che avrebbe fatto da stadio per l’esame Chunin.
Era imponente e inquietante allo stesso tempo, curato in ogni minimo dettaglio e perfetto fine alla perfezione , la sua grandezza esprimeva tutto il potere che Kiri possedeva, solo entrare nella sua ombra mi diede i brividi.« Uao!» se quello era l’esterno mi domandai come fosse l’interno.
Io e gli altri della foglia ci fermammo proprio vicino all’ ingresso che più che un portone pareva una gigantesca ghigliottina pronta a calare e ad abbattersi su di noi, proprio come il giudizio dei kage che avrebbero dovuto scegliere se noi genin eravamo pronti a diventare Chunin.
Conoscevo bene la fama di Kiri, si diceva fosse un posto abitato solo da assassini spietati, che le battaglie fratricide erano all’ ordine del giorno , che i ninja non avevano né un cuore né onore. Io spesso avevo ascoltato quelle storie tremando come un bambino ma ora che mi trovavo lì non mi sembrava un posto così pericoloso o terribile.
Misi giù Hikari che cominciò a girovagare per le vicinanze dell’arena per annusare i nuovi odori e conoscere al meglio la terra sulla quale ci trovavamo. Io le seguii non perché temevo di perderlo ma perché volevo esplorare anche io « Tieniti pronto Hikari tra non molto dovremmo tirare fuori il meglio di noi, non vedo l’ora di affrontare ninja degli altri paesi» il cagnolino mi guardò con i suoi grossi occhi ambrati e cominciò ad abbaiare, eccitato anche lui all'idea di cominciare.
 
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41 replies since 15/11/2014, 01:43   1698 views
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