La piuma rubata, Quest eremitaggio dei Rapaci per Ashitaka, ¬BloodyRose., _Crystal, Drake950, • Ed •, ..Kira (fallita), lovely.panda (fallita) e Vale93ba

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view post Posted on 18/3/2014, 14:03     +1   -1
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Morondor. La cima più impervia di una catena montuosa al confine tra il Paese del Ferro e quello della Pietra, così alta che dai suoi piedi non è possibile scorgerne la vetta con gli occhi; al contrario delle sorelle, più accessibili e indubbiamente meno scoraggianti per chi desidera affrontarle. Ma forse è in ciò che risiede il fascino misterioso di quel monte, in quel netto divario d'altezza che ne esalta la bellezza e ne delinea la maestosità. Si dice che potenti creature popolino la vetta della montagna: i rapaci, maestosi volatili che dominano i cieli, incontrastati. Il loro nome è ammantato di mistero e numerose leggende vengono narrate dai nativi della zona a chi si avvicina, anche solo per ammirare la potenza creatrice della natura. Storie di trame, intrighi, nobili austerità.. E, ovviamente, non tutte terminano con un lieto fine.

Avevo avvisato qualcuno che sarei partito per una settimana e che avrei aperto prima della partenza, ma non mi è stato possibile, perciò chiedo venia per il ritardo.

Alcuni di voi mi hanno già avuto come master e mi conoscono, altri invece no. Vi basti sapere che tranne in alcuni casi particolari (come questo primo post) non vi darò mai indicazioni in off e quindi avrete sempre carta bianca su cosa fare, ovviamente nei limiti del buon senso. Quello che ho postato è solo un piccolo incipit, tanto per darvi qualche spunto per questo primo post, in cui i vostri pg (sta a voi decidere il come e il perchè) dovranno ritrovarsi ai piedi del monte. Potete anche interagire tra di voi liberamente, se desiderate farlo.

Non pretendo calcoli, se avete passato l'esame genin significa che siete già in grado di farli, o almeno così dovrebbe essere. Ciò che mi interessa è vedere quanto siete in grado di caratterizzare il pg e farlo reagire con ciò che accade intorno. Vi ricordo che questa quest presenta la possibilità di morte e che alla fine il nuovo eremita sarà deciso da una votazione dei narratori, quindi sappiate che il giudizio finale non spetta solo a me. Per gli altri invece la firma non sarà garantita: sarà il nuovo eremita a decidere chi firmerà o meno, in base ai suoi criteri di valutazione.

Essendo voi in molti, ho deciso di mettere un limite di tempo per i post di una settimana per giro. Chi non posterà verrà saltato e dovrà recuperare al turno successivo descrivendo quanto accaduto in precedenza. Questo però non vale per questo primo post, dato che è necessario che postiate tutti: in ogni caso farlo in tempi decenti sarebbe carino. Qualora mi ritrovi costretto a saltarvi per più volte, sarete esclusi dalla quest. Se vi ritrovate impossibilitati a postare basterà che mi contattiate spiegandomi le ragioni della vostra assenza o ritardo e in questo caso non ci sarà nessun provvedimento.

Per qualsiasi dubbio o domanda, contattatemi su skype o sulla chat del forum. Se non avete il mio contatto, lo trovate sul mio profilo.
Buon divertimento e in bocca al lupo!
 
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view post Posted on 18/3/2014, 16:23     +1   -1
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Kirigakure no sato, villaggio del Paese dell'Acqua noto per la presenza costante della fitta nebbia che ne circonda le mura, subdola e sinuosa come i ninja che ivi dimorano. Eppure, era da giorni che la nebbia aveva lasciato posto ad una pioggia insistente, sottile e scrosciante, fastidiosa a tal punto che erano pochi quelli che osavano uscire in strada, col rischio di ritrovarsi in pochi secondi bagnati fradici come pulcini.
E, se la nebbia permetteva di celare la propria presenza, quella pioggia battente ti costringeva a rimanere prigioniero in casa, o sotto una balconata, nel caso ti avesse sorpreso sulla via, costringendoti ad attenderne la fine o una momentanea riduzione della sua intensità...
In quel momento, però, non era la pioggia che incatenava Yumi, seduta sulle scale del porticato della dimora del suo clan. C'era ben altro ad impedirle di scappare da quella prigione che, si rammaricava, non fosse fatta di sbarre d'acciaio, ma semplicemente di circostanze avverse che la vita, e il fato, le avevano imposto, sbattendogliele davanti con forza, un po' proprio come quella pioggia...
A vederla così, rannicchiata sulle scale, con la schiena poggiata contro una delle colonne dell'atrio, non la si sarebbe immaginata come una spietata chunin di Kiri. E lei, tanto meno, non si immedesimava in quel ruolo, o meglio, avrebbe preferito non averlo affatto, perché significava avere altre catene che la imbrigliavano, rafforzando la sua prigionia.
Sospirando leggermente, ricacciò indietro la tristezza, tentando ad ogni costo di rigettarla nel cumulo di ghiaccio e neve che avvolgeva il suo cuore.
La guerra, quei tre anni passati a fronteggiare Watashi, erano stati un susseguirsi di eventi che non aveva fatto altro che minare e distruggere completamente la vita, il futuro, che aveva cercato di costruire.
Quanti progetti, quanti sogni erano stati infranti... E nella maniera più spietata possibile. Tipico di Kiri, dopotutto...
E ora, quell'ultima batosta, che Ichijo le aveva comunicato qualche ora prima: sua nonna non era riuscita a superare la notte.
Non era un evento inaspettato, dopotutto. Durante gli scontri a Kumo, sua nonna aveva riportato talmente tante fratture che era incredibile che fosse sopravvissuta tanto a lungo. Costole incrinate, bacino distrutto, femore fratturato in maniera scomposta...
Perché mai, alla sua età, sua nonna Kori si era presentata a Kumo, insieme agli altri ninja di Kiri? Sarebbe dovuta rimanere a casa, al sicuro, e invece quella donna si era impuntata...
"E solo per essere sicura che io ritornassi a casa sana e salva..."
E che senso aveva, tornare a casa, se adesso non avrebbe avuto più nessuno ad attenderla?
La sua famiglia si era completamente sfaldata, e la rottura era iniziata poco dopo la sua nascita e, va a vedere, la causa era sempre la stessa. Kiri.
Sua madre era morta per difendere lei e suo padre dalla furia del Mizukage; suo nonno era morto, per mano della stessa Yumi, per evitare di portare il caos nel villaggio; suo padre era sparito; suo zio, nonostante fosse tornato per sincerarsi delle condizioni di sua madre, non aveva alcuna intenzione di continuare ad essere federe a Kiri e ora Kori...
Possibile che il villaggio che le aveva dato i natali, le stesse ora togliendo tutti gli affetti a lei più cari?
"Kaito aveva ragione. Qui non siamo liberi..."
Libera, però, lo sarebbe mai stata?
Con sguardo assente, si scrutò le dita della mano destra, facendosi sfuggire una risata isterica. Lei libera non lo sarebbe mai stata e le prime falangi dell'indice e medio della mano destra gliel'avrebbero ricordato per il resto dei suoi giorni, finché anche il resto del suo corpo non sarebbe diventato grigio, duro e privo di sensibilità.
Ecco perché i medici, a Kumo, erano stati tanto preoccupati, nel vederle quei due polpastrelli ingrigiti e insensibili. Lei, però, non vi aveva dato alcun peso, nessunissima importanza, ma era stato suo zio Ichijo a rivelarle l'ennesima sventura della sua vita.
I popolani erano soliti chiamarla morbo grigio, una rarissima malattia che colpisce principalmente i ninja, una sorta di cancro che, a differenza del normale, non distrugge o danneggia organi interni, ma incenerisce i canali del chakra. Le cause di questa malattia, le aveva spiegato suo zio, erano ancora sconosciute, ma, nel suo specifico caso, la causa scatenante era ben evidente. Quando aveva ucciso suo nonno, il suo chakra si era rimescolato con quello di sua madre, rimasto latente e sigillato dentro di lei da quando era piccola. Ricordava bene come quell'evento l'avesse scombussolata: il suo corpo era drasticamente cambiato, subendo un'accrescimento estremamente accelerato, portandola a mostrare più anni di quelli che ha in realtà e, ovviamente, con una quantità di chakra anomala, per l'organismo, riuscire a controllarla era stato difficile... E fin qui, non avrebbe avuto alcun problema... Peccato che Watashi c'aveva messo lo zampino, con quel suo miasma malefico e le successive possessioni, che avevano reso il suo chakra tremendamente instabile, tanto da iniziare ad auto-consumarsi, comportando quindi uno scolorimento delle zone interessate che, iniziando a perdere vitalità, tendono a diventare sempre più simili alla pietra.
In lei, però, la malattia si comportava in maniera del tutto anomala, procedendo ad un ritmo completamente incostante, tanto da rendere il resto della sua esistenza un'incognita... Nonostante questo, però, lei sapeva esattamente come spendere quel tempo che le rimaneva, che si trattasse di una decina d'anni o di una manciata di giorni, perché lei aveva scelto, aveva deciso la strada da intraprendere. Non l'avrebbe portata alla libertà personale, probabilmente, visto che era tanto strettamente legata alla morte, ma almeno avrebbe reso libere molte più anime, rendendo Kiri libera da se stessa.
XwMVZbw
Quel giorno, però, Yumi voleva essere egoista, illudersi, per un attimo, di poter evadere da quella prigione, di poter essere libera di vivere come meglio credeva... Cosa strana, per lei, che da sempre antecedeva il bene degli altri al suo, ma aveva imparato sulla sua pelle che, per evitare di soffrire, era meglio che iniziasse a pensare più a se stessa, incurante degli altri, dei loro sentimenti e emozioni, specie se le intralciavano la strada...
"Andare via da qui, lontana da queste mura, da questo tempo uggioso e, anche solo per un attimo, sentirmi libera, libera di volare lontano, verso orizzonti a me sconosciuti... E' forse chiedere troppo?"
Il flusso dei suoi pensieri venne però interrotto da uno squittio acuto che le risuonò proprio nella testa, facendola sobbalzare.
Jhonny, per la miseria... Ma da quanto tempo stavi seguendo i miei ragionamenti?
Domandò Yumi, mentre si portava una mano alla tempia, massaggiandosela leggermente. Se qualcuno fosse passato di li, in quel momento, nel vederla parlare da sola l'avrebbero presa per pazza, ma bisognava sapere che, in realtà, Yumi, seguendo questa suo nuovo e personalissimo nindo, si era creata una ristretta cerchia di collaboratori, piccole spie che, sguinzagliati un po' ovunque, avevano il compito di raccogliere informazioni per lei. Oltre ad usarli per il suo piano di "liberazione di Kiri", li stava anche usando per riuscire a rintracciare suo padre, senza però ottenere risultati soddisfacenti, tant'è che aveva iniziato a richiamarli alla base. Quei piccoli pinguini di ghiaccio, però, erano dannatamente imprevedibili, tant'è che, il più delle volte, sfuggivano al suo stesso controllo. Il caso eclatante l'aveva avuto con Philip che, con la scusa di aver raccolto informazioni, le aveva portato a casa Hyou, uno dei membri più pericoloso dell'Akatsuki... Che botta di culo.
Quindi non c'era da sorprendersi se, in alcuni casi, i pinguini tendessero ad assumere il monopolio delle comunicazioni telepatiche, tendendo ad isolarla o, come in quel caso, insinuarsi nella sua mente a sua insaputa.
Si Jhonny, lo so che non lo hai fatto apposta, ma almeno la prossima volta evita di urlarmi in testa!
Sentenziò Yumi, ormai scoraggiata. Forse era il caso che rivedesse per bene la tecnica con cui li creava che, sicuramente, doveva avere qualche inghippo...
Nella sua mente riecheggiarono ben presto le parole del pinguino che, in una lingua sconosciuta e impronunciabile, le diceva che non era stata sua intenzione origliare in maniera tanto spudorata e che, come i suoi fratelli, il suo unico desiderio era quello di vedere la senpai felice.
Aspetta e spera allora...
Si lasciò sfuggire con uno sbuffo, tirandosi indietro una ciocca di capelli corvini...
La sensazione di vuoto che provò alla bocca dello stomaco le fece sgranare gli occhi, conscia di quello che stava per accadere.
Jhonny, non ti permettere...
Troppo tardi. In una nuvola di fumo Yumi sparì, richiamata dallo stesso pinguino in un luogo a lei completamente sconosciuto... Almeno non era atterrata di sedere nelle frasche, come l'ultima volta.
Esasperata, evitò addirittura di arrabbiarsi, tanto c'aveva fatto l'abitudine, a quella situazione.
"Vediamola in questo modo... Adesso dovrò per forza dedicarmi solo a me stessa..."
Pensò, guardandosi attorno. Non riconosceva per nulla la zona, cosa che la rese inquieta.
Un giorno quei pinguini mi uccideranno prima del dovuto...
Ammise, iniziando ad incamminarsi verso un monte che intravide tra la vegetazione. Chissà, magari ai suoi piedi vi avrebbe trovato un centro abitato in cui chiedere indicazioni...
 
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view post Posted on 20/3/2014, 13:22     +1   -1
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La determinazione era da sempre stata un marchio di fabbrica per Kinji, e non avere più tutta quella grinta che lo portava a dedicarsi anima e corpo alla sua crescita come shinobi lo infastidiva oltremodo.
Parlare con Akane si era rivelato più piacevole del previsto e, anzi, gli era parso dalle sue parole di notare un certo incitamento a fare in fretta, a recarsi nuovamente a Kumo nonostante tutte le peripezie che il giovane ex generale aveva passato durante la guerra, per ritrovare quello che lui credeva di aver perso, ma che per primo sapeva che non avrebbe fallito nel ritrovarlo.
Il cammino per arrivare al villaggio della nuvola non fu certo troppo facile, considerando i percorsi scoscesi e le lussureggianti valli di Konoha che lasciavano sempre più spazio alle catene montuose che caratterizzavano la zona, ma ormai poteva dire di essersi quasi abituato a quei ritmi, nonostante il poco preavviso per quel viaggio. Aveva lasciato detto a Setsuna che sarebbe tornato al tempio sacro per cercare di andare avanti e perdonare i propri sbagli, ma era certo che la giovane Hyuga non avrebbe avuto il coraggio di seguirlo, non per codardia, ma solo per troppo rimorso.


Non essere troppo duro con te stesso. Quando tornerai sui tuoi passi sarà come rivivere tutto l'inferno che c'è stato e ripensare alle possibilità che ti sei lasciato alle spalle è per gran parte tempo perso…

Si, l'Hokage aveva perfettamente ragione; le sue parole si rivelarono presto vere quando, arrivato al centro del villaggio, poté dare uno sguardo più vicino a quello che la guerra si era lasciata dietro: nulla a che vedere con il suo villaggio natale era quel quadro dai colori sgargianti rovinato da uno squarcio nella tela quale era Kumo ai suoi occhi. Era stato il centro nevralgico del conflitto e, non a caso, era stato lui a pagarne il prezzo più alto per ottenere la libertà: edifici dalle facciate quasi del tutto rase al suolo costeggiavano la zona più esterna alle mura di cinta, mentre per le strade più o meno affollate, gruppi nutriti di persone di ogni età si stavano cimentando nel sistemare come meglio potevano alcuni elementi strutturali delle abitazioni che rischiavano di crollare. Quasi non riusciva a vedere tutto quello che stava attorno a lui, ricordando l’orrendo odore del sangue e dei corpi carbonizzati che aveva sentito e visto sul campo di battaglia, tutte le atrocità subite dall'araldo di Watashi in quel limbo tra morte e realtà, ma si fece forza cercando di esorcizzare ogni paura nel miglior modo possibile.

Akane mi ha avvisato, era certa che avrei provato di nuovo tutto questo, e mi aveva messo al corrente…ma ciò nonostante, anche lei non avrebbe potuto fare altrimenti. E’ la cosa giusta, è la cosa giusta…devo solo arrivare al tempio e poi vedrò il da farsi.

Il Bukigami sembrava un luogo completamente diverso da quando ci era stato settimane prima: si godeva di un silenzio fuori dal comune, come se i monaci e tutto ciò che si trovasse attorno alloro, oggetti animati e non, fossero in pace con se stessi. Era una bella sensazione essere li, e poi fortunatamente nessuno sembrava essere contrariato di vedere un volto nuovo; sicuramente quella era una meta per tantissimi fedeli di quella sorta di culto della spada che professavano nella nuvola, e a rafforzare questa tesi, vi erano i rilievi sulle pareti del tempio sacro, che narravano le gesta di centinaia di guerrieri sacrificatisi per il bene della patria. Chissà, forse presto avrebbero narrato anche di quella sanguinosa guerra che aveva preso vita proprio nell’enorme piazza centrale.
Kinji sentì di dover pregare per tutti gli uomini caduti sotto il suo comando, per tutte le persone che avevano trovato la morte in quel posto tanto amato, cosa che non faceva ormai da troppo tempo, disabituandosi e sentendosi persino in difetto per non averlo fatto propriamente forse. Ci passò alcune ore, poi tornò in marcia diretto nuovamente a Konoha, ma con una punta di amarezza in bocca.


Ho fatto tutto quello che dovevo per stare in pace con me stesso, eppure non ne sento un particolare giovamento, non è stato come pensavo… perché? Perché!?

Non voleva tornare a mani vuote da Akane e Hachi, non dopo aver promesso di tornare più forte di prima, di essere in grado di sguainare nuovamente la spada che aveva promesso di mantenere sigillata fino a che non fosse giunto il momento adatto. Sentiva di aver deluso l’Hokage, Setsuna, Hayato, e tutti quelli che avevano creduto in lui come generale, come uomo e come shinobi; diede nuovamente uno sguardo al pezzo di stoffa che bloccava la fredda lama della katana dal mostrarsi alla vista, e non poté fare a meno di ricordarsi la sua provenienza, dalla casacca di Sohaku, e simboleggiava il suo fallimento, il suo odio e il suo rancore verso se stesso e la sua debolezza, l’incapacità di non riuscire a difendere ciò che per lui era caro.
Ma non vi era tempo per essere perso; si trovava del tutto spiazzato dalla nuova situazione in cui era finito: non aveva più una meta, e tornare a casa era una decisione da escludere categoricamente, quindi…che fare?

L’Uchiha decise dunque di deviare il percorso di ritorno facendo un giro decisamente più lungo e faticoso, deviando la rotta che si era prefissato verso il paese del vento, costeggiando il più familiare paese del fuoco, alla ricerca di chissà cosa; i giorni passarono inesorabili, diventando settimane, passate in giro per i paesi minori, alloggiando presso posti non molto frequentati da turisti o accampandosi in zone sicure.
Ormai era un’altra mattina passata vagabondando, e il giovane era arrivato al confine tra il paese del ferro e quello della roccia, e sentiva la necessità di fermarsi in una qualche locanda per riprendere le energie magari con un bel bicchiere di liquore e un pasto caldo. Fortunatamente, ne trovò una piuttosto isolata e dall'esterno non sembrava molto invitante, ma nelle sue condizioni era più che sufficiente.
Entrò attraverso la porta in legno senza dire una parola, recandosi presso uno dei posti a sedere più vicini al bancone; il locale era semi vuoto, ma a ravvivare l’atmosfera c’erano due anziani signori seduti poco distanti dall'Uchiha ad un tavolo con quattro sedie, intenti a giocare a shogi commentando animatamente.
Chiese gentilmente al barista dietro al bancone un piatto della casa, di qualsiasi genere, purché fosse commestibile; l’uomo gli portò poco dopo una porzione di riso al curry e un bicchiere di thè verde. L’uomo di mezza età scrutò velocemente il giovane silenzioso davanti a se, mentre era intento a ordinare alcune bottiglie di liquore sugli scaffali.


- In genere non abbiamo molti visitatori da queste parti, se non contiamo i vecchi samurai che vivono nel paese del ferro o dei tizi poco raccomandabili che si trovano solo di passaggio… tu non mi sembri far parte di nessuna di queste due categorie, ragazzo. Che ci fai in questo luogo sperduto?

Kinji alzò per la prima volta il viso dal piatto, dando al suo interlocutore la possibilità di guardare bene negli occhi il ragazzo dagli occhi d’ebano.

- Diciamo che sono in viaggio…

- Questa non è una zona turistica, e non è neanche una meta di passaggio, ma a giudicare dal via vai che c’è stato in questi ultimi giorni, sembra che lo stia diventando. Ahahah! Ho visto molta gente passare da queste strade dimenticate dai Kami, chissà, forse sono tutti interessati alla leggenda!

Non gli piaceva particolarmente il comportamento di quell'uomo, troppo in confidenza per i suoi gusti, ma lo lasciò parlare, mentre finiva il suo misero pasto in fretta. Lo incuriosiva sapere di cosa l’anziano stesse parlando, seppur fosse un argomento qualsiasi del folklore locale.

- Tu sei un forestiero e probabilmente non lo sai, ma per uomini come me e quei due laggiù cresciuti da queste parti, la leggenda del monte Morondor è più di una favola! Si dice che sulla cima di quel monte, il più alto della catena montuosa che costeggia il confine e che si può ammirare da qua fuori, vi siano delle creature tanto fiere quanto maestose: i rapaci! I signori dei cieli che solo in pochi dicono di aver visto davvero, ma ovviamente sono tutte voci.
Eppure tutto questo movimento mi fa pensare che ci siano molti sciocchi pronti a morire pur di scoprire se il mito equivale alla realtà… dì un po’, non sarai anche tu così stupido da recarti li solo per vedere se è tutto vero?


L'Uchiha finì bruscamente di mangiare, lasciando il cucchiaio nel piatto quasi vuoto, e bevendo fino all'ultima goccia della bibita servitagli; dopodiché prese delle monete dalla sacchetta tintinnante che si portava dietro e le lasciò sul bancone.

- Grazie per il pasto.

Questo potrebbe essere esattamente ciò che stavo cercando. E’ solo una leggenda, ma vale la pena scoprire se è tutto vero o è solo una semplice voce di corridoio che quel vecchio ha voluto insinuare nella mia mente. In fondo che ho da perdere? E’ la montagna più alta della catena montuosa, quindi, nel caso non dovessi trovare nulla di mio interesse, sarà stata lo stesso una sfida abbastanza stimolante!

Il lungo kimono bianco dai ricami rossi svolazzava al vento, lasciando che quella figura tanto misteriosa quanto irrequieta si lasciasse dietro la locanda così in fretta come quando era entrata, senza dare una degna risposta al suo interlocutore. Kinji era pronto a mettersi alla prova, e con questo nuovo interesse verso la verità che nascondeva la cima del monte Morondor, si mise in marcia per scalarlo.
 
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Ashitaka
view post Posted on 20/3/2014, 16:53     +1   -1




//
Narrato
Parlato
Pensato
//


Et...Et...Etciù!!

Mitsunobu si svegliò di soprassalto a causa del suo stesso starnuto imprecando contro il clima inospitale del Paese della Pioggia, che aveva lasciato quattro giorni prima.

Ma chi diavolo me l'ha fatto fare? Cosa pensavo di trovare in un posto dimenticato dai Kami come questo? Lo sapevo che sarei dovuto andare verso est, a Kiri o a Kumo...odio questo stramaledettissimo posto e detesto ogni sua dannatissima pietra, sasso o rovina che sia!

In realtà il suo non era che un cinismo di facciata, visto che sapeva benissimo perché aveva scelto quel percorso: la guerra nei paesi Orientali era terminata da poco, e l'Aburame aveva preferito sceglierli come ultima tappa del suo viaggio.
Si alzò in piedi e si stiracchiò.

Aaah...sono tutto indolenzito! Ma gli abitanti di questa regione non pensano ai poveri viaggiatori?

Aveva vagato per gran parte della notte precedente alla disperata ricerca di una locanda, di un ostello o di un qualsivoglia posto dove avesse potuto dormire finché, morto di stanchezza e con le gambe doloranti, si era steso sulla dura roccia e si era addormentato.
Si sgranchì leggermente i muscoli doloranti e osservò il paesaggio desolato dell'Ishi no Kuni che rifletteva la fredda luce dell'alba.

È il mio diciassettesimo giorno di viaggio e ancora non ho concluso niente, forse dovrei tornare a casa... Pensò sconsolato E inoltre...con tutto il dannatissimo tempo che ho a mia disposizione...proprio a quest'ora bestiale dovevo andarmi a svegliare?

Si mise in piedi allungando le braccia davanti a sé e subito un piccolo sciame di insetti apparve dal nulla ed entrò nelle maniche della sua felpa.

Uno dei vantaggi di essere un Aburame è che non puoi mai essere colto di sorpresa. Rifletté.

Poi, dopo che anche l'ultimo membro del suo "corpo di guardia" fu rientrato, mandò in esplorazione un'altra decina di gruppi di Kikaichuu in modo da poter prendere il sentiero più facile e da evitare incontri sgraditi.

È proprio come controllare un'esercito...certo è più piccolo e più numeroso di qualsiasi esercito umano, ma è comunque un esercito.

Si appoggiò con la schiena ad un grosso masso e si lasciò scivolare a terra, dopo di che aprì la sua sacca da viaggio: era il momento di fare colazione, cosa che avrebbe volentieri evitato.
Le sue scorte di cibo erano finite da un paio di giorni, non avendo trovato alcun luogo in quel posto desolato dove rifornirsi, e le sue provviste consistevano attualmente in alcuni pezzi di pane raffermo e un sacchetto contenente le famigerate "pillole alimentari" di sua madre: palline di media grandezza fatta di materiale nero e molliccio.
Mangiarne una voleva dire saltare un pasto sia per il loro grande apporto energetico, sia per il loro orribile sapore, secondo chi le aveva preparate erano squisite, secondo lui assomigliavano alle palline di sterco degli scarabei.
Ne ingoiò una intera quindi si mise a sbocconcellare un pezzo di pane e, per evitare di concentrarsi troppo su ciò che stava ingoiando, si mise a pensare a ciò che lo aveva portato in quel posto sperduto.
Dopo aver riottenuto il suo sciame di Kikaichuu ed aver imparato a controllarlo, Mitsunobu aveva impiegato tutto il suo tempo ad aumentare l'affinità coi suoi insetti e a studiarne le proprietà, comprendendone punti di forza e debolezze.
In breve tempo aveva capito che, per quanto potessero sembrare temibili, erano creature estremamente delicate soprattutto per quanto concerneva l'acqua e il fuoco: cominciò allora a tentare i primi esperimenti di ibridazione di Kikaichuu con altre specie in modo da renderli più resistenti, ma tutti i suoi tentativi con gli insetti del paese del fuoco erano miseramente falliti, in compenso aveva scoperto che nel suo clan esisteva un vero e proprio gruppo di ricercatori su queste possibilità e, dopo essersi confrontato con loro, con suo padre e col capoclan, era partito in un lungo viaggio alla volta di tutte le terre conosciute alla ricerca di una specie che, accoppiandosi con gli insetti devastatori, avrebbe potuto rafforzarli.
Dopo aver attraversato il paese del fuoco, aveva soggiornato a lungo nel Paese della Pioggia, la cui fauna di insetti era enorme e varia, soprattutto per quanto riguardava gli insetti abituati all'acqua, ma dove non era riuscito a concludere nulla, eccettuato il fatto di aver preso un brutto raffreddore.
Chiuse gli occhi sospirando e appoggiò la testa alla roccia retrostante.

Ce la farò. Quando tornerò a casa, sarò il primo tra gli Aburame ad avere degli insetti capaci di sopravvivere all'acqua.

Fece per alzarsi quando notò, poco lontano, un qualcosa verdeggiare.

È la prima forma di vita che vedo da quando sono qui...che sia un buon presagio?

Quando si avvicinò, si dovette trattenere dal mettersi a ballare per la felicità: era un arbusto accanto al quale sgorgava una sorgente di acqua limpida e pura e inoltre sullo stesso cespuglio crescevano delle bacche color cremisi, della dimensione di uno spillo.

Bacche di Chiko, al diavolo è la prima cosa positiva che mi accade da quando sono partito per questo maledetto viaggio!

Ne colse una e la mangiò, assaporando con gusto il succo asprigno che gli tolse di bocca l'orribile sapore della sua colazione, quindi si inginocchiò, bevve, riempì la borraccia e si sciacquò la faccia, osservando il suo riflesso: era appena un ragazzino, dalla faccia scarna e dai capelli disordinati che cadevano in grosse ciocche marroni sul volto, la cui carnagione pallida entrava in contrasto con i suoi grandi occhi marroni.

Ora basta indugiare, è ora di ripartire.

Si rimise gli occhiali scuri propri del suo clan, si allacciò strettamente il coprifronte sulla bocca, recuperò la sua sacca e, una volta che tutti gli sciami mandati in esplorazione tornarono, si mise in marcia.


Shiawase wo tazunete watashi wa yukitai
Ibara no michi mo itetsuku yoru mo
Futari de wakatte yukitai...



Canticchiava a mezza voce, seguendo il gruppo di Kikaichuu che svolazzava davanti a lui, facendogli strada in quel labirinto di roccia e di rovine: senza di loro si sarebbe sicuramente perso.

Che strano...sono in viaggio da quasi tre settimane, le mie ricerche si sono rivelate fallimentari, sto camminando in un posto totalmente desolato e labirintico, ho le ossa peste e sto morendo di raffreddore eppure...sono contento.

Viaggiò per tutta la mattina e fu solo quando il sole allo zenit gli stava per ricordare che tra poco lo avrebbe aspettato un altro dei suoi temibili pasti, che vide un centro abitato: euforico, lo raggiunse e si fiondò al primo chiosco del Ramen che vide.
Il cibo non era certo paragonabile con quello di Konoha, ma dopo giorni di pane secco e pillole alimentari, quel brodo caldo gli sembrò degno di un daimyo.
Una volta sazio, pagò e si girò verso la strada, osservando le poche persone che vi passavano: erano per lo più tipi dall'aria losca e viaggiatori vestiti in modo strano, come quello che si stava affrettando da qualche parte lasciando svolazzare il suo kimono bianco e rosso, ma fu il paesaggio a lasciarlo veramente incantato: tre cime maestose, di cui una alta al punto che la cima era invisibile tra le nubi, si stagliavano sul paesino come tre giganti, in tutta la loro magnificenza.
Sarebbe rimasto a guardarle incantato per ore quando una voce dietro di lui disse:

Magnifiche vero? Sono l'orgoglio del nostro povero villaggio. Era stato l'anziano proprietario del chiosco a parlare Girano molte leggende su quelle montagne, si dice che siano abitate dalla nobile stirpe dei rapaci, che da lì osservano il mondo e prevengono le ingiustizie. Poche persone vi ci sono avventurate, lì il clima è talmente rigido che...

Il giovane, sebbene fosse abbastanza seccato per la rottura del suo stato di quiete, domandò:

Pensate che ci possano essere insetti là in cima?

La faccia rugosa e simpatica si aggrottò, riflettendo, poi disse

Beh, perché no, in fondo...

Ma il Genin non lo ascoltò era già corso alla volta delle montagne.

Se lassù qualche insetto riesce a sopravvivere Pensò Vuol dire che è in grado di resistere a un numero di gran lunga maggiore di minacce rispetto ai miei Kikaichuu...potrebbe essere la conclusione della ricerca!

Fu solo quando il sentiero si fece più ripido che Mitsunobu si fermò, rilasciando di nuovo gli insetti per esplorare i dintorni.
Una volta che il suo sciame fu pronto a guidarlo, riprese canticchiando il cammino.


Donna kujike souna toki datte
Keshite namida wa misenaide
Kokoro nashi ka houchou ga hayaku natte iku
Omoide kesu tame




//gdr-off
Per amor di precisione, i versi della prima canzone vogliono dire "voglio andare in cerca della felicità. /Voglio attraversare sentieri tortuosi / e passare notti gelate con te."
Si può ascoltare qui.

nella seconda vogliono dire "Non importa se siano tempi difficili / Non mostrerò mai una lacrima / ma senza cuore accelererò il mio passo / per liberarmi dei miei ricordi."
Ed è questa//
 
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view post Posted on 23/3/2014, 22:16     +1   -1
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Steins;Gate ~

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*Pochi giorni dopo l'incontro con l'Hokage, un falco messaggero giunse improvvisamente sino alla lussuosa residenza della fanciulla dai lunghi capelli cobalto e i magnifici occhi bianco neve. Legato accuratamente alla zampa destra portava un rotolo di pergamena ben sigillato, indirizzato proprio alla Hyuga che, di ritorno da alcune commissioni del tutto personali, nello stesso momento stava varcando la cancellata in ferro dell'abitazione. Il fischio acuto del magnifico volatile aveva attirato sin da subito la sua attenzione, e quand'ella allungò un braccio in sua direzione questi planò e vi s'appollaiò, artigliando malamente la stoffa degli scaldamuscoli. Con un'appena accennata smorfia di disappunto per l'evidente strappo, la fanciulla Hyuga staccò delicatamente il rotolo dalla zampa dell'uccello e lo lasciò libero di librarsi in volo per far ritorno dal suo padrone. Avvicinandosi dunque alla porta d'ingresso, spinta dalla curiosità, srotolò la pergamena leggermente sgualcita e ne lesse mentalmente il contenuto. Quella lettera era indirizzata proprio a lei e mentre ne leggeva le righe, scritte con una calligrafia piuttosto frettolosa, ebbe come un mancamento. D'un tratto il cuore le prese a battere con sempre maggior veemenza, le mani che stringevano la carta cominciarono a tremare leggermente e delle lacrime prepotenti le salirono sino agli occhi candidi. L'impensabile mittente la stava avvertendo d'essere già partito per raggiungere ancora una volta il Bukigami, luogo che per lei era divenuto sinonimo di terrore e rimorso, alla ricerca d'un qualcosa che potesse smuovere il suo animo tormentato immotivatamente dai rimorsi. Un forte senso d'abbandono l'assalì, nonostante il messaggio trasudasse rammarico ad ogni parola per il poco preavviso. Quello che tentava d'attraversare con una certa dignità era un periodo piuttosto fragile per la fanciulla, colpevole sino a prova contraria non solo della morte di parecchi innocenti e compaesani, ma anche e sopratutto dello smarrimento dell'uomo che le aveva scritto. Col capo basso e un orribile tremore alle membra entrò mesta nell'abitazione, per poi dirigersi al piano superiore e giungere infine in camera sua. Non una parola, non un rumore: nessuno l'aveva notata. Chiuse la porta alle sue spalle e ci si lasciò andare contro di schiena, serrando gli occhi carichi di lacrime e facendosi scivolare sino al pavimento. Soggiogata nuovamente dai sensi di colpa e dall'irrimediabile pensiero d'aver rovinato ogni cosa, pianse a lungo, stringendo aspramente la pergamena fra le mani.
A seguito dell'episodio, la Hyuga riprese gli allenamenti. Nonostante il cuore fosse muto e la mente le suggeriva di lasciarsi andare al rimorso e al dolore, impegnare i muscoli aveva il duplice beneficio di scacciare dalla sua testa le negatività -anche se per poco- e di mantenere in forma quel suo corpo agile e snello. Sovente s'addestrava sotto la guida del padre, di cui aveva deciso di seguire le orme..ma altrettanto spesso si trovava ad esser sola e in quelle occasioni preferiva recarsi alla magnifica oasi naturale nascosta nel folto della foresta dietro casa sua. Lo scrosciare imperterrito delle acque in movimento, che dalla parete scoscesa s'accavallavano sino a immergersi violentemente in quelle più statiche del lago sottostante, la rilassava e la faceva sentire protetta. Raggiungeva sempre quel luogo, quando qualcosa non andava. In quella circostanza, era anche il posto perfetto per provare qualche movenza e testare la forza dei suoi palmi contro le acque della cascata. Liberata dei suoi indumenti ingombranti e delle spade che l'appesantivano, danzava scalza sul limitare della superficie bagnata del lago che, seguendo quei movimenti eleganti, danzava anch'essa in onde concentriche. Quando fu completamente soddisfatta del risultato, preparò il chakra e lo canalizzò sui palmi che fece abbattere contro le acque scroscianti. La potenza del suo junken era in grado di aprire delle cupole d'aria sempre più grandi, mentre i suoi colpi si facevano inspiegabilmente sempre più veloci e rabbiosi. Digrignò i denti per lo sforzo e per la sensazione montante di frustrazione, mentre la sua mente traditrice le faceva rivivere in flash tutto il male che era stata costretta a commettere. Strizzò gli occhi, gonfiati minacciosamente verso le tempie a causa del Byakugan, nella speranza di frenare quelle immagini tremende e quella disastrosa voglia di colpire con foga quella parete acquatica come fosse un riflesso delle sue colpe. D'un tratto però fu costretta a fermarsi, allarmata da una presenza alle sue spalle ch'ella non si sarebbe mai aspettata di rivedere. Con un movimento improvviso, si voltò in direzione dell'intruso e si preparò a scattare per immobilizzarlo ma la visione che ebbe la lasciò spiazzata. Quell'uomo, lo stesso che l'aveva salvata portandola all'ospedale del Konogakure No Sato dopo l'avvelenamento, stava liberandosi degli spallacci, della maglia e degli stivali per rimanere a petto nudo e imitare così la kunoichi.
*

C-cosa..?!

*Tentò di chiedere la fanciulla, evidentemente imbarazzata. Dal canto suo, lo Hyuga appena arrivato l'interruppe con un semplice gesto.*

Non interrompere quello che stavi facendo, continua.

*Le suggerì, posizionandosi per ricevere il colpo. La fanciulla dai capelli cobalto lo ammirò con una nota di straniamento dipinta sul viso.*

(Vuole che lo colpisca? Perchè..? Cosa vuole ottenere?)

Non pensare al perchè un perfetto sconosciuto voglia farti l'onore di essere il tuo fantoccio per questa rabbia che porti dentro al cuore, colpisci e basta.

*Proruppe, interrompendo quei suoi pensieri come se avesse ascoltato mentr'ella s'esprimeva a voce alta.*

Non è questo.. è che.. non capisco..

*Accennò ad un sorriso, nell'ascoltare il dubbio insito nelle parole della giovane. Conosceva quel dolce fiore, quell'orgogliosa ed elegante creatura dalla pelle d'avorio dell'animo di una guerriera. L'incertezza la faceva dubitare, la sua bontà la faceva esitare nel colpire. Ma quell'uomo del mistero, scolpito dallo scalpello d'un abile artista, sapeva come saltare l'argomento e spronare la più piccola a fare quello che lui desiderava. Osservarla nell'ombra per così tanto tempo aveva avuto i suoi frutti, talvolta ottimi, talvolta amari.*

Diciamo che questo è il prezzo che ti chiedo di pagare per averti salvato la vita. Ti prometto che non me ne starò soltanto a ricevere, ma tu non devi esitare.

*Nell'incertezza, la fanciulla abbassò lo sguardo e trasse un profondo sospiro. Non riusciva ancora a trovare il nesso tra la richiesta dell'uomo Hyuga dai capelli color pece e il "risarcimento" che gli doveva per averle salvato la vita. La richiesta era più che bizzarra, ma ella non poté fare altro che ottemperare ad essa e prepararsi all'azione. L'uomo fece la stessa cosa, sorridendo mentre sulle tempie i capillari prendevano a rigonfiarsi per far posto all'abilità innata. Aveva ottenuto quello che voleva e la più piccola lo scrutava come se volesse trovare il punto debole. Secondi interminabili si susseguirono nel silenzio, interrotto soltanto dallo scrosciare imperterrito delle acque.. poi la Hyuga dai capelli cobalto partì all'attacco e con foga sempre crescente combatté una battaglia dalle tinte più personali che altro. Nessuno dei due risparmiava colpi, ma l'uomo cercava sempre di non farle alcun male. Il compito impostogli dal destino non era il frenante principale, ma l'amore platonico ch'egli provava per quella semplice creatura non gli avrebbe mai permesso nemmeno di pensare di torcerle un capello.
Passarono delle ore, intense e stancanti per entrambi, ma alla fine fu lei ad atterrare lui. Col respiro corto per la fatica e un sorriso compiaciuto dipinto sul bel volto imperlato di sudore, la kunoichi raggiunse la riva in compagnia dell'uomo ed entrambi si lasciarono andare al suolo. Era soddisfatta di quello sfogo fisico, di quell'allenamento senza inibizioni. Superare il suo limite le fece superare anche la negatività e la fece, in qualche modo, sentire più utile. Doveva ringraziare quell'uomo misterioso, poiché per la seconda volta l'aveva salvata.. e questa volta da se stessa. Entrambi parlarono a lungo del più e del meno, dei colpi sbagliati e di quelli andati perfettamente a segno, dell'esperienza e dell'infanzia. Per l'uomo Hyuga, conoscere i dettagli d'una storia che conosceva a grandi linee fu fonte di gioia incommensurabile; per la fanciulla, scavare nel passato del più grande era un soddisfacimento.. ma quand'ella arrivò a chiedergli della svastica uncinata che macchiava la sua fronte e che egli mostrava senza preoccuparsi del suo significato di schiavitù, il timore reverenziale per un argomento così altamente delicato si mischiò al disgusto. Quel simbolo gli era stato impresso nella fronte all'età di pochi anni da un uomo che nemmeno conosceva, che senza rimorso alcuno l'aveva condannato a servire un membro della casata principale come il resto della sua famiglia.
*

..E' orribile..

*Proferì in un sussurro, ascoltando la sua storia con un trasporto unico. Come poteva un uomo condannare alla schiavitù un bambino e la sua famiglia? Che diritto aveva, un uomo, di decidere della libertà di alcuni piuttosto che di altri? Non riusciva a concepirlo.. e la disgustava il pensiero che all'interno del suo clan d'appartenenza, che ella aveva sempre lodato come unico nella sua disciplina e integrità morale, potesse essere artefice d'una miserabile distinzione.*

Si, lo è. Ma in un certo senso, io sono stato fortunato..

*Le confessò, guardandola intensamente in quegli occhi candidi ch'erano tanto simili ai suoi eppure più lungimiranti. Le sue labbra erano piegate in un sorriso dalle tinte bonarie, che gli illuminava il volto contrito a causa della fatica. Chiunque avesse avuto un minimo di ingenuità in meno avrebbe compreso che la fortuna di cui parlava quell'uomo era proprio davanti ai suoi occhi, ma non la fanciulla dai capelli cobalto che s'era convinta inconsciamente ch'egli fosse soltanto un amico e che non credeva che qualcuno potesse proteggerla solo perchè impostogli da una autorità. La Hyuga sorrise amaramente all'affermazione, e distolse lo sguardo dopo pochi istanti. Non aveva il coraggio di guardarlo negli occhi, quand'ella stessa avrebbe potuto togliere da essi la sfavillante luce della vita.*

I-io.. ho paura di questo "potere".. non voglio essere una carnefice come lo è stato quell'uomo per te..

*Ammise, guardandosi le mani come se esse potessero essere delle armi pronte ad esplodere in tutta la malignità d'un clan spaccato in due. L'uomo gliene afferrò una senza preavviso, e con grande sorpresa della più piccola egli se la passò sul viso in una carezza.*

E' questo quello che puoi farmi con queste mani, soltanto questo.. tu non sei una persona malvagia, Setsuna-san. Riesco a riconoscere quando qualcuno lo è. Sei spaventata, insicura.. temi che quello che è capitato possa ripetersi con più asprezza e che, questa volta, tu sia al centro della vicenda. Ma non lo faresti mai.. non faresti mai del male a qualcuno senza un motivo ben preciso. M'è bastato osservarti, per capirlo.

*Cercò di rincuorarla, e la giovane Hyuga reagì con un timido sorriso.*

Sai, quando feci il mio ingresso al clan conobbi un certo Chuichi.. era come te, in un certo senso. Anche lui portava la svastica uncinata senza vergognarsi di mostrarla. Ricordo che gli dissi la stessa cosa, che mi disgustava che il nostro clan potesse aver commesso certi crimini verso i nostri fratelli e sorelle. Ebbi una visione di ciò che avvenne ai tempi, di come funziona quel simbolo e di quello che un membro della principale è in grado di fare se lo volesse. Avrei avuto voglia d'urlare, di tagliare le mani a quegli uomini scellerati per impedir loro di far del male ai marchiati.. ma ero una semplice spettatrice. Nobuhisa-sama mi fece vedere tutto.. quel piccolo ladruncolo di coprifronte..

*Gli raccontò, sorridendo a quell'ultima affermazione. Quel bellissimo rapace dal particolare piumaggio era stato tanto un elemento fastidioso quanto un mentore, durante il suo addestramento al clan. Avrebbe tanto voluto parlare con lui su questo argomento, capire come funzionasse la selezione e comprendere meglio cosa significasse quella svastica uncinata, oltre che alla schiavitù.*

Nobuhisa..?

Si, stava sempre sulla spalla di Chuichi-sama.. era un volatile alquanto particolare, fastidioso a tratti, ma quando lo guardavo rimanevo ammaliata dallo splendido piumaggio e da quei suoi occhi intelligenti. Nella mia visione era un vecchio maestro di Chuichi e di Ayame, la ragazza che Chuichi è costretto a proteggere. Avrei voluto chiedergli di più, conoscere meglio la situazione.. ma non ne ho mai avuto il tempo..

*Confessò. L'uomo non smetteva un attimo di ascoltarla, osservandola nel volto per carpire ogni minima emozione che quella giovane donna trasmetteva inconsciamente attraverso quei suoi occhi magnetici.*

Sai, esiste una leggenda.. forse di poco conto.. su dei maestosi volatili che vedono e sentono tutto setacciando i cieli in libertà sin dalla notte dei tempi..

Sul serio?

Si, si dice che dimorino sulla cima del monte Morondor.. la vetta più alta della catena montuosa al confine tra il paese della roccia e quello del ferro. Se la leggenda fosse vera, il tuo Nobuhisa dovrebbe conoscere il posto..

*Un’intensa luce attraversò gli occhi candidi della più giovane, che aveva finalmente ritrovato la speranza di far luce su un argomento scottante ma di suo completo interesse.*

Potresti spiegarmi meglio dove si trova questa catena montuosa..?

Non vorrai raggiungerla, vero? E' solo una leggenda..

Beh, diciamo che se la leggenda è vera avrò modo di parlare nuovamente con Nobuhisa-sama o di farmi indicare dove si trova; in caso contrario avrò fatto un bel viaggio e una bella scalata.

*Un sorrisino compiaciuto le illuminò il viso, adesso forte d'un obbiettivo importante che la spronava a dare il massimo. L'uomo sospirò. Doveva aspettarselo che quella ragazza istintiva avrebbe subito raccolto la palla al balzo per far qualcosa di sconsiderato. Suo malgrado, però, gli spiegò nel dettaglio dove si trovasse la catena montuosa della leggenda e dopo un po' di conversazione extra, i due Hyuga dovettero salutarsi. L'uomo sarebbe rimasto nuovamente nell'ombra, eppure adesso quella giovane gli aveva dato un po' della luce che probabilmente meritava d'avere. L'avrebbe seguita anche in quell'occasione, mantenendosi a distanza di sicurezza per non essere visto, e l'avrebbe protetta a costo della vita.
Quand'ebbe finito i preparativi per il viaggio, la giovane dai capelli cobalto e gli occhi bianco neve partì alla volta del monte Morondor. Il viaggio sarebbe stato lungo, ma nessuno le correva dietro e il tempo non era ne amico ne nemico. L'avrebbe raggiunto col suo tempo, ne avrebbe scalato la vetta.. e forse avrebbe avuto delle risposte. La solitudine non la spaventava, eppure di tanto in tanto veniva a bussare alle porte del suo cuore.
*

(Aspettami, Nobuhisa-sama. Ho tante cose da chiederti..)

 
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view post Posted on 24/3/2014, 21:27     +1   -1
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Quel giorno, Arashi si svegliò con un sorriso sulla bocca e gli occhi scintillanti. La sfida che lo attendeva era decisamente superiore a quelle che aveva affrontato negli ultimi giorni. Sarebbe stato difficile, ma credeva di essere pronto: tutto ciò che faceva da giorni era stato funzionale solamente al raggiungimento di quell'obiettivo, di quella meta, di quella vetta. Uscì dal rifugio improvvisato che aveva costruito per la notte, stiracchiandosi e osservando il sole già alto e il cielo azzurro. Era in pace, in quel luogo sperduto del Mondo Ninja dimenticato dagli uomini. Era tranquillo, senza doveri nè obblighi, i pesi che opprimevano il suo cuore adesso si trovavano all'altro capo della Terra. A Kiri, lontana mille e più miglia; a casa, che lo avevano visto partire irrequieto per l'ennesima volta; al cimitero, dove aveva dato il solenne e ultimo addio ai caduti in battaglia, ai suoi amici, ai suoi compagni, ai suoi fratelli in arme. La lunga guerra era finita già da tempo, ma era stato necessario attendere affinchè le cose tornassero alla normalità... così non era stato per tutti. Il Kaguya era tornato a Kiri dopo la battaglia campale di Kumo in condizioni pietose: aveva ferite gravi su tutto il corpo, arti slogati e le gambe immobilizzate. Quest'ultimo era, ovviamente, il problema peggiore perchè non c'era garanzia alcuna che guarisse con il solo scorrere del tempo... E mentre era ricoverato presso l'ospedale di Kiri, ecco che era giunto il momento del quale non si sarebbe più dimenticato per tutta la sua vita...

CITAZIONE
Seduto sul letto, il ragazzo osservava fuori dalla finestra con occhi vuoti: il paesaggio non era granchè, solo qualche edificio che spuntava dalla nebbia come antiche rovine di un tempo dimenticato, e il cielo si mischiava all'orizzonte con il grigiore della chiara caligine. Le gambe fasciate, lo shinobi pensava a quale sarebbe stato il proprio futuro: come poteva continuare la sua carriera, dopo quel tremendo infortunio? E allo stesso tempo, come poteva arrendersi? In questi casi, si sa, è il destino che decide se dare una mano allo sventurato oppure spingerlo ancora più a fondo nel baratro della disperazione. Per una volta, però, il giovane aveva fortuna. La porta si aprì e suo padre fece capolino nella stanza: nonostante si mantenesse contrito per rispettare la gravità delle condizioni del figlio, si vedeva chiaramente che sprizzava felicità da tutti i pori. Si affacciò, attirando l'attenzione del ragazzo distratto.

Ehi... Qui c'è qualcuno che vorrebbe dirti due parole.


E si spostò, facendo entrare una persona che il ragazzo mai aveva visto prima. Un uomo sconosciuto, ma l'aspetto tradiva il suo carattere: un "grigio funzionario", freddo nei modi, latore di notizie da parte delle alte sfere. In sostanza, per lui c'era un messaggio direttamente dal Mizukage.


Ah-ehm... Arashi Kaguya, in virtù del tuo ottimo comportamento durante la guerra contro il Demone Watashi e in special modo durante lo scontro finale alla fine di questa, è state presa una decisione riguardo il tuo stato nel Villaggio: ti informo che da oggi in poi tu sarai annoverato tra i Chunin di Kiri.


Gli occhi del ragazzo si spalancarono increduli, mentre l'uomo gli porgeva il giubbotto simbolo del suo nuovo grado, finchè non uscì... e lo sguardo di Arashi si abbassò, perdendo quell'entusiasmo di pochi istanti prima. Kazuho rientrò e, alla vista del figlio sconsolato, si avvicinò e tentò di rincuorarlo con una pacca sulla spalla.


Dai, Arashi, non sei contento della promozione? Te la sei meritata, hai fatto davvero un buon lavoro e ci sono molti che possono testimoniarlo proprio grazie a te!


Papà... Non vedi in che condizioni sono? Come posso definirmi Chunin -no- Shinobi di Kiri se non riesco nemmeno ad alzarmi da questo lettino con le mie sole forze? Cosa posso fare adesso?


Non preoccuparti, figliolo, quello mi sembrava ovvio quindi ci ho già pensato... Vorrei presentarti una persona, un mio amico: il dottor Shibasa.


Ancora una volta, dalla porta entrò un nuovo personaggio su cui gli occhi verdi del Kaguya non si erano mai posati prima, un anziano signore in camice che portava una valigetta dal contenuto probabilmente medico. Fece un cenno di saluto con la testa verso padre e figlio, avvicinandosi a quest'ultimo con fare esperto. Tirò fuori i suoi strumenti, si chinò, appoggiò la mano sull'arto immobile del giovane, fece qualche controllo. Quando si rimise in posizione eretta, aveva già pronto un primo responso.


Ragazzo, sei ridotto piuttosto male... ma niente che non si possa risolvere.


Arashi sorrise e i suoi occhi si illuminarono: c'era ancora speranza, poteva tornare di nuovo a camminare, correre, combattere!


Raccolse tutte le sue cose e le ripose dentro lo zaino che si era portato dietro. Tra il Paese del Ferro e il Paese della Pietra, là si trovava in quel momento. Nei giorni precedenti, aveva sfidato il suo corpo a una gara di resistenza vedendo fino a che punto sarebbe arrivato dopo la riabilitazione: aveva scalato rupi e raggiunto cime, raccolto fiori sull'orlo di un precipizio e arrivato quasi a toccare il cielo con un dito... Ma per lui, questo non era abbastanza. Per tutto il tempo, aveva avvertito un'ombra sopra di sé, l'imponente spettro di un monte che pareva indomabile e che intralciava la vista verso la limpida volta celeste. Una presenza sottile, ma invasiva. Per niente gentile, da parte sua. E già dal primo giorno, l'obiettivo di Arashi era stato chiaro: avrebbe dominato quella bestia selvaggia e tuttavia quieta, ma anche opprimente, e l'avrebbe dominata prendendola per le redini. Sarebbe arrivato fino al cielo.
Si incamminò, con in spalla lo stesso zaino che lo aveva accompagnato fin da Kiri: si trovava all'altro capo del Mondo Ninja, del resto. Non solo una vacanza di piacere, non solo un addestramento che avrebbe portato all'estremo il corpo, ma anche e soprattutto un modo per lasciarsi definitivamente la guerra alle spalle e abbandonare quell'ospedale che conteneva in sé troppi ricordi spiacevoli. E l'unica formula con la quale aveva potuto convincere il dottor Shibasa era stata proprio quella, un viaggio alla scoperta dei suoi limiti e delle sue potenzialità -con la promessa di non esagerare, pena l'eterna reclusione fino alla completa guarigione- poichè avevano proibito che gli fosse assegnata una missione. Eppure era un Kaguya, sarebbe guarito in fretta... anche se i primi giorni non era stato così facile. Dall'alba al tramonto sofferenze, dal tramonto all'alba insonnia. Eppure, lo avrebbe fatto di nuovo, altre cento volte, pur di non rimanere in quella condizione umiliante per il suo essere Kaguya, shinobi, uomo.

CITAZIONE
Allora ragazzo, devi capire che la guarigione è un processo particolare... Non è l'abilità del dottore a rendere certa la cura, ma il corpo del paziente e la sua determinazione -e nel tuo caso vale più che in altri. È un po' come quando hai il cuore spezzato: non importa quanto i tuoi amici ti confortino -certo, è un ottimo palliativo, ma non fondamentale- è necessario che sia proprio tu a decidere di voler andare avanti e ricominciare da zero.
Bene Arashi, ti senti pronto?


Al cenno di assenso del giovane, le mani di Shibasa si erano ricoperte di chakra medico verde-azzurrino. Lo aveva avvertito, sarebbe stato doloroso. Glielo aveva proposto, di prendere un antidolorifico. Ma l'orgoglio di Kaguya aveva prevalso... e ora il dolore stava sopraffacendo l'orgoglio, mentre il chakra purificava dalle ustioni causate dal fulmine, riconnetteva legamenti sfregiati e rigenerava i tessuti lesi. Arashi strinse i denti con vigore, tentando inutilmente di non lasciarsi sfuggire nemmeno un gemito.
E così sarebbe stato ogni ora, ogni giorno, per le seguenti settimane; pian piano, aveva ripreso sensibilità degli arti inferiori, aveva ripreso a camminare, poi a correre. E così, aveva deciso di andarsene dal quel posto chiuso che puzzava di medicinali per migliorare il proprio stato psicofisico...


E la scelta era ricaduta proprio quella catena montuosa, che siera rivelata una sfida all'altezza delle aspettative fino a quel momento. Ora, lo aspettava la conclusione del suo viaggio, il suo epilogo in quella terra straniera e il termine del suo percorso di convalescenza.
Alzò di nuovo lo sguardo... Morondor. Sorrise sotto l'azzurro, traboccante di gioia. L'unico limite? Il cielo.
 
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Kira956
view post Posted on 25/3/2014, 22:39     +1   -1




La guerra era un lontano ricordo per molti dei sopravvissuti che erano tornati nella loro quotidianità. Le strade del villaggio di Konoha erano caratterizzate dall’incredibile varietà di prodotti che il mercato aveva da offrire, dalle donne che spendevano il proprio denaro e dai bambini che giocavano a “fare i ninja”, rincorrendosi per le strade. Talvolta si poteva incontrare un gruppo di shinobi che chiacchieravano e tutti – uomini, donne, bambini e ninja – sorridevano. Tutti si sentivano liberi.

Il colloquio avuto da Kira qualche settimana prima con l’Hokage, aveva permesso al ragazzo di andare avanti e di superare gli orrori della guerra, ma nemmeno Akane era riuscita a togliergli completamente i dubbi che in quel periodo riempivano la sua testa: da quando si era concluso lo scontro finale, era come se tutte le fondamenta su cui si basava il suo credo ninja fossero crollate, lasciando il ragazzo privo di motivazioni. Adesso che la pace era tornata, perché doveva continuare a lottare? Perché avrebbe dovuto sporcarsi le mani di sangue, vedere morire i propri compagni, lottare, soffrire, uccidere.. Perché?
Dubbi a cui l’Hokage aveva cercato di rispondere, ma il medico sapeva che quelle motivazioni ormai perse, avrebbe dovuto ritrovarle da sé. Non potevano essere gli altri a convincerlo a continuare ad essere un ninja: L’Uchiha possedeva il potenziale, era un talento che si era distinto durante la guerra tant’è che aveva ricevuto la promozione Chunin, ma aveva ancora voglia di continuare? Voleva proseguire per quella via?

Aveva udito con attenzione i consigli che la donna gli aveva dato ma le perplessità e i quesiti lo tormentavano e occupavano gran parte delle sue giornate. Aveva ripreso ad allenarsi e durante lo scontro avuto con quel ragazzo ai campi d’addestramento aveva creduto di aver ritrovato la voglia di fare ciò per cui era nato e cioè il ninja. Infatti si era ricordato le sensazioni che si provano durante uno scontro e la voglia di non arrendersi mai. Ma era appunto, solamente un addestramento, lì nessuno rischiava la vita, lì nessuno voleva fare davvero del male e aveva avuto lo stesso effetto di una scarica d’adrenalina: intensa, ma breve.

Negli ultimi giorni passati a meditare, le tante incertezze lo portarono a mettere in discussione anche le scelte passate: Aveva combattuto nell’esercito dell’alleanza per tutta la durata della guerra, non aveva mai lasciato il fronte come se avesse preso casa al campo base, aveva salvato tanto di quelle vite con le sue arti mediche, ma aveva anche visto morire tante di quelle persone che non riusciva nemmeno a contarle, e tutto questo per cosa?
*Per la libertà… Ho combattuto e ho sofferto per preservare la libertà di tutti gli uomini. Si, è stata La voglia di essere libero che mi ha spinto a lottare e a soffrire, è lì che devo trovare le motivazioni per tornare ad essere me stesso! Ma.. Allora, dato che abbiamo vinto la guerra.. Io, sono libero?*
Eccola! Era questa la chiave che avrebbe permesso al ragazzo di prendere una scelta, capire a pieno per cosa aveva combattuto e per cosa avrebbe voluto combattere.

Continuava a fissare il cielo azzurro mentre la sua mente spaziava da un luogo all’altro, da un quesito ad un altro cercando di creare delle certezze che ormai non possedeva più; Impiegò minuti, ore e forse giorni a capire il profondo significato della parola libertà perché sapeva che una volta capito cosa fosse, si sarebbe liberato di quella incertezza che lo incatenava rendendolo di fatto uno schiavo. Iniziò a credere che forse non si poteva essere liberi, che nessuno lo fosse o addirittura che la libertà non esistesse proprio. L’insicurezza, i suoi doveri da ninja, le istituzioni, il villaggio l’hokage.. Sentiva che tutte queste figure, in qualche modo lo imprigionavano nella monotonia e nella quotidianità rendendolo di fatto uno schiavo del sistema. E dato che non ne poteva più di rimanere in quello stato, la cosa migliore da fare era allontanarsi da tutto, un po’ come gli aveva consigliato l’Hokage. Questo non significava scappare per non tornare mai più, ma allontanarsi per poter vedere tutto da un’angolazione migliore e avere ben chiare le idee in testa.

Per le settimane successive divenne come un nomade spostandosi da Konoha verso ovest. Conosceva bene la mappa del mondo, ma a lui non importava quale fosse la sua prossima destinazione, sapeva che ogni esperienza che avrebbe avuto in quel viaggio sarebbe stata costruttiva per il suo futuro. Lasciati i confini del suo villaggio natale e del paese del Fuoco, si addentrò in un nuovo paese, il paese della pioggia. Le voci sul suo conto erano vere e meritava proprio quel nome, dato che il più delle volte il cielo era scuro e gli acquazzoni erano all’ordine del giorno. Camminò per delle grandi colline che caratterizzavano il paesaggio e di certo non era raro incontrare villaggi abbandonati, fortezze distrutte e altri resti della guerra. Soggiornò per circa due settimane nella casa di un vecchio che si trovava fuori dai villaggi principali di quel paese. L’abitazione in cui stette quelle settimane, si trovava in prossimità di alcune risaie appartenenti al vecchio contadino. Durante il soggiorno lo aiutava a lavorare, il più delle volte sotto la pioggia e durante le lunghe ore di lavoro, i due parlavano spesso e si raccontavano, a poco a poco, giorno dopo giorno. Nell’ultimo periodo della sua permanenza il vecchio decise di raccontare la triste storia del suo amato paese: in breve era la storia di un paese ricco che con gli anni è decaduto a causa dell’ignoranza, dell’egoismo e della stupidità delle persone che lo hanno governato. A fare da sfondo a questa caduto vi erano le continue guerre che gli abitanti hanno dovuto sopportare. Con le lacrime agli occhi, l’anziano gli parlò di come la sua vita venne stravolta: improvvisamente le esportazioni di riso diminuirono drasticamente lasciando la sua famiglia in gravi condizioni economiche. Dovette patire la fame e soffrire molto ma, dopo anni bui, adesso il paese si stava riprendendo anche se probabilmente non sarebbe mai tornato alla ricchezza di un tempo.
Kira:- Avete combattuto una guerra civile, vi siete scontrati con i vostri stessi fratelli, vi siete uccisi a vicenda.. per cosa? Avete distrutto un paese e aumentato le vostre sofferenze! Col senno di poi, secondo lei combattere è stato giusto?
…: Potrà piovere lì fuori, sulla terra, sulla strada, sulle cose… agli occhi degli stranieri potrà sembrare un brutto paese dove non batte mai il sole. Ma noi non temiamo la pioggia che bagna, ma quella che porta la tristezza nel cuore. Se piove, basta indossare il migliore impermeabile che hai per non bagnarti, così come quando sei triste, devi utilizzare l’arma migliore che possiedi per sconfiggere la tristezza. Abbiamo cercato di utilizzare il sorriso e far finta di niente ma non è bastato.. a volte, la lotta, il sangue…la morte! Sono cose necessarie. Non giuste, ne giustificabili, ma necessarie. Una cosa è certa, quella pioggia, quella che ti incatena e di distrugge lentamente, quella passa sempre! Ed il sole, lui è sempre presente dietro le nuvole. Sempre.
Non ebbe ne la forza ne la voglia di rispondere ad una visione tanto ottimistica del futuro e ad un pensiero così profondo. Non aveva risposto alla sua domanda ma non gli importava, davanti a se aveva l’esempio di un uomo che non lasciava scoraggiarsi dai terribili avvenimenti che gli erano accaduti. Aveva imparato molto da quel vecchio ma sapeva che quello era il momento di andare.

Pochi giorni dopo, si rimise in viaggio, sempre verso ovest. La strada scelta dal ragazzo lo portò a lasciare il paese della pioggia e ad approdare al paese della pietra. Ettari di terreno completamente desolati, resti di battaglie, villaggi distrutti e nessun segno di vita; così si presentava il paese della pietra. In realtà la vita si sviluppava all’interno delle grotte che venivano illuminate dal giochi di luci date dalle numerose gemme. Poteva sembrare un luogo incredibile ma Kira pensava che tutti quegli abitanti fossero come imprigionati, costretti a causa della guerra a nascondersi sottoterra. Stava male in quel luogo, non riusciva proprio a stare troppo tempo senza respirare aria aperta e senza osservare il cielo. Il soggiorno in quel paese infatti durò poco ma non abbastanza per approfondire la conoscenza con qualche abitante del luogo. Mentre per Kira quel posto era una prigione, gli abitati ne parlavano bene ed erano felici di vivere lì; loro nascevano, crescevano e morivano lì, sottoterra, era quella la normalità. Lì si sentivano liberi. Più passava il tempo e più si accorgeva come fosse versatile e di difficile comprensione il termine libertà; esso poteva assumere diversi significati e ognuno possedeva una libertà diversa rispetto all’altro.

Dopo pochi giorni, si mise in viaggio volendo lasciare il più presto possibile quel paese continuando verso ovest. Dai suoi ricordi il prossimo paese sarebbe stato quello del ferro, ma davanti a se non si presentò alcun sentiero. Dopo alcune ore di cammino il suo viaggio doveva momentaneamente concludersi perché un imponente catena montuosa bloccava il suo passaggio.
*Potrei aggirarla, ma non ho voglia di cambiare la mia rotta. Il mio cuore mi ha portato qui e fino ad adesso mi sono fidato di lui. Non importa ciò che dovrò fare, chi incontrerò o come farò. Proseguirò per il mio cammino.*
Il chunin pensava sempre più che la scelta di allontanarsi da Konoha era stata corretta, il suo viaggio proseguiva e la prossima tappa sarebbe stata quella imponente catena montuosa.
 
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view post Posted on 31/3/2014, 03:42     +1   -1




*Era passato molto tempo, troppo dall'ultima volta che Onimio aveva avuto il coraggio di lasciare il villaggio, quel posto che aveva ormai imparato a chiamare casa e che lo aveva reso libero. Ma da quando aveva intrapreso quel cammino, l'oscurità ed il vuoto che avevano portato Watashi nel suo cuore lo avevano quasi consumato, al punto da costringerlo a nascondersi come un animale ferito nei sotterranei di Oto finchè il Dio non fosse stato debellato. Solo a quel punto, il Kaguya potè ricominciare a respirare veramente, forte di una grande sofferenza passata e di un nuovo talento per certi versi abominevole.
Ma ricominciare a vivere non era affatto così semplice, difatti si sà, che dopo che affoghi, il primo respiro è il più doloroso.
Un po come il mondo tornava alla luce, così Onimio stava decidendo di affrontare i suoi demoni, per tagliare con il passato e potersi dedicare al suo unico futuro; futuro che voleva vedere ancora più libero.
Quel giorno il ragazzo aveva passato la notte insonne, intento a sognare ad occhi aperti su diversi cadaveri che custodiva gelosamente nel suo laboratorio. Sezionarli lo rilassava. Tutto nell'anatomia era lineare e semplice: ossa, tessuti, muscoli, capillari e nervi, ognuno di loro aveva una propria funzione e seguiva uno scopo. Ma tanto era grande la bellezza di quella semplicità, tanto era costretta alle leggi naturali. I limiti.
Limiti di forza, limiti di intelligenza, di tempo, di età e di sangue. La semplicità difatti racchiudeva in sè una minuscola ed infinitesimale complessità genetica, che sola era in grado di dettare le regole del mondo.
Questo era difatti ciò in cui il ragazzo credeva, assorto nei suoi complessi pensieri, mentre si dedicava a fare una sorta di punto della situazione su quello che era il suo stato personale.*


(Voglio liberarmi da tutto ciò che mi appesantisce... la grande oscurità finalmente se ne è andata e sento di poter andare avanti di nuovo. Quando venni per la prima volta ad Oto, dopo aver lasciato Kiri, mi sentii finalmente libero, ma poi persi Keiichi, la mia guida e le spalle che volevo seguire e dopo aver avuto conferma da Akane che non sarebbe più tornato....)

*Qui stava avvenendo un passaggio difficile, mentre pensava Onimio era passato a sezionare il cervello, con una precisione ovviamente chirurgica mentre andava ad asportare diversi pezzettini sostituendoli con altri come per cambiare le regole di un puzzle...*

(Capii che avrei dovuto fare affidamento solo su me stesso... e lì mi spezzai... per colpa di Watashi... ma adesso sto accumulando una conoscenza abbastanza grande da permettermi di avere un potere....)

*Poggiato il bisturi un suo indice incominciò a scivolare sulla materia grigia stimolandola con piccole scintille di chakra così da inviare messaggi nervosi al resto del corpo, che adesso si muoveva leggermente con pochi movimenti basilari ed espressioni del viso.*

(In grado di spezzare qualsiasi catena.... Dannazione)

*Da uno dei punti in cui il suo dito stava passando incominciò a fuoriuscire del fumo ed il corpo ritornò al suo stadio inerme di morte.*

(Ne ho rotto un altro... Ancora non riesco a mantenerli attivi per più di qualche minuto...)

*La sala in cui Onimio si trovava era disseminata di corpi, ognuno dei quali non aveva la benchè minima importanza. Si limitava ad usarli e poi a gettarli via. Era anche vero che alcuni corpi non "riusciva" ad utilizzarli e preferiva tenerli maniacalmente in una sua collezione personale, ma quello era tutto un altro discorso...*

(Ho sentito che a breve finalmente il corpo di Illya ripasserà per Oto... sembra quasi che il mondo mi stia invitando a sistemare le cose...)

* A quel pensiero in particolare, a quello del corpo della ex Mizukage che in verità non aveva mai avuto modo di conoscere, Onimio sembrò provare un immenso piacere, del resto una parte di lui sapeva, che doveva la sua libertà alla follia di quella ragazzina.
Ma per come rispettasse e per certi versi anche amasse quell'immagina insana di Mizukage alla quale in verità secondo lui doveva tutto essendo causa generante della sua situazione. Un ultima scheggia oscura era rimasta nel cuore di Onimio.
Scheggia che ancora lo faceva sentire imprigionato e non in grado di liberarsi dal suo passato. I Sette. Gli shinobi katana.
Lui per primo si era sentito tradito al momento della loro fuga, del villaggio non gli importava, ma si era sentito abbandonato e lasciato indietro; lasciato indietro da dei codardi.
E per quanto quello sembrasse un motivo puerile e lontano, non aveva mai lasciato la mente ed il cuore di Onimio, che in qualche modo sentiva di volersi vendicare per liberarsi da quel fardello. *


(E' passato molto tempo...E so bene che ormai saranno spariti o morti quasi tutti, ma voglio almeno cercare qualche indizio o risposta nell'unico luogo dove ho sentito che potrei trovarne...Morondor)

*Limitandosi a scaraventare anche l'ultimo dei vari corpi disseminati nella stanza in una botola scura dalla quale non proveniva il benchè minimo rumore, Onimio chiuse il laboratorio ed indossando un mantello nero che gli copriva anche buona parte del volto, si incamminò per i vari cunicoli sino ad uscire dal suo sotterraneo.
Il viaggio sarebbe stato lungo, ma la velocità era ancora il punto forte del Kaguya, che come un ombra incominciò a perdersi veloce a vista d'occhio verso il confine tra il paese del Ferro e della Pietra.*


(Non è proprio da me affidarmi a voci e resoconti di terzi... ma dato che è una questione che voglio chiudere, tanto vale andare a vedere se c'è del vero in tutto quello che ho sentito... del resto oltre ai miei motivi personali, questa "leggenda del monte Morondor" suona parecchio interessante...)

*Sogghignò lieve, saltando da un albero all'altro prima di cadere definitivamente in uno stato di corsa quasi zen, priva di pensieri e libera.
Nei giorni che seguirono Onimio oltrepassò foreste, praterie, fiumi, laghi e montagne, finchè finalmente raggiunto il limite del paese della pioggia, non incominciò a vedere in lontananza la catena montuosa dove primo fra tutti, spiccava il monte Morondor.
Da quel punto in poi, venne avvolto da una strana sensazione. Più si avvicinava a quel monte, più aveva invece la sensazione che si stessa allontanando. Era una strana illusione ottica, in cui a causa dell'immensità e dell'altezza della montagna e dal diminuire via via degli ostacoli visivi, sembrava quasi che si diventasse essi stessi più piccoli ad ogni passo. Era senz'altro uno spettacolo incredibile.
Adesso il piccolo Onimio, si trovava ai piedi del monte con gli occhi pieni di tutta quella grandezza, con una eccitazione che lo spingeva sempre di più a voler raggiungere la cima, che non poteva vedere.*


(E' incredibile...arriverò sicuramente più in alto di quanto non lo fui nella seconda prova del torneo a Suna... Mi manca quella sensazione...spero di riuscire a riviverla.)

*E quello era forse il primo pensiero dopo tanto tempo, non legato alla medicina, ai suoi problemi od al suo passato. Un pensiero di sciolto da qualsiasi altra cosa.*
 
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view post Posted on 1/4/2014, 12:58     +1   -1
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La guerra era ormai solo un ricordo nella mente di Ryu, ma come ogni ricordo questo aveva la capacità di rendersi vivido e forte ogni notte quando calava il regno del Sole in favore del tenebroso regno della Luna.I suoi sonni non erano troppo spesso tranquilli, non era difficile che nel bel mezzo della notte si svegliasse in preda al panico ansimante e tremolante di paura per quella maledetta paura che gli provocava insani brividi lungo tutta la schiena.
Si dice spesso che quando si ha un brivido lungo la schiena, la morte ci è appena passata alle spalle... per lui però non era così. Anzi. La morte gli si era presentata davanti con forme chiare e limpide, poiché per quanto la si voglia vedere nera ed oscura la morte è l'unica cosa chiara che v'è nel mondo, in quanto è sicura e certa per tutti noi.
Il ricordo delle sue uccisioni, anche se in preda all' influenza del dio Nerigal, trucidavano il suo cuore puro ogni notte. Aveva parlato di quegli eventi con i suoi genitori ma non era affatto servito l'essere consolato da parte dei parenti, in quanto gli assassinati erano ancora morti e non sarebbero tornati indietro...Mai. Compagni di battaglia, compagni di villaggio, addirittura quasi compagni di scuola o amici avevano perso la vita a casa sua. Come poteva camminare per le strade del villaggio e guardare in faccia i genitori di coloro che aveva ucciso, o in alcuni casi addirittura i loro figli?

Passò un' ennesima notte in bianco, ormai quasi ci si era abituato, ma capì che non poteva andare così. Non più. Doveva assolutamente dare una svolta a quella situazione.


Non serve a niente stare qui chiuso in casa..in questo periodo non riesco ad allenarmi, non riesco neppure a girare per il villaggio senza sentirmi un bastardo...

Probabilmente Ryu in realtà non era considerato neanche in quella maniera in quanto ben si sapeva come era andata la guerra e oramai tutti potevano pensare di poter mettere una pietra sopra quell'infausto momento del mondo.Ma mettendoci nei panni di un giovane ragazzo che si trova repentinamente dall'essere promosso genin ad uccidere dei compagni è facile capire quanto maledettamente complicato sia per lui questo momento.

La voglia, forse la necessità, di scappare via da quelle mura erano veramente forti. Ma il legame con i genitori e con il villaggio gli impedivano di scappare permanentemente via da quel nido accogliente in cui il ragazzo covava tutti i suoi affetti più grandi e importanti.

Nulla però avrebbe potuto impedirgli di allontanarsi da quel vilaggio almeno per un pochino. Un viaggio di meditazione, di allenamento. Per migliorare nuovamente i suoi limiti, per riuscire ad andare oltre quei maledetti momenti e riprendere la sua scalata tra le gerarchie ninja al fine di dimostrare ciò che più a lui premeva: l'importanza della forza di volontà. Accese una candela e prese un libro dalla sua libreria, tanto quella notte di sonno se l'era ormai giocata. Prese un libro dallo scaffale che lo intrigava molto e che il padre fin da piccolo gli leggeva. Parlava delle evocazioni, creature quasi avvolte dalla leggenda che potevano legarsi ad un evocatore per poi aiutarsi a vicenda in battaglia. Sfogliò quelle pagine e ad un tratto si soffermò sulla "Leggenda" dei rapaci che abitavano il monte Morondor.Quale viaggio avrebbe potuto purificare la sua anima più di quello? Un viaggio duro difficile e pieno di rischi, un allenamento perfetto per il corpo ma anche complicato per la mente, e la possibilità di vivere la leggenda di quelle fiere creature che volano nel cielo più in alto di tutti, e non guardano mai verso l'alto in quanto nessuno è più in alto di loro. Fierezza, forza, libertà. Parole chiave ripetute più e più volte sulle pagine di quel libro, parole che si incidevano sempre più nel cuore di Ryu aumentando il desiderio di intraprendere il viaggio, ad ogni condizione.


Chi dorme non piglia pesci, partirò domani mattina all'alba!


Finalmente gli occhi di Ryu brillarono di determinazione.Ogni ricordo molesto sembrava sostituito dalla voglia di fare quel viaggio, dalla voglia di cimentarsi in un'avventura diversa da una missione Ninja all'insegna del mito di quelle creature fantastiche. Arrivò il giorno dunque e il giovane si mise in cammino. Attraversato il confine del paese del ferro gli si parò davanti la catena montuosa nella quale il monte Morondor spiccava egoisticamente e prepotentemente rispetto alle montagne vicine più piccole e accessibili. Subito un nuovo brivido per quella scena mozzafiato spezzò il respiro al giovane che rimase a bocca aperta. Doveva assolutamente riuscire nel suo intento. Si sarebbe lasciato alle spalle quegli eventi infausti, o meglio ne avrebbe preso coscienza usandoli per diventare più forte, solo se fosse riuscito a dimostrare a se stesso che ancora poteva essere utile al mondo ninja e soprattutto che ancora era in grado di raggiungere il suo obiettivo.
Serviva a Ryu un segnale forte per capire ciò che invece era già ben noto a tutti e cioè che lui non era un mostro ma semplicemente un ninja esposto ai pericoli che questa passione necessariamente portava a correre, che non erano solo verso il proprio corpo ma anche verso al propria anima. Ci avrebbe messo tutta l'immensa determinazione che fino a quel momento aveva dimostrato, e ci sarebbe riuscito.


Morondor...ARRIVO!!

Finalmente sorridendo, il giovane ragazzo saturo di determinazione e con quel magnifico sorriso ritrovato arrivò ai piedi della montagna. Alzò gli occhi al cielo e non riuscì a scorgere la vetta...Una vista scoraggiante per molti ma incredibilmente eccitante per lui che sembrava aver già accantonato i ricordi della guerra per conseguire quell'obiettivo grandissimo, secondo solo a quello cui si prodigava da una vita intera nei riguardi della volontà.

Scalerò il monte e controllerò da solo se le storie che vi si narrano a riguardo sono veritiere o sono solo leggende...ma nel mio cuore già so che un fondo di verità deve esserci...

Come al solito la determinazione di Ryu incasinava sempre i pensieri del giovane stesso, che era partito volendo dimenticare la guerra con il solo pretesto dei rapaci ma che giunto alle pendici di Morondor sembrava già aver cambiato la sua visione usando come pretesto il voler dimenticare per conoscere invece la veirtà sui rapaci e magari diventarne un evocatore.
 
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view post Posted on 2/4/2014, 13:37     +1   -1
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Ragioni diverse avevano spinto quei ninja ad affrontare quel viaggio; chi per cancellare le immagini di un crudele passato ancora vivide nel proprio cuore, chi per scoprire quali fossero realmente i propri limiti, chi per curiosità o chi per ottenere risposte sui fantasmi di shinobi che avevano lasciato il segno nella sottile linea del tempo. Ma tutti erano accomunati da un'unica sensazione, da un solo spettacolo: il monte Morondor svettava dinanzi ai loro occhi, fiero e possente nella maestosità che rendeva la sua cima la più impervia e misteriosa della catena a cui apparteneva. Era una giornata soleggiata e una dolce brezza accarezzava i pendii rocciosi del monte, ma tutto a un tratto il cielo sopra le loro teste si oscurò e il sole venne prontamente celato da nubi che non lasciavano promettere niente di buono. Prima che potessero opporre resistenza, alcuni di loro vennero investiti da un bagliore che li accecò, annullando il loro stato di coscienza. Altri invece vide le proprie membra accendersi e consumarsi, divorate da una fiamma inestinguibile che presto avrebbero fatto calare le tenebre sopra i loro occhi, trascinandoli lontani dai caldi raggi solari che li avevano baciati fino a pochi istanti prima.

EkNWK

Al loro risveglio, i ragazzi si trovarono immersi in uno scenario completamente diverso rispetto a quello che avevano abbandonato. Il monte Morondor era sempre dinanzi ai loro occhi, ma adesso sopra di esso svettavano costruzioni in pietra, raggruppate in piccoli nuclei che costellavano l'immensa mole rocciosa. Tutti loro avevano raggiunto la catena montuosa in punti - e probabilmente anche in momenti - diversi, ma adesso si trovavano riuniti a poche centinaia di metri dai piedi del monte. Potevano vedere un'articolata rete di scale e strade che collegavano i vari borghi, diramandosi come una fitta ragnatela e proseguendo verso la cima, anche oltre il punto in cui la parte superiore della montagna diventava inosservabile per i loro occhi. Una simile disposizione delle abitazioni ricordava parecchio Kumo, meta che per parecchi di loro era sinonimo di morte. Ma quell'atmosfera cupa che li aveva accolti, il cielo ancora plumbeo e quelle costruzioni che sembravano spente, prive di vita, rendevano quel luogo anche peggiore del tetro palcoscenico in cui si erano consumati orrori che avevano segnato le indelebilmente le loro vite. Dove si trovavano?

Lloyd non ha postato, né ha avvisato del ritardo, per cui lo escludo dalla quest. Da adesso in poi il limite di tempo per postare è di una settimana: ciò significa che il 9 aprile finirà il turno e toccherà a me postare. Ricordo che per chi non avvisa, direttamente o tramite altri, di un eventuale ritardo verrà saltato o al peggio escluso dalla quest, come è successo a Lloyd. Non avete vincoli per le turnazioni, ognuno di voi può postare quando lo desidera ed è possibile fare anche più di un post nell'arco della settimana. Il che sarebbe parecchio positivo, dato che siete in 8 e magari qualche botta-risposta tra i vosti pg può essere essenziale, anche più del post del master.

Per ogni domanda, dubbio ecc. sapete dove trovarmi ;)
 
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view post Posted on 4/4/2014, 11:59     +1   -1
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Camminò in mezzo alla vegetazione, scostando bassi cespugli e felci, all'ombra di grossi sempreverdi frondosi, dove l'aria fresca di montagna, insinuandosi tra gli aghi degli abeti, le sferzava il viso, portando con se l'odore del bosco.
Se non sapesse dove si trovava, quella sorta di scampagnata per i boschi le sarebbe anche piaciuta. Quando era piccola, le piaceva aggirarsi per i boschi: a Nagi, nel Paese del Thé, si divertiva a giocare a nascondino con Haru e Dan, nelle foreste di bambù dietro la loro casa; per non parlare degli interi pomeriggi trascorsi nei boschi vicino il villaggio. Ma cosa le stava succedendo? Dov'era finito il suo spirito avventuriero?
”Sepolto sotto la polvere, come il resto dei miei sentimenti...”
Pensò stizzita, scostando un cespuglio di rovi, che le graffiò leggermente la mano. Il lieve bruciore che sentì, per via dei graffi, la fece piombare in un momentaneo stato di rabbia repressa. Fermandosi, si guardò la mano, scostando leggermente il manicotto che le copriva le braccia. Era la mano destra, quella sulla cui pelle chiara si intravedevano delle leggere striature rossastre. Da li a qualche tempo, quella stessa mano avrebbe smesso di arrossarsi, avrebbe smesso di essere sensibile, diventando grigia e fredda, insensibile come un blocco di marmo.
Si sentì presa in giro dal destino, in quel momento. Ora che aveva capito che chiudersi a riccio era sbagliato, ora che voleva pian piano riaffacciarsi al mondo, cosa succedeva?
Non voleva pensare a quell'eventualità, a quel futuro così lontano, eppure così dannatamente prossimo, così, sospirando, cercò di cacciare via quei pensieri funestri. Non poteva farsi abbattere, non ora.
Lo sguardo si alzò verso il cielo, riuscendo ad intravederne uno squarcio tra le fronde degli immensi alberi che la sovrastavano. Era così limpido e sereno, di una splendida tonalità azzurra. Lo stesso azzurro degli occhi di Ryu.
Chissà come stava, quel grandissimo scemo... Era stato grazie a lui che lei, adesso, aveva riaperto gli occhi, e si incupì leggermente, nel saperlo tanto lontano. Stava bene? Era riuscito nel suo intento?
Senza farci caso, la mano andò a posarsi sul petto, in corrispondenza della voglia a forma di fiore. Era li che lui le aveva imposto un sigillo, per impedirle di tradirlo. Ovviamente lui non gliel'aveva detto, dato che non si fidava poi molto, di lei. Era stata Eris, la salamandra medico, a confermare i suoi sospetti... Quando l'aveva scoperto si era arrabbiata, e non poco! Però, dopo aver sbollito la rabbia contro un vecchio albero malandato che stava dietro casa sua, aveva quasi sorriso alla cosa. Lei che non voleva più legarsi a nessuno, adesso era irrimediabilmente legata a lui, che cosa patetica... E la cosa più strana era che non le dispiaceva per nulla.
Lanciò al cielo una tacita preghiera, a chiunque potesse coglierla: si augurò che stesse bene, di poterlo rivedere al più presto... Chissà, magari avrebbe avuto anche il coraggio di rivelargli della malattia. Per ora, solo lei e suo zio ne erano a conoscenza... Che stesse facendo male, a tenerlo nascosto anche agli altri? Ad Arashi, Shimo, Dan... Fu al giovane capitano corsaro a cui rivolse un ultimo pensiero. Sperava che avesse portato il suo “amico” a destinazione sano e salvo, altrimenti gli avrebbe spezzato piacevolmente quelle belle gambine che si ritrovava....

5L0aS


Il bosco si aprì dopo che lei aveva percorso qualche centinaio di metri, rivelandole uno scenario che la fece rimanere a bocca aperta. Gli occhi ambrati, sgranati per lo stupore, guardarono l'immensa montagna che le si parava ora d'innanzi. Che fosse ritornata tra le alte vette di Kumo? Non ne era poi tanto convinta, però in quale altro luogo avrebbe potuto trovare una montagna tanto maestosa? Che facesse parte della catena montuosa a confine col Paese del Ferro? Plausibile, ma lei con la geografia era alquanto impedita... Ironico, visto che, grazie a tutti i libri che aveva letto, ne sapeva una più del diavolo...
Avanzando verso i piedi del monte, però, sentì una strana inquietudine crescerle nel petto, ampliarsi dentro di lei con la stessa velocità con cui il cielo, sopra la montagna, si stava oscurando. Sapeva che in montagna il tempo cambiava abbastanza in fretta, ma tanto velocemente... Era una cosa alquanto dubbiosa e davvero molto allarmante.
Guardandosi intorno, arretrò verso il bosco, i sensi tesi, pronta a percepire un qualsiasi pericolo imminente che avrebbe in qualche modo attentato alla sua persona.
Rimase ferma per una manciata di secondi, in silenzio, azzerando la sua presenza, rendendo il suo Io un tutt'uno con l'ambiente. Il suo respiro si unì al soffio del vento, il battito del suo cuore a quello della foresta...
Un lieve fruscio alla sua sinistra la fece sobbalzare, facendo scivolare subito una mano nella manica dell'altro, dove teneva nascosti gli spiedi. Era pronta per lanciarlo, quando dal cespuglio spiccò il volo un piccolo uccellino, che andò a posarsi sul ramo di un albero proprio di fronte a lei. Una giovane ghiandaia la scrutava con i suoi piccoli occhietti neri, raspando leggermente con le zampette sulla corteccia dell'albero.
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Yumi non aveva mai visto un animale tanto bello. Il piumaggio era chiaro, bianco neve sul ventre, per poi diventare di una tonalità più scura, quasi blu, sulla schiena, mentre le penne delle ali e della coda erano di un brillante turchese. Si guardò intorno, assicurandosi che non ci fosse minaccia alcuna, per poi avvicinarsi lentamente. Gli occhi neri del volatile si fissarono in quelli ambrati della giovane e, per un attimo, Yumi desiderò essere come quell'uccellino, libera di poter volare via, accarezzata dal vento, con il suo cuore ad indicarle la via... Il capo della ghiandaia si inclinò leggermente, nel vedere la mano delicata della donna avvicinarsi a lui... Alzò nuovamente lo sguardo sulla Yuki, emise un cinguettio acuto, per poi volare via, superandola... Yumi si voltò e... Una luce accecante la investì, tanto forte da esser costretta a serrare gli occhi e copririsi il viso con le braccia. Da dove veniva quell'esplosione di luce? Non riusciva a capirlo, eppure, nonostante gli occhi serrati, il bianco abbagliante non la smetteva di penetrare oltre le palpebre serrate, abbagliandola, stordendola a tal punto che la testa iniziò a pulsarle dolorosamente.
Fu con un imprecazione stretta tra i denti che Yumi, maledicendo se stessa per non aver fatto più attenzione, perse i sensi...

5L0aS


Un pizzicore leggero alla guancia, unito ad un leggero raspare sulla sua spalla nuda le fecero aprire gli occhi. La vista era ancora appannata, per via del bianco abbagliante che l'aveva accecata, così non riusciva a distinguere bene dove si trovasse.
Con la schiena poggiata contro il tronoco di un albero, Yumi si stropicciò gli occhi col dorso della mancina, volgendo il viso verso destra. Con un frullare d'ali, la ghiandaia blu, che era rimasta sulla sua spalla, volò via, perdendosi tra le fronde.
Ancora spaesata e confusa, Yumi si tirò su, cercando di far ristabilire la vista. Purtroppo le dava ancora qualche problema, e non era il caso mettersi a girovagare se prima non si rimetteva per bene. E poi, non sapeva chi o cosa avesse generato quell'esplosione di luce, per cui non era per niente al sicuro, in una circostanza del genere.
Nascondendosi dietro un grosso cespuglio, Yumi tirò fuori dalla bisaccia, che teneva saldamente legata alla cintura, un piccolo rotolo porta oggetti. Srotolandolo, impiegò pochi secondi per richiamare a sé una piccola borraccia piena d'acqua. Quel gesto le fece ricordare la piccola Chiaki. Anche lei, in una foresta, aveva tirato fuori la sua borraccia, e proprio perché Yumi doveva effettuare quella medesima tecnica che ora si apprestava ad eseguire. Questa volta, però, Prima di aprire la borracia, Yumi raspò per un attimo nel terreno, creando una piccola buca. Qui vi versò metà del contenuto della sua borraccia, mentre si mordeva con forza il polpastrello del pollice della mano libera. In quel momento aveva bisogno di occhi per guardare e, con quella tecnica, ne avrebbe ottenuto un paio in più...
Non fece caso all'acqua che, versata nella buca, iniziava pian piano a diventare fangosa. Vi immerse comunque la mano col dito ferito. A contatto col sangue e con il chakra che pian piano vi stava incanalando all'interno, l'acqua reagì, iniziando immediatamente il processo di cristallizzazione. Assorbendo l'acqua della buca, oltre a quella naturalmente presente nel terreno, nella zona intorno alla piccola fossetta fangosa, la mano di Yumi si alzò, portando verso l'alto una massa informe di ghiaccio... Non era esattamente ghiaccio, però. Più simile ad un plasma irridescente, pallido e freddo, Yumi lo adagiò per terra, senza staccarvi la mano. Una volta libero dalla restrizione della buca, la massa fluida iniziò ad assumere una forma più definitiva, acquisendo anche maggiore consistenza-
Il profilo di un piccolo pinguino, vestito con un coprifronte sul capo e una felpa azzurra si delineò davanti alla giovane che, sospirando, staccò la mano dando un lieve colpetto sulla testa della sua creatura. Nel sentire quel contatto, il calore della pelle sulla superficie fredda, la struttura venne percorsa da un fremito, mentre piccoli occhi neri si aprivano, rivelando una vitalità nascosta che sarebbe stato impossibile immaginare, all'interno di un oggetto del genere.
Yu-yui senpai!
Sentenziò la creaturina, con voce stridula e felice, mentre Yumi gli dava una lieve carezza sul capo, mentre si portava un dito alle labbra, un gesto a volerlo invitare a far meno rumore. Il piccolo, alto poco più di una cinquantina di centimetri, sobbalzò dispiaciuto, portandosi le alette a coprirsi il becco, assumendo un'aria estremamente tenera.
”Nick, ascoltami bene... Non so cosa stia succedendo qui, ma ho bisogno che tu diventi i miei occhi e le mie orecchie, chiaro?”
Gli spiegò Yumi, usando il contatto telepatico che le permetteva di comunicare con quelle sue creature. Il piccolo pinguino scosse il capo in segno affermativo, caricandosi per entrare in azione.
”Non si preoccupi senpai, ci penserò io!”
Così dicendo, il piccolo corse via, iniziando ad andare in perlustrazione. Nel frattempo, la vista della ragazza era migliorata, tant'è che, volgendo lo sguardo nuovamente alla montagna, riuscì a vederla e...
Che diavolo è sta storia?
Dove un attimo prima aveva visto solo la maestosità di una montagna nuda e cruda, ora vedeva case, stradine e scalinate che si sviluppavano lungo tutta la sua altezza, in una tetra e lugubre parodia del Villaggio della Nuvola. Quel rempentino cambio di scenario non era normale... Che fosse vittima di una genjutsu? Provò a bloccare il flusso del chakra, per farlo poi nuovamente scorrere dentro di lei... La cosa le procurò un leggero bruciore alla mano destra, ma nulla di più...
”E se in realtà si tratti di qualcosa di diverso? Una barriera protettiva, forse, che dall'esterno nasconde ad occhi curiosi ciò che in realtà si cela dietro... L'unico modo per scoprirlo è capirci qualcosa di tutta questa storia...”
E così, nuovamente operativa, iniziò a guardarsi in giro...

5L0aS


rInY5SF
Nick si muoveva in maniera estremamente furtiva. Scivolando sulla pancia, riusciva a nascondersi rapidamente tra le ombre create dagli alberi, o dai grossi massi che circondavano la zona. Non sapeva bene in che razza di posto si trovassero, ma aveva letto preoccupazione nello sguardo della sua senpai, quindi doveva darsi da fare, per evitare che le succedesse qualcosa. Voleva che lui andasse a controllare in giro, bene, l'avrebbe fatto! E poi, era così divertente giocare a fare i ninja!
Stava per passare oltre quando qualcosa attirò la sua attenzione.
”Ehi, ma li c'è qualcuno!”
Dopo essersi guardato attentamente intorno, il piccolo pinguino si precipitò dal giovane riverso al suolo. Sembrava privo di sensi, e la cosa iniziò a preoccuparlo un pochino... Cosa doveva fare? Avvertire la senpai, o lasciarlo lì? Non sapeva esattamente come comportarsi, anche perché per lui era la prima volta che veniva a contatto con un altro homo sapiens, dopo la senpai... Fortunatamente aveva lasciato attivo il ponte telepatico, così lei, adesso, sapeva esattamente dov'era, cosa vedeva e cosa faceva.
Il pinguino iniziò a scuotere delicatamente il giovane, cercando di svegliarlo.
Waka waka, machu pichu. Waka waka!
Emise stridulo, mentre lo scuoteva per le spalle...


//Vale, appena il tuo pg si riprende ti trovi davanti Yumi e il suo pinguino chini su di te ;)//
 
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view post Posted on 4/4/2014, 13:57     +1   -1
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Il tempo passava inesorabile, e la leggera brezza che soffiava su quelle inospitali alture non riusciva in nessun modo a rendere la camminata più sopportabile, anzi, iniziava persino a risultare fastidiosa al chunin, che combatteva per non fermarsi ad intervalli di tempo regolari per una breve sosta.
Aveva deciso di intraprendere uno dei percorsi più intricati che ci fossero, se non IL più intricato, e non aveva idea nemmeno di cosa lo aspettasse; iniziava a ripensare alle parole dell’uomo di mezz'età incontrato nella locanda e non poté fare a meno di sentire un attimo di titubanza realizzando che stava andando ad accertarsi della veridicità di una leggenda narrata ai bambini di quella zona. La vegetazione lussureggiante tipica delle regioni montane quali pini e sterpaglia, man mano andava diradandosi, lasciando spazio a un ben più desolante paesaggio fatto di roccia e montagne a perdita d’occhio. Non sapeva esattamente dove si trovasse, ma gli sarebbe stato comodo avere con se una mappa della zona; forse avrebbe dovuto chiedere a quell’uomo, ma non si era neanche posto il problema data la fretta. In fondo il monte Morondor non era poi così difficile da individuare, data la sua appariscenza, ma un aiuto esterno sarebbe stato decisamente gradito.


Davvero mi aspetto di trovare qualcosa lassù? Voglio dire… possibile che negli anni che si sono susseguiti, nessuno è mai riuscito a scoprire la verità che si cela sulla vetta di quel monte? Dove mi sono ridotto pur di non tornare a casa…se mi vedesse Hayato adesso, si farebbe un sacco di risate vedendo gli sforzi di suo fratello per una cosa così irrealistica…

Più si sforzava di fissare quella catena montuosa come suo obbiettivo, più le pendici del monte Morondor sembravano infinitamente lunghe ed estenuanti. Non era uno shinobi disabituato agli sforzi e alla fatica, ma la sua condizione non era delle migliori; l’unica consolazione era sapere che forse stavolta ciò che davvero poteva interessargli non era la meta, ma il viaggio stesso. Molte volte si era prefissato degli obbiettivi prima ancora di potersi cimentare fisicamente nell’impresa, come ad esempio quando decise di iscriversi in accademia e di diventare un genin a tutti gli effetti, o ancora per destreggiare al meglio la sua padronanza nelle arti illusorie con quella strana sensei dai capelli corvini, ma stavolta non riusciva a fare lo stesso.
La guerra lo aveva cambiato, come aveva sicuramente fatto con tutti coloro i quali vi avevano preso parte; chissà quanti avevano visto i loro compagni morire sotto i loro occhi, esattamente come era successo a lui, e quanti ancora potevano dire di aver perso tutto durante quel conflitto. Si sentiva tremendamente in colpa, e il pezzo di stoffa attaccato all'elsa della katana ne era una prova inconfutabile; lui avrebbe dovuto guidare l’esercito alla vittoria, e lo aveva fatto anche bene a detta dell'Hokage, ma ad un prezzo troppo alto per i suoi gusti. Poi c’era anche la questione di Zu e della sua scomparsa; non aveva più sue notizie da quando avevano liberato quel villaggio assediato da abomini di Watashi, e cercarlo era stato inutile visto che era dato per disperso. Forse anche lui aveva preso parte alla guerra o, nel peggiore dei casi, non ne aveva nemmeno preso parte…


Non dovrei farmene una colpa, ma come posso fare a schiarirmi le idee in un momento così strano per me? Dovrei starmene il più vicino possibile ai miei cari, a Setsuna, e confortare loro più che me stesso… e invece sono qui, nel bel mezzo del nulla alla ricerca di un mito senza fondamenta!

Sentì per un momento il sangue bollirgli nelle vene per la rabbia, la frustrazione che lo accompagnava da quando era uscito vincitore da quella guerra di logoramento durata anni contro Watashi e la sua progenie, digrignando i denti e muovendosi a passi pesanti e cadenzati sul percorso fatto di pietra grezza che stava percorrendo. Quella furia che lo prendeva istintivamente nelle situazioni più imprevedibili gli era sempre tornata utile, anche se credeva che non gli appartenesse, e grazie ad essa iniziò a camminare più velocemente, per poi spiccare qualche balzo tra un masso e l’altro. La leggera brezza che sentiva all'inizio diventò presto una folata di vento vero e proprio che gli scompigliava i capelli e faceva svolazzare il kimono lungo il suo braccio e la vita, finché si accorse di un drastico cambiamento climatico: dopo aver macinato metri e metri di terra, passato quell'attimo di frenesia, vide che il cielo si era annuvolato bruscamente, lasciando che il caldo sole che regnava sovrano fino a poco tempo prima, venisse coperto da minacciosi cumulonembi tipici delle tempeste.

Che succede? Avevo sentito dire che in montagna il tempo cambia in fretta, ma così è esagerato. Ricorda molto quel momento… ho un brutto presentimento.

Gli tornarono alla mente come un flash gli attimi di panico che regnarono quando con l’esercito appostato al Bukigami, vennero investiti da quella tremenda esplosione che iniziò a mietere vittime senza alcun preavviso. Quelle nuvole erano apparse troppo in fretta, e non poteva trattarsi di una coincidenza; istintivamente portò una mano sull’elsa della katana, pronto a sguainarne solo la parte più vicina al manico, ma realizzò poi che era impossibilitato a farlo per suo stesso volere. Quella promessa fatta a Setsuna e a se stesso non poteva essere sciolta così facilmente, esattamente come i nodi apposti al pezzo di stoffa appartenuto a Sohaku, quindi lasciò perdere l’idea e continuò a camminare come se niente fosse ma con fare guardingo, pronto a scattare come una molla nel caso ce ne fosse stato bisogno.
Si muoveva con passo svelto e gli occhi del giovane non erano ancora cambiati, lasciando che quel nero d’ebano continuasse a guizzare freneticamente attorno alla sua posizione per individuare possibili minacce. In fondo era capitato in una zona molto inospitale, dove le bestie ferali non mancavano di certo, e non lo avrebbe sorpreso nemmeno incontrare banditi di qualche genere pronti a uccidere qualsiasi tipo di individuo pur di racimolare qualche spicciolo.
Dopo poco però, sentì uno strano formicolio alla mano scoperta; non ci fece caso in un primo momento, ma poi quel disturbo crebbe improvvisamente, tramutandosi in dolore vero e concreto: una fiamma si era accesa senza che lui avesse fatto nulla.


- Ma che…!?

Si fermò di scatto e provò a battersela forsennatamente più volte sul kimono, ma alcun risultato positivo, anzi, la fiamma cominciava ad espandersi lungo l’avambraccio, poi verso il petto, per poi prendere tutto il suo corpo inerme. Kinji era nel panico, senza nessuna fonte d’acqua nei paraggi e incapace di spegnere quella che all'inizio sembrava solo una fiammella, si lasciò sopraffare dall'istinto di sopravvivenza, gettandosi a terra e provando a spegnere il fuoco rotolando in fretta su se stesso.

Perché sta succedendo questo, è un incubo, o forse una sorta di genjutsu!?

La ragione fece presto posto al dolore e, incapace di far fuoriuscire dalla bocca anche solo un singolo sospiro per chiedere aiuto, lottò fino a quanto potesse ricordare, per poi lasciare che il suo corpo perdesse conoscenza, lasciando spazio per l’ennesima volta al buio fin troppo familiare.

[***]



Dopo chissà quanto tempo, sentì nel buio del suo stato di torpore che qualcosa, o qualcuno, lo stava toccando sulle spalle e dei versi bizzarri, riconducibili ad uno squittio o al cinguettare di qualche uccellino. Ancora parzialmente intontito da quell'avvenimento alquanto singolare, aprì gli occhi di scatto, trovandosi davanti una figura che all'inizio non riuscì a definire bene, dato che la sua vista doveva ancora mettere a fuoco la situazione, ma che poi riconobbe come una persona e uno strano animaletto che aveva provato a svegliarlo; cercò di riprendere i sensi il più in fretta possibile, sollevandosi con una mano e guadagnando la posizione seduta sul freddo terreno.

- Dove mi trovo?...Sei stata tu a farmi vedere quelle fiamme?

La ragazza che si era chinata per accertarsi delle sue condizioni aveva la pelle di un candore impressionante, quasi pallido, che veniva messo ulteriormente in risalto dai lunghi capelli corvini e dagli inusuali occhi d’ambra, ma che le conferiva comunque un certo fascino. Il suo simpatico amichetto invece, era una sorta di pinguino fatto di ghiaccio, che indossava -come la padrona- un coprifronte con il simbolo di Kiri inciso sopra il freddo metallo; sembravano non avere cattive intenzioni, quindi superato il primo approccio di diffidenza, decise di alzarsi in piedi e di ricomporsi nel miglior modo possibile, battendo più volte la mano sulla parte destra del kimono bianco dai particolari rossi.
Sorpreso di non essere più ne una torcia umana, ne un cadavere carbonizzato, prese parola con tono tranquillo e amichevole per quanto le circostanze non fossero delle migliori.


E’ una kunoichi di Kiri, e a detta di molti quel paese è patria di alcuni dei migliori assassini delle terre ninja… anche se per esperienza personale, i nativi di quel posto che ho conosciuto io, non erano per nulla minacciosi… anzi, Mitsuaki sembrava il classico tipo che ti riempie il bicchiere al bar sorridendo, e questa ragazza non mi ha fatto del male mentre ero incosciente, per cui…
Chissà se ha partecipato alla guerra, in questo caso credo che mi abbia visto quando hanno nominato i generali…ma potrei benissimo sbagliarmi.


- Scusa per i modi bruschi di prima… mi chiamo Kinji, e vengo da Konoha. Ero in viaggio per il monte Morondor, quando ad un certo punto ho creduto di essere investito da delle fiamme. Sei stata tu a ritrovarmi qui per terra, giusto? Ti ringrazio…posso sapere il tuo nome?

Ascoltò le risposte della ragazza con interesse, cercando di capire se lei sapesse cosa gli fosse accaduto, e nel frattempo non poté fare a meno di rivolgere nuovamente lo sguardo alla sua meta: sul monte che in un primo momento gli era parso del tutto disabitato, si potevano adesso distinguere delle strane abitazioni in pietra grezza disseminate per tutta la sua superficie, collegate tra loro da un complesso sistema di scalinate che ricordava molto quello più familiare della capitale del paese del Fulmine.

Ma quegli edifici c’erano prima?...possibile che non li abbia notati?

Non riusciva a capire esattamente cosa fosse successo. Pensò in un primo momento ad un possibile ritorno di Watashi, a giudicare dai cumulonembi alti a coprire il cielo come una cupola, ma non avrebbe avuto senso attaccare dopo tutto quel tempo che era trascorso dalla fine della guerra.
Esclusa l’ipotesi più nera, provò a fermare il proprio flusso di chakra e ad attivare la sua doujutsu con un battito di palpebre, ma ai suoi occhi sembrava tutto normale, così li fece tornare del loro colore naturale per non far allertare troppo la sua interlocutrice. L'Uchiha infilò la mano scoperta nella parte opposta del kimono, cercando di ragionare meglio sul da farsi coinvolgendo anche la sua nuova conoscenza.


- Non ha senso che interrompa proprio adesso la mia scalata…anche perché quegli edifici lassù non c’erano da quanto ricordo. Tu e il tuo amico potreste venire con me se ve la sentite e se siete incuriositi da tutta questa faccenda.

Disse sorridendo e iniziando a muovere qualche passo verso una delle scalinate più piccole che si trovavano nelle immediate vicinanze.

Magari in tutte le leggende c’è un fondo di verità…
 
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view post Posted on 4/4/2014, 17:22     +1   -1
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Seguendo il richiamo mentale lanciatole dal piccolo Nick, Yumi si precipitò nel luogo dove si trovava. Il pinguino di ghiaccio era chino su un giovane ninja, all'apparenza privo di sensi.
Bravo Nick, adesso ci penso io a lui, tu continua a guardare in giro...
Disse la giovane, mentre si chinava sul ragazzo. Ora che lo osservava meglio, le parve di riconoscere dei lineamenti vagamente familiari, in quel giovane...
”Aspetta, aspetta aspetta... Se la memoria non mi inganna, lui aveva il comando di una delle divisioni, a Kumo...”
Aveva riconosciuto il giovane come un Chunin di Konoha, ma il perché quel ragazzo si trovasse li, le era ancora un mistero... Come un mistero era la loro attuale posizione. Lei ancora non aveva capito dove diavolo era finita...
Solo a quel punto si rese conto che il ragazzo aveva ripreso i sensi, gli occhi scuri ancora appannati la scrutavano perplessi e guardinghi. Come doveva reagire, adesso? Non ne aveva la più pallida idea...
Facendo sfoggio di un lieve sorriso tirato, la giovane Yumi alzò le mani davanti a se, facendo intuire al ragazzo che non aveva brutte intenzioni.
Ti ho trovato qui svenuto, e così sono venuta a controllare...
Ammise, senza sapere, però, cosa aggiungere... Fiamme. Quel ragazzo aveva parlato di fiamme? Perplessa, si guardò in giro, in cerca di segni di bruciatura o ceneri, ma sembrava che non ci fosse niente di strano... Che anche lui avesse avuto un'allucinazione come la sua?
Tirandosi su, Yumi diede qualche scossone alle sue vesti, rimanendo imbarazzata a fissare il ragazzo. Lo superava di una decina di centimetri abbondanti in altezza e, ora che lo vedeva in piedi davanti a lei, fu certa di averlo visto a Kumo, ma non ricordava proprio per niente il suo nome. Prontalmente, il ragazzo le si presentò, fornendo anche un altra ottima informazione. Morondor, ecco dove si trovava!
Ascoltò attentamente le parole del giovane, per poi assumere un'espressione pensierosa, portandosi una mano a tenersi il mento.
Capisco... Tu sei stato investito dalle fiamme, mentre io sono stata accecata da una luce abbagliante... Interessante...
A quanto pareva, il giovane aveva fatto esattamente come lei: si era avvicinato alla montagna, Morondor, per poi subire “l'aggressione”, un po' come era successo a lei... E unendo a ciò il fatto che, sulle rocce della montagna, era apparsa una città, faceva presupporre che, intorno al monte, ci fosse una sorta di jutsu a protezione del luogo...
Che sbadata, non mi sono presentata. Yumi Yu....
La ragazza si interruppe non appena notò il cambiamento sul volto del giovane. A quanto pareva, anche luiaveva notato quella stranezza riguardo la montagna e, per effettuare chissà quale controllo, i suoi occhi neri diventarono scarlatti.
”Eh, ma che palle! Ma quanti diavolo di Uchiha ci sono, in giro? Dovrebbero castrarli tutti...”
Cercando di nascondere il disappunto per quella scoperta, offrì al giovane il miglior sorriso di cui disponesse. Era più forte di lei, gli Uchiha le stavano troppo sulle scatole.
Con una scrollata di spalle, Yumi decise di affiancare il giovane in quella scalata.
Perché no! Se non fosse stato per te, a quest'ora non avrei neanche saputo come si chiamava quella montagna e...
Gli occhi di Yumi si spalancarono, mentre si portava una mano alla tempia destra, massaggiandosela leggermente. A Quanto pareva, Nick aveva trovato altra gente svenuta nella boscaglia, poco distante da loro.
Tze... Tu vedi questa... Per caso era in programma una gitarella allegra? Stando alle informazioni che mi sta dando Nick, ci sono altre persone svenute, da queste parti... Ne sai qualcosa?
Gli domandò, assumendo un atteggiamento alquanto inquisitorio. Quella situazione continuava a piacerle sempre meno....
Grazie Phil, per avermi spedita qui... Davvero molto gentile...
Sospirò, spazientita, mentre cercava di concentrarsi sull'altro pinguino, Nick, che in quel momento si era accovacciato accanto ad un altro ninja.
Che dici, andiamo a controllare quei tipi, o vuoi dare un'occhiata alla montagna, prima? Non so te, ma tutta questa storia mi puzza...
 
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view post Posted on 4/4/2014, 22:20     +1   -1
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La giovane kunoichi ammise di non sapere nulla riguardo le fiamme a cui Kinji aveva appena accennato, e questo lo aveva sollevato, ma le domande erano ancora troppe, e le risposte praticamente nulle riguardo quei fatti a dir poco insoliti. Nel frattempo, il piccolo pennuto che aveva svegliato il chunin dal suo torpore, era già scappato via in cerca di altre informazioni per la sua evocatrice riguardo la zona circostante e altre strane presenze; non diede molto peso alla cosa, poiché gli sembrava una buona idea per sondare il terreno e perché la sua interlocutrice non sembrava avere cattive intenzioni.
La ragazza aggiunse di aver subito un trattamento simile al suo, venendo colta di sorpresa però da un'improvvisa luce che le aveva fatto perdere i sensi; lui era il primo che aveva trovato in quel posto a lei sconosciuto, e ne sapeva ancor meno dell'Uchiha. Aggiunse poi di chiamarsi Yumi, ma prima di poter pronunciare il suo cognome, si interruppe bruscamente alla vista dello sharingan. Effettivamente coloro i quali non erano abituati alla sua innata, potevano rimanerci un attimo sbigottiti dato il marcato aspetto freddo e minaccioso che potevano conferire all'utilizzatore; un'altra buona ragione per disattivarlo repentinamente. Nonostante quel pesante momento di silenzio, la ragazza rispose con un sorriso che, a parere di Kinji, era di circostanza. Aveva imparato da tempo a leggere grossolanamente dalle espressioni, dal linguaggio del corpo e dagli occhi dei suoi interlocutori, cosa davvero stessero pensando, e gli era parso chiaro che quel cambio repentino di occhi l'aveva messa a disagio.


Ha detto di chiamarsi Yumi... no, temo di non averla mai vista prima d'ora. Il suo atteggiamento sembra amichevole per ora, quindi non credo di dovermi fare problemi. Se avesse voluto farmi del male, ne avrebbe avuto più di un'occasione.

Yumi decise di seguire il più grande, iniziando a camminargli di fianco, ma qualcosa sembrò disturbare la sua quiete: si portò una mano ad una tempia, e riferì che lo stesso pinguino di prima aveva trovato altre persone prive di sensi ad una posizione non molto distante da quella dei due shinobi. La kunoichi chiese al Vermiglio se avesse in qualche modo a che fare con quelle strane presenze in maniera alquanto decisa, ma Kinji purtroppo non ne era per nulla al corrente.

- Sono sorpreso quanto te di tutto questo, ma non dobbiamo prendere sotto gamba la situazione.

Rispose secco, voltandosi verso la sua interlocutrice per stabilire un contatto visivo. Lo incuriosiva parecchio sapere che quel pinguino di ghiaccio riuscisse a comunicare in qualche modo con Yumi, forse tramite contatto telepatico, ma non era il caso di essere schietto e chiedere come ci riuscisse, ora dovevano badare ad un problema più urgente.
Chiese poi al ragazzo se volesse continuare a camminare verso la montagna, o andare a prestare soccorso alle persone che il pinguino aveva trovato. Kinji non ebbe nemmeno bisogno di riflettere sul da farsi; se erano stati catapultati in quel posto come loro due, dovevano essere collegati in qualche modo da un nesso, stava a loro capire quale e cercare di prestare loro soccorso.


- Credo sia meglio per noi andare da loro, che ne pensi? Magari sanno qualcosa che a noi sfugge, e in una situazione del genere, l'unione fa la forza...

Le rispose in modo tranquillo e sfoggiando un mezzo sorriso, prima di riprendere a camminare nella direzione indicatagli dalla ragazza. Camminarono per pochi metri senza seguire un percorso ben definito, trovandosi davanti ad un gruppo di persone svenute a pochi metri di distanza le une dalle altre, e il pinguino di prima era chinato su una di esse.

- Yumi, avviciniamoci con cautela e pensiamo a queste...

In quel momento una presenza in particolare lo colpì subito: quei lunghi capelli blu cobalto, quella fisionomia estremamente familiare... era Setsuna una delle persone riverse per terra prive di conoscenza; ma cosa poteva farci lei in quel posto desolato quando sarebbe dovuta essere rimasta a Konoha?

- S-setsuna!?...

Le corse incontro piegandosi sulle ginocchia e cingendole la testa tra le braccia, come aveva fatto lei per lui quando credeva di averlo perso per sempre. Avvicinò istintivamente due dita alla giugulare per vedere se il battito c'era ancora. Si, era viva, ma non sembrava cosciente.

Che sta succedendo da queste parti? Delle persone completamente a caso appaiono e scompaiono come se nulla fosse, oppure...aspetta...ripensando a quello che mi ha detto il vecchio locandiere... nessuno mai è riuscito a scoprire la verità di questo posto. Scommetto che è per questo che non si hanno informazioni sul monte Morondor: la gente arriva e cade in questa specie di trappola dalla quale non può più uscirne... sarà un meccanismo di protezione, ma perché mai prendersi una tale briga per un posto sperduto nel nulla?

Iniziava a credere a quella antica leggenda, perché senza alcun dubbio, nessuno avrebbe pensato ad un modo così ingegnoso per nascondere un posto così inutile. Doveva esserci sotto qualcosa, e ormai erano tutti in ballo, quindi gli toccava ballare.
In quel momento però, la preoccupazione verso le condizioni in cui giaceva Setsuna era più importante di ogni leggenda; fortunatamente non le era successo nulla di grave, ma doveva farle riprendere i sensi per farsi dire se ricordava come era riuscita ad arrivare in quelle terre tanto lontane dalla loro terra natia.
Cercò di scuoterla delicatamente per stimolare una qualche reazione da parte della bella Hyuga.


- Setsuna, svegliati...sono io, Kinji...

Ti prego... non dirmi che hai provato a seguirmi e sei finita anche tu in questo casino...non potrei mai perdonarmelo... non ti ho avvisata della mia assenza prolungata, e me ne farò una ragione, ma non dovevi spingerti così a fondo per me.
 
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Ashitaka
view post Posted on 5/4/2014, 14:14     +1   -1





Mitsunobu si sedette sul rilievo erboso che segnava l'inizio della salita al monte Morondor, quindi lasciò uscire un consistente numero di Kikaichuu ai quali diede ordine di trovare il luogo di massima concentrazione della specie di insetti dominante in quell'ecosistema.

Ci sarà da aspettare, suppongo... Pensò.

Il tempo era sereno, il sole mattutino inondava il dolce pendio privo di alberi e una fresca brezza accarezzava le poche parti scoperte del viso del giovane Aburame. Il ragazzo si stese sul prato, incrociando le braccia dietro la testa, godendosi il clima mite e osservando il paesaggio: sebbene non fosse molto in alto, da lì si poteva osservare bene tutto il sottobosco, pieno di vita.

Che bello spettacolo...comincio a pensare che è valsa la pena di cominciare questo viaggio...se solo potessi rimanere così per sempre...anche solo qualche ora basterebbe...

Ma non era destino che ciò accadesse, improvvisamente sentì un ronzio dietro di lui: una delle sue "pattuglie" era appena ritornata, comunicandogli col loro linguaggio sconosciuto ai più che doveva seguirli.

Di già? Non pensavo faceste così presto...

Si alzò e cominciò a camminare dietro quella nuvoletta scura e brulicante, senza preoccuparsi troppo di dove andava: l'unica cosa certa era che si stava avvicinando sempre di più alla montagna. Man mano che avanzava, aumentava anche il suo stupore: più si approssimava monte, più questo gli sembrava titanico, più lui si sentiva insignificante.

Ora capisco come si sentono i Kikaichuu...

Era talmente perso nell'osservare il Morondor che si stagliava contro il cielo che quasi non si accorse della parete rocciosa, praticamente verticale, che gli stava davanti, fermandosi un secondo prima di andarci sbattere.

E ora?

Chiese dubbioso al suo sciame che, per tutta risposta, cominciò a salire lungo la montagna.

Starete scherzando spero!? Ci deve essere un'altra strada!

Ma la risposta era inequivocabile, quella era la strada più semplice. Sospirando, il Genin concentrò il proprio chakra nelle mani e nei piedi in modo da usarlo per rimanere saldo alla roccia e salire più facilmente ma, dopo aver percorso appena mezzo metro, si staccò da questa, cadendo pesantemente a terra.

Ma che diavolo...non posso nemmeno usare il chakra...e questa sarebbe la strada più semplice? Ma andate all'inferno!

Continuando a imprecare mentalmente, ricominciò la sua salita, stavolta aggrappandosi alle insenature e alle sporgenze della montagna, procedimento molto più faticoso rispetto all'uso del chakra.

La cosa peggiore...è che a questo punto dovrei poter vedere un paesaggio ancora più bello...se solo potessi girarmi...

Improvvisamente, dopo circa dieci metri di scalata, nubi nere coprirono il sole mentre l'aria rimbombava per i forti tuoni.

Dannazione...sapevo che il tempo in montagna cambia in fretta...ma questo mi sembra un po' eccessivo...

Non aveva tempo per indugiare: doveva raggiungere un riparo, o almeno un appiglio più solido, prima che cominciasse a piovere, altrimenti sarebbe sicuramente scivolato sulla roccia viscida. Un fulmine rischiarò il cielo, seguito subito da un altro, poi da un altro e da un altro ancora, Mitsunobu rimase abbagliato nonostante gli occhiali scuri mentre sentiva un torpore invaderlo.

Ma cosa diavolo sta succedendo? Devo resistere...altrimenti è la fine...

Ma era tutto inutile, l'ultima cosa che vide tra gli abbagli, prima di perdere definitivamente conoscenza, erano le sue mani che si staccavano dalla montagna...

*°*°*°*°*



Cadeva nel buio, la luce da dove era venuto si restringeva sempre di più. Era in una grotta oscura, si mise a correre, tentando di guadagnare l'uscita che sembrava allontanarsi sempre più...non era in una grotta, era in un cunicolo della residenza del suo clan, ma non per questo poteva fermarsi. Le torce appese ai muri proiettavano infinite ombre, al punto che il tunnel non era minimamente rischiarato...di nuovo buio totale, di nuovo corsa...stava osservando dall'alto la sala grande del suo clan che era però piena di Uchiha che cominciarono a guardarlo con gli occhi perlacei degli Hyuga...tutti composero gli stessi sigilli, una gigantesca fiammata uscì dalle loro bocche, avvolgendolo...tutto era bianco...cadeva nel bianco...nuvole...uscì dalle nuvole, cadeva nel cielo. Sotto di lui un villaggio abbarbicato su vari rilievi rocciosi appuntiti, le cui abitazioni erano tutte collegate tra loro...creature nere indistinte che sembravano uccelli volteggiavano attorno a lui in una danza impazzita...non erano volatili, ma sciami di insetti che lo avvolsero improvvisamente...pervadendo la sua mente con migliaia di piccole voci, di piccoli pensieri...

*°*°*°*°*



Freddo, cibo, vivo...freddo, cibo, vivo...

Erano i suoi Kikaichuu che gli stavano trasmettendo i loro pensieri. Questa era loro lingua, concetti elementari che solo i membri del clan Aburame potevano percepire e comprendere.

Freddo, cibo, vivo...freddo, cibo, vivo...

Fu solo grazie a questa continua ripetizione che Mitsunobu riprese conoscenza. Subito si ricordò di ciò che era successo: la scalata, il temporale, lo svenimento, l'incubo...

Freddo, cibo, vivo...freddo, cibo, vivo...

Il giovane, sebbene fosse già diventato molto esperto nel comprendere i suoi insetti, non riusciva a capire a cosa si riferissero con queste parole.

Va bene, va bene che il diavolo vi porti! Ora controllo la situazione.

Aprì gli occhi e si alzò, stranamente non sentiva dolore in nessuna parte del corpo, trovandosi faccia faccia con un nanetto, (no, aspetta, è un pinguino) di cristallo (O forse è vetro? Ah no, è ghiaccio.) che lo guardava con i suoi occhi vacui.

Dev'essere a questo che si riferivano i miei insetti, ma non sembra un pericolo...Un pinguino di ghiaccio...Ho capito sto ancora sognando...oppure sono vittima di una Genjutsu.

Tentò di usare la liberazione e, notata l'assenza di reazioni, stava per stendersi di nuovo quando vide due figure davanti a lui, un giovane coi capelli castani che era chinato, sorreggendola, su una ragazza dai capelli cobalto.

Mitsunobu arrossì dietro il coprifronte.

Ma dove sono capitato? Questo non è il posto di prima...e quei due...vuoi vedere che ho interrotto qualcosa?

Ma capì che si stava sbagliando: la ragazza sembrava priva di sensi e poco lontano da loro c'era un altra donna dalla pelle bianca e i capelli corvini, di Kiri a giudicare dal coprifronte.

Forse quei due sono stati attaccati...la ragazza è stata ferita o è morta...cosa devo fare? Gli abitanti di Kiri non sono nostri nemici e quei due...un momento...quel coprifronte...anche loro sono di Konoha...devo aiutare i miei compagni!

Stava già per sguainare la Katana, quando si accorse che la situazione era piuttosto strana: non c'erano tracce di sangue né sembrava esserci stato un combattimento, inoltre la Kunoichi non sembrava in procinto di attaccare.

Ma dove diavolo sono finito? Cosa sta succedendo? Non posso azzardare conclusioni affrettate, ho bisogno di informazioni!

Si alzò e si guardò intorno, notando altre persone morte o svenute poco lontane da lui. Inoltre il paesaggio sembrava allo stesso tempo uguale e totalmente differente da quello che era prima che lui svenisse: sul monte era comparso in villaggio, tante piccole case arroccate sulla roccia che si collegavano tra loro tramite ponti.

Ho già visto questo paesaggio...nel sogno...e in un'illustrazione...Kumo? Possibile che sia finito a centinaia di chilometri di distanza dal luogo dove mi trovavo? E poi questo non può essere Kumo...è tutto immobile, disabitato...perfino il bosco sembra morente...spento...

Doveva saperne di più: rilasciò senza farsi vedere un gran numero di insetti a cui ordinò di informarlo su tutte le forme di vita presenti nel raggio di cento metri, di ritrovare la strada per il paesino da cui era partito o eventualmente di identificare il posto in cui si trovavano. Intanto il giovane si mise a osservare i tre sconosciuti: forse loro sapevano qualcosa, se non altro potevano dargli qualche informazione su che razza di luogo fosse quello. In una situazione normale non si sarebbe mai azzardato nemmeno a pensare di rivolgere loro la parola, anzi, sarebbe già sgattaiolato via silenziosamente, ma quella non era per nulla una situazione normale.
Si avvicinò spedito alla donna pallida (Ma quanti anni avrà? Quindici? Diciotto? Venti?) preferendo lasciare stare l'altro, troppo preoccupato per la ragazza dai capelli cobalto per prestargli attenzione. Si sentiva dannatamente in imbarazzo, non si trovava a suo agio con i suoi coetanei, non si trovava a suo agio con le persone, non si trovava a suo agio con le ragazze, non si trovava a suo agio con qualunque cosa che avesse meno di sei zampe.
Fissò la Kunoichi negli occhi ambrati, atteggiando la bocca a un sorriso (invisibile dietro il coprifronte) e disse:

Ehm...Buongiorno...? Sono Mitsunobu Aburame del Konohagakure no sato...stavo scalando una montagna, il Morondor, quando mi ha sorpreso una tempesta e sono svenuto...e...

Intanto i suoi insetti cominciarono a trasmettergli le prime informazioni:

Ci sono altre 8 persone oltre me, non si trova una via per tornare indietro, non si sa dove siamo...mi sa che la mia unica fonte di informazioni sarà questa ragazza...

...si insomma...sono svenuto. Mi chiedevo se...lei...voi...tu...potresti dirmi dove mi trovo...ecco.

Sollevato per essere riuscito a fare un discorso più o meno sensato, aspettò la risposta della donna.
 
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139 replies since 18/3/2014, 14:03   3892 views
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