| Ijiro era un guerriero, ma non un imbecille. Si rendeva conto che quel… luogo? Non era reale, o se lo era, lo era nella mente malata di qualsiasi cosa l'avesse intrappolato, tuttavia non era neanche un fine pensatore tattico, o un analista freddo e calcolatore. Era qualcuno versato nel Kenjutsu, e poco altro. Sapeva di non essere all'altezza del titolo che gli avevano appioppato, così come del nome che portava. Un grande guerriero con un grande nome, un grande destino, una spada al suo fianco e una fila di nemici davanti. Troppo poco, troppo semplice. Sapeva tutto questo, ma davvero non aveva idea di come liberarsi del fardello che portava. Del suo nome, del suo ruolo, della sua spada. Era nato e cresciuto, per fare quello, e probabilmente sarebbe morto facendolo, ma cosa ci poteva fare? E perché farci qualcosa, se in quello trovava scopo e appagamento, filosofia e svago? Se il tuo ruolo nel mondo ti soddisfa, che motivo hai di cambiarlo? Poco importava, in quel momento. In quel momento, aveva una missione da compiere, ovvero liberarsi da quella tenia che aveva preso il possesso del suo corpo -nel mondo reale- e che relegava il suo spirito in questo assurdo calderone metallico. Liberarsene voleva dire sconfiggerlo e, come sempre, questo richiedeva prima e soprattutto comprendere con chi o cosa avesse a che fare. Per fortuna quel genere di avversari amavano le situazioni teatrali -cosa che lui detestava, in realtà, ma a volte servivano allo scopo- e gli fornì qualche indizio su come agire nelle sue roboanti frasi. Palawa. Tutti desiderano qualcosa… un demone tentatore, dunque, e in effetti qualcuno più sveglio di lui ci sarebbe arrivato di fronte a quel torrido scenario dorato. Asciugandosi un rivolo di sudore dalla fronte, decise che aveva trovato ciò che cercava, e non serviva più camminare. Con calma, distese il suo Gi sul "terreno" in metallo, sedendocisi poi sopra a gambe incrociate. Socchiuse gli occhi, cominciando a parlare.
-Questo… calderone di metallo è quello che desidero? Come demone lasci molto a desiderare.-
Il tono profondo e secco non lasciava spazio a dubbi, domande. Lasciava molto a desiderare, punto. Era più un'accusa che una considerazione, quasi fosse stato offeso che i suoi desideri fossero stati male interpretati.
-Non provo rabbia nei tuoi confronti, e l'unica cosa che desidero, ora, è uscire da questa stupida illusione e tornare a fare il mio lavoro. Non penso mi darai questo, e non voglio altro da te.-
Ciò detto attese, sopportando a stento il caldo con stoica rassegnazione. Quel tizio voleva tentarlo? Non ci sarebbe riuscito sicuramente in quel modo, ma non ci sarebbe riuscito comunque, pensava.
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