Missione 6D - Terrore nella Foresta, Missione di caccia per Panda

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view post Posted on 24/7/2014, 08:40     +1   -1
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//Welcome!
A parte condividere le sventure reciproche nella sagra del pollo, non abbiamo mai avuto modo di ruolare assieme, quindi ti do' poche ma essenziali dritte per avere una convivenza pacifica:
-Niente calcoli, quindi dai del tuo meglio per descrivere tecniche e strategie varie;
-Hai completa libertà d'azione, ma sappi che ad ogni tua decisione deriverà una conseguenza che potrebbe facilitarti il compito o farti passare un brutto quarto d'ora... quindi occhio (So che hai la scusa che Keigai è instabile, schizofrenica e bla bla bla, ma se la situazione necessita che lei rifletta, non dovresti uscirtene che si mena a capofitto perché altrimenti torniamo al ragionamento del brutto quarto d'ora xD).
Fondamentalmente: giocati il pg senza strafare;
-In genere ti garantirei anche più di un post a settimana, ma essendo in vacanza capirai bene che non ho molto tempo/voglia di stare davanti al pc... quindi hai sette giorni dal mio ultimo post per rispondere, dopodiché anche io entro la settimana dal tuo post vedrò di continuare senza rallentare. Ciò non toglie che se dovessi avere problemi, mi avvisi per tempo e siamo pace;
Per ogni dubbio puoi contattarmi su Skype o per MP, sono a completa disposizione.
Spero quindi di divertirti e di divertirmi. Buon gdr! ^^ //



Nell'incolta zona in cui gli alberi secolari si espandono a macchia d'olio grazie all'opera di madre natura non lasciando trapelare molta luce dalle possenti frasche, si dice vi sia un piccolo villaggio dall'infame nomea. Voci dalla dubbia veridicità raccontano di numerose sparizioni avvenute in circostanze misteriose, dove le vittime posseggono solo una caratteristica comune: l'età compresa tra i cinque e i dieci anni. C'è chi afferma sia opera di un mostro con più arti, dettaglio che a Keigai non sarebbe certamente passato inosservato. Per questo si è recata in uno degli angoli più remoti del mondo ninja, durante una giornata baciata dal sole, seppur nella foresta fossero solo pochi gli spiragli che riuscivano a penetrare la folta cupola fogliosa.
Solo pochi segni incomprensibili per una persona qualunque, incisi nella corteccia, segnalano la vicinanza a quell'angolo di mondo, susseguendosi per circa un kilometro, a intervalli regolari, terminando poi davanti ad una struttura in legno e roccia avviluppata dalla natura selvaggia, che pareva essere adibita ad accesso principale.


//Hai completa libertà sul come Keigai viene a conoscenza di queste dicerie che la porteranno nel villaggio nella foresta; descrivimi il viaggio così da darmi anche la possibilità di iniziare a conoscere Keigai e il suo modo di pensare e agire; blocca però la descrizione all'entrata del villaggio, la situazione davanti alla quale ti troverai spetta a me.//
 
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view post Posted on 24/7/2014, 15:25     +1   -1
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Premessa: Non sono ancora riuscita a trovare uno stile ruolistico che meglio si adatti a questo PG, quindi chiedo subito scusa se, da un post all'altro, cambio lo stile di narrazione, ma penso che opterò per un prima persona / narratore esterno onnisciente. Spero sta cosa non scocci troppo ne te, ne me D:
Ti ringrazio per aver deciso di gestire questa missione, spero tanto di divertirci insieme e, bon. Mettiamoci all'opera.


CITAZIONE
Note per la lettura.
Voce di Jashin. La sente solo Keigai nella sua testa
Parlato e Pensato di Keigai quando la narrazione è in terza persona.
Narrazione in terza persona
Narrazione in prima persona

Lo sento ancora, quel calore sulla mia pelle. Caldo, viscido, mi scivola lentamente, accarezzando voluttuoso la mia pelle. Il mio sangue che scorre lento, mentre il freddo della lama penetra nella mia carne, tagliando, lacerando, facendo spillare altro liquido vitale. Caldo e freddo che si mescolano in un vortice sensoriale che mi attanaglia le viscere, che mi fa rabbrividire e accaldare al tempo stesso. E in quel vortice di rosso e nero che mi investe, quei suoi occhi pallidi sono il suo baricentro. La forza dei suoi muscoli, la sua possanza fisica, la sua ferocia mi fanno rabbrividire da capo a piedi, facendomi battere forte il cuore e scaldare in posti che nemmeno pensavo potessero essere toccati.
Ancora. ANCORA! Ne voglio di più, sempre più. Non mi basta, non mi sazia, e stranamente sembra non saziare nemmeno lui. E in quel vortice sensoriale che mi manda in estasi, il suo viso è vicinissimo al mio, pochi centimetri a separarci, e so già dove andrà a colpire. Sento il calore del suo fiato sul mio viso arroventato, la carezza ruvida e umida della sua lingua accarezzarmi l'orecchio destro, mentre me lo morde con forza. Un urlo estatico mi esce dalla gola, mentre sento la carne strapparsi. Di più Onigami, di più! Fammi più male, fammene di PIU'!
Le mie unghie gli lasciano segni scarlatti dietro la nuca, lasciando una scia da dietro al collo fino alla spalla. So che la mia forza non è paragonabile alla sua, ma mi piace infliggergli un minimo di dolore, anche se per lui è più simile alla puntura di un insetto.
Il suo nome sulle mie labbra, mentre cerco di colpirlo, di scalciarlo via. Gli piace quando reagisco, e mi piace quando poi mi riagguanta per farmi altro male, ma la gamba non risponde ai miei comandi, e solo allora mi ricordo che me l'ha recisa, amputata con un fendente della sua lama. Quando era successo?
Cosa importa lo scorrere del tempo, quando lo passi in una maniera tanto piacevole e appagante?
E Jashin ride, ride nella mia testa, nel mio cuore, vedendo come mi dibatto nella presa di quel giovane, con gli abiti intrisi di sudore e sangue. Devo avergli strappato la camicia di dosso, ma non ricordo quando... Che importanza ha?
Tempra il tuo corpo nel dolore, così da diventare più forte.
Più forte, così da poter servire al meglio il mio Dio, il mio tutto.
E allora dammi di più Onigami, dammi di più, DI PIU'!



Signorina, come si sente?

Gli occhi acquamarina si aprirono in una stanza completamente sconosciuta, con di familiare solo l'odore di disinfettanti e medicinali, un odore troppo simile a quello dell'ospedale psichiatrico.
Si alzò troppo in fretta, Keigai, più simile ad un animale in gabbia, terrorizzato, che ad una paziente portata li in condizioni gravi. Un camice bianco le copriva il corpo, mentre un ometto dall'aria anonima alzava immediato le mani davanti a se, intimorito, forse, dal ringhio che le era uscito dalle labbra socchiuse.

N-non... Non si ricorda, signorina? Quel suo amico l'ha... Ehm, l'ha portata qui e...

Deglutì l'uomo, sbiancando visibilmente in volto, mentre gocce di sudore gelido gli imperlavano la fronte. Sarebbe stato difficile dimenticare la scena a cui aveva assistito, qualche ora prima: il corpo di quella giovane donna smembrato, un braccio staccato, la testa tranciata di netto e un orecchio componevano quel macabro puzzle che il ninja Hyuga gli aveva portato. La cosa, però, che più era risultata raccapricciante, era stato vedere che quella donna, che clinicamente doveva essere morta, era in realtà viva e vegeta, fin troppo cosciente! E come guardava, l'uomo che l'aveva portata li, in quello stato! Gli occhi che non si scostavano da lui, illuminati da una folle luce amorevole, per poi spegnersi nell'incoscienza, dovuta all'ingente quantità di sangue perso.
L'atteggiamento aggressivo con cui si era svegliata svaporò in uno decisamente più confuso, gli occhi che continuavano a muoversi frenetici nella stanza, quasi cercassero una via d'uscita, o, più probabilmente, cercasse di scindere il sogno appena fatto dalla realtà.
Un guizzo nel suo sguardo, quasi avesse assunto una lucida concezione di se, ed ecco che la donna si alzò, dirigendosi ad uno specchio a figura intera sistemato a ridosso della parete. Di fianco, poggiati con cura su una sedia, vi erano i suoi abiti, ripuliti dal sangue, e la sua Shinoto.
Incurante delle parole che il medico le rivolgeva, iniziò a scrutarsi nello specchio, in cerca dei segni lasciati dalla lotta con Onigami. Nulla. Non ve ne era alcuna traccia. Nessun segno che in qualche modo potesse dare una minima parvenza di realtà al sogno che aveva fatto; era però sicuro, che si fosse trattato di un sogno? O forse lo era stato solo in parte?
No, le sensazioni che aveva rivissuto erano vere, intense e genuine, nulla che l'incoscienza di Morfeo potesse elaborare in maniera così precisa e dettagliata.
Si tolse il camice, tastando con cura il braccio che era stato amputato e lungo il collo, studiando il suo riflesso nello specchio, l'omino che boccheggiava inutilmente intorno a lei, cercando di farla rinsavire.
Si avvicinò ulteriormente allo specchio, scostandosi dalla fronte la frangia di capelli rosa... Eccolo il segno che Yo le aveva lasciato, un marchio che le sottraeva le energie ogni qualvolta usava le sue forze contro un membro del villaggio. Ne aveva sentito gli effetti combattendo contro Onigami e le sue parole, scambiate nella penombra della sua dimora, le riecheggiarono in mente...

... insieme lavoreremo per toglierti questo sigillo e quando ciò accadrà potremo finire questo combattimento in maniera degna...

AGtS5Sk
Rabbrividì di piacere, alla sola idea; ma non poteva rimanere lì, a perdere tempo. Doveva trovare un modo per togliere quel sigillo di costrizione, ma come?

Devi trovare un modo per volerti ben volere dal Taisho... E tu sai cosa devi fare, no?

Andare a caccia. Uccidere. Portare i corpi che gli servivano.
Fece aderire la pelle nuda allo specchio, assaporandone il freddo sulla guancia.

Devo andare via...

Il medico, nel sentire il suono della sua voce, così sottile e melodioso, ammutolì, allargandosi con un dito il colletto della sua camicia.

D-devo controllarle i parametri vitali e poi... d-dove vorrebbe andarsene?

Lo sguardo che ricevette in cambio lo inchiodò sul posto, facendo diventare il suo colorito cianotico molto più simile ad un verde vomito.

♫ ♬ Io devo andare ad uccidere! ♫ ♬

Cantilenò con quella sua voce dolce e infantile mentre, con un sorriso sadico, afferrava le sue cose e lasciava quella stanza, saltellando e canticchiando un motivetto sottovoce.

[...]


Il sigillo di incisione andò a bruciarle la pelle del polso, lasciando una linea rossastra sulla pelle chiara. Keigai reclinò il capo all'indietro, mordendosi il labbro mentre assaporava quella sensazione che le faceva tremare il braccio, rischiando di farle sbagliare a scrivere l'ideogramma. Grazie a quel marchio, ora indelebile sulla pelle, le sarebbe bastato poggiarci sopra un dito insanguinato, per poter evocare le sue armi e parte dell'equipaggiamento che, per mancanza di spazio, non sarebbe riuscita a portarsi dietro. La sua prima Shinoto, insieme a qualche altro oggetto, erano riposti con cura nell'armadio nella sua stanza, pronti per essere richiamati quando le sarebbero stati più utili. Era stato un bene, apprendere quelle tecniche.
Per un attimo il suo sguardo acquamarina si posò sulla piccola balestra posata sul letto, al fianco della sua chitarra scarlatta: era la prima volta che utilizzava un'arma del genere, ma il Taisho era stato chiaro sul fatto di dover catturare vive le sue prede. Ecco, dunque, che tornavano utili i dardi avvelenati.
Non le piaceva quel modo di combattere, ma su quel frangente aveva le mani legate....

Ti basterà non uccidere i nomi contenuti in quella lista, ma... GLI ALTRI....

Una risatina leggera le uscì dalle labbra, mentre prendeva le ultime cose e lasciava la stanza.

[...]


Da quanto sono qui, a fissare questa lista? Tanti nomi, troppi nomi, e in bocca sento la saliva aumentare, che costantemente devo deglutire. Cos'è che causa quest'ansia? Non riesco a capirlo... Perché è così difficile riuscire a decifrare il mio corpo?
Non vedi l'ora di affondare la tua lama nelle loro carni, di dilaniarli con i tuoi denti e di berne il loro sangue, non è così piccola mia?
Si, è proprio così! E il solo pensiero mi fa aumentare l'acquolina in bocca e... No, devo calmarmi, non posso farmi prendere dalla fame e sete di carne umana, eppure è da così tanto tempo che non l'assaggio...
Rosso, vivo e fremente... Rossi, come i capelli di quella ragazza che... Che strano. Non è la prima volta che provo questa sensazione... Ricordo un evento in maniera indistinta, come se fosse vissuto in una nebbia evanescente, e subito vengo colta da fitte lancinanti alla testa... Non ne capisco il motivo, ma poco importa. Fa male, la cosa mi piace, che vuoi che sia?
Ho ancora lo sguardo rivolto sulla lista di nomi contenuta nel mio libricino, quando un ditino metallico picchietta sulla pagina, facendomi alzare lo sguardo.
Oh, signor Ovetto! ecco dov'era finito, quello strano essere galleggiante... Lo contemplo per un attimo, cercando di capire qualcosa dai suoi versi ticchettanti... Mi piace ascoltarlo, mi ricorda il cinguettare degli uccelli... Cip cip... Cip cip... Da quanto tempo non vedevo un bel parrocchetto colorato, non ne sento la loro musica... Però, ora che lo ascolto meglio, anche Mr Ovetto sa fare buona musica, mi piace!
Lo afferro saldamente e lo stringo al petto, sentendo come le sue braccine metalliche cercano di divincolarsi dalla mia stretta, ma alla fine rinuncia, sapendo bene che non è abbastanza forte per liberarsi. Però, quando smette di divincolarsi, tenerlo stretto non mi aggrada più, così decido di lasciarlo libero. E' esilarante vedere con quanta velocità raggiunga una distanza di sicurezza da me, eppure non sono così terribile, o no?
Cerca di mantenere salda la mia attenzione su di lui, mentre continua ad emettere quei suoi suoni che, pian piano, mi paiono simili a parole gracidanti. Non riesco a comprendere in toto il suo discorso, dato che mi perdo nel seguire l'armonia di quella sua melodia, ma alcune parole le comprendo.
Villaggio sperduto, bambini scomparsi, possibile preda.... Bambini. Così dolci e delicati, ingenui ed innocenti. Beati loro, che non sanno nulla riguardo il lerciume che infesta questo nostro mondo, ed è per questo che vanno ripresi in tempo, istruiti e adattati al giusto approccio.
E poi le loro carni sono così soffici e tenere... Che piccoli agnellini. Anime degne per essere sacrificate e... NO! I bambini non si toccano! Si istruiscono al tuo volere, ma non si torce loro un capello!!
Devo aver digrignato, perché Mr. Ovetto ha smesso di cantare, il suo piccolo occhio ovale a scrutare la mia mano e... Oh, che sbadata! Nella foga del momento, mi sono trapassata la mano con uno spiedo, conficcandolo nel legno del tavolino; ma non ti preoccupare, mio caro Ovetto!
Sarà il caso di andare a controllare in quella zona, per poter scoprire di più su questi bambini scomparsi e magari... Non riesco a trattenere la saliva in bocca, mentre penso alla mano misteriosa dietro queste sparizioni, agonizzante, sporca di sangue, e la mia falce, nascosta nella chitarra, che affonda nella sua carne come una lama nel burro....

[...]

Nemurenai yoru ni wa
Hitori de tameiki
Minna wa dou na no?
Nandaka sabishii


Il raggi del sole filtrano a fatica tra il fitto fogliame smeraldino, l'aria fresca e frizzante del primo mattino che trasporta con se non solo i suoni del bosco, ma anche una dolce melodia, accompagnata dall'assolo di teneri uccellini, che seguono il ritmo scandito dalle note pizzicate dalla chitarra.

Orenji-iro wa ano hi
Mita yuuyake o
Omoidasasete kureru
Futatsu no kage ga
Te o tsunaideru mitai datta

Ed ecco che, all'ombra di un edificio nascosto dalla vegetazione, la musica si spegne, ma non il lento canticchiare di Keigai che, riposta la chitarra dietro la schiena, stringe in mano un frutto grande quanto il suo pugno, di un brillante arancione.

Orenji kyou mo
Tabete mita kedo
Mata suppakute naita
Watashi mitai de nokosenai kara
Zenbu tabeta suki da yo
Nakeru yo suki da yo
Suki da yo
Suki da yo suppai
Nakeru yo suki da yo

Concluse infine, mettendosi uno spicchio d'arancia in bocca e assaporandone il succo dolce e leggermente asprignolo.

//Spero la prima parte del post non urti troppo la sensibilità dei lettori XD
Il testo è di questa song
//
 
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view post Posted on 29/7/2014, 10:51     +1   -1
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L’agglomerato di abitazioni poteva a malapena definirsi “villaggio” seppur la kunoichi di Oto lo conoscesse come tale; le abitazioni parevano costruite in serie: le mura di tompagno, ovvero le pareti più esterne di chiusura perimetrale, erano state erette con della roccia calcarea del posto, mentre i tetti spioventi erano in puro stile giapponese con grossi tronchi ad angolo retto che scaricavano il loro peso su imponenti pilastri interni per prevenire il collasso in caso di calamità naturali come terremoti, molto frequenti in quella zona.
Appena arrivata nella via che dava sull'entrata al villaggio, Keigai avrebbe potuto notare gruppi di donne intente a trasportare grosse ceste con vari tipi di frutta e verdura; non la degnarono di un solo sguardo, ne le rivolsero la parola.
Le finestre delle abitazioni erano perlopiù chiuse, e le poche aperte nascondevano nella penombra figure non distinguibili che la osservavano guardinghe; gli uomini specialmente, appoggiati a qualche muro senza far nulla di particolare se non bisbigliare tra loro, le regalavano sguardi di paura e diffidenza. In quel posto probabilmente era difficile vedere nuovi volti, e i pochi che osavano mettere piede li, erano solo ed esclusivamente di passaggio.
Ma la ragazza dai lunghi capelli dal bizzarro colorito rosa non poteva lasciarsi prendere dall'agitazione o dall'ansia da prestazione: doveva avere più informazioni e sicuramente andare a chiedere in giro ai passanti non si sarebbe rivelato utile, o addirittura controproducente, quindi come fare?
Poco distante da quella che le sembrò essere la piazza principale, notò una specie di bar all'aria aperta: vi erano solo quattro individui seduti a dei tavoli sparsi in maniera casuale nella piazza, e vicino al bancone c’erano due posti a sedere, uno dei quali occupato da una figura poco raccomandabile; lunga veste scura e volto celato da cappuccio, sciarpa legata a coprire i lineamenti dal naso in giù e portamento piuttosto anonimo. Quella persona sembrava del tutto fuori dal coro rispetto agli abitanti, ma forse poteva essere un cacciatore di taglie o un mukenin qualunque che si era fermato a bere un sorso.
Il barista sembrava l’unica persona che non le lanciava occhiatacce, anzi, pareva del tutto tranquillo e a suo agio tra le varie bottiglie e liquori alle sue spalle. Forse lo stereotipo del barista a conoscenza di tutte le dicerie del posto poteva tornare utile a Keigai, o forse il suo istinto le avrebbe detto di stare alla larga da quel posto… ma in fondo, perché no?
 
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view post Posted on 29/7/2014, 15:40     +1   -1
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Occhi che mi fissano, che mi scrutano, cje squadrano ogni centimetro della mia pelle. Li sento addosso, li sento ovunque, come se le loro mani lerce e sudice mi stessero toccando, palpando, sondando in ogni angolo, in ogni anfratto.
Non li sopporto, non li tollero! Devono smetterla di fissarmi in quel modo, BASTA!
Anche se stringo le braccia al petto, anche se mi faccio piccola piccola, per non attirare l'attenzione, anche se non guardo nessuno, se non i miei piedi e la strada che sto calpestando, loro continuano a fissarmi, continuano a toccarmi.
Non ce la faccio a proseguire, non ci riesco!
Mi sento opprimere, come se mi avessero messo addosso quelle orribili camice di forza, con le cinghie che mi comprimevano il torace, impedendomi di respirare... Basta, BASTA!
C'è solo un modo per farli smettere, ed è tagliare.... Tagliare le cinghie, tagliar loro le mani, strappargli gli occhi. Ucciderli, ucciderli tutti! Si, è questa la soluzione adatta, si....
Calma piccola mia, non ti agitare... Ci sono io, qui con te.
Si, ma loro continuano a fissarmi! Ti prego, falli smettere!
Calma, mio piccolo coniglietto, calma... Ricordati del perché sei qui: devi farti togliere quel sigillo e, per farlo, devi cacciare. Sei qui per cacciare, non ricordi?
Cacciare? Si, ma... Come posso cacciare con tutti quegli occhi che mi fissano? Non so se ce la posso fare...
Su, non dire così, piccola mia... Tutto questo non è reale, lo sai anche tu.
Non è reale? Ma come? Che significa?
Vedila in questo modo. Vedila... come un gioco, ecco!
Un gioco? E a che genere di gioco giochiamo? Ti prego, spiegami le regole!
Oh, tranquilla, mio piccolo coniglietto. Non devi far altro che ascoltare me, ma devi comunque collaborare... Ecco, ora ti spiego le regole...



AhKLw1z
Camminava Keigai, per le vie di quel villaggio che, definito in quel modo, era un complimento bello e buono. La chitarra, sistemata dietro la schiena, mandava riflessi bruni che sfumavano sul rosso, le lame celate all'interno della cassa dello strumento, così da non dare troppo nell'occhio. Chiunque l'avesse vista, l'avrebbe potuta scambiare facilmente per un cantastorie vagabondo, dato che non aveva nulla che potesse far intuire il contrario. Indossava infatti abiti che per nulla sembravano consoni ad un ninja: un corpetto stretto in cuoio, privo di maniche, le copriva il busto, mentre morbide onde di stoffa chiara ricadevano a coprirle i fianchi. raggiungendo a malapena metà coscia. Le lunghe gambe erano coperte da pesanti calze scure, mentre le braccia, in parte scoperte, erano ricoperte da strani manicotti pieni di tasche, in cui vi erano risposti con cura e ben nascosti dall'esterno armi ed oggetti, mentre guanti senza dita le ricoprivano le mani, nascondendo in parte i sigilli di richiamo che si era tracciata sui polsi. Solo un occhio più attento avrebbe notato lo stemma di Oto, presente su una delle fibbie della cintura, ma vi erano talmente tante effige, presenti nel suo abbigliamento, che sarebbe passato decisamente inosservato.
Dopotutto, l'abbigliamento che aveva scelto faceva parte del "gioco".
Staccò un altro spicchio d'arancia, continuando a percorrere quelle viuzze, tra case che, per certo, avevano visto giorni migliori. A parte poche donne intente a trasportare i frutti del lavoro dei campi e qualche uomo, erano pochi a girare per le vie. Bambini, inoltre, sembrava che non ce ne fossero. Che li avessero chiusi in casa, per timore che potessero scomparire da sotto il loro naso?
Continuò a camminare, mangiando tranquilla la sua arancia, finché non arrivò in quello che doveva essere il borgo del paesello, dove un piccolo bar vi si affacciava, con bancone e tavolini all'aperto.
Così come lo erano le anime che vagavano per le vie, anche gli avventori del locale erano pochi, ma Keigai non vi fece caso. Aveva il suo gioco da mandare avanti.

Ricordati le regole, piccola mia... Ricordati le regole.

Non destare troppi sospetti con domande dirette. Evitare di attirare l'attenzione. E, soprattutto, stare al gioco.
Leggiadra, si avvicinò ad uno dei posti liberi vicino al bancone dove, a parte un uomo incappucciata e dall'aspetto tetro, vi era il barista, un uomo dall'aria decisamente molto tranquilla e bonacciona.
Un sorriso gentile e cortese si dipinse sul volto della diciottenne, mentre salutava con un cenno della mano il titolare del locale.

Salve! Posso accomodarmi?

Pronunciò Keigai con una voce tanto delicata da ricordare il cinguettio degli usignoli al mattino. Con quella vocina tanto lieve e tenera e quell'espressione innocente sul viso, sarebbe tranquillamente passata per l'incarnazione della dolcezza e tenerezza.
Facendo in modo che si notasse lo strumento musicale, fece scivolare via la fibbia che lo teneva legato dietro la schiena, per poi sedersi, in un leggero svolazzo di stoffa, su uno degli sgabelli liberi, sistemando lo strumento al suo fianco, così da tenerlo comunque a portata di mano.

Buon uomo, sarebbe così gentile da darmi qualcosa da bere? Il succo di quest'arancia è così dolce che mi impasta la lingua, e una bevanda fresca aiuterebbe molto volentieri a mandarla giù.

Gli occhi acquamarina parvero illuminarsi di sincera cordialità, mentre un altro spicchio finiva in bocca, dando dimostrazione alle parole che aveva appena pronunciato.
Attese per un momento, guardandosi intorno con aria sinceramente curiosa, per poi cercare, sfruttando l'aria dolce e innocente, di intavolare una conversazione con l'uomo.

E' la prima volta che visito il vostro piccolo villaggio. Sa, mi ricorda tanto casa, con questa sua aria accogliente, e un pò me ne fa sentire la mancanza.

Un velo di tristezza oscurò per un attimo i delicati lineamenti del viso, mentre beveva una prima sorsata di un fresco thè alla menta.

Però, mi è parso di notare che manca qualcosa... Lo spirito allegro e spensierato dei bambini, ecco! Da me erano soliti giocare per strada, riempiendo le vie con le loro risate tanto gioiose, ma ho notato, venendo qui, che non ce ne sono... E' forse una mia impressione? Vede, mi sarebbe tanto piaciuto suonare in piazza, dando un pò di gioia a quei piccoli angeli con la mia musica.

Così dicendo posò una mano sulla paletta della chitarra, sospirando tristemente.

La guerra, ultimamente, ci ha privato di ogni gioia e siccome, per me, la musica è un balsamo per l'anima, ho avuto l'idea di girare di villaggio in villaggio, provando ad allietare gli abitanti con le mie canzoni. Alcuni non apprezzano, passando davanti come se niente fosse, ma la maggior parte, seppure per un attimo, si ferma ad ascoltare, o continua a lavorare, senza smettere di canticchiare. E i bambini, poi! Ci mettiamo tutti seduti in cerchio e cantiamo e balliamo insieme!
Loro si divertono, e non può immaginare quanto la cosa riesca a rendermi felice, perché, anche solo per un attimo, li ho resi spensierati e senza troppi pensieri... Perciò, mi piacerebbe condividere tutto questo anche qui, nel vostro villaggio. C'è forse un posto in cui, a quest'ora, i bambini si radunano?

Domandò, continuando a recitare la parte del cantastorie errante. Chissà, magari in quel modo avrebbe ottenuto informazioni.

Ecco, brava! Continua a giocare, continua a fingere di essere completamente inoffensiva e vedrai che andrà bene.... Visto, non ti stanno nemmeno più guardando.

Un largo sorriso le si dipinse sul volto, mentre mangiucchiava amabile un ultimo spicchio d'arancia.
 
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view post Posted on 4/8/2014, 08:10     +1   -1
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La tranquillità e gentilezza mostrata inizialmente da Keigai nel chiedere se potesse accomodarsi venne ripagata con un semplice cenno col capo dall’uomo dall’altra parte del bancone. Egli, a differenza degli altri uomini incrociati fino a quel momento, pareva decisamente più alla mano, anzi si poteva dire che il sorriso gli si fosse stampato permanentemente sul volto… ma forse era più una deformazione professionale quella di servire da bere e ascoltare le parole dei clienti con il sorriso sulle labbra.
Il barista fu ben felice di avere davanti a se non solo una ragazza dalla mirabile beltà, ma persino una musicista – a giudicare da quella che pareva essere una semplicissima chitarra dai colori sgargianti. La kunoichi la fece scivolare fra le sue mani e chiese con cortesia una bevanda fresca per togliere dalla bocca il sapore del frutto di cui si stava pian piano cibando da prima dell’arrivo nel villaggio.


Barista: Certamente mia cara straniera. Che ne diresti di un bel thè alla menta? E’ una delle mie specialità in giornate calde e afose come questa.

Le chiese con tono amichevole; dopo aver ottenuto il consenso della ragazza, l’uomo si voltò dando le spalle ai due seduti al bancone e iniziò a tirar fuori dai vari scaffali tutto l’occorrente per preparare la fresca bevanda richiesta che sarebbe stata pronta in pochi minuti e servita alla kunoichi dagli occhi d’acquamarina. Le sue mani si muovevano tranquille e sinuose tra i vari scomparti e bottiglie come se non avesse fatto altro da tutta la vita, mentre l’interlocutrice più giovane prese parola per iniziare a sciogliere il ghiaccio giocando al suo personalissimo gioco.
Si stava seriamente impegnando a ricoprire il ruolo di innocente e ignaro bardo viandante, ma nel momento in cui pronunciò la parola “bambini” sul volto del barista l’espressione assunse un tono decisamente meno cordiale e più apprensivo; l’uomo abbassò lo sguardo visibilmente scosso da quella che poteva essere un’innocente domanda che chiunque di passaggio – e con un buon occhio – avrebbe potuto porre.
Fu quando Keigai ebbe terminato di parlare che finalmente la figura incappucciata si voltò verso di lei; anche da vicino non si riuscivano a distinguere i lineamenti del suo volto, coperto com’era, ma i suoi occhi d’ambra erano l’unica cosa che riusciva a vedere chi gli si prostrava dinnanzi. Quei due topazi freddi ed intimidatori la scrutarono per pochi attimi, per poi tornare fissi sul bicchiere di liquore mezzo vuoto che teneva tra le mani sul bancone di legno.


Incappucciato: E’ meglio che non ti impicci dei problemi di questa gente o farai una brutta fine…

La sua voce era calda, perentoria ed era difficile intuire se si trattasse di un uomo o di una donna, ma sicuramente l’età si aggirava sulla quarantina. Dopo averle regalato un avvertimento neanche minimamente velato, si alzò dallo sgabello sul quale era seduto e si spostò ad un tavolo poco distante per rimanere da solo a finire il suo bicchiere.
Il barista non disse una parola, ma quando il misterioso straniero si sedette altrove, riprese a rivolgersi alla giovane viandante col solito fare affabile.


Barista: Sicuramente non troverai neanche un bambino ormai tra le vie del villaggio… sono troppo spaventati per uscire all’aria aperta, e nemmeno i genitori li lasciano uscire sotto la loro supervisione.

Le rispose per iniziare una conversazione chiaramente scomoda; messi giù i bicchieri che stava pulendo con uno straccio umido, il barista si avvicinò di poco col busto verso Keigai per non dare troppo nell’occhio e per abbassare il tono di voce.

Barista: Da qualche tempo ormai il villaggio è vittima di alcune sparizioni inspiegabili. Fin qui nulla di particolare, se non per il fatto che le vittime hanno una cosa in comune: si tratta esclusivamente di bambini di età compresa tra uno e dieci anni.
All’inizio si pensava che fossero coincidenze, o che si fossero persi nel bosco giocando nei dintorni… ma poi l’hanno visto… dei genitori hanno visto il loro bambino che veniva portato via da una figura non ancora identificata e hanno ritrovato il suo cadavere mezzo spolpato settimane dopo! Questi non sono rapimenti casuali… sono opera di una bestia, e qui nella foresta a parte viaggiatori di passaggio e nukenin, nessuno può darci una mano a scoprire chi sia questa…cosa!
Ma forse ha ragione quel tipo che pare tanto informato … faresti bene a cambiare villaggio se il tuo scopo tanto nobile è quello di portare gioia con la tua musica. Ormai in questo posto tutti hanno paura degli stranieri e li guardano con disprezzo…


La situazione iniziava lentamente a diventare più chiara agli occhi di Keigai, ma sicuramente quelle poche informazioni non le sarebbero bastate per essere sicura che le dicerie fossero veritiere, e soprattutto che l’artefice di tutto ciò fosse proprio il suo obbiettivo. Le toccava continuare quel gioco, ma solo lei avrebbe deciso se provare ulteriormente col barista, o indirizzare la sua attenzione su qualcuno che pareva decisamente più informato e sospetto rispetto a quell’uomo dall’aria bonaria e innocente.
 
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view post Posted on 6/8/2014, 20:22     +1   -1
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Keigai ascoltò pacata e silenziosa le parole del suo interlocutore, succhiando distrattamente il succo dall'ultimo spicchio d'arancia, rimasto imprigionato tra le labbra scarlatte e morbide della giovane donna.
Lanciò giusto un'occhiata di sfuggita all'uomo che era seduto al suo fianco. Il viso celato da una cappa, così da impedirle di poterlo ben vedere in viso, bofonchiò una minaccia nei suoi confronti, neanche tanto velata, per poi allontanarsi, sedendosi ad uno dei tavolini del locale.
Gli occhi acquamarina seguirono i movimenti di quel misterioso individuo, mentre mangiucchiava ciò che rimaneva dello spicchio d'arancio, e ingoiandolo con l'aiuto di una fresca sorsata di thé.

Che storia terribile! Spero vivamente che tutto si risolvi per il meglio, anzi! Se riuscissi a racimolare maggiori informazioni, potrei creare una ballata sul vostro villaggio e cantarla in uno dei grandi villaggi ninja, così, magari, qualcuno, ascoltando la mia storia, verrà a dare il suo aiuto a voi poveri sventurati...

Propose la dolce donzella, iniziando ad armeggiare con una fibbia che teneva chiusa una delle sue innumerevoli tasche. Tirò fuori una manciata di monete, così da poter pagare la sua ordinazione, lasciando anche un piccolo extra.

La ringrazio vivamente per la sua gentilezza. Spero di rivederla, magari in circostanze più gioiose.

Disse al barista, sorridendo amabile, nel caso questi non avesse avuto nient'altro da aggiungere.
Riprese la sua chitarra, sistemandosi la tracolla sulla spalla sinistra, dando così le spalle al bancone. I suoi occhi da predatrice, ora, erano rivolti da quella che supponeva essere la sua migliore fonte di informazioni, presente al momento in quella piazza: l'uomo incappucciato.


Viscidi esseri schifosi! Uccidere bambini, divorarne i corpi! No, non, NO! Non posso tollerare una cosa simile, non posso! E' una cosa che mi manda in bestia, che mi fa pulsare il sangue alle tempie, che mi fa letteralmente vedere rosso.
Cosa c'è, piccolina? Ti infastidisce che non possa essere tu, a fare quello scempio di agnellini?
I bambini non si toccano, quante volte devo ripeterlo?! No, bisogna fare qualcosa, trovare il responsabile al più presto e poi... E poi cosa, mio piccolo coniglietto? Cosa vuoi fare?
Un'idea mi balena nella mente, alimentata da quella domandina così impertinente... Spero di trovare il responsabile, di sventrarlo a morsi, così come ha fatto con quei bambini, e poi... E poi, piccola mia? Mi incita a proseguire quell'idea, quell'immaginazione che mi riempie la bocca di saliva, che devo farmi forza ad inghiottire, per non evitare che mi coli lungo le labbra... Rivedo il villaggio così com'è, ma con i corpi dei suoi cittadini appesi ai muri, inchiodati e sventrati, il simbolo del Divino tracciato col sangue sui muri di calce bianca... Quant'è difficile riuscire a frenarsi, ma dovevo darmi una regolata se voglio acciuffare quel farabutto...
Annuso l'aria, individuando la traccia olfattiva lasciata dal mio bersaglio. Odio non poterlo guardare in faccia, ma ora il suo odore mi fa arricciare il naso, permettendomi così di riconoscerlo e distinguerlo dagli altri, nel caso dovessi perderlo di vista.
E come pensi di far cantare quell'uccellino?
So per certo che la storia del bardo, con quel tipo, non mi porterà ad ottenere nulla, ma, forse, utilizzando altri approcci...


Baldanzosa, la giovane musicista di Oto si avvicinò leggiadra al tavolino, incurvando le labbra, questa volta, in un sorriso decisamente più accattivante e subdolo di quello che aveva rivolto al barista del locale.

Che gran peccato che io sia un'inguaribile impicciona...

Ammise, con una vocina mielosa e saccente, vagamente accattivante, mentre si sedeva difronte all'individuo. Posò un gomito sul tavolo, così da poter poggiare il viso sulla mano chiusa, mentre l'altra mano, con le dita lunghe e affusolate, andava a tracciare sul piano lucido del tavolo piccoli disegni. Erano sempre gli stessi, disegnati col polpastrello dell'indice in maniera del tutto disinvolta e noncurante, come se quel gesto non fosse deliberato, ma puramente innocente. Cerchi che circoscrivevano triangoli svanivano sul piano del tavolo, per poi essere nuovamente tracciati.

Questa è una storia che mi interessa, e tu mi sembri molto informato sui fatti... Che ne dici di condividere con me quello che sai?

Gli domando, senza smettere con quel gesto deliberato.
Si sistemò meglio sulla sedia, la schiena poggiata comodamente sullo schienale, le gambe accavallate e la mano che continuava a tracciare il simbolo del suo culto. Supponeva che, chiunque, conoscesse quel simbolo, effige del loro culto, e sperava che l'individuo misterioso lo riconoscesse, così da sciogliergli la lingua. In caso contrario avrebbe allungato l'altra mano verso una delle tasche, pronta a tirare fuori un kunai o uno dei suoi spiedi.
O parlava con le buone, oppure l'avrebbe fatto parlare con le cattive, e quasi ci sperava. Quanto sarebbe resistito ad una sessione di tortura?

"Chissà come lo torturerebbe Onigami... La prossima volta che lo vedo, gli chiederò di provare qualche sua tecnica su di me, così potrò usarla per certi tipi poco... disponibili."



//Nel caso non sia chiaro, Keigai vuole convincere il tipo a parlare usando l'intimidazione. Spera che la riconosca come una jashinista e la veda come una potenziale minaccia. Dato che il sadismo dei jashinisti è risaputo, suppone che, conscio di questo, sia più propenso a parlare, piuttosto che tacere e rischiare uno scontro diretto. In caso contrario, tirerà fuori una delle sue armi, iniziando a giocherellarci per innervosirlo.
Spero di non aver fatto molte gaffe. //
 
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view post Posted on 12/8/2014, 17:56     +1   -1
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Barista: Sicuramente chiunque qui te ne sarebbe grato, giovane straniera!

Rispose alla proposta della bella kunoichi. L’uomo sembrava parecchio cordiale, troppo contando come tutti gli altri in quel posto l’avevano guardata con disprezzo, ma forse pur di racimolare qualche soldo era disposto a trattare con elementi di qualsivoglia risma.
La ragazza infatti non lo fece attendere troppo, prendendo da una delle numerose tasche a sua disposizione un gruzzolo di monete che tintinnarono sonoramente una volta poggiate sul bancone; per la grande gioia del più grande, vi era anche un piccolo extra che in genere nessuno gli aveva concesso, lasciandogli dipinto sul viso un sorriso a trentadue denti, segno inconfondibile di riconoscenza.


Barista: Grazie mille! Ti auguro una buona giornata!

L’attenzione di Keigai si rivolse poi all’uomo dal bizzarro abbigliamento, che si era seduto in solitudine ad una tavolo poco distante dal bancone; la giovane si rivolse a lui con un tono decisamente sprezzante, lasciando capire che la minaccia rivolta verso la sua persona era servita a poco, per non dire nulla.
Mentre la ragazza di Oto si accomodò però, l’individuo incappucciato sembrava più interessato allo spettacolo che stava andando a formarsi a qualche centinaio di metri dalla loro posizione: un gruppo di uomini del villaggio si stava riunendo e parlando con un tono di voce sempre crescente. Quando finalmente il suo sguardo incrociò quello d’acquamarina di fronte a lui, non sembrò accorgersi neanche dei segni che la più giovane stava tracciando sul tavolino, eppure il suo atteggiamento non cambiò di una virgola.


Incappucciato: Temo che tu abbia preso un abbaglio. Sono venuto in questo villaggio perché sto cercando una persona particolare… diciamo un ricercato.
Purtroppo sono qui solo da alcune ore, e tutto ciò che so è quello che ha riferito anche a te il barista, mio caro “bardo”… il mio era solo un avvertimento per risparmiarti una fine tragica e dolorosa.


Rispose con tranquillità, rivolgendo nuovamente lo sguardo verso la folla di cittadini che stava velocemente aumentando. Qualcosa pareva turbarlo, eppure non stava scappando via e anzi, come Keigai si era messo più comodo sulla sedia, lasciando il bicchiere semi vuoto sul tavolo e mettendosi a braccia conserte.

Incappucciato: Ma in fondo credo che stiamo cercando la stessa persona, quindi un po’di collaborazione reciproca potrebbe farci comodo. C’è un motivo per cui ti ho dato quell’avvertimento: anche alcuni miei “colleghi” sono venuti in questo villaggio per cercarla, eppure indovina? Non se ne hanno notizie da allora, dunque non parliamo di semplice coincidenza… pare che chi si intromette nella maledizione di questo villaggio non faccia ritorno a casa tutto d’un pezzo… Guarda qui.

L’uomo si mise una mano dentro il lungo vestito nero e ne uscì fuori un’agendina di dimensioni modeste; ne aprì una pagina al centro e ne lesse parzialmente il contenuto.

Incappucciato: E’ il diario di uno dei miei colleghi. L’ho trovato per terra nella foresta e nell’ultima pagina si maledice per essere venuto qui in cerca del nostro obbiettivo… non fa che descrivere il terrore che trasmette nella foresta colui che qui chiamano “Il diavolo dagli otto arti”… poi non c’è più alcuna scritta, quindi avrà avuto un incontro ravvicinato ed è stato ucciso.

Proferì chiudendo il diario e rimettendolo posto, scostando poi la sedia su cui era seduto con le gambe per farsi spazio e voltarsi nuovamente verso la folla che ormai riempiva quasi del tutto la parte centrale della piazzola.
Dopodiché non rivolse più nemmeno un’occhiata fugace a Keigai, rimasta seduta a scrutare il presunto cacciatore di taglie. L’uomo si alzò velocemente a rimase fermo pochi attimi prima di voltarsi di scatto e lanciare uno spiedo ad una distanza tremendamente ravvicinata al dito che fino a poco tempo prima la kunoichi stava usando per marchiare il simbolo del suo culto.


Incappucciato: Non ti temo, accolita di Jashin… se vuoi ottenere più informazioni ti consiglio di andare tra la folla…

Le disse prima di scattare via tra le frasche che costeggiavano il retro del bar, direttamente collegato alla foresta.
Impossibile per Keigai riuscire a seguirlo data la velocità con la quale si era allontanato, né sarebbe riuscita a rintracciare il suo odore, che sarebbe certamente andato disperso nella foresta, dove l’umidità avrebbe reso l’impresa a dir poco ardua.
Focalizzandosi sulla situazione in piazza, la ragazza dagli occhi d’acquamarina avrebbe potuto notare un assembramento di uomini - e stavolta anche di donne – armati con vari tipi di attrezzi da lavoro, ammucchiati in maniera piuttosto ordinata davanti ad una misera palizzata fatta interamente di legno, dove un solo uomo stava incitando l’intera folla. Avvicinandosi tra la gente avrebbe notato anche una donna di mezza età avvicinarsi con foga da una delle vie che portavano alla piazza, gridando a squarciagola e con lacrime che scendevano copiose lungo le gote diventare rosse per lo sforzo.


Donna: Il mio bambino! Hanno preso il mio piccolo Daisuke! Dovete aiutarmi, vi prego! Non potrei mai perdonarmelo se ne dovesse andare della sua incolumità! Vi prego!

Singhiozzando e riempiendo l’aria del dolore che solo una madre può provare quando le viene torto un capello del figlio, la donna si accasciò a terra piegandosi sulle ginocchia. Keigai aveva forse trovato una pista ben più concreta da seguire parlando con la madre che aveva attirato su di se le attenzioni dell’intera piazza.
 
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view post Posted on 17/8/2014, 11:00     +1   -1
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La giovane donna parve ascoltare ogni parola del misterioso individuo con apparente disinteresse: i gomiti, poggiati con disinvoltura sulla superficie lucida del tavolo, sostenevano il peso del capo che, con estrema delicatezza, era circondato dalle mani, le cui dita lunghe e affusolate tamburellavano pigramente sulle morbide gote rosee. In quella posizione, ricordava molto i bambini che, annoiati, sono costretti a sentirsi raccontare dai nonni, per l'ennesima volta, la storia della loro gioventù.
Gli occhi acquamarina, però, nonostante la noia che traspariva dal viso, erano estremamente vigili, lo sguardo troppo vispo che, febbrilmente, scrutava l'uomo, cercando di carpirne le fattezze celate dal cappuccio, per poi spostarsi a scrutare la piazza tutt'intorno.
Le era giunto, infatti, un vociare man a mano crescente proveniente, a quanto sembrava, da un gruppo di cittadini prossimi a dar sfogo alla loro collera distruttiva, il cui bersaglio, forse facilmente intuibile se si avesse ascoltato con più attenzione il loro vociare, era ancora ignoto alla spilungona dai capelli rosa.
Si limitava a rispondere vagamente all'uomo, con monosillabi strascicati e annoiati, dato che la sua attenzione era ora tutta rivolta ad una donna che, in lacrime, rendeva noto il motivo di quell'ammassamento di folla.
Fu dunque quella distrazione momentanea a farle sfuggire da sotto il naso l'uomo incappucciato che, approfittando del momento, si dileguò rapido: inutile cercare di riacciuffarlo, ne tanto meno rintracciarne l'odore, perso in quella moltitudine.
Ciò, però, non sembrò preoccupare minimamente la giovane che, manifestando sul volto una preoccupazione tanto fasulla da sembrare veritiera e completamente genuina, si avvicinò alla donna, circondandole delicata le spalle con un braccio. Il corpo scosso dai singulti e dal pianto della donna non parvero minimamente intaccare la maschera che Keigai si era calzata, come se il dolore di quella sventurata madre non fosse altro che un insignificante dettaglio della pantomima di cui lei faceva parte.
China accanto a lei, le passava una mano dietro la schiena, facendola scivolare lentamente, in un movimento rotatorio, per cercare di calmarla, mentre la sua voce candida e melodiosa accompagnava quei gesti rassicuranti, scivolando nell'animo dolci come miele.

Non si angusti, vedrà che andrà tutto bene. Deve essere forte se vuole ritrovare il suo piccolo, infondendogli coraggio anche se distante, perché è di questo che ha bisogno, adesso.
Se agiamo in fretta riusciremo a salvarlo, ma deve calmarsi e raccontarmi tutto quello che è successo. Lo so, è crudele da parte mia chiederle com'è sparito il vostro bambino, ma più dettagli fornisce, maggiori saranno le possibilità di riportarlo a voi sano e salvo.

Le sussurrò con la sua voce dalla cadenza ipnotica, dolce e soave, sperando che quelle vuote rassicurazioni potessero calmare la donna, ma era facilmente intuibile che quell'interessamento, seppur fasullo, da parte di un estraneo al villaggio, poteva essere visto con sospetto, creandole non pochi problemi con quella piccola folla armata di torce e forconi.
Pertanto aggiunse immediata, alzando leggermente la voce quel tanto da farsi sentire da chi, probabilmente, avrebbe iniziato a guardarla con sospetto.

Il Divino ha ascoltato le vostre dolorose preghiere e ha condotto a voi la sua ancella prediletta, per far cessare questo male che distrugge l'innocenza e la purezza del vostro villaggio. Perciò ditemi cosa è successo e non temete: il Divino estirperà questo male tramite il suo strumento.



Le cose iniziano a farsi interessanti, non posso proprio dire il contrario. Non lo pensi anche tu?
A quanto pare non sono l'unica predatrice a partecipare a questa caccia, ma gli altri cacciatori non mi spaventano, anzi, penso proprio che diventeranno anche loro mie prede, se quella principale dovesse deludermi. Dopotutto, stando alle parole di quel tizio, non è la prima volta che cacciatori di taglie spariscono in questi boschi: darebbero la colpa della loro scomparsa alla Preda e io potrei continuare tranquillamente per la mia strada.
Però, non male come idea, piccina mia... Certo che devi davvero essere assetata, per voler fare questa carneficina... Oh si, la tentazione è forte! E la sola idea di massacrare i miei rivali mi eccita, mi fa venire l'acquolina in bocca. Davvero, non vedo l'ora di affondare la mia lama e le mie mani nei loro corpi caldi e pulsanti di vita, crogiolarmi nel liquido tepore del loro sangue... Si, non vedo l'ora, ma per adesso devo continuare a recitare la mia parte, giusto?Esatto piccola mia, continua a recitare, ma non dimenticare! La Preda sei costretta a lasciarla in vita, ma gli altri... Sai bene che li voglio per me. Non temere, soddisferò la tua fame, anche a costo di dover annientare questo stupido paesino...


Forse rivelare la sua vera natura a quell'uomo era stato un errore, dato il suo reale intento nei suoi confronti, ma questo l'avrebbe potuto scoprire solo col proseguire di quella sua avventura...

Perdona il ritardo, ma sto senza portatile e il fisso disponibile solo in determinati e pochi momenti della giornata XD
Non so per quanto a lungo andrà avanti questa storia, quindi sono costretta a procedere a rilento... Spero non sia un problema >.<
 
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view post Posted on 21/8/2014, 18:31     +1   -1
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La bella Keigai si avvicinò tranquilla e, con una performance degna della miglior attrice del mondo ninja, cercò di calmare la donna in lacrime, che apprezzava sinceramente l'interessamento della sconosciuta.
Singhiozzando, le rivolse uno sguardo per specchiarsi nei suoi grandi occhi d’acquamarina e per abbozzarle un sorriso; i cittadini però, non sembravano troppo contenti di vedere l’otiana avvicinarsi ad una di loro, specialmente quando si parlava di argomenti delicati come la sparizione di un bambino.


???: Non fidatevi della straniera! Sta mentendo!

???: A nessuno importa del nostro villaggio! Anche lei sarà una mukenin senza pietà che vuole approfittarsene!

???: E' arrivato il momento di cacciare tutti gli stranieri dalla nostra terra! Solo così ci libereremo della causa delle nostre disgrazie!

Le voci iniziarono man mano ad essere sempre più forti, assordanti quasi, e la kunoichi era stata ormai completamente circondata dai cittadini armati di vari strumenti... e anche di cattive intenzioni.
Ma una voce riuscì a far cessare quel brusio assordante prima ancora che la ragazza dalla zazzera rosa potesse anche solo replicare e cacciarsi in un brutto guaio: la donna si asciugò le lacrime con il dorso della mano, e alzando la sua esile figura fece per prendere il braccio destro di Keigai.


Donna: Non mi importa cosa ritenete giusto! Se i Kami hanno ascoltato le nostre preghiere per davvero, io mi affiderò a questa ragazza... voglio solo riavere il mio piccolo Daisuke... lui è tutto quello che mi è rimasto al mondo!... e nessuno ha alzato anche solo un dito per impedire che questa tragedia avvenisse...

Voltandosi verso Keigai, la donna abbozzò nuovamente un mezzo sorriso, ma stavolta fingere le risultava palesemente più difficile, e senza parlare ulteriormente, “trascinò” la kunoichi verso una delle vie del villaggio che si affacciava sulla piazza, rimasta ghermita di gente.
Passarono i minuti nel completo silenzio, finché la più anziana non si sentì abbastanza coraggiosa da riaprire bocca. Forse fidarsi sarebbe stato azzardato, ma da quando le sparizioni erano iniziate, nessuno mai era andato a palesare il suo interesse nel risolvere la questione, e adesso che l’utile si univa al dilettevole, la signora non si sarebbe lasciata sfuggire un’opportunità come quella.


Donna: Il diavolo dagli otto arti...

Bisbigliò.
Anche solo pronunciare quel nome le faceva raggelare il sangue nelle vene; il silenzio che ne seguì fu a dir poco inquietante, finché non arrivarono davanti ad un’abitazione decisamente fatiscente: le mura esterne erano in roccia e la porta e le ante delle finestre chiuse, interamente in legno. La donna fece cenno alla straniera per entrare e, quando quest’ultima si mosse oltre l’uscio della porta, la fece accomodare in una stanza che apparentemente sembrava quella di un bambino.
Il letto singolo fatto con canne di bambù intrecciate e un lenzuolo scoperto adagiato disordinatamente sopra, un piccolo mobiletto e vari giocattoli di legno inciso erano sparsi per il pavimento... ultimo dettaglio non irrilevante: la finestra era spalancata a differenza di tutte le altre della casa.


Donna: E’ successo poco fa... io... io non so come sia potuto accadere...

Continuò ricominciando a solcarsi le guance con delle amare lacrime di frustrazione e dolore.

Donna: Daisuke... era li, nel letto, ancora dormiva... mi sono allontanata per andare a fare dei lavori nei campi, e quando sono tornata... ho trovato tutto così come lo vedi adesso.
Nel villaggio si vocifera che ci sia questo mostro che rapisce solo bambini, ma fino ad ora non era mai successo in pieno giorno, quindi ero abbastanza sicura... oh, per tutti i Kami! Se solo gli uomini qui al villaggio avessero avuto la spina dorsale per cacciare quella bestia prima...!


La madre si piegò in ginocchio per terra e afferrò tra le mani una magliettina marrone -decisamente logora e apparentemente della misura ideale per un bambino di circa dieci anni- per poi riprendere a parlare guardando negli occhi la sua unica luce di speranza: Keigai.

Donna: Ti prego... dimmi che me lo riporterai a casa sano e salvo...

//Bene! Hai piena libertà d’azione su cosa chiedere alla donna (nel caso volessi ulteriori dettagli sul modus operandi di questi misteriosi rapimenti, te lo faccio sapere per MP così che non perdiamo un altro giro solo per darti le risposte). Per il resto, vediamo un po’ cosa ti inventi per iniziare la caccia vera e propria! :D
Unica restrizione: se volessi andartene dal villaggio, fermati nel descrivere fino al “confine” con la giungla.//
 
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view post Posted on 25/8/2014, 11:00     +1   -1
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Parlano troppo, per i miei gusti. Perché non si zittiscono un po'? Sempre a parlare, sempre a cianciare, ad ammorbare l'aria che respiro. Per non parlare di questa donna, poi, che non fa altro che piangere e mugugnare.
Dannazione, mi fanno venire il mal di testa. Premente, assillante, che mi martella pungente sulle tempie. Solitamente il dolore fisico mi piace, anzi, agogno nel riceverlo, ma questa volta è diverso, è un dolore che mi infastidisce, che mi manda in bestia e che, so per certo, solo il silenzio potrà piacevolmente placare.
Sento le mani sudare, mentre cerco di frenarmi dal desiderio di tagliar loro la testa, a tutti quanti, nessuno escluso, sventrarli e disegnare con le loro interiora il cerchio simbolo di Jashin, così, giusto per saziare in parte la sua fame.
Non penso che sia il caso, piccola mia... Vedi? Ci sono troppi occhi che ti guardano, che ti scrutano... Saresti costretta ad uccidere TUTTI, ma ciò metterebbe in allarme la tua preda.
Si, hai ragione, non posso permettermi un lusso del genere. Devo solo avere pazienza e aspettare. Aspettare... Aspettare.


La donna condusse la giovane Keigai nella sua umile dimora, per farle vedere dove era avvenuto il sinistro. Per la giovane donna di Oto fu come ricevere un pugno dal passato: quella dimora era fin troppo simile a quella in cui aveva vissuto i suoi sei primi anni di vita insieme ai suoi genitori. Niente di eccezionale, un ambiente povero e austero, eppure la stanza del bambino manifestava tutto l'affetto che i genitori vi riversavano. Era infatti piena dei, seppur pochi, giocattoli del piccolo, vestitini della sua misura e quant'altro. Insomma, tipiche cose da bambino che, nella sua infanzia, Keigai aveva visto solo da lontano, sbirciando le vite dei suoi coetanei. Perché nulla di tutto ciò che vi era in quella piccola stanzetta Keigai aveva mai avuto, ne un vestito della sua taglia, ne un piccolo cavaluccio di legno, come quello che, distrattamente, aveva preso in mano, mentre osservava con lo sguardo perso nel vuoto la stanza.
Tutto era in perfetto ordine e, a parte il piccolo Daisuke, non mancava null'altro. E intanto la donna parlava, spiegando alla giovane dai capelli rosa come si era svolta la sua giornata, sul fatto che non avesse visto nessuno di sospetto aggirarsi per casa mentre andava a lavoro, nulla che potesse far presagire l'irrimediabile.

Non era mai successo che i bambini venissero rapiti in pieno giorno! Di solito venivano presi nel cuore della notte, ma adesso....

Disse la donna, cercando di dare più informazioni possibili per aiutare la giovane a trovare suo figlio, ma il senso di colpa per averlo lasciato solo la spinsero nuovamente alle lacrime.
Keigai rimase impassibile alla tristezza della donna, osservando ogni angolo della stanza, forse in cerca di qualcosa.
Rapiti di notte? C'era qualcosa che non tornava. Il barista le aveva detto che le sparizioni erano avvenute durante la giornata, quando i bambini erano soliti giocare per i boschi. Questo, le aveva detto, spiegava perché, a quell'ora del mattino, non aveva visto bimbi in giro, ma adesso le parole della donna mettevano in luce un quadro decisamente più caotico.
Che uno dei due avesse mentito? Plausibile, ma in ogni menzogna c'è un fondo di verità, bastava solo saper analizzare la situazione con occhio clinico.... Peccato che Keigai non fosse per nulla il tipo da analizzare le situazioni con raziocinio e logica. Agiva d'impulso, seguendo l'istinto, più simile ad un cane da caccia che ad un investigatore.
Fortuna che vi era qualcuno, per lei, che soppesava a questa sua mancanza.

Sembra quasi che ci siano due diversi modi in cui i bambini sono stati rapiti: uno la notte e l'altro di giorno. Potrebbe significare tutto o niente, che ci sia un complice o meno, ma qui, per adesso, c'è solo una cosa che si può fare, e tu sai benissimo cos'è...

Che fosse il Divino o il suo subconscio, poco importava. Da sempre lei aveva seguito ciò che quella voce interiore le diceva e, per certo, non avrebbe smesso di farlo proprio ora.

Che ti succede piccola mia? Ti vedo scossa.
Questa casa non mi piace, mi ricorda troppo quella in cui vivevo da piccola con i miei genitori, solo... Solo cosa? Qui c'è troppo amore, un amore che non ho mai avuto quando ero bambina, e io lo detesto, lo odio! Non riesco a sopportare oltre la vista di questo posto. Non lo accetto!
Distruggerei volentieri questa barracca, le darei fuoco, ne disperderei le ceneri, ma attirerei troppo l'attenzione... E poi, questa donna... Perché non smette di parlare? Percé non sta zitta!? Non riesco più a sopportare la sua voce, la sua preoccupazione per suo figlio... Perché? Perché è tanto sofferente la sua voce?
Mi da fastidio, mi urta nel profondo, facendomi aumentare le fitte alle tempie, in un mal di testa che mi fa serrare gli occhi dal fastidio pungente. Sai come si chiama questa sensazione? Invidia e gelosia. Invidia? Gelosia? E perché mai dovrei provare sentimenti del genere? Solo perché invidio quel bambino, che ha avuto tanto amore dalla sua famiglia? Che io sia gelosa di questo, che lui ha avuto ciò che io ho assaporato solo con Shishi?
No, io ho avuto la mia famiglia e non erano i miei genitori, e non sarà per certo questa stanza a farmi rievocare gli spiriti del passato, di come mio padre mi picchiava e mia madre se ne infischiava. Fammi vedere, allora, com'è che ti esorcizzeresti da questi spettri... Ora vedrai, stanne certo... E sono sicura che la cosa ti aggraderà molto, te lo garanisco.

La donna continuava a parlare, del suo bambino, del suo senso di colpa, della maglietta che ora stringeva in mano, dell'occasione in cui gliel'aveva data... Insomma, parlava di tutto e niente, futili parole che non fecero altro se non accentuare il mal di testa della giovane, che adesso si ritrovava in mano quella logora maglietta. Se la avvicinò al naso, inspirando dentro di se l'odore del bambino con deliberata lentezza, per far si che il suo cervello registrasse quella particolare fragranza, da poter riuscire a riconoscerla nell'immediato. Stessa cosa fece col lenzuolino del bambino, per vedere se, oltre al suo odore o a quello della madre, ve ne fosse un altro, ma la donna continuava a cianciare, sprecare fiato senza sosta.

Sa qual'è la miglior preghiera, in questi casi?

Disse Keigai improvvisamente, dando le spalle alla donna e riponendo maglietta e lenzuolino sul cornicione della finestra spalancata.
Era rimasta per tutto il tempo in silenzio e quella sua frase zittì immediata la donna.

Il silenzio. E' questa la miglior preghiera, l'unica che Lui ascolterà...

VDsmpLU
Lentamente, brandendo in mano la sua chitarra, si voltò verso la donna, facendole gelare il sangue nelle vene. Sul viso non vi era più alcuna traccia di gentilezza o dolcezza, gli occhi acquamarina, accesi di una folle luce omicida, erano spalancati, rivolti verso quella madre che, terrorizzata, avrebbe visto dipingersi sul suo volto il ghigno più terrificante che avesse mai potuto vedere.

... un silenzio eterno che giungerà immediato alle Sue orecchie, perché Jashin sente ben oltre il silenzio, e il tuo silenzio eterno sarà la miglior preghiera che potremo mai concedergli, per ricevere i Suoi favori.

Rapida e letale si mosse, facendo scattare le tre lame nascoste all'interno della sua chitarra. Se non ci fosse stato niente e nessuno ad infastidirla, la lama sarebbe scattata verso la donna, cercando di squarciarle l'addome, per poi provare a colpire recidendole il capo. Dopo avrebbe tracciato col suo sangue il marchio di Jashin, tagliandosi l'incavo del braccio destro, per poi mettervi al suo interno, se ci fosse riuscita, il corpo della donna. Infine, con sguardo reso folle ed estatico da ciò che aveva fatto, si sarebbe gettata oltre la finestra con in mano quei pezzi di stoffa, seguendo la traccia del bambino, pronta a dare inizio a ciò che sapeva fare meglio: cacciare.

Se non lo si è capito, Keigai offre la madre del piccolo come "agnello sacrificale" a Jashin, per poter ottenere il suo aiuto nell'impresa che sta per compiere... O almeno ci prova XD
 
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view post Posted on 3/9/2014, 11:30     +1   -1
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Keigai decise di far nuovamente affidamento sul suo olfatto sviluppato, inspirando lentamente le molecole di odore del bambino di cui la copertina e la maglietta ne erano inevitabilmente pregni, ma non si limitò solo a quello. In preda ai ricordi dolorosi del suo passato fatto di percosse e ignoranza, la kunoichi ne aveva abbastanza di sentire quanto quella donna tenesse al suo caro bambino e aveva intenzione di farla tacere con le buone o con le cattive... ovviamente avendo possibilità di sceltà, la ragazza avrebbe scelto la seconda opzione, ben più divertente e stimolante per lei e il suo Dio.
Si avvicinava lenta, brandendo in mano la chitarra che sembrava tanto innocua di per se, ma quando fece scattare all’infuori le tre lame, la donna non potè fare a meno di lasciarsi andare ad un grido disperato che tutto il vicinato avrebbe udito anche a distanza di metri e metri. Fortunatamente per Keigai, lo straziante urlo venne quasi subito soffocato dalla sua fida arma che, con un movimento discendente, aveva aperto l’addorme della sventurata donna; dalla ferita profonda sgorgava copiosamente sangue denso e scuro, segno inconfondibile che aveva reciso organi vitali e arterie principali ma, non contenta, con un altro fendente la bella kunoichi le staccò di netto la testa all’altezza del collo, facendola tacere per sempre come aveva detto.
Prima ancora che però potesse tracciare il cerchio di Jashin, la porta principale venne aperta di soppiatto da un gruppo di uomini allarmati dall’urlo disumano che avevano sentito pochi secondi prima.


???: Che sta succedendo qui dent...Oh per tutti i Kami!

???: E’...E’ lei!

La scena che si era palesata agli occhi di quei disgraziati sembrava uscita da un racconto horror: la ragazza che in piazza era sembrata tanto carina e cordiale, era in piedi con un’arma che sembrava una chitarra modificata in modo da essere pressochè letale, e la donna che aveva deciso di aiutare giaceva al suolo in una pozza di sangue... la sua testa era staccata dal corpo a un metro circa di distanza, immortalata in un’espressione di dolore inconfondibile che le dava dei tratto solo vagamente umani.
Uno del gruppo dovette mantenersi la bocca con una mano e uscire per vomitare sonoramente mentre gli altri rimasero allibiti e infuriati allo stesso tempo con quella ragazza, che per loro poteva essere alla stregua del diavolo che stavano cacciando.
Scoraggiata dall’impressionante inferiorità numerica, la kunoichi di Oto prese i pezzi di stoffa lasciati sul cornicione della finestra e dalla stessa si gettò a capofitto, correndo senza sosta verso la foresta e seguendo la traccia del bambino scomparso.


***



Passarono i minuti e la traccia divenne sempre più debole, fino a quando Keigai, stupita e frustrata forse per i risvolti di quell’avventura, venne presa alla sprovvista da una corda che le si avvolse attorno alla caviglia sinistra, trascinandola a pancia in su tra la fitta boscaglia per qualche metro, fino a quando non venne fermata da un dolore familiare: un attrezzo per l’agricoltura le venne conficcato nel braccio, trapassandolo fino al terreno, da uno degli uomini che avevano scoperto l’omicidio della donna al villaggio.

???: Ti abbiamo in pugno adesso, bastarda. Rimpiangerai quello che hai fatto alla povera Nako!

???: Lo sapevo che non dovevamo fidarci, lavora per lo straniero incappucciato! E’ da mesi che si aggira per il villaggio e le sparizioni sono iniziate proprio da quando è arrivato... deve essere una sua complice!

Dalle frasche uscirono probabilmente la maggior parte degli uomini del villaggio; cinque? Dieci? Venti? Gli occhi d’acquamarina della fanciulla non riuscivano a contarli tutti, ma sapeva che era in netto svantaggio numerico e che quei semplici contadini erano riusciti a fermarla grazie alla loro profonda conoscenza della foresta, a differenza sua. Cosa avrebbe fatto per liberarsi e fuggire?

//La situazione si fa interessante... Lascio a te la descrizione più approfondita del percorso che segue Keigai una volta fuggita dalla finestra della tipa, ma ad un certo punto sappi che si presenterà la situazione che ti ho descritto alla fine del post. Vediamo che ti inventi, ah e ovviamente non essere autoconclusiva, deciderò io se fallisci o riesci nel tuo intento :P//
 
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view post Posted on 7/9/2014, 17:53     +1   -1
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Annuso l'aria, seguo la flebile traccia lasciata dal bambino, ma è difficile riuscire a distinguerla, qui in mezzo al bosco. L'odore muschiato della terra mi fa arricciare il naso, mentre i pollini degli alberi e delle piante ammorbano l'aria fresca che spira da ponente.
Cerco di mettermi sopravento, così da evitare che il mio odore venga trasportato da quei flutti leggeri, mentre mi chino per terra, in cerca di tracce sul terreno.
Perché sono corsa via? Sarei potuta rimanere li, in quella casa, ad ammazzare quelli che hanno interrotto il mio sacrificio, però è divertente l'idea di averli messi in ulteriore agitazione.
Già me li immagino, pronti con delle armi rudimentali a darmi la caccia... Venite, venite pure a prendermi, mi divertirò un mondo ad intrattenervi,

L'odore della corda di canapa mi giunge troppo tardi, umido e muschiato come il resto del bosco. Me la sento stringersi a cappio intorno alla mia caviglia, facendomi cadere lunga distesa. Qualcosa, però, forse un meccanismo nascosto tra il fogliame, il cui odore stranamente non era giunto al mio naso, inizia a tirare, trascinandomi per qualche metro. Immediata sento la schiena e le gambe graffiarsi tra le radici e le rocce nascoste tra fogliame secco e terriccio, mentre alcune foglie secche mi accecano per un attimo.

Sono belli i colori dell'autunno: rossi, arancio, marroni, gialli. Sono colori così caldi che mi paiono quasi animarsi, scendere dagli alberi grigi e secchi, e stringermi in un abbraccio caloroso. C'è anche un uccellino, un piccolo pettirosso che cinguetta tra le fronde. Assaporando i graffi brucianti su schiena e gambe, lancio un fischio di saluto a quel piccolo volatile, ma uno schiocco improvviso lo spaventa, facendolo scappare via. Strano, cosa potrebbe mai averlo messo in agitazione?
L'odore di terra bagnata e sangue mi invade le narici, mentre volto lo sguardo sul mio braccio destro. Ciò che vedo anticipa per una frazione di secondo le percezioni sensoriali: il freddo del metallo, il dolore per i muscoli perforati e i nervi recisi mi fanno emettere un ansito soffocato, mentre quella sensazione tanto piacevole inzia ad accaldarmi il viso. Provo a smuovere il braccio, aumentando il dolore e i miei ansiti di piacere, tenui e sommessi, ma noto che l'arma che me l'ha colpito mi impedisce di liberarlo, tenendomelo così ben saldo al terreno.
Noooo, l'immobilità mi piace solo se a costringermela è Onigami! Anzi, quasi quasi dovrei proporgliela, questa idea, in una delle nostre future sessioni, sempre ammesso che ci saranno, perché sento delle voci fastidiose ronzarmi nelle orecchie.
Jashin, che tu sia lodato, ti prego! Falle tacere.


La giovane donna aveva il capo chino sul petto mentre, ansimante, si stringeva spasmodica al petto il manico della chitarra con il braccio libero. Si morse il labbro inferiore, sfregandosi placidamente le cosce tra loro, mentre cercava di tirar su il braccio bloccato, infilzato al suolo da un forcone appuntito. Purtroppo ogni suo tentativo si fermava a contatto col metallo freddo che permetteva l'attaccatura col manico, facendole zampillare altro sangue dai due punti in cui i lembi della grossa forchetta agricola avevano colpito.
E nel mentre gli uomini parlavano, lei continuava ad ansimare, mordendosi il labbro, sfregare le cosce, mentre il respiro si faceva sempre più affannoso, per poi proruppero in una risata. Da prima fievole e incerta, poi sempre più sguaiata e impertinente.
Con un grido estatico, provò ad usare tutta la forza che aveva per strappare il braccio alla morsa fredda del gelido metallo, anche a costo di lasciarci vicino qualche pezzo.
In quel momento non aveva nulla di umano: gli occhi spalancati, accesi da una luce folle, la facevano apparire per ciò che in realtà era, una bestia assetata di dolore e sofferenza, a cui piaceva infliggerli e ottenerli.
Se la sua sola forza non fosse bastata, si sarebbe tagliata il braccio con la lama della sua chitarra, per poi convogliarne il chakra all'interno, provando così ad ampliare e assottigliare il filo delle sue lame, creando così, con un movimento fluido, lame di vento che, data l'altezza da cui aveva lanciato l'attacco, avrebbero dovuto andare a colpire le gambe delle persone più vicine a lei, cercando di recidere i tendini all'altezza delle caviglie, provando così ad impedir loro di saltare addosso, almeno quelli più vicini a lei, o di scappare.


Perdona il ritardo, ma ho avuto difficoltà proprio a fare questo post.
La tecnica in questione è una ninjutsu a vasto raggio, Folata di Vento, per questa occasione incanalata all'interno della lama. Devo mettere qualche calcolo per caso, o non ne vale la pena? D:
 
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view post Posted on 8/9/2014, 18:32     +1   -1
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Continuava a dimenarsi Keigai, cercando di sfruttare tutte la forza che aveva in corpo per liberarsi da quella presa metallica, ma purtroppo non sembrava avere molti risultati. Incurante di ciò che gli uomini le urlavano o ringhiavano addosso, come una bestia cercò di far forza col braccio infilzato provocandosi però solo più dolore e facendo sgorgare copiosamente il sangue nelle vene perforate.
Rosso, rosso che zampillava come una fontana e fuoriusciva dal braccio; la visione del suo stesso sangue o di quello altrui, quella calda sensazione del liquido vitale colarle addosso era come una droga per la kunoichi, una droga che le dava scariche di adrenalina difficili da contenere.
Un grido, più simile ad un rantolo di una bestia disperata ormai messa in trappola, fuoriuscì dalla carminee labbra di Keigai, che si sforzava inutilmente di divincolarsi da quella presa, ma purtroppo l'uomo che teneva la parte in legno dell'attrezzo era troppo forte per lei e godeva di una posizione avvantaggiata. Vedendosi senza via d'uscita, la ragazza strinse con più forza la chitarra nella mano libera e, prima che qualcuno la immobilizzasse del tutto, tranciò di netto il braccio provocando una sensazione di terrore e non poca sorpresa da parte del gruppo nutrito di spettatori.
Senza perdere un secondo, soffocando persino il dolore venutosi a creare dopo un simile gesto e ignorando la pozza di sangue che si stava riversando sul terreno incolto, Keigai concentrò il chakra nei fili della chitarra e sfruttò una tecnica del suo elemento principe con l'intenzione di colpire le gambe dei suoi barbari aguzzini, impedendogli la possibilità di attaccarla o fuggire a loro volta. Sbilanciati e confusi, i contadini che non vennero investiti dalla folata di vento, si apprestarono a soccorrere i compagni caduti mettendo momentaneamente da parte il loro obbiettivo; la decisione non si rivelò per niente saggia da parte loro, perchè infatti in quel momento Keigai decise di liberarsi della loro presenza prendendo al volo il braccio sporco di terriccio e sangue e levare le tende il più in fretta possibile. Non aveva altra scelta: i suoi avversari non erano certo shinobi, ma la loro superiorità numerica le avrebbe dato del filo da torcere, e non poteva permettersi di perdere tempo ed energie ora, specie con un braccio in meno.
Rapidamente, la shinobi cercò di limitare le tracce di sangue che andava perdendo dal braccio reciso e decise di rifugiarsi su uno degli alberi più lussureggianti della zona. Di certo a quell'altezza non avrebbero potuto ne raggiungerla ne individuarla, ma la sua attenzione venne catturata dalla traccia di odore che prima era svanita: il bambino doveva essere vicino, molto vicino.
Aguzzando la vista, avrebbe notato a circa un centinaio di metri da lei, mentre si dirigeva nella direzione opposta agli inseguitori, l'uomo dal cappuccio scuro, con in braccio una piccola figura apparentemente senza sensi. A lei la decisione: tentare di attaccare senza se e senza ma, oppure conferire più apertamente con l'uomo e capire cosa diavolo stava succedendo in quel posto dimenticato dai Kami?


//Scusa se ho manovrato un po' il tuo pg, ma volevo far proseguire la storia per arrivare ad un punto più caldo. Come sempre, libero arbitrio.//
 
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view post Posted on 10/9/2014, 08:39     +1   -1
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Ci rimango un po' male però D: E se, magari, avessi voluto prima ammazzare qualche villico e solo dopo scappare? U____U


Tirò un sospiro di sollievo, mentre si poggiava stancamente sul tronco dell'albero, solo dopo aver scelto una ramificazione adatta da permetterle di star seduta, nascosta dal fogliame, e riposare un po'.
La chitarra, che durante la fuga era riuscita ad infilarsela dietro la schiena, per mezzo della bretella, le premeva saldamente dietro le reni, mentre scrutava attenta il suo braccio amputato. Come avrebbe fatto, ora, a riattaccarselo? Lei non conosceva per niente le tecniche mediche, e non aveva nemmeno nulla, tra le sue cose, che le avrebbe permesso di ricucirlo alla bell'e meglio.
Sospirando, Keigai si strappò quasi completamente la gonna, cercando, con una mano e con la bocca, di creare due lunghe strisce di tessuto, con cui fasciare sia il moncherino che l'estremità recisa del braccio, per evitare di perdere troppo sangue che, strada facendo, avrebbero potuto rappresentare una traccia per i suoi inseguitori. Si rammaricava per non esserne riuscita ad ammazzare qualcuno, ma recidendo loro i tendini, aveva dato parecchio da fare, permettendole così di allontanarsi senza troppi problemi.
Era strano vedere, ora, il braccio attaccato alla cintura, ma non poteva di certo tenerlo in mano, altrimenti come avrebbe potuto usare la sua chitarra?
Fu mentre stringeva la cinghia che percepì nuovamente l'odore: la sua preda, il bambino scomparso, era vicina. Si guardò intorno, sfruttando l'altezza della sua postazione, riuscendo ad intravedere l'uomo incappucciato che aveva incontrato al villaggio che, sottobraccio, portava un piccolo fagotto. Che fosse il bambino?
Fu allora che la parte "razionale" di lei si mise in moto, elaborando finalmente ciò che i suoi assalitori avevano detto: « le sparizioni sono iniziate proprio da quando è arrivato » Però... C'era qualcosa che non tornava. Come poteva aver rapito lui il bambino se, quando si erano resi conto della sua scomparsa, lui era con lei in piazza? Significava solo una cosa: che non era da solo ad agire.
Keigai percepì una presa calda sul suo braccio, sul braccio rimastole, quasi le stesse impedendo di farle continuare il fendente che, inconsciamente, aveva iniziato a preparare.
Ucciderlo non sarebbe stato saggio. Avrebbe potuto narcotizzarlo e poi interrogarlo, ma il suo complice, o più, se non vedevano il suo ritorno potevano insospettirsi, quindi...
Cercando di fare più attenzione possibile, provò a seguire l'uomo, nascondendosi: saltava da un'albero all'altro, cercando con uno studio attento i punti che più avrebbero resistito al suo peso, provando ad attutire la caduta convogliando piccole dosi di chakra sotto le suole, creando così dei piccoli "cuscinetti d'aria". Se gli alberi non sarebbero risultati molto robusti, avrebbe cercato di nascondersi tra i cespugli, o alternando la tecnica della trasparenza in alcune occasioni. Se poi avesse scosso qualche foglia o cespuglio, avrebbe cercato di imbrogliare l'uomo, riproducendo a labbra chiuse il cinguettio di qualche uccello, così da convincerlo che, magari, a metterlo in allarme era stato solo un animale della foresta.


Credo sia chiaro cosa prova a fare Keigai xD
Segue di nascosto il tipo, utilizzando le sue abilità nel nascondersi e sfruttando, in caso serva, la tecnica studente della trasparenza.
 
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view post Posted on 14/9/2014, 12:48     +1   -1
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//Se avessi voluto ammazzare qualche villico, prima o poi ti avrebbero nuovamente immobilizzata perchè sono in tanti e Keigai è si immortale, ma pur sempre genin... e ha un braccio in meno xD//

Keigai aveva fatto la mossa giusta; aveva messo da parte l'istinto in favore di un'idea decisamente più razionale e produttiva: inseguire il suo bersaglio.
L'uomo portava con se un fagotto sospetto, che poteva anche essere riconducibile al bambino della donna che aveva trucidato nel villaggio, ma la shinobi non era più nemmeno sicura che fosse la stessa persona con la quale aveva già parlato. Se la donna si era accorta della sparizione del figlio mentre l'incappucciato era in piazza a parlare con lei, come poteva essere stato lui a rapirlo? I dubbi iniziavano ad essere troppi e l'idea che ci fosse più di una persona "addetta" a rapire i bambini si stava facendo largo nella sua mente sempre più prepotentemente.
La ragazza dagli occhi d'acquamarina si muoveva silenziosamente, sfruttando il chakra per attutire i rumori che avrebbe altrimenti prodotto saltando da un ramo all'altro e, occasionalmente, si avvaleva anche della tecnica del mimetismo per non essere vista agli occhi della sua preda. Quest'ultima si girava spesso per controllare se qualcuno stesse seguendo le sue tracce, o se i villici che stavano cercando Keigai l'avevano intercettato durante le loro fasi di caccia. Un comportamento senza dubbio sospetto.
Ci fu un attimo di esitazione da parte della figura, poi si fermò bruscamente tra le frasche rimanendo immobile per alcuni secondi con il fagotto tenuto saldamente al petto con una mano.


Incappucciato: Pare che qualcuno mi abbia scoperto...

Sibilò tra se e se, per poi saltare su un ramo a circa una decina di metri di distanza dalla posizione di Keigai.

Incappucciato: Sei tu, accolita di Jashin? Sapevo che saresti riuscita a ritrovarmi... vieni fuori, noi due cerchiamo la stessa cosa.

Un invito, una sfida o forse un bluff. Nelle sue parole non v'era traccia di paura o cattive intenzioni, eppure come aveva fatto ad accorgersi della presenza di Keigai nonostante le sue premure nel coprire le tracce sia visive che uditive? Forse aveva qualcosa da riferirle, forse inerente alle sparizioni... a lei decidere se fidarsi e ascoltare cosa avesse da dirle oppure far finta di niente a vedere come si sarebbe evoluta la situazione.
 
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25 replies since 24/7/2014, 08:40   728 views
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