Casa di Tatsumaru Senju

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°Tatsumaru°
view post Posted on 7/3/2012, 19:44 by: °Tatsumaru°     +1   -1




Narrato
*Pensato*
"Parlato"
"Parlato Hideki"
"Parlato Ayame"



I due amici si tennero la mano fino a che giunsero di fronte alle rispettive case. Tatsumaru non avrebbe voluto lasciare andare Yukiko, il ricordo di quella giornata era ancora troppo vivido nella sua mente per pensare alla separazione da lei, anche solo per qualche ora. Ma entrambi dovevano rincasare, e così fecero, dandosi appuntamento per quella sera, sulla Grande Quercia nel giardino dei Senju. Con un ultimo abbraccio, Tatsumaru lasciò andare l’amica, seguendola con lo sguardo fino a che non varcò la soglia di casa. Dopodichè, i dubbi e le preoccupazioni ripresero ad assalirlo.

Osservando il portone di casa sua, si chiedeva cosa avrebbe detto ai suoi genitori, e cosa invece avrebbe taciuto. Non voleva allarmarli, ne gravare su di loro facendoli stare in pensiero. Gli accadimenti di quel giorno riguardavano solo lui e l’Hokage, a cui avrebbe presto chiesto udienza. Sforzandosi di sorridere, prese un respiro profondo, e varcò la soglia di casa. Percorse il breve vialetto, al margine del quale la madre stava curando i fiori.

"Bentornato Tat … Santo cielo! Cosa è successo ai tuoi vestiti?"



Questa la reazione della madre non appena alzò lo sguardo dai curatissimi fiori, per posarlo sul trasandato figlio. Sembrava più un rimprovero che preoccupazione, e stranamente, per quella volta, Tatsumaru ne fu sollevato .

" Nulla okaasan, è solo che durante che durante le prove a cui i hanno sottoposto si sono rovinati e strappati, quindi ho preferito liberarmene. Scusami okaasan … Comunque è andato tutto bene, sono un vero Senju adesso. Adesso vado a fare un bagno caldo, scendo per cena! "



Ayame rimase interdetta. Non sapeva se essere più preoccupata per le prove svolte dal figlio, o per l’espressione con cui quest’ultimo le aveva comunicato il suo successo. Ricordava bene la sua iniziazione, e soprattutto la gioia nell’essere entrata a far parte del clan. Sul viso di Tatsumaru tuttavia non vi era gioia, e le sue parole sembravano evasive. Il ragazzo proseguì spedito verso l’ingresso dell’abitazione

"Tatsumaru …"



Le parole si spensero nella bocca della donna, che invano richiamò l’attenzione del figlio. Egli aveva chiuso la porta dietro di se, e allora capì che non avrebbe ottenuto risposte alle sue domande.

Hideki era intento a leggere seduto sul pavimento del salotto, quando i passi del figlio destarono la sua attenzione.

" Bentornato Tatsumaru. Dimmi, com’è andata alla sede del clan? Hai trovato la strada?"



" Si, e ho anche superato le prove a cui mi hanno sottoposto"



" E non sei contento? Siediti e raccontami tutto"



" Non ora otōsan, sto andando a farmi un bagno caldo …"



Anche il padre rimase interdetto dalla sua espressione, benché egli si convinse che fosse solo stanchezza. Tatsumaru aveva cominciato a salire le scale, scomparendo alla vista del padre, quando la voce di quest’ultimo lo raggiunse.

" Lavati bene i piedi, stai lasciando impronte sul pavimento"



Il ragazzo si voltò ad osservare il tragitto percorso. I suoi piedi erano ancora sporchi della terra della foresta, e la vista di quelle impronte gli riportò alla mente il cammino fatto insieme a Masumi. Un turbine di emozioni contrastanti lo fece barcollare, come colto da un capogiro, ma fu solo un attimo, e dopo qualche secondo riuscì a rispondere al padre, e a proseguire la salita.

"… Non me ne ero accorto, pulirò prima di cena!"



L’acqua bollente sulla pelle e il vapore che ne saliva lavarono via la terra, e il sudore dal corpo del ragazzo, e ritemprarono le sue membra stanche. Anche la traccia lasciata dal sangue di Masumi si ne andò dalla sua schiena, una traccia così labile che probabilmente era stata scambiata per del comune sporco dai suoi genitori. Tuttavia dalla sua mente non riusciva a lavare via i dubbi e le domande. Perché Kai? Perché Masumi? Perché Yukiko? Dopo circa un’ora in ammollo l’aria densa e umida del bagno lo opprimeva, rendendo ancor più pesante il fardello dei suoi pensieri. Si asciugò, e si vestì dei suoi comuni vestiti, poiché nel luogo dove voleva stare non sarebbe bastata la sua solita vestaglia. Prese un kunai, e salendo sulla finestra della sua camera, salì sul tetto, dove rimase a contemplare il tramonto.

L’aria fresca della sera sembrò alleggerirlo dalle preoccupazioni. Le luci di Konoha si accendevano man mano che il buio cresceva in quella notte senza luna. Quello che era sempre stato un paesaggio amico, era ora lo sfondo dietro cui si celavano forze che sfuggivano al suo controllo, volontà che non riusciva a comprendere.

*Perché? … Perché proprio io? … Perché proprio lei? …*



Mentre anche il cielo si accendeva di luci, Tatsumaru faceva roteare il kunai in aria, riprendendolo e facendolo girare tra le dita. Era un gesto che lo aveva sempre aiutato a riflettere, a calmarsi. I movimenti fluidi del kunai che danzava tra le sue mani erano lo specchio dei suoi pensieri. Molte volte Tatsumaru ne strinse l’impugnatura, fino a sbiancare le nocche, molte volte lo lanciò in aria, riprendendolo con precisione, solo per farlo volteggiare nuovamente. All’ultimo volteggio, Tatsumaru non riuscì a riprenderlo, ed esso cadde, ferendogli un dito, per poi conficcarsi sulla superficie del tetto. Il ragazzo guardò la mano, e il dito sanguinante. Fisso intensamente la ferita, come se quella casualità contenesse le risposte alle sue mille domande.

D’un tratto percepì sfuocata una luce dietro le sue dita. Mise a fuoco la luce, una fiammella ardeva nella casa sull’albero, la fiammella di una candela. Il tempo era trascorso rapidamente, tanto che Tatsumaru si era dimenticato di ogni altra cosa. Yukiko o aspettava, e il suo cuore trovò finalmente un po’ di sollievo. Recuperò il kunai, e con un balzo atterrò tra le fronde dell’albero.

Sotto di lui, all’interno della casa, Ayame era china a pulire le impronte sul pavimento, mentre Hideki, pensoso, era poggiato allo stipite della parete scorrevole che dava sul giardino. Vide l’ombra del ragazzo atterrare sull’albero, e solo allora proferì parola.

"Tatsumaru ha compagnia stasera … spero riesca a distrarsi"



"Non ha nemmeno cenato … Sono preoccupata Hideki"



"Forse è come dici tu, deve essere successo qualcosa …"



"Perché non ce ne vuole parlare? Siamo stati ninja anche noi, lui sa che possiamo capirlo "



"Non è così facile Ayame … Prima di partire aveva dubbi sulla via ninja, e dopo avergli parlato ha deciso di affrontare le prove del clan … Era così determinato a scoprire le sue radici … forse quello che ha scoperto non gli è piaciuto, e teme di offenderci rendendo pubblico il suo disappunto …"



Ayame stette in silenzio, pensierosa.

"Forse sta solo crescendo … entrambi abbiamo dovuto crescere in fretta dopo l’accademia, per noi è stato abbastanza facile, ma forse per lui non lo è.”



"Se è così allora non dobbiamo preoccuparci. Anche l’albero più forte un tempo era solo uno stelo mosso dal vento. Tatsumaru sta imparando a resistere al vento … Se cercasse riparo in noi non diventerebbe mai un albero forte"



"Forse hai ragione …"



Ayame riprese a sfregare con forza il pavimento, mentre Hideki continuò a fissare l’albero, chiedendosi cosa si stessero dicendo i due amici.

Tatsumaru varcò la soglia della casa, trovando Yukiko seduta ad aspettarlo. Il ragazzo sorrise imbarazzato, scusandosi del ritardo. L’amica aveva portato dei dolcetti, provvidenziali, dato che lo stomaco di Tatsumaru cominciava a brontolare. Si sedette accanto a lei, e allungando una mano sul pavimento di legno, sperò che l’amica vi sovrapponesse la sua. Accanto a lei i suoi pensieri non erano così pesanti, lei era come la brezza della sera. Attese che fosse lei a parlare, Non si sentiva di cominciare la discussione, in quel momento il silenzio era così confortante che ci si sarebbe cullato per sempre.

 
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