| Quando ero stata in guerra con Onigami avevo pensato che fosse un montato, un idiota, nonché una persona di cui non fidarsi e per finire uno stronzo. Quando mi risvegliai in un luogo buio, senza le mie armi, senza i miei vestiti, con le sbarre ed un buco per ****** come unici compagni, ebbi il forte sospetto che quella prima impressione fosse alquanto corretta.
Notai che mi avevano lavato e vestito con un indumento qualunque, che gentili...quasi mi veniva voglia di ringraziarli...pezzi di stronzi. Notai un piatto con della roba da mangiare, era riso, l'annusai e poi decisi di mangiarlo, tanto se dovevo per forza vivere in quella prigione, una morte per avvelenamento non era un destino poi così tremendo. Mi sorpresi nel costatare che il suddetto cibo era alquanto godibile, anzi era il migliore cibo che avessi assaggiato in anni, questo poteva significare due cose: o che le dicerie sul cibo da gattabuia fossero inventate di sana pianta, oppure che ero una pessima cuoca. Esperienze future mi avrebbero portato a stabilire che era la seconda cosa.
Quando ebbi finito decisi che avrei cercato di scoprire di più su quel posto, però la mia cella era piccola, e poche cose poteva farmi capire il perlustrarla, il resto però era tutto troppo scuro affinché io potessi vedere qualcosa. Il non vedere niente mi scocciò parecchio, quindi decisi provare ad illuminare le sbarre, in fondo erano fatte di un materiale metallico, quindi in teoria avrei potuto farle brillare grazie alle mie abilità di Kandori. Strinsi le sbarre e chiusi gli occhi, cercando di concentrare il mio chakra, ma quello si presentò inizialmente per poi dissolversi subito, come un fuoco spento da un secchio d'acqua gelata. Stizzita riprovai di nuovo, ma a nulla valse il tentativo, né tutti quelli che feci dopo.
Mi concentrai continuamente, evidentemente avevano sigillato il mio chakra in qualche modo, ma non volevo dargliela vinta, prima o poi sarei pur dovuta riuscire a illuminare anche solo un minimo quelle sbarre. Poi successe: sentì come uno strappo all'interno nel mio corpo, una fitta improvvisa, essa parti dal cuore e risalì velocemente il mio corpo fino ad arrivare agli occhi. Quest'ultimi iniziarono a bruciare violentemente, cosa che mi fece staccare dai miei metallici appigli e cadere a terra coprendomi i bulbi oculari con le mani, in pieno istinto di protezione. Gemetti mentre senza volerlo mentre il bruciore aumentava, poi come era arrivato, quel dolore all'improvviso svanì, grazie al cielo.
Temendo di riaprire gli occhi mi alzai e mi misi a sedere, a quel punto decisi di provare a sollevare una palpebra per controllare se ancora ci vedessi....miseria santa se ci vedevo! Di colpo era come se quella stanza prima così buia, ora fosse illuminata alla perfezione, mi voltai e potei notare tutte le cose che che prima non avevo visto: le viti della gabbia, il corridoio dall'altra parte di esse, il muro ancora oltre quello, i buchi nel muro in cui c'erano piccole uova d'insetto. Ogni cosa di colpo era chiara e nitida, anzi, non era mai stata così nitida prima. Subito la memoria ritornò a quando avevo sviluppato per la prima volta quel tipo di visione, durante la battaglia contro gli zombie prima di andare in guerra. In quel caso i fenomeno era stato limitato ad una manciata di minuti, ma il bruciore non era stato così intenso. Mi sdraiai sulla branda e tenni gli occhi aperti, volevo vedere in quanto tempo questa volta la mia vista sarebbe tornata normale. Quindi rimasi distesa per decine di minuti, ventine... iniziai a pensare che questa volta l'effetto fosse permanente. Mi alzai quindi dalla branda e guardai le sbarre, grazie a quella vista nuova potevo addirittura vedere il mio riflesso e quello che vidi mi lasciò senza fiato: i miei occhi erano molto luminosi e ricordavano in tutto e per tutto quelli dei gufi di Konoha grazie al loro colore giallo limone.
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