Missione S - Portare gli uni i pesi degli altri, per .Astaroth e Griever_

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 12/3/2020, 21:39     +1   -1
Avatar

Group:
Member
Posts:
1,249

Status:


Si svegliò in una soffusa penombra. La schiena su di un letto. La rete di un letto a dire il vero. Non ne ricordava uno da mesi. Ma cosa ricordava? Era primavera. Di quale anno? Duecentotrenta-duecentotrentaquattro. Trentacinque. La testa gli faceva male e la sentiva pesante. Come gli aveva sempre fatto male al risveglio negli ultimi mesi. Odore di chiuso. Muffa e umido. Voci confuse e ovattate, dal mondo esterno. Il ragliare dei muli. Il cigolio dei carri. Bambini che gridano. Un cane. Girò la testa e provò una fitta alla spalla. Ingessata alla meno peggio. Ci impiegò qualche secondo per mettere a fuoco le sbarre metalliche oltre la quale stava un uomo intento su una scrivania. Avrebbe voluto parlare ma si ritrovò la bocca completamente impastata. Poi l'uomo si girò. Lo scrutò per qualche secondo da sopra gli occhiali a mezzaluna. Quindi riprese a leggere.
"Ben svegliato" disse.
" - Dove mi trovo?"
"Alla stazione di polizia di Sueshi."
Impiegò un po' di tempo a elaborare tutte quelle informazioni.
"Sushi?" domandò di nuovo.
"Sueshi, Kusa no Kuni. Da tre giorni ormai. Stavo iniziando a pensare che fossi morto."
Provo a parlare di nuovo ma gli venne una fitta lancinante alla testa. Ci pensò ancora. Gli parve quasi che quella fitta fosse un'illuminazione, come aveva letto nei racconti di avventure di bagordi.
"Ah. La taverna."
"Esatto - ti stai riprendendo in fretta."
"Che cazzo è successo poi?"
"Nulla di piacevole come puoi immaginare."
"Ci sono stati morti?"
"No. Solo tre feriti. Danni al locale. Al quartiere in generale. Niente ti può togliere quattro, cinque anni nel mio ostello."
"Neanche per un cazzo, sbirro di merda."
Quella frase gli usci istintiva, ma così incerta e biascicante da non poter apparire in alcun modo minacciosa. Per nessuno.
"Va bene allora."
Il poliziotto smise di leggere, posò gli occhiali a mezzaluna, girò il busto verso di lui e appoggiò il gomito sul tavolo, quindi riprese e indicò la cella.
"Se riesci a fuggire dal distretto non avrò più motivo di braccarti. Ma qui, in questo distretto, sono io che devo far rispettare l'ordine, a costo di essere il primo a farsi male. E finchè sarai qui, stai sicuro che non ti sarà facile avermi alle calcagna."
Yoshi si stese sul letto e ridacchiò.
"Che seriosità. E dai quasi per scontato che riuscirò a scappare."
"E chi lo sa. Sapevo fossi pericoloso con la spada ma hai fatto una scazzottata memorabile l'altra, quindi non scarto nessuno scenario a priori. Anche se sei handicappato."
Ridacchiò ancora più intensamente. Come se sentisse ancora tracce di alcol.
"Sei uno sbirro divertente."
"Questa è nuova, non mi definirei mai così."
"Sì invece. Sei simpatico."
"Se te ne accorgevi qualche giorno fa sarebbe stato meglio."
"E sei anche un gran brontolone" gli disse, agitando l'indice a mo' di ramanzina.
"Ora chiudi il becco e lasciami lavorare. Tra un po' arriva mia moglie con il pranzo. Se ti piaccio addirittura io, credo che lei la adorerai."
Silenzio.
"Strano che non mi hai detto di darti del lei. Sei un ufficiale di alto rango, un sovrintendente."
"Ci sono situazioni in cui passi sopra a certi formalismi, se hai un minimo di cervello."
"Come parlare con un delinquente ubriacone?"
"Tipo, sì. Sei sveglio" concluse con un tono inequivocabile.
" - Vaffanculo."
"Ora non prenderti troppa confidenza e chiudi il becco."
Silenzio.
"Non mi hai detto come ti chiami."
"Non vuoi proprio chiudere il becco."
"Se non ti va non dirmelo, chi se ne frega."
Ci pensò un po' su.
"Massì, vaffanculo a tutto. Vaffanculo a tutto il mondo."
"Mi chiamo Eizan Touma."
"Che nome buffo."
"Ci avrei giurato lo avresti detto."




Un boato che fece tremare ogni cosa. Ma non come ci si aspettavano forse. Come se le cariche fossero state portate lì proprio per quello scopo. Non che ci fosse molto tempo per pensarci. Non ora almeno. I bunshin coprirono dalle macerie i fuggitivi, che sgattaiolarono oltre la soglia come formiche in fuga dalla loro tana. Quando udirono il segnale, Mira richiamò le anime nere, e così Jou e Naum rinfoderarono le armi e lasciarono i pochi superstiti a contorcersi in una pozza di sangue, viscere e follia. I morti di entrambe le fazioni giacevano in quella poltiglia rossastra come vittime di una catastrofe marina, e così superarono la colonna lamentosa dei fuggitivi e scomparvero oltre la breccia in una nuvola di polvere.
Erano le ore fresche che precedono l'alba, e Rokuda urlò al gruppo di volgere verso il lato orientale dall'isola, virando poi a sud per trovare il punto migliore per la discesa al suolo. Prese un dardo segnalatore per indicare a Heiji della buona riuscita dell'operazione e della ritirata immediata ammesso che fossero ancora vivi. Nel caos della fuga, passò in rassegna gli strumenti di Chiaki. Pochi propulsori e qualche paracadute. Nessun cavallo esclusi quelli lasciati nella radura insieme al mezzo. Dovevano sperare in un aiuto delle truppe a est. O di essere abbastanza rapidi da sfuggire ai segugi che sicuro come la morte gli avevano sguinzagliato addosso.
"Dobbiamo muovere in fretta, vecchio" gli urlò Fuyuki: "E lasciare quest'isola, portare queste anime lontano dagli occhi di Buraindo."
"Torniamo a prendere i mezzi. E speriamo che Heiji e suoi siano ancora vivi."
"Non ci resta altro. Sperare. Esiste un luogo sicuro per queste persone?"
"Ryuzaki vi condurrà in uno dei nascondigli della Resistenza, stanne certo. Almeno, se non è un idiota è quello che farà."
"Non escludo che i soldati del Credo possano decidere di radere al suolo Maigo, ora che Ryuzaki è evaso."
"Se quei bastardi non l'hanno già fatto."
Stettero in silenzio per un po'. Ripensò a qualche ora prima, alla sorellina di Chiaki e ai timori di quest'ultima. Come se avessero un sentore di profezia.
Stava per esprimere un pensiero, ma dei tizzoni di fuoco piombarono su di loro superando la difesa dei bunshin, e nella luce crescente dell'alba le faville apparivano in quel rosa chiaro disperdendosi in una curva come ricordi di un porto lontano.
Jou vide Mira accasciarsi al suolo, quindi decise di prenderla in spalla e poi in braccio per evitare di rallentare la corsa. La cosa la stupì alquanto.
"Non ne starai approfittando?" chiese lei con una punta di malizia.
"Potrei anche farlo. Ma è un genere di amore che non mi va: troppo faticoso, tutto sommato."
Lei accennò un sorriso. "Non deve essere sempre tutto complicato."
"Sì, se hai una moglie che ti aspetta a casa."
"Mai mettersi tra un guerriero e la sua donna" gli rispose, quindi continuò sussurrando: "Ricorda che abbiamo combattuto contro di loro ai bastioni."
"Eravamo a centinaia, dubito che si ricordino dei volti in particolare. Ma è giusto essere prudenti. Ora risparmia le forze e pensiamo a uscire vivi da questo casino."
Rokuda riprese il mezzo e così Fuyuki e Naum i loro cavalli e guidavano il gruppo come potevano mentre i bunshin si appostavano come gufi in attesa di nuovi pericoli. L'alba era ormai visibile, e la roccaforte alle spalle, ma sapevano che non sarebbe mancato molto prima dell'arrivo di nuove forze nemiche. Fuyuki guardava il buio che avvolgeva il territorio svanire lentamente, e solo allora, in quel momento di relativo caos calmo, e allora decise che era tempo di chiedere qualcosa al suo passeggero.
"Mio eroe e salvatore." Ryuzaki decise di anticiparlo, con la sua voce calda e suadente che sentiva rimbombare sul collo: "Non dimenticherò quello che hai fatto per me e per il Cielo, sappilo."
Cercò di trattenere la sua frustrazione. Il rapimento era ormai impossibile. Chissà, forse questo poteva offrirgli un risvolto positivo - finalmente, visto gli ultimi eventi incessantemente avversi.
"Cosa suggerisci di fare?" riuscì infine a chiedergli a denti stretti.
"I miei uomini avranno un po' di cavalli con loro, credo ci stiano raggiungendo. E paracaduti e propulsori, come quelli di Choshi. Ci aiuteranno a fuggire più rapidi e a sfidare il dio della gravità. E a far sì che la nostra crociata contro la tirannia possa continuare."
Quel Choshi lo stranì un po', poi realizzò che fosse un nomignolo dato a Chiaki.
"Prega solo di sopravvivere a questa notte. Altrimenti non ci sarà nulla da ricordare."
"Sopravvivere? Amico mio, scriverò una ballata stasera. Su come il grande Masao Ryuzaki ha sconfitto 100 uomini da solo nelle prigioni di Butsuon."
Fuyuki non potè trattenere una risata a denti stretti.
"La canterà chiunque, diverrà un successo senza tempo, immortale."
"È strano. Di rado si vede qualcuno di realmente glorioso vantarsi della propria gloria."
Ryuzaki lo guardava stranito, sporgendosi dalla cavalcatura. Come fosse perplesso e pensieroso: "La vera gloria va celebrata, deve ispirare ogni uomo a far brillare la sua vita. Come il Sole nel Cielo."
"Mi auguro che tu dica il vero, Masao Ryuzaki" gli rispose lui, serio. "Per il momento pensiamo a portare queste anime lontano da qui. Il tempo delle ballate verrà, se avremo successo."
"Rilassati amico mio, ce la faremo, perché così corrucciato? Devi bere e divertirti di più. Choshi forse ti interessa? Oh te la consiglio, è come una puledra del Ferro."
Fuyuki alzò gli occhi al cielo.
"Ho una moglie a casa. E due figli. Mi preoccupo solo di non lasciarli orfani, dopo stanotte."
"Oh, non sia mai questo. Condurrò il loro papà a casa a costo della vita, te lo prometto fratello."
"Piuttosto, come pensi di affrontare la tempesta che sta per abbattersi sui tuoi uomini?" tagliò corto Fuyuki: "Buraindo sguinzaglierà ogni cane del Cielo, pur di trovarti. Lo scontro è inevitabile, ormai è impossibile nascondersi ancora."
Ryuzaki allungò la mano, e Fuyuki potè vederla alla sua sinistra all'altezza del collo, che indicava la ciurma sconfinata dinnanzi a loro, come gli artigli di un rapace pronti a levarsi sulle prede.
"Li vedi questi uomini. Ciò per cui vivo, la mia linfa vitale. Questi sono solo una parte delle mie forze, che ora sono pronte a convogliarsi con le truppe a terra. E in più nuove reclute giungono da ogni dove per unirsi al nostro desiderio, al nostro sogno di libertà" quindi ritirò la mano e la strinse a pugno più forte che potè. "Presto saremo pronti, non è più tempo di guerriglia: con il mio arrivo al quartier generale, raduneremo le forze e attaccheremo Kugyou. E spezzeremo le reni ai priori."
Fuyuki annuì.
"Piuttosto, cosa ti hanno fatto lì dentro? Sei ferito, e giurerei di non aver visto molte persone essere così raggianti, dopo aver sopportato qualcosa del genere."
"Non lo so, fratello mio. È una mia caratteristica immagino. Sono sempre stato molto resistente al dolore, e le mie ferite sono sempre guarite molto presto. Non ricordo di aver mai portato un gesso, per farti intendere. È uno dei due doni che la natura mi ha dato credo: questo, e ottenere tutto ciò che voglio. E ciò che voglio più di ogni cosa ora è liberare per sempre i miei compaesani dal Tiranno invisibile."
Fuyuki si era voltato per guardarlo, approfittando di quel periodo di relativa quiete. Cosa poteva dire di quello sguardo bonario e a tratti un po' ingenuo? Cosa celava davvero, con quel suo potere misterioso, non del tutto trasparente. Sarebbe stato un leader così diverso da Buraindo? Si ritrovò a pensare, in un moto di insolito altruismo e interessamento verso il prossimo, che quei giovani non stessero morendo per rimpiazzare un tiranno con un altro.
Che si fosse interessato a quella causa? Anche in minima parte. In fondo, a ben pensarci, era anche la sua, si disse. Lo capiva, Masao Ryuzaki. Si vide non molto diverso dal leader della Resistenza del Cielo. Due idealisti, due sognatori, due rinnegati che sognavano di spodestare il Tiranno che governava la loro amata terra natia.
" - Capisco" disse infine. "Allora faremo bene a muoverci e prepararci. Non manca poi molto, alla battaglia finale."
"Ben detto, ben detto, ehm... Giusto, come ti chiami?"
"Duren. Orha Duren."
Pochi minuti dopo arrivò da est un drappello di ragazzi a cavallo, coperti di sangue e pieni di rotoli. Provenivano dal luogo della battaglia a est, una carneficina per entrambe le fazioni, ma dissero di aver limitato i danni grazie alla prudenza di Heiji e alle sue manovre da temporeggiatore. Li aveva inviati lì poche ore prima, sperando che l'operazione fosse andata in porto per fornire loro mezzi per la traversata e la discesa a terra. Lungimirante su tutto, pensò Rokuda soddisfatto. Così la truppa si mise in marcia più veloce, e una cinquantina di cavalli sfrecciarono come migratori sotto una stella errante, e la traccia che lasciavano su quel terriccio irreale sospeso nel vuoto rifletteva nel suo vago inarcarsi i movimenti di quella terra stessa, lievemente illuminata da un Sole che presagiva il fuoco che ognuno di loro portava con sé, sempre più vivo passo dopo passo.
Rokuda stava in coda, insieme a Jou, Naum, Mira e a un clone di Fuyuki. Fu allora che udirono un esplosione.




Mentre tornava a casa cominciò a nevicare. La neve scendeva vorticando in una luce gialla e calda, e quando passò dalla prigione e sferragliò un po' di carte, quindi uscì e lo trovò lì, come ogni pomeriggio negli ultimi tre anni.
"Piaciuto il pranzo?" gli chiese, e questi si voltò con un mezzo sorriso.
"L'ha fatto tua moglie, quindi è molto meglio di quello di ieri."
Eizan lo mandò a quel paese con un gesto della mano. Era molto migliorato da quando era venuto lì. Certo, gli lasciavano le manette e tutto, ma non aveva provato più a fare a botte con nessuno, non si sputava più ai secondini. E soprattutto non inveiva contro chi sa cosa dalla mattina alla sera per il suo bisogno di bere. E ogni tanto un bicchierino lui glielo concedeva, proprio come in quel momento.
"Ne vuoi un po'?" e gli mostrò il bottiglione di vino.
"Volentieri."
Gli si sedette a fianco su quella collina di loess a osservare il tramonto, i campi verdeggianti a chiazze cineree sempre più vaste e diffuse. Il sole a ovest sempre più basso, in un olocausto cremisi che sembravano il segno dell'ultimo bagliore prima del vuoto senza luce, come se fossero sulla soglia di un punto di non ritorno in cui soltanto la luce che ognuno di loro si portava dentro avrebbe potuto misurare la distanza dall'inizio. Stettero lì seduti a bere da quei bicchieri che esistevano da prima che entrambi nascessero.
"Non ti ho mai detto che avevi ragione."
"Riguardo cosa?"
"Tua moglie: mi piace. E' una gran bella persona."
"Più di questo. E' la persona migliore che conosca. Credo non si possa fare questo lavoro senza una moglie. E una moglie abbastanza insolita, lo hai visto anche tu. Cuoca, secondina e non so che altro. Non sai quanto ti è andata di lusso. Anzi, forse lo sai benissimo."
"Infatti."
"Tu come molti altri."
"Non hai mai avuto paura che le facessero del male?"
"No, mai. Per buona parte dell'anno si beccano le verdure fresche dell'orto. Riso di prima qualità. Fagioli per la zuppa. E come hai visto ogni tanto porta qualcosa di elaborato, come i tuoi gyoza al maiale."
"Li adoro, bastardi i Kami!"
"Bravo, anch'io penso che sono molto buoni. Certi tornano anche dopo che se ne sono andati, dopo anni e anni, quando avevano messo la testa a posto. Li ho visti venire con la moglie, addirittura con i figli. E certamente non per salutare me. Li ho visti presentare moglie e figli, o la fidanzata, e poi scoppiare a piangere. Uomini grandi e grossi. Che avevano fatto cose terribili."
Stettero entrambi in silenzio, come a lasciare che quelle parole si decantassero nelle loro anime, come il pulviscolo nel mare dopo una tempesta.
"E così che sforate ogni mese il budget della prigione?" chiese Yoshi a bruciapelo.
"E questo come lo sai?"
"Ho tirato a indovinare. Devo dire che lo immaginavo, a occhio e croce."
" - Bhe, che ci possiamo fare? Non ci possiamo fare un bel nulla, ecco cosa ci possiamo fare."
"Avete figli?"
"No. Anni fa abbiamo perso una bambina, ma non mi va molto di parlarne."
Yoshi ebbe un attimo di esitazione.
"Certo."
"Se non avessi lei non so cosa mi resterebbe. Anzi, sì che lo so. Lo so eccome."
Era sul punto di continuare, poi vide lo spettro di un'ombra sul volto di Yoshi.
" - Scusa."
"Non preoccuparti."
"Ero sempre stato attento finora, non so che mi è preso."
"Che ti ho chiesto io di parlarne, va tranquillo e smettila di fare la checca."
"Ti verrebbe difficile immaginare che razza di culattone sono."
"Vedi la cosa brutta con te qual è? Non c'è gusto a insultarti, non rispondi mai come ci si aspetta."
Stettero in silenzio a sorseggiare per un po'.
"Tu invece? Ho parlato solo io finora. Com'era tua moglie?"
" - Era anche lei una persona insolita. Cazzo, bisogna essere insoliti per sposare un tipo come me."
"Tutti siamo tipi. Avete avuto figli?"
"No mai. Volevamo, ma non abbiamo potuto. E' risultato - che era colpa mia."
" - Sì, penso di capire."
Eizan cercò di passare in rassegna tutto il suo esiguo vocabolario, nella speranza di trovare le parole giuste.
"Credo che colpa sia un tantino eccessivo. E' così che la vedi?"
"Non lo so. Ho paura che lei lo vedesse così. Anche se forse non l'avrebbe mai ammesso neanche a se stessa."
"Un po' contorto come ragionamento."
"Tu credi?"
"Penso di sì. In questi casi la colpa c'entra poco. Le cose capitano come capitano. Non te lo chiedono prima. Non ti chiedono il permesso."
Yoshi annuì. Stette lì a pensarci a testa bassa.
"La mia vita è stata in parte così" disse rialzando la testa verso l'orizzonte: "Ma io ci ho messo molto del mio."
"Tutti facciamo i nostri errori."
Prese il pacchetto di sigarette dalla giacchetta e se ne portò una alla bocca.
"Ne vuoi una?"
"Lo sai che non fumo."
"Io ci provo comunque, fammi compagnia per questa volta, non farmi sentire troppo in colpa."
Stettero lì fermi per un po', poi Eizan ne prese una e quindi Yoshi gliela accese subito col vecchio zippo.
"Dopo che mia moglie è morta mi sono lasciato un po' andare."
"Caspita, se me lo ricordo" disse lui ridacchiando.
"Non so se posso essere come quegli uomini di cui parlavi."
"Non saprei. Nessuno lo sa credo. Ma si può provare. Credo che a tua moglie piacerebbe."
"Decisamente" rispose subito.
"Spesso la via migliore - ma anche la più difficile - è la meno ovvia. E la più moderata. So che certa gente non la pensa come me. Parecchia gente anzi. Ma questa gente non sono mai riuscito a capire cosa pensi. Forse che io sono una delusione per le forze di polizia."
"Mi viene difficile vederla in questo modo. Anche se bhe, io non è che conosca molto di polizia" concluse richiudendo le gambe e incrociandole e aspirando un ampia boccata.
"Molti credono che fare il poliziotto sia solo mantenere l'ordine e pestare per bene quelli che sgarrano. Sono sicuro che a molti piaccia, menare le mani intendo. Ma per quel che mi riguarda, ho visto così tanta violenza e morte provocata dai più stupidi degli uomini che non potrei mai associarla alla via da seguire. Alla via giusta. La via giusta è stare vicino alla gente. Aiutare la gente che ti ha chiesto espressamente di proteggerla."
Yoshi lo aveva ascoltato con occhi sottili per tutto il tempo, con la sigaretta che si andava consumando poco a poco divenendo un piccolo e granuloso verme cinereo.
"Non so se la sto seguendo fino in fondo ma faccio del mio meglio. E' per questo che fino adesso non ho mai ucciso qualcuno."
"Mai?"
"No. Bhe, a parte un ragazzo, ma - "
" - Ma non ti va di parlarne."
"No, se vuoi ti spiego. Non che ci sia molto da dire. Ma non è una bella storia."
Butto il mozzicone spento e distese le gambe, osservando il lontano margine che orlava l'erba. La luna si andava alzando nel cielo, una mezzaluna posata come la barchetta di un bambino posta sull'oceano iridescente che segue il crepuscolo.
"Ho tutto il tempo che vuoi" concluse lui, mostrando i polsi e le caviglie.


Degli uomini che ho incontrato lui è stato il migliore. Colui che più di tutti ha cambiato la mia vita. Non gliel'ho mai detto ma per certe cose non c'è bisogno. Anzi, se lo facessi rischieresti di svilirle. E tra noi funzionava così. Non lo vedo e non lo sento da quasi quindic'anni. Ma non esito a dire che lui, ancora adesso, è senza dubbio alcuno il mio migliore amico.








Il tempo si fermò. La truppa che procedeva a rilento, in un limbo di attesa. L'idea di caso e fato al centro dei pensieri di quegli uomini lanciatisi in quell'impresa sconsiderata. Un esercito veniva verso di loro. Anche un mediocre sensitivo avrebbe potuto avvertirlo. La loro pista confluiva in una foresta che li avrebbe dovuti separare dalla loro meta, stando alle parole di Rokuda. Un lungo cunicolo roccioso e alberato, simile a un labirinto, simile alla prigione da cui erano fuggiti, e molti si chiesero, con queste parole o meno, se nella convergenza di percorsi in quella terra ostile, dove i cuori e l'intraprendenza di una piccola nazione volevano essere divorati e distrutti senza lasciare traccia, non fosse possibile scorgere la mano di un sadico dio che aveva tracciato con severità e beffarda sorpresa una così micidiale coincidenza.
Si guardarono per un po' l'un l'altro, proseguendo senza capire verso dove stessero andando, senza avere idea sul da farsi. Rokuda ne aveva già un'idea. Diede una rapida ispezione al carico che portava nel posteriore del suo mezzo. Era tutto pronto e a posto. Poteva procedere.
"Muoviamoci!" e urlando seguì uno scalpiccio confuso e allucinato di zoccoli e il mezzo di Rokuda li seguì a tutta velocità, inoltrandosi in quel confuso reticolo di alberi e rocce e cunicoli.
"Forza miei uomini!" urlava Ryuzaki, aggrappato a Fuyuki come una cozza allo scoglio: "Verso la rivoluzione! Verso la libertà!"
Cavalcavano senza sosta in un mare di polvere col nemico di cui potevano avvertire il respiro omicida, lasciandosi ormai definitivamente alle spalle quella landa straziata da un caos fatto di sangue e sale e ceneri, e spingevano davanti a sé quelle decine e decine, forse quasi un centinaio di cavalli. Fuyuki guidava il gruppo con sé insieme a Chiaki, e Naum li raggiunse per dar man forte quando videro i primi esploratori sbucare fuori dai promontori, e delle frecce li colpirono precisi e i bunshin si piazzarono come faine per far sì che piombassero su di loro come assassini a guardia di un segreto da custodire. Gli inseguitori erano vicini, e Rokuda posto in coda al gruppo lasciò cadere delle trappole in cui sperava sarebbero caduti, e forse anche il clone di Fuyuki che portava Ryuzaki avrebbe usato le sue carte bombe o chissà quale altra strategia per far guadagnare tempo alla torma in rotta. Il terreno brullo sotto di loro sforzava i cavalli, quasi tutti costretti a trasportare due passeggeri, e i continui cambi di direzione tra alberi e altri ostacoli rocciosi e salite e discese provava loro, quanto il mezzo del vecchio. Il gruppo imboccò una stretta curva a sinistra, oltre la quale si apriva un enorme pianura da cui si intravvedevano i chiarori del cielo del mattino. La foresta pareva diradarsi, gli alberi più sporadici, ma le radici di uno di queste ingannarono Rokuda e il mezzo gli si schiantò addosso a tutta velocità. La ruota anteriore saltò, il mezzo restò piantato al suolo e fece leva e così mezzo e guidatore furono sbalzati via per qualche metro. Gli ci volle un po' di tempo per riprendersi, qualche secondo - almeno sperava. La vista un po' annebbiata. Non c'era speranza per il mezzo, era bello che andato. La spalla sinistra non sembrava in ottime condizioni, ma poteva ancora fare il suo dovere.
"Forza, andate!" urlò a coloro che si fossero fermati.
"Vai shinobi, e non voltarti!" urlò a Fuyuki, con quel suo sorriso sardonico: "Spero che almeno tu troverai quello che cerchi."
Così li vide correre via. Sfoderò la sua spada col pomello a forma di drago. La spada di Takeshi. Aveva risparmiato quante più forze possibile non a caso. Immaginava che sarebbe finita così. Per grosse linee. E gli andava bene così, davvero. Non immaginava miglior modo di concludere una vita miserabile. Non appena voltò l'angolo, vide subito una schiera di uomini che correva verso di lui, talmente fitta da impedirgli di vedere nient'altro oltre l'insenatura. Un colpo di fortuna, tutto sommato.
Finalmente oggi riscatto il mio onore, pensò, quindi sciolse i sigilli generando un'enorme nuvola di fumo e da questa presto sbucarono fuori sei cloni al suo fianco e iniziarono a roteare le spade come macellai e crearono un fronte invalicabile di acciaio e sangue. Altre spade erano già in azione e provavano a creare una breccia senza riuscirci, e così quando iniziarono a martellare a colpi di jutsu, ma il chakracciaio della spada unito alle esperienza e alle tecniche del vecchio riuscivano a tenere colpo su colpo alla marea che si abbatteva su di loro. Il primo clone fu colpito e svanì in una nuvola di fumo, creando una prima breccia, e dopo poco il secondo. Qualcuno stava riuscendo a passare alle spalle di Rokuda, ma questi, ferito e sanguinante e coi pochi cloni rimasti cercava di frenare ancora l'avanzata, di ritardarne quanto più possibile il cammino, in una difesa in cui ogni secondo era prezioso. Poi vide un ombra oscurare il campo di battaglia, per un solo istante. Come fosse passata un'enorme aquila sopra le loro teste. Dopo pochi secondi qualcosa fece tremare il terreno sopra di loro. Un'ombra alle sue spalle che schermava i raggi provenienti da est. I soldati intorno a lui pietrificati, ammutoliti. I cloni ormai dissoltisi da un po' di tempo. Così bastava, avevano svolto il loro compito.
"Ti ordino di far passare le truppe del Cielo" gli disse lui con calma. Rokuda si girò lentamente, in un turbinio di sensazioni che avvertiva inspiegabili.
" - Dunque è vero quello che dicevano" rispose Rokuda dopo un po': "Sento le mi ossa tremare solo guardandoti."
Silenzio.
"Forse perché sei davvero brutto."
"Non è mio interesse combattere con te, Yoshi Rokuda. Ma se non mi ascolterai, io ti schiaccerò."
"Mi spiace per te, ma sarai costretto a farlo. Vedrò di sperimentare qualcosa di nuovo prima di andarmene."
Silenzio.
" - Se è questo che vuoi, sarai accontentato."


Stavano iniziando a catapultarsi nel vuoto quando sentirono nuovamente un'esplosione terrificante. Fu come se il mondo si fosse fermato, poi una secondo e quindi una terza, quindi videro in lontananza un fascio di lapilli saltare in aria per poi disperdersi in ogni direzione. Videro una piccola massa fumante, a malapena distinguibile, roteare lontana nel vuoto sotto di loro, fino a perdersi nei meandri della foresta sottostante.




"Un momento e arrivo!"
Eizan si asciugò la fronte con la manica della camicia e si strinse ancor più nel giaccone. Faceva freddo, e soffiava un vento tagliente. Non c'era sole nel cielo. L'altopiano in cui si era rifugiato era pieno di cervi che ogni tanto saltavano fuori e al minimo rumore si sparpagliavano e fuggivano in lontananza. Si era fermato a osservarli per un po', quindi impugnò di nuovo la zappa e riprese a picchettare il terreno per piantare i carciofi. Poi il vento soffiò più forte, quindi si fermò e richiuse ancora il giaccone. Si fermò lì, appoggiato sulla zappa, guardando l'orizzonte.

Una sola cosa è certa. Io lo so. Ogni tanto, in mezzo a una distesa sconfinata, dura e secca. Sfidando un vento gelido e tagliente. Eizan Touma si ferma. La malinconia lo aggredisce. E allora si mette a pensare. E pensa che io, Yoshi Rokuda, sono il suo migliore amico.

 
Top
view post Posted on 13/3/2020, 14:42     +1   -1
Avatar

la curiosità e la sete di conoscenza guiderà l'animo umano fino alla fine dei suoi giorni...

Group:
Admin
Posts:
7,412

Status:


Cominciava a essere troppo per il suo fisico: utilizzare Yusekai in così larga scala l'aveva provata ma era consapevole che sarebbe stato l'unico modo per creare un vantaggio al gruppo in una circostanza come quella. Erano in netto svantaggio numerico e seppur Ryuzaki avesse dimostrato diversi assi nella manica, sarebbe bastato un attimo per finire sotto l'onda inarrestabile di guardie del Credo. A ogni modo, mentre alle loro spalle si apriva una breccia nella parete, davanti decine di uomini cadevano in preda a colpi di spada e fiamme infernali nella loro mente. Eppure vi era qualcosa di strano tra i cunicoli della prigione, in ciò che era rimasto dopo l'attacco delle Anime Nere: gli uomini che Yusekai aveva colpito avrebbero raccontato, se fossero sopravvissuti, di come un calore improvviso li avesse colti fino alla sensazione di bruciare nel fuoco più ardente e devastante. E intorno a loro, forse era solo una sensazione dovuta a ciò che il loro cervello aveva recepito, le pareti sembravano annerite, e il puzzo di pelle carbonizzata sembrava reale, al punto che anche Mira poté sentirne la ripugnante fragranza percorrere il cunicolo verso la breccia e le prime luci dell'alba. I suoi occhi si saturarono di lacrime nere sempre più copiose, e il suo fisico cominciò a tremare, percepì le mani gelide e il luogo vorticarle intorno in un moto costante ma al tempo stesso imprevedibile. Cedette in ginocchio esausta davanti alla massa infinita di corpi che bruciavano, gridavano e cercavano di tamponare le ferite da spada che gli altri della rivoluzione gli avevano inferto. Si tirò su a fatica con tutta la forza che le era rimasta, non molta ormai dopo quello che aveva passato, e non fosse stato per Jou che tempestivo la raggiunse prendendosi al collo un suo braccio prima, e caricandosela in braccio dopo, sarebbe probabilmente rimasta lì alla mercé di Buraindo e Kai.

Erano a cavallo, Mira si teneva stretta alla schiena dell'uomo cercando di mantenere l'equilibrio ma era provata. Non aveva ancora dimenticato la sensazione all'interno della Luna insanguinata, qualcosa che le sue abilità da medico non potevano ancora comprendere. Erano quegli occhi il segreto, tutte le informazioni che cercava, tutte le domande irrisolte da quando aveva incrociato nuovamente lo sguardo diabolico di Kai erano proprio in quelle iridi scarlatte. Doveva raggiungerlo, batterlo, doveva essere in grado di finire il percorso che si era prefissata con la nuova Kirinaki passando per il cadavere del suo vecchio mentore. In quell'angolo del cielo però, tra le nubi e l'aria cristallina dell'alba, il piano per rapire Ryuzaki era fallito, nel delirio della fuga erano finiti per seguire il gruppo di rivoltosi, finendo dall'altra parte della medaglia in una guerra che riguardava ormai anche loro. Da un lato però "il distruttore di Watashi" e il "Dio del Cielo", dall'altro un gruppo di rivoltosi con un desiderio utopico guidati da un uomo dall'ego inferiore solo alla sua lingua lunga. Che cosa sarebbe successo a quel Paese alla fine del conflitto? Davvero le importava? Yusekai bruciava come mai aveva fatto prima, sentiva il proprio corpo risponderle in maniera particolare rispetto al solito, era come se le Anime Nere stessero diventando sempre più esigenti, ambiziose, e Mira sapeva bene di non potersi sottrarre a quel famelico richiamo, non dopo che Varnaki l'aveva riportata nel mondo dei vivi. Jou si destreggiava bene nella foresta, sembrava essere nato a cavallo da come riusciva a seguire il percorso: non stava perdendo un metro rispetto al resto del gruppo nonostante la decisione di aggirare radici e dislivelli invece di saltarli, per Mira, ancora debole alle sue spalle. Udirono poi delle esplosioni che fecero sobbalzare il cavallo e con una manovra eccezionale riuscì a non far disarcionare né lui né la donna. Dovettero però fermarsi per qualche secondo perdendo il cuore del gruppo più numeroso guidato da Ryuzaki e Fuyuki, e videro un altro vecchio fermarsi per rallentare gli uomini di Buraindo ormai fin troppo vicini. Mira e Jou erano giusto dietro e assistettero al sacrificio di un uomo pronto a morire per la causa, per il desiderio di rivedere il sole sorgere attraverso la bruma del mattino per illuminare una terra baciata dalla Libertà. Lo videro lanciarsi all'attacco con alcune copie ma i nemici erano troppi e troppo forti. Ne atterrò un paio, poi altri ancora ma alcuni riuscirono a superare la barriera mirando direttamente ai due fuggitivi. Jou spronò il cavallo e tirò le redini verso il cuore della foresta: cominciò in quel momento un inseguimento nella più fitta vegetazione del paese. Dovevano trovarsi ormai ai margini dell'isola, dove il confine delimitava il dominio di Buraindo da quello dei gruppi rivoltosi, oltre il quale non esistevano più le regole del tiranno, dove anche il sogno di un visionario poteva prendere forma e completarsi con l'incitamento di chi gli stava intorno. Sembravano in due gli inseguitori ma con una maestria fuori dal comune, Jou riuscì a seminare il primo facendosi inseguire attraverso un percorso fatto di arbusti spinati, radici esposte e rami appuntiti che non attendevano che l'abbraccio degli stranieri. L'altro resisteva ancora ma intuendo di stare al passo di un fantino decisamente più abile, decise di colpire dalla distanza con un arco: scoccò la freccia che disegnò un parabola perfetta che terminò nel fianco di Mira, che cadde rovinosamente da cavallo. Jou, nell'arrestarsi di colpo, venne anche lui disarcionato bruscamente e il fedele del credo li raggiunse a spada sguainata per terminare il lavoro. Il guerriero non perse però la testa, strizzò gli occhi annebbiati per la botta ed estrasse la sua spada, quindi andò incontro all'avversario da terra e scontrandosi lacerò la zampa anteriore destra dell'animale che si accasciò al suolo tra i nitriti di dolore. La guardia cadde battendo la testa e Jou finì prima questa infilzandole il petto con la sua arma. e poi il cavallo ferito per mettere fine alle sue sofferenza. Respirò cercando di scaricare l'adrenalina, quindi si precipitò verso Mira avvicinando anche il cavallo che era riuscito a non far allontanare. La donna era al suolo e seppur ancora desta lottava contro il dolore terribile al fianco.

Jou - Ce la fai ad alzarti?

La vide strapparsi il lembo di maglia zuppo di sangue e quindi mostrare quella che era decisamente una brutta ferita.

Mira - Merda...

Mira sembrava perplessa ma a quel punto valeva ormai tutto, Dopo quello che stava per fare avrebbe forse mostrato di se stessa più a Jou che a chiunque altro. Il guerriero vide la sua pelle sgretolarsi in fogli di carta bianchi e macchiati di sangue, e la freccia cadere al suolo passandole attraverso tutto il fianco. Borbottò incredulo qualcosa di incomprensibile ma riuscì a ricomporsi in breve, non era decisamente il momento di spiegazioni o di domande riguardo la donna e ciò che era in grado di fare.

Jou - Non riesci a curartela?

Lei annuì incerta, poteva sentire il proprio corpo cominciare ad abbandonarla non avendo praticamente più chakra, ma stringendo i denti riuscì a creare ancora quel caratteristico alone verdastro che andò a contrastare il sanguinamento e la ferita da perforazione. Sembrò funzionare, aveva sicuramente evitato il peggio ma si era spinta oltre: dopo aver subito l'attacco di Kai, aver utilizzato Yusekai contro tutte quelle guardie, aver dovuto ricorrere alla trasformazione cartacea e alla cura più volte in così breve tempo, il suo corpo aveva bisogno di riposo. Si alzò in piedi con l'aiuto di Jou ma quando provò a fare un passo verso il cavallo tutto divenne scuro, poté sentire le braccia dell'uomo avvolgerla mentre cadeva come ultima cosa, poi nient'altro, solo un buio inquietante e silenzioso che la colse, portandola con sé nel baratro dove lucidità e concentrazione cedevano a un riposo senza possibilità di replica.


-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Kai - E' l'unica che può condurci da lui, lo sai benissimo.

Mira lo guardava con nervosismo, sapeva benissimo che avesse ragione ma non poteva nemmeno permettere che le facessero del male.

Mira - Lascia che ci parli io allora, possiamo risolvere questa cosa senza dover necessariamente colpirla.

Il ninja dorato sorrise, gli piaceva quando si preoccupava in quel modo, la rendeva più umana, più normale. Al tempo stesso però non erano ordini che potevano essere disobbediti, non poteva lei come non poteva nessuno in Kirinaki.

Kai - Non c'è più niente per te a Kiri, così come lei non potrà mai più darti niente. Sei scappata da lei, ha fallito. Dimmi un po', perché ultimamente spingi tanto per tornare a Kiri? Negli ultimi mesi ti sei inserita in due missioni di Kirinaki in quei dintorni e non è un caso. Che cosa ti succede, Mira? Nostalgia di casa?

La donna abbassò lo sguardo titubante e strinse i pugni.

Kai - Non mentire, non a me. Le arrivò davanti, poteva sentire i suoi pensieri a quella distanza, il suo respiro incerto.

Mira - Mio padre.

Kai sorrise e la abbracciò sinceramente colpito.

Kai - Ci penso io, fidati di me. E ti prometto che Seiri starà bene.


Bugiardo... maledetto bugiardo.




---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
 
Top
view post Posted on 19/3/2020, 15:31     +1   -1
Avatar

Group:
Meccanici
Posts:
23,986
Location:
Albuquerque

Status:


E così si mossero rapidi, in sella ai loro destrieri che, tetri quasi quanto il carro che accompagna un corteo funebre, calpestavano il suolo freddo di quella terra dominata dalla tirannia, baciata dalla pallida luce lunare che, presto, avrebbe fatto spazio alle fiamme cremisi dell'alba. Namida teneva ben strette le redini del suo cavallo e altrettanto fece Ryuzaki con i suoi fianchi, mentre galoppavano svelti in testa al gruppo di rivoluzionari, accanto ad un Rokuda corrucciato e visibilmente preoccupato, a bordo del suo mezzo che lasciava che il suono del ferro e delle ruote accompagnasse la marcia serrata degli zoccoli. La loro era una corsa contro il tempo - e questo tutti lo sapevano bene, perché non era da escludere che l'odio di Buraindo avesse già contagiato le terre che sottostavano alle isole fluttuanti, arrivando persino ad ardere le case di Maigo, la città che aveva ospitato i nuovi arrivati al loro approdo presso quella nazione dilaniata dalla guerra civile.
Durante il tragitto, le parole del leader della Resistenza non lo infastidirono soltanto, ma lo portarono anche a riflettere sul ruolo che aveva giocato in quel conflitto senza pari. Era forse vero il fatto che il potente Namida avesse preso a cuore il destino di quella terra e di quelle anime, le quali non ambivano altro che la libertà? Lui stesso iniziò a domandarselo, quando trovò conforto nel sapere la dolce sorellina di Chiaki lontana dal pericolo imminente, così come cominciò a chiedersi a cosa fosse dovuta quella tremenda apprensione. Si rifiutò di accettare che quella guerra in parte lo riguardasse, se non come soldato... beh, come uomo. Vi era troppo in gioco per cui combattere e, sebbene sperasse che quei giovani non morissero soltanto per rimpiazzare una dittatura con un'altra, si ritrovò ad ammettere che nel loro desiderio vi era un qualcosa di eroico, ma al tempo stesso un discorso primordiale. In effetti, anche se non aveva mai sposato la causa di Furikami, Fuyuki conosceva assai bene il valore della libertà. Era per quella che aveva dato tutto se stesso nella guerra contro Watashi, affinché il mondo non vivesse schiavo dell'olocausto di crudeltà di quel Kami assetato di sangue. Ciò che si stava consumando in quelle ore, d'altro canto, non era poi così diverso... anche se faceva riflettere come, in quel caso, il nemico non fosse rappresentato dalle mostruosità partorite da un demone, ma da uomini in carne ed ossa, anime nate sotto lo stesso Cielo che però bisognava stroncare affinché la verità potesse prevalere, una volta spezzate le catene della tirannia.

Una cosa non diversa da ciò che si era ripromesso di fare, uccidendo Akane Uchiha e smascherando il Consiglio che teneva Konoha sotto scacco da quasi un decennio, illudendo la gente con dolci menzogne che, pur essendo di veleno, avevano il sapore del miele.
Era anche per quello scopo, che si trovava lì. La crociata contro lo Yōkai non avrebbe potuto avere inizio, non finché le spire di Kirinaki e del suo leader, il Ninja Dorato, avrebbero minacciato di nuocere a ciò che più di ogni cosa al mondo amava: la sua famiglia, i suoi fratelli, il suo popolo. Tormentato da quei pensieri, scanditi dal battere degli zoccoli sulla terra di quella valle dimenticata, Fuyuki trovò conferma nel suo stesso desiderio, il quale a sua volta affondava le radici in un incarico di cui si era preso la responsabilità ormai da diversi anni, nel preciso istante in cui aveva finto di voltare le spalle alla sua patria soltanto per difenderla dall'ambizione di Kai. In ciò, avrebbe trovato lo scudo con il quale difendersi dalle lusinghe di Masao Ryuzaki, nonché dal contagioso desiderio di rivoluzione che, in fondo, era insito anche nel suo, di cuore.

- Cosa diamine...
No, non era lui l'Eroe in quella guerra. Non lo sarebbe mai stato. Non poteva lasciare che la pietà verso quella gente prendesse il sopravvento, trasformandosi in desiderio di aiutarli. Se lo ripeté anche quando vide il mezzo di Yoshi ribaltarsi, e lui proiettato via dal sedile, fuori dalla formazione di destrieri, alla mercé dei soldati del Credo, ormai prossimi a raggiungerlo. Eppure, lui non si arrese, anzi, con enorme sorpresa lo vide sguainare la lama e farsi scudo con i propri bunshin, pronto a fermare la carica del nemico.
- VIENI VIA, MALEDETTO VECCHIO!
Era lui, il vero Eroe. Un uomo che aveva sì conosciuto la crudeltà e la violenza, facendo di se stesso il loro portavoce per una vita intera, salvo poi ravvedersi e trovare nel desiderio di sua moglie una preziosa eredità per la quale continuare a vivere. In cerca di redenzione. Oh, non erano poi così diversi, loro due. Quel bastardo era stato solo più fortunato, lanciandosi verso quella opportunità, ronzando intorno alla morte come uno sciame di mosche intorno alla merda. Era ciò che desiderava nel profondo, Fuyuki lo capiva - come poteva non farlo, anche lui aveva troppo da farsi perdonare: la caduta di Yason Mori, la strage della sua gente, la morte della povera Inai, altra Eroina caduta per salvare quel piccolo fuoco di speranza che era rimasto in quelle terre dimenticate persino dal Continente.
- E sia...
... eppure, il suo momento non era ancora giunto. Forse sarebbe arrivato durante la lotta contro Kai, magari ancora più in là, per mano della kunoichi più potente della Foglia. O forse non sarebbe giunto mai, e la sua morte sarebbe passata in sordina, inutile, e il suo nome dimenticato come quello di chi era morto a Kumo, a Yason Mori... e persino lì, in mezzo a tutti quei cadaveri privi di nome e storia, riflesso solo di un'idea che li aveva condotti al sacrificio. Proprio quello, il suo nindo, il dovere del sacrificio, stava tracciando il suo destino. Eppure, malgrado non vi fosse più tempo per le domande e i dubbi, Namida non riusciva ad interrogarsi. Nell'ultimo sguardo che Rokuda gli lanciò, prima che lui si voltasse e schizzasse via con Ryuzaki, vide il coronamento di un uomo, l'amara consapevolezza di essere giunto alla fine della sua storia, ma anche il sollievo di aver trovato in quella sorte il perdono per i crimini che aveva commesso. Un uomo consapevole di chi fosse.
Lo stesso non poteva dirsi per lui. Guardandosi allo specchio, forse Fuyuki avrebbe fatto fatica persino a riconoscere se stesso, a comprendere chi fosse davvero.
- Addio, vecchio bastardo.

Un saluto appena sussurrato, a denti stretti, doloroso e amaro. Sapeva bene che Yoshi non avrebbe mai potuto farcela, non da solo, ma era lieto nel pensare che il suo sacrificio sarebbe giovato ad avvantaggiare la loro fuga e, quantomeno, ad alimentare la sua speranza di vedere coronato il sogno della sua defunta moglie.
Giunti infine al confine dell'isola, i rivoluzionari presero a catapultarsi di sotto, con i mezzi che erano riusciti a trovare. Per ovvie ragioni, Fuyuki e Ryuzaki furono fra i primi a farlo - e in quel momento, con una rapida occhiata, il giovane si rese conto di aver perso di vista Mira e il suo compagno di sventure. Tuttavia, quello stesso pensiero fu interrotto dal tremore della terra e da una violenta deflagrazione. Seppur esausto, in quei lapilli ardenti e in quella distruzione, il ragazzo fu consapevole di due cose. La prima, ovviamente, era che Rokuda fosse sicuramente morto in quel disastro... mentre la seconda, beh, risaliva ad un timore che poco tempo prima Heiji aveva piantato nel suo animo.
Sperava che, lontano dalle isole fluttuanti, avrebbero trovato modo di riposare e recuperare le forze, in vista della lotta imminente. Ma sarebbe stato difficile, ora che Buraindo aveva sguinzagliato il suo cane più pericoloso.

 
Top
view post Posted on 25/3/2020, 20:41     +1   -1
Avatar

Group:
Member
Posts:
1,249

Status:


"Ecco."
Una voce ovattata e nebulosa.
"Ecco, qui. Non ti affaticare, riposa."
Quiete. Nessun rumore oltre quella voce ora più nitida. Poi la percezione sembrò riaffiorare gradualmente. Il dolore della ferita. Il cuscino sotto la testa, bagnato fradicio. La benda fredda sulla testa. Sudore. Come fosse stata sotto la pioggia per una notte intera. E i raggi del sole che filtravano da una porta socchiusa, o quella che pareva essere una porta. Dei raggi del sole di un meriggio che pareva accecante.
"Una persona normale sarebbe con un piede nella fossa. Sei forte quasi quanto Ryuzaki."
Adesso, con i sensi sempre più vigili, le parve quasi di scorgere un malessere impossibile da celare nella sua voce, sul suo volto. Qualcosa di inesplicabile e palese. Grida dall'esterno. Colpi sordi. Ancora urla. Un vociare confuso.
Qualora Mira avesse deciso di alzarsi, nonostante la strenua opposizione di Chiaki, uscendo all'esterno si sarebbe ritrovata in un grande accampamento itinerante, dispiegato tra due crepacci che congiungevano a lingua di serpente. Poco lontano, un folto gruppo di rivoltosi armati e disposti a cerchio. Al centro Ryuzaki assisteva ritto e compiaciuto il pestaggio del capitano Sanada.
"Dov'è Ang Lefeng?" gli urlava Jou, prima di partire con un nuovo pugno o calcio. Il volto del capitano tumefatto e irriconoscibile. Glielo ripetè.
" - Torna al porcile, lurido porco."
Un nuovo cazzotto che sembrò slogargli la mascella. Il capitano fu sbalzato via tra colpi di tosse e sangue e lacrime, e lui lo riprese subito per il colletto pronto a rincarare la dose.
"Dov'è Ang Lefeng?"
Alzò di nuovo il pugno e Sanada alzò le mani in segno di resa, piangendo come un cane.
"Basta, basta, d'accordo, ti dirò tutto. Merda!"
Sputò ancora sangue e tossì e provò senza successo a smettere di piangere.
"Ti dirò tutto!"
"Parla allora, frocio di merda" gli disse Ryuzaki.
Colpi di tosse e lacrime.
"Ang Lefeng è venuto qui insieme ad un gruppo di criminali come lui. Una decina all'inizio, più o meno. Sono forti come tori. E li comanda un uomo così potente da essere rispettato persino dal Sommo Buraindo. Trova lui, e troverai Ang Lefeng."
"Come si chiama?"
Silenzio. Iniziava ad avere difficoltà a parlare.
"Come si chiama!" gli urlò, mimando semplicemente un pugno.
"Kai! Si fa chiamare Kai. Alto, biondo come l'oro. Due occhi rossi che catturano e inquietano allo stesso tempo. Sembra quasi… un dio anche lui."
"Ti sei innamorato di lui forse?"
"Cosa c'entrano lui e Ang Lefeng con Buraindo? Cosa vogliono da lui?"
"Non lo so di preciso. Protezione immagino. Un alleanza. Insieme stanno lavorando a un progetto."
Silenzio. Jou lo strattonò.
"Non farti cavare tutte le parole di bocca, che cos'è?"
Sanada cercò di balbettare qualcosa.
" - Hanno messo a punto un incrementatore di prestazioni, stanno dando vita a dei super-soldati. Non so come fanno di preciso, non so cosa fanno là sotto e non mi ci sono addentrato, sono un soldato che esegue solo gli ordini, ti prego!"
"Guardate i soldati del Credo" disse Ryuzaki ai suoi uomini, tra uno stuolo di sorrisi: "Neanche un bambino piangerebbe così."
"Lo hanno già messo a punto?"
"Sì, ma so che ci sono problemi. I soldati impazziscono in genere. E' come se venissero posseduti da qualcosa. Perdono completamente il lume della ragione."
"Come te quando hai cercato di fottermi in quel modo, insomma."
Colpi di tosse. Lo buttò per terra come fosse un rifiuto.
"Basta. Uccidimi e basta!"
Silenzio.
" - Oppure abbi pietà e lasciami andare via. Ti prego."





Giunto a terra il gruppo si era sparpagliato in quattro tronconi. Avrebbero raggiunto il covo stabilito per vie alternative, e il gruppo di Ryuzaki sarebbe giunto per la via più breve. Il clone di Fuyuki dunque si avviò verso quella direzione, e così Jou e Mira, Chiaki prese il versante che conduceva a est, e Naum e Fuyuki seguirono raggiunsero l'estremità settentrionale del Paese, fino a giungere a un lago e seguirne la sponda. Una ventina di uomini con loro. I membri della Resistenza in testa al gruppo. Davanti, sulla sponda deserta, un cavaliere solitario. Dopo qualche istante capirono che era uno dei loro, uno dei superstiti della lotta nel versante Est di Bustuon e gli uomini lo seguirono fra i cespugli, addentrandosi nuovamente nella foresta, verso le montagne a nord. Proseguivano acquattati in una macchia di salici, e i due forestieri riuscirono a farsi dire la posizione del luogo verso cui erano diretti: al confine col Ferro, in un crepaccio biforcuto a ovest nord-ovest da lì. La via che avevano preso era tra le più vicine alle isole, potevano constatarlo con un semplice sguardo al cielo del mattino. Proseguivano lenti e sudici, e puzzavano della battaglia che si era consumata neanche due ore prima. Il sangue che iniziava a rapprendersi. Fuyuki lo potè constatare. E presto avvertì come se fosse il sangue nelle sue vene a rapprendersi, a raggelarsi. Il gruppo si fermò. Gli alberi si stavano diradando, e a un centinaio di metri da loro, tra le fronde delle conifere, stava un uomo intabarrato. Era difficile definirlo un uomo.
"Trovati" sussurrò questi, senza poter essere udito se non da un udito fuori dal comune.





Sapeva dire se fosse quella specie di mantello nero, cinto all'altezza della gola, a renderlo così imponente. Sembrava ostruire l'intero passaggio. O se fosse quella sensazione, quel palpito. Soffuso, lontano, appena percepibile, eppure innegabile, reale e tangibile. Qualcosa che pareva giungere dagli anfratti più profondi del proprio cuore. Tra le mani pareva cingere due oggetti che avrebbero potuto essere due giovani tronchi d'albero.
"Deponete le armi, immediatamente."
Tra sussurri e tremori, gli uomini che li guidavano batterono in una ritirata confusa. Fuyuki potè vedere lo sguardo di Naum mai così pietrificato e atterrito come in quel momento. Quasi avesse visto uno dei fantasmi dei suoi incubi. Lo sentiva blaterare qualcosa a denti stretti.
" - Fuggiamo" gli disse, tirando fuori l'arco.
L'essere sguainò le armi e piazzò le gambe, pronto alla carica.
"Fuggiamo!"
Lanciò due frecce, creando una piccola esplosione che generò una nube di fumo, ma il bersaglio parve totalmente insensibile e continuò la sua carica fulminea urlando come un demonio, e la mazza che cingeva nella mano si abbatté sull'arciere, travolgendo cavallo e cavaliere e spazzandoli via chissà quanti alberi dopo, e immediatamente la mano sinistra era pronta a sferrare un fendente con quella spada seghettata.
Spada. Era un oggetto troppo grosso per essere chiamato spada. Troppo spessa, e pesante e grezza. Sembrava solo uno strano blocco di metallo.
 
Top
view post Posted on 29/3/2020, 14:52     +1   -1
Avatar

la curiosità e la sete di conoscenza guiderà l'animo umano fino alla fine dei suoi giorni...

Group:
Admin
Posts:
7,412

Status:


Aveva seguito il rientro all'accampamento principale di Ryuzaki dall'alto, osservando il suo corpo venire trasportato da Jou finché non fosse stato al sicuro, nelle mani della ragazza di nome Chiaki. In quella forma non poteva allontanarsi troppo, era riuscita a seguire gli spostamenti di Fuyuki e Naum soltanto fino a un certo punto: loro era stati guidati verso un altro accampamento. Dopo le foreste e le isole del cielo, e l'oscurità della prigione, erano stati nuovamente separati. Sapeva di doversi fidare di Fuyuki, non poteva fare altrimenti in quelle condizioni, e sebbene la situazione non le andasse particolarmente a genio cercò di tranquillizzarsi pensando alla presenza di Naum al suo fianco. Passò qualche ora prima che il corpo di Mira riprendesse conoscenza, era stata accudita specificatamente da Chiaki e sembrava aver fatto un ottimo lavoro: quelle della donna non erano ferite visibili, grazie alle abilità provenienti dal suo clan di origine e alle capacità mediche acquisite, sarebbe stato difficile se non impossibile scovare una cicatrice in quella perfetta pelle chiara. Lo spirito ne era uscito però esausto, e per ripristinare il chakra risultarono perfetti gli infusi alle erbe della ragazza rivoluzionaria, che con dedizione e rigore si era assicurata che la sua paziente ne avesse a sufficienza. Mira aprì gli occhi vitrei muovendo poi il capo verso sinistra, lontano dalla luce, quindi mise a fuoco il viso di Chiaki cercando di assumere quello che doveva essere un sorriso.

Mira - Grazie...

Non aggiunse altro, in realtà perfettamente consapevole di quello che era successo e stava succedendo fuori. Prima che riprendesse conoscenza, il suo spirito si trovava proprio al di là della porta, ad osservare Sanada venire pestato da Jou e deriso da tutti i rivoluzionari che affollavano la piazza. Cercò di alzarsi lentamente ancora un po' indolenzita, sebbene la ferita al fianco era ormai completamente guarita. Chiaki oppose un po' di resistenza insistendo che rimanesse ancora a riposo ma la donna le fece cenno di stare bene, limitandosi a farsi aiutare ad alzarsi. Fece qualche passo stringendosi nella veste leggera che le avevano fornito lì, e si diresse verso la porta che dava sulla piazza. Urla e insulti anticiparono lo spettacolo: Jou continuava a picchiare Sanada interrogandolo su An Lefeng ma l'uomo di Buraindo, sebbene sembrasse sul punto di crollare, non aveva ancora parlato. Mira rimase in silenzio a godersi lo spettacolo, osservando ogni pugno, ogni rivolo di sangue, ogni supplica da parte dell'omuncolo che li aveva incastrati sulle isole, finché non lo vide infine cedere dopo l'ennesimo colpo assestato in mezzo agli occhi. Disse ogni cosa tra sangue e lacrime, mentre Ryuzaki lo umiliava alla folla, evidenziando quanto deboli fossero gli uomini del credo. Mira sentì di An lefeng, di Kai e degli uomini che erano arrivati con lui nel paese. "Un uomo così potente da essere rispettato da Buraindo stesso", non coincideva con la versione data da Kawarimi che lo descriveva come in difficoltà e in fin di vita. Quanto potere gli era rimasto? Come aveva fatto a rimettersi in piedi dopo la guerra con Watashi? Giunti a quel punto comunque, era chiaro come le informazioni fornite da Kawarimi fossero tutte incomplete e la maggior parte sbagliate. Mira si morse un labbro ripensando all'interrogatorio: aveva parlato dopo un'attenta pratica di tortura e attraverso un sigillo di verità, quelle non potevano essere menzogne. Le vennero in mente due cose: una era che neppure Kawarimi sapesse effettivamente gli ultimi spostamenti di Shinkuu, e un'altra che fosse stata addestrata a resistere a pratiche di tortura come quelle di Naum e Fuyuki. Non sarebbe stato troppo strano, d'altronde anche lei era stata addestrata dall'uomo capace di vincere la guerra contro un Dio. Sanada intanto continuava a piangere e a implorare, chinando la faccia ai piedi di Jou.

Mira - E' facile implorare pietà adesso, dopo averci sbattuti in delle celle a morire.

L'uomo alzò lo sguardo notando attraverso il sangue e la polvere sul viso, la donna con cui aveva attraversato le isole. Provò a cogliere l'occasione al balzo aggrappandosi a quella briciola di speranza che gli era rimasta, ma non appena vide i suoi occhi, opachi e vitrei come quelli di uno spettro, rabbrividì giustificandosi e basta:

Sanada - Non avevo nulla contro di voi, e non ce l'ho tuttora. Mi avevano chiesto di imprigionarvi, dopo la battaglia alle isole Orion. E un soldato deve eseguire gli ordini, che altro può fare?

Ryuzaki cominciava a stufarsi, lo voleva morto e lo voleva adesso:

Ryuzaki - Lo lasciate ancora parlare questo sacco di merda? Dategli ciò che si merita!

Mira incrociò le braccia facendo ben attenzione alle parole del prigioniero: diceva il vero, Sanada era un pesce troppo piccolo per prendere determinate decisioni da solo, e per quanto viscido e patetico era senz'altro un'altra la testa da cui era provenuto l'ordine. Di sicuro non da Kai considerando il modo in cui ne aveva parlato. Non rimaneva che...

Mira - Chi? Chi aveva dato l'ordine?

Sanada - Buraindo, il sommo Buraindo.

Non poteva essere altrimenti. Che stupida a pensare di poter sfruttare quel tiranno. Poteva anche essere veritiera la possibilità che l'alleanza tra Buraindo e Kai fosse fallace, ma di sicuro il ninja dorato aveva promesso cose ben più preziose di lei in aggiunta alla testa del leader dei rivoltosi. L'ordine era venuto da lui, e di sicuro sotto consiglio di Kai che doveva essersi accorto della presenza della donna nelle isole durante il suo soggiorno al Cielo. Jou strattonò Sanada chiedendo se avesse altro da chiedergli e Mira aggiunse ancora qualcosa, sperando di poter cavare altro dalla bocca lurida di quel bastardo:

Mira - Dove sono Kai e i suoi uomini?

Sanada - Sono a Bustuon. In genere stanziano a Bustuon, tra le mura del Dio-Tempio. Ogni tanto qualcuno di loro sparisce per un po', in giro per il Continente. Non so di preciso per cosa. Buraindo non ha autorità su di loro. Non direttamente almeno. Kai ha pieni poteri su di loro. Il loro rapporto sembra quasi alla pari - sembrava disgustato - Qualcosa di inconcepibile.

Sanada. infine. a qualcosa era pure servito, non fosse stato per lui non avrebbero scoperto quelle informazioni senza sporcarsi nuovamente le mani sopra le isole. Un rapporto alla pari dunque, tra Dei, anche agli occhi di qualcuno come Buraindo che per informazioni storiche tiranneggiava come entità superiore al Cielo da tantissimo tempo. Quegli occhi rossi e le abilità che era riuscito ad assimilare durante gli anni d'oro di Kirinaki, avevano permesso a Kai di ergersi a tal punto, perfino dopo essere stato quasi fatto a pezzi da Watashi. In buona sostanza dovevano affrontare due divinità alleate, con un esercito di super guerrieri al loro seguito. Mira Si portò medio e pollice della mano destra a massaggiarsi le tempie, cercando una via di uscita da quella situazione. Quindi concesse un ultimo sguardo verso quella poltiglia di sangue e fango che era ormai Sanada e con disprezzo voltò le spalle verso la casa da cui era appena uscita e concluse:

Mira - Io ho finito.

Jou gli assestò un ultimo calcio al fianco, di quelli che tagliano via il fiato, e seguì la donna.

Jou - Anch'io per quanto mi riguarda.

Entrando, Mira udì alle sue spalle urla disperate e di dolore: la storia di Sanada si era appena conclusa tra lacrime, sangue e il fuoco dei rivoluzionari, caldo al punto da bruciare la tirannia del Cielo e un omuncolo il cui ricordo sarebbe riecheggiato tra pena e infamia. La donna abbassò il capo celando tra la chioma bionda un sorriso di pura goduria.

Jou - Ti sei un po' ripresa vedo.

Entrarono entrambi nella piccola abitazione in cui Mira aveva passato la convalescenza, e non sembrava esserci nessun altro: Chiaki doveva essersi riunita agli altri rivoluzionari non impegnati con Sanada. La donna poggiò dunque le spalle alla parete e osservò l'uomo adesso davanti a lei:

Mira - Grazie Jou, non mi capita spesso di superare il limite ma lì ho perso il controllo.

Jou - Era una situazione estrema per chiunque. Pensavo anch'io di averle viste tutte fino a ieri notte - prese una sigaretta e la poggiò all'orecchio. Nel gesto, Mira poté notare le nocche scorticate a causa delle percorse inferte a Sanada. C'era andato pesante, ma d'altronde con gente come quella non esistevano alternative.

Mira - Ne è valsa la pena? - Lo disse facendo cenno alle ferite.

Jou - So dov'è il mio obiettivo. So dove cercarlo. È già qualcosa finalmente.

Lei annuì, poi gli prese le mani tra le proprie e le inebriò di energia curativa, qualcosa che Jou le aveva già visto fare. Poté percepire il bruciore alle nocche svanire e in pochi secondi le vesciche sparire magicamente. Si osservò i palmi e i dorsi a quel punto, come fossero oggetti misteriosi, mentre Mira gli concesse finalmente, per la prima volta, uno sguardo che non aveva niente a che vedere con Buraindo, con la fede del cielo, con i rivoluzionari o con tutto ciò che gli aveva fatto credere di essere. Erano gli occhi di "Mira", vitrei, intensi, glaciali, gli stessi che osservavano oltre il velo della realtà per comunicare con Yusekai e le anime nere, gli stessi che avevano osservato Kirinaki morire e rinascere, che avevano con lei gioito e sofferto. Era uno sguardo sincero, trasparente, che questo fosse un bene o un male:

Mira - Sono venuta in questo paese per lui, potrei uccidere per arrivare a lui. Potrei uccidere anche te se mi impedirai in qualsiasi modo di raggiungerlo. E adesso so dov'è. Vuoi ancora seguirmi?

Provare a nascondersi a Jou, a quel punto e dopo tutto quello che avevano passato, era da stupidi. Adesso avevano lo stesso obiettivo, entrambi sarebbero dovuti arrivare a Kai in un modo o nell'altro, per un motivo o per un altro. Lo spadaccino la fissò, rispose allo sguardo senza distogliere il proprio, consapevole di stare ormai giocando a carte scoperte, di essere dentro la storia di Shinkuu e Kai più di quanto inizialmente avesse voluto. Se An Lefeng si trovava con loro però, allora Mira non avrebbe potuto esprimere con parole migliori un concetto che condivideva in tutto e per tutto. Rispose allora senza mostrare particolare sorpresa, con uno sguardo torvo e scazzato verso il mondo:

Jou - Anch'io sono venuto per un uomo. Ho ucciso per arrivare a lui. L'ho inseguito per mesi. Senza una meta certa. E ora so che è qui, vicino a me. A portata della mia spada. E anche se non è mio costume far male a una donna, ucciderei chiunque mi impedisse di trovarlo. Se a te sta bene, la nostra cooperazione può ancora continuare.

Mira annuì, lieta di aver fatto passare il concetto e di aver compreso quello del compagno.

Mira - Dovremmo ricongiungerci con delle persone, se è vero che sta creando un esercito non li affronterei a viso aperto - ripensò a Fuyuki e al fatto che fossero nuovamente divisi. Non poteva sperare di partire da sola con Jou e riuscire ad infiltrarsi a Butsuon senza conseguenze.

Jou - Questi ragazzi credo ci potranno offrire l'occasione che cerchiamo. Hai qualcos'altro in mente?

La donna si morse un labbro ripensando a quanto vicini ad un errore madornale fossero andati lei e lo Hyuga: sperare di catturare Ryuzaki per offrirlo a Buraindo sarebbe stata una mossa fin troppo rischiosa, e a giudicare dalle parole di Sanada, il tiranno non aveva mai avuto intenzione di aiutarla, anzi, probabilmente la teneva d'occhio proprio sotto consiglio di Kai. Considerate le conseguenze, forse potevano considerarsi fortunati ad essere ancora tutti interi. Per quanto poco simpatico le fosse Ryuzaki, al momento restava l'unica risorsa per sperare di distrarre nuovamente l'occhio onnisciente del tiranno, su nelle isole.

Mira - Se i rivoltosi sferrano un altro attacco massiccio, potremmo infiltrarci a Butsuon. Dovremmo creare un altro diversivo per Buraindo. Kai non penso andrà mai in prima linea, lui sarà al sicuro ad aspettarci, insieme ai suoi uomini fidati. Che ne pensi? - L'idea di mettere Kai e Buraindo l'uno contro l'altro risultava adesso assai più difficoltosa, e non perché i due fossero più alleati di quanto si pensasse, ma perché Buraindo stesso sembrava potesse temere il potere del ninja dorato... ma valeva anche al contrario? No, Kai non era il tipo.

Jou - Direi che non ci resta molto da fare.

La donna poggiò la nuca alla parete, pensosa, rimanendo in quella posizione per alcuni secondi. Poi volse lo sguardo verso il compagno, abbandonando per un attimo lo sguardo duro e severo che gli aveva precedentemente rivelato:

Mira - Mi offri qualcosa da bere? - Lo fermò mentre usciva e vederlo sorridere fu il suo trofeo.

Jou - Non perdi le vecchie abitudini per niente al mondo.

Mira - Mai - rise.

Jou - Vediamo un po' cosa possiamo trovare.
 
Top
view post Posted on 7/4/2020, 17:22     +1   -1
Avatar

Group:
Meccanici
Posts:
23,986
Location:
Albuquerque

Status:


Ed infine, proprio quella speranza si rivelò vana. Raggiungere di nuovo la terra e volgere lo sguardo verso il cielo, là dove si era consumato il tumulto della fuga, era stato inutile... così come, ahimè, immaginare di potersi fermare a recuperare le forze, lontano dal caos, dal sangue e dalla morte. Due ore di tregua, niente di più. Un tempo effimero, durante il quale Namida cavalcò al fianco di Naum e di alcuni soldati della Resistenza, baciato dalla tiepida luce del sole e accarezzato dalla fresca brezza del mattino. La loro meta? Un crepaccio, forse nemmeno troppo diverso da quello in cui aveva nascosto uno dei suoi kunai, al confine con il Paese del Ferro. Lì avrebbero dovuto trovare ristoro dalla stanchezza, pace dal tormento... ma là dove i salici iniziarono a farsi più radi, svettava proprio lui.
Il cane di Buraindo. Pietrificato esattamente come Naum, di fronte a quella figura imponente ammantata di nero che sapeva terrorizzare con la sua sola presenza, il giovane shinobi non poté far altro che assistere impotente alla ritirata dei suoi compagni. Come pecore davanti alle zanne fameliche di un predatore, si dispersero in fretta, con in cuore l'unico desiderio di frapporre quanti più metri possibili fra loro e quel demonio. E lo stesso avrebbe fatto lui, se solo non avesse notato quella stessa prontezza venir meno negli occhi del guerriero straniero. Del kazaki temerario e possente sembrava non essere rimasto più nulla, solo un pallido ricordo ricoperto di paure ed ansie. Persino lui non era immune al suo potere, riusciva distintamente a percepire le proprie mani tremare, la presa sulle redini divenire più incerta. Nella sua mente, il monito di Heiji risuonava chiaro ed incessante, come un tamburo che incitava ad una battaglia disperata.

Lui... non è umano.
No, come poteva esserlo? Naum aveva combattuto molte battaglie, ne era certo, e con i suoi occhi lo aveva visto abbattere decine di bastardi del Credo. Eppure, solo una parola riuscì a scappare dalle sue labbra secche. Fuggiamo.
Tentò di distrarre il nemico con due frecce, ma questo partì immediatamente alla carica, dopo aver estratto le sue bizzarre armi. Definirle lame era azzardato, data la loro strana conformazione... ma non per questo risultavano meno efficaci. Con un urlo disumano, quel demone dispensatore di morte si abbatté su Naum, spazzandolo via per diverse decine di metri insieme al suo destriero. Poi, senza perdere nemmeno un istante, tentò di fare lo stesso con Fuyuki. Reagendo prontamente e seguendo l'istinto, quest'ultimo saltò via dal suo cavallo dopo aver attivato l'Hansha, ma il nemico che stava affrontando era potente a gli bastò percepire lo spostamento d'aria alla sua sinistra, per contrattaccare. Piccoli e febbricitanti, gli occhi del jonin videro l'animale venire trafitto da quel fendente verticale... e la sua schiena, il dorso di una bestia che doveva pesare almeno sei quintali, dividersi in maniera netta come fosse burro. Poi, nient'altro. Un calcio poderoso lo colpì in pieno ventre e l'impatto fu talmente brutale da spezzargli il fiato e farlo schiantare a parecchi metri di distanza, non molto lontano da dove era finito Naum.
- Merda...
Rimettersi in piedi non fu facile, non almeno quanto il maledire Akane per averlo ridotto in quel modo - perché dopotutto, in altre condizioni avrebbe potuto fronteggiare quel colpo con molta più sicurezza e rapidità. Il mondo intorno a lui sembrava girare, a malapena riuscì a distinguere, dalla sua posizione, la poltiglia ch'era divenuta il destriero del compagno ed infine quest'ultimo, riverso al suolo e praticamente immobile, con il torace che a stento si sollevava, di tanto in tanto. Poi il suo sguardo si spostò altrove, là dove il nemico si stava nuovamente preparando alla carica.
Una scelta, l'ennesima. Poteva abbandonare lì Naum e darsela a gambe, conscio che però senza cavalli non avrebbe potuto fare granché... oppure combattere contro quel mostro, lo stesso che molto probabilmente aveva abbattuto con facilità un guerriero esperto e capace come Yoshi Rokuda. Per un istante - perché solo quello il fato decise di concedergli - ricordò l'esplosione consumatasi solo due ore prima e quella piccola massa schizzare in aria come i lapilli eruttati da un vulcano. Non era certo di poterlo affrontare, tantomeno di poterlo sconfiggere, ma doveva provarci. Sapeva che in cuor suo, qualora la situazione gli fosse sfuggita di mano, gli sarebbe bastato utilizzare l'Hiraishin e volatilizzarsi, lontano dalla mischia, abbandonando il kazaki al suo destino... ma doveva fare un tentativo, dopo la lealtà e la grinta che quel maledetto dislessico aveva dimostrato nel combattere al suo fianco.
Avrebbe combattuto, quindi, ma per farlo avrebbe dovuto ricorrere ad ogni arma in suo possesso. La stanchezza era troppa, le sue spalle portavano ancora il peso di una fuga rocambolesca... ma in fondo, aveva una carta assai importante rimasta in sordina fino a quel momento e che adesso era pronta ad essere giocata. Si pulì un rivolo di sangue sulle labbra col dorso della mano sinistra, mentre con la destra componeva il sigillo di rilascio per acquisire il chakra accumulato dal clone, nascosto chissà dove tra le isole fluttuanti.

Sennin Mōdo.

Fu allora che un olocausto di chakra pervase il corpo del ninja. Mentre due occhiaie marroni iniziavano ad incorniciare i suoi occhi, specchi di buio in cui facevano capolino le pupille candide del byakugan, i tratti animaleschi della Sage Mode resero più duro lo sguardo di Fuyuki. In quella forma, priva dell'apporto costante dell'energia di Fuyu e Aki, la peluria del suo corpo era cresciuta a malapena, almeno non quanto le sue unghie ed i canini. Denti che digrignò con forza, quasi fino a farsi male, mentre incrociava le dita per evocare una ventina di bunshin. Poi congiunse entrambe le mani, mentre le copie si lanciarono all'attacco, pronte a rallentare l'avanzata di quella bestia con ogni carta in loro possesso. Ogni secondo che avrebbero potuto concedergli, sarebbe stato prezioso, fondamentale per preparare l'unica tecnica che poteva permettergli di concludere la lotta senza che Naum rischiasse di rimanere coinvolto dalla potenza dei suoi jutsu, o dalla distruzione che quel bastardo aveva già dimostrato di poter creare.

3ov2zCv

Il Myōjinmon, conosciuto anche come Cancello del Grande Dio. Una tecnica praticamente irresistibile, una volta portata a termine. Bastava un singolo ed imponente torii, per arrestare anche il più ostinato e potente dei nemici. La superficie del cancello era intrisa di energia della natura, una formula talmente infima da paralizzare ogni forma di chakra e potere del nemico, una volta che questo ne diventava vittima e preda. Eppure, testardo e preciso com'era, l'intenzione di Fuyuki era riuscire a preparare un secondo cancello - e persino un terzo, se avesse avuto modo... perché in fondo era quello, l'unico punto debole di quel jutsu. Il tempo. Gli bastavano pochi secondi, per produrre un singolo torii, ma per poter evocare il terzo beh, aveva bisogno di circa un minuto. Ci avrebbe provato, con grinta e determinazione. Avrebbe rilasciato quella tecnica soltanto all'ultimo istante, quando l'ultimo dei suoi bunshin sarebbe caduto per adempiere al suo scopo.
Mentre preparava il jutsu, tuttavia, sentiva le gambe tremare per la stanchezza. Poteva percepire chiaramente l'olezzo del sangue sul suo volto e del sudore sulla sua fronte. Non poteva reggere uno scontro ad alti livelli per molto, non senza prima aver riposato a dovere... e pertanto, a conti fatti, quella tecnica rappresentava la migliore chance di vittoria di cui disponeva. L'ansia si congiunse alla paura di non farcela, ma si convinse a farsi forza e rischiare il tutto per tutto. Qualora avesse avuto successo, avrebbe approfittato della debolezza del nemico per spazzarlo via con il Zetsubouganshoku e porre fine alla sua esistenza, vendicando la tragica fine di Rokuda. Solo in quel modo avrebbe potuto portare in salvo non solo la sua pellaccia, ma anche quella di Naum, che in nessun altro modo avrebbe potuto ritrovare le forze per rimettersi in piedi ed allontanarsi dal campo di battaglia.
Poteva riuscirci, in fondo.
No, non poteva.
Doveva farcela.

Senpō: Myōjinmon.

<fuuinjutsu> - Sigillo dei Tori/Sigillo del'Editto Divino - (costo: 300 chk) (eff: variabile)
Sigillo utilizzato per bloccare in modo efficente e totale qualcuno. Un enorme torii rosso cade dal cielo, schiacciando l'entità o la persona sotto di esso con svariate tonnellate di peso, e bloccandone i poteri. Significa in pratica che, per quanto possa continuare a difendersi normalmente, non potrà usare alcun attacco, se non quelli dati da suoi cloni o evocazioni. Non potrà neanche usare tecniche di supporto (come moltiplicazioni) o di dislocazione (spazio-temporali). E' possibile spezzare questo sigillo in svariati modi. Uno di questi è sollevarlo di forza. E' necessaria una forza di almeno 1200 (senza sommare il chakra, ma si possono usare attivazioni di vario genere). Un'altro è dissolverlo con una tecnica di contro-sigillo, ma solo dopo tre turni che questo sigilo è stato utilizzato. Un terzo è sperare che qualche alleato uccida chi sta usando questo sigillo (non è permanente)
E' possibile usare questo sigillo più volte in più turni (Aumentando di conseguenza in modo algoritmico la difficoltà di chi si trova intrappolato ad uscirne) o preparare una sola, gigantesca pioggia di torii dopo alcuni turni di preparazione, durante i quali si dovrà stare immobili a preparare unicamente questa tecnica, similmente ad una modalità eremitica. Ogni torii bonus consuma 300 di chakra in più, e richiede mantenimento in aggiunta al primo. (2 torii costeranno 30 stm e avranno mantenimento 30 stm, 3 costeranno 45 stm e mantenimento 45 stm...)
 
Top
view post Posted on 9/4/2020, 17:59     +1   -1
Avatar

Group:
Member
Posts:
1,249

Status:


Capitolo 7, Come l'erba che germoglia al mattino




Uscendo dalla capanna videro i rivoluzionari in festa, il corpo di Sanada mutilato, Chiaki che portava la testa dal capitano sopra una lancia e uno stuolo di seguaci che le giravano attorno e la seguivano esultando come fossero impegnati in una danza tribale. Il sangue colava sul viso della ragazza che pareva in estasi, assorta, digrignando i denti, come in quel momento stesse divenendo altro da sé, o come se in quell'epifania fosse divenuta se stessa per la prima volta. Ryuzaki salì su un cassone e li chiamò tutti a raccolta allargando le braccia.
"Fratelli!" urlò: "Sorelle! Compagni miei! Oggi abbiamo dato una grande prova a tutto il mondo. Abbiamo dimostrato che i giorni di questo regime maligno sono ormai al capolinea. Presto, saremo tutti liberi. Liberi di vivere insieme in una grande e nobile repubblica, guidata con giudizio da uomini buoni e onesti!" e alzò il braccio, seguito dall'urlo dei seguaci.
"Ma fermi! Fermi! Abbiamo ancora molto da fare."
Un sussurro appena percettibile verso Jou.
"Da un tiranno a un invasato."
Jou arricciò le labbra e scrollò le spalle.
"Di sicuro e appassionato" rispose infine.
"Scommetto che anche Buraindo lo era."
Stettero in silenzio per un po', quindi lui annuì con espressione neutra.
"E' possibile."
"La nostra lotta è giunta al suo momento cruciale" continuava Ryuzaki: "Continueremo a combattere e a resistere, giorno e notte. Perché tra qualche giorno quei ratti li andremo a stanare lì, nelle loro stesse fogne. Finché i priori e lo stesso Tiranno che li guida non saranno più che un ricordo. E loro, e tutti i loro cani da guardia come Endo... verranno passati a fil di spada! Senza pietà!"
Jou serrò le labbra e gettò uno sguardo tra quella calca estasiata e allucinata.
"Presto saremo tutti liberi. Presto giustizia sarà fatta. Continuiamo a combattere! Nei nostri cuori, ognuno di noi è libero! Rendiamo libero anche il cuore della nostra terra. Per la Rivoluzione! Per il Cielo!"
Un'ovazione generale che rimbombò per tutta la valle, senza alcun timore di essere individuati, senza più esigenza di doversi nascondere agli occhi del mondo. Presto chiunque avrebbe parlato di loro, presto il fuoco della libertà avrebbe serpeggiato in ogni dove a Sora no Kuni, e i suoi riverberi illuminato ogni angolo del Continente, come monito a all'ardore, alla forza di un Cielo divenuto finalmente un vero Paradiso.
Jou fece un cenno a Mira che stava per dirigersi a cercare qualcosa da bere, lei scosse il capo con dissenso, quindi lo seguì. Scoprirono che in quell'accampamento un'area era interamente dedicata a scopo ricreativo. Come se si fossero stanziati lì da diverso tempo, creando un loro attrezzato quartier generale, lontano dal Grande Occhio. Tavoli e sgabelli accomodati alla meno peggio. Un bersaglio per le freccette, e un armadietto più in basso con carte e giochi da tavolo. Un bancone, coi liquori sullo sfondo. Gli si avvicinarono, richiamando il barista.
"Carino come lo avete sistemato" esordì lui guardandosi intorno.
"Ryuzaki ispira ognuno di noi a dare sempre il meglio"
"Immagino. Cosa prendi?" chiese a Mira. Ci pensò un po' su.
"Gin senza ghiaccio."
Jou fece un esclamazione ironica, e lei gli sorrise di rimando.
"Tu che prendi, grand'uomo?"
"Proviamo un po' del vostro Shochu."
Presero i bicchieri e si accomodarono a un tavolo.
"Ai nostri uomini" disse lei alzando il bicchiere.
" - E alle nostre donne."
Brindarono e bevvero tutto d'un fiato. Lei nel frattempo non gli scollava un solo istante gli occhi di dosso, indecisa se porgli o meno quella domanda. Lui, gli occhio assorti e incollati al bicchiere, la anticipò di poco.
"Perché ce l'hai tanto con lui?"
Quella domanda la stupì, forse in maniera ingiustificata. Si prese un po' di tempo giocherellando sul bicchiere con le dita.
"Inizialmente volevo liberarmene per iniziare una nuova vita" rispose dopo un po': "Con lui in vita io sarei rimasta la sua allieva, per sempre. Poi però ho capito che non era quello il motivo."
Si prese ancora un po' di tempo per pensare.
"Sai, per un attimo nella mia vita, quando ero vicina al baratro… pensavo di amarlo. Mi ha salvata. Ma ora mi rendo conto che lo ha fatto perché aveva bisogno di sentirsi un eroe, un Dio agli occhi di qualcuno. E la gente così… mi mette i brividi."
Lui la osservò pensieroso per un po', intuendo il suo riferimento. Ma non solo quello. Annuì comprensivo.
"Sì, penso di capire."
"E la gente come me non può avere Dei" aggiunse lei infine. Un'affermazione a dir poco ironica, lo intuirono entrambi.
"Ah, questo l'ho intuito."
Silenzio.
" - Ora devo farti io una domanda."
"Una domanda per una domanda. Mi sembra onesto."
"Perché lo cerchi?"
Si aspettava in un certo senso una domanda di questo tipo. Non ne era sicuro, visto quanto fosse stata reticente fino adesso, ma intuiva che gran parte delle barriere tra lui e quella ragazza stavano crollando. Sapendo quanto potesse essere pericolosa, si disse che avrebbe dovuto andarci cauto, restare sempre vigile, senza farsi coinvolgere troppo. Senza perdere di vista il motivo per cui si ritrovava lì, lontano miglia e miglia da casa.
"Eravamo nello stesso gruppo. Nella stessa banda, come ci definivamo. Assaltavamo banche e carovane. Uccidevamo persone che non ci piacevano. Eravamo agli ordini di un tizio che si chiamava Dai. Eravamo tutti ragazzi perduti. Persi, arrabbiati, da tutti dimenticati. Lui ci ha salvato, se così si può dire."
Ridacchio un po'. Il secondo bicchiere iniziava a farsi sentire.
"Sì, lo so cosa puoi pensare. Far diventare criminali quei ragazzi non sembra un buon modo di salvarli, ma Dai non ci vedeva in questo modo."
Lei ripensò a quella foto. Bakin di Kusa no Kuni, gli uomini col cappotto, il Fuoco da portare.
"Non giudico, ho fatto brutte cose anch'io per non sprofondare."
Lui annuì.
"Rubavamo ai più ricchi, e davamo a chi ne aveva più di bisogno. Almeno, per un bel po'. Dai aveva compreso che il sistema di potere era marcio, e che la povera gente ne stava sempre pagando le conseguenze. E credeva che il cambiamento poteva avvenire solo in maniera violenta, brutale e implacabile. Voleva trasformare il mondo, renderlo un posto adatto a tutto. Anche adesso, lo considero la persona migliore che ho conosciuto. Dopo mia moglie, almeno. E un altro mio vecchio amico. Poi però è impazzito. Ha perso fiducia in tutto e tutti. Non riesco ancora a spiegarmelo."
Ci pensò un po'.
" - Forse vedeva che, nonostante i suoi sforzi, tutto restava esattamente così com'era. O forse anche lui voleva semplicemente sentirsi un Dio, o qualcosa di simile."
Lei annuì e diede un altro sorso. Iniziava a sentire il tepore sulle guance.
"Ma insomma, tutto questo per dirti che poi ho preso una strada diversa. Ma il passato non si cancella. Nulla può mai cancellarlo. E così dei poliziotti mi hanno trovato e hanno sequestrato la mia famiglia. Se voglio riaverla, se voglio riavere la mia vita, devo consegnargli i miei vecchi compagni. Quelli che rimangono, almeno."
Questo la rese un po' confusa, stupita. Non immaginava dei risolti simili.
"Chi l'avrebbe mai detto, stai facendo da servetto ai piani alti."
"Già. Il loro galoppino."
"Quindi stai cercando anche gli altri... O li hai già consegnati?"
Divenne turbata d'improvviso. Rielaborò meglio quelle parole, unì i fili contabili del suo passato.
"Nessuna linea può essere cancellata. Com'è possibile pensare di farlo? Ogni passo fatto è per sempre. Non lo puoi annullare. Non si può annullare niente."
Qualcosa che le giungeva dal passato, dalla voce di Shirai. Pensò a Kiri, Seiri, i suoi genitori, Kai. L'ineluttabilità del destino che li univa.
"- Già, il passato non si cancella."
"Ma ci devo provare. Anche se dovessi ricominciare altre cento volte."
"Comunque no, non ancora. Ho provato a trattare con Bakin Watanabe ma - ecco... non è andata molto bene. Quando troverò An Lefeng, dovrò cercare anche lui."
"Sai cosa?" domandò lei all'improvviso, alzandosi.
"Tu non sei fatto per fare da galoppino."
"Sono uno sfregiato guerrigliero ignorante, sono poche le cose che posso fare."
La vide piazzarsi davanti a lui e gli mise le mani al collo. Qualcosa che lo turbò un po'.
"Sei stato un fuorilegge, scommetto che eri bravo da morire a fare quelle cose lì. E con la spada, beh, niente da dire."
"Ah, merda" pensò lui, mentre la vedeva avvicinarsi. Avrebbe dovuto immaginarsi un risvolto simile, ma come sempre era stato ingenuo e poco previdente. Ma come poteva aspettarselo? Si sorprendeva ancora di come fosse riuscito a trovare una moglie.
" - E sapresti soddisfare una donna sicuramente."
Restò lì con gli occhi sgranati. Poteva sentire il suo respiro.
"Mi sembrano ottime qualità, non da galoppino."
Doveva agire subito, si disse, nel modo più discreto possibile.
"Ehm..."
Quindi le prese delicatamente i polsi e le rimise le mani lungo i fianchi.
"Ehm ascolta. Spero... di non essere stato ambiguo in questi giorni con te."
Lei si mise a ridere con le labbra tra i denti.
"Tu sei molto bella, davvero. Puoi avere qualunque uomo qui, e i bei ragazzi non mancano. Va da loro. Ti potranno dare molto di più di un relitto come me."
Lei sembrò divertirsi ancor più.
"Sei anche cortese, raro per un guerriero sfregiato qualsiasi."
Tornò quindi al suo posto, cercando di rasserenarsi. Lui trasse un respiro di sollievo.
"Non mi permetto di giudicare le tue scelte, e non parlo di donne." Il suo sguardo stava lentamente riacquisendo serietà. "Ma secondo me An Lefeng non ti aiuterà a riavere la tua famiglia."
" - Perchè lo pensi?"
"Perchè quando avrai trovato ognuno di loro, poi vorranno anche te."
Lui si incupì di colpo.
"Il passato non si cancella, no?"
Silenzio.
"Però - " continuò lei, " - il futuro è nostro."
Lui stava fermo coi gomiti sul tavolo, le dita avvinghiate al bicchiere.
"Scegli bene la guerra che vuoi combattere."
Uno sguardo al barista e lui ordinò un altro bicchiere.
" - Sto facendo quanto mi stanno chiedendo. Non lo so. Forse sì. Forse no" e bevve un sorso.
"Che alternative avrei secondo te?"
Lei allargò le braccia.
"Dico, ma ti sei visto intorno? Sei salito volando su delle isole governate da una specie di Dio, ci siamo infiltrati, abbiamo ucciso, ci hanno tradito. Ora siamo a bere alcool di merda in un bar di un uomo pazzo. Dopo essere stati torturati in una prigione da cui siamo scappati."
Lui restò lì con un mezzo sorriso, lo sguardo vacuo.
"Pensi sia folle?" continuò lei, una soffusa rabbia nella voce.
"Pensi sia più folle questo o invece provare a combattere chi ti ha mandato qui? Io non ho scelta, io sto combattendo un uomo che altrimenti mi farebbe a pezzi. Tu invece combatti per gli uomini che ti faranno a pezzi."
Sospirò. Lei alzò la testa e si mise a scrutare il cielo del meriggio per qualche secondo e poi li chiuse. Restarono in silenzio.
" - È possibile quello che dici" disse lui dopo un po'. "Ma sono stanco di scappare. Stanco di tutto questo. Mia figlia è morta per questo, e la mia famiglia farà la stessa fine se non ci provo. Anche se c'è una minima speranza di poter avere una vita normale, credo valga la pena tentare."
" - Scusa."
"Non ti devi scusare."
"Mi dispiace per tua figlia. E' la tua vita, non dovevo giudicare."
"Tutti giudichiamo. È una cosa naturale. Ma apprezzo la tua apprensione. Sta attenta a non prendermi troppo a cuore, visto che farò una brutta fine" e le portò un mezzo sorriso ironico. Lei si portò il bicchiere alle labbra.
"Siamo in due allora. Ma finchè posso, ti salverò il culo."
Gli fece cenno di un altro brindisi. Lui ridacchiò un po', quindi rispose.
"È mezzogiorno e credo che andrò a dormire carponi. Non che abbia riposato molto stanotte, e credo che per te sia lo stesso."
Si toccò la ferita. Il punto colpito dalla freccia.
" - E' un aiuto per riposare meglio."
"Decisamente. Che dici, andiamo?"
Lui si alzò un po' incerto, ma ancora stabile, dignitosamente brillo.
"Rimango ancora un po' se non ti dispiace. E grazie per la bevuta."
"Va bene" e le fece un cenno di saluto con indice e medio. Stava per andarsene poi si fermò a pensare per un po'. Le mancava davvero tantissimo. Fosse stato più sobrio avrebbe temuto di sembrare troppo ambiguo, ma in quel momento non gli passò neanche per l'anticamera del cervello.
"Sai, me la ricordi tantissimo. Siete entrambe due donne in un mondo di uomini" quindi si incamminò verso la capanna.





Accadde tutto in pochi istanti, le copie del suo avversario che sbucarono dal nulla, quell'esplosione di un'energia che lui per ovvie ragioni ben conosceva. Una curiosità, nulla più. Iniziò a menare fendenti senza ritegno, circondato com'era dai nemici. Per essere dei cloni, la loro potenza era davvero straordinaria. Chi gli si parava davanti doveva essere un umano dalle capacità straordinarie. Li fece presto esplodere tutti, a colpi di mazza e spada, ma quando era sul punto di balzare nuovamente alla carica sentì qualcosa colpirlo alla nuca dopo pochi metri. Accadde tutto troppo rapidamente, non riusciva a capacitarsene. Poi vide quel cancello sopra di lui, e il nemico dinnanzi a lui, ormai prossimo. Ora Fuyuki poteva distinguerne le fattezze. Due lunghe sopracciglia arcuate, con una curiosa piega all'insù ai due estremi che sormontavano un enorme naso adunco. Il mento sporgente a sorreggere una bocca piccola e appuntita. Le due guance scavate, praticamente inesistenti, illuminate da quei due grandi occhi gialli, taglienti, rotondi, gli occhi di un rapace.
Iniziò a urlare e a sbraitare, dimenandosi come una furia, e dopo pochi secondo Fuyuki potè vedere il cancello iniziare a tremare, e a muoversi vacillando. Non gli restava molto tempo, quindi riuscì a evocare il secondo pochi istanti dopo il fallimento del primo, sbalzato via in aria e svanito in una nuvola di fumo.
Si era avvicinato di qualche metro, un passo alla volta.
Fuyuki forse era troppo preso dalla foga della lotta per accorgersi dei movimenti di Naum, che continuava a frugare nelle tasche del cappotto portandosi qualcosa alla bocca.
Un minuto che parve essere eterno, come accade sempre nei combattimenti, nelle situazioni di stress in generale, e quindi riuscì ad evocare il terzo, bloccando nuovamente la sua corsa dopo i primi quattro, cinque metri.
Scattò più veloce che potè, quindi mise in pratica l'ultima parte del suo piano, e lo Zetsubouganshoku colpì in pieno il suo nemico in una nuvola di polvere.
 
Top
view post Posted on 11/4/2020, 00:03     +1   -1
Avatar

la curiosità e la sete di conoscenza guiderà l'animo umano fino alla fine dei suoi giorni...

Group:
Admin
Posts:
7,412

Status:


Non si girò, rimase a guardarlo di sbieco mentre faceva roteare il liquido nel bicchiere, assorta nei pensieri. Due donne in un mondo di uomini, le piaceva come definizione e in fondo ne era completamente d'accordo. Si ritrovò sola dunque, nel mezzo dell'ala ricreativa dell'accampamento, con gente che andava e veniva per bere e mangiare, ma comunque sola: chiuse gli occhi cercando di scacciare dalla sua mente il volto di Kai e dei suoi vecchi compagni, di Seiri e della sua famiglia. Le tornò il viso di sua madre, intriso di depressione e dolore, che piangeva lacrime di sangue. Si chiedeva se con l'esperienza maturata, con l'aiuto di Kai e di Kirinaki, ma anche di Matsuda e Kakumei, sarebbe riuscita a far andare diversamente le cose. Non poteva non farlo, non dopo le parole che aveva scambiato con Jou, non dopo aver ripensato al proprio passato. Kiri era lontana ma mai come in quel momento poté sentirne lo scrosciare delle onde, l'umidità della nebbia e l'odore inebriante di salsedine. Scosse il capo per tornare in sé, per abbandonare quei ricordi e tornare a guardare davanti, o sopra, tra le isole, dove si celavano coloro che continuavano a tenerla ingabbiata in un passato che doveva mutare. Finì di bere l'ultima goccia di alcool che le era rimasta e mise sopra al bancone un po' di Ryo, notando la dimenticanza dello spadaccino. La cosa la fece ridere, doveva averlo messo parecchio nei guai con quelle moine, ma provare a distruggere la barriera di un uomo esternamente così rude ma dentro così fragile era qualcosa che la stuzzicava parecchio. Si alzò facendo un cenno al barista ma prima che potesse entrare nella propria sistemazione notò un uomo, un ragazzo per la verità, che sembrava stesse facendo ben attenzione ai suoi movimenti. Con tutte le cose che le erano capitate, non seppe dire se la stesse seguendo già da quando si fosse svegliata, ma adesso era lì, qualche metro più indietro che la osservava con occhi furbi e chiarissimi.

Mira - Non mi piace essere seguita.

Parlava l'alcool ma pure con tutte le droghe del mondo sarebbe riuscita a rispondere a tono a chiunque l'avesse avvicinata in quella maniera. La risposta del ragazzo arrivò però puntuale, senza segreti, e questo la rassicurò parecchio, intuendo che cose fosse successo.

Ragazzo - Non... non volevo metterti in allarme ma non ho potuto fare a meno di notarti. Sei della resistenza anche tu?

Lei sorrise: Possiamo dire di sì, abbiamo obbiettivi comuni gettò un'occhiata all'interno della capanna dove Jou ronfava già abbondantemente, stette un attimo a pensarci ma infine decise di avvicinarsi al ragazzo. Lo fece lentamente come se gli volesse regalare una passerella che culminava con le sue mani calde e candide immerse nei suoi capelli crespi e scuri. Il giovane era pietrificato, avrebbe potuto immaginare ogni cosa ma non un risvolto del genere quando aveva preso la decisione di avvicinarsi abbastanza da farsi notare. Mira rimase per un po' a fissare quelle iridi quasi vacue, cristalline, e gli concesse poche, calde e lente parole: che cosa vuoi da me?. Lui non rispose ma si irrigidì, poi le afferrò i fianchi e assaporò quelle labbra carnose, cibandosi di quel rossore e percependo sulla propria pelle il calore dell'alcool e della donna in generale. Avrebbe potuto ardere un'intera foresta se solo avesse voluto. Mira si lasciò guidare fino alla capanna del giovane, giusto qualche metro più indietro prima dell'area ricreativa, poi si tolse la veste che le avevano fornito per la convalescenza e guidò letteralmente le mani di lui sui propri seni, ricercando un'aggressività che le facesse dimenticare tutto quello che Jou le aveva fatto tornare in mente, che offuscasse Kiri tramite il piacere, che distruggesse i ricordi con i gemiti, per poi spogliarlo e gettarlo bruscamente sul pagliericcio, in modo che fosse lei a guidare il gioco, decidendo ritmi, pause e movimenti. Il ragazzo non fece resistenza in un primo momento, lasciò che la donna facesse tutto quello che volesse, quando lo volesse, ma a un certo punto le afferrò con forza i fianchi e ribaltò le posizione, affondando la bocca sul suo petto e muovendo ritmicamente il bacino sulle sue femminilità, prendendosi ciò che aveva pregustato ormai da diversi minuti. Mira gli afferrò i capelli, lasciandosi mordere, toccare, vincere per una volta, tra il fuoco dell'alcool e quello della rivoluzione, che come un incendio l'aveva colta e lei, in quel momento, voleva soltanto bruciare.

Passarono un paio di ore prima che si risvegliasse al fianco del giovane rivoluzionario: lo vide dormire distrutto al suo fianco e si alzò riprendendo le sue cose. Poté sentire dei passi piuttosto agitati fuori dalla capanna, ed uscì dopo essersi rivestita e sistemata come meglio poteva. Vide un uomo di Ryuzaki venire verso di lei: Ryuzaki chiede di voi.
Vide sulla strada anche Jou che sembrava essersi tutto sommato ripreso, doveva essere un uomo ben abituato a certi ritmi di bevute a giudicare dai suoi racconti: il gruppo di cui parlava e di cui faceva parte anche Bakin Watanabe non era di certo nemico del boccale. L'uomo le sorrise notando i segni sul collo e sulle labbra che Mira aveva mal celato, forse di proposito, contento che la ragazza avesse seguito il suo consiglio. Lei in realtà aveva programmato di farglielo credere, tutt'altro che felice di compromettere il rapporto di fiducia che aveva lentamente instaurato con lui. Oltre a essersi effettivamente legata, era sicura di poter sfruttare i trascorsi che aveva con An Lefeng quando ce ne sarebbe stato effettivamente bisogno. Entrarono dunque nel capannone di Ryuzaki e lo trovarono dietro a un tavolo con di fianco due uomini della resistenza, i più fidati probabilmente.

Ryuzaki - Bene, bene, chi abbiamo qui! I due cacciatori venuti qui da lontano per vincere la nostra Rivoluzione. Si fiondò alle loro spalle per afferrarli in un abbraccio caloroso. Mira non si mosse e preferì per il momento celare lo sguardo disgustato che la colse. Era troppo presto per prendere o meno una posizione: se era riuscita a rimanere impassibile di fronte ai priori, in quella circostanza sarebbe stata una passeggiata, o almeno così credeva.

Jou - Non ci conterei troppo, signore.

Ryuzaki - Ma io lo so, signor Jou, lo so.

Anche Mira decise di mettere le cose in chiaro, non le andava di indossare un'altra maschera, o almeno non del tutto:

Mira - Con tutto il rispetto, non ci importa della vostra guerra, ma abbiamo obiettivi comuni.

Ryuzaki - Lo diciamo tutti all'inizio, bella signorina. Ma il fuoco che arde in voi lo sento. È puro e indomito. Un uomo come me, come me, una donna come lei signorina, con pochi uomini, potrebbe governare un intera nazione. Siamo nati per questo. Li lasciò con quella frase e uscì per un attimo dalla tenda, Mira si limitò invece a uno sguardo d'intesa con il compagno, per il momento dovevano fare i bravi.

Ryuzaki - Ricordate uomini! - potevano sentirlo urlare da dentro - Un popolo libero, un cielo libero, viva il cielo!

Mira - Avevi ragione, è appassionato. ma pensò anche a un altro aggettivo che preferì non rendere pubblico a causa della presenza degli altri uomini.
Ryuzaki rientrò a quel punto soddisfatto dalle urla di acclamazione, era come se avesse bisogno della sua dose giornaliera di egocentrismo, ma in fondo era già chiaro senza bisogno di indagare oltre che faceva di ciò la sua forza, anzi, più una ragione di vita. Probabilmente non gli importava neppure nulla della causa in sé, ma sentire il calore della gente al suo seguito lo rendeva vivo e fiero.

Ryuzaki - Ah, questa loro forza. Questa loro energia. Mi nutre, è il mio cibo preferito. È come se io fossi stato inviato qui per loro, e loro per me.

Jou - Beh, buon per te. Mira avrebbe riso spontaneamente a quell'uscita del compagno ma riuscì a darsi un contegno, non era decisamente il caso.

Ryuzaki - Credetemi, quando governerò la mia gente sarò giusto, giudizioso e saggio. Come fare, mi chiedete? Semplice: io li conosco. La mia gente e la mia terra intendo. Migliorerò entrambi nel giro di pochi mesi. I due ospiti si stavano stufando entrambi. Mira in particolare cominciava a mettere realmente in discussione quale destino fosse peggiore tra il finire catturata e torturata fisicamente o continuare a sentire i sogni vanagloriosi di un invasato. Se la discussione non fosse virata verso qualcosa di più interessante e realmente utile, sarebbe uscita a forza andando a cacciare Kai e Kirinaki da sola piuttosto.

Jou - Deve essere meraviglioso sentirsi così a proprio agio con il proprio destino.

Mira - Tutto molto bello e interessante, ma avete già un piano o no? Tagliò corto la donna, che ne aveva già fin sopra i capelli.

Ryuzaki - Oh, giusto signorina, giusto. Bellissima e sagace - fece per tornare al tavolo - Lui è suo marito per caso?

Mira - Il mio amante. Mira anticipò tutti, anche Jou che sgranò gli occhi e si morse la lingua, lasciando fare alla compagna.

Ryuzaki - Oh... Lei è un uomo speciale Jou. Come me, glielo avevo già detto. Che immensa fortuna.

Mira sbuffò nuovamente, era al limite e si chiese il motivo per il quale il Cielo avesse questa ossessione per le donne. Prima i Priori, poi Ryuzaki ed era sicura che fosse un'ossessione tutt'altro che sana. Quantomeno sembrava meno vomitevole dei Priori nelle adulazioni, non che la cosa le desse comunque meno fastidio.

Ryuzaki - Loro sono Heiji Hasegawa e Vlodomir Klitscko, i miei due uomini più fedeli. Salutarono e Mira alzò le sopracciglia per ricambiare, molto scettica per la verità. Notò come il secondo avesse un accento molto simile a quello di Naum, magari i due si conoscevano anche. A ogni modo Ryuzaki continuò, incontenibile, in totale controllo della conversazione e di tutto lì intorno secondo il suo parere.

Ryuzaki - Doveva essere presente anche Chiaki Fujimoto, povera ragazza. È troppo stanca, le ho detto di riposare per oggi. I cani del Credo hanno distrutto il suo villaggio e hanno torturato suo padre. Abbiamo saputo che Endo gli ha strappato il cuore dal petto e lo ha dato in pasto ai suoi mastini.

Mira aguzzò le orecchie: poteva trattarsi della ragazza che si era presa cura di lei dopo essere stata ferita dalla freccia. Non era certa fosse quello il nome ma le era sembrata più una prigioniera di quelle idee, inculcate dal carismatico e dominante leader, che una vera sostenitrice della causa. Notò anche come lo straniero, quello dai tratti simili a Naum, non si fosse adeguato allo sguardo turbato e distrutto degli altri due sulle parole su Chiaki, qualcosa che risultò decisamente interessante.

Ryuzaki - Povera ragazza. Appena finiamo corro subito da lei. A ogni modo, non perdiamo tempo! Signori, domani sera, alle otto in punto, assalteremo l'isola di Kugyou

Mira osservò Jou ricambiando il suo sguardo: finalmente avevano qualcosa, un'informazione, una pista, nonostante fosse ben diversa da quella che si era immaginata. Si chiese perché Kugyou e non Bustuon visto che gli uomini più fidati di Buraindo e Buraindo stesso si trovavano lì, e le parole di Sanada, in quelle condizioni, non lasciavano spazio a interpretazione. Ryuzaki sembrò leggere sul viso di Mira le perplessità e le rispose prima ancora che aprisse bocca: Ci servono più risorse. Non possiamo puntare subito alla grande balena, quella verrà quando ci saremo stabilizzati. E allora nessuno ci potrebbe più fermare - fece per prendere il viso di Mira tra le mani ma la vide indietreggiare balzando come un gatto - Abbiamo forze sufficienti per sferrare un attacco in massa, senza più azioni di guerriglia. Abbiamo perso uomini nell'attacco diversivo a Bustuon, è vero. Ma abbiamo liberato gran parte dei nostri prigionieri. E nuove reclute giungono, anche mentre noi parliamo. Capisce la situazione, signorina... giusto, come si chiama?

Il piano, lo spiraglio d'azione, la possibilità che stava cercando, le si formò in testa come fosse la cosa più ovvia del mondo. Era come se Ryuzaki e i rivoluzionari stessero preparando il terreno per quello che lei avrebbe dovuto fare. Alzò lo sguardo con un sorriso e stavolta si lasciò anche prendere il viso tra le mani. Stette al gioco, fece gli occhi più dolci e vibranti possibili e rispose pensando di cambiare nuovamente nome per limitare completamente la possibilità di essere riconosciuta come la guerriera che aveva sterminato orde di rivoluzionari nella battaglia dei bastioni.

Mira - Yumen. Jou capì e rimase impassibile. Quando poi la donna riuscì a divincolarsi dallo sguardo inebetito e innamorato di Ryuzaki, notò come uno dei due uomini oltre il tavolo sembrasse contrariato. Doveva essere quello di nome Heiji.

Ryuzaki - Oh oh, scusa Jou, la tua donna è davvero una calamita. Non sei avvezzo a pratiche torbide, vero?

Jou - Pratiche torbide? si concesse una risata.

Intuendo come la situazione stesse sfuggendo di mano, o come stesse andando a parare verso argomenti decisamente meno interessanti, Mira tagliò corto decidendo di concentrarsi sul piano su cui stava riflettendo, cercando di capire quanto fosse fattibile.

Mira - Sei davvero un grande leader, le tue parole mi hanno caricata e sono pronta a combattere. Avrei però una richiesta per domani, qualcosa di fondamentale importanza per me...

Ryuzaki - Certo! Dimmi pure.

Mira - Jou deve rimanere qui, non potrei dare il meglio con la paura di perderlo un'altra volta.

L'uomo si girò incredulo ma riuscì a contenere le parole. Aveva imparato a fidarsi di Mira e decise a fatica di lasciarla fare, cercando di capire dove volesse andare a parere.

Ryuzaki - Oh beh, se è questo che lui vuole...

Mira - Lo voglio io, non è abbastanza? Credevo si stesse creando feeling.

Intervenne a quel punto Vlodomir, chiaramente infastidito da tutta la situazione: Masao capo è. Lui decide cosa fa o non fa. Ha detto se vuole lui, e così fa. Mira gli si rivolse in cagnesco, per niente contenta di quella uscita:

Mira - Sta' calmo ciccio.

Vlodomir - Sono calmo ragazza.

Mira - Non mi pare. Lo era, almeno in viso, ma il suo tono lo tradiva abbastanza.

Jou tagliò corto prima che la situazione potesse degenerare e decise di discuterne un po' con la diretta interessata. Con permesso uscirono dalla tenda e finalmente soli chiese spiegazioni. Mira sorrise, era piuttosto soddisfatta di com'era andata la conversazione e decise di spiegare al compagno che cosa avrebbe voluto fare:

Jou - Ti ha dato di volta il cazzo di cervello?

Mira - Ti interessa davvero la battaglia a Kugyou? Pensaci, Buraindo sarà distratto dalla guerra e noi avremo l'opportunità di infiltrarci a Bustuon. E' lì che si trovano Kai e An Lefeng.

Jou - E perché hai detto che tu ci vai?

Mira - Ci vado... ma vengo con te anche a Bustuon, fidati di me. Così seppure Kai e An Lefeng prenderanno parte alla battaglia lo sapremo, ma, se come penso, saranno invece rimasti a Bustuon, avremo finalmente modo di affrontarli.

Jou - Beh, le volte passate ho fatto bene a fidarmi dei tuoi piani. Hai più sale in zucca di me d'altronde. Vediamo un po' come andrà a finire. Ricorda però che a me di Buraindo non importa nulla.

Mira - Deve importarti per forza, An lefeng è con Buraindo, ormai è chiaro.

Jou - Mi interessa indirettamente. Se trovo An Lefeng, il mio interesse per questo paese termina lì

Mira - Lo so, lo capisco. Grazie Jou. E a lei importavano le sorti del Cielo? Se lo chiese per un attimo, cercando di darsi una risposta nello scenario in cui fosse riuscita a uccidere Kai. Sarebbe stato mentire a se stessa negare di aver trovato punti in comune con la sua visione, quella che le aveva raccontato in cella. Il Cielo come centro di conoscenza del mondo... un concetto incredibilmente poetico considerando la sua posizione nel continente, eppure così difficile da realizzare con gente come Ryuzaki da una parte e Buraindo dall'altra. E il popolo del paese che cosa avrebbe voluto?

Jou - Prego... lo disse allungando la "e" e portandosi indice e pollice alle tempie. Non importava quando scettico fosse il compagno, ma era l'occasione perfetta per setacciare due fronti contemporaneamente. Doveva soltanto decidere se mandare una copia alla battaglia o a Bustuon, consapevole che avrebbe rischiato in ogni caso. Se al tempio avesse incontrato Kai però, combatterlo come copia sarebbe stato stupido. Nel bel mezzo della guerra avrebbe invece potuto temporeggiare, sfruttando le forze di Ryuzaki come resistenza. In ogni caso aveva bisogno di Fuyuki e Naum, anche loro dovevano sapere le ultime novità ma i due guerrieri, da quando era svenuta per la freccia, non li aveva più visti. Fu in quel momento che in lontananza, verso Est, lei e Jou videro una fumata bianca, come se si stesse consumando una battaglia proprio in quel momento. Erano le ultime ore prima della resa dei conti e lo Hyuga doveva sapere, doveva sperare che arrivasse o trovare la maniera di lasciargli un messaggio dove sapeva che sarebbe andato una volta raggiunto l'accampamento.
 
Top
view post Posted on 22/4/2020, 20:25     +1   -1
Avatar

Group:
Meccanici
Posts:
23,986
Location:
Albuquerque

Status:


La presa su Namida, la katana buia dai riflessi cremisi, rimase salda anche quando l'ultimo proiettile dello Zetsubouganshoku venne scagliato contro quel mostro. Un polverone immenso si sollevò e il jonin si vide costretto a proteggersi gli occhi con il braccio sinistro, per evitare di restarne accecato. Furono attimi di tregua importanti, certo, durante i quali Fuyuki poté riprendere quantomeno fiato, ma l'ombra di una minaccia imminente pareva ancora pronta a bussare alla sua porta. Un enorme solco era stato disegnato dai devastanti effetti della tecnica, ma dal nemico non era ancora provenuta alcuna reazione. Con il cuore in gola, pertanto, mentre la polvere iniziava a diradarsi, il giovane si affidò al byakugan per constatare il decesso del suo avversario, ma proprio in quel momento riuscì ad avvertire e ad eludere, con un rapido scatto, una massa incandescente con la quale quel bastardo aveva provato a coglierlo di sorpresa. Voltandosi appena, poté scorgere alcuni alberi alle sue spalle ardere, divorati dalla potenza omicida di quel jutsu di Katon. Sorpreso certo, ma soprattutto frustrato, tornò a volgere lo sguardo verso il punto esatto in cui si trovava quel maledetto. Tra la polvere e il fumo, lo vide rialzarsi senza alcun problema. Era gravemente ferito, a giudicare dal profondo squarcio aperto sul torace e sulla spalla destra, nonché da quanto era rimasto del suo braccio, ormai ridotto ad un mero moncherino sanguinante e privato dell'avambraccio. Si consolò pensando che quantomeno, anche se ancora in vita, il suo opponente dovesse essere ormai allo stremo e la sua potenza offensiva smorzata irrimediabilmente... ma ahimè, le sorprese non erano ancora terminate. Con terrore e disgusto, lo Hyuga osservò impotente quel demone, mentre con una calma spiazzante riprendeva da terra l'arto mancante, praticamente ridotto in poltiglia. Ebbe un presentimento, riguardo il suo scopo, ma si rifiutò di crederci. Pertanto, pensò di constatare le condizioni del suo compagno e, non appena lo ebbe trovato, poté constatare che fosse ancora in vita; doveva aver utilizzato delle erbe, poiché, pur essendo ridotto male, l'emorragia si era arrestata e quantomeno pareva essere fuori pericolo, da quel punto di vista.
- Non è ancora finita, non abbassare la guardia! - gli urlò contro, con abbastanza vigore affinché potesse essere udito nonostante la distanza che li separava.
"Sei sveglio Namida. Non ci sarei mai arrivato." gli rispose lui sfruttando la telepatia, replicando a tono a quella che pareva un'ovvietà, ma che in realtà celava da parte della Lacrima Cremisi una richiesta di aiuto, in una lotta dal risultato pressoché imprevedibile.
"E allora vedi di fare qualcosa per aiutarmi, maledetto idiota. Qui siamo nella merda fino al collo."
Lo pensò senza trovare il coraggio di pronunciare quelle parole, seppur conscio del fatto che Naum non potesse captare quella necessità. Trovarsi di fronte a quel mostro era come tornare indietro nel tempo, quando al fianco del sommo Mujinahen aveva affrontato Zoren tra le fiamme di una Yason Mori in rovina e ormai prossima al collasso. Anche in quel caso il nemico sembrava imbattibile, padrone di abilità fuori dal comune e in apparenza inarrestabili, ma alla fine era stato il suo ingegno e la sua determinazione a farlo prevalere sulle avversità... ma in quel caso, di fronte a quella calamità, ogni certezza pareva vacillare, nuda dinanzi a quegli occhi piccoli incattiviti da quelle dannate sopracciglia arcuate.
- È incredibile. Non uno, ma ben tre umani oggi sono sopravvissuti a uno dei miei colpi. Non ricordavo questa sensazione da... non so dire quanto. - incalzò il nemico, come se stesse parlando più tra sé, piuttosto che rivolgendosi al suo sfidante.
"... tre?" si domandò Namida. Possibile che, oltre lui e Naum, Yoshi Rokuda fosse sopravvissuto? Ne dubitava profondamente, era certo che quel bastardo non gli avesse dato scampo, anche dopo aver fallito il primo tentativo, magari. Ad ogni modo, ben presto si rese conto di non aver tempo di preoccuparsi per il vecchio, poiché quel mostro aveva finalmente dato dimostrazione di quali fosse il suo intento. Con una disinvoltura disumana, davanti agli occhi pietrificati di Fuyuki, questo avvicinò l'avambraccio mozzato all'altra estremità del moncherino, riuscendo a saldarle con uno scoppiettio di fumo.
A quel punto, tutto fu chiaro. Non aveva certo sottovalutato il nemico, anche dopo aver constatato la gravità delle sue ferite, ma sperare che da quel momento la battaglia sarebbe stata in discesa era stato un errore madornale per un guerriero navigato come lui, quasi imperdonabile. Digrignò i denti, impaurito e furioso al tempo stesso, ripromettendosi di non ripetere lo stesso sbaglio una seconda volta. Oltretutto, era consapevole di dover cambiare approccio. Difficilmente il suo avversario sarebbe cascato nel suo tranello di nuovo, qualora fosse ricorso per la seconda volta al Myōjinmon.
Eppure, era consapevole di dover ricorrere ancora a quel jutsu, se voleva chiudere la partita. Perciò lo avrebbe fatto sì, ma a modo suo... e prendendosi tutti i rischi del caso, consapevole di non avere molte altre scelte. Aveva un piano, ma era maledettamente rischioso. Eppure, era la sua unica possibilità, conscio del fatto che il chakra naturale a sua disposizione si sarebbe presto esaurito. Non poteva prolungare ancora lo scontro, perché se si fosse ritrovato privo del potere della Sage Mode contro quel demone... beh, tanto valeva chiedergli di decapitarlo sul posto, seduta stante. Non era nemmeno certo che Naum potesse aiutarlo in qualche modo, ma affinché il suo scopo si realizzasse sarebbe bastato anche poco. Un attimo, uno spiraglio, il tempo di tentare l'impossibile.
- È vero ciò che dicono di te. Non sei affatto umano.
La sua voce era titubante, preoccupata. Eppure, mentre i suoi occhi si perdevano nello sguardo folle di quel cane, ritrovò infine la risolutezza per affrontare quella sfida.
- A questo punto, farò in modo che non ce ne sia un quarto.
Come risposta, l'altro sorrise, infervorato da quella minaccia che per lui, forse, appariva priva di valore.
- Forza, fai ardere ancora questa mia fiamma!

kWs64MJ

Così, la lotta ricominciò. Senza perder tempo, il Guardiano sputò una seconda massa ardente dalla bocca. Questa volta, anziché schivarla, lo Hyuga rimase immobile fino all'ultimo istante. Solo a quel punto, dopo aver infuso il proprio chakra nella propria katana, eseguì un fendente con il quale riuscì a tagliare in due il globo incandescente, il quale esplose alle sue spalle. Coperto da una coltre di fumo grigiastro, dunque, il jonin poté approfittare della situazione per preparare la sua strategia. Dal borsello che aveva in vita, tirò fuori un piccolo rotolo di pergamena e, una volta aperto, usò l'indice della mano destra per tracciare su di esso un sigillo, in maniera indelebile. Su di esso marchiò soltanto due kanji, come dire... beh, piuttosto ironici, considerato il perché stesse combattendo contro quel dannato. 真空. Shinkuu, il Vuoto.
Si trattava di un jutsu particolarmente potente ed infido, ma al tempo stesso assai complicato da mettere in pratica. La prima fase consisteva nel far breccia fra le difese dell'avversario, così da piazzare il sigillo su di lui ed attivarlo; in un secondo momento, invece, sarebbe stato cruciale approfittare della sorpresa per bloccarlo, anche per pochi secondi, quanto bastava affinché l'effetto si concretizzasse, diventando permanente. Per questo motivo, dopo aver creato un bunshin affinché preparasse il Myōjinmon, l'ex nukenin si lanciò all'attacco. Brandendo la propria katana avrebbe ingaggiato un pericoloso combattimento corpo a corpo. Era perfettamente consapevole che il nemico gli fosse superiore fisicamente, ma non aveva scelta: la migliore opportunità che aveva era sfruttare la propria velocità per schivare i suoi colpi, nell'attesa che una breccia si aprisse fra le sue difese, così da poter piazzare il sigillo. Se avesse avuto successo, il clone avrebbe fatto piovere su di lui il Cancello del Grande Dio, bloccando quindi i suoi movimenti ed impedendogli di evitare che il jutsu svolgesse, implacabile, il suo subdolo compito, sigillando per sempre i suoi poteri e approfittando della cosa per ucciderlo, una volta per tutte.
Era un azzardo, certo, ma non aveva scelta. Anziché morire inutilmente, una volta terminata l'energia offerta dalla Sage Mode, tanto valeva correre il rischio di essere investito dai colpi del Guardiano, nella speranza che il suo piano avesse successo. Non avrebbe concesso a quel bastardo il lusso di batterlo e assassinarlo con facilità, così lontano da casa, e pertanto avrebbe dato fondo ad ogni sua risorsa, tenendo nel cuore il pensiero di Chiaki e dei loro bambini, nella speranza che quel legame potesse dargli la forza necessaria per affrontare quel pericolo.
In fondo, non vi era altra opportunità, contro un demone dalla potenza così dirompente.
Per vincere, avrebbe prima dovuto renderlo umano.

<fuuinjutsu> - Sigillo della Bocca di Leone/Sigillo del Vuoto - (costo: 300 chk) (eff: variabile)
Sigillo diabolico e molto temuto, consiste nello scrivere "vuoto" su una pergamena e trovare il modo, on o in combattimento, di applicarla sul proprio avversario. Riuscirci non è molto semplice: si dovrà riuscire a colpire il proprio avversario con un attacco ravvicinato con malus di 200, oppure con un'arma abbastanza grande da portare il sigillo stesso con sè, senza malus (esempio: burattini, armi giganti). Questo è solo il primo passo, tuttavia, perchè si dovrà anche, contemporaneamente, paralizzare l'avversario in qualche modo, visto che il sigillo ha bisogno di un turno per funzionare, e per quel turno chi ne è stato colpito può ancora tentare di liberarsi in qualche modo (per esempio, annullandolo con il contro-sigillo)
Il sigillo stesso annulla il chakra di chi si trova all'interno di esso (o la persona a cui viene applicato), rendendolo di fatto una persona normale. Dato che anche le altre statistiche dei ninja sono influenzate dalla loro capacità di manipolare il chakra, tutte subiscono un malus di 50.
Questo effetto svanisce se ci si riesce a liberare dall'area sottoposta al sigillo. E' possibile imprimerlo sulla pelle di qualcuno, ma è considerato un disonore terribile, e in un certo senso un taboo nel mondo ninja, dato che è una condanna a morte sadica e superflua (a meno che non sia collegato ad un sigillo di contratto)

<fuuinjutsu> - Sigillo dei Tori/Sigillo del'Editto Divino - (costo: 300 chk) (eff: variabile)
Sigillo utilizzato per bloccare in modo efficente e totale qualcuno. Un enorme torii rosso cade dal cielo, schiacciando l'entità o la persona sotto di esso con svariate tonnellate di peso, e bloccandone i poteri. Significa in pratica che, per quanto possa continuare a difendersi normalmente, non potrà usare alcun attacco, se non quelli dati da suoi cloni o evocazioni. Non potrà neanche usare tecniche di supporto (come moltiplicazioni) o di dislocazione (spazio-temporali). E' possibile spezzare questo sigillo in svariati modi. Uno di questi è sollevarlo di forza. E' necessaria una forza di almeno 1200 (senza sommare il chakra, ma si possono usare attivazioni di vario genere). Un'altro è dissolverlo con una tecnica di contro-sigillo, ma solo dopo tre turni che questo sigilo è stato utilizzato. Un terzo è sperare che qualche alleato uccida chi sta usando questo sigillo (non è permanente)
E' possibile usare questo sigillo più volte in più turni (Aumentando di conseguenza in modo algoritmico la difficoltà di chi si trova intrappolato ad uscirne) o preparare una sola, gigantesca pioggia di torii dopo alcuni turni di preparazione, durante i quali si dovrà stare immobili a preparare unicamente questa tecnica, similmente ad una modalità eremitica. Ogni torii bonus consuma 300 di chakra in più, e richiede mantenimento in aggiunta al primo. (2 torii costeranno 30 stm e avranno mantenimento 30 stm, 3 costeranno 45 stm e mantenimento 45 stm...) <- utilizzata dal bunshin
 
Top
view post Posted on 24/4/2020, 21:09     +1   -1
Avatar

Group:
Member
Posts:
1,249

Status:


Comunicarono a Ryuzaki le loro intenzioni, poi uscirono all'esterno quando era già ora di pranzo. I miliziani sparsi qua e là per il campo. Sferragliare continuo. Un brusio di sottofondo. Qualche risata contenuta. Come un sentimento di disagio a cui si erano ormai assuefatti, con cui avevano imparato a convivere, animati da quell'immane promessa che veniva loro prospettata di lì a breve. Di lì a pochi mesi. Si sarebbe deciso tutto in quei pochi giorni decisivi, su questo nessuno pareva obiettare. Neanche loro due. Jou osservò le scene in silenzio per un po' quando la sua voce lo fece tornare alla realtà.
"Abbiamo un po' di tempo per preparare il tutto, dovresti farmi un favore."
" - Che tipo di favore?"
"Credi di poter fare un giro per raccogliere informazioni? Ogni genere di cosa, quanti sono gli uomini di Ryuzaki, come intendono attaccare, quanta resistenza credono ci sarà. Io nel frattempo devo andare a pescare qualcuno che spero possa aiutarci. Mi interessa sapere anche quanto sanno effettivamente di Buraindo e del suo potere."
"Posso chiedere un po' in giro" le rispose, indicando i dintorni di quella torma che occupava la vallata. "Non sarà difficile parlare un po' con loro, forse anche con lo stesso Ryuzaki."
"Sarà solo felice di esaltare il suo gruppo."
Jou si guardò un po' attorno.
"Sì, ma ti consiglio di tenere pensieri come questo per te al momento. A chi vuoi rivolgerti?"
"Due dei guerrieri che hanno liberato Ryuzaki sono miei alleati. Non si trovano però qui, devo capire che cosa è successo."
Jou ci pensò un po'.
"Speriamo ci possano dare una mano."
Aveva ormai imparato a leggere i dubbi nello sguardo dell'uomo. Non c'era però alternativa al momento.
"Di uno posso fidarmi ciecamente, l'altro ha la giusta motivazione. Fidati di me."
Jou alzò le mani in segno di resa.
"Ok, signorina."
" - Grazie."
Mira sorrise, e gli posò una mano sul petto. Lui restò a pensare al casino che stava succedendo per un po', quindi gliela prese e le diede due colpetti sul dorso come si fa a una figlioletta scapestrata.
"Prego, prego."
"Ci troviamo qui in serata."

Avevo iniziato a scrivere la continuazione, ma poi ho pensato che forse è meglio che continui tu da qui in poi. Descrivi la perlustrazione e la ricerca










Non era la boria a guidarlo, né la consapevolezza di avere il suo nemico in pugno - cosa non insolita per lui -, neppure il fremito dell'odore del sangue. Per quanto la sua natura lo spingesse a desiderare e bramare l'annientamento dei nemici, senza alcun esitazione né pietà, a un sadico e innato impulso alla violenza, quando poteva non esitava a dare al suo avversario una possibilità di resa. Possibilità spesso resa vana.
Ciò che lo infervorava era l'aver trovato un'avversario degno, come non ricordava da tempo, e per di più due nel giro di poche ore - l'altro, per quanto avesse resistito a un suo colpo, si era rivelato a malapena in grado di potersi reggere ancora in piedi. Nulla che potesse meritare la sua attenzione. Rokuda era riuscito a sopportare in pieno un suo bolide. Il ragazzo era riuscito a tranciarlo di netto senza danni evidenti. Quale fremito dio eccitazione!
Era un sincero invito a quel giovane ragazzo a dar fondo ad ogni sua risorsa, a far sì che quella sensazione non si dissolvesse. Non così presto almeno. Bramava il ferro, e il sangue di uno scontro memorabile. Non era mai stato sazio.
Lo vide svanire nel nulla, preparando chissà cosa - non vedeva l'ora di scoprirlo! Ma la messa in atto del suo piano, qualunque esso fosse, avrebbe dovuto guadagnarla con le unghie e con i denti, con la forza della disperazione che era propria di chi lo vedeva sfrecciare sopra le loro teste, come una catastrofe incombente e ineluttabile. Inspirò profondamente, e la foresta intorno a lui divampò in un incendio. Nonostante il clima sfavorevole, non avrebbe messo troppo a divampare, a tagliare ogni via di fuga. Nei vaghi ricordi della sua vita precedente - lontana di millenni, sfuggente, nebulosa - non ricordava altro che poche figure, alcuni lontani assedi e battaglie, qualche sera di gioco. Aveva piazzato in avamposto la sua piovra, che bloccavano ogni via di fuga e invitavano i nemici a uscire allo scoperto. Presto lo vide saettare verso di lui, con una spada in mano. L'apoteosi del suo trionfo, del suo desiderio. Fu un continuo sferragliare di acciaio e scintille. Il nemico era più veloce, e riusciva talvolta a far andare a vuoto i suoi colpi - non fosse stato per la seconda arma, avrebbe spesso rischiato di trovarsi spesso scoperto per un colpo d'incontro - ma a ogni colpo andato a segno e poi parato sentiva le ossa sfrigolare, le forze del nemico venire meno. Era inevitabile. Una mossa avventata sfidarlo apertamente in questo modo. Ma quale coraggio! Quelle poche ore valevano da sole gli ultimi duecento anni di battaglie prive di qualsiasi emozione. Forse proprio quelle battaglie lo avevano preparato a questo giorno. Cosa diceva quel piccolo nano maledetto?
"Un contrattacco è più facile se sai già che colpo sta arrivando."
Proprio così. Dritto tondo a vuoto, e via a coprire il volto. Mazza bassa in difesa della milza. Una guardia avvelenata. Velocità maggiore del suo avversario, ma sufficiente appena per sfiorargli il viso con la lama della spada. Da quant'è che non sentiva la lama sottile di una spada squarciargli le carni? Non credeva di poterlo ricordare. Come se qualcosa gli annebbiasse la vista. Forse anche il suo avversario poteva avvertire la stessa sensazione. La vista annebbiata. Ma nel tempo presente, per ragioni opposte. Lo slancio in cerca dell'affondo era l'abbocco che stava cercando, la tecnica più efficace che un guerriero esperto possa adottare nella ricerca di un colpo d'incontro. L'enorme spada, saldamente nella mano destra, aveva penetrato il ventre dell'avversario da parte a parte infilzandolo come uno spiedo, mentre lui, ammirando quella scena con quei lugubri occhi estasiati, si chiedeva se fosse il caso di divorarlo, o se a un cosi degno avversario fosse il caso di mozzare la testa e conservarla come preziosissimo cimelio.
 
Top
view post Posted on 25/4/2020, 11:46     +1   -1
Avatar

Group:
Meccanici
Posts:
23,986
Location:
Albuquerque

Status:


Era consapevole che quella vittoria, semmai fosse giunta, avrebbe richiesto ogni sua goccia di sudore. Persino di sangue, se necessario. Eppure, non si tirò indietro dal suo destino, affrontandolo con la grinta degna di un guerriero che aveva ricevuto il privilegio di brandire Namida fino ad allora. Era superiore al suo nemico in velocità, ma ciò non bastò a permettergli di mettere in azione il suo piano. Ogni suo colpo veniva parato, deviato, schivato, come se nella memoria muscolare di quel demone si annidassero i ricordi di secoli di battaglie, l'istinto di un predatore che non attendeva altro che il momento propizio per affondare la sua mannaia e porre fine alla vita del marmocchio che aveva osato sfidarlo. Fuyuki continuava a stringere i denti ed affrontarlo, attendendo a sua volta quell'istante, in una lotta di posizioni e scambi d'acciaio per far sì che la postura dell'altro cedesse, scoprendone la guardia. Ad ogni fendente parato, ad ogni colpo andato a vuoto, recuperava immediatamente l'equilibrio per il successivo, mentre l'aria ardente della foresta in fiamme pareva pronta ad incenerire i contendenti che si stavano dando battaglia in quel ring circondato da un olocausto di lingue di fuoco e fumo. Lentamente, però, le energie del ragazzo cominciavano a venire meno e con esse la precisione e la rapidità della sua spada; di contro, il cane di Buraindo non pareva minimamente provato dallo scontro, anzi nei suoi occhi bruciava un vero e proprio orgasmo, un'eccitazione che sembrava provenire dal cozzare delle lame, così come dallo scricchiolio delle ossa, persino dall'odore del sangue.
"È realmente... un mostro."
A quel punto fu la sua convinzione stessa a vacillare. Mentre gli scambi di colpi proseguivano, inesorabili, il suo cuore si trovò a fare i conti con un timore, qualcosa che ben presto si rivelò invece essere un'amara verità. Non poteva batterlo. Non riuscì a riprendersi nemmeno quando il filo di Namida graffiò il volto del suo avversario, inebriandosi del suo sangue, anche se solo di qualche goccia. Non riuscì nemmeno a trovare la forza di opporsi, quando l'arma letale di quel folle lo investì in pieno, trapassandolo da parte a parte, mentre mestamente i suoi piedi venivano sollevati da terra. In fondo, dentro di sé lo aveva sempre saputo.

ba68988c273f89ff6561aa9161a995b4_5aa6c2a1c431a85249adbb657a069e9e

Che speranza aveva, di uccidere la morte stessa?

Oh, povero Fuyuki. Stolto ragazzo.
Avrebbe dovuto comprendere sin dal primo istante, quando i rivoltosi erano fuggiti senza alcun ripensamento di fronte al Guardiano, di non poter fare altrimenti. Ma allora, perché? Per quale ragione non aveva fatto lo stesso? Non poteva credere di aver rischiato la vita soltanto per quel maledetto di Naum, quel piantagrane d'un guerriero kazaki che non aveva ancora trovato modo di fornirgli il suo supporto a causa delle ferite, le stesse che lo avevano costretto a lasciarlo ad affrontare, da solo, un'impresa più grande di lui. Lui, colui che aveva distrutto l'ultimo frammento della pace, lasciando che il vuoto e la morte divorassero Yason Mori... Kami, persino Orha Duren l'avrebbe deriso, dalle più infime profondità dell'Oltre, per aver gettato la sua miserabile vita soltanto per quello stolto. Iniziò ad avere freddo, mentre si ritrovò a sputare sangue e ad osservare, con la vista annebbiata, il cremisi che insozzava la mannaia del demone.
"Rosso anche quando è ghiacciato, non è così?"
In preda ad inutili vaneggiamenti, con la vita ormai appesa ad un filo, si ritrovò a riflettere. I ricordi tornarono indietro di anni, catapultandolo in un conflitto che appariva ormai sfocato, lontano. Si trovava in una stanza, da solo, davanti alla donna che più aveva ammirato, prima che divenisse quella che, al contrario, aveva più disprezzato in vita sua. Chissà perché, proprio in quel preciso istante, la sua mente si ostinava a rimembrare ciò che lei gli aveva detto, prima di venire a conoscenza del segreto che lo aveva spinto ad abbracciare Akatsuki.
Aveva sempre desiderato morire pensando al culo di sua moglie, invece sarebbe passato a miglior vita con in mente il ricordo di quella megera.
Il destino sapeva essere davvero beffardo, a volte.

La Nostra Vita Non è Nostra. Da Grembo a Tomba siamo Legati ad Altri.
Passati e Presenti e da ogni Crimine e ogni Gentilezza generiamo il Nostro Futuro.


Fu allora che i suoi occhi vennero spalancati, divenendo piccoli e febbricitanti come fessure. Solo in quel momento capì di non potersi arrendere, nemmeno di fronte a quella che pareva ormai essere una sentenza di morte. Tutta la sua vita, ogni sacrificio che lui e la sua famiglia aveva dovuto sopportare, ogni umiliazione... tutto ciò l'aveva affrontato per un solo, unico, motivo. Kai. No, non avrebbe mai potuto tollerare l'idea di essersi spinto fino a lì, lontano miglia e miglia da casa sua, per poi perire inutilmente contro quel bastardo che stava probabilmente eiaculando nelle braghe, mentre osservava i suoi occhi spegnersi. Non poteva rinunciare alla guerra che aveva dichiarato ad Akane Uchiha e al Consiglio di Konoha, né tantomeno al suo intimo desiderio di poter riabbracciare, un giorno, la sua amata Chiaki e il frutto del loro amore, Aiko e Amane.
Era per loro che aveva giurato di lottare, finché avrebbe esalato l'ultimo respiro. Ed era per loro che avrebbe vinto quella sfida, riuscendo a sconfiggere la morte stessa.
Aveva ancora un ultimo asso nella manica da giocare, prima di arrendersi. Tanto valeva andare sino in fondo, anziché mollare senza aver tentato di far di tutto, pur di portare a compimento il suo piano. C'era ancora una speranza, affinché il sigillo di Shinkuu venisse piazzato, proprio come aveva programmato. Dopotutto, il momento che aveva atteso era proprio lì, giunto infine per essere colto. Aveva atteso con coraggio che il nemico abbassasse la guardia... e quale istante migliore, di quello in cui credeva di avere ormai in pugno la vita di quel ragazzo insolente che aveva osato sfidarlo?
Così, affidandosi alle ultime briciole di forza che aveva ancora in corpo, Namida attivò l'Hansha, affinché lo sguardo di quel bastardo immortalasse per il tempo che gli serviva la figura di un nemico ormai prossimo ad essere annientato, nascondendo invece il suo ultimo guizzo di coraggio. Dopo aver tirato fuori dal borsello uno dei suoi speciali kunai, lo avrebbe lasciato cadere alle spalle del Guardiano, prima di attivare l'Hiraishin. Così facendo, il suo corpo si sarebbe materializzato proprio lì, liberandosi dalle spire impietose della mannaia che lo aveva trafitto. Solo allora, avrebbe potuto cogliere il nemico in contropiede e fare breccia attraverso le sue difese. La katana nera dal filo cremisi si sarebbe inebriata dell'ultima fiamma del chakra della natura, pronta a condurre il montante che avrebbe deciso la sorte di Fuyuki Hyuga, consegnandolo ad una vittoria lontana da ogni previsione o al baratro destinato a chi, come lui, agiva nell'ombra per assicurare l'incolumità di chi aveva a cuore.
Se il Guardiano fosse riuscito a voltarsi in tempo, avrebbe incontrato negli occhi di quel ragazzo un fuoco ben più ardente di quello che aveva infiammato il suo, di sguardo.
Sarebbe stato trafitto dagli occhi di un demone.

 
Top
view post Posted on 26/4/2020, 22:27     +1   -1
Avatar

la curiosità e la sete di conoscenza guiderà l'animo umano fino alla fine dei suoi giorni...

Group:
Admin
Posts:
7,412

Status:


Dove diamine poteva essersi cacciato? Trovare Fuyuki era fondamentale per mettere in atto il piano che aveva ideato, per quanto folle potesse essere. In verità, fin da quando aveva messo piede nelle isole del Cielo aveva intuito quanto folle fosse quella spedizione, e quando aveva incrociato lo sguardo fiammeggiante di Kai ne ebbe la conferma. D'istinto pensò a Kakumei e ai prigionieri a cui doveva badare al covo da solo: sapeva di potersi fidare, non avrebbe mai messo in discussione la sua lealtà, né tanto meno la sua capacità di mantenere i nervi saldi e la pazienza. In effetti era lei quella che più volte aveva vacillato in quella vicenda, davanti al potente sguardo del ninja dorato e all'occhio del gigante Buraindo. Era la lotta contro gli Dei, di cui l'aveva pure distrutto un Dio, e lei avrebbe dovuto fregarlo, ma come? Lo Hyuga di Konoha era il primo passo. Mira congiunse allora le mani concentrando un'enorme quantità di chakra, poté sentire le pietre del terreno smuoversi e la polvere sollevarsi prima di vedere e il proprio corpo sfaldarsi in una miriade di origami. Era una tecnica particolare, complessa, ma che aveva già utilizzato in passato: dividendo in piccoli parti uguali la propria energia in singoli origami a forma di volatile, poteva trasferire in loro anche un frammento di coscienza, così da concedere loro la facoltà di udire e vedere qualsiasi cosa capitasse nel loro range. Cercò di coprire quanta più distanza possibile, attenta a non lasciare angoli bui, setacciando prima tutto ciò che si estendeva lungo la direzione da cui erano arrivati dopo la fuga dalla prigione. In seguito avrebbe esteso la ricerca anche verso la parte opposta, nel caso fosse stato trasferito in un altro accampamento. A giudicare dalle parole di Ryuzaki, i rivoluzionari dovevano essere tanti nonostante le enormi perdite dopo l'ultima battaglia, e il che lasciava da pensare, ma per quanto capaci di tenere testa all'esercito del credo, era improbabile che ci fossero accampamenti per tutto il confine del paese. Gli origami vennero rilasciati e liberi di volteggiare e scrutare ovunque possibile, si insinuarono nelle abitazioni, nelle strade, volarono oltre i ranghi dei rivoluzionari e studiarono ogni possibile via di fuga dalla foresta, perpendicolarmente rispetto all'isola da cui erano saltati una volta fuori dalle prigioni. La ricerca andò avanti per alcune ore, senza particolari risvolti, e preferì lasciare l'accampamento a Jou per ottimizzare al meglio le risorse e il tempo a disposizione. D'altronde gli aveva dato un compito specifico e per quanto particolare potesse essere lo spadaccino sapeva di poter contare su di lui, almeno fino a quel punto della storia. Poi la svolta, quando il sole aveva ormai ben passato lo zenit e si preparava a rientrare tra gli alberi, ma prima del crepuscolo, dando così modo alla madre di Yusekai di notare qualcosa di estremamente particolare: un incendio nella foresta. Con gli origami più distanti verso quella direzione poté sentire il calore attaccarsi alla carta, sul punto di bruciare quando una farfalla bianca si posò su dei rami ardenti, reminiscenze di quello che dovevano essere state fiamme alte. Più si addentrava all'interno di quel dedalo infernale, più si rendeva conto di come il fuoco bruciasse ancora in alcuni punti, estendendosi poi verso Sud, zona in cui, seppur in maniera quasi impercettibile, la donna percepì la flebile energia di qualcuno. Saettò attraverso il vento, ricomponendosi immediatamente con l'idea di indagare sulle cause dell'incendio e sui sopravvissuti, con la speranza di poter trovare chi stesse cercando. Giunta al punto in cui era arrivata la farfalla, ebbe modo di estendere la ricerca sensoriale quanto possibile e sembrò sicura di poter escludere Fuyuki, al momento, dai chakra che sentiva poco distanti. Balzò da un ramo bruciato a un altro, facendo attenzione a non cadere nei bracieri ardenti e nelle fiamme ancora alte dopo. Alcune le evitò aggirandole, altre preferì saltarle sfruttando gli alberi alti e la vegetazione verde che non aveva ancora appiccato. Fu in quel momento che se ne rese conto: si stava avvicinando a un accampamento, un piccolo ritrovo di tende e capanni in malora, colpiti duramente dall'incendio e chissà cos'altro, con macchie di sangue al suolo ed armi abbandonate sporche delle interiora di chi era stato meno fortunato. Con il cuore a mille si avvicinò, con la paura di essere finita nel bel mezzo di una battaglia ancora in corso, con al suolo i corpi ancora caldi. Ne girò uno la cui faccia e il resto del corpo non erano completamente carbonizzati come quelli degli altri e ne riconobbe i colori dei rivoluzionari. Che avessero continuato a combattere anche al di sotto delle isole? A ogni modo, avanzò aumentando la concentrazione, con occhi e sesto senso ai dintorni, e balzò oltre una catasta di legna in fiamme, tra cui dovevano essere stati bruciati dei corpi, e si appiattì alla capanna dentro cui sentiva due deboli presenze. Fece comparire tra le dita un origami tagliente e avanzò molto lentamente, trovandosi poi a scostare le tende della capanna e vedere all'interno:

Ma che? - I suoi occhi vitrei sgranati nell'osservare un bambino con le lacrime agli occhi e un pugnale tra le mani tremanti, e un uomo in armatura davanti a lui, con una spada stretta in pugno e la fronte sporca di cenere e sangue, come esattamente ogni cosa in quell'inferno scavato dalla battaglia e dall'incendio. Nessuno dei due l'aveva vista, semplicemente il primo continuava ad indietreggiare fino a che non raggiunse la fine del capannone e l'altro cercava di battere velocemente gli occhi per scrollarsi le lacrime raggruppate tra sangue e sporcizia, mentre puntava a far fuori, evidentemente, l'unico superstite di quel capannone. Per terra corpi, sangue, viscere, nell'aria puzza di carne bruciata e la sensazione di non poter fare nulla, di non dover fare nulla, e lasciare che la guerra facesse il suo corso. Rivoluzionari, Credo, che importanza potevano avere nella missione che Mira era stata chiamata a compiere? Eppure le tornò alla mente, nei piccoli passi di quel bambino, tutta la storia così come l'aveva vissuta lei, dall'esodo in paradiso alla discesa tra le fiamme dell'inferno, passando tra le bugie di un tiranno e i sogni vanagloriosi di uno sterminatore di Dei. Dove si poneva lei tra i due fuochi?

Il soldato alzò la spada pronto a un fendente e la mano della kunoichi si mosse da sola, facendo saettare un origami lungo la sua gola. Si mosse subito dopo l'arma, afferrando la volo il corpo dell'uomo, lasciando che la lacerazione facesse fuoriuscire il sangue lontano dal bambino. Mira lo guardò: si era raggomitolato in un angolo, con le ginocchia al petto e il pugnale per terra, con gli occhi spenti e un pianto silenzioso. Lo aveva chiuso dentro Yusekai per evitargli quell'ennesimo omicidio, lo aveva bloccato in un paesaggio che per quanto oscuro non gli avrebbe mostrato la devastazione della sua casa, tempestata di morte e ricordi. Lo prese in spalla e lo portò lontano da lì, dove il fuoco aveva già fatto il suo corso e uno specchio d'acqua potesse pulirlo da quelle maledizioni cremisi sul viso. Dietro di lei gli ultimi singulti del soldati esitante, attendendo che la morte lo accogliesse. Erano vittime, tutte sullo stesso piano e colpite da chi in alto ne muoveva i fili. Raggiunse un piccolo fiumiciattolo senza guardarsi indietro e cercò di fare tornare al mondo il bambino come meglio poteva. Chiuse i pugni, confusa, e strizzò gli occhi con rabbia prima di posarli nuovamente sul ragazzino: poteva avere al massimo dieci anni, gli occhi erano verde smeraldo e i capelli, sporchi e arruffati, castani. Mira se ne rese conto solo in quell'istante che era una lei, una giovanissima fanciulla.

Ehi. - Provò, ma era ancora sotto shock - Ti porto in un luogo sicuro.

Avrebbe voluto tenerla lontana anche dai rivoluzionari ma al momento erano gli unici che potevano aiutarla. Eppure lo giurò a se stessa nel momento in cui ripercorse la strada per tornare indietro, tenendola stretta sulle spalle, che non avrebbe vissuto tra vaneggiamenti rivoltosi e tirannie. Sarebbe tornata verso l'incendio, dove era rinata dalle fiamme. Era stato il suo battesimo di fuoco, tra incudine e martello, nel paese degli Dei. Sembrava scritto da qualche parte, per quella giovane fortunata.

E Mira Chiuse gli occhi: era stata troppo tempo tra cielo e terra da trovarsi adesso a metà, all'orizzonte, da dove poteva vedere tutto e niente. Qual era, arrivata a quel punto, la sua vera missione?
 
Top
view post Posted on 29/4/2020, 08:12     +1   -1
Avatar

Group:
Member
Posts:
1,249

Status:


In altre condizioni non avrebbe provato granchè osservando un simile spettacolo. Era il normale corso degli eventi: i forti persistono, i deboli periscono. Non c'era sentimento in questo. D'altronde, cosa mai poteva averne?
Eppure in quegli istanti si sentì di nuovo vivo. Come non lo era stato da tempo. Cos'era questo lampo di piacere che lo faceva tremare, che gli ridava forza, vita? In quella contemplazione estatica, avvertiva il presentimento di qualcosa che sfuggiva. Non sapeva dire che cosa. Avrebbe voluto sapersi spiegare, ma quella sensazione invadeva ogni parte del suo corpo, scrutando il sangue di un così formidabile avversario scendere giù lungo la lama, inesorabile nella sua marcia verso l'impugnatura; e così quel piacere dal petto si distendeva al ventre, alle gambe, alle braccia, sino alle punte della mano, fin quando qualcosa lo disturbò. Come se avesse frainteso ogni sensazione. Proprio quella mano, ora, secondo dopo secondo, la sentiva andare a fuoco. Come preda di un fuoco invisibile che l'aveva tramutata in un micidiale tizzone inestinguibile. Lui, che da che si ricordava aveva sempre trovato nel fuoco un fidato alleato.
Allentò la presa sulle armi, in preda alle urla di dolore, appena in tempo per accorgersi che il suo nemico non cadde con esse. Non sapeva cosa pensare in quel millisecondo. Che cosa stesse accadendo, tra dolore, spaesamento e un pizzico di un qualcosa che anche adesso non sapeva definire. La paura dell'ignoto. Dell'inspiegabile. La stessa che atterriva i suoi nemici. Questo non riuscì a elaborarlo, quando la lama del guerriero si conficcò nella sua schiena perforandogli un rene, e si sentì vacillare.
Era incredibile, pensava. La tenacia del guerriero, certamente. Si voltò per cercare il suo sguardo, ardente di rabbia come il suo. Come il cane che, messo alle corde, trova il coraggio di azzannare, sperando di aver salva la vita.
Il viso era ormai deformato in una smorfia di dolore, e dalla piccola bocca allargata uscivano i piccoli denti a malapena distinguibili tra le inusitate chiazze rubiconde, gli occhi e il naso simili al profilo di un rapace pronto a ghermire. Subito allungò la mano sul ragazzo deciso a prendergli la testa e schiacciarla come una mosca ma non appena lo toccò anche la mano sinistra fu colta da quello stesso dolore lancinante, accrescendo ulteriormente, semmai fosse possibile, quell'indecifrabile senso di sgomento.





Il peso di tutti quegli eventi si era accumulato in lei. La tortura di Kawarimi, la locanda del piccolo villaggio e il bicchiere d'assenzio, il risveglio la mattina dopo, la decisione di partire da sola, Jou, e Sanada, Hidaka, Buraindo e la battaglia alle isole, Endo, i suoi soprusi, le angherie del Credo e di Araiba, il Cielo vessato e squarciato, la prigione, Kai, la fuga a perdifiato, il campo di Ryuzaki. Ogni parte di se stessa andava logorandosi e vacillava ad ogni passo fatto. E da lì, chissà cosa avrebbe potuto nascere. Che fosse questo che l'avesse spinta a un gesto simile? Così disinteressato? L'unica abitante sopravvissuta al villaggio. Una bambina. L'unica superstite di un'epurazione totale. Forse poteva essere quello il il fato che la attendeva, a lei e al suo compagno disperso tra i meandri della stessa foresta sconfinata, all'ombra delle isole fluttuanti: scoprire come potersi fare carico del proprio mondo, e così decidere i termini del proprio destino.
Riaprì gli occhi solo allora. La bambina sembrava essere sedata e mansueta, a riposo sulle sue spalle, ma d'improvviso questa si dimenò improvvisamente e nel giro di un istante era già a terra ansimante, in preda a una crisi inspiegabile. Non avrebbe potuto prevedere un risvolto simile. Mira reagì più in fretta che potè e le lanciò degli origami per immobilizzarla, ma questi si infransero inefficaci contro i tronchi secchi e anneriti in mezzo ai quali la bambina si era svanita. Era in fuga, in mezzo alla foresta o a quanto ne restava dopo un apocalisse.
Mira iniziò a rincorrerla sfruttando la poca cellulosa che quegli alberi morti potevano donarle, veloce come un'ombra grigia per contrade oscure. Pensò a come la bambina avesse potuto avere quella reazione sotto l'effetto di Yusekai. Poteva essere stata poco incisiva nel suo intervento. Non sapeva dirlo. Ciò che più la premeva al momento era tornare ad averla sotto tiro. Un lieve presenza che rappresentava la sua guida. Corse per pochi minuti, e alla sua destra osservava le vestigia di un ponte che attraversava un fiume nei pressi del ricordo di una rapida. L'acqua correva esigua e sonnacchiosa, e l'ansa del fiume era intasata da grossi mucchi di rami neri e sterpaglia e tronchi d'albero incendiati che spiegavano ogni cosa. Fu tra quelle rive che riuscì a individuarla. Lanciò una nuova illusione, e lì la bambina si addormentò in un sonno profondo, pacifico, eterno.
"Calma... adesso starai meglio."
Mira riuscì di nuovo ad avvicinarla. Poi la prese dolcemente tra le braccia e prese per incamminarsi di nuovo verso la foresta. Eppure i suoi sensi la richiamavano all'erta. Qualcosa si muoveva nell'aria. Tra quegli alberi. Intorno a lei. Non erano presenze specifiche. Non riusciva a individuare fonti di chakra, così come le aveva conosciute. Ma le avvertiva eccome, senza capirne l'origine.

"Non aver paura, figlia del mio avversario.
Ambisco alla pace. Voglio solo salvezza.
"



Si guardò attorno spaesata, ma quando la bambina sgranò gli occhi la lasciò improvvisamente e si ritrasse inorridita.
"Ma che problemi ha questo paese!?"
Piccole propaggini squamose fuoriuscivano imperanti dalla sua pelle, e gli occhi sembravano quelli di chissà quale predatore che tra rocce e ombre striscia in tempi lontani. Gialli, la pupilla ridotta a una fessura nera.
"Chi diavolo sei? Che ne è stato della bambina?"

"Un monumento di tutti i vostri peccati."

 
Top
view post Posted on 3/5/2020, 12:53     +1   -1
Avatar

la curiosità e la sete di conoscenza guiderà l'animo umano fino alla fine dei suoi giorni...

Group:
Admin
Posts:
7,412

Status:


~ Hollow



La voce che le rispose non proveniva da nessuna parte e da ogni luogo contemporaneamente, Mira era in piedi, inorridita, che volgeva lo sguardo da una parte all'altra, cercando chi l'avesse ingannata per l'ennesima volta:

??? - Unita era nella eterna litania. Tuttavia ancora molto vi è da dire. Ho ascoltato tra la pietra e il metallo, e ad ogni domanda, vi sarà la risposta.



Si portò le mani tremanti al viso, premendo affondo le dita sulla testa, come stesse provando a scacciare gli avvenimenti che si stavano manifestando. Quindi lasciò scivolare le mani tra i capelli per spostare le lunghe ciocche dorate, sporche di sangue e intrise del puzzo di fumo nero, cercando di ritrovare un respiro sempre più irregolare.

Mira - Ne ho abbastanza... Ne ho abbastanza di questa storia - quindi tornò con la testa alta - Vi è ancora molto da dire? Allora dimmi, stronzo, che diavolo vuoi da me? Era stanca, forse a causa della ricerca a tappeto che aveva effettuato per trovare Fuyuki e per il dispendio importante di chakra, ma infondo poteva sentirlo che non era quello il motivo. Non era sofferenza fisica, era rabbia, era sofferenza per tutto quello che le era accaduto e che continuava ad accaderle, ed era sul punto di esplodere contro qualsiasi cosa le si fosse parato davanti. Aveva visto una piccola scintilla brillare in mezzo all'oscurità, una luce tra le fiamme distruttrici che poteva rischiarare l'oscurità in cui Yusekai aveva ormai inglobato la sua anima, eppure era l'ennesima illusione, l'ennesima prova che il suo spirito, oltre lo specchio, era afflitto da quella dannata maledizione. E la vide rialzarsi la bambina che aveva salvato, battezzata nel fuoco, afflitta da strani mutamenti serpenteschi. Poi ancora quella voce:

??? - Il tempo mi ha insegnato la virtù della pazienza. Tuttavia hai ragione: il nostro incalza, ma c'è ancora modo di fermare la catastrofe, e le trame del tuo mentore. Siete simili voi e loro: uno di nervi e tronfio, e di mente occlusa; uno è di libidine e speme, ed è il più illuso.
Dal desio di tenere il sole a freno darà avvio al Grande Viaggio, fine blasfemo.


Mira aveva gli occhi sgranati, non riusciva a crederci: non esisteva speranza, non esistenza salvezza per quel paese e per l'anima di nessuno. Esisteva solo Ossessione e Potere, deliri di onnipotenza e visionari piani per la conquista del globo. La storia del Cielo era la sintesi di ciò che era il mondo, un insieme di uomini che agognavano allo stato di divinità, a partire da Kai, passando per Buraindo e per Ryuzaki. Non esisteva altro e crederlo era stupido, provare a coltivare un sogno tra i tiranni era un'utopia e tale sarebbe rimasta. Cosa poteva accompagnare i desideri degli umani se la speranza era la prima virtù a soccombere? Quella bambina era la luce ristoratrice nel fuoco, l'unica sopravvissuta all'epurazione della guerra, eppure la vide trasformarsi nell'ennesimo abominio generato dai sogni malati di chi tirava le redini di quella battaglia. Per un attimo niente ebbe più importanza, e sicuramente ancor meno le parole che quella foresta stava provando a comunicarle. Mira vide solo lo sguardo mostruoso della bambina che aveva strappato alla morte, che aveva fatto rinascere, credendo di poterla cambiare, ma soprattutto di poter essere cambiata. A quel punto uccidere Kai era davvero così importante? Potere e Ossessione, lei lo sapeva bene, suo padre lo sapeva e anche sua madre, ecco, quegli occhi, quelli della bambina impaurita e sotto shock, prima che mutassero, le avevano ricordato quelli di sua madre, era lo stesso sguardo che aveva assunto l'ultima volta che la vide, nella sua camera. Erano gli occhi del terrore, mai uno sguardo le era sembrato tanto sconvolgente ma era questo che aveva causato a una delle persone che più amava al mondo. E continuava ad averlo mentre infieriva sul suo corpo morente che di peso le cadde sopra, squarciandone lo stomaco e gridando in maniera compulsiva di non avere altra scelta, di non essere in controllo. Si era tornati allo stato primordiale, quello che Kai e Seiri avevano lottato per debellare, che Kakumei aveva sperato di non conoscere mai.

Mira alzò la mano verso la bambina, piangendo lacrime nere, le acque di Yusekai. Il mondo degli spettri non era mai stato così oscuro, Varnaki non aveva mai avuto tanta potenza e influenza, eppure era già un po' che curiosava sui confini della follia.

Potere e Ossessione, solo questo rimaneva svanita la speranza. Mira però lo sapeva e ne piangeva: la speranza non c'era mai stata, era solo l'ennesimo mostro.

Mira - Ishin no Kami: Joketsueki

<ninjutsu a vasto raggio> - Ishin no Kami: Joketsueki - (Chk: 140) (Eff: 160)
Negli anni passati a Kirinaki con Kai, Mira ha sempre preferito rimanere dietro le quinte a studiare strategie d’azione utili all’organizzazione, ma anche tutti i ninja che ne entravano a far parte. Fra tutti, quello che più di aveva meritato la sua attenzione era un eccentrico mago folle di nome Jagura. Kai lo riteneva tra i più promettenti alleati di cui disponeva anche se i suoi obiettivi erano per lo più confusi, a volte totalmente assenti. Più che la sua peculiare personalità era però degna di nota l’abilità che usava in battaglia: non usava le mani, combatteva esclusivamente con il chakra, come avesse una sorta di abilità psichica che gli permettesse di muovere gli oggetti e le armi con il solo ausilio della mente. Non era certamente così, Jagura usava il chakra e riusciva a mallearlo in maniera tale da renderlo concreto seppur invisibile. Mira ha studiato nel dettaglio questa capacità per cercare di emularla, e con gli anni è riuscita a crearne una variante che sfruttasse la sua capacità di plasmare e muovere la carta tramite il chakra. Jagura era però un maestro ad utilizzare il proprio talento e non era certamente possibile usarlo come lo usava lui nella quotidianità. Mira ha cercato quindi di concentrare i suoi studi in una singola tecnica più che in uno stile.
In sintesi, l’esecuzione prevede una concentrazione non indifferente di chakra per generare un gran numero di fogli di carta intorno a sé. Per questo è fondamentale attivare prima la forma cartacea tramite Hakusho no Mitsukai. A quel punto si lascia esplodere la quantità di energia accumulata e i fogli plasmati come una sorta di repulsione che parte dai palmi delle mani di Mira e si estende sotto forma di forte impulso contundente e tagliente.
La tecnica si sviluppa in un raggio d’azione di 100° e coinvolge tutto ciò che si trova al suo interno. Mira può inoltre potenziare l'efficacia dei propri fogli intingendoli di sangue, rinvigorendoli e affilandone i bordi, secondo una pratica celebre del clan origami.
Il Ninjutsu causa Status Contusione e Taglio.
Spendendo 20 Slt lo Status Taglio sarà moltiplicato per 1,2.


Un'esplosione devastante travolse la foresta e tutto ciò che era diventata la bambina. I tronchi vennero disintegrati dall'urto e i più resistenti fatti a brandelli dagli origami taglienti. In un cono di 100° non esisteva più nulla se non un agglomerato di verde, terra e polvere. Le lacrime nere continuava a sgorgare dagli occhi della donna che sembrava turbata, tremante. Eppure non era ancora abbastanza, quella voce persisteva e come una divinità onnisciente, continuava a parlare senza avere una bocca e a vedere senza avere occhi.

??? - Alla Neve il tuo profeta ha condotto al Cielo ciò che il Dio sogna da tempo immemore. Che possa usarlo come gli aggrada, questo crede. Perciò, e nulla più, lo chiamo illuso. Al Tempio di Kugyou la chiave spalancherà il viaggio di Butsuon, di questo il tuo mentore e profeta ne è all'oscuro. E presto, quell'oscurità non lascerà più spazio alcuno. Il fato ci voleva nemici, ma la tenebra che incalza ci renderà fratelli.

Comparvero altre figure dai tratti squamosi e serpenteschi e alcune di loro presero ciò che era rimasto della bambina, pezzi, e la ricomposero, come fosse un mero puzzle. Riuscirono a farla tornare in piedi, ripristinando il suo sguardo animalesco e mostruoso, nullificando il colpo della madre delle anime nere. Aveva ragione lei, non c'era più speranza in quel mondo. La donna non poté che fare un passo indietro, cercando di non cedere alla voglia di scaraventare contro quelle "cose" tutta l'energia che le era rimasta e senza sapere neppure perché, si voltò e cominciò a correre, allontanandosi da quei mostri, da quelle voci e dalla bambina. Non si fermò mai, continuò a correre finché ebbe fiato e senza voltarsi riuscì ad allontanarsi abbastanza da non essere più seguita. Nessuna voce, nessuna altra presenza. Scivolò poi su un ramo e cadendo finì tra alcuni arbusti acuminati, tagliandosi e ferendosi abbastanza da essere costretta a fermarsi. Finì in ginocchio con le mani a stringersi il viso, piangendo, in preda a sensazioni miste, emozioni che prevedevano la collera e l'odio. Era racchiusa in un barlume di depressione e i suoi occhi divennero ancora più bianchi, vuoti, specchi senza riflesso.

Varnaki - Perché era così importante per te? L'avevi appena conosciuta, non ti aveva nemmeno mai parlato. Che cosa c'entra con noi?

Mira - Era l'ultima speranza, per me, per il Cielo, per ogni cosa. Ne ero alla ricerca...

Volevo che qualcuno mi dicesse che esiste un'alba dopo questa perenne notte oscura



Lo spirito oscuro volò davanti al viso della madre, afferrandolo tra le sue mani artigliate. Poté sentire l'odore del suo sangue, poté cibarsene, ma non ci diede peso, si limitò a poggiare la sua nuca candida e nuda su quella sporca e insanguinata della donna. Rimase in quella posizione, osservando il suo sguardo spento, attendendo che tornasse a riflettere il mondo che lei aveva immaginato per i suoi figli.

Perché sei qui?

Non lo so...

Per salvare questa gente?

Io... credevo di volerlo, credevo di potere.

MIRA, PERCHE' SEI QUI?

Io...

Per uccidere il tuo mentore?

Devo... Devo farlo...

Tu sei qui perché vuoi ogni cosa.

Ogni... cosa?

Vuoi essere ogni cosa, sapere ogni cosa

Potere e Ossessione...

Potere e Ossessione

Le iridi di Mira misero a fuoco il viso di Varnaki e ogni cosa intorno a lei tornò al suo posto: Yusekai lentamente svanì e la foresta tornò proprietaria dei suoi suoni, dei suoi colori e dei suoi profumi. Mira era seduta con le spalle poggiate a un tronco, con gli occhi stracolmi di acqua nera, reale, tangibile. Alzò la testa al cielo, osservando le isole fluttuanti e chiuse gli occhi per un istante, concedendosi l'ultimo, lungo respiro. Si alzò e concentrò tutto il chakra che aveva in corpo, liberò ogni briciola di energia e lasciò che il suo corpo diventasse di carta, che i suoi arti si sgretolassero lentamente in piccoli origami vorticanti. Due maestose ali bianche le comparvero sulla schiena e battendo contro le forti folate caratteristiche del paese, volò in verticale. Non era più diretta da Fuyuki e nemmeno da Ryuzaki. Era la variabile impazzita di quella storia. Quando sarebbe stata abbastanza in alto, su una delle isole, allora lo avrebbe chiamato a gran voce, forte di chakra ed energia.

KAI, SE VUOI VINCERE QUESTA GUERRA, ACCOGLIMI, HO ANCORA QUALCOSA DA DIRTI.

Aveva nominato solo lui, ma era ovvio che volesse farsi sentire anche e soprattutto da Buraindo. Se era per tradire i rivoluzionari o prendersi gioco dei suoi nemici, non era ancora possibile dirlo.
 
Top
view post Posted on 5/5/2020, 12:43     +1   -1
Avatar

Group:
Meccanici
Posts:
23,986
Location:
Albuquerque

Status:


Ed eccolo, infine, il colpo che aveva tanto atteso. In preda ad una rabbia che animava le sue membra stanche, il suo braccio condusse la lama con sapienza, finché questa non squarciò la schiena del nemico con un taglio netto, implacabile. L'olezzo del proprio sangue si mischiò a quello del mostro che aveva davanti, mentre la maledizione del sigillo di Shinkuu prendeva finalmente piede. Si avvinghiò allo spirito del Guardiano come un cancro, prima che il bunshin rilasciasse il Myōjinmon, lasciando che un enorme ed ineluttabile cancello piegasse l'ultima volontà di un avversario che aveva condotto lo shinobi ad un passo dalla morte; solo allora, quando anche l'ultimo brandello di chakra sparì dal corpo di quella potenza della natura, Fuyuki si rese conto di aver fatto appena in tempo. Seppur con la vista annebbiata, si era reso conto che quel bastardo aveva tentato di afferrarlo con le ultime forze, ma qualcosa sembrava averlo arrestato. Un attimo di esitazione, una sensazione di sgomento che aveva fatto ardere la sua mano e gli aveva impedito di posarla sulla nuca del ragazzo. In preda ai dubbi, questo osservò dall'alto l'uomo ormai inerme e schiacciato a terra, facendo affidamento alla propria determinazione per reggersi ancora in piedi, malgrado le ferite che, ben presto, lo avrebbero condotto allo stesso inesorabile epilogo. Quanto ancora avrebbe retto, senza cure adeguate? Proprio non sapeva dirlo. Non molto, di questo ne era certo, del resto era impensabile che il suo fisico, seppur temprato da anni di esperienza, potesse far fronte all'importante emorragia che aveva imbrattato di cremisi il suo addome. Allo stesso modo, era conscio di dover porre fine in fretta alla vita del nemico, eppure qualcosa lo fermò. Non la pietà - di quella, con il tempo, aveva imparato a fare a meno - ma qualcosa di ben più semplice ed infantile, purtroppo. Curiosità. Ripensò alle urla di quel pazzo, alla sua mano, al momento in cui non aveva avuto abbastanza prontezza per capovolgere le sorti di quello scontro. Voleva capire.
- Cosa ti ha fermato, Guardiano?
Non cane, non figlio di puttana. Guardiano, un appellativo che lasciava trapelare enorme rispetto verso quel formidabile avversario. Ancora una volta, qualcosa che faticava a credere di provare nei confronti di qualcuno che aveva dato prova di essere tanto letale e spietato. Ma in fondo, quanto erano diversi da quel punto di vista?
Ad ogni modo, il Guardiano non rispose, anzi continuò a contorcersi per il dolore, dando fiato ad urla disumane che misero Fuyuki in allarme. Sembrava che le sue mani stessero per essere incenerite, a giudicare dal fumo rarefatto che da esse fuoriusciva. Mettendosi sulla difensiva, lo shinobi strinse con più convinzione l'elsa di Namida; voleva porre alcune domande a quell'uomo, ma non poteva rischiare altre sorprese, non dopo aver avuto prova della sua forza ed imprevedibilità. Se necessario, gli avrebbe dato il colpo di grazia in fretta, così da porre finalmente una pietra su quell'incubo.
- Io… Io non capisco…
A quel punto, il giovane digrignò i denti. Tuttavia, proprio quando stava per condurre il fendente che avrebbe reclamato la vita del Guardiano, qualcosa lo fermò. Nella sua mente, si fecero strada con forza immagini confuse e lontane. Sotto la luce di un'alba pallida, le armature di alcuni fieri soldati scintillavano, quasi come se da essa traessero nuova linfa. Intorno a sé, strade ed abitazioni che mai aveva visto e che forse erano esistite ben prima della sua nascita.
- Non riesco a capire cosa... - insistette il nemico, bloccato poi da un mugugno.
Solo allora, mentre il fumo si faceva più denso, Fuyuki poté sentire quel dolore farsi suo e sommarsi a quello che già stava piegando i suoi muscoli ormai esausti. Con la testa che prometteva di esplodere, cadde in ginocchio, perdendo la presa sulla sua spada. Istintivamente, portò entrambe le mani alle tempie, anch'egli in preda ad urla disperate. Nella sua mente, un olocausto di colori ed immagini ormai indistinguibili annientò l'ultimo frammento di lucidità rimasto in vita. Era quello, l'inferno? Non riuscì a pensare a nulla, prima che le luci cessassero di vorticare e il buio lo accogliesse fra le sue spire silenziose e placide.

EkNWK

Quando riaprì gli occhi, fu come risvegliarsi da un lungo sonno. Si sentiva irrimediabilmente stanco, ma al tempo stesso dentro di sé premeva la consapevolezza di non potersi arrendere, di non avere a disposizione il lusso di poter gettare la spugna. Non con addosso le speranze dei suoi uomini, così come della cittadinanza. Non poteva permettere che quei porci sovversivi avessero la meglio. In ginocchio, sotto un cielo ammantato di rosa che stava dando spazio alle prime luci del giorno, guardò il filo della propria spada. L'armatura era pesante, tanto che la stanchezza era chiaramente visibile nel riflesso della lama, in quegli occhi da rapace esausti e sporchi. Dentro di sé, però, qualcosa pareva ribellarsi. Al senso di dovere, se ne contrapponeva un altro altrettanto solido. La responsabilità verso una guerra lontana nel tempo, nei confronti di una casa che non apparteneva a quella nazione, di una famiglia che non era la sua. Non riuscì a spiegarsi perché, ma fu sopraffatto, anche se solo per un istante, da una triste nostalgia. Difficile dirsi se si trattava del prodotto di qualche suo sogno, ma non poté che portarsi una mano al petto, nel pensare a quella splendida fanciulla dalla chioma blu come il cielo notturno. Una ragazza di cui nemmeno conosceva il nome. Poi, fu il turno degli occhi azzurri di un ragazzino ed infine a quelli color smeraldo di una tenera bambina. Chiuse gli occhi, inspirando a fondo.
No, non poteva permettersi distrazioni.
- Comandante, va tutto bene?
Si voltò appena, destato dalla voce di un uomo che conosceva bene. Con indosso la sua armatura dai riflessi vermigli, Maekawa Ieyasu, chiamato il Rosso, si mostrava ben più maturo e ligio del ragazzo che, invece, era. Eppure, lui non poteva che essere lieto del fatto che quel ragazzo - un tempo un bastardo nato dal rapporto incestuoso tra Watanabe Soichiro e sua sorella minore - fosse cresciuto nutrendo enorme rispetto nei suoi confronti, dopo che l'aveva trovato ancora in fasce, nei pressi di un ruscello. Non potendo accoglierlo come suo figlio, gli aveva dato il cognome di Maekawa, che nella lingua corrente significava di fronte al fiume, e lo aveva affidato alle cure di una famiglia del posto. Bizzarro come quel giovane, anziché dedicarsi alla vita contadina come il suo padre adottivo, avesse deciso di arruolarsi a soli quattordici anni tra le fila dell'esercito, finendo sotto il suo comando. Uno strano scherzo del destino.
- Andrà meglio quando avrò mozzato la testa del loro capo, Maekawa.
Rispose con voce decisa, rimettendosi in piedi. Intorno a lui iniziarono poi a radunarsi altre persone. Tutti soldati al suo seguito, uomini che a dirla tutta non erano poi così piccoli - un pensiero assurdo, rifletté, ma che comunque gli venne in mente. Militi che attendevano soltanto il suo ordine per procedere. Alcuni impazienti, altri spaventati, come del resto era comprensibile. Tuttavia, lui era il primo a confidare nella vittoria. Non soltanto per la propria superiorità nell'arte della spada, o per il coraggio dei suoi uomini, di cui aveva avuto prova. No, lui sapeva bene che era proprio in quel momento che il nemico era più debole e vulnerabile. Si era rintanato in quella fortezza con i suoi stupidi seguaci da ormai due mesi, ma presto si era trovato a fare i conti con qualcosa che non aveva previsto. Con le principali vie d'accesso bloccate dall'esercito, i viveri erano iniziati a scarseggiare dopo le prime settimane. Certo, quel bastardo di Jotaro il Sanguinario aveva scelto proprio uno splendido castello in cui rifugiarsi, prima di rendersi conto che lo stesso si sarebbe trasformato in una crudele prigione. Per alcuni dei suoi uomini doveva essersi rivelata una tomba, mentre gli altri ancora in vita... beh, sicuramente chi non aveva contratto malattie era sicuramente allo stremo, affamato e a corto di energie. Sarebbe stato un massacro. Una strage inutile, forse, ma necessaria. Giunti a quel punto, non vi era più posto per la pietà e la compassione.
Alzò lo sguardo, verso la sommità della torre a sud, lì dove si era radunato il grosso del suo esercito. Per un attimo, poté sentire le grida della lotta, le urla disperate degli innocenti e il calore del fuoco. Suoni e odori anch'essi lontani, impossibili da toccare se non tramite i ricordi di eventi che però non sembravano nemmeno passati. Ancora una volta, chiuse gli occhi.
Un ordine. Era questo che i suoi soldati attendevano.

 
Top
120 replies since 5/8/2018, 18:52   3180 views
  Share