Zone Adiacenti, Fiumi e Colline

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view post Posted on 17/1/2014, 15:12
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La paura, che cosa tremenda. Si insinua viscida e subdola, sgusciando attraverso la minima crepa del muro che protegge cuore e mente. Se il muro è privo di crepe, difficilmente riuscirà a superarne le difese, ma una volta che è entrata? Come fare a scacciarla?
Ed ecco che quel muro diventa una lama a doppio taglio: protegge dall'esterno, ma rende difficile espellere il male dall'interno. Alla meglio, puoi cercare di rattoppare i buchi. Una passata di malta sulle crepe, e queste si riempiono. Sei sicuro, almeno finché la malta regge, che nulla sguscerà dentro le crepe, ma come fai a scacciare via quello che è già entrato? Lo affronti a spada tratta, oppure impari a conviverci? Quelle sarebbero state le opzioni più sensate da seguire, ma se la paura fosse tanto subdola e maligna da soggiogarti completamente? Puoi avere tutta la forza che vuoi, la determinazione massima che ti permette di andare avanti, nonostante il suo sussurro nell'orecchio, ma se non risultano sufficienti? Che alternative hai, allora? Scappare, andare il più lontano possibile dalla tua paura, ma quella ormai si è insinuata nelle tue difese, oltrepassato le crepe del muro. A che serve scappare, se questa ti seguirà come un'ombra?
Ora Yumi capiva cosa avevano provato i disertori, perché anche lei, in quel momento, sarebbe voluta fuggire via da li, allontanarsi miglia e miglia da quel fiume che, come un cadavere in putrefazione, emanava il suo tanfo di morte e corruzione.
Un odore dolciastro, che pizzicava il naso e rivoltava lo stomaco... Fosse stato l'odore, il problema, Yumi si sarebbe limitata a fare una smorfia, coprirsi il viso con una sciarpa o il colletto della sua maglia, e avrebbe continuato a combattere. Non era quello, però, la causa del suo male.
Quella nebbia sottile, che affiancava quell'odore, simile al miasma, a QUEL miasma che, da troppo tempo, continuava a tormentare la sua esistenza.
Tutto era iniziato da una missione assegnatale qualche anno prima. Ricordava quell'esperienza in maniera fin troppo distinta... Dopotutto, era stato allora che Watashi si era annidato dentro di lei...


Shinzo era un villaggio come tanti, con la sua brava gente, i bambini che giocavano per le strade... Per non parlare di quell'immensa biblioteca, ricca di libri ricolmi di ogni genere di cultura. Quanto le sarebbe piaciuto fermarsi lì qualche giorno, leggere alcuni tomi... Il destino, però, aveva voluto una fine diversa, per quel villaggio pacifico e tranquillo.
Quando le avevano detto ciò che avrebbe dovuto fare, infiltrarsi nel villaggio e cercare un tomo contenente informazioni utili per sconfiggere Watashi, aveva supposto che si, avrebbe avuto qualche difficoltà, ma mai si sarebbe aspettata quello scenario. Eppure gli abitanti, riusciti a scampare in tempo all'annientamento, l'avevano avvertita, ma niente l'avrebbe mai potuta preparare a ciò che si era ritrovata davanti agli occhi.
Un città fantasma sarebbe stata un'ambientazione decisamente più tranquilla, rispetto a ciò che aveva visto. Shinzo non esisteva più, la Progenie aveva distrutto ogni cosa, lasciando, dove un tempo sorgevano case e altri palazzi, solo un cumulo di macerie. Peccato che quello non fosse stato il loro unico lascito.
La loro presenza aveva irrimediabilmente contaminato l'area. Nessuno aveva saputo definire con esattezza come fosse stato possibile, ma la zona era completamente morta, l'aria resa irrespirabile da una sorta di miasma vagamente violaceo che copriva il tutto come una sottilissima nebbia impalpabile.
L'avevano avvertita di quell'eventualità, dell'alto rischio di contagio, ed era per questo che si era premunita.
Maschera antigas inforcata sul viso, aveva iniziato a frugare tra le macerie, in cerca dell'ingresso della biblioteca. Il dovere la intimava a stare li, a compiere la sua missione, ma il suo istinto le urlava di scappare, di fuggire... Ma era rimasta fino all'ultimo istante... E la sua caparbietà l'aveva premiata, riuscendo a trovare ciò che cercava, ma non sempre la ruota può girare nel verso giusto. Una volta entrata nell'edificio, una creatura mostruosa, un non morto mutato dal miasma, aveva cercato di attaccarla. Astutamente, Yumi aveva preferito evitare lo scontro, facendo cadere la creatura in una trappola da lei tesa, ma vuoi la quantità di carte bomba usata, la detonazione era stata tanto potente da investire pure lei. Ne era uscita viva per miracolo, leggermente ammaccata... E forse era stato allora che il miasma si era intrufolato nel suo corpo, attraversando la pelle lesionata e immettendosi nel circolo sanguigno. A parte un leggero intontimento, non aveva mostrato altri sintomi, in quel momento... E, così, era riuscita a portare a termine la sua missione, ritornando a casa sana e salva, grazie anche all'aiuto di un gruppo di Yotsuki venuti in suo soccorso... Ma il MALE aveva iniziato ad attecchire dentro di lei.

Ricordare quel giorno le procurava sempre un brivido. Allora era solo una ragazzina, mai si sarebbe aspettata che, da quell'esperienza, potesse nascere, dentro di lei, quella COSA.
All'inizio l'aveva percepita come un'ombra, una presenza, nella sua testa, vaga e indistinta. Non le aveva dato molto peso, inizialmente, ma poi... Era successo qualcosa, un avvenimento che l'aveva sconvolta a tal punto da cambiare completamente il suo metabolismo interno, i suoi processi fisici e mentali.
Il ritorno alla dimora del Clan, la scoperta che Kori era sua nonna e la presunta morte di Kaito. Era stato allora che quell'ombra dentro di lei si era fatta più consistente, tanto che la sua voce era riuscita a persuaderla. Era stato allora che era iniziato il processo di "chiusura". Quella voce voleva che si estraniasse, che si privasse dei sentimenti inutili che la rammollivano. Doveva farsi guidare solo dall'odio e dalla seta di vendetta, da nient'altro; ma la forza di persuasione che aveva su di lei era ancora troppo debole, perciò era riuscita a tenerla a bada, a relegarla in un angolo. Poi Kaito era tornato da lei, aveva riappacificato la sua famiglia, pagando il prezzo con la vita di suo nonno. Era stato suo nonno, ad ucciderla, scatenando così un processo che l'aveva resa ciò che era adesso. Invecchiata di cinque anni e col chakra instabile, aveva continuato a vivere la sua vita senza alcuna preoccupazione, finché l'ombra non prese il sopravvento su di lei. La prima volta contro Kaito, la seconda durante la sua ultima missione.
Era stato terribile assistere impotenti mentre il proprio corpo veniva controllato da un altro, rivelando alla luce una Yumi completamente diversa da quello che è in realtà.
E, durante la sua ultima missione, LEI aveva cercato di uccidere Ken, la sua forza rinfocolata dallo stesso Watashi, mentre lei assisteva impotente, rilegata in un angolo buio della sua mente. Eppure, nonostante la paura che le aveva attanagliato il petto, aveva combattuto per riprendere il controllo, finché non aveva preso quella decisione drastica, ma forse l'unica e la più sensata.
Uccidersi, privare LEI di un corpo da sfruttare, privando così Watashi del suo burattino. E l'aveva fatto, la cicatrice sul petto a farle da testimone.
Si era pugnalata mortalmente al petto, ma i Kami erano venuti in loro soccorso... Almeno lei credeva fossero loro.
L'avevano riportata in vita e, con la loro calda luce, rincuorata. Se la luce avesse brillato, calda e forte, nessuna ombra l'avrebbe più turbata, eppure....
Ora lei era lì, il viso una maschera inespressiva, che trapelava una calma che non rispecchiava il suo animo in tumulto. La mano premuta contro la cicatrice, quasi avesse timore che, da quella lesione ormai guarita, potesse infiltrarsi nuovamente il miasma.
Nonostante il viso fosse di una calma tombale, i suoi occhi rispecchiavano il suo tormento, accesi da una luce che la rendevano quasi folle, quando tutto il resto del suo corpo manifestava altro.
Sarebbe ben presto impazzita, ne era sicura... E la stessa paura che era penetrata attraverso le crepe, avrebbe ben presto sfondato i muri dall'interno.
Ecco perché voglio che tu tenti di spazzare via quel miasma. Non ho idea se sia lo stesso nel quale mi sono imbattuta, se causa gli stessi effetti o peggio, ma bisogna fare qualcosa per evitare che le truppe ne vengano a contatto.
Disse Yumi, la voce leggermente incerta, mentre raccontava tutto al ninja col ventaglio. Ovviamente, tenne per se i timori che provava in quel momento, la paura che il miasma potesse nuovamente infettarla o che, grazie a quello, LEI sarebbe potuta ritornare, ma il ragazzo parve comunque intuire dal suo sguardo la preoccupazione che provava.
Con un cenno del capo, strinse il braccio di Yumi, cercando, con quel gesto, di calmarla, nonostante lei manifestasse una calma fin troppo innaturale.
Non posso garantirti nulla, ma... Farò del mio meglio, d'accordo?
Yumi sospirò, stringendo di rimando la mano del giovane, che subito dopo le si allontanò, intenzionato a fare ciò che Yumi gli aveva chiesto... E lo sguardo ritornò nuovamente sul fiume e su quella lieve foschia che lo ammantava.
"Non voglio che lei riprenda il sopravvento su di me... Non posso accettarlo..."
La mano scivolò dal cuore fino all'elsa della sua spada, dove la strinse con una certa premura.
Non doveva farsi prendere dalla paura, ma non poteva nemmeno rimanere lì a piangersi addosso in attesa che il destino si compia....
"Io... Ho vinto una volta contro di LEI. So come batterla, quindi non posso farmi spaventare da... Da quel miasma... Io... Lo combatterò, si. Lo combatterò con tutta me stessa... E, se sarà necessario, non esiterò a fare come quella volta..."
La mano strinse maggiormente la presa sull'elsa della sua spada. Se fosse stato necessario, si sarebbe tolta la vita, piuttosto che permettere a LEI di ritornare... E la mano libera iniziò a comporre i jutsu che le avrebbero permesso di rallentare l'ondata nemica.
"Questa è anche la mia guerra, e non ho intenzione di perderla."
 
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view post Posted on 18/1/2014, 00:41
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♫ Peace ♫

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rascorsa la prima mezz'ora di combattimenti dal pelo dell'acqua fetida iniziò a levarsi una leggera condensa, una leggera nebbiolina che rapida ben presto avrebbe avvolto quelle pianure inoltrandosi fin nelle insenature e nelle trincee preparate ma coprendosi il volto e sfruttando la forza del vento quella minaccia fu attenuata per tempo.

Le truppe più distanti intanto iniziarono un coro ritmico di passi, le videro allargarsi sulle colline per coprire l'intera sponda e fu proprio sotto quel tamburellare incessante che una buona percentuale dei caduti prese a riemergere dall'acqua. Distanti dal punto in cui erano sprofondati le loro mani sbucarono sinistre dalla superficie in agitazione e ricoperti di melma nera tornarono in marcia, chi senza un braccio, chi trafitto, chi cieco da un occhio e chi con il volto ustionato. Più forti di prima e più affamati afferrarono all'unisono le caviglie degli shinobi colti alla sprovvista con una forza e una pressione indescrivibile. Decine e decine di uomini sprofondarono davanti agli occhi increduli dei compagni e alcuni dei primi a ricevere quell'accoglienza furono due dei più giovani, un Kaguya, Akayuki e il nano dalla folta barba. Questi proprio mentre erano impegnati ad intrattenere alcune creature furono accolti in un gelido abbraccio, una morsa gelida e pesante che nulla aveva a che fare con la calma e la purezza delle acque che conoscevano.

Nel mezzo della foschia le loro ossa furono afferrate e trascinate negli abissi.

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ulla strettoia intanto la progenie avanzava imperterrita venendo decimata dalla pioggia di frecce mentre gli esemplari titanici non trovarono ostacoli sul loro lento cammino fermandosi solo una volta giunti in prossimità del guado. A quel punto il capitano Ijiro potè osservare come la progenie dalle gambe veloci risalì in fretta quei colossi risultando unite e organizzate come un nugolo di formiche. Aggrappate alle possenti braccia dei titani si fecero lanciare improvvisamente oltre le difese umane; sibilando in alto veloci come proiettili le creature sorvolarono le truppe e molti di loro laddove incontravano resistenza riuscirono a deviare gli ostacoli allargando gli arti in modo da sfruttare le membrane che li rendevano molto simili a pipistrelli. Bastarono i primi due lanci a creare il panico nelle retrovie, i malcapitati si trovarono quelle mostruosità catapultate addosso senza avere nemmeno il tempo di vederli uscire dalla nebbia. Artigli e zanne alla gola. Perforando le carni attaccavano agli shinobi come ventose, delle piovre dentate che laceravano fino allo strazio e che dopo interminabili momenti di agonia, quando altri shinobi accorrevano a soccorrere chi era intrappolato nelle loro fauci, presero a risplendere di luce propria. Abbaglianti i loro occhi erano fuoco, le bocche deformi e ogni orifizio che risplendendo di luce dorata finì per esplodere. La deflagrazione di ognuno coprì un raggio di una decina di metri e più o meno ovunque in quello spazio raso al suolo l'unica cosa ancora visibile era una polverina ora nera e ora dorata che lenta si poggiava sul pelo dell'acqua.

Tra i genin in fuga e la ritirata a fasi dettata da Ijiro l'esercito iniziò a sfasciarsi, tra chi affogava, chi veniva agganciato dall'alto e chi veniva coinvolto nelle esplosioni furono innumerevoli le perdite in seguito all'imboscata della progenie e lungo le sponde iniziarono a crearsi grandi buchi vuoti dove le rocce erano state distrutte e le trincee abbandonate. Il fiume fu conquistato quasi interamente con una velocità disarmante e i pochi che restavano a combattere in prima linea al fianco del capitano erano forse i più fortunati.. Lo scontro per la conquista di quelle terre durò diverse ore ma infine caduti nel panico le strategie applicate persero d'efficacia e perso terreno l'esercito finì per indietreggiare più di quanto desiderato.


GdROff// Bon ho aspettato fino alla mezza ma Kuroi non avendo ancora postato si becca l'agguato in acqua come punizione per il ritardo, stessa sorte per il compagno npc citato da panda.

Crystal e Arashi, indietreggiando pian piano arriverete sulla terra ferma e vi troverete entrambi nelle vicinanze di numerose esplosioni di progenie che aveva appena dilaniato qualcuno dell'alleanza.

Ijiro nell'infuriare della battaglia avverte una strana sensazione di calma, tra il cozzare di armi e le esplosioni nota all'orizzonte un grosso sole rosso ormai prossimo al tramonto. Capisce che qualcosa non torna, con quel cielo plumbeo e il tempo passato l'oscurità avrebbe dovuto già inghiottire quelle terre e invece il tempo sembra essersi fermato a quell'incantevole tramonto.//GdROn



Edited by ~Angy. - 23/8/2014, 20:36
 
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•Yatagarasu•
view post Posted on 22/1/2014, 01:00




Ijiro si era trovato vicino alla morte un pò troppe volte per i gusti di qualsiasi persona dotata di senso pratico, in special modo negli ultimi anni.
Continue ondate di attacchi da parte di feccia demoniaca avevano dato ragione a tutti, di trovarsi in quella situazione: a dover combattere per ogni metro e passo, cercando di sopravvivere un altro minuto nonostante l'avanzata micidiale, nonostante la disparità numerica. E nonostante questo, erano sopravvissuti, temprati dalle battaglie e dagli ostacoli superati, si erano rialzati dandosi una mano a vicenda.
Ma quello... quello era qualcosa a cui non potevano sopravvivere, e quando vide i cadaveri dei mostri abbattuti fino a quel momento fuoriuscire dai flutti come se niente fosse, se ne rese conto. Nessuno dei presenti avrebbe visto l'alba del giorno dopo, sempre che quelle bestie orride non decidessero di divorare anche il sole.
Ne abbattè una in arrivo con il pomolo della spada, deviando un'artigliata che avrebbe dovuto strappargli la faccia con il fodero della spada. Un movimento fulmineo, e il braccio del mostro cadde a terra.

-Ordinate ai capitani di arrestare la ritirata dietro il canale! Fermate le truppe lì e non andate oltre. Quando l'ultimo si sarà ritirato, aprite le chiuse, inondate qualunque cosa si trovi nel canale, non preoccupatevi per i ninja, noi vi raggiungeremo.-

Alcuni dei presenti venivano già ghermiti e trascinati sott'acqua. Se non erano già morti, lo sarebbero stati da lì a poco, e poteva fare ben poco per loro, se non sperare che ne uscissero e si riunissero alla truppa principale con le loro forze, o aiutati da chi avevano vicino. Ormai era all'imboccatura del guado, e vide esseri volanti superarli e schiantarsi sulle truppe dietro di lui, creando varchi, distruggendone la compattezza e l'ordine, che era la loro vera e unica forza.

-Futon, chiunque sappia usare il vento crei uno schermo, abbatteteli prima che atterrino o teneteli a distanza. Compattate le file, e ritiratevi oltre il canale!-

Lo ripeteva, quasi sgolandosi per superare il frastuono della battaglia. I suoi luogotenenti erano sparpagliati, e combattevano per la sopravvivenza nella prima linea. Ogni creatura che abbattevano era una creatura in meno contro l'esercito di soldati comuni dietro di loro... ma cosa cambiava, se uno solo di quegli orrori bastava per spazzare via un'intero plotone in pochi istanti? Se l'esercito stesso sembrava tremare come una foglia di fronte a qualsiasi cosa?
Pareva non avessero mai affrontato Watashi... e in parte era vero. Quegli uomini comuni, quei soldati semplici, avevano visto schermaglie, fino a quel momento, ma niente altro. Solo i ninja avevano visto quelle situazioni disperate, e solo loro erano abituato a quello fin da prima di Watashi. Ijiro strinse i denti, mentre sangue colava dai tagli e graffi che si era provocato combattendo così vicino al nemico. Un ultima spazzata, e anche lui indietreggiò fuori dal fiume, ritirandosi con gli altri.


-Coprite la ritirata! Alzate mura di terra, spazzate i venti, evocate ondate di fuoco, ma teneteli a bada finchè non riusciamo a riprendere posizione e riorganizzarci!-

Anche in ninja cominciavano ad essere stanchi... e non avevano neanche iniziato a colpire le bestie più grandi. Quei mastodonti, il cui peso faceva tremare il terreno, restavano ben al di là della loro portata. E ovviamente, oltre la portata della spada del jonin. Non pensò a quanto fosse triste e umiliante la sua situazione, non si coprì di un manto di vergogna e odio, non giurò vendetta... inspirò, espirò... e si diresse verso il resto delle truppe, cupo in volto, determinato in spirito. Avrebbe passato i successivi minuti a cercare di dare una parvenza d'ordine a quel gruppo di disperati, e riorganizzare le difese per il secondo round.
Non si chiese se ce ne sarebbe stato un terzo.
Fu allora che vide il sole rosso, all'orizzonte. Un calmo, placido tramonto, nonostante i demoni in volo, l'orda di progenie che attraversava il fiume, le urla dei feriti e moribondi. Pace autentica scese in lui, ma non seppe dire il motivo... di certo, quel tramonto era strano e surreale: l'ora era sbagliata.


"quello non è un sole."

E qualsiasi cosa fosse, non era probabilmente un bene. Strinse il manico della dai-katana fino a farsi sbiancare le nocche. Non bastava il resto?
 
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view post Posted on 23/1/2014, 11:23
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Lo scontro proseguiva nella sua ferocia omicida, mentre sangue continuava ad essere versato, scorrendo copioso da ambo le parti.
Yumi faceva del suo meglio per tenere alla larga quelle bestie immonde, cercando di guadagnare tempo, permettendo così ai suoi compagni la ripiegata, ma quelle creature contro cui combatteva parevano instancabili, mentre lei iniziava ad essere sfinita.
Da quanto tempo stavano combattendo, ormai? Aveva perso la concezione del tempo, ma che importanza può avere, quando hai la Signora con la falce che ti alita sul collo?
E così continuavano a lottare, combattendo con le unghie e con i denti. Entrambe le fazioni perdevano unità tra le loro fila, ma se per Watashi queste parevano infinite, loro iniziavano a cedere terreno, indietreggiando.
Ormai era chiaro, il fiume era perduto, ma non potevano perdersi d'animo, non dovevano. Perché, se avessero perso le speranze, sarebbe stata la fine, per loro. E così, mentre le fila alleate iniziavano a retrocedere, il loro esercito iniziava a smembrarsi, disperdendosi come olio mescolato nell'acqua.
Keiko, dammi un aggiornamento.
Chiese Yumi alla kunoichi di Konoha che l'affiancava, insieme a Koichi, il ninja di Suna. Le lanciò giusto un'occhiata di sfuggita, intravedendo il viso corrucciato, mentre cercava di concentrarsi per rintracciare il resto del loro misero gruppo. Quanti ne erano, all'inizio delle danze? Quattro shinobi e una decina di soldati che aveva avuto l'ardire di tentare la fuga... Per il momento erano stati fortunati. Non avevano ancora subito una perdita, ma quanto sarebbe durata quella loro buona sorte?
La ragazzina dal fisico esile e minuto stese un braccio, a voler indicare il fiume che, pian piano, si era ricoperto di una fitta nebbia virulenta. Su quel frangente, almeno, avevano reagito in fretta.
Temendo un'eventuale contaminazione, si erano premuniti coprendosi il viso con sciarpe, lembi di stoffa o maschere antigas, proteggendo così le vie aeree, ma la visibilità della zona era compromessa, optando così nel ripiegamento... Per lei, kiriana, la nebbia non era certo un problema, però in cuor suo doveva essere grata per quella scelta, di tenersi alla larga da quella nube... Non era ciò che poteva nascondere alla vista, che la turbava...
Rouge è con con alcuni dei nostri, a controllare la situazione al secondo guado.
Disse la ragazza, indicando il guado dove il generale stava combattendo.
Yumi sospirò pesantemente, esasperata. Per ogni progenie che mettevano al tappeto, ce ne erano almeno il doppio pronte a prenderne il posto...
Rabbiosa, scagliò contro la Prole più vicina una raffica di lance di ghiaccio, affiancata dalle folate di vento che Koichi lanciava col suo ventaglio.
Di Gigante, invece? Che mi dici?
La ragazza riprese a concentrarsi, mentre veniva affiancata dai due shinobi. Yumi non si sarebbe mai aspettata di fare squadra con loro, ma la vita è piena di sorprese, no?
Gigante è insieme agli altri, vicino al fiume...E... Per tutti i Kami!
Nel sentire l'esclamazione sorpresa della ragazza, Yumi si voltò, perplessa. Keiko ricambiò il suo sguardo, due occhi castani sgranati dallo stupore, ma che pian piano si stavano riempiendo di terrore.
Il fiume... Yumi, i morti nel fiume...
La kiriana corrucciò il viso in un'espressione spazientita. Che diavolo centravano, adesso, i corpi nel fiume?
Erano morti, alcuni galleggiavano nell'acqua, altri erano sprofondati, ma... che problemi potevano dare?
Si, ad un certo punto aveva temuto che quei mostri famelici avrebbero usato i corpi dei loro caduti per creare una sorta di ponte, evitando così le loro trappole, oltrepassando così l'acqua, ma... Alla fine erano comunque passati, perciò perché diamine Keiko si stava preoccupando dei morti?
Keiko, i morti sono morti. Pensa ai vivi piuttosto.
Ma lo sguardo spiritato che ricevette in risposta dalla ragazza, la mise in allarme. Che stesse male? Che il miasma l'avesse in qualche modo contaminata, facendola uscire fuori di senno? Avvicinatasi, le strinse con forza un braccio, sentendo sotto il palmo la sua esile carne tremare.
Keiko, che sta succedendo, parla!
Forse furono grazie agli scossono che Yumi le diede.... Fatto sta che la ragazzina parve quasi riscuotersi da quell'insano torpore, ma il terrore nei suoi occhi non era svanito, e non era il terrore di un folle, di chi aveva perso la ragione... E ciò mise in agitazione la kunoichi.
Si stanno rialzando, Yumi! Guarda tu stessa! Gigante... Gigante ha appena ingaggiato lotta con i morti!
Ecco, la bomba era stata gettata, e la sua esplosione aveva annientato ogni cosa. Gli occhi della Yuki si sgranarono, spostandosi frenetici verso il fiume. Mollò la presa sul braccio della ragazza, quasi stesse toccando una superficie rovente che rischiava di ustionarla, per poi lanciarsi a capofitto più in basso. Non riusciva a credere a ciò che Keiko le aveva appena detto. I morti non possono rialzarsi e combattere, non possono! E'...è... ”Impossibile, dici? Oh, andiamo, tu stessa sei morta, ma sei qui, viva e vegeta. Chi impedisce anche a loro di usare il tuo stesso giochetto?” Col cuore che le batteva a mille, Yumi si fermò sul bordo di un piccolo salto, alto qualche metro. A duecento metri di distanza, su per giù, vi era il fiume, con la sua nebbia, insieme agli ultimi uomini rimasti a combattere, che non erano riusciti ad indietreggiare, combattendo strenuamente contro la progenie, quelle creature immonde che, sfortunatamente, stavano superando il fiume senza troppe difficoltà. E, in quella mischia celata dalla nebbia, intravide il luccichio dell'ascia di Gigante, che si abbatteva contro una di quelle immonde creature, il cui corpo era completamente puntellato da spuntoni di ghiaccio... Lei stessa aveva visto morire quella infida creatura, come poteva questa essere ancora in piedi?! ”Semplice, stanno risorgendo... Ora sai cosa ha provato tuo nonno, quando ti ha visto rimetterti in piedi, non è così?” Un incubo, ecco cosa doveva essere, quello. Un bruttissimo incubo.
Indietreggiando leggermente, Yumi si voltò, cercando con lo sguardo i suoi due compagni di sventura. A quanto pareva, Keiko le stava correndo incontro, seguita a ruota da Koichi.
Avverti Gigante! Fallo ritirare, ha capito Keiko? Deve ritirarsi subito!
Ma le sue parole si smorzarono non appena sentì le urla provenire proprio dal fiume. E gli occhi di Yumi non avrebbero mai scordato quello che videro, attraverso la nebbia. Le mani dei morti afferrarono i vivi, tirandoli giù, nell'acqua del fiume non più limpida, ma fetida e rancida come il loro sangue. Vide alcuni dei soldati che l'avevano affiancata venire dilaniati barbaramente, trucidati, per poi venir gettati in acqua, chi ormai esanime, chi ancora vivo. E vide Gigante che, afferrato ad una caviglia, mentre si scagliava contro il nemico, cadeva per terra, per poi sparire in quella massa informe e nera che era diventata il fiume.
Yumi non si rese conto di aver iniziato ad urlare il nome del compagno, ne tanto meno si accorse che Keiko e Koichi avevano iniziato a trascinarla via, impedendole di lanciarsi nel fiume per salvare il compagno.
Lasciatemi! Non possiamo abbandonarli! Dobbiamo tirare Gigante fuori di li e...
Lo schiaffo la colpì in piena faccia, tanto forte da farle voltare il viso dalla parte opposta. Gli occhi ambrati rimasero spalancati per lo stupore, mentre la guancia colpita iniziava ad arrossarsi e formicolarle. Era stato Koichi a colpirla, tenendola ora per le spalle, mentre Keiko la fissava supplice.
Cosa vorresti fare? Gettarti in acqua e ripescarlo? E poi chi tirerà fuori te, sentiamo!
Yumi scrutò il viso del giovane. Non era infuriato con lei, ma preoccupato. E la cosa la mandò decisamente in bestia.
Gli occhi si acuirono, mentre un ringhio le saliva dalla gola. Con uno strattone si liberò dalla sua presa, per poi guardare torva la sensitiva. E, a giudicare dalla sua espressione, non avrebbe approvato repliche.
Keiko... Dammi la posizione esatta di Gigante. Lo tirerò fuori di li, anche a costo di andare alla cieca per tutto quel tratto di fiume.
La ragazza di Konoha sbiancò, mentre Koichi iniziava ad imprecare, ma Yumi non diede loro retta, anzi. Avvicinò i palmi della mani, iniziando a concentrare il chakra. Non aveva alcuna intenzione di gettarsi in acqua, ma avrebbe tirato fuori Gigante. E, per farlo, avrebbe usato il ghiaccio, creando delle colonne che gli avrebbero permesso di tirarlo fuori da li... Ma la mano esile di Keiko andò a stringere le sue, facendole perdere la concentrazione.
Le avrebbe dato volentieri uno schiaffo, se non fosse che il suo sguardo pieno di lacrime la fermò, insieme alle sue parole, pronunciate con voce tremante.
Gigante... Dice... Dice che non devi sprecare le tue forze per un piccolo uomo. Ormai è con un piede nella fossa, ha bevuto talmente tanta di quella acqua che... Che se fosse stata sakè, sarebbe già bello e ubriaco...
Le mani si abbassarono, cadendo lungo i fianchi, gli occhi puntati in quelli della giovane sensitiva che, in quel momento, era in contatto col ninja di Iwa che, intrappolato tra le gelide braccia della morte, stava dicendo loro, per mezzo di lei, le sue ultime parole.
Dice... Che non puoi salvarci tutti, che il nostro destino, che tu l'avessi voluto o meno, era questo. Ma lui è soddisfatto, perché... Perché può morire così come ha vissuto, con la sua ascia in mano...
Calde lacrime scesero dagli occhi castani della giovane, rigandole il volto. Anche Koichi era visibilmente risentito, ma Yumi... Il suo sguardo ambrato era impassibile, il viso una maschera di cera, imperturbabile.... Eppure, dentro di lei, sentiva chiaramente che qualcosa iniziava a frantumarsi. Non le faceva male, anzi. Le sembrava quasi che, ogni singola parola pronunciata dalla ragazza, stesse pian piano frantumando quel qualcosa dentro di lei, lasciandola vuota, come se... Come se, dentro di lei, non ci fosse nulla.
Ma ricordati... Che rimarremo uniti fino alla fine, perciò sappi che la mia forza, la mia determinazione non moriranno con me, ma vivranno al tuo fianco, fino alla fine dei tuoi giorni...
A quel punto Keiko chinò il capo, portandosi le mani al viso, per cercare di fermare le lacrime che cadevano copiose, con Koichi che le si era affiancato, cercando di darle sostegno.... E Yumi li osservò, come se stesse osservando un estraneo, come se, quello che vedeva, era la storia di un altro.
Gigante... Gigante era morto, ma lei non provava il dolore che manifestavano i due ragazzi che avevano difronte a se. Si, sentiva qualcosa, una stretta al petto, seppur lieve, ma niente di più...
L'eco di un esplosione la fece voltare, distogliendo subito i suoi pensieri dal lutto imminente.
Ne seguirono altre e, a giudicare dalla loro provenienza, la cosa sembrava preoccupante, perché venivano proprio dalla zona più arretrata, quella dalla quale si erano appena allontanati.
Keiko. Basta piangere. Le tue lacrime non riporteranno in vita i nostri caduti.
Disse con voce tagliente, tanto che alla ragazza scappò un singulto, mentre Koichi la guardò torvo. Possibile che quella donna si stesse mostrando così meschina e senza cuore?
Altre esplosioni susseguirono, e a quel punto anche i due ragazzi iniziarono a mettersi allerta. E il responso che diede Keiko non piacque nemmeno un po'.
I membri della progenie, quelli più colossali, stavano lanciando contro le truppe creature in grado di farsi saltare in aria. Grazie al resoconto di Rouge, lo Yotsuki, Keiko fu in grado di descrivere più o meno il putiferio che stava avvenendo più avanti. Dovevano fare assolutamente qualcosa, non potevano restare a piangersi addosso.
Koichi, ascolta. Stando ai rapporti di Rouge, occorre che, chiunque sia in grado di controllare il vento, ostacoli quei cosi volanti. Bisogna colpirli quando sono ancora in aria e scagliarli lontano con forti raffiche, chiaro? Keiko, io e te dobbiamo raggiungere la seconda linea difensiva, e da li iniziare ad attaccare e ostacolare la progenie che cerca di salirci contro, ok?
Il trio così si divise, Yumi e Keiko che correvano per riguadagnare terreno, fermandosi più di una volta perché ostacolate da qualche progenie.
Solo allora si resero conto di quanto il loro esercito si fosse smembrato, tanto che alcune squadre erano rimaste isolate dal nemico.
”Non ne usciremo vivi da qui...”
Pensò la ragazza, quando sentì all'improvviso qualcosa sibilare proprio sopra la sua testa. Repentina, afferrò Keiko, tirandola verso il basso, evitando così l'impatto.
Una di quelle creature smilze e cadaveriche era planata poco distante da loro e, con i suoi lunghi arti membranosi, aveva iniziato a colpire i soldati più vicini, lacerandoli e sventrandoli. Senza mollare la presa del braccio di Keiko, Yumi se la tirò il più lontano possibile da quella cosa... O era stata Keiko a trascinare lei?
Sta di fatto che, mentre la creatura si divertiva sadicamente a mietere vittime, loro due cercavano di allontanarsi da quella senza dare troppo nell'occhio... Purtroppo non avevano ancora compreso bene come funzionassero quei cosi. Esplodevano quando li colpivi, o era un meccanismo che innescavano loro a proprio piacimento?
Sinceramente, Yumi non ci teneva a scoprirlo, anche perché l'ultima cosa che voleva era rimanere coinvolta in una di quelle esplosioni, ma non poteva neppure lasciarla continuare a banchettare senza alcun impedimento.
Portiamoci ad una distanza di sicurezza, e dopo lo attacchiamo a distanza, d'accordo?
Keiko si limitò ad annuire, anche lei desiderosa di allontanarsi il più possibile da quell'abominio, ma... Gli occhi famelici della creatura si puntarono proprio su loro due, facendole agghiacciare il sangue nelle vene.
Imprecando, Yumi scaraventò dietro di se la giovane, iniziando a comporre sigilli, mentre la belva correva sbavante verso di loro. Il tempo pareva quasi aver assunto una dimensione propria, come se in zone diverse scorresse in maniera differente, come in quel caso... Se i movimenti della bestia parevano essere accelerati, quelli delle sue mani sembravano lenti e goffi, e altrettanto lentamente gli spuntoni di ghiaccio andavano a colpirlo. Si era fatto sempre più vicino e, man a mano che si avvicinava, Yumi poteva intravedere un luccichio sotto pelle, quasi stesse iniziando ad andare in incandescenza.
Stava per esplodere, si rese conto, e si stava avvicinando a lei anche troppo... Ma ecco che la creatura venne placcata di lato da una massa altrettanto luminosa, a malapena visibile la figura mastodontica e muscolosa del ninja di Kumo.
L'armatura Raiton rifulgeva intorno al fisico di Rouge che, con un ringhio animale, teneva fermo sotto di se quell'immonda creatura, tempestandola di pugni.
Yumi, allontanati da qui, subito!
Le urlò, tra un colpo e l'altro, mentre il bagliore della creatura iniziava ad aumentare esponenzialmente, quasi fosse in competizione con quello dello Yotsuki.
Yumi non riusciva a capire... Perché? Perché stava rischiando la sua vita per lei? Possibile che fosse per quel patto che avevano stretto?
Non ebbe modo di darsi una risposta, perché un bagliore accecante l'abbagliò, mentre l'onda d'urto dell'esplosione la scaraventava all'indietro...

[...]

Tutto era sfocato, a tratti completamente avvolto dall'oscurità, i suoni una debole eco. Sembrava quasi che il mondo si fosse completamente ovattato, o forse era colpa della testa, che le faceva dannatamente male?
Con la testa che le urlava dal dolore, Yumi si alzò barcollando leggermente, cercando di riuscire a schiarirsi la vista. A quanto pareva non era stata la sola a rimanere investita dall'onda d'urto, ma chi si era trovato vicino alla detonazione, beh... Non ne era rimasto nulla, nemmeno i cadaveri.
La giovane si portò una mano alla tempia destra, per poi guardarsi le dita impiastricciate di sangue. Doveva aver battuto la testa quando era caduta, almeno avrebbe potuto spiegare il dolore lancinante.
Rouge e Keiko... Dov'erano finiti?
L'ultima cosa che ricordava di aver visto, era il corpo di Rouge evaporare insieme a quello della creatura kamikaze, ma Keiko? Se non ricordava male era vicino a lei, nel momento dell'esplosione...
Iniziò a chiamarla con voce tremante, mentre cercava di rimettersi in piedi, traballante, ma la testa non la smetteva di farle un male cane, ma continuava a procedere, cercando tra i corpi. Ad un certo punto le parve di sentire il suo nome, chiamato con un sussurro, o se l'era solo immaginato?
Sta di fatto che quell'eco lontanissimo che le risuonava nelle orecchie la condusse dalla ragazza che cercava...
Keiko, sta tranquilla, ora ti porto via da qui. Cercheremo un medico e tutto andrà per il meglio, vedrai.
Disse la ragazza, chinandosi sulla compagna che, non appena la vide, iniziò a piangere. Chi voleva prendere in giro? Un medico non avrebbe potuto fare niente, per lei. Keiko si era trovata troppo vicina, a quanto pareva, e ora metà del suo corpo era ricoperto da ustioni di gravissima entità, le gambe erano ridotte a due moncherini cauterizzati... Come faceva ad essere ancora cosciente, nonostante il dolore, Yumi non sapeva spiegarselo... ”Guardala, guarda com'è ridotta... E sai di chi è, la colpa?” Stava per prenderla in braccio, quando sentì la voce della ragazza riecheggiarle nella testa... Dopotutto, le sarebbe stato impossibile parlare, visto che parte della faccia era ustionata.
”Lascia perdere Yumi... Non ci vuole un genio per capire la mia condizione...”
La mano sporca di sangue di Yumi si avvicinò al viso della ragazza, cercando di asciugarle le lacrime, ma aveva paura a toccarla, temendo di causarle altro dolore... Perché era lei la fautrice di tutto quel suo male.
Perdonami Keiko. E' colpa mia sei ora sei ridotta così... Se solo... Se solo non mi fossi riempita la bocca di tutte quelle belle parole... Tu a quest'ora saresti al sicuro nelle retrovie, e probabilmente anche gli altri sarebbero ancora vivi...
”Perché ti ostini a voler primeggiare? Sei solo una patetica Genin, dovresti ricordati qual'è il tuo posto...”
Dovrei esserci io, al tuo posto...
Una lacrima scivolò solitaria lungo il viso della kiriana, che non fece nulla per nasconderla.
”No Yumi, non dire così... Tu... Tu ci hai dato una ragione in più per restare, per combattere insieme, al tuo fianco... Anche se sei un Genin... Tu... Tu hai un cuore molto più maturo... E mi sarebbe piaciuto... Conoscerti meglio, imparare ad essere come te... Una donna che... riesce a rimanere forte, nonostante tutto... Perché tu sei una sopravvissuta e... e quelli come te, riescono ad andare avanti nonostante tutto... Yumi, ti prego... Va avanti, continua a farlo, ma sappi... Che noi non ti lasceremo mai... Resteremo per sempre... al tuo fianco.”
Un lungo sospiro, e di Keiko rimase solo quel corpo martoriato, accasciato accanto a Yumi che, inginocchiatale davanti, aveva lo sguardo completamente vuoto, nonostante le lacrime che erano iniziate a scendere copiose.
Appena le toccò la guancia, questa si sgretolò sotto il suo palmo, quasi fosse fatta di cenere che, portata via dal vento, andò a perdersi lontano... E così fece il resto del suo corpo. Si perse in cenere nel vento, lasciando solo l'impronta del suo corpo sulla nuda terra.
E fu allora che Yumi sentì nuovamente quel rumore, dentro di se, di qualcosa che si rompe, frantumandosi in mille pezzi. Era il suo cuore? No, quello ormai aveva smesso di batterle, tramutandosi in pietra. No, quella che cadeva a pezzi era la sua anima, l'ultima cosa che la rendeva vagamente umana.
”Li hai uccisi tu. E ora soffrirai per il resto dei tuoi giorni, preda del senso di colpa.” No... Niente più sofferenza. Ne aveva patita fin troppa.
Basta soffrire. Basta.
E l'armatura di ghiaccio che copriva il suo cuore lo strinse in una morsa, sigillandolo al suo interno. Più niente l'avrebbe sciolto.


//Mi scuso per il ritardo, ma l'università mi sta pian piano uccidendo.
Purtroppo il post non è dei migliori, spero mi perdonerete >.<//
 
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view post Posted on 26/1/2014, 19:44
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La ritirata fu condotta con parziale successo -per quanto si può chiamare successo una cosa del genere-, gran parte dei guerrieri era ormai quasi dietro la seconda linea di difesa, quando accadde l'inevitabile. Un altro tiro mancino di Watashi. I cadaveri, i morti, i nemici che avevano impiegato così tanto a decimare, gli esseri deformi che avevano tolto la vita a un numero troppo alto di shinobi e samurai... Spesso la morte si faceva beffe degli uomini, ma questa volta aveva raggiunto il limite. Perchè combattere contro un esercito infinito era una cosa, combattere contro un esercito infinito e immortale era decisamente un'altra. Arashi non sapeva nemmeno a quanto ammontavano le perdite da una parte e dall'altra, ma adesso era in grado di quantificarle almeno per l'armata della Progenie. Zero, zero spaccato. Anzi, il fatto che fossero apparentemente morti aveva reso ancor più difficile difendersi dalla prima ondata di "risorti": i combattenti dell'Alleanza erano stati improvvisamente afferrati da mani spuntate innaturalmente dal basso, mani che riconoscevano come quelle dei nemici appena uccisi. Uccisi? O forse abbattutti solo temporaneamente? Arashi osservava con rabbia la fine di quei valorosi guerrieri il cui corpo il fiume bramava. Il fiume, ormai corrotto dal sangue rancido e purpureo della Progenie, che emanava quella nebbia di colore malsano, era stata una valida barriera solo per poco. Adesso l'assalto della Progenie lo aveva inquinato irrimediabilmente e non era più sicuro rimanere nelle vicinanze.
I due Arashi si allontanarono dal fiume, in una cauta e ordinata ritirata strategica, seguendo gli ordini del generale. Solo che neanche quel luogo era al sicuro: i tipi più massicci si stavano prodigando per scagliare i loro piccoli corrispondenti al di là della barriera. Un assalto da tutte le direzioni: davanti, ai lati, sopra, ci mancavano soltanto esseri che sbucavano da sottoterra e l'Alleanza poteva dirsi irreparabilmente circondata. Intanto, la disfatta si avvicinava sempre di più. Non solo gli esseri venivano lanciati oltre le linee difensive come i banali proiettili -e arrivati in mezzo alla compagine di guerrieri cominciavano a creare caos, mutilando arti e strappando vite- ma non sazi di coloro che avevano tolto di mezzo con le loro armi, peccavano di gola nel volerne portare anche altri con sé. Dopo aver massacrato qualche soldato, infatti, i mostri si gonfiavano e brillavano di luce propria fino ad esplodere in un dorato e mortale splendore, l'apice del loro potere probabilmente. Le deflagrazioni iniziarono ben presto a devastare il campo di battaglia, boati assordanti e luce accecante, portando con sé all'altro mondo i guerrieri dell'Alleanza che ancora resistevano. Ormai il Kaguya avea perso il conto della Progenie eliminata, quella sorta di gioco che serviva soltanto a distrarlo, ma il numero era piuttosto alto. Alto, ma non alto abbastanza. Anche perchè adesso si era praticamente ridotto a zero con la macabra scoperta dell'immortalità dell'armata delle tenebre.
Ormai ciò che stavano facendo aveva perso il senso generale di battaglia campale, non potevano più resistere mantenendo una formazione sotto i proiettili viventi che volavano loro contro. Era giunto il momento di porre fine alla strategia combinata dei due Arashi, adesso avevano entrambi cose più importanti da fare. Lo shinobi di Kiri si rivolse al compagno.


Qui le nostre strade si dividono, amico. Ti ringrazio per avermi salvato la vita innumerevoli volte, ma tu ora hai un ruolo più importante da compiere: come vedi le nostre linee si stanno sfasciando, troppo velocemente. Tu sei un Uchiha, hai sicuramente una buona padronanza degli elementi; colpiscili, abbattili prima che tocchino terra! Al momento, è tutto ciò che si può fare per evitare la completa disfatta del nostro esercito! VAI!


E così si separarono: un Arashi da una parte, un Arashi dall'altra. Chissà se si sarebbero più rivisti... il Kaguya sperava di sì, anche solo per scambiare due parole con colui al quale doveva la vita più di una volta. Quando tutto fosse finito. SE tutto fosse finito. Ma per assicurarsi almeno la possibilità che quella visione si avverasse, il genin di Kiri avrebbe dovuto lottare con tutte le sue forze, ancor più di come stava facendo ora. Ignorando per un attimo la stanchezza, il dolore, il sangue, il sudore, le ferite, la morte, Arashi Kaguya fissò l'altro per imprimersi il suo volto nella mente: i capelli fiammeggianti, i fieri occhi cremisi. Ora se ne sarebbe ricordato, quel ragazzo aveva ben più di un favore da riscuotere con il kiriano... e Arashi era una persona che dava grande valore all'onestà e all'amicizia.
Ma il tempo scorre e l'esercito della morte avanzava ancora. Non c'era più tempo. Altri demoni caddero dal cielo, seminando nuovamente il panico. Il ragazzo si guardò intorno, cercando una situazione nel quale poteva essere d'aiuto.

I suoi occhi incrociarono quelli di una Progenie intenta a combattere contro un samurai del Paese del Ferro. Un essere spaventoso contro un guerriero armato di tutto punto, con protezioni in ogni parte del corpo. Non un centimetro di pelle scoperta, se non le mani che impugnavano le due katane gemelle. Katane con cui, Arashi dovette riconoscere con ammirazione, quello sconosciuto si destreggiava con straordinaria maestria. Riusciva a tenere testa a quella creatura dagli arti innaturalmente lunghi e affilati come lame senza cedere, ma non poteva colpire in modo efficace a causa della differenza di raggio d'azione. Arashi scattò in avanti per aiutare il samurai, proprio nel momento in cui questo inciampò all'indietro su di un cadavere, perdendo l'equilibrio. Il mostro demoniaco stava per colpire l'avversario con un fendente ascendente, quando arrivò il Kaguya.


Non... così in fretta!...


Il colpo sorprese la bestia esattamente al centro delle scapole, pregiudicando la buona riuscita del suo assalto che comunque giunse a pochi millimetri dal volto del guerriero a terra, facendogli perdere l'elmo e rivelando una crespa capigliatura bionda e occhi azzurro cielo. Era un ragazzo più o meno della sua età, anche la sua vita legata al destino dell'esercito Alleato. Anche lui, come Arashi, troppo giovane per poter partecipare a un evento del genere. Adesso, però, si trovavano insieme: cosa ne sarebbe scaturito?
Rapidamente, in mezzo alla battaglia, Arashi tese una mano all'altro per aiutarlo ad alzarsi.


Oh, grazie. Ci stavo per rimanere secco, sai? Per fortuna che sei intervenuto...


Disse tutto questo con un sorriso. Arashi si chiese il perchè: erano in mezzo a una battaglia per la sopravvivenza del genere umano, due armate che miravano a decimarsi l'un l'altra. Cosa c'era di divertente? Si accorse con sorpresa che anche lui stava sorridendo: la solarità di quel giovane samurai era stupefacente, contagiosa.
Un fruscio, impercettibile tra tutti i suoi caotici della battaglia; eppure, fu un fruscio chiarissimo alle orecchie del Kaguya. Proveniva dalle sue spalle, dalla stessa direzione di una luce che andava ad espandersi. La Progenie si era rialzata, e la sua pelle luminosa non prometteva nulla di buono. Arashi incrociò le ossa davanti al volto ed estrasse le costole, il samurai strinse le katane fino a far sbiancare le nocche.
L'onda d'urto dell'esplosione li ricacciò indietro di diversi metri, assordandoli e accecandoli. Già ferito, Arashi chiuse gli occhi.

Quando li riaprì, si ritrovò disteso a terra, quasi cadavere. Con un'immenso sforzo fisico e metale, riuscì ad alzarsi, accorgendosi che non stringeva più alcuna arma nelle sue mani. Doveva averle perse nell'impatto. Beh, non era un grosso problema per lui: bastarono un paio di gesti per far uscire due nuove lame ossee dalle loro sedi. A pochi metri di distanza, un cadavere venne gettato via per permettere al ragazzo samurai di alzarsi. Si scosse un po' di polvere dai vestiti, come se nulla fosse successo -impugnava saldamente le katane- e si avvicinò amichevolmente al Kaguya.


*Ma chi diavolo è questo qui?*


Sono Haruki Toujou, piacere di conoscerti.


...Io sono Arashi Kaguya.


Lo shinobi non riusciva a capire se l'altro si rendeva conto di essere su un campo di battaglia oppure vivesse nel suo mondo. Quello che capiva a pelle era che Haruki era abile quanto lui con un paio di armi in mano. E adesso si trovavano fianco a fianco. Una tempesta di spade si stava per abbattere sulla Progenie sfrontata che era giunta tra le linee dell'Alleanza.


//Sorry, this sucks quite a bit :T_T: //
 
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view post Posted on 26/1/2014, 21:03
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econdi, minuti e ore non avevano più senso, nella mischia tra sangue e fango le urla strazianti dei vinti entravano in risonanza con le esplosioni e il ringhiare delle belve. Continuando ad arretrare gli shinobi finirono per essere presi alle spalle e chi non soccombeva agli agguati aerei o non era già sprofondato nel fiume oscuro veniva preso alle dalle retrovie dalla progenie che era stata catapultata via. Rompendo le fila, squarciando e dilaniando ogni cosa che incontravano queste creature infide furono le più difficili da fermare, si avvinghiavano alle persone per mangiarle e chi aveva provato ad avvicinarsi per staccarle non aveva fatto che peggiorare la situazione: sradicato un tentacolo il poveretto di cui riportava uno dei rapporti raccontò di aver visto fuoriuscire al tempo stesso le interiora del compagno che stava cercando di liberare. Tuttavia i provvedimenti presi ridussero di buon numero i danni degli assalti dall'alto, le folate di vento deviarono la traiettoria delle creature spostandole lateralmente e strappando le loro membrane. Il loro volo terminava così in esplosioni in punti casuali e meno deleteri. Il fuoco degli shinobi quando lanciato per tempo completò l'opera andando ad eliminare i volatili prima che toccassero terra ma purtroppo ancora nessuno aveva agito all'origine del problema, gli esemplari titanici erano ancora sulla sponda del fiume e indisturbati continuavano a catapultare la fanteria.


Fu poi tra il riflesso dorato del tramonto e l'oscurità in terra che con grazia si levò piano in tutta l'area una risata affabile, una voce limpida che carica di soddisfazione e di grande divertimento raggiunse le orecchie di tutti i presenti. Ammaliati da un improvviso bagliore furono colti dall'irresistibile voglia di fermarsi ad osservarlo, come incantati. Materializzato dal nulla al limitare tra la prima e la seconda linea era apparso un cavaliere dall'armatura d'oro non più alto o robusto di un buon soldato ma avvolto in un bagliore esteso che ne risaltava le fattezze. Un elmo a doppia punta ne contornava il capo lasciando spazio per il volto luminescente e con in mano una mazza incandescente sembrò richiamare tutti all'attenzione, progenie compresa.

Al suo arrivo il tempo sembrò congelare, la gravità annullarsi e la luce intensa e calda del tramonto a inondare ogni cosa.

Il suo alito dorato preannunciò poi quanto stava per dire facendo risplendere quella che fino a poco prima era solo melma nera e putrescente: al chiarore di quell'essere i riflessi dorati che si levarono dal fango e dalla pece nera lasciò tutti senza fiato, il fiume prese a scorrere più veloce e fluido ora il suo letto accoglieva oro fuso. Il desiderio di poter osservare da vicino qualcosa di così unico fece fare dietrofront ai disertori così come agli shinobi che stavano indietreggiando sotto ordine dei capitani e così in molti, presi dal desiderio irrefrenabile di riempirsi le tasche, si gettarono nel fiume.

???: "E' tempo. Sarà splendido vedrete."

Apparso nel momento più buio il suo splendore avrebbe comunicato al mondo che il tempo del Sole era giunto, che nulla doveva più essere solitudine, rabbia, paura. Tutti dovevano venire a Lui. A lui che era stato un guerriero fedele, un bravo soldato e capitano e che non capiva perchè non riusciva a percepire altro che fame d'avere di più. Le sue labbra si erano mosse da sole, il suo corpo sembrava brillare di luce propria. Le sue spade erano perse ma non gli importava, vedere migliaia di occhi puntati addosso e osservare come quelli l'affanno di quelli che un tempo erano suoi simili gli placò l'animo. Li osservò azzuffarsi per ottenere quelli che ai loro occhi erano preziosi bottini d'oro, li vide risparmiare colpi - perchè che senso aveva sprecare la propria preziosa energia? - e mai sensazione fu più eccitante del vedere la progenie sogghignare beffarda e accanirsi sui litiganti.

j6pwkj


GdROff// V ` ha avvisato via mp della sua assenza e rimedierà appena possibile, quindi libero di ruolare quando torna.
Kuroi manchi da quasi un mese e se non ti fa vivo presto sarò costretta a dare il tuo pg per morto o disperso. Ho visto l'avviso in tag di qualche giorno fa ma capirai che non è giustificabile come per il tuo compagno sopra.

@Panda e Crystal, come per tutti l'arrivo di questo guerriero vi attrae obbligandovi a fermare il raggruppamento ordinato e anzi vi porta ad avvicinarvi nuovamente al fiume e alla prima linea. Siete spinti da una curiosità troppo grande per essere controllata, se stavate salvando un compagno improvvisamente non v'importerà, se stavate attaccando della progenie desisterete dal farlo perchè non vorrete sprecare più il vostro tempo e le vostre energie. Inizialmente anche la progenie reagisce come voi ma dopo che il guerriero ha parlato si svegliano ripartendo all'attacco, siete facili bersagli data la vostra distrazione ma siete liberi di ruolare anche il vostro forte senso di preservazione per quello che avete o vi rimane.

@ Silvio, dato che non è di facile lettura e che non si può dar per scontato, ti dico che quello che gli altri si voltano a guardare è il tuo pg. Un bagliore improvviso ti trasforma in quell'essere trasferendoti come per incanto tutti i suoi pensieri e le sue sensazioni. Sai di essere superiore a tutti loro e sai che è lui a parlare tramite il tuo corpo ma non è chiaramente quello che gli altri vedono. Per te continua Qui//GdROn



Edited by ~Angy. - 23/8/2014, 20:37
 
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Kuroi Inu
view post Posted on 27/1/2014, 23:36





Le grida di battaglia avevano già invaso il campo di battaglia eppure lui rimaneva silente, sbuffando e soffiando quel che bastava per liberare il suo kimè. Inizalmente anche lui si era fatto prendere da quell'entusiasmo e, per un attimo, aveva pensato che sarebbero riusciti ad uscirne vittoriosi. Ma la dura realtà lo aveva colpito non appena era entrato in conflitto con una di quelle creature. Singolarmente non erano un pericolo, non erano forti, non erano agili e, soprattutto, non erano astuti. La loro forze stava però nei numeri che superavano più volte il numero di shinobi a difesa di Kumo.
Mentre lui era impegnato a disfarsi di uno di loro, altri dieci gli passavano impunemente oltre, attaccando altri suoi compagni. Era una guerra di sfinimento.
Non temevano perdite, non temevano le ferite, la loro strategia consisteva nel lanciarsi più e più volte sugli stessi bersagli, nella speranza che la stanchezza li infiacchisse.
Purtroppo quella strategia, fino a quel momento, si era dimostrata più che efficace.
E, come se tutto ciò non bastasse, Akayuki sentiva ancora quella voce, segno evidente che il senno lo stava abbandonando, rimbombargli nella testa, schernendolo.


Cos'è, sei tornato ad essere un codardo?


SAI che non è vero...

Le sue ulne, che spuntavano dai suoi palmi come germogli di bambù, trovarono posto tra le costole di una di quelle creature immonde che venne scaraventata a terra senza tante cerimonie, accompagnata da un crack che non faceva ben sperare per l'integrità del suo collo.

Allora cos'è, mh?


Sei una voce nella mia testa, dovresti sapere perfettamente quello che penso.


E che gusto c'è se non sei tu ad ammetterlo?

Il cadavere del demone appena abbattuto ebbe un ultimo fremito prima di tirare le cuoia, distraendo Akayuki che per poco non riuscì ad evitare la rozza clava di un demone dal naso porcino e dalla pelle dura. Approfittando dallo sbilanciamento causato dal tirare un colpo di mazza senza la minima grazia, il giovane Kaguya piantò una lama nell'occhio del demone, risparmiandogli la sofferenza causata dai diversi tagli minori che gli aveva inflitto

Sai, Tsuki non era così fastidioso.


Ah, davvero? Pensavo di essere una ricostruzione della sua personalità così come tu la ricordavi.


Touchè


Oh, Akayuki che ammette la sconfitta, ti sei veramente rammollito fratellino.


Smettila di chiamarmi "fratellino"


Improvvisamente, tra le tante tracce dal chakra debole della progenie, Akayuki riuscì a percepire una presenza dall'aura più potente. Gli sarebbe piaciuto pensare che la traccia appartenesse ad un altro shinobi che era stato in grado di farsi strada tra la progenie, ma non voleva essere così ottimista.


Non mi sembrava ti desse tanto fastidio quando sono riuscito a tirarti fuori dal piccolo buco in cui ti eri chiuso


Fa silenzio...


Cos'è, ti sei offeso?


Ti ho detto di stare zitto. Non riesco a concentrarmi...


Oh, povero, povero Akayuki, che farai ora? Ti metterai ai piangere?


STA ZITTO!


Il momento di distrazione quasi gli costò la faccia (nonché l'integrità di buona parte delle sue ossa) quando un grosso pugno si abbatté in direzione della sua testa. Animato puramente dall'adrenalina che gli scorreva in corpo, Akayuki si accovacciò e schivò il colpo, guadagnando abbastanza tempo per poter osservare l'aspetto del suo avversario.
Un brivido gli scese lungo la schiena. Il suo avversario era ricoperto da uno spesso strato di armatura e se la sua eredità aveva una debolezza quella era trapassare materiali duri. A peggiorare le cose era la natura dell'armatura. Un armatura forgiata da un fabbro, come quella che indossavano alcuni dei demoni, poteva essere recisa e, soprattutto per un fabbro come lui, era facile individuarne i punti deboli. L'armatura che ricopriva il demone non era minimamente paragonabile a qualsiasi armatura forgiata. Spesse placche ossee ne ricoprivano la pelle lasciando scoperto solo l'unico occhio e le voraci fauci sbavanti.
Un secondo pesante colpo di mano fendette l'aria, avvicinandosi pericolosamente alla sua faccia. Attaccare in quella situazione si sarebbe rivelato inutile poiché ancora non conosceva niente del suo nemico. Apparentemente, l'unica via che avrebbe potuto permettergli di abbattere il Golia corazzato sarebbe stata attraverso l'occhio lasciato scoperto dalle placche.
Un altro colpo, un altra schivata. Ogni volta che sembrava gli si aprisse un opportunità per contrattaccare, il demone deviava le sue lame con le placche sugli avambracci.
Il combattimento era diventato ormai un gioco di attesa e, mentre Akayuki danzava con il demone, centinaia di altri gli passavano affianco, pronti ad attaccare le linee retrostanti.

Vuoi muoverti o no a farlo fuori?

Colpo, schivata, contrattacco, parata.

Sto aspettando il momento adatto

Colpo, schivata, contrattacco, parata.

E quando verrà questo fantomatico momento?

Colpo, schivata, contrattacco, parata.

Arriverà quando questo tipo farà un passo falso

Colpo, schivata, presa e leva.

Questa volta, invece di provare l'ennesimo contrattacco, Akayuki decise di afferrare il braccio del demone che, cullato in un senso di sicurezza dall'abitudine, già si preparava a parare un contrattacco che non sarebbe mai arrivato. Girò la testa di scatto, puntando il suo unico occhio in quelli azzurri di Akayuki. Con un movimento del braccio, il giovane shinobi mise in leva gomito e spalla del demone, premendo sulle giunture. Impaurito dal dolore, il demone tentò un affrettato attacco che impattò contro l'ulna estesa di Akayuki. L'ulna di spezzò, ma le schegge si conficcarono tra le squame dell demone lasciando un mozzicone abbastanza lungo da permettere al Kaguya di conficcarlo nell'occhio del Golia accecandolo. Usando i principi base dell'auto-difesa, appresi all'accademia, il giovane Kaguya accentuò la leva, portando lo scalpitante gigante a terra. Fissando il braccio in leva con la gamba, lo shinobi prese il Golia per la testa e lo spinse ulteriormente sull'ulna fratturata finché un crack non mise fine al suo scalciare.
Con un fiotto di sangue nero ed un rumore tonfo, la testa del gigante ritornò a terra.
Ansimante ma vittorioso, Akayuki si rialzò. Intorno a lui regnava uno strano silenzio, la maggio parte dei demoni lo aveva già superato mentre era impegnato con il Golia.
Il corpo mezzo sommerso di uno dei demoni lo fissava con occhi vuoti.

Neanche tu te la passi troppo bene, eh? Beh, suppongo che ognuno ottiene ciò che merita.

Per un attimo gli sembrò di notare un fremito nei suoi arti, ma fece presto ad imputarlo alla stanchezza...Sarebbe stato meglio se non lo avesse fatto.
Nel momento in cui il ragazzo voltò le spalle al cadavere, questo si rianimò afferrandogli una caviglia. Con forza inaspettata per un cadavere, strattonò la gamba di Akayuki, mandandolo a terra. Troppo stanco per reagire, il ragazzo non riuscì ad opporre resistenza alla forza che lo trascinava verso l'acqua, ma certamente non avrebbe permesso che un cadavere lo affogasse senza opporre resistenza. Cominciò a menare colpi ciechi al braccio con l'ulna integra tentando di recidere la mano, senza fortuna. Non appena l'acqua nera cominciò a lambirgli le gambe, decine di altre mani si unirono a quelle del primo cadavere. Per ogni mano che amputava, altre due sembravano prenderne il posto, come un piccolo Idra famelico dalle mille mani dedicato a traghettarlo verso una morte lenta e straziante.
La stanchezza aveva ormai infiacchito le sue membra e gli aveva annebbiato la mente.
Nella confusione Akayuki accarezzò persino l'idea di amputare le sue stesse gambe pur di sfuggire alla morsa di quelle mani. Quel poco di razionalità che gli era rimasta gli fece decidere diversamente. A cosa serviva uno shinobi senza gambe? Forse sarebbe stato meglio morire di una morte straziante e ben poco onorevole, ma sul campo di battaglia, piuttosto che vivere, solo e inutile, nella sicurezza del suo villaggio attendendo l'inevitabile.
Abbandonata ogni resistenza e rincuoratosi di non essere stato inutile, Akayuki non si oppose alle mani che lo trascinavano, non si oppose all'acqua che gli riempiva i polmoni e non si oppose all'oscurità che pian piano gli stava occupando la vista.
Solo una voce, solitaria e disperata, rimbombava nella sua mente.

Akayuki? Akayuki!? AKAYUKI!!
 
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view post Posted on 28/1/2014, 15:55

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Mollare tutto.
Lasciarsi andare, farsi colpire, crollare a terra e morire, liberandosi così di tutte quelle voci nella sua testa, tutte quelle preoccupazioni, tutti quegli obblighi.
Liberarsi di tutto.
Perchè non farlo, in fondo? Sarebbe stato così dannatamente facile: era la cosa più semplice, la più logica.
Forse avrebbe avvertito un po' di fastidio, magari dolore, mentre una tra le tante spade di quelle creature senza nome figlie di Watashi avrebbe trapassato la sua carne e reciso il suo sottile legame con la vita.
Dopo però...Dopo avrebbe potuto sdraiarsi a terra e riposare e forse, chissà, si sarebbe sentito felice come non mai.
Sì, forse era quello che doveva fare: lasciarsi fracassare il cranio da un'ascia, farsi scuoiare vivo a mani nude da uno di quei terribili mostri, soffrire e sopportare per qualche secondo per poi liberarsi da quelle catene che ancora lo tenevano ingabbiato in quel mondo. Tanto, cosa poteva fare un ragazzino come lui in mezzo ad uno scontro tanto brutale? La sua morte di certo non avrebbe cambiato nulla: era tutta una questione di secondi, di attimi, prima che l'esercito del dio riuscisse a conquistare Kumo e a spazzare via la futile ed insignificante resistenza dell'Alleanza.
E se lui fosse rimasto lì a combattere, di certo le cose non sarebbero andate diversamente: pur combattendo con tutto ciò che aveva, con tutte le sue forze, tutto quello che avrebbe ottenuto sarebbe stato ritardare di neanche mezzo secondo quel momento in cui, lo sapeva, avrebbe visto le forze di Watashi radere al suolo il villaggio, uccidere i suoi compagni, quelli con cui aveva combattuto fianco a fianco, sterminare intere famiglie e, soprattutto, portarsi via la sua Misato che combatteva chissà quanti metri sopra di lui.
Però forse non era un male, forse dopo la morte c'era altro: sua nonna gliene aveva parlato continuamente durante gli ultimi attimi che avevano passato insieme, forse perchè aveva intuito che la sua ora era giunta e che lei sarebbe passata a miglior vita.
Lui aveva avuto paura, perchè la prospettiva di non rivedere più la persona a cui teneva di più al mondo era non solo non gli piaceva affatto, ma lo terrorizzava.
Gli aveva detto che dopo c'era altro e lui le aveva creduto, perchè sembrava così certa di quello che diceva, come se ci credesse veramente, come se fosse possibile che due persone potessero ricongiungersi chissà dove dopo la morte.
Quindi, magari, se avesse mollato in quel momento avrebbe potuto rivedere lei e tutti quelli che, di lì a poco, sarebbero caduti dopo di lui: non era poi così male come idea.
Avvertì diverse gocce di sudore bagnargli la fronte mentre ripeteva meccanicamente i sigilli necessari a bloccare la progenie nelle sue illusioni: il suo corpo lavorava da solo, mentre la sua mente viaggiava lontana dal campo di battaglia.
Gli altri utilizzatori di genjutsu continuavano a suonare quella devastante sinfonia, i volti contratti in smorfie concentrate e, in alcuni casi, impaurite: esattamente come lui, cominciavano a rendersi conto che l'esercito nemico li superava di gran lunga nei numeri.
Per ogni mostro che riusciva a fermare grazie alle sue illusioni, ne spuntavano fuori altri tre ancora più grossi e decisi a decapitare qualsiasi essere vivente si trovassero davanti: non importava quanto si impegnassero, c'era sempre un nemico pronto a prendere il posto di quello appena abbattuto e i loro alleati che combattevano in prima linea cadevano, uno dopo l'altro, nell'oblio.
L'unica cosa che lo teneva ancora con i piedi per terra, responsabilizzandolo, era il fatto che, indietreggiando un passo alla volta, continuava a coprire le spalle del ragazzo che combatteva utilizzando le sue stesse ossa come spade: per più di una volta, anche grazie alle sue illusioni, il Kaguya riuscì a sventrare e decapitare i nemici che inseguivano le Forze Alleate in ritirata.
Era una strategia che aveva permesso loro di creare disordine e scompiglio tra le linee nemiche, ma per quanto ancora sarebbe durata?
Preso com'era dai suoi pensieri e dalla foga dello scontro, inizialmente non si rese nemmeno conto della progenie che volava sopra le loro teste e causava quelle potenti deflagrazioni che aveva avvertito poco prima.
Tuttavia, quando il suo piede sinistro si poggiò su di una sostanza morbida e calda, fu costretto a distogliere lo sguardo per un attimo dalla schiena del compagno che combatteva davanti a lui e un'espressione di puro orrore si dipinse sul suo volto.
Non sapeva cosa fosse, ma di una cosa era certo: quella poltiglia che aveva appena calpestato, un tempo probabilmente apparteneva a qualcuno.
Forse era lo stomaco, l'intestino o il fegato di una persona.
Incredulo, si guardò intorno e vide diversi mostri gonfiarsi e poi esplodere, portando assieme a loro nell'oblio decine di altri soldati dell'Alleanza: la cosa che più lo colpì furono le espressioni di quegli esseri, tutte così soddisfatte, come se per loro suicidarsi così fosse non solo normale, ma bello, piacevole.


"Merda...E' terribile."

Lo sconforto ebbe la meglio su di lui: non sapeva che pensare, non sapeva che fare, aveva persino smesso di aiutare il Kaguya con le sue illusioni, mentre alcuni dei flautisti che avevano accompagnato la loro ritirata cadevano vittime delle numerose esplosioni attorno a loro.
Vide l'altro Arashi rivolgersi verso di lui: in mezzo al frastuono capì poche delle sue parole, ma gli bastarono.


"Strade...Dividono...Uchiha...Elementi...VAI!"

Non se lo fece ripetere due volte.

Arashi: "Sta attento! Vedi di non morire!"

Non c'era molto altro da dire, quindi incrociò lo sguardo del Kaguya per una frazione di secondo e sperò che, con quel solo sguardo, quello potesse recepire il suo messaggio: "grazie, vivi".
Poi, ancora scosso per quanto aveva visto, cominciò a correre verso un gruppetto di shinobi a una ventina di metri da loro: anch'essi erano impegnati a coprire la ritirata, ma non utilizzavano le genjutsu, bensì tecniche elementali, deviando le traiettorie dei nemici che venivano catapultati in cielo.
Cadde un paio di volte, ostacolato dagli spostamenti d'aria generati da quelle che erano delle vere e proprie granate viventi, ma si rialzò e riuscì a raggiungere, seppur con difficoltà, quel gruppo di shinobi.


Arashi: "Fuoco! Usiamo il fuoco combinato col vento, riusciremo a respingerli!"

Un uomo sulla quarantina, dalla barba folta e riccia, si girò e lo squadrò con espressione dura.

???: "Credi che non ci abbiamo già pensato, ragazzino? E' quello che stiamo facendo, ma vedi, non è proprio una passeggiata! Se puoi aiutarci muovi il culo, altrimenti lasciaci lavorare e levati dalle palle!"

Resistendo alla tentazione di sferrare un pugno a quel tizio, cosa di cui si sarebbe evidentemente pentito viste le sue non trascurabili dimensioni, lo affiancò e cercò di capire cosa stava succedendo.
Gli esseri giganteschi che si erano bloccati sul corso del fiume venivano utilizzati come delle vere e proprie catapulte, lanciando così la progenie alle spalle delle Forze Alleate in ritirata e impedendone, quindi, la ritirata stessa.
Componendo i sigilli, utilizzò la Tecnica della Palla di Fuoco e quella della Pioggia di Fuoco per cercare di colpire tutti quei mostri che venivano deviati dalle tecniche elementali di vento, mossa che si rivelò abbastanza efficace, dato che la potenza del suo elemento veniva raddoppiata da quella del vento.
Riuscì ad abbrustolire diversi nemici in quella maniera, anche se ne mancò alcuni; inoltre, gli shinobi ben addestrati all'utilizzo di ninjutsu che potevano utilizzare tecniche di elemento vento riuscirono a deviare la maggior parte delle creature catapultate in cielo da quegli esseri giganti.
Tuttavia, la situazione non era delle migliori: attorno a lui la progenie continuava a d esplodere e ben presto si ritrovarono quasi accerchiati, tanto che uno di quei mostri riuscì a farsi strada fino al gruppo di shinobi e a prenderlo alle spalle senza che lui se ne accorgesse, preso com'era dal combattimento aereo.
Per sua fortuna, però, l'uomo dalla folta barba si accorse appena in tempo della presenza di quel mostro: girandosi con uno scatto fulmineo, affondò la sua spada nel collo della creatura, per poi decapitarla senza la minima esitazione.
Quindi, sollevata senza troppi sforzi la carcassa di questa, la scaraventò via a diversi metri di distanza.
Arashi rimase a guardare quell'uomo a bocca aperta per più di qualche secondo.


???: "Quindi? Vuoi farmi un applauso o vuoi tornare a sputare fuoco? Dio santo, ma voi della Foglia siete sempre così ingenui? In guerra devi avere gli occhi pure sul culo se non vuoi finire con la testa da una parte e il corpo dall'altra come quella bestia, capito?"

Scosso, ci mise un po' prima di rispondere.

Arashi: "S-sì, grazie signor..."

Fumio: "Fumio. Testa in alto, ragazzino, ne arrivano altri."

Continuarono a darsi da fare per diversi minuti, mentre le forze in lui venivano lentamente a mancare: si sentiva sempre più stanco e l'idea di lasciarsi morire era sempre più allettante.
Le cose non migliorarono quando si accorsero che diversi nemici che avevano abbattuto in precedenza erano tornati in piedi come per magia, pronti a continuare a combattere: non ne fu sorpreso, poichè aveva, per sua disgrazia, già avuto a che fare con soldati simili.


Arashi: "Tagliategli la testa, decapitateli, inceneriteli! Non basta ucciderli, dobbiamo distruggerli!"

Urlò con tutto il fiato che aveva in corpo mentre continuava ad indietreggiare e, allo stesso tempo, prendeva la mira su uno dei tanti mostri che volava letteralmente sopra le loro teste.
Era il caos più totale, l'inferno, e quello che era peggio era che sembrava non avere fine.
Tuttavia, all'improvviso, tutto sembrò fermarsi.
In un primo momento pensò che un altro essere schifoso gli si fosse avvicinato alle spalle e che stavolta Fumio non avesse fatto in tempo a salvarlo.
poi si rese conto di non avvertire nessun dolore: no, non poteva essere morto.
Ma allora, cosa diavolo stava accadendo?
Un suono indecifrabile giunse alle sue orecchie, un suono che in mezzo a tutto quel casino sembrava forzato e fuori luogo.
Un cavaliere dall'armatura dorata rideva in mezzo al conflitto e tutti, progenie compresa, si erano fermati ad ammirarne la magnificenza: era strano, non sapeva perchè ma quella figura così splendente sembrava in qualche modo catalizzare l'attenzione di tutti i presenti sul campo di battaglia.
Poi, quando parlò con voce affabile e maledettamente sicura, tutto attorno a loro sembrò trasformarsi in oro: la natura di quel posto sembrò cambiare e il fiume, fino a poco fa ridotto ad un miscuglio di membra, sangue e fango, risplendeva ora della stessa luce dell'armatura del soldato.
In molti si catapultarono verso quel fiume, in molti persero la testa e cominciarono a correre verso di esso abbandonando scudi e spade, rompendo le righe, dimenticandosi del conflitto, perchè come poteva esserci conflitto quando, in mezzo a loro, se ne stava una creatura così splendida come quel cavaliere?


[...]



Un tempo forse si sarebbe chiesto da dove veniva quel tizio, come fosse possibile che nessuno prima di quel momento si fosse mai accorto della sua presenza sul campo di battaglia.
Ora però, tutto quel che importava era che lui era lì, in mezzo a loro.
Lasciarsi andare, morire affogato in quella luce dorata.
Smettere di combattere, smettere di soffrire, lasciare che una delle tante spade anonime trapassassero la sua carne e accasciarsi al suolo, annegando nella luce di quell'essere.
Era allettante, era piacevole.
Mosse qualche passo verso il fiume, ne era attirato anche se non capiva il perchè: dell'oro non gli era mai importato nulla, ma vedeva gli altri correre verso di esso e provava l'indecifrabile impulso di fare altrettanto.
Era tutto lì, in quel momento, e doveva decidere in fretta: abbandonare la posizione e correre, liberandosi così di ogni preoccupazione.
E Kumo? E la sua famiglia? E i suoi amici? E Misato?
Beh, c'era il dopo, no? Tanto che importava? Se fosse morto lì sarebbe stato uguale, Watashi avrebbe comunque vinto.
E poi, in fondo, quel cavaliere era così rassicurante...Magari la vittoria di Watashi non era poi una cosa così negativa: voleva dire libertà, finalmente, nella morte.


"Sempre il solito, eh? Possibile che appena vedi una strada facile la prendi? Il solito debole."

Sgranò gli occhi.

"Vuoi uscire dalla mia testa? Chi cazzo sei tu?"

"Ah...Quante volte devo dirtelo? Io sono te, stupido! Ora levati dalla testa 'ste idee da depresso e rimettiti a combattere."

"La fai facile tu. Non sei mica qui. E poi che cambia? Tanto prima o poi muoio anch'io, e allora mi pentirò di non averlo fatto quando mi sentivo pronto, cioè adesso..."

"E tutte le persone a cui tieni? La tua famiglia e il resto?"

Resistette alla tentazione di scoppiare a ridere, se non altro perchè, nonostante avesse ormai accettato l'idea di essere pazzo e di sentire quella voce, aveva paura che anche gli altri lo prendessero per tale.

"Pfff...Certo, e cosa cambio se combatto qui? Cosa gli offro? Mezzo secondo in più di vita? E che se ne fanno?"

Lo vedi, il solito idiota...Quel mezzo secondo è importante. Quel mezzo secondo può fare la differenza e tu lo sai! Finchè ci sarai tu a metterti in mezzo tra i tuoi cari e quel dio, finchè loro avranno quel mezzo secondo, gli offrirai una speranza. E' il massimo che puoi fare ora come ora, ma fidati, non è poco."

Rimase fermo a guardare la progenie dilaniare i cadaveri di quelli che si erano gettati nel fiume. Non capiva.

"Perchè mi dici questo...?"

"Perchè non voglio morire, no?"

Strinse forte i pugni. La tentazione era tanta, ma quella voce lo tratteneva dal raggiungere gli altri soldati che si buttavano tra le braccia della morte: non sapeva cosa fare in quel momento, ma di certo non voleva morire, non ora.

//Scuse¹º per il ritardo, ma l'università mi ha dato il colpo di grazia in questo periodo.
Dunque, ho cercato di recuperare il recuperabile in un unico post, spero che il risultato sia quantomeno decente D://

 
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Per quanto tempo era rimasta lì ferma, immobile? Inginocchiata sulla dura roccia, con le ginocchia che dolevano per quel contatto duro e il peso del suo corpo, Yumi non se ne curava. I suoi occhi vedevano solo l'alone di terra bruciata davanti a lei, gli ultimi granelli di cenere della giovane Keiko che volavano via, adagiandosi placidamente su quel fiume nero come la pece.
I rumori della guerra le giungevano completamente ovattati, non sentiva nulla, se non una voce, QUELLA voce, riecheggiarle nella testa, ripetendo senza sosta la solita frase.
"Tutto questo è colpa tua."
Possibile che fosse davvero così? Che le loro morti, quelle di Gigante, Rouge e Keiko, insieme a quelle dei soldati che l'avevano affiancata, fossero davvero avvenute per causa sua?
"Perché tu sei un'inetta e hai permesso loro di dare fiducia ad una che non la merita per nulla. Ma è la storia della tua vita questa, non è così piccina mia? Dopotutto, chiunque ripone un minimo di fiducia in te, poi muore. Prendi Kaito, per esempio. E chi altro c'è? Tua madre, probabilmente anche tuo padre... E tuo nonno, non lo vuoi contare? Non si fidava di te, ma l'hai comunque ucciso tu..."
Yumi alzò lo sguardo ambrato dal terreno, e i suoi occhi incrociarono quelli di una giovane donna che, esattamente dove un tempo giaceva Keiko, era lì, inginocchiata d'innanzi a lei, e un sorriso amaro le si dipinse sul volto.
Yumi conosceva perfettamente la donna che le stava davanti: la vedeva ogni qualvolta si specchiava in una superficie riflettente. Stesso ovale del viso, stessi capelli lunghi e corvini, stessa curva allungata degli occhi, ma il loro colore era diverso. Non ambrati, ma neri come pozzi senza fine.
"Cos'è, credevi di esserti liberata di me, piccina? Questo mostra quanto tu sia stupida. Io sono un'ombra del tuo cuore che c'era, c'è e ci sarà sempre, rassegnati, indifferentemente da Watashi o meno... Anche se, devo ammettere, senza il suo aiuto non avrei mai e poi mai avuto tanta consistenza. Lui mi ha permesso di avere una voce, e ora tu mi ascolterai, che ti piaccia o no."
E ritornare ad essere la creatura senz'anima, completamente priva di un barlume di vita, dedita solo al sangue e alla vendetta? No, quella vita non faceva per lei... Ne avevano avuta un assaggio, quando aveva incontrato suo nonno, e mai e poi mai si sarebbe permessa di ricadere in quel circolo vizioso.
E a che servirebbe? Ci siamo già passate, per quella via, lo sai... E non ce ne esce nulla di buono.
L'altra Yumi rise divertita, mentre si alzava e si portava alle spalle della Yumi dagli occhi ambrati, per poi cingerla in un abbraccio, posando la testa nell'incavo sinistro, tra spalla e collo.
"Sciocchina di una piccina. No, niente vendette o robe varie questa volta... Le vesti della vendicatrice non ti si addicono per niente, anche perché non ne saresti neanche in grado, debole come sei... Però, tu lo sai, c'è un modo per trovare la forza che serve."
Yumi rabbrividì nel sentire il fiato sul collo di se stessa, portandosi istintivamente le braccia a stringersi il petto.
No... Non voglio prendere quella strada, io... Io voglio solo tornare ad essere quella d'un tempo.
Sbuffando, l'alter-Yumi strinse con forza maggiore le braccia intorno al petto dell'altra, mentre iniziava a mordicchiarle molesta un'orecchio.
"Non potrai mai tornare ad essere quella d'un tempo, perché non vuoi rassegnarti?"
Perché lei, infondo al suo cuore, ci sperava ancora. Tornare ad essere la Yumi solare e felice, capace di ridere e scherzare con tutti, timida e impacciata con le nuove conoscenze, capace di amare... Ma la vita le aveva strappato troppo presto quella beata fanciullezza, accanendosi a tal punto da cercare di spegnere con fervore e accanimento quella fiamma che scaldava il suo corpo di ghiaccio. Lei, così diversa dagli altri gelidi Yuki proprio per quella fiamma che covava nel suo cuore. Quella fiamma che la rendeva simile a sua madre.
L'alter-Yumi sospirò nuovamente, questa volta tristemente. Con mani estremamente delicate, prese il viso di Yumi tra le sue mani, accarezzandoglielo dolcemente.
"Guarda come ti sta riducendo, cercare di mantenere viva quella fiamma. Ti stai distruggendo, e per cosa? Per cercare di tenere acceso quel barlume di speranza che ti tiene incatenata alla tua umanità?
Hai visto cosa succede, ad appoggiarsi sulle proprie emozioni, sui propri sentimenti. E cosa ne hai ottenuto? Solo dolore e sofferenza, che sia stato l'appoggio che facevi sull'amicizia o sull'amore, il risultato non è cambiato."
Yumi abbassò lo sguardo, incapace di mantenere il contatto con quegli occhi neri e senza fondo.
Possibile che non ci fosse alcuna speranza di salvezza? Lei, da piccola ingenua qual'era, sperava ancora con tutto il cuore di poter tornare a sorridere, eppure l'altra Yumi aveva ragione, a malincuore doveva ammetterlo. Si era ancorata disperatamente alle sue emozioni, ai suoi sentimenti, e in cambio aveva ottenuto solo tanta, troppa sofferenza. E non riusciva più a tollerarla.
La morte di quei soldati, dei suoi compagni d'arme, erano stati la ciliegina sulla torta, o meglio, la goccia che aveva fatto traboccare il vaso, però...
Non tutto è perduto, però... Ho ancora un'altra possibilità. Quel ragazzino. Se riuscissi a salvarlo...
Lo schiaffo arrivò inaspettato, tanto da farla quasi cadere di lato, gli occhi neri parevano ancora più profondi e voraci, mentre la rabbia iniziava a trapelare dal viso dell'alter-ego.
"Non l'hai ancora capito!? TU non puoi salvare nessuno! A malapena riesci a salvare te stessa. Guardati! Sei e resterai sempre schiava del sistema, delle tue emozioni e di te stessa. Possibile che non riesci a capire? Non c'è altro modo per liberarti."
Detto questo, la donna si alzò, per poi incrociare nuovamente lo sguardo nero con quello ambrato. La tristezza trasparì dalle sue parole, mentre l'espressione sul suo viso si raddolciva, facendosi rammaricato.
"Devi spegnere quella fiamma, non c'è altra via d'uscita, mi spiace."
E, detto questo, una folata di vento, che trasportava altre ceneri, la disperse, svanendo nel nulla.

[...]

Era davvero questa, l'unica soluzione per la fine dei suoi problemi? L'annullamento totale?
E poi, di lei, che ne sarebbe rimasto?
Nulla, se non un vuoto guscio duro e freddo, ma lei non voleva questa fine, non l'accettava, non riusciva proprio a contemplarla, eppure... Era l'unica strada, l'unica via per la sua salvezza, per la salvezza del suo animo e cuore travagliato.
Perché non sarebbe mai riuscita a sopportare, a tollerare un altro dolore. Aveva sofferto troppo, nella sua giovane vita...
Che cosa assurda che è il tempo. Poteva avere una diversa concezione, il bastardo.
C'è il tempo nel suo scorrere fisico: i giorni, i mesi e gli anni che si susseguono, e, sotto quel punto di vista, lei ne aveva solo sedici, nonostante il suo corpo ne mostrasse di più, facendola somigliare ad una ventenne.
E poi, c'è lo scorrere del tempo in base alla maniera in cui lo si è vissuto, e lei, per colpa di tutto ciò che aveva patito, in quei sedici anni, sentiva di averne vissuti molti di più, troppi di più.
Si sentiva già vecchia, dentro l'animo, quando lei, in realtà, voleva solo tornare ad essere la sedicenne allegra che mai sarebbe stata.
Piangere su ciò che si è perso è una perdita di tempo, ne era consapevole... Possibile, però, che non si potesse salvare il salvabile?
Chissà, magari un giorno sarebbe arrivata l'occasione adatta, la svolta che le permetterebbe di ridar vigore a quella fiamma, ma non era quello il momento.
E, con sommo rammarico, una pesante coltre di neve andò a spegnere le braci del suo cuore.

[...]

Combattere. Combattere senza darsi tregua alcuna, senza dare tregua alcuna. Non restava da fare altro, se non questo: combattere, combattere per cercare di retrocedere alla furia del nemico, combattere per ottenere la propria salvezza. E lei avrebbe combattuto, avrebbe continuato a farlo fino alla fine del suo tempo, non avrebbe smesso di farlo, fermandosi solamente quando il suo cuore avrebbe smesso di battere, l'aria entrare nei polmoni e la pelle diventare gelida.
Avrebbe combattuto fino alla morte, che fosse contro Watashi, contro Kiri, contro chicchessia, non aveva importanza.
Perché le restava solo questo. Combattere, con tutta se stessa, mettendo in ogni suo colpo tutta la ferocia di cui disponeva.
Una mano che componeva sigilli, jutsu che evocavano pareti di ghiaccio delle dimensioni adatte per permetterle di pararsi dai colpi avversari, o di trafiggerle con i suoi dardi gelati.
L'altra mano, stretta sull'impugnatura della katana dalla lama ricurva che Kaito le aveva lasciato. La lama, nera come una notte senza stelle, rifulgeva pallidamente di un tenue bagliore azzurro, mentre questa si accaniva sulle carni dei nemici, andando a spiccare teste, tranciare arti, dilaniare carni immonde.
Non si curava del braccio destro che le doleva, ne tanto meno della stanchezza della spalla sinistra, che permetteva di dare il giusto slancio alla mano armata della spada. Le erano indifferenti il sangue nemico che le colavano lungo l'interno del braccio, scivolando dalla lama della spada, o il sudore che le imperlava la pelle, o la stanchezza e il bruciore interno che provava.
Solo una cosa aveva importanza: combattere, e far si che quelle morti, non solo le sue, personali, ma anche quelle di chiunque altro, avessero un minimo di importanza, un minimo di senso.
L'ennesima testa venne spiccata, rotolando ai suoi piedi, mentre una fontana di sangue nero e infetto zampillava dal moncherino del collo della bestia, sporcandole la giubba mimetica e macchiandole in parte il viso. Ansimante, Yumi se lo ripulì in fretta col dorso della mano destra, rivestita da un lungo guanto nero ormai lercio. Lercio come tutto ciò su cui il suo sguardo si posava...
E un bagliore dorato catturò la sua attenzione, un tenue bagliore che iniziava a diffondersi in quella melma nera che era diventata il fiume. Che altra stregoneria era mia, quella?
Yumi provò ad indietreggiare, ma stranamente il suo corpo non rispose all'ordine, rimanendo lì inchiodato sul posto, gli occhi ambrati che, voraci, scrutavano come il fiume stesse tramutandosi, da nero e immobile, privo di vita, ad una colata di oro fuso, che risplendeva dello stesso identico bagliore ambrato dei suoi occhi, riprendendo a scorrere vitale.
Ben presto, gli uomini, accecati dalla loro cupidigia e sete di averi, vi si gettarono a braccia aperte, quasi volessero riempirsi di quel fiume d'oro, dimenticandosi di tutto il resto. Della guerra, dei nemici che si accanivano contro di loro mentre correvano verso il fiume, dei loro compagni, che spintonavano per raggiungere per primi il traguardo agognato...
Ah, Watashi, quel fetente. Conosceva bene i punti deboli degli uomini, i loro vizi, e come tali li sfruttava per l'adempimento della sua opera di distruzione... ma Yumi non era sorpresa più di tanto.
Aveva avuto modo, tempo prima, di avere un “faccia a faccia” con quel Dio malefico, e sapeva perfettamente come lui sfruttasse a suo piacimento le ombre che cova il cuore dell'uomo.
Lei, però, non era minimamente interessata a quel fiume dorato, proprio per niente. Non era mai stata una persona avida e capricciosa, si era sempre accontentata di ciò che aveva e di ciò che riceveva, eppure...
I suoi passi fecero l'esatto opposto di quello che la mente ordinava, quasi fosse stregata da un volere supremo. Con rabbia, Yumi cercò di divincolarsi, riuscendo ad opporre una minima resistenza... Odiava quella situazione, perché le ricordava esattamente la sensazione di quando Watashi si era impossessato di lei.
Riuscì a spostare lo sguardo dal fiume, ma i suoi occhi ambrati si fermarono su un'altra fonte luminosa. Un enorme guerriero, rivestito da una splendida armatura dorata, si stagliava imponente sui presenti, brandendo in mano un miglio incandescente. Chi era quel guerriero misterioso? Da dove era comparso? Ma, soprattutto, era davvero lui che irradiava quella calda luce dorata?
E i passi la spinsero in quella direzione, verso quell'essere ammantato di luce. Quella luce somigliava così tanto alla luce che l'aveva riportata in vita, quella volta...
No... Maledetto Watashi... Tu e i tuoi soliti tranelli...
Sapeva per certo che era una trappola, ma il suo corpo non voleva saperne di obbedire, andando incontro a quella luce calda e invitante. Proprio come una fiamma attira le falene, così stava facendo lei, insieme a tanti altri. Abbagliati da tanta luce e calore, si avvicinavano inesorabilmente e, come le falene, avrebbero fatto la stessa fine, ne era certa. Sarebbero rimasti mortalmente scottati dalla fiamma. E lei non voleva, ma continuava ad avanzare, allo stesso tempo terrorizzata e affascinata dal baratro in cui si stava per gettare.
Doveva trovare un modo per fermarsi... Ma come fare, se a malapena riusciva a muovere di sua iniziativa il suo corpo?
Magari il dolore avrebbe sviato la sua attenzione da quella fonte di luce... Chissà se sarebbe servito, ma piuttosto che rimanere inerti e subire, avrebbe tentato. Tentato di prendere uno dei suoi spiedi e infilzarlo nella coscia sinistra, sperando che, quella stilettata, le permettesse di ricontrollare il suo corpo... Sempre ammesso che fosse riuscita anche solo a prendere lo spiedo.
Piuttosto che venire da te a braccia aperte... Preferisco farmi a pezzi da sola.
Peccato non si fosse accorta della bestia che, con uno scatto da velocista, la placcò alle spalle, facendola sbattere violentemente contro la nuda roccia.

//Edit: mi sono accorta solo ora che, dal copiare da word a qui, mi era saltata l'ultima frase. Sorry >.<//

Edited by .MaloxPanda - 2/2/2014, 10:13
 
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Ormai Arashi non sapeva più da quanto stava combattendo: niente aveva più importanza se non lo staccare testa a fianco di Haruki -che, per quanto lo riguardava, si stava divertendo un monte-. Stavano lottando contro ogni singola Progenie che si parava sul loro cammino, eppure i risultati tardavano ad arrivare... se mai lo avessero fatto. I demoni continuavano ad atterrare in numero pressocchè infinito, continuavano ad esplodere, continuavano a strappare vite dei guerrieri dell'Alleanza. Cosa potevano fare due semplici ragazzini, un genin e un samurai, di fronte a tali creature che parevano uscite dagli incubi più tremendi delle persone? Solo due giovani imberbi, qual'era il loro scopo in quel luogo? Erano lì per combattere per il futuro del mondo intero, guerrieri della speranza, ma per quale motivo?
Durante la sua esperienza, Arashi aveva capito che perfino un singolo uomo, se animato da forti ideali, poteva portare la sua dose di cambiamento nel mondo. Ne aveva viste di persone dalle grandi idee, e che fossero stati grandi shinobi o deboli civili, questo non aveva importanza. Avevano tutti la stessa luce negli occhi, lo stesso fuoco nel cuore, la stessa forza d'animo che permetteva loro di superare qualsiasi ostacolo in nome delle proprie idee. Anche il Kaguya era così, avrebbe dato la vita per la certezza di vedere il suo ideale continuare a sopravvivere dopo di lui... ma si rendeva conto di non avere nessun ideale in cui credere, nessun valore da innalzare come proprio vessillo, nessuna bandiera che recasse il nome della virtù maggiormente esaltata.
Chissà, forse il suo voler partecipare alla guerra in prima persona non era soltanto un irresistibile richiamo del sangue Kaguya, battagliero per definizione, ma anche un intimo desiderio di ricerca di quella verità a cui anelava. Quello di cui era certo, ciò che non avrebbe mai messo in dubbio, era una massima tramandata di padre in figlio nel clan.
Per quanto onesti, coraggiosi, radicati fossero gli ideali, non erano nulla se non supportati da un'adeguata forza che permettesse di difenderli.
Il più piccolo degli uomini con l'idea migliore del mondo non avrebbe mai potuto vincere. E al momento, Arashi era solo un ragazzino inerme. Voleva crescere, nel corpo e nella mente, finchè non avesse raggiunto una forza tale da poter sorreggere i proprio ideali -di cui era ancora in cerca-. E per farlo, aveva osservato e osservato, capito e sbagliato. Ogni persona con cui veniva in contatto poteva essere qualle giusta, quella che gli avrebbe dato lo spunto per capire quale sarebbe stato il suo futuro. E fino a quel momento, di coloro che aveva incontrato, non aveva trovato nessuno talmente ignorante da non poter imparare niente da questo. Chiunque avesse incontrato il suo cammino, era ormai diventato parte della sua storia e del suo cuore: il Kaguya aveva appreso un po' da ognuno, nella speranza un giorno di poter collegare tutto assieme e formare una propria identità personale.
Il primo era stato suo padre Kazuho, maestro dei suoi primi anni di vita e tutt'ora, poi Akiyoshi e la sua freddezza, il Rosso per il timore, Ryu con il suo coraggio, l'Alleanza e l'unione contro un nemico comune. Erano diventati pezzi di un mosaico che si trovava all'interno del cuore del giovane che al momento si sentiva soltanto una rana che non aveva esperienza dell'oceano, un moscerino in uno stagno putrido e accogliente. Un moscerino che adesso si trovava in guerra contro la più grande minaccia mai registrata dalla storia, un Dio il cui obiettivo era divorare il loro presente, il loro passato e il loro futuro.

In mezzo al massacro che si stava consumando, dove uomini e mostri si incontravano con la stessa facilità, dove contro ogni probabilità e dando adito a ogni tipo di speranza l'Alleanza resisteva seppur con difficoltà, inaspettatamente vivi stavano due giovani che, schiena contro schiena, sfidavano la sorte in ogni attimo. In mezzo al massacro, contro ogni pronostico erano loro a trafiggere e decapitare mostri, evitando accuratamente che questi potessero rialzarsi di nuovo. Entrambi danzavano il valzer della morte, uno attaccava e l'altro difendeva, due katane che riflettevano il muso dell'aversario prima di essere macchiate del suo stesso sangue, ossa che fuoriuscivano dal corpo per proteggere il più possibile i due dagli artigli e dalle esplosioni. Aggraziati lo erano, perfetti ancora no: la loro pelle era ricoperta di ferite, tagli, squarci, sangue. L'armatura di Haruki era deformata in più punti, il kimono di Arashi era impregnato di liquido cremisi. Le lame ossee del Kaguya si erano spezzate più volte, ma continuava a crearne di nuove per poter contrastare i demoni che ormai dilagavano sul campo di battaglia.
La concentrazione assoluta dello shinobi di Kiri venne interrotta dal samurai del Ferro che, ridendo, esclamò divertito.


Guarda, Arashi! È il paradiso che ci viene incontro! Oh quanto è bello...


Il giovane alzò lo sguardo verso la zona indicata dal compagno, notando un leggero bagliore dorato in corrispondenza del fiume e una risata che cristallina si diffondeva nell'aria impregnata di fetido odore di morte. Immediatamente le preoccupazioni lasciarono il posto allo stupore e alla meraviglia per un fenomeno che non sol oandava contro alla probabilità, ma pure alla possibilità e alla realtà che tutti conoscevano. Era impossibile... e se era successo, significava che era opera di Watashi. Ma questo sarebbe arrivato alla sua mente soltanto in seguito.
Per adesso, la sua unica occupazione era ammirare la straordinaria e incantevole bellezza di quel fiume d'oro. Nel frattempo, in mezzo a loro apparve anche colui che aveva parlato poco prima: un guerriero in armatura scintillante, un dorato signore della guerra che portò una tregua sul campo di battaglia. Per quanto si sforzasse, Arashi non riusciva a distogliere lo sguardo: niente aveva più importanza, soltanto quel mirabolante cavaliere che, solo dall'aspetto, pareva incarnare ogni virtù: il suo esempio, ciò che avrebbe desiderato diventare. E mentre intorno a lui la battaglia ricominciava ad infuriare, ecco che Arashi non si mosse, rimanendo come un ebete a contemplare quella mistica figura. Solo una volta, alla fine, quando una Progenie lo riscosse per un attimo dai suoi pensieri colpendolo con una mazza all'addome, un pensiero lampo solcò la sua mente.


Una figura così perfetta... non può certamente esistere. Non sta combattendo... Non è dei nostri! È un inganno!


Solo che, ormai colpito, venne scagliato a terra senza poter replicare.
 
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♫ Peace ♫

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I

l perimetro che dovevano difendere stava ormai venendo invaso da troppi nemici e le perdite subite tra quelle colline divennero impossibili da contare. Con l'apparizione di quel cavaliere sfavillante le linee difensive erano saltate facendo cessare ogni resistenza e quelli a finire nel peggiore dei modi furono gli shinobi più avidi e bramosi, difficile però dire chi ebbe la peggio tra chi andava ad affogare nella propria avidità e chi ingurgitava melma credendo fosse oro; si perchè a quanto pare tutto ciò che aveva iniziato a brillare d'immenso non era che frutto dell'immaginazione, visioni scaturite dall'inconscio e che si erano manifestate con risvolti tragici nelle menti degli uomini che erano scesi in battaglia per la sola idea di guadagnarsi una ricompensa. Travolti dal desiderio irresistibile avevano visto in quel cavaliere il loro paladino, diversi shinobi provenienti da ogni dove si erano gettati ai suoi piedi finendo schiacciati sotto la sua pesante mazza e anche in punto di morte continuavano a sorridere e sbavare.
Ma tra le forze alleate non v'era solo feccia e chi tra la resistenza continuava a mantenere un certo contegno, alla scomparsa del cavaliere lo scenario che si apri davanti ai loro occhi fu spaventoso. Gli uomini che si erano riempiti le tasche e lo stomaco d'oro improvvisamente si erano accorti di star mangiando fango e ricoperti di quella sostanza oleosa e maleodorante non poterono che maledirsi per le loro debolezze. Piangendo e disperandosi i loro occhi sembravano invocare pietà ma ormai il loro stomaco era colmo di sassi, le bocche piene perdevano rivoli di sangue e nessun medico fu in grado di salvarli. L'araldo di Watashi era riuscito nel suo compito.

"Forza rialzatevi e combattete!"

A parlare poi fu un ninja di Kumo che avanzando da Sud si ergeva al comando di uno squadrone di supporto. Una voce squillante e giovanile la sua che si si impose con impeto sul campo di battaglia, un vero raggio di sole per chi stava abbandonando le speranze e per chi al suo fianco continuava ad abbattere nemici. Biondi capelli e una lunga catena ad avvolgergli busto e braccia facevano di quell'esile corpo una macchina da guerra sfrecciante e versatile su ampio raggio. Diversi suoi compagni tuttavia riportavano delle ferite ma erano stati opportunamente soccorsi, fasciati e ricuciti, tutti al suo fianco erano ancora in grado di combattere seppur nei loro occhi era presente lo stesso tratto marcato che aveva stravolto tutti. Era facile accorgersi infatti del dolore e della sofferenza che aleggiava in quella moltitudine di occhi, in un modo o nell'altro tutti dovevano aver visto tante oscenità eppure nonostante tutto cercavano di andare avanti e spinti da una volontà di ferro chi più di tutti continuava a lottare secondo per secondo erano soprattutto gli shinobi di Kumo. I più colpiti da quelle battaglie erano infatti proprio questi ultimi, si erano visti arrivare contro un'onda distruttiva sulle proprie strade e sulle proprie case, uomini e donne che combattendo non potevano che preoccuparsi per i propri amici e familiari, per i propri figli. Tutti i civili erano stati nascosti nei passaggi segreti delle montagne, erano al sicuro finchè quei confini non venivano oltrepassati

"Jinton: Genkai Hakuri no Jutsu!"

"Fuori due!"

Impugnanto il proprio ferro il giovane aveva coordinato il secondo attacco e con un'ultima rotazione slegò le proprie catene dal secondo titano abbattuto. Indicando i prossimi bersagli la sua particolare arma scomparve in una nube di fumo e impugnati due kunai di apprestò a liberare la strada fino a dei giovani genin da soccorrere.

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Il cavaliere era scomparso insieme al Capitano Ijiro e l'oro era tornato melma ed erano stati davvero in pochi a non gettarsi tra le fiamme e Ren, questo il nome del giovane dai capelli biondi, si sentì in obbligo dal chiedere maggiori informazioni su quanto accaduto. Quando ebbe chiaro il quadro della situazione era ormai prossimo dal raggiungere due shinobi superstiti di Kiri.
Yumi aveva battuto violentemente la testa e la bestia che l'aveva colta alla sprovvista era in procinto di sbranarla ma rimase con le fauci spalancate e un ringhiò soffocato in gola quando uno strano attacco luminoso lo travolse. La concentrazione di chakra piramidale era partita dalle mani esperte di un jonin di Iwa e dalle esclamazioni che si diffusero attorno fu semplice captare il suo nome, Aoki. Pochi secondi ancora e non sarebbe stato possibile salvarla: nelle vicinanze Yumi potè osservare il cratere immenso che si era aperto con quel singolo attacco.
Arashi non molto distante da li fu in procinto di essere travolto da un secondo raptor ma se il primo era riuscito ad atterrarlo e a strappargli un bel morso ai fianchi il secondo non fu altrettanto fortunato in quanto si vide costretto tra le spira di Ren e incenerito dal ranton del suo compagno. Il soccorso immediato non fu eseguito con troppa precisione e di fatti il giovane Kaguya si trovò in paralizzato per la vicinanza a quei fulmini scuri e tempestosi. Yuudai si scusò con lui per l'irruenza anche se era certo che il giovane avrebbe capito che senza aver corso un simile rischio a quell'ora non avrebbe avuto ancora la testa attaccata al collo.

"Che fai ancora li impalato, svegliati!"

La voce attutita dietro la maschera giungeva da un luogo troppo remoto per essere udito e solo quando il giovane Uchiha fu letteralmente scosso per le spalle capì che qualcuno gli stava parlando. I suoi occhi verdi erano lucidi, forse gli era andata della polvere negli occhi, forse aveva pianto o forse era solo emozionato all'idea di aver trovato qualcuno vivo. Non poteva dirlo con esattezza il genin di Konoha e capì cosa voleva quel jonin in erba solo quando ormai era troppo tardi. Lo vide spogliarsi dell'equipaggiamento pesante e dei primi indumenti per poi tuffarsi nella melma mentre nella sua testa ancora riecheggiavano quelle urla.

"HEEEEY-BAKA!? Ragazzo mi senti?!
C'è qualcuno nei dintorni, hai visto qualcuno sprofondare, una ragazza con i capelli biondi, alta più o meno così, porta gli occhiali e delle katane come queste?? Idiota rispondi!
"


Concentrandosi Yuudai percepì dei movimenti sospetti proprio vicino alla riva del fiume e una volta tuffato andò in cerca della sua amata sorella, peccato che ciò che trovò fu del tutto diverso: un abisso oscuro abitato da progenie infernale tra cadaveri e ossa spolpate dove l'unico segno di vita era un flebile bagliore sul fondale. Non aveva visto la sua gemella da nessuna parte e con la speranza che fosse ancora in vita seppur immobile sul letto del fiume, Yuudai si tuffò e proteggendosi con il ranton abbattè a suon di fendenti i mostri rinati che lo inseguivano. Abbattuto il quarto iniziò a mancargli il respiro, scostò una pesante roccia ma non v'era traccia di lei, fece più in la delle pesanti alghe e ancora nulla. Demoralizzato si voltò per tornare in superficie, doveva riprendere fiato ma non era certo che sarebbe tornato la sotto. Un ultimo sguardo alle spalle ed ecco che qualcosa attirò la sua attenzione: un luccichio e delle piccole mani rivolte verso di lui, cercavano un appiglio a qualcosa o forse si erano già arrese ma tra le scie di sangue e l'acqua torbida fu difficile capire di chi o cosa si trattasse. Rischiando tutto il giovane lo afferrò iniziando a nuotare con tutte le sue forze. Quella mano era ancora calda, era viva.


GdROff//Ricordo ancora che non dovete per forza aspettare il master, potete continuare a ruolare tra di voi ed è inutile dire che l'impegno verrà premiato anche in questo senso^^

Dunque ora dovrete ruolare l'arrivo dei soccorsi, a nessuno sfugge la forza del ninja di Iwa e il vantaggio che porta tra le fila.

Nello specifico:
@ panda, sei intontita ma capisci che è in corso un contrattacco, vieni tratta in salvo da Ren che ti porta in spalla in una zona sicura appena riconquistata, ci sono medici e un accampamento improvvisato dove poter riposare. I medici pensano alle tue ferite e ti consigliano di restare in disparte per un po', libera di fare come credi
@Crystal, dal busto in giù sei paralizzato quindi non puoi camminare, vieni affiancato alla compagna di Kiri e anche tu ricevi le prime cure, in particolare per l'emorragia al fianco. Ti viene detto di restare giù, che per te la guerra è finita e non serve lottare ancora.
@V, diversamente dai due sopra ci metti un po' a tornare in te, ruola la situazione, il capitano scomparso insieme al cavaliere e i soccorsi che arrivano. Se vuoi puoi aiutare Yuudai, restare di guardia o affiancare gli altri nel contrattacco. Libero di fare come credi insomma.
@Kuroi, Yuudai cerca di salvare te dal fondale, puoi vederlo ma lui non vede te, sembra ben intenzionato e senti un forte strattone riportarti a galla, le gambe tuttavia non ti aiutano e un forte bruciore agli arti inferiori ti impedisce di nuotare//GdROn



Edited by ~Angy. - 23/8/2014, 20:37
 
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//Chiedo umilmente scusa per l'ingente ritardo >.< Cercherò di essere più puntuale d'ora in avanti...//

L'impatto con il mostro fu tremendo, tanto repentino da farle uscire il fiato in un singolo sbuffo. L'urto con il terreno, poi, la scosse fin dentro le interiora, facendo vibrare ogni singolo osso del suo corpo, il colpo di frusta, che ricevette sul colpo, tanto forte da farle sbattere con forza la nuca contro una sporgenza nel terreno.
Soffocata dal peso del mostro, Yumi iniziava a vedere letteralmente le stelle per colpa dell'urto alla testa, ma quello doveva essere l'ultimo dei suoi problemi. La bestia le premeva addosso, le mani artigliate strette contro il collo, intenzionate a stritolarglielo.
L'aria iniziò subito a mancarle, la vista ad appannarsi. Per riflesso spinse le mani contro il viso della bestia, sentendo sotto le dita la pelle viscida e putrida. Era disgustata da quel contatto, ma doveva fare di tutto per toglierselo di dosso, ma era troppo pesante e la nausea stava iniziando ad attanagliarla, causata dalla testa che cominciava a girarle vorticosamente.
Probabilmente, l'urto alla testa era più grave di quanto avesse immaginato, vista anche la strana sensazione di umido che provava dietro la nuca.
Eppure, nonostante tutta la buona volontà che ci metteva, Yumi non riusciva proprio a scrollarselo di dosso e la creatura immonda sembrava anche divertirsi, nel vederla tanto faticare. La bocca irta di denti aguzzi si spalancò a pochi centimetri dalla sua, alitandole addosso e sbavando. L'odore rancido che emanava per poco non la fece vomitare, e un conato le rimase impigliato in gola, facendola ulteriormente soffocare.
Che fosse quella, la sua fine?
I rumori intorno a lei iniziarono a farsi sempre più ovattati, il corpo a perdere vigore e sensibilità. Si stava arrendendo, si rendeva conto, e non riusciva a tollerarne l'idea. Nonostante avesse tutte le intenzioni di continuare a combattere, il suo corpo si rifiutava di obbedire a quel volere, troppo stanco e provato, per non parlare del chakra. Invano aveva cercato di convogliarlo nelle mani, provando a congelare il viso del mostro, ma questo si rifiutava a scorrere, anzi. Nel momento esatto in cui ci aveva provato, la mano destra aveva iniziato a bruciarle. Il perché di quella reazione non se lo sapeva dare. Che fosse un trucco di Watashi?
“Lurido bastardo. Vorrà dire che te lo chiederò di persona, non appena ci rivedremo all'inferno.”
Pensò, cercando, con uno strattone, di liberarsi dalla presa, ma fu tutto inutile, anzi. La bestia disapprovò quella sua iniziativa, iniziando a colpirle la testa contro il terreno. E ogni urto che riceveva, le sembrava di avere delle biglie che rotolavano, sbattendo frenetiche nella scatola cranica. Odiava sentirsi tanto inerte, ma la testa le stava letteralmente scoppiando. All'ultimo colpo, poi, le parve addirittura di sentire un rumore di rottura.
“Fantastico, mi ha spaccato la testa! E io che pensavo di avere la testa dura...”
Pensò amaramente. Che schifo di esistenza, aveva avuto. E in maniera altrettanto schifosa stava per finire. E a giudicare dall'espressione della belva, o almeno quel tanto che riusciva ad intravedere, data la vista offuscata, qualcosa le fece intuire che quel coso si sarebbe estremamente divertito a mangiarsela.
“Che mi mangi pure... Magari gli faccio venire pure un indigestione...”
Chiuse gli occhi, rassegnata. Se doveva morire, meglio pensare ad altro, e non avere, come ultima immagine negli occhi, la belva che le strappava coi denti un pezzo di faccia o altro.
Al di sopra del frastuono che rimbombava nella sua testa, oltre le stelle causate dal dolore lancinante che provava, rivide suo padre, disperso chissà dove; sua nonna Kori, insieme ai due gemelli Shimo e Arashi, anche loro li a Kumo, a combattere. Rivide Chiaki, la dolcezza e tenerezza del suo viso; Ashi e la sua tremenda sfacciataggine. Peccato andarsene senza averle menato un manrovescio come si deve. Rivide gli occhi azzurri di quel ragazzo, Ken, che aveva mantenuto segreta la sua identità fino all'ultimo, rivelandole ciò che sapeva di Kaito... E rivide anche lui, oltre a sua madre Hana, morta tanti anni prima.
E così, dunque, stava per raggiungerli. Non le dispiaceva l'idea, a dirla tutta, ma si sentiva insoddisfatta. Avrebbe lasciato tutto incompiuto, e allora la sua vita, la sua intera esistenza, a cosa sarebbe servita?
Con un ultimo moto d'orgoglio, tentò di colpire la bestia con la mano, ma il braccio non si mosse affatto, rimanendo ancorato al terreno. Aprì gli occhi, ma nonostante li tenesse aperti, non riusciva più a vedere nulla, andando ancora di più nel panico. Era davvero finita allora...
Improvvisamente, il peso che gravava su di lei si affievolì, permettendole di far introdurre una boccata d'aria nei polmoni contratti. Che diavolo stava succedendo?
La scomparsa di quel peso opprimente la lasciò spaesata, e fu con uno sforzo immane che, con un braccio, sondò intorno a lei, tastando il suo corpo e il terreno. Addosso non sentiva nulla di strano e, allungando il braccio alla sua destra, sentì un corpo inerte. Che qualcuno avesse ammazzato il mostro? Che gran fortuna aveva avuto, ma doveva allontanarsi subito da li.
Nello stato in cui era, era un bersaglio decisamente troppo, troppo facile, ma la vista era ancora sfocata, la testa che le infliggeva un dolore tanto forte da desiderare di amputarsela, se avesse potuto.
Con uno sforzo sovrumano, riuscì a mettersi su un lato. Tossendo, venne subito investita dalle vertigini, mentre il terreno sotto di lei iniziava a girare vorticosamente. Inutile, non riusciva proprio a sollevarsi, per non parlare delle sue cognizioni sensoriali. Completamente fuori uso.... ma che gran culo.
I rumori dello scontro, nonostante le giungessero ovattati, rimbombavano dolorosamente, ma c'era un rumore, tra questi, che si ripeteva in loop, riecheggiando continuamente. Più che un rumore, era una voce, alla quale seguì subito un contatto fisico. Sentì una mano premerle sulla spalla, scuotendola leggermente. Le parve di riconoscere dal timbro che si trattasse di un uomo, l'accento vagamente familiare... Che fosse un ninja di Iwa? O era di Kumo? Non ne aveva la più pallida idea, ma poco le interessava chi fosse, quell'uomo. Contava solo che era uno di loro e, se era fortunata, magari l'avrebbe portata anche in salvo... Ecco un'altra cosa da aggiungere alla lista delle cose da odiare: venire salvata manco fosse una damigella in pericolo.
Si sentì tirare su dal ninja, che la caricò in spalla. Tutto quello sballottare le stava facendo venir nuovamente la nausea, ma non sarebbe stato molto gentile, da parte sua, vomitargli addosso.
Gli occhi ambrati, leggermente offuscati dal dolore, ebbero così modo di vedere, in maniera alquanto offuscata, l'evolversi della situazione, cosa che le fece apparire un lieve sorriso sbieco sul volto.
Venire un po' prima no, eh?
Disse, in un rantolio soffocato con un tono di voce alquanto scherzoso, per poi svenire sulla spalla del suo salvatore.

[...]

Il nulla l'avvolse nel suo caldo abbraccio, facendole perdere qualunque concezione del suo corpo. E la sua essenza spiccò il volo, issandosi verso luoghi lontani, nuovi orizzonti da scoprire.
Sempre più in alto, oltre le nuvole e le stelle, planando sulle ali del vento, finché il nulla non divenne un infinito indistinto, un universo completamente a sestante, con le sue leggi e la sua logica. E i suoi occhi ambrati si aprirono, due stelle abbaglianti in quel vasto firmamento... Viola.

VQLRQgH

Si guardò intorno, cercando di dare un senso a quel luogo le cui tinte cupe non presagivano niente di buono. E tredici stelle si aprirono nel firmamento di quel nulla universale, scrutandola con derisione e... fame. Si, perché stranamente riusciva a percepire le emozioni di quell'essere che lei, in passato, aveva già avuto modo di incontrare. E la voce di Watashi riecheggiò nel nulla, o forse solo nella sua testa.
Sei cresciuta bene, dall'ultima volta... Devo ammetterlo...
Un brivido l'attraversò lungo la schiena, percependo il desiderio di quel mostro abominevole, di quel falso dio che si divertiva a giocare con le loro vite. Le parve quasi di percepire la carezza ruvida e umida della sua lingua lungo la schiena, cosa che le fece serrare le braccia intorno al petto, per poi voltarsi allarmata. Eppure, dietro di lei, non c'era nulla, se non quel nulla violaceo.
Perché si trovava lì, ma soprattutto, perché percepiva così chiaramente i desideri di quella belva?
Semplice, mia cara. Perché per tanto tempo siamo stati collegati, l'uno all'altro. Se non fosse stato per quel essere schifoso mandato dai miei fratelli, a quest'ora saremmo ancora un tutt'uno.
No, lei non aveva niente da spartire, con lui. E glie l'avrebbe gridato in faccia, se non fosse stato per il mutismo che imbrigliava la sua gola. La risata raschiante e gutturale che risuonò la fece sentire piccola e indifesa molto più del dovuto. Voleva andarsene immediatamente da quel posto, ma come?
Inutile! Tu non puoi sfuggirmi! E sarai un ottimo antipasto....
Lunghi e grossi tentacoli viola apparvero in mezzo al nulla, afferrandola e strattonandola, catturandola nelle sue spire e tirandola verso un baratro nero che, irto di denti aguzzi, non aspettava altro che inghiottirla....

Si svegliò di soprassalto, completamente intontita e frastornata, e, percepire delle mani estranee afferrarla per le spalle, non la tranquillizzò affatto. La vista ancora appannata, tra l'altro, non le giovò in alcun modo, fortuna che l'udito funzionava, fin troppo bene anche.
La voce di un uomo rimbombò quasi nella sua testa che, essendosi sollevata di scatto, aveva anche iniziato a girarle vorticosamente.
Calma, va tutto bene! Non agitarti così tanto...
La disse l'uomo con voce calma e pacata, più che altro per rassicurarla. Come darle torto, dopotutto. Chiunque, al posto suo, avrebbe reagito allo stesso modo, forse... A tranquillizzarla, però, fu un odore che sentì nell'aria. Niente a che vedere con l'odore di morte del campo di battaglia, ma uno decisamente più pulito e aspro. Disinfettante.
Do-dove mi trovo?
Domandò Yumi con voce decisamente molto impastata, mentre il medico, perché di un medico doveva trattarsi, l'aiutava a ridistendersi, cosa che le impedì di stramazzare giù dalla brandina su cui era stata sistemata.
Sei in un accampamento provvisorio, non molto lontano dal campo di battaglia. Hai riportato una brutta commozione celebrale, ma siamo riusciti a sistemarla in tempo. Ora, però, cerca di stare tranquilla e riposare. Per adesso non è il caso che ritorni a combattere.
Sospirando, Yumi si lasciò immergere nel cuscino su cui aveva la testa poggiata... Ah, era così morbido! Una manna dal cielo!
Mentre il medico dava un'ultima controllata alle sue condizione, la giovane kiriana ebbe modo di pensare, rielaborare le informazioni che, quando era ancora intontita sul campo, non era riuscita a comprendere appieno.
Erano arrivati i rinforzi, di questo era certa, visto che Ren l'aveva rassicurata quando l'aveva portata via. E, da vaghe percezioni che aveva avuto in seguito, le era parso di capire che erano riusciti anche ad effettuare un duro contrattacco alle fila nemiche... Chissà com'era, ora, la situazione giù al fronte? Era curiosa di saperlo, ma ora come ora era meglio starsene distesa per un po'. Se si alzava troppo in fretta, la testa cominciava a girarle, e solo adesso la vista le stava tornando normale, così da permetterle di vedere l'espressione corrucciata e pensierosa del medico, che le stava esaminando il braccio destro.
Qualcosa non va?
Domandò perplessa, facendolo sobbalzare leggermente, tanto era concentrato. Le aveva tolto il lungo guanto che glielo ricopriva, così da rendere visibile il fitto intreccio a colori chiari tatuato sull'avambraccio, ma il medico non era interessato a quel lavoro d'arte fatto da Shimo, ma dalla sua mano. Cos'aveva che non andava, la sua mano? Che se la fosse ferita mentre combatteva contro la bestia che l'aveva sopraffatta?
Il medico incrociò gli occhi nocciola con quelli ambrati della giovane, per poi iniziare a frugare nelle tasche del suo camice.
Ti dispiace se faccio un controllo?
Le domandò serio, cosa che fece preoccupare Yumi. Che diavolo stava succedendo?
Facendo un cenno del capo, diede il suo consenso, non sapendo bene a che genere di controllo il dottore volesse sottoporla. Ed ecco che nella sua mano sottile ed elegante, stringeva un grosso spillone col quale, rapido, punse ogni singolo polpastrello della mano destra. Yumi sobbalzò leggermente, più per la sorpresa, che per il dolore della puntura, e ciò le fece ottenere un'altra occhiata seria dal medico.
Hai sentito dolore quando ti ho punto?
Le chiese in tono grave, cosa che spinse Yumi ad aspettare qualche secondo, prima di rispondere, ma nel vedere un'infermiera che si avvicinava trafelata, la giovane affrettò la risposta. Meglio che si occupassero degli altri feriti, piuttosto che perdere tempo a testare la sensibilità dei suoi polpastrelli.
Si, ho percepito la puntura.
Disse soltanto, mentre l'infermiera si avvicinava al medico, per richiamarlo ad un altro caso.
Capisco... Va bene, cerca di riposare ora. Più tardi manderò qualcuno a controllarti di nuovo...
Detto questo, i due sanitari si allontanarono dalla sua brandina, recandosi a quella di un altro ferito, sistemato poco distante da lei. A giudicare dalla spessa fasciatura che gli ricopriva i fianchi, doveva aver ricevuto una gran brutta ferita.
Tirandosi un po' più su sulla brandina, Yumi si stropicciò gli occhi ancora intorpiditi. Si, aveva proprio un gran bisogno di riposarsi. Non se ne era accorta, sul campo di battaglia, ma adesso tutta la stanchezza le era crollata addosso, pesante come un macigno. Restare li a riposare le avrebbe giovato, e poi, in quelle condizioni, sul campo si sarebbe fatta ben presto ammazzare, per cui...
Ehi, ma che cazzo?!
Sussultò la Yuki, mentre si era avvicinata alle labbra le dita della mano destra. Dai polpastrelli era uscita una singola gocciolina di sangue, fuoriuscita dal forellino lasciato dallo spillone, ma non era stato quello, a farla imprecare. Due polpastrelli, quelli dell'indice e del medio, avevano assunto una colorazione vagamente grigiastra. Toccandoli, poi, si rese conto basita di avere pochissima sensibilità... Ora che ci pensava, poi, quando il medico l'aveva punta li, non aveva sentito dolore come con le altre dita.... Che ci fosse da preoccuparsi?
Alzò lo sguardo verso il ragazzo che era appena stato visitato. Un suo compaesano, a giudicare dal suo coprifronte. Lui si che stava messo proprio male... E il medico si era permesso di perdere tempo per due polpastrelli leggermente ingrigiti e insensibili? Forse per via delle sue scarse conoscenze mediche, la cosa non la preoccupava più di tanto. Dopotutto, che vuoi che siano due polpastrelli insensibili? Sarebbe stato più problematico se avesse perso le dita, o la mano, o proprio il braccio!
Inutile allarmismo, ecco cos'era.
Osservò meglio il ragazzo: l'aveva intravisto insieme a quel tipo dai capelli rossi, Arashi... Chissà come se la stava cavando, quel ragazzo...
Mettendosi seduta dritta, scrutò in lungo e in largo in quella grande tenda allestita di gran carriera, e non le parve di scorgere la capigliatura vermiglia del konohaniano. Non sapeva se considerarlo un bene o un male...
”Prima mi rimetto in sesto, e meglio sarà...”
Pensò, sospirando, per poi fissare un punto indefinito davanti a lei...
 
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"Quanto silenzio."

La voce nella sua testa gli diceva di non lasciarsi andare, di non farsi ammaliare dalla bellezza folgorante di quella figura che era apparsa in mezzo ai soldati.
Lui, dal canto suo, avrebbe voluto farla finita lì: non riusciva a capire che differenza avrebbe potuto fare un ragazzino come lui quando c'era gente che, nonostante fosse molto più esperta e forte di lui, non riusciva nemmeno a resistere alla tentazione che offriva quello spettacolo dorato.
Era bloccato.
Attorno a lui vedeva uomini morire, travolti dalla furia omicida delle truppe di Watashi: trovavano la morte senza nemmeno un briciolo di dignità, troppo impegnati a bearsi della magnificenza offerta dal fiume dorato per potersi anche solo accorgere delle spade che recidevano loro le gole o delle asce che, inarrestabili, fracassavano i loro crani.
Gli sembrava di assistere a quelle scene così orripilanti da molto lontano, come se fosse stato incatenato e gettato in una buca profonda chissà quanti piedi e, di tanto in tanto, riuscisse a scorgere ciò che accadeva di sopra.
Aveva perso tutti i suoi compagni e mai come in quel momento si era sentito così solo: ora persino la voce nella sua testa, quella che gli aveva impedito di unirsi a quei folli, lasciandosi uccidere da chissà quale bestia, era sparita.


"Silenzio."

Eppure, nessuno urlava.
Vide un ragazzino più o meno della sua età perdere un braccio in seguito ad un attacco particolarmente feroce e, nonostante ciò, ostentare un'espressione di puro godimento, gli occhi incollati su quel mare dorato che tanto lo ammaliava.
Fu solamente quando il morso di uno di quei mostri lo raggiunse alla cervice che il giovane shinobi sembrò quasi rendersi conto di ciò che stava accadendo: per un attimo, per una misera frazione di secondo, Arashi giurò di aver visto la disperazione farsi strada nel suo sguardo, prima che questo si spegnesse del tutto ed il sangue cominciasse a sgorgare da ciò che rimaneva del suo collo.
In tutto ciò, nemmeno un rumore, né un urlo, niente: solo silenzio.
Cominciò a temere di aver perso l'udito, magari come conseguenza di quell'esplosione che lo aveva sfiorato poco prima.
Si disse che forse era meglio provare a urlare, almeno avrebbe capito se era lui che non sentiva o se era il mondo che aveva perso ogni suono: provò ad aprire la bocca, ma non ci riuscì.


"E' inutile che provi a muoverti, idiota. Se ti muovi fai qualche cazzata e ti fai uccidere, lo so."

Ancora quella voce.
Rabbia, tanta rabbia: se solo si fosse trovato davanti l'altro Arashi, quello che in quel momento gli stava parlando, avrebbe fatto di tutto per spaccargli il naso, come minimo.


"Io idiota? Ti rendi conto di quello che stai dicendo? La gente sta morendo qui e tu...Cosa fai, tu? Da quando puoi decidere per me? Da quando puoi tenermi bloccato così? E se uno di quei mostri mi attacca che succede?"

Ancora silenzio, nessuna risposta.
Cominciava ad essere stanco di quella situazione: era in guerra, stava combattendo una battaglia che si sarebbe rivelata decisiva per le sorti dell'intero mondo degli shinobi e perdeva tempo a parlare con una voce nella sua testa.
Sì, era decisamente pazzo, ma non ebbe tempo per indugiare oltre sulla sua sanità mentale, dato che la voce tornò a farsi viva dopo qualche secondo.


"La gente muore, eh? E che ti frega? Non volevi morire pure tu, prima?"

Davvero, cosa aveva questo tizio che non andava? Non si era mai sentito tanto frustrato e incazzato in vita sua: poche, semplici parole e riusciva a farlo arrabbiare più di sua madre e sua sorella messe insieme.

"Io non..."

Non riuscì a completare il pensiero: aveva appena visto una ragazza, una dei pochi guerrieri che ancora non aveva ceduto alla singolare tentazione portata dal soldato dall'armatura dorata, venire brutalmente assalita da quattro bestie.
La vide danzare elegantemente su un fazzoletto di terreno e mutilare, affondare e colpire la progenie senza il benché minimo sforzo, ma purtroppo era in netta inferiorità numerica e uno dei mostri, il più piccolo e allo stesso tempo il più agile, riuscì a ferirla all'addome prima di venire decapitato da un perfetto fendente della kunoichi.
La giovane rimase a guardare con una punta di disgusto l'infimo servo di Watashi, prima di portarsi una mano sul taglio che le era stato procurato e dirigersi, non senza difficoltà, verso il fiume dorato.
Ma perchè, poi? Forse cercava qualcuno, o forse voleva semplicemente salvare quante più vite possibili da quell'inferno: in ogni caso, probabilmente non sarebbe andata lontana, visto che la ferita che aveva appena ricevuto, nonostante non fosse all'apparenza molto profonda, le stava facendo perdere diverso sangue e l'aveva vistosamente debilitata.
La osservò arrancare ancora verso il fiume, fino a che non sparì dal suo campo visivo.


"Stammi a sentire: devi lasciarmi andare. Non mi faccio uccidere, qui c'è gente che ancora combatte e non mi posso permettere di starmene qui imbambolato."

Ancora silenzio.

"E mi dovrei fidare?"

"Si che devi! L'hai visto quel ragazzino! L'hai vista quella ragazza! Ogni secondo che passa qui c'è gente che muore!"

"E tu, giustamente, dall'alto del tuo nobile animo li vuoi aiutare. Mh, si, ora ti riconosco, è tornato il vecchio Arashi, quello idiota. Bene, fa come ti pare, vai a fare l'eroe, bendati gli occhi e corri verso il precipizio."

Improvvisamente, una voce.
Dapprima gli sembrò di nuovo quella che aveva avvertito nella sua testa, perchè gli dava dell'idiota. Poi però, si rese conto che era diversa.


"HEEEEY-BAKA!? Ragazzo mi senti?!
C'è qualcuno nei dintorni, hai visto qualcuno sprofondare, una ragazza con i capelli biondi, alta più o meno così, porta gli occhiali e delle katane come queste?? Idiota rispondi!"



Qualcuno lo teneva per le spalle e gli stava urlando qualcosa a pochi centimetri dal viso, strattonandolo ripetutamente avanti e indietro.
Vide del verde, tanto verde, esattamente come la prima volta che aveva posato il suo sguardo su quella vallata dove si stava tenendo lo scontro e che ora sembrava aver perso tutto il colore che un tempo la caratterizzava.
Poteva vedere persino il fiume della vallata scorrere vicino al verde.
Poi, si rese conto che ciò che stava osservando non era un fiume, ma una lacrima che scendeva silenziosa e rigava il volto dello shinobi che stava cercando di riportarlo alla realtà.
Rimase ancora per qualche secondo a fissare quegli occhi verdi, imbambolato, mentre il ragazzo si levava l'equipaggiamento e, senza un attimo di esitazione, si fiondava nel fiume dorato a qualche metro da loro.


"Ma che fa...? E' impazzito?"

Ci mise un po' a distogliere lo sguardo dalla schiena del ragazzo, ancora troppo stordito per quanto era accaduto; quando finalmente riuscì a muovere la testa e a guardarsi intorno, scoprì che la situazione era letteralmente precipitata: a pochi passi da lui, dei medici urlavano qualcosa, posizionando su di una barella di fortuna lo shinobi che fino a pochi minuti fa aveva combattuto al suo fianco, Arashi, che aveva una brutta ferita sul fianco e sembrava essere paralizzato per chissà quale motivo.
Riuscì a percepire solo poche parole, ma il giovane sembrava essere ancora in vita: la cosa in qualche modo riuscì a tranquillizzarlo e fu in grado di recuperare un minimo di lucidità.
Il contrattacco delle Forze Alleate non era stato del tutto inutile e, in più, l'improvvisa apparizione del guerriero che lo aveva riportato con i piedi per terra sembrava aver donato una nuova forza ad un esercito che era sempre più allo sbando.
Cercò con gli occhi la figura di Yumi, ma non la vide da nessuna parte: non poteva essere un buon segno.
Poi si ricordò del capitano: l'ultima volta che lo aveva visto, era in prima linea sul fiume a combattere e a proteggere la ritirata dei suoi uomini. Doveva trovarlo: lui, insieme alla donna di ghiaccio, era una delle poche figure che gli trasmettevano un non so che di autorevole e, con l'esercito così allo sbaraglio, di certo c'era bisogno di due come loro per poter organizzare un contrattacco degno di tale nome.
Mosse qualche passo verso il fiume, lo Sharingan attivo in caso di pericolo, ma tutto ciò che riusciva a vedere era morte, cadaveri e l'orribile colore dell'acqua, che ora non era più dorata, ma di un rosso sporco e melmoso.
Tale visione di certo non contribuì a rassicurarlo, dal momento che quel colore lui lo odiava, ma in mezzo a un conflitto così cruento di certo non poteva farsi spaventare da un simile particolare: il sangue ormai era ovunque.


Arashi: "Il capitano! Dov'è il capitano?"

Inutile, continuava ad urlarsi contro senza che nessuno lo ascoltasse: attorno a lui i medici soccorrevano chi ancora era in vita, mentre la maggior parte degli shinobi batteva in ritirata e chi provava a coprire i suoi compagni, cadeva inesorabilmente vittima dell'attacco del nemico.
Senza nemmeno sapere bene il perchè, cominciò a correre verso il fiume: magari lì avrebbe trovato il capitano o Yumi, magari erano ancora lì in prima linea a combattere e a decapitare decine e decine di mostri.
Non ebbe molte difficoltà a raggiungere il corso d'acqua: la progenie sembrava concentrare le sue forze nel rincorrere gli shinobi che scappavano o nell'abbattere quelli che provavano ad ostacolare la loro avanzata. Mentre avanzava verso il canale, si rese conto di quanto era stato fortunato: se ne era rimasto lì imbambolato per chissà quanto tempo e non era stato attaccato da nessuna di quelle bestie.


"Mi è andata veramente bene...Non posso più permettermi di esitare così, quel tizio non deve più prendere il controllo o per me è finita."

Si fermò, esitando per qualche secondo, a pochi centimetri dal fiume.
Lo spettacolo che esso offriva era decisamente raccapricciante: l'aspetto malsano e fangoso dell'acqua, mischiato alla rivoltante presenza di interiora, sangue e cadaveri, per poco non gli causò l'ennesimo conato di vomito.
Tutto quel rosso lo spaventava: aguzzò la vista, sperando di intravedere una figura dalla capigliatura bizzarra o dagli occhi ambrati, ma tutto ciò che vide fu la sagoma del giovane che lo aveva soccorso poco prima.
Del capitano o di Yumi non vi era traccia.
Abbassò lo sguardo verso l'acqua, ora a pochi centimetri da lui, ancora incerto se entrare nel fiume o meno.


Arashi: "Oh...Merda!"

Si lasciò sfuggire un'imprecazione: colse il movimento con la coda dell'occhio e si mosse troppo tardi, ma se non altro riuscì ad evitare che l'artiglio del mostro si conficcasse troppo a fondo nella sua caviglia.
Balzò all'indietro e riuscì ad afferrare appena in tempo il kunai dalla tasca: la bestia si lanciò su di lui emettendo un verso disumano, le braccia aperte e la bocca sporca di sangue completamente spalancata.
Se non avesse avuto lo Sharingan, se non fosse stato un Uchiha, probabilmente non avrebbe avuto scampo: conficcò l'arma nel petto del nemico, mentre le fauci di questo si chiudevano a un palmo di distanza dal suo collo. La creatura si dimenò per qualche secondo sopra di lui, per poi stramazzare inerme al suolo, i piccoli occhi ancora fissi nei suoi: dovette fare uno sforzo sovrumano per levarsi di dosso quell'essere schifoso.
Poi fece per rialzarsi, ma dovette fare più di un tentativo: gli artigli di quel mostro, sbucato improvvisamente dall'acqua, erano riusciti a procurargli un vistoso taglio all'altezza della caviglia sinistra.
Per fortuna niente di grave: riusciva ancora a camminare, nonostante il fastidio, ma se non avesse notato il movimento del figlio di Watashi con la coda dell'occhio, probabilmente a quell'ora sarebbe stato un uomo morto.
Quando si fu rialzato, guardò con disgusto l'essere che lo aveva attaccato: era piccolo, uno dei più piccoli probabilmente.
Poi si guardò di nuovo attorno: il ragazzo dagli occhi verdi sembrava non essersi accorto di nulla ed era ancora lì, nel fiume, a cercare chissà chi.


"Già...ma che diavolo sta facendo?"

Le parole che erano risuonate nella testa gli tornarono in mente: una ragazza bionda, con due katane...Possibile?
Non si ricordava se portava gli occhiali o meno, eppure sembrava essere proprio lei, la kunoichi che aveva visto combattere da sola contro diversi nemici e venire ferita all'addome.
Possibile che quel ragazzo cercasse proprio lei?


"Mi ha aiutato...Forse ora sta a me aiutarlo."

In fondo non è che avesse meglio da fare, ora: il capitano era sparito chissà dove e la ritirata, ne era certo, sarebbe continuata anche senza di lui.
Così, incurante della ferita alla caviglia, si addentrò non senza qualche difficoltà nell'acqua, deciso a raggiungere il giovane che continuava nella sua ricerca. Ci mise un po' a raggiungerlo, complice la presenza dei cadaveri e la consistenza ormai fangosa dell'acqua.
Quindi, non appena gli si fu avvicinato, notò con enorme sorpresa che il ragazzo stava cercando di tirare fuori dall'acqua qualcosa: si lasciò sfuggire un'esclamazione sorpresa quando vide che quel qualcosa era una mano.
Si affrettò nel coprire la distanza che lo separava dallo shinobi, spostando violentemente i corpi che si ammassavano lungo il corso del fiume.


Arashi: "E'...E' una mano, quella?"

Senza aspettare una risposta, affiancò il ragazzo allungò la mano verso quella che spuntava dall'acqua: era calda.
Afferrò il polso di questa e immerse l'altra mano, quella libera, nell'acqua: toccò quella che gli sembrava una spalla e, con una smorfia di dolore per la caviglia, cercò di portare a galla quello che sembrava essere uno dei pochi superstiti del sanguinoso scontro sul fiume.
Di certo, chiunque fosse il tizio che avevano appena recuperato dal fondo del fiume, non li stava aiutando: ci misero un po' prima di riportare alla luce quello che si scoprì essere, con enorme sorpresa di Arashi, il quale si lasciò sfuggire un'esclamazione di pura sorpresa, uno dei ragazzi che era salito assieme a lui sulla collina e che era stato dunque assegnato, esattamente come lui, alla divisione comandata dal capitano Kenshin.
Il giovane non sembrava passarsela troppo bene: era difficile valutare l'entità delle sue ferite in quel momento, quindi si rivolse preoccupato al ragazzo dagli occhi verdi.


Arashi: "Appartiene alla mia divisione. Portiamolo sulla terra ferma, avrà bisogno di cure."

[...]



Fortunatamente il fiume non aveva in serbo altre sorprese per lui: riuscirono a riportare lo shinobi sulla terra ferma, anche se la fanghiglia rese il tutto decisamente più difficile di quel che già era.
Una volta giunti a riva, stesero a pancia in su il malcapitato, che sembrava passarsela piuttosto male, ma se non altro respirava ancora e sembrava essere cosciente.
Si chinò su di lui, provando almeno a tranquillizzarlo.


Arashi: "Sta tranquillo, ora ti portiamo da un medico, te la caverai."

Facile a dirsi.
L'esercito si stava ritirando e non vi era traccia di un medico: in quel momento, erano troppo lontani dalle Forze Alleate.
L'unica era caricarsi il ragazzo e provare a raggiungere le linee amiche, ma era davvero così fattibile? E se fossero stati attaccati?
Non era in grado nemmeno di difendere sé stesso, figuriamoci un ferito che, a quanto pareva, non poteva nemmeno camminare.


Arashi: "Dobbiamo portarlo al più presto dai nostri."

Guardò il ragazzo dagli occhi verdi e di colpo si ricordò perchè aveva deciso di addentrarsi nella fanghiglia.
Si ritrovò di fronte ad una scelta difficile: raccontargli ciò che aveva visto o fare finta di niente e chiedere il suo aiuto?
Non sapeva se era in grado di trasportare quel ragazzo da solo fino a un posto sicuro: avrebbe avuto bisogno di copertura.
Eppure, non poteva nemmeno nascondere la verità ad uno shinobi che aveva dimostrato tanto coraggio, tanta prontezza e soprattutto tanto altruismo.


Arashi: "Io...Io non so se riesco a portarlo da solo. Però..."

Esitò. Doveva davvero farlo?
Sì.


Arashi: "Credo di aver visto la ragazza che cerchi. Bionda, con due katane. Non sono sicuro che portasse gli occhiali però. E' stata ferita all'addome e l'ho vista trascinarsi fin qui, al fiume, ma non so altro."

Si fermò, guardando ancora una volta lo shinobi: in ogni caso lui avrebbe cercato di portare il Kaguya in un posto sicuro, per fargli ricevere delle cure.
Tuttavia, se questo l'avesse fatto da solo o meno, ora dipendeva da quel ragazzo.





 
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Arashi non credeva particolarmente nei Kami, la sua famiglia non lo aveva mai indirizzato in tale senso: non era devoto, non era religioso, non si era mai affidato a una divinità particolare affinchè lo aiutasse. Gli Dei sarebbero anche potuti esistere, per quello che lo riguardava, ma lui avrebbe continuato a vivere la sua vita come aveva sempre fatto. Fin da piccolo, aveva semplicemente accettato il fatto che fosse qualcosa "al di là della sua comprensione" e si era comportato di conseguenza. Per il Kaguya, i Kami erano esseri incomprensibili, irraggiungibili, inarrivabili nella loro perfezione. Perfino alla vista di del Dio -almeno così si faceva chiamare- Watashi, dopo un momento di iniziale sbigottimento Arashi lo aveva classificato come un essere dalla potenza certamente incommensurabile, ma non una divinità nel vero e proprio senso del termine. Un Dio non si sarebbe mai mostrato a quel modo. Un Dio non avrebbe mai minacciato l'umanità soltanto per fame.
In quel frangente, forse per la prima volta nella sua vita, con un animale non meglio identificato ma pieno di denti affilati che tentava di azzannarlo alla gola, lo shinobi di Kiri pregò Dio, un Dio qualsiasi, affinchè lo salvasse. Le due lame ossee erano state perse nell'impatto con la bestia e non c'era tempo per crearne di nuove, a difendere il volto si mossero rapidamente le braccia -ricoperte da frammenti calcarei- ma il dolore non arrivò dalla parte superiore del corpo, bensì dai fianchi. Dolore atroce, che scatenò un urlo lancinante: era abituato alla sofferenza, il Kaguya, ma era già stato ferito troppo per poter ignorare anche quella. Si guardò, terrorizzato, il punto nel quale avrebbe portato una nuova cicatrice di quella guerra suicida per la libertà. Il fianco, segni di denti coperti da sangue, troppo sangue. Il ragazzo ebbe un leggero e momentaneo mancamento dovuto alla cremisi fonte di vita che si faceva lago sotto di lui, mentre osservava incapace di reagire la bestia che si preparava a colpirlo -stavolta mortalmente.
L'orizzonte del giovane si restrinse, ora fissava negli occhi quel demone che lo avrebbe presto reso nient'altro che una marionetta senz'anima, un corpo immobile, un cadavere. Un'affilata chiostra di zanne sarebbe stata l'ultima che il giovane avrebbe visto nella sua permanenza sul piano materiale.
Arashi, in quanto Kaguya shinobi di Kiri, si era sempre considerato una modesta macchina da guerra e spesso era stato additato così da più di una persona. Era un umano che aveva -o avrebbe avuto- il totale controllo su ogni singolo osso del proprio corpo, cosa che lo rendeva estremamente efficiente nel corpo a corpo. Ma di fronte alla morte, riconobbe che la vera macchina da guerra era rappresentata da ogni militante nell'esercito di Watashi: le Progenie erano state create con l'unico scopo di mietere vittime, ed erano state create dannatamente bene. Forti, veloci, resistenti, senza paura, senza dolore: solo la morte li poteva fermare, una morte che pareva fuggirli per attaccare ancor più spietata e per niente imparziale gli shinobi dell'Alleanza. Non potevano vincere in queste condizioni. Non potevano salvare Kumo, non potevano salvare il mondo. Non potevano salvare niente. Erano moscerini di fronte a un gigante e non potevano far altro che infastidirlo.

Tutto questo passò nella mente di Arashi, questo e molte altre cose alcune importanti altre meno, alcune che avrebbe ricordato altre no. Non vide la sua vita passargli davanti come dicevano, segno che era o una diceria da ciarlatani o semplicemente che non era arrivata la sua ora. Ciò che arrivò, in effetti, fu la cavalleria; shinobi di Kumo e Iwa, arrivati solo in quel frangente, spostarono l'ago della bilancia se non a favore dell'Alleanza, almeno un po' dalla loro parte. Jonin e chunin, guerrieri e ninja. Non arrivarono in molti, ma furono sufficienti per il momento.

Quello che arrivò al Kaguya, però, fu una dolorosa quanto provvidenziale scarica elettrica. La bestia che lo sovrastava cadde a terra, riducendosi a oscura cenere, mentre il tempo tornava a scorrere come aveva sempre fatto. Il petto si contrasse con sofferenza e solo in quel momento Arashi si rese conto che aveva trattenuto il fiato per tutto lo svolgersi dell'azione. Nel secondo successivo, Arashi riprese a precepire il proprio corpo in uno spasmo di dolore: i capelli impiastricciati di sangue, gli occhi che bruciavano per la polvere sollevata dal campo di battaglia, le braccia appesantite dalla fatica... e poi più niente. Al di sotto, il nulla. Per un attimo, il giovane temette il peggio: visioni che prima della guerra non avrebbe esitato a definire rivoltanti si annidarono nella sua mente, prima di venir scacciate via dall'immagine delle gambe ancora lì al proprio posto.


Deve essere stato il fulmine... Portatore di salvezza e disgrazia allo stesso tempo, sarà meglio disperarsi o gioire?


Qualche parola trascinata dal vento arrivò alle orecchie del giovane, lemmi pronunciati a pochi metri da lui eppure inascoltati fino a quel momento a causa della minaccia incombente e della conseguente adrenalina che lo aveva temporaneamente reso cieco e sordo verso il mondo esterno. Solo la testa si voltò, metre i grandi occhi esprimevano solo paura per la condizione del suo improvvisato compagno. Haruki.
Haruki era alle prese con una Progenie dall'aspetto di un'inquietante giocoliere con una mazza per mano. Stavolta, il samurai stava avendo la peggio e già la sua armatura era stata contusa più volte dalle armi nemiche, il volto del giovane colpito di striscio almeno un volta. Sotto lo sguardo preoccupato del Kaguya, l'ennesima sferzata del mostro si scontrò con le due lame del samurai. Fu breve, ma intenso, e il leggendario acciaio del Paese del Ferro volò dalle mani del giovane guerriero. Con l'avversario ormai disarmato, la progenie ebbe gioco facile; si gettò in avanti, mulinando le lunghe braccia verso il biondo ragazzo mentre quest'ultimo tentava inutilmente di sfuggire al mortal colpo.


Haruki!


Tendendo la mano avanti, coma a voler raggiungere l'amico, lo shinobi di Kiri riacquistò la voce, gridando rocamente ma senza efficacia mentre lo scontro tra i due continuava nel più profondo della mischia. L'ultima immagine che sarebbe rimasta sempre impressa negli occhi di Arashi sarebbe stato il ragazzo poco più che babmino che veniva trascinato a terra dalla forza sovrumana della progenie. E poi più nulla. Intorno a lui, intanto, si fece il vuoto: i nuovi arrivati erano riusciti a sgominare buona parte della Progenie che si trovava nella zona. Arrivarono medici come rinforzi, che uno alla volta presero a raccogliere i feriti e a portarli in un improvvisato luogo di riposo.
Mentre le lacrime cominciavano a scendere sul suo volto, Arashi notò un luccichio a terra, poco lontano da lui. Due katane. Le katane di Haruki che durante l'impatto erano state allontanate dal loro utilizzatore. Il Kaguya strinse i denti per non gridare. Sarebbe stato doloroso, lungo e umiliante, ma necessario. Per la gloria, per onorare il sacrificio, per rendere tributo al compagno perduto.
Ignorando la ferita al fianco e la scia non esigua di sangue che lasciava dietro di sè, il Kiriano strisciò e si trascinò con le braccia come un vile serpente, verso quei due oggetti che rappresentavano il lascito in terra dell'anima di Haruki Toujou. Doveva raggiungerli, non poteva lasciarli lì alla mercè di chiunque. Ancora, nessuno si era accorto di lui mentre gli altri feriti venivano portati via, nessuno vedeva il ragazzo a terra che lottava contro i suoi stessi limiti per onorare l'amico scomparso. Sputò sangue, ma ne valse la pena: alla fine, mentre con una mano si premeva il fianco evitando la troppa fuoriuscita di sangue, le dita dell'altra raggiunsero finalmente le due lame. Le portò al petto, stringendole con sé, come se stesse abbracciando il samurai. Il suo tributo funebre, il suo ultimo ricordo. Una triste lacrima scivolò dall'occhio sinistro.


Ehi, tu, cosa credi di fare?


Un medico lo aveva notato, alla fine, e aveva deciso di interrompere quel patetico peregrinare del giovane Kaguya. Senza perdere tempo, si avvicinò a lui e con un compagno portò una barella: inutilmente, cercarono di convincerlo a lasciare le katane gemelle per poterlo trasportare meglio.


MAI! Sono importanti, e non permetterò che vengano lasciate in questo luogo. La mia promessa, per ricordarlo sempre! Il compagno che ha combattuto al mio fianco...


Gli occhi bagnati e infervorati da un nuovo obiettivo: avrebbe riportato quelle umili spoglie metalliche alla terra a cui il suo fratello d'armi apparteneva. Il cuore che ancora bruciava, infiammato dalla nuova meta che si era posto. L'anima di nuovo viva, viva per qualcosa. Alla fine, i soccorsi si arresero e acconsentirono a trasportarlo, mentre lui stringeva forte a sé quelle lame. A ogni sobbalzo dovuto a un'asperità del terreno, il fianco doleva da morire perfino per uno che aveva passato la vita in mezzo alla sofferenza più dura. Alle volte, un grido usciva dalla sua bocca, urla che per quanto soffocate rendevano giustizia al tremendo squarcio che l'essere maligno aveva aperto nel suo bacino. L'ennesima fitta, l'ennesimo dolore, il corpo di Arashi crollò e trascinò la sua mente nel baratro.

[...]



Finalmente, la pace. La battaglia solo un rumore in sottofondo, le ferite che provocavano solo un leggero dolore sordo. Niente più mostri da combattere, niente più paura per la propria vita e per quella degli altri. Niente più sangue, niente più morte, le cose spiacevoli erano scomparse dal suo orizzonte esistenziale. Oh, quanto avrebbe desiderato passare in quel luogo il resto dell'eternità, senza per forza dover tornare nel suo problematico e fallace corpo. Perchè l'anima sarebbe dovuta andarsene da quel luogo idilliaco ed estemporaneo per tornare a vivere, soffrire, lottare?
Come un fulmine a ciel sereno, una nuova consapevolezza fluì dentro Arashi. Là furoi, da qualche parte, stavano ancora combattendo. Mentre lui riposava, qualcuno era impegnato nello sfidare Watashi, mettendo come posta in gioco la propria vita. Lui si stava adagiando sugli allori, egoisticamente, pensando solo a sé stesso, quando altri rischiavano trovandosi in mezzo alla battaglia anche per la sua libertà...


Il mio coraggio...
Il mio onore...
Il mio credo...
Come potrò farmi vedere in volto senza vergogna, come potrò non provare rimorso se altri stanno combattendo e morendo al posto mio?



Attorno a lui sentì delle voci che si avvicinavano: medici che avevano istituito una zona sicura, momentaneamente al riparo dall'assalto della Progenie, dove poter far riposare e curare i feriti prima di trasportarli in strutture più adeguate quando ce ne sarebbe stata la possibilità. Sentiva il freddo delle due katane poggiare sulla nuda pelle della mano, erano ancora lì accanto a lui. Il dolore al fianco e alle altre ferite era attenuato, probabilmente era già stato trattato con bendaggi e fascature dato che si sentiva leggermente legato nei movimenti. Movimenti che, però, non sentiva nella parte inferiore del corpo: sotto il busto, in particolare le gambe, niente rispondeva più ai suoi comandi. Ignorando questa sua condizione, aprì gli occhi trovandosi di fronte il cielo.


Guardate, si è ripreso finalmente-


Questo non è il luogo dove dovrei essere! Fatemi tornare sul campo di battaglia!


Si spinse fuori dalla barella con un colpo di reni, immaginandosi di atterrare perfettamente in piedi in equilibrio, ma quello che successe fu tutt'altro che coordinato: rotolò a terra, le gambe gli cedettero e rovinò prima ancora di rendersene conto.


Cosa stai facendo, idiota?!? Stai fermo, così ti fai solo male! La guerra per te è finita.


I rimproveri non sortirono nessun effetto. il ragazzo testardamente non si arrendeva all'idea di dover lasciare qualcuno che faceva le sue veci sul campo. C'era ancora l'Uchiha, c'era ancora Ijiro -o almeno così credeva-, tutti i guerrieri dell'Alleanza che ancora non avevano gettato la spugna. Con che diritto, con che diritto lui poteva starsene lì a riposare come se niente fosse?
Afferrò le due lame per l'elsa e le appoggiò a terra di punta, mentre si scrollava di dosso il medico con la poca forza rimastagli. Se non aveva a disposizione le gambe, allora le katane avrebbero fatto da stampelle finchè non avesse ripreso sensibilità. un passo, due passi.

La fasciatura candida che copriva il fianco si macchiò di rosso improvvisamente. Una fitta straordinaria. Un dolore atroce. Stavolta, furono le braccia a non reggere più il peso del corpo e di nuovo nel giro di pochi secondi il Kaguya si ritrovò faccia a terra, le lacrime di dolore, rabbia e tristezza che scivolavano direttamente dalle guancie al suolo. Davvero non era più in grado di combattere, ciò che sapeva fare meglio? In quel momento, si sentì mutilato, inutile, spazzatura, incapace, e che differenza c'era tra quello e l'essere morti?
Alzò lo sguardo e di fronte a sè vide una ragazza dai capelli corvini, la stessa che aveva notato chissà quante ore prima all'inizio dello scontro finale. Era seduta dritta, fiera, e pareva guardarlo con quegli occhi ambrati inespressivi. Portava il coprifronte di Kiri, e lo osservava, forse con interesse, forse con disprezzo, o ancora con superiorità. Non riusciva a decifrarlo, ma rispose allo sguardo con una silenziosa domanda.


*Cosa farò ora, che non sono più in grado di fare niente?*


//Durante la stesura di questo post, ho notato che il pg ha lo stesso problema di fondo dello scrittore, ma sto ancora cercando una via per rimediare in entrambi i casi. Abbiate pietà ç_ç//
 
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view post Posted on 19/2/2014, 21:37
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Pensava a tutto e niente, seduta su quella brandina. Senza rendersene conto, si portò la mancina sulla testa, a toccare la benda che le fasciava la testa, mentre lo sguardo ambrato era caduto nuovamente sui polpastrelli della mano destra, posato sul ventre col palmo all'insù.
Guardandosi intorno, aveva visto ninja e soldati nelle più disparate delle condizioni, e lei era quella che stava messa meglio. Fortuna, ecco cos'era stato, a salvarla, di certo non la sua forza o destrezza sul campo di battaglia.
Un tonfo sordo la distolse dai suoi pensieri, facendole nuovamente alzare lo sguardo: era stato il giovane kiriano che aveva adocchiato poco prima. A quanto pare si era risvegliato e ora, circondato dai medici che l'avevano assistito nelle cure, si ostinava a voler tornare sul campo di battaglia, ma come poteva? Aveva sentito i discorsi dei medici, e non erano per niente incoraggianti: paralizzato dalla vita in giù.
Sentirsi dire una cosa del genere, specie se sei un ninja, è una pugnalata al cuore. Combattere è una ragione di vita, per uno shinobi. Meglio morire, piuttosto che avere un'esistenza del genere. E, per giunta, il ragazzo era un Kaguya.
Lei conosceva bene, quel tipo di combattenti, e poteva immaginare lo stato in cui si doveva sentire quel ragazzo.
Con una rabbia crescente, strinse con forza la mano destra, serrandola tanto forte da far sbiancare le nocche. Non era giusto. Lei era uscita quasi illesa, riportando solo una lieve, a parer suo, botta alla testa, e invece a lui, combattente per nascita, gli era toccato questo. Destino bastardo...
Watashi avrebbe risposto anche di questo, altroché!

Sospirando, cacciò fuori la rabbia, senza però abbandonare l'espressione neutra che ormai la caratterizzava. Era inutile continuare a stare li, doveva darsi da fare, visto che era quella messa meglio, tra i feriti.
Gli occhi ambrati della giovane incrociarono quelli del Kaguya. Nessuno dei due distolse lo sguardo, e in quegli occhi verde mare ci lesse tutta la sua disperazione.
Oh, al diavolo!
Inferocita, portò giù le gambe dalla brandina, pronta per quella nuova impresa: rialzarsi in piedi. Subito, quella troia della sua testaccia dura iniziò a reclamare attenzione, divertendosi a farle girare il tutto, manco fosse su una dannata barca lasciata alla deriva.
"Eh no, stramaledetta bastarda, vedi di darti una regolata, o giuro che inizierò a menare testate contro la prima superficie dura che trovo!"
Evviva, ce l'aveva fatta! Era in piedi, barcollante come un ubriaco, ma era in piedi! Doveva solo riabituare l'equilibrio, niente di così difficile...
Dove pensa di andare?! Lei deve riposare!!
A parlare era stata una delle infermiere che, vedendola oscillare paurosamente, mentre faceva i primi passi incerti, le si fiondò addosso, pronta a farla ridistendere.
"Col cavolo che mi faccio rimettere a letto, troia."
Pensò, mentre la fulminava con lo sguardo... Però tornò utile come appiglio dell'ultimo minuto. Infatti, quella bastarda della sua testaccia, aveva pensato bene di giocarle un brutto scherzo con le profondità della zona, così, nel poggiare un piede a terra, aveva trovato il vuoto sotto di lei, cosa che non riusciva proprio a capire come fosse possibile. Fatto stà che finì dritta tra le braccia dell'indispettita infermiera, che continuava imperterrita ad elencare tutte le buone motivazioni, buone a suo parere, per cui dovesse rimanere stesa.
Dannazione, ma perché i medici dovevano essere tanto allarmisti? E poi quella tizia insignificante aveva una voce tanto stridula, che ben presto le fece venire il mal di testa.
Per quanto è vero che i Kami mi trattengono... Tappati quella cazzo di bocca, prima che ti strangoli.
Sibilò inferocita, lo sguardo ambrato tanto feroce da farla impallidire. Con uno spintone, l'allontanò da lei, incurante del fiato che usciva dalla sua bocca sotto forma di parole senza senso.
Se vuoi che resti stesa, tagliami un braccio o una gamba, oppure mi ci devi buttare di peso e legare come un salame! Io, da quel che sembra, ho ancora tutti gli arti attaccati, quindi, vuoi o non vuoi, io mi rimetto in piedi, che ti piaccia o no! Oppure preferisci che sia io, a stendere te!?
Le strillò in faccia, sventolandole la mano serrata a pungo.
A quanto pare, quella sgridata fece zittire la donna, che pian piano, da pallida, iniziò a diventare rossa in viso.
Non finisce qui!
Sibilò di rimando, allontanandosi da lei a passo di marcia. Ma che si facesse fottere, quella cretina!
Si guardò intorno, trovando, ai piedi della sua brandina, la sua giubba mimetica... Oddio, era talmente tanto intrisa di sangue, che di mimetico non aveva più nulla. Magari poteva mimetizzarsi in una vasca piena di sangue...
Barcollante, con la giubba in mano, si avvicinò alla brandina su cui era disteso il Kaguya. Avrebbe voluto dirgli qualcosa, ma non sapeva che parole usare per non ferire il suo orgoglio.
Ehm, forse può esserci qualche medico in gamba, nella sezione Medica... Se non vado errando, tra i generali delle varie divisioni, dovrebbe essercene uno coi contro cazzi, e non come questi qui, magari...
Magari cosa? Magari avrebbe trovato un modo per risolvere il suo problema? Che ne sapeva, lei. Di medicina lei sapeva si qualcosina, ma non così tanto come un medico o anche come quell'infame infermiera... E magari il ninja medico in questione poteva anche essere morto combattendo, quindi perché diavolo si ostinava a rinfocolare le inutili speranze di quel ragazzo?
Conoscevo un Kaguya... Diamine, voi si che siete macchine da guerra. Di sicuro ne avrai maciullati, di quei bastardi della progenie, giù al fiume.
Tossì leggermente, quasi imbarazzata, cercando poi di raddrizzarsi dopo un'oscillazione spaventosa. Se cadeva stando in piedi, si sarebbe fatta decisamente male... Dopotutto, era alta più di un metro e ottanta, mica due soldi di cacio! Forse non sarebbe stata una cattiva idea, sedersi un pò...
Facendo attenzione a non chinarsi troppo velocemente, si sedette direttamente a terra, accanto alla lettiga del ragazzo... Ah, ora si che andava decisamente meglio!
Dio, odio doverlo ammettere, ma quella stronza aveva ragione. Brutta troia...
Ringhiò, portandosi le mani alle tempie, che pulsavano dolorosamente... Ok, non si era ancora ripresa del tutto, ma non poteva, non voleva restare a perdere altro tempo lì.
"Veloce a rifunzionare bene, stupida testaccia bacata."
 
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