Hisashi terminò di esporre le proprie ragioni dimostrando una certa fermezza e spiegando perché non sarebbe fuggito verso Suna, in cerca di aiuto, ma avrebbe affrontato il pericolo insieme a Kasai. Quello gli ricordò quanto semplice fosse confondere il coraggio per stoltezza, ma un rumore sospetto non impedì al genin di replicare. Una pietruzza cadde dalla cime di quella conca di roccia che presto sarebbe stata teatro di una cruenta battaglia, rimbalzando più volte contro la parete rocciosa con un suono che, in pochi secondi, echeggiò in tutta l'area circostante. I due ninja ammutolirono, fissandosi per un attimo con occhi stupiti: probabilmente Kisai non aveva previsto che i ninja della lacrima avrebbero portato avanti il loro attacco così in fretta.
Hisashi si voltò appena in tempo per vedere il sassolino infrangersi contro la nuda roccia sotto i loro piedi e frantumarsi in morbida sabbia, ma a parte quel movimento tutto era immobile e silenzioso: forse troppo silenzioso.
Deciso a stanare i nemici, Hisashi, mantenendo il piccolo sole roteante sul palmo sinistro che adesso era rivolto verso l'alto, afferrò uno dei kunai nascosti nella tasca della gamba destra con la mano libera e avanzò di qualche passo verso l'imponente parete rocciosa da cui il sassolino, cadendo, aveva tradito la presenza dei nemici, quando Kisai, prontamente, lo afferrò per il bavero del kimono, stringendo con le grosse mani parte della collottola e trasformando l'espressione sicura del ninja in una smorfia di dolore, per trascinarlo contro la parete opposta che, sporgendo, offriva rifugio dalla cocente luce del giorno e rendeva quindi meno visibili.
Nonostante la temperatura della culla fosse ancora molto elevata, lo stare all'ombra mise in disagio Hisashi, che fu scosso da un brivido di freddo lungo la schiena. Il non essere potuto intervenire subito costrinse l'istinto, dominante nel ragazzo, a fare i conti con le paure del suo animo che, come avviene per ognuno di noi, impedivano di ragionare in modo lucido. Improvvisamente il coraggio dimostrato al primo impatto scomparve e la paura di morire si insinuò viscida nel suo cuore, come una serpe velenosa. Andava stanata subito o l'avrebbe avvelenato dall'interno, permettendo ai suoi avversari di avere vita facile e farlo fuori in pochi attimi. Il ninja scosse il capo, come se questo lo aiutasse a riottenere il controllo del proprio flusso di pensieri, quindi si aggrappo all'unico punto saldo che la situazione gli offriva: Kasai. Lo osservò, mentre scrutava le ombre create dalle increspature nell'imponente roccia d'innanzi a loro, quasi potesse scorgere il pericolo che si nascondeva fra quelle insenature: il suo sguardo era deciso, sicuro, senza paura, la sua posa fiera, pronta a scattare in caso di pericolo ma adatta ad analizzare la situazione. Il divario fra i due non era solo fisico, era prima di tutto tecnico: Hisashi si sarebbe lanciato all'attacco, sperando di cogliere i suoi avversari di sorpresa, ma senza pensare ad eventuali trappole nascoste. Ma ancora era in giovane età e stava di certo affrontando una battaglia più grande di lui: se fosse riuscito a non perdere la vita in quella arida culla nella roccia, l'insegnamento di quel pomeriggio assolato lo avrebbe accompagnato per tutta la vita, rendendolo un ninja migliore.
Assunse una posa fiera, poggiando un ginocchi e la mano nel terreno, in modo da stabilizzarsi e aspetto le parole del suo sensei.
Quello non lo fece attendere oltre e in un sussurro gli annunciò che quei ninja erano stati mandati in avanscoperta e non potevano permettersi che uno solo di loro fuggisse via o la loro posizione sarebbe stata compromessa, diminuendo le loro speranze di vittoria. Dovevano essere fulminei, nessuno doveva accorgersi della loro presenza in quel anfratto se non poco prima di perdere i sensi o, forse, la vita. Il genin, nella sua inesperienza, non aveva ancora pensato che di li a qualche minuto sarebbe stato costretto, forse, a strappare delle vite e, nonostante il padre lo aveva preparato tanto affinché non titubasse una volta giunto questo momento, di certo non avrebbe reagito bene.
Kasai aggiunse che i ninja erano abili nel nascondere la loro presenza, aggiungendo che lui avrebbe pensato ad individuarli, mentre a Hisashi sarebbe toccato l'onere di stanarli. Questo smosse inconsciamente l'orgoglio del giovane che dentro di se sorrise, notando come Kisai gli avesse affidato un compito così importante.
Forse alla fine ce l'ho fatta: non sono stato una totale delusione se mi ha affidato questo compito. Ma non è il momento di montarsi la testa, sarebbe un grosso errore. Riuscirò nel compito affidatomi, ne può stare certo sensei.
Il vero ostacolo che si frapponeva adesso fra il genin e i suoi avversari era la sua inesperienza: Kisai, infatti, gli chiese se fosse in grado di usare la tecnica chiamata "Brezza del sud" e il giovane, superato l'imbarazzo iniziale, raccontò, con lo stesso tono di voce sommesso di Kasai, la verità, consapevole che se volevano uscire vivi da quella scomoda situazione dovevano cooperare.
Hisashi: Non conosco questa tecnica: posso usarne altre, ma partito l'attacco la nostra posizione verrebbe compromessa. Da quel che ho capito abbiamo un solo tentativo per stanarli. Sa già quanti avversari ci troviamo ad affrontare?
Presto avrebbero fatto la loro mossa, non potevano sbagliare.