| *Non ci vollero che pochi secondi perchè l'atmosfera nella stanza, che prima era stata tanto calda, quasi pervasa di pace e cordialità, mutasse all'improvviso. Un tetro gelo discese tra i presenti, mentre gli occhi di tutti si spostarono all'unisono sul nuovo arrivato. Lo sguardo di Ryushi si spostò da un viso ad un altro, soffermandosi su quelli dei fanciulli, tanto candidi e delicati quanto spaventati da quell'improvvisa comparsa. Un brivido colse il Mizukage, facendolo tremare, facendogli sentire la testa nuovamente pesante, più di quanto già non fosse. Le sue palpebre si chiusero, lasciandolo per pochi, rapidissimi istanti immerso nelle più cupe tenebre, che avvolgevano oramai anche il suo cuore. Quando già credeva di svenire, i suoi chiari occhi tornarono, quasi da soli, a riaprirsi, a rivedere la luce che inondava la sala. Osservò il viso dell'Hokage, che già si stava voltando, tentando d'ignorare quell'imprevisto, arrivato in un momento tanto delicato e perfetto. Poi, il suo sguardo scivolò sul viso, tondo e perfetto, della Raikage, E, ancora una volta, lo Spadaccino rabbrividì.
Se ciò che Akane Uchiha mostrava non era più ch'indifferenza, gli occhi di Shiroko lo fissavano, carichi d'odio. La sacerdotessa era in piedi, alzatasi tanto all'improvviso che quasi il ragazzo non se n'era accorto. Quegli occhi, chiarissimi, glaciali in quel caso, sembravano penetrare il suo corpo, trafiggendolo, accusandolo di essere in quel sacro luogo, biasimandolo e disprezzandolo per ciò ch'era stato, che era e che sarebbe divenuto. E come lo stesso Squalo non sarebbe potuto esser d'accordo con gli altri Kage che gli stavan dinanzi, quand'anche lui era il primo a non sopportare sè stesso? Le sue dita si chiusero, flettendosi, mentre il suo corpo veniva scosso da nuovi, incontrollabili brividi. Anche l'ultima sua decisione, l'assassinio di Gin, la presa del potere a Kiri, la stessa, inconsapevole scelta di partecipare alla riunione dei Kage al torneo, s'era infine rivelata sbagliata.
I suoi occhi si chiusero nuovamente, mentre si chiedeva quando, nella sua intera vita, avesse mai preso una decisione giusta, che non lo distruggesse, che non ferisse tutti coloro che lo circondavano, che non danneggiasse tutte le cose cui teneva. Poi, il suo sguardo vagò ancora nella stanza, notando i frammenti vitrei appesi al soffito, nei quali si riflettevano le prove del torneo che gli shinobi dei vari Villaggi, compresi i suoi, i ninja di Kiri, stavano affrontando. Un moto di tristezza lo colse, mentre il pensiero tornava indietro nel tempo, a quella che sembrava esser stata un'altra epoca, al torneo chunin cui lui stesso aveva partecipato. Al solo ricordo, gli sembrava che fosse accaduto ad un'altra persona, come se fosse stato impossibile per lui essere vissuto tanto a lungo. Il suo viso si abbassò di nuovo, mentre il glaciale benvenuto della Raikage lo raggiungeva. Lentamente, si sedette al posto che gli venne indicato, osservando quanto fosse lontano da ogni altro membro di quell'assemblea. Un amaro sorriso gl'apparve sul volto, mentre, sempre più, si rendeva conto di quanto fosse diverso dalle altre persone lì sedute, ancora convinte, probabilmente, che la pace e la convivenza fra gli uomini fossero possibili e reali, non semplici illusioni create dalla stessa mente umana. Ma perchè non c'erano ancora arrivate, se mai avevan sofferto nella loro vita? Com'era possibile, dopo aver sentito il dolore dilaniare il proprio cuore e travolgere l'animo, non accorgersi delle menzogne che circondavano la mente, che mascheravano il vero aspetto della vita stessa?
Gli occhi del chunin a malapena passarono sul viso del traditore, soffermandosi invece su quello del suo sostituto, un jonin, Aoi, che conosceva almeno di fama. Non fu sorpreso dell'espressione, un misto fra stupore e rabbia, che poteva leggere sul suo viso. Tanto lontano dalla patria, mai si sarebbe immaginato, l'uomo, di poter essere raggiunto da una notizia tanto scioccante e tanto improvvisa come la morte del suo Kage. Ciò che traspariva dai suoi occhi era chiaro: se nessun altro nella stanza c'era ancora arrivato, per il ninja di Kiri appariva ovvio come Ryushi avesse potuto ottenere tanto improvvisamente quella carica, la più importante dell'intero Villaggio, dalla quale dipendevano le vite di tutti i cittadini, alla quale era collegato il futuro stesso della Nebbia. L'amaro sorriso sul volto dello Squalo scomparve, mentre la sua mano destra, in un gesto oramai più che abituale, sfiorò l'elsa della Samehada.*
Ryushi:Puoi anche rimanere, se preferisci, Aoi-san. Oppure puoi unirti agli anbu che mi hanno scortato fino a qui. A te la scelta."
*L'uomo rimase seduto per diversi secondi, come se le parole faticassero ad acquisire un senso nella sua mente. Poi, le sue pupille si dilatarono, mentre, freneticamente, s'alzava in piedi. S'inchinò, tanto velocemente che fece un cenno del capo persino al traditore della Nebbia ch'era giunto in rappresentanza di Oto. Infine, i suoi occhi si fissarono su quelli di Ryushi, scrutandolo con sospetto, paura e quello che il ragazzo credette fosse un profondo odio.*
Aoi:"Col suo permesso, Mizukage-sama, mi ritirerei, lasciandovi a discutere delle questioni più importanti."
*Senza un'altra parola o un nuovo inchino, spalancò la porta, uscendo alla fresca aria delle montagne di Kumo. Lo Spadaccino alzò il capo, mentre la sua compagna fremeva leggermente, tornando ad osservare i frammenti del torneo chunin che poteva vedere. Forse, sarebbe stato opportuno tornare a volgere il proprio sguardo verso quello della Raikage, che poteva ancora sentire su di sè, o, magari, avrebbe dovuto trovare un argomento per cominciare una conversazione. Eppure, la sua mente, in quell'istante, era vuota, senza nemmeno un pensiero a disturbare quella strana, totale quiete. Poteva sentire, ogni tanto, il suo corpo scosso da brividi, come se la febbre stesse per tornare, ma quella sensazione, insieme alla consapevolezza del fastidio che gli avrebbe provocato incontrare ancora gli occhi glaciali e carichi di giudizio di Shiroko, era l'unica cosa che provasse realmente.
Poi, la stabilità che s'era venuto a creare fu interrotta nuovamente dall'arrivo dell'ultima Kage atteso, ch'aveva finalmente deciso di degnar quell'assemblea della propria presenza: il Kazekage, Saneatsu Takakuzu, aprì delicatamente la porta, mentre uno strano essere, più simile che mai ad un drago, gli s'accovacciò sulle spalle. La Samehada fremette, affamata, come se fosse in procinto di attaccare quel nuovo ospite e la sua strana, piccola creatura. Mentre i suoi occhi scrutavano l'ultimo arrivato e notavano le reazioni, diametralmente opposte rispetto a quelle del suo arrivo, degli altri Kage, con un leggero tocco della mano sfiorò l'elsa della Samehada, quasi carezzandola, fino a quando la sua compagna non si fu calmata. Poi, tornando a concentrare la sua attenzione sulle prove del torneo, osservando i veri ambienti che circondavano i contendenti, mormorò un benvenuto. Ad ogni secondo, il silenzio nella stanza si faceva sempre più pesante, quasi opprimendo lo shinobi. Talvolta, le sue mani tremavano, così come il suo corpo, scosse dai brividi, che il Kage cercava invano di trattenere. Sentiva quella folle malattia tornare ad acquisir forza nel suo petto, colpendolo con devastanti, regolari fitte alla testa. Più volte credette di svenire, di accasciarsi sul basso tavolo dinanzi a lui, di terminare la sua vita lì, circondato da persone che non facevano altro a disprezzarlo, oramai le uniche rimaste al mondo. Eppure, resistette, in silenzio, continuando ad osservare quel presente, che per lui era già passato.*
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