Stanza di Arashi Kaguya

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view post Posted on 18/12/2010, 20:34     +1   -1
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Questa è la stanza di Arashi Kaguya
 
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view post Posted on 18/2/2012, 19:43     +1   -1
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CITAZIONE
Quando torni, vieni subito all'ospedale dalla mamma.

Arashi spalancò la porta di casa e iniziò a correre, il più veloce possibile.
Per arrivare all'ospedale. Per sapere cosa era successo alla mamma o, forse, al bambino che portava in grembo. Sarebbe dovuto nascere un mese più tardi, che questo anticipo fosse una cosa negativa? Non poteva saperlo finchè non fosse arrivato. Con il vento che gli spostava i capelli, sferzandogli le braccia quasi completamente nude, pensò a sua madre. Forse stava male? Non voleva perderla. Si ricordò di quando era piccolo, con lei che lo teneva abbracciato amorevolmente mentre suo padre si dichiarava fiero di quel bambino che sarebbe diventato un ottimo Kaguya. Aveva sempre voluto bene ai sui genitori, non voleva che se ne andassero.
Incontrò un fiume di gente che si muoveva dalla parte opposta alla sua, così saltò su un tetto e continuò a correre.
Più veloce.
Ormai era diventato un Kaguya a tutti gli effetti, ma ancora non era abbastanza forte come voleva suo padre, e lo aveva rinfacciato poco prima di partire per la missione. Quel piccolo che sarebbe nato, se sarebbe nato, sarebbe stato migliore di lui? Avrebbe commesso gli stessi errori, o i suoi genitori avrebbero preferito il neonato a Arashi? Forse era meglio se non fosse nato. Sarebbe stato soltanto un male, per tutti. No, il ninja non aveva il potere di decidere se un bambino dovesse vivere o meno. Nessuno aveva un potere del genere. Era come uccidere: non si può dire "uccido soltanto chi se lo merita". C'è chi si merita di nascere e chi no. Se qualcuno nasce, non ha più il diritto di essere ucciso. Se quel bambino avesse deciso di nascere, nessuno avrebbe potuto impedirlo senza andare contro la volontà degli dei. Ma se Fuyuko fosse morta, Arashi avrebbe dato per sempre la colpa a quel piccolo.
Il Kaguya aumentò il ritmo della corsa, cercando di annullarsi nei passi, sempre uguali, con lo stesso ritmo.
Più veloce.
Non voleva pensare al peggio, ma non voleva nemmeno darsi false speranze. Non era un medico e non lo sarebbe mai stato, non poteva sapere quali erano le probabilità in casi del genere. Doveva soltanto scoprirlo di persona; non si era mai sentito tanto in apprensione fino a quel momento. La sua vita era sempre stata normale, senza infamia e senza lode. Nonostante gli errori che aveva commesso, aveva sempre rimediato in qualhe modo. Adesso, la situazione non era più nelle sue mani: voleva sapere tutto.
Un ultimo sforzo, mancavano soltanto poche centinaia di metri all'ospedale, alla verità.
Ancora più veloce.
Sentì la nebbia che lo circondava: ormai era parte di lui come lui lo era di lei. Cresciuto da sempre nel Villaggio, non aveva visto altra realtà che quella. Oltre alla Nebbia, nulla esisteva nel suo piccolo mondo. In un momento, la decisione fu presa: sarebbe andato a Kumo, dove altri genin stavano onorando la loro patrai al Torneo Chunin. Dove lui non era andato. Avrebbe visto quanto era il divario di forze, l'avrebbe colmato e sarebbe tornato indietro da vincitore.
L'edificio grigiastro dell'ospedale apparve alla vista. Luogo di morte e vita, quale ruolo avrebbe incarnato qel giorno?
Più veloce.
Spalancò la porta, correndo verso una figura con il camice bianco. Con il fiato corto, chiese all'uomo dove fossero i suoi genitori, ma non gli chiese cosa era sucesso: aveva paura di sapere se avrebbe prevalso la vita o la morte. Un insieme confuso di sentimenti, idee, emozioni e sensazioni lo stava stravolgendo interiormente, non riusciva più a capire niente. Gli indicarono una stanza: entrare? Il groviglio di pensieri si distese un attimo, sapendo di essere inutile in quel momento. Il ragazzo voleva sapere. Entrò, e tutti i suoi dubbi furono tramutati in cenere, gettati al vento.
Sua madre e suo padre stavano abbracciando un bambino; anzi, era una femmina. Pochi giorni più tardi, non si sarebbe ricordato precisamente cosa era sucesso, ma aveva l'indistinta certezza di aver preso in collo la piccola, mentre suo padre diceva il suo nome: Hikari. Hikari Kaguya. Per la prima volta, il ragazzo potè hiamare qualcuno sorellina e decise che era una bella sensazione. La luce che avrebbe illuminato la famiglia negli anni a venire. Ma soprattutto illuminò Arashi con una luce che lo avrebbe guidato, facendogli sempre ricordare per cosa era uno shinobi, adesso, e per cosa avrebbe lottato in futuro. Così si apre un nuovo capitolo nella storia di uno dei tanti ninja, Arashi Kaguya.

D'ora in poi combatterò anche per te, Hikari
 
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view post Posted on 6/11/2014, 23:27     +1   -1
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E così, tempo pochi giorni ed era già tornato in ospedale: stavolta non era stato una creatura nata da un Dio malvagio, nè una tecnica troppo forte, ma la sua scarsa preparazione che lo aveva portato ad affrontare un avversario troppo al di sopra delle proprie capacità. Dopo lo scontro Arashi si era risvegliato in ospedale e aveva appreso che era stato proprio Sasaki, il rosso, a portarlo in spalla fin lì sotto gli occhi attoniti di coloro che avevano assisito allo scontro. Dicevano infatti che era stato un massacro... e non era poi così diverso dalla realtà, visto che un solo attacco alla massima potenza della letale frusta era stato sufficiente a ridurlo in quelle condizioni. Ustioni, tagli e ferite di vario genere dove il Drago di Ferro l'aveva agganciato.
"Almeno un mese" avevano detto i medici. "Una settimana", aveva risposto lui. E una settimana sarebbe stata, alla faccia di chi diceva il contrario: si preoccupò subito di rassicurare i genitori sulla sua presenza in ospedale nonostante le dimissioni recenti, ma già sapeva che non era niente di grave. Ciò che lo sconsolava era la sua mancanza d'allenamento. Era sicuro di non aver dato il massimo di ciò che il suo corpo poteva dare, e magari con un po' d'allenamento in più sarebbe riuscito a perfino a sconfiggere Sasaki -o almeno a costruire un bel combattimento-.

Decise che sarebbe andato alla sede del clan, al castello Kaguya, una volta uscito di lì: il luogo dove era nato come Kaguya, dove aveva ucciso e sconfitto, dove aveva visto uccidere ed era stato sconfitto. Sentiva che le sue ambizioni non erano al pari delle sue capacità e perciò avrebbe ampliato quest'ultime per diventare ciò che aveva sempre sognato: un Anbu al servizio di Kiri.
Ma prima, doveva guarire: una settimana, avrebbe aspettato pazientemente una settimana. Era Kaguya, non poteva certo rimanere ricoverato in ospedale quando ancora riusciva a camminare sulle sue gambe.


//Quattro giorni//
 
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