| .Corvo |
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D emoralizzata principalmente per il mancato successo la piccola quasi si gettò nello sconforto. Si chiedeva dieci, cento, mille volte il perché, non riusciva a concepire tutto ciò. Assolutamente. La sua creazione, o quello che poteva essere il principio di una creazione, sembrava andata in fumo, senza energia alcuna e solidificata quasi fosse una semplice monetina. Triste, abbattuta. Non solo si sentì appesantita da tanto fallimento, ma la convinzione stessa che tale dono le fosse stato dato dal fratello defunto comprimeva sempre più il debole cuoricino, ferma del fatto di aver deluso non solo sé stessa ma il ragazzo scomparso. Un broncio di dimensioni bibliche infine le si stampò in viso, quasi volesse scoppiare a piangere. Di primo acchito inoltre, neanche le dolci parole del ragazzo servirono a placarla del tutto.
M-ma.. I-io..
Frasi spezzate che non facevano altro che esternare e confermare il senso di frustrazione della piccola. Avrebbe continuato così infine, se il ragazzo, stranamente conscio del disagio esternato dalla piccola, non avesse imboccato la via dei gesti d’affetto, prima di buttarsi a capofitto in una descrizione sul chakra che a stento la rossa riuscì a recepire totalmente. Voleva aiutarla, quello sembrava. Nient’altro. Non mostrò altri strani comportamenti che avrebbero potuto metterla in allarme. Lievemente rincuorata così la piccola, strappò un sorriso che non finiva però di trapelare il misto di amarezza e lacrime che tanto aveva imperversato in lei ultimamente. Ci proverò.. Stringeva poi tra le mani il piccolo pezzo di carta che, a quanto disse il biondo, avrebbe rivelato la natura del suo chakra, a lei ovviamente sconosciuta. Infine avrebbe voluto riservare a quest’ultimo una miriade di domande. Era piccola, indifesa e la concezione del mondo non le venne certo in dieci minuti di conversazione. Così, senza riuscire ed emettere un fiato il biondo tanto strano, quanto rincuorante e apprensivo svanì sotto un velo di sabbia, lasciandola sola con sé stessa.
Doveva decidere naturalmente. Avrebbe potuto evitare di seguire i consigli ricevuti e fare come se niente fosse successo. Oppure avrebbe potuto migliorare le sue doti, capire cos’aveva da offrirle il suo tenero corpo e così riuscire a rendere felice e fiero suo fratello. Si chiuse in sé recependo la leggera brezza che poco a poco prendeva il soppravvento sul tepore di Suna; era ora di tornare, a malincuore. [..] Sempre più forte il vento faceva sue le coltri di sabbia inermi sotto tale potenza, venendo sollevate quasi fossero vere e proprie coltri, sferzando ogni cosa incontrata sul cammino. La veste, seppur pesante, rendeva difficoltoso il suo ancoraggio; la piccola difatti teneva a malapena giù il vigoroso indumento non curandosi però della chioma cremisi che libera e ribelle svolazzava grazie all'impetuosa soffiata. Così, infine, se fino a poco fa la piccola mente fosse stata intasata di nuovi pensieri, la visione della porta di casa riuscì magicamente a colpire tra capo e collo la piccola. Non voglio entrare.. Non voglio entrare.. Impossibile da biasimare la piccola, dal momento che nessuna persona sana di mente avrebbe continuato a vivere là dentro. Probabile anche che la sua mancanza non venisse percepita dal giorno seguente. La più difficile delle decisioni infine fu presa: in silenzio, facendo attenzione a non urtare gli oggetti presenti e in assenza della luce, raggiunse la camera. Una rapida controllata e la fatidica decisione su cosa prendere. Uno zaino, pochi vestiti, il suo libro e una manciata di monete raccolte qua e la. Se nessun sano di mente avrebbe deciso di continuare a vivere in quel luogo, di certo non avrebbe scelto su due piedi di fuggire consapevole delle proprie condizioni di salute. Zaino in spalla si ritrovò a percorrere casualmente il primo vicolo avvistato, continuando in direzione di una meta imprecisata. Accompagnata così dal vento sempre più impetuoso, la piccola non s’allontanò relativamente tanto, ritrovandosi di fronte all'edificio più imponente che il villaggio avesse da offrire. Estasiata da cotanta grandezza architettonica, sbalordita, quasi a bocca aperta, lì si fermo ad ammirare la magnificenza dell’enorme caseggiato appena scoperto.
Wow..
Ammirandola nei dettagli perse momentaneamente la concezione di ciò che di lì a breve l’avrebbe investita: una vera e propria tempesta di sabbia. Coincidenza? Il tempo mutava furente di pari passo alla sua vita, che a breve avrebbe preso una piega del tutto inaspettata, forse. Accortasi infine del pericolo imminente prese la decisione più rapida: rifugiarsi al coperto, trovando un cantuccio lungo la perimetria dell’edificio. Trovandosi così al riparo dall’ormai crescente bufera la piccola cominciò a rivedere le sue priorità: era fuggita avventatamente di casa e al momento nulla e nessuno l’avrebbe accudita. Avrebbe dovuto fare affidamento sulle proprie forze, soprattutto sulla sua nuova forza. Nello fluido scorrere dei suoi pensieri si ricordò del foglietto di carta e delle parole del biondo. Al che la piccola, ancora incuriosita dalla sua oscura natura e dalle precedenti parole del ragazzo strinse tra le mani il foglio, quasi fosse per lei l’oggetto più prezioso al mondo e così cominciò a concentrarsi come mai aveva fatto. Essendo del tutto all’oscuro di come si incanalasse il chakra nelle singole parti del corpo, stette quasi venti minuti impalata di fronte al foglietto senza mostrare alcun risultato. Scoraggiata s’accasciò a terra inondata da un profondo senso di frustrazione. Non ne era più in grado? Avrebbe deluso Mito? Il pensiero la tormentava.
Devo farcela.. Mito.. Devo farcela!!!
Urlò infine dando voce a tutte le sue energie che, confluendo come un fiume in piena sul foglietto di carta lo trasformarono istantaneamente in polvere. Doton, la terra. Quella era la sua natura di base; e quindi, come mai era in grado di manipolare il metallo? Solo col tempo l’avrebbe scoperto. Intanto, il chakra, ormai circolante come non mai cominciava a farsi sentire, tanto che la piccola poteva percepirne lo scorrere fin sotto le vene, potente e aggressivo, era il momento. Inginocchiata al riparo dalla tempesta sabbiosa la piccola era diventata pressoché un concentrato di energia tanto che il marchingegno incastonato sulla nuda schiena cominciò a secernere metallo liquido, che, scivolando piano su entrambe le braccia finì col sporcare le mani della piccola, quasi fosse una vera e propria densa pozza. Esterrefatta, quasi contenta, la piccola fece appello alle sue energie per concentrare il chakra esclusivamente sui palmi delle mani e sulle dita, in modo da modellare la sua creazione. Così, facendo scivolare leggermente l’indice destro sul grigio materiale, quasi volesse deliziarsi del dolce contatto, partì con la sua opera. Piccole quantità di chakra rilasciate dai pori situati nelle dita pervasero il fluido, inizialmente in maniera scostante dando vita a picchi di metallo che a poco a poco ritornavano alla forma liquida. Era difficile dare la forma desiderata ad una sostanza così difficile da scolpire, formare. La concentrazione era massima ormai: le gote rosse, paonazze, gli occhi umidi pronti al collasso, accompagnati da uno sguardo fermo e deciso fissavano il liquido e lì, con un gesto rapido e fulmineo dieci dita affondarono simultaneamente nella grigia poltiglia per poi venir estratte simultaneamente dando forma ad altrettanti piccoli coni di metallo; era il momento. Rilasciando istantaneamente una determinata quantità di chakra in modo da bloccare il processo la piccola si rese conto che non serviva un costante afflusso di energia sulle proprie sculture, oh no, doveva solo rilasciarlo in maniera intermittente, nel caso in cui avrebbe voluto donare o rilasciare la forma desiderata. Stette così qualche minuto a sfornare piccole forme geometriche nate dalla sua fantasia, le modellava, donava loro solida consistenza e privava loro la stessa facendole tornare allo stato liquido. Era pronta? Nessuno sarebbe stato in grado di dirlo, dal momento che la vera energia insita nella ragazzina fuoriusciva nei momenti di forte instabilità emotiva. Occorreva imparare a dosare tale potere.
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