The Pine
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| *E con una facilità che sorprese sia me che la mia pelle, le dita del Kokage si intrufolarono tra la carne del mio seno, senza infliggermi ne dolori ne pene, se non quel semplice dolore che poteva provocare la puntura di un ago. Perché quelle dita non erano altro che una siringa, in quel momento, o per meglio dire si tramutarono in tali esatamente un attimo dopo che mi perforarono i tessuti. Non ricordo se urlai o meno, ricordo solo che nello stesso istante in cui il mio sangue veniva contaminato e morso da quella cancrena scura che era il Chakra di Otomika, il mio volto si deformo in una maschera di pura sofferenza, mentre la mia mente, presa alla sprovvista, si spense per ben cinque secondi, prima di ritornare in moto e farmi "godere" ogni attimo di quella tortura. Quando ritornai in me, sentivo quell'abominio fetido già avvinghiato a me che rosicchiava il miei muscoli e la mia carne, goloso del mio giovane sapore mentre le sue radici attecchivano sempre più, trasportate dal sangue e dal mio stesso chakra, che intanto si mescolava a lui in un sinistro abbraccio simbiotico, a tal punto che non riuscivo più a distinguerli, fino a quando quella matassa informe non si piantò nel centro esatto del mio essere, pulsando gioiosa... Ma non era ancora finita.*
*Mi contorcevo mentre lui ramificava, cercando di agganciarsi saldamente a me, allungando i suoi tetri tentacoli di malignita verso ogni lato di me, cercando di raggiungere persino il mio spirito, con un successo tremendo. Avevo sottovalutato fin troppo i primi attimi di quella sofferenza che, per quanto fosse dolorosa, si limitava a quello, a vacuo dolore fisico e quindi mi ritrovai priva di difese, servita su di un piatto d'argento a quell'abominio. Il mio corpo quindi si staccò dal mio volere, perché nonostante tutto, io VOLEVO quella sofferenza, e tentò di scappare, ma fortunatamente, la Kubikiri mi venne in aiuto. La spada, bloccata nel mio braccio, prese il controllo di quest'ultimo, afferrando quindi quello di Otomika, per impedirmi di scappare... Cara amica. E finalmente, dopo un'eternità minuscola di Dolore, tutto si concluse... Morii.*
*Tutto si spense improvvisamente, mentre il mio corpo si staccava completamente dal mio spirito, facendomi tornare a vagare in un luogo che già visitai in passato... Mi guardai velocemente intorno, per assicurarmi che quella che stavo vivendo non fosse una strana illusione creata dal morbo, certezza che si creò appena il mio sguardo scivolò verso le mie mani e il mio corpo... Nebbia. Ecco cos'ero diventata, nient'altro che nebbia. Ero morta davvero... E la morte mi si venne a parare d'avanti. L'accolsi sorridendo.*
- Papà...
*Ki mi sorrise, col suo meraviglioso sguardo che tanto invidiavo, allungando poi la sua mano vaporosa verso i miei capelli informi, carezzandoli dolcemente. Chiusi gli occhi, perdendomi nel caos di ricordi creato da quel semplice gesto, poco prima che Papà mi lasciasse, volgendomi le spalle mentre la sua gigantesca falce si alzava verso l'infinità oscura.*
- E' ora di andare, bambina.
*Sussurrò col suo vocione rauco, ma io non mi mossi, facendo fermare anche lui. Si voltò verso di me, con sguardo severo, mentre io sorridevo spavalda, cercando di imitarlo. Sapevo perché era lì... Come lui sapeva perché ero ferma. Si tolse dalle spalle l'asta della falce, sbattendo la lama contro il terreno inesistente prima di ridacchiare.*
- Maledetta testarda...
- Già.
*Sibilai mentre nella mia mano si creava dalla nebbia stessa di cui ero formata la Kubikiri, gioiosa alla vista del suo stesso padrone come dimostrava il suo tremolio, che la faceva fumare rendendo la sua sagoma informe. Ki alzò la falce con una sola mano, senza difficoltà alcuna, a dimsotrazione della sua forza smisurata ancora viva e potente nonostante la sua dipartita, fiondandone poi la lama contro di me senza pietà alcuna. Lesta frapposi tra la sua arma e me la mia spada, attutendo così il colpo d'incredibile potenza. Se il mio corpo fosse stato materiale, in quel momento le mie gambe si sarebbero frantumate. Ki alzò la spada, pronto ad un altro attacco, e fu allora che notai che la Kubikiri aveva ripreso forma, tornando al suo brillante splendore ferroso. Guizzai all'indietro, schivando il secondo attacco, balzando poi sull'arma stessa di mio padre, cercando di sbilanciarlo... Ovviamente senza successo. Non ringrazierò mai abbastanza i Kami che mi permisero di ammirarlo di nuovo combattere... Ero entusiasta. Lui ridacchiava, sorridendomi con tetra dolcezza dopo ogni suo attacco e dopo ogni mia risposta, sapendo che ad ogni passo e ad ogni contr'attacco il mio piede era sempre al suo, sicuro e immobile come solo quello della morte poteva essere, la sola certezza che il destino donava. Un colpo, un altro, sempre più potente e distruttivo, e io tornavo indietro, allontanandomi da lui, mentre il mio corpo era tornato quasi completamente fisico e vulnerabile...*
- Sei cresciuta molto, Illya...
- Già... E tu sei sempre lo stesso, papà.
*Sussurrai appena, esausta, prima di lanciare l'ennesimo attacco, riuscendo persino a deviare la lama di papà un attimo prima che mi distruggesse il cranio, distruggendo la sua difesa, che però si creo un attimo dopo dalla sua mano libera, che bloccò con sole due dita la Kubikiri, facendomi restare così a pochi passi da lui. Cercavo inutilmente di liberare la nostra arma dalla sua presa, ma non ci riuscivo... Era troppo forte.*
- Ma non sei ancora abbastanza forte.
- S-Sai com'è... Papà... Non è facile... Essere più forti della morte...
*Nulla, nonostante tutta la forza del mio corpo ritrovato fosse concentrata nelle mani, non riuscivo a schiodare la Kubikiri dalla presa di papà, che dall'alto mi fissava divertito, per nulla sforzato dal nostro scontro fisico.*
- Quanto ancora devi maturare, bambina mia...
- Sono morta per questo, papà! Per riuscire... A diventare come te! Voglio diventare ciò che eri tu... Ottenere la tua sicurezza, la tua forza, la tua crudeltà... IL TUO CONTROLLO!
*Strilla entusiasta l'ultime parole: avevo liberato la nostra arma dalle sue dita nebbiose e, senza pensarci due volte, avevo rigato il sorriso vaporoso con un colpo rapido e potente, che mi sbilanciò all'indietro, facendomi quasi cadere. Ki si riforma immediatamente e ridacchia... Non mi rivolge parola, mi sorride e basta, continuando a ridere, mentre scompare completamente, lasciandomi da sola nel buio...*
*I miei polmoni si riempirono d'improvviso di fredda aria, così rapidamente che bruciava. Mi sentivo diversa... ERO diversa. Spalancai i miei occhi rapidamente... Sentivo un nuovo corpo avvolgermi, con una nuova e sorprendente protuberanza di cui potrevo intuirne la forma dall'ombra che creava per terra. Ero distesa a terra, inerme, non riuscivo neanche a muovermi, se non per la mano sigillata dalla Kubikiri, che stava innanzi al mio volto tentanto di fare presa sul terreno, per rialzarmi... Era scura, artigliata... Demoniaca, pervasa dal tetro potere del suono come il resto del mio corpo. La presa del Sigillo di Otomika lentamente scivolava via, richiudendosi in quel bozzolo al centro di me, permettendomi di riottenere la forza perduta e rialzarmi. Fissai il Kokage, esausta, mentre lentamente afferravo i miei vestiti e me li infilavo, senza pronunciare parola...*
- Grazie, Otomika...
*Sibilai in un attimo, scivolando poi via dalla stanza, turbata dal pulsare ossessivo di quella malignità dentro di me, senza nemmeno essere riuscita a fissare il sigillo sulla mia pelle... Ero troppo occupata ad abituarmi.*
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