Casa di Tatsumaru Senju

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°Tatsumaru°
view post Posted on 10/3/2012, 16:24 by: °Tatsumaru°     +1   -1




L'arma e il guerriero



Narrato
*Pensato*
"Parlato"
"Parlato Hideki"



Tatsumaru si trovava ai bordi della foresta, poco distante da casa, in un luogo dove spesso si recava per affinare le proprie ninjutsu. In quello spiazzo verde, illuminato dalle colonne di luce che filtravano tra il fitto fogliame, il Senju componeva rapidi sigilli, scatenando dal terreno la forza dei suoi antenati. Intricati grovigli di radici si ergevano verso il cielo, come colonne spezzate, riempiendo la radura un tempo sgombra. Si era allenato tanto nel padroneggiare le tecniche del suo clan, da quando suo padre gli mostrò le più elementari. Di certo grandi progressi erano stati compiuti dal giorno in cui, più per disperazione che per coscienza, aveva utilizzato il suo potere per salvare Yukiko. Tuttavia non gli sembrava mai abbastanza. Il pensiero fisso di Kai lo tormentava, quel ragazzo era ancora irraggiungibile per lui.

Si sedette su di un sasso, stanco per il duro allenamento a cui si era sottoposto. Estrasse un Kunai dalla tasca, e cominciò a soppesarlo tra le mani. Quanto avrebbe voluto che tra quelle radici ci fosse il corpo di Kai, immobile, inoffensivo. Allora avrebbe chiesto spiegazioni, lo avrebbe interrogato, serrando quelle spire lignee sul suo collo, finchè tutto non fosse stato chiarito. Poi, forse, lo avrebbe ucciso. Un brivido lo percorse da capo a piedi, uccidere non era mai stata una sua volontà, e allora perché in quel momento lo desiderava così ardentemente? Scagliò il kunai contro una colonna di radici, ed esso penetrò in profondità nel legno. La flebile luce del chakra scomparve dalla lama, lasciando il ragazzo assorto a guardarla.

Un fruscio di passi alle sue spalle destò bruscamente la sua attenzione. La figura di suo padre uscì dall’ombra delle fronde, stringeva qualcosa tra le mano, un drappo rosso con all’interno qualcosa che Tatsumaru non riusciva a scorgere. Hideki osservò le costruzioni del figlio. Un senso di angoscia lo colse, ma la sua voce dissimulò bene tale emozione, ed uscì calma e affettuosa come sempre.

"Ti stai allenando duramente Tatsumaru-chan, sembra che tu abbia preso confidenza col tuo potere"



"Otōsan … si, ora riesco a controllare meglio il legno, riesco a plasmarlo al mio volere … è un potere eccezionale. "



Hideki sorrise, dopotutto suo figlio non era cambiato. Finchè un uomo riesce a sorprendersi di ciò che lo circonda, allora potrà dirsi tale. L’uomo si sedette accanto al figlio, poggiando il fardello di lato.

"Tatsu … recentemente ho notato qualcosa di diverso in te … prima che tu dica qualcosa, sappi che capisco benissimo la situazione, e non ti chiederò che cosa è accaduto il giorno dell’iniziazione. So quanto è dura la vita del ninja, e quanto sia difficile affrontare questo cammino in un periodo di grandi cambiamenti com’è la tua età."



Tatsumaru stette in silenzio, ascoltandolo. Suo padre non capiva, non poteva immaginare cosa fosse successo qual giorno, tuttavia su una cosa aveva ragione. Lui stava affrontando situazione nuove, provando nuovi sentimenti e scoprendo nuove declinazione di quelli conosciuti. Con la coda dell’occhio diede un rapido sguardo al kunai. Uccidere, e non per difesa, non per il bene di qualcuno o qualcosa di caro, ma per rabbia, per vendetta. Da quando simili pensieri gli appartenevano? Dove lo stava conducendo tutto ciò?

"Il vento che soffia troppo forte piega il giovane arbusto, e se questo non cessa, l’arbusto crescerà curvo … Non devi lasciare che il vento ti pieghi Tatsumaru, non devi perdere la rettitudine che è tua di natura. Perché non è piegandoti che raggiungerai il cielo."



Le parole del padre lo colpirono più di quanto egli potesse immaginare. Tatsumaru si rese conto che il vento lo stava piegando, e se non avesse fatto nulla per contrastarlo, sarebbe cresciuto curvo. Si sarebbe perso, la vendetta sarebbe diventata un’abitudine. Il legno è assai più malleabile quando è giovane. Hideki si accorse della confusione che in quel momento pervadeva il ragazzo, e con un’espressione benevola, si voltò a recuperare l’ogetto nascosto dal drappo rosso.

"Solo ricordando chi sei, e qual’è il tuo obiettivo, il vento non riuscirà a piegarti. Io e tua madre non saremo sempre al tuo fianco, non potremo aiutarti a ricordare, ed è giusto così, la strada è solo tua. Per questo ti ho portato un dono. Esso sarà sempre al tuo fianco, ed ogni volta che lo guarderai saprai esattamente cosa fare. Abbine cura, poiché avendo cura di esso avrai cura anche di te stesso."



Così dicendo, Hideki porse l’oggetto a Tatsumaru, il quale incuriosito e confuso, tese le braccia per riceverlo. Svolse il drappo con delicatezza, quasi con reverenziale timore. Ciò che vide lo lasciò senza fiato. Tra le sue mani vi era una katana, il cui fodero laccato rifletteva la tenue luce del sole. Le decorazioni simili a tralci color argento risaltavano sul nero del fodero in tutta la sua lunghezza, proseguendo sull’impugnatura, la cui fantasia risultava leggermente diversa, molto più simile a delle venature. Gli occhi del ragazzo erano rapiti dall’oggetto, e benché volesse alzarsi e ringraziare il padre, non ci riuscì. Quest’ultimo sorrise per il genuino stupore manifestato dal figlio, tale reazione lo riempiva di soddisfazione.

"La spada è la’rma del guerriero, la sua inseparabile compagna. Essa è dritta come il cammino da seguire, forte per proteggere chi ami, affilata per combattere per ciò in cui credi. È il simbolo perfetto, il dono ideale per il raggiungimento di un importante traguardo. Avanti, cosa aspetti, fate conoscenza."



Tatsumaru alzò finalmente lo sguardo, gli occhi lucidi in quelli del padre, un sorriso indelebile stampato sul volto. Con un cenno di assenso, si alzò in piedi, e allontanandosi di qualche passo, guardò un’ultima volta l’arma. Era così bella, la sentiva così sua. Inoltre percepiva qualcosa che non riusciva a spiegarsi, era più che un semplice oggetto. Lentamente avvicinò la mano all’impugnatura, sentendo come un formicolio. Non ci fece caso, pensò fosse l’emozione, e dunque proseguì. Quando strinse l’arma, accadde qualcosa di inaspettato. Sentiva l’energia dentro di se abbandonarlo, fluire dal suo corpo, attraverso la mano, nella spada. Hideki scattò in piedi, mentre Tatsumaru impallidiva. Il pensiero del padre corse al Seme della Lenta Morte contenuto nell’impugnatura. L’uomo stava per correre in soccorso del figlio, ma egli lo fermò tendendo la mano davanti a se. Il flusso si era interrotto, e anzi invertito. Il chakra fluiva dalla spada a lui, pervadendolo come era accaduto con l’albero del clan. Percepiva un’energia familiare, mista a una componente estranea. Dopodichè tutto si affievolì, dissolvendosi. No, non era un semplice oggetto, e la similitudine con l’albero lo rese cosciente di ciò che era appena accaduto. Il portatore aveva fatto conoscenza con la spada, e viceversa. Lentamente fece scorrere la lama fuori dal fodero. Essa luccicò mentre i raggi del sole la colpivano nell’arco descritto dal braccio di Tatsumaru. Anche la lama aveva delle venature, che pulsavano di luce argentata. Nelle sue mani, sentiva la spada vibrare, leggermente. Gettò con riguardo il fodero sull’erba, e impugnandola a due mani, mosse un fendente traverso dall’alto verso il basso. Un’eco si propagò dalla lama, come un canto, la sonora vibrazione dal suono simile ad un bicchiere di cristallo che viene sfiorato dalle dita umide. La voce della spada. Hideki rimase meravigliato nell’osservare la bravura del fabbro, la reazione che la lama aveva avuto al contatto della mano di Tatsumaru. Quando l’aveva impugnata non era accaduto altrettanto, quella spada era destinata esclusivamente a suo figlio. Le dita del ragazzo sfiorarono le venature seguendone il contorno, e ancora lo stesso suono risuonò nella radura. Tatsumaru la impugnò saldamente, e cominciò ad immettervi il proprio chakra. Un’auro semitrasparente lambì la lama come una fiamma, che si sprigionava dalle venature lucenti. Il fendente che sferrò in direzione delle radici le tagliò di netto ma questa volta l suono della lama non si udì. Poi il ragazzo smise di alimentarla, e la lama si spense della sua luce, riflettendo solamente quella del sole sull’acciaio lucido.

Osservandola mentre ancora la stringeva tra le mani, il suo sguardo si era fatto determinato. Impugnandola nuovamente sopra la testa, fece scorrere il chakra dentro di essa. Le venature tornarono a risplendere, e le fiamme simili a fuochi fatui arsero nuovamente la lama. Con rapidi fendenti colpì le colonne da lui create, facendole a pezzi una dopo l’altra. La lama non cantava più, tuttavia il ragazzo sembrava saperne il motivo. Ansimante per lo sforzo, si fermò quando l’ultimo frammento di legno cadde al suolo. La lama si spense, e allora Tatsumaru si accucciò nell’erba, tenendo la spada verticale con la punta a terra. La sfiorò con le dita, ed essa emise il soave suono, mentre vibrava nelle sue mani. Stette ad ascoltarlo per qualche secondo, dopodiché si alzò nuovamente, voltandosi verso il padre. Quest’ultimo aveva assistito alla scena, e compiaciuto si avvicinò al ragazzo.

"Vedo che ti piace. Presto imparerete a conoscervi, e allora riuscirai ad usarla al meglio. Ti insegnerò tutto ciò che posso, e dove non potrò dovrai impararlo da solo. Kiku no Komichi non risponde al mio tocco, tu sei il suo portatore, ed essa ti protegge."



Tatsumaru osservò nuovamente la spada, sussurrandone il nome. Il Sentiero dei Crisantemi, davvero un bel nome. Recuperando il fodero ai suoi piedi, Tatsumaru rinfoderò la spada, non prima di averne pulito la lama sui suoi vestiti. Guardando il padre , ora di fronte a lui, lo ringraziò sentitamente, e lo abbracciò.

Su un frammento di legno tra l’erba, il kunai giaceva ancora conficcato in profondità. Sarebbe stata una dura lotta, poiché il male è insito in profondità tanto quanto il bene, e benché venga fatto a pezzi, esso non può scomparire. Certo era che quell’arma non sarebbe servita a Tatsumaru solamente contro i nemici, ma anche contro se stesso.


 
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