Si svegliò in una soffusa penombra. La schiena su di un letto. La rete di un letto a dire il vero. Non ne ricordava uno da mesi. Ma cosa ricordava? Era primavera. Di quale anno? Duecentotrenta-duecentotrentaquattro. Trentacinque. La testa gli faceva male e la sentiva pesante. Come gli aveva sempre fatto male al risveglio negli ultimi mesi. Odore di chiuso. Muffa e umido. Voci confuse e ovattate, dal mondo esterno. Il ragliare dei muli. Il cigolio dei carri. Bambini che gridano. Un cane. Girò la testa e provò una fitta alla spalla. Ingessata alla meno peggio. Ci impiegò qualche secondo per mettere a fuoco le sbarre metalliche oltre la quale stava un uomo intento su una scrivania. Avrebbe voluto parlare ma si ritrovò la bocca completamente impastata. Poi l'uomo si girò. Lo scrutò per qualche secondo da sopra gli occhiali a mezzaluna. Quindi riprese a leggere.
"
Ben svegliato" disse.
"
- Dove mi trovo?"
"
Alla stazione di polizia di Sueshi."
Impiegò un po' di tempo a elaborare tutte quelle informazioni.
"
Sushi?" domandò di nuovo.
"
Sueshi, Kusa no Kuni. Da tre giorni ormai. Stavo iniziando a pensare che fossi morto."
Provo a parlare di nuovo ma gli venne una fitta lancinante alla testa. Ci pensò ancora. Gli parve quasi che quella fitta fosse un'illuminazione, come aveva letto nei racconti di avventure di bagordi.
"
Ah. La taverna."
"
Esatto - ti stai riprendendo in fretta."
"
Che cazzo è successo poi?"
"
Nulla di piacevole come puoi immaginare."
"
Ci sono stati morti?"
"
No. Solo tre feriti. Danni al locale. Al quartiere in generale. Niente ti può togliere quattro, cinque anni nel mio ostello."
"
Neanche per un cazzo, sbirro di merda."
Quella frase gli usci istintiva, ma così incerta e biascicante da non poter apparire in alcun modo minacciosa. Per nessuno.
"
Va bene allora."
Il poliziotto smise di leggere, posò gli occhiali a mezzaluna, girò il busto verso di lui e appoggiò il gomito sul tavolo, quindi riprese e indicò la cella.
"
Se riesci a fuggire dal distretto non avrò più motivo di braccarti. Ma qui, in questo distretto, sono io che devo far rispettare l'ordine, a costo di essere il primo a farsi male. E finchè sarai qui, stai sicuro che non ti sarà facile avermi alle calcagna."
Yoshi si stese sul letto e ridacchiò.
"
Che seriosità. E dai quasi per scontato che riuscirò a scappare."
"
E chi lo sa. Sapevo fossi pericoloso con la spada ma hai fatto una scazzottata memorabile l'altra, quindi non scarto nessuno scenario a priori. Anche se sei handicappato."
Ridacchiò ancora più intensamente. Come se sentisse ancora tracce di alcol.
"
Sei uno sbirro divertente."
"
Questa è nuova, non mi definirei mai così."
"
Sì invece. Sei simpatico."
"
Se te ne accorgevi qualche giorno fa sarebbe stato meglio."
"
E sei anche un gran brontolone" gli disse, agitando l'indice a mo' di ramanzina.
"
Ora chiudi il becco e lasciami lavorare. Tra un po' arriva mia moglie con il pranzo. Se ti piaccio addirittura io, credo che lei la adorerai."
Silenzio.
"
Strano che non mi hai detto di darti del lei. Sei un ufficiale di alto rango, un sovrintendente."
"
Ci sono situazioni in cui passi sopra a certi formalismi, se hai un minimo di cervello."
"
Come parlare con un delinquente ubriacone?"
"
Tipo, sì. Sei sveglio" concluse con un tono inequivocabile.
"
- Vaffanculo."
"
Ora non prenderti troppa confidenza e chiudi il becco."
Silenzio.
"
Non mi hai detto come ti chiami."
"
Non vuoi proprio chiudere il becco."
"
Se non ti va non dirmelo, chi se ne frega."
Ci pensò un po' su.
"
Massì, vaffanculo a tutto. Vaffanculo a tutto il mondo."
"
Mi chiamo Eizan Touma."
"
Che nome buffo."
"
Ci avrei giurato lo avresti detto."
Un boato che fece tremare ogni cosa. Ma non come ci si aspettavano forse. Come se le cariche fossero state portate lì proprio per quello scopo. Non che ci fosse molto tempo per pensarci. Non ora almeno. I bunshin coprirono dalle macerie i fuggitivi, che sgattaiolarono oltre la soglia come formiche in fuga dalla loro tana. Quando udirono il segnale, Mira richiamò le anime nere, e così Jou e Naum rinfoderarono le armi e lasciarono i pochi superstiti a contorcersi in una pozza di sangue, viscere e follia. I morti di entrambe le fazioni giacevano in quella poltiglia rossastra come vittime di una catastrofe marina, e così superarono la colonna lamentosa dei fuggitivi e scomparvero oltre la breccia in una nuvola di polvere.
Erano le ore fresche che precedono l'alba, e Rokuda urlò al gruppo di volgere verso il lato orientale dall'isola, virando poi a sud per trovare il punto migliore per la discesa al suolo. Prese un dardo segnalatore per indicare a Heiji della buona riuscita dell'operazione e della ritirata immediata ammesso che fossero ancora vivi. Nel caos della fuga, passò in rassegna gli strumenti di Chiaki. Pochi propulsori e qualche paracadute. Nessun cavallo esclusi quelli lasciati nella radura insieme al mezzo. Dovevano sperare in un aiuto delle truppe a est. O di essere abbastanza rapidi da sfuggire ai segugi che sicuro come la morte gli avevano sguinzagliato addosso.
"
Dobbiamo muovere in fretta, vecchio" gli urlò Fuyuki: "
E lasciare quest'isola, portare queste anime lontano dagli occhi di Buraindo."
"
Torniamo a prendere i mezzi. E speriamo che Heiji e suoi siano ancora vivi."
"
Non ci resta altro. Sperare. Esiste un luogo sicuro per queste persone?"
"
Ryuzaki vi condurrà in uno dei nascondigli della Resistenza, stanne certo. Almeno, se non è un idiota è quello che farà."
"
Non escludo che i soldati del Credo possano decidere di radere al suolo Maigo, ora che Ryuzaki è evaso."
"
Se quei bastardi non l'hanno già fatto."
Stettero in silenzio per un po'. Ripensò a qualche ora prima, alla sorellina di Chiaki e ai timori di quest'ultima. Come se avessero un sentore di profezia.
Stava per esprimere un pensiero, ma dei tizzoni di fuoco piombarono su di loro superando la difesa dei bunshin, e nella luce crescente dell'alba le faville apparivano in quel rosa chiaro disperdendosi in una curva come ricordi di un porto lontano.
Jou vide Mira accasciarsi al suolo, quindi decise di prenderla in spalla e poi in braccio per evitare di rallentare la corsa. La cosa la stupì alquanto.
"
Non ne starai approfittando?" chiese lei con una punta di malizia.
"
Potrei anche farlo. Ma è un genere di amore che non mi va: troppo faticoso, tutto sommato."
Lei accennò un sorriso. "
Non deve essere sempre tutto complicato."
"
Sì, se hai una moglie che ti aspetta a casa."
"
Mai mettersi tra un guerriero e la sua donna" gli rispose, quindi continuò sussurrando: "
Ricorda che abbiamo combattuto contro di loro ai bastioni."
"
Eravamo a centinaia, dubito che si ricordino dei volti in particolare. Ma è giusto essere prudenti. Ora risparmia le forze e pensiamo a uscire vivi da questo casino."
Rokuda riprese il mezzo e così Fuyuki e Naum i loro cavalli e guidavano il gruppo come potevano mentre i bunshin si appostavano come gufi in attesa di nuovi pericoli. L'alba era ormai visibile, e la roccaforte alle spalle, ma sapevano che non sarebbe mancato molto prima dell'arrivo di nuove forze nemiche. Fuyuki guardava il buio che avvolgeva il territorio svanire lentamente, e solo allora, in quel momento di relativo caos calmo, e allora decise che era tempo di chiedere qualcosa al suo passeggero.
"
Mio eroe e salvatore." Ryuzaki decise di anticiparlo, con la sua voce calda e suadente che sentiva rimbombare sul collo: "
Non dimenticherò quello che hai fatto per me e per il Cielo, sappilo."
Cercò di trattenere la sua frustrazione. Il rapimento era ormai impossibile. Chissà, forse questo poteva offrirgli un risvolto positivo - finalmente, visto gli ultimi eventi incessantemente avversi.
"
Cosa suggerisci di fare?" riuscì infine a chiedergli a denti stretti.
"
I miei uomini avranno un po' di cavalli con loro, credo ci stiano raggiungendo. E paracaduti e propulsori, come quelli di Choshi. Ci aiuteranno a fuggire più rapidi e a sfidare il dio della gravità. E a far sì che la nostra crociata contro la tirannia possa continuare."
Quel
Choshi lo stranì un po', poi realizzò che fosse un nomignolo dato a Chiaki.
"
Prega solo di sopravvivere a questa notte. Altrimenti non ci sarà nulla da ricordare."
"
Sopravvivere? Amico mio, scriverò una ballata stasera. Su come il grande Masao Ryuzaki ha sconfitto 100 uomini da solo nelle prigioni di Butsuon."
Fuyuki non potè trattenere una risata a denti stretti.
"L
a canterà chiunque, diverrà un successo senza tempo, immortale."
"
È strano. Di rado si vede qualcuno di realmente glorioso vantarsi della propria gloria."
Ryuzaki lo guardava stranito, sporgendosi dalla cavalcatura. Come fosse perplesso e pensieroso: "
La vera gloria va celebrata, deve ispirare ogni uomo a far brillare la sua vita. Come il Sole nel Cielo."
"
Mi auguro che tu dica il vero, Masao Ryuzaki" gli rispose lui, serio. "
Per il momento pensiamo a portare queste anime lontano da qui. Il tempo delle ballate verrà, se avremo successo."
"
Rilassati amico mio, ce la faremo, perché così corrucciato? Devi bere e divertirti di più. Choshi forse ti interessa? Oh te la consiglio, è come una puledra del Ferro."
Fuyuki alzò gli occhi al cielo.
"
Ho una moglie a casa. E due figli. Mi preoccupo solo di non lasciarli orfani, dopo stanotte."
"
Oh, non sia mai questo. Condurrò il loro papà a casa a costo della vita, te lo prometto fratello."
"
Piuttosto, come pensi di affrontare la tempesta che sta per abbattersi sui tuoi uomini?" tagliò corto Fuyuki: "
Buraindo sguinzaglierà ogni cane del Cielo, pur di trovarti. Lo scontro è inevitabile, ormai è impossibile nascondersi ancora."
Ryuzaki allungò la mano, e Fuyuki potè vederla alla sua sinistra all'altezza del collo, che indicava la ciurma sconfinata dinnanzi a loro, come gli artigli di un rapace pronti a levarsi sulle prede.
"
Li vedi questi uomini. Ciò per cui vivo, la mia linfa vitale. Questi sono solo una parte delle mie forze, che ora sono pronte a convogliarsi con le truppe a terra. E in più nuove reclute giungono da ogni dove per unirsi al nostro desiderio, al nostro sogno di libertà" quindi ritirò la mano e la strinse a pugno più forte che potè. "
Presto saremo pronti, non è più tempo di guerriglia: con il mio arrivo al quartier generale, raduneremo le forze e attaccheremo Kugyou. E spezzeremo le reni ai priori."
Fuyuki annuì.
"
Piuttosto, cosa ti hanno fatto lì dentro? Sei ferito, e giurerei di non aver visto molte persone essere così raggianti, dopo aver sopportato qualcosa del genere."
"
Non lo so, fratello mio. È una mia caratteristica immagino. Sono sempre stato molto resistente al dolore, e le mie ferite sono sempre guarite molto presto. Non ricordo di aver mai portato un gesso, per farti intendere. È uno dei due doni che la natura mi ha dato credo: questo, e ottenere tutto ciò che voglio. E ciò che voglio più di ogni cosa ora è liberare per sempre i miei compaesani dal Tiranno invisibile."
Fuyuki si era voltato per guardarlo, approfittando di quel periodo di relativa quiete. Cosa poteva dire di quello sguardo bonario e a tratti un po' ingenuo? Cosa celava davvero, con quel suo potere misterioso, non del tutto trasparente. Sarebbe stato un leader così diverso da Buraindo? Si ritrovò a pensare, in un moto di insolito altruismo e interessamento verso il prossimo, che quei giovani non stessero morendo per rimpiazzare un tiranno con un altro.
Che si fosse interessato a quella causa? Anche in minima parte. In fondo, a ben pensarci, era anche la sua, si disse. Lo capiva, Masao Ryuzaki. Si vide non molto diverso dal leader della Resistenza del Cielo. Due idealisti, due sognatori, due rinnegati che sognavano di spodestare il Tiranno che governava la loro amata terra natia.
"
- Capisco" disse infine. "
Allora faremo bene a muoverci e prepararci. Non manca poi molto, alla battaglia finale."
"
Ben detto, ben detto, ehm... Giusto, come ti chiami?"
"
Duren. Orha Duren."
Pochi minuti dopo arrivò da est un drappello di ragazzi a cavallo, coperti di sangue e pieni di rotoli. Provenivano dal luogo della battaglia a est, una carneficina per entrambe le fazioni, ma dissero di aver limitato i danni grazie alla prudenza di Heiji e alle sue manovre da temporeggiatore. Li aveva inviati lì poche ore prima, sperando che l'operazione fosse andata in porto per fornire loro mezzi per la traversata e la discesa a terra. Lungimirante su tutto, pensò Rokuda soddisfatto. Così la truppa si mise in marcia più veloce, e una cinquantina di cavalli sfrecciarono come migratori sotto una stella errante, e la traccia che lasciavano su quel terriccio irreale sospeso nel vuoto rifletteva nel suo vago inarcarsi i movimenti di quella terra stessa, lievemente illuminata da un Sole che presagiva il fuoco che ognuno di loro portava con sé, sempre più vivo passo dopo passo.
Rokuda stava in coda, insieme a Jou, Naum, Mira e a un clone di Fuyuki. Fu allora che udirono un esplosione.
Mentre tornava a casa cominciò a nevicare. La neve scendeva vorticando in una luce gialla e calda, e quando passò dalla prigione e sferragliò un po' di carte, quindi uscì e lo trovò lì, come ogni pomeriggio negli ultimi tre anni.
"
Piaciuto il pranzo?" gli chiese, e questi si voltò con un mezzo sorriso.
"
L'ha fatto tua moglie, quindi è molto meglio di quello di ieri."
Eizan lo mandò a quel paese con un gesto della mano. Era molto migliorato da quando era venuto lì. Certo, gli lasciavano le manette e tutto, ma non aveva provato più a fare a botte con nessuno, non si sputava più ai secondini. E soprattutto non inveiva contro chi sa cosa dalla mattina alla sera per il suo bisogno di bere. E ogni tanto un bicchierino lui glielo concedeva, proprio come in quel momento.
"
Ne vuoi un po'?" e gli mostrò il bottiglione di vino.
"
Volentieri."
Gli si sedette a fianco su quella collina di loess a osservare il tramonto, i campi verdeggianti a chiazze cineree sempre più vaste e diffuse. Il sole a ovest sempre più basso, in un olocausto cremisi che sembravano il segno dell'ultimo bagliore prima del vuoto senza luce, come se fossero sulla soglia di un punto di non ritorno in cui soltanto la luce che ognuno di loro si portava dentro avrebbe potuto misurare la distanza dall'inizio. Stettero lì seduti a bere da quei bicchieri che esistevano da prima che entrambi nascessero.
"
Non ti ho mai detto che avevi ragione."
"
Riguardo cosa?"
"
Tua moglie: mi piace. E' una gran bella persona."
"
Più di questo. E' la persona migliore che conosca. Credo non si possa fare questo lavoro senza una moglie. E una moglie abbastanza insolita, lo hai visto anche tu. Cuoca, secondina e non so che altro. Non sai quanto ti è andata di lusso. Anzi, forse lo sai benissimo."
"
Infatti."
"
Tu come molti altri."
"
Non hai mai avuto paura che le facessero del male?"
"
No, mai. Per buona parte dell'anno si beccano le verdure fresche dell'orto. Riso di prima qualità. Fagioli per la zuppa. E come hai visto ogni tanto porta qualcosa di elaborato, come i tuoi gyoza al maiale."
"
Li adoro, bastardi i Kami!"
"
Bravo, anch'io penso che sono molto buoni. Certi tornano anche dopo che se ne sono andati, dopo anni e anni, quando avevano messo la testa a posto. Li ho visti venire con la moglie, addirittura con i figli. E certamente non per salutare me. Li ho visti presentare moglie e figli, o la fidanzata, e poi scoppiare a piangere. Uomini grandi e grossi. Che avevano fatto cose terribili."
Stettero entrambi in silenzio, come a lasciare che quelle parole si decantassero nelle loro anime, come il pulviscolo nel mare dopo una tempesta.
"
E così che sforate ogni mese il budget della prigione?" chiese Yoshi a bruciapelo.
"
E questo come lo sai?"
"
Ho tirato a indovinare. Devo dire che lo immaginavo, a occhio e croce."
"
- Bhe, che ci possiamo fare? Non ci possiamo fare un bel nulla, ecco cosa ci possiamo fare."
"
Avete figli?"
"
No. Anni fa abbiamo perso una bambina, ma non mi va molto di parlarne."
Yoshi ebbe un attimo di esitazione.
"
Certo."
"
Se non avessi lei non so cosa mi resterebbe. Anzi, sì che lo so. Lo so eccome."
Era sul punto di continuare, poi vide lo spettro di un'ombra sul volto di Yoshi.
"
- Scusa."
"
Non preoccuparti."
"
Ero sempre stato attento finora, non so che mi è preso."
"
Che ti ho chiesto io di parlarne, va tranquillo e smettila di fare la checca."
"
Ti verrebbe difficile immaginare che razza di culattone sono."
"
Vedi la cosa brutta con te qual è? Non c'è gusto a insultarti, non rispondi mai come ci si aspetta."
Stettero in silenzio a sorseggiare per un po'.
"
Tu invece? Ho parlato solo io finora. Com'era tua moglie?"
"
- Era anche lei una persona insolita. Cazzo, bisogna essere insoliti per sposare un tipo come me."
"
Tutti siamo tipi. Avete avuto figli?"
"
No mai. Volevamo, ma non abbiamo potuto. E' risultato - che era colpa mia."
"
- Sì, penso di capire."
Eizan cercò di passare in rassegna tutto il suo esiguo vocabolario, nella speranza di trovare le parole giuste.
"
Credo che colpa sia un tantino eccessivo. E' così che la vedi?"
"
Non lo so. Ho paura che lei lo vedesse così. Anche se forse non l'avrebbe mai ammesso neanche a se stessa."
"
Un po' contorto come ragionamento."
"
Tu credi?"
"
Penso di sì. In questi casi la colpa c'entra poco. Le cose capitano come capitano. Non te lo chiedono prima. Non ti chiedono il permesso."
Yoshi annuì. Stette lì a pensarci a testa bassa.
"
La mia vita è stata in parte così" disse rialzando la testa verso l'orizzonte: "
Ma io ci ho messo molto del mio."
"
Tutti facciamo i nostri errori."
Prese il pacchetto di sigarette dalla giacchetta e se ne portò una alla bocca.
"
Ne vuoi una?"
"
Lo sai che non fumo."
"
Io ci provo comunque, fammi compagnia per questa volta, non farmi sentire troppo in colpa."
Stettero lì fermi per un po', poi Eizan ne prese una e quindi Yoshi gliela accese subito col vecchio zippo.
"
Dopo che mia moglie è morta mi sono lasciato un po' andare."
"
Caspita, se me lo ricordo" disse lui ridacchiando.
"
Non so se posso essere come quegli uomini di cui parlavi."
"
Non saprei. Nessuno lo sa credo. Ma si può provare. Credo che a tua moglie piacerebbe."
"
Decisamente" rispose subito.
"
Spesso la via migliore - ma anche la più difficile - è la meno ovvia. E la più moderata. So che certa gente non la pensa come me. Parecchia gente anzi. Ma questa gente non sono mai riuscito a capire cosa pensi. Forse che io sono una delusione per le forze di polizia."
"
Mi viene difficile vederla in questo modo. Anche se bhe, io non è che conosca molto di polizia" concluse richiudendo le gambe e incrociandole e aspirando un ampia boccata.
"
Molti credono che fare il poliziotto sia solo mantenere l'ordine e pestare per bene quelli che sgarrano. Sono sicuro che a molti piaccia, menare le mani intendo. Ma per quel che mi riguarda, ho visto così tanta violenza e morte provocata dai più stupidi degli uomini che non potrei mai associarla alla via da seguire. Alla via giusta. La via giusta è stare vicino alla gente. Aiutare la gente che ti ha chiesto espressamente di proteggerla."
Yoshi lo aveva ascoltato con occhi sottili per tutto il tempo, con la sigaretta che si andava consumando poco a poco divenendo un piccolo e granuloso verme cinereo.
"
Non so se la sto seguendo fino in fondo ma faccio del mio meglio. E' per questo che fino adesso non ho mai ucciso qualcuno."
"
Mai?"
"
No. Bhe, a parte un ragazzo, ma - "
"
- Ma non ti va di parlarne."
"
No, se vuoi ti spiego. Non che ci sia molto da dire. Ma non è una bella storia."
Butto il mozzicone spento e distese le gambe, osservando il lontano margine che orlava l'erba. La luna si andava alzando nel cielo, una mezzaluna posata come la barchetta di un bambino posta sull'oceano iridescente che segue il crepuscolo.
"
Ho tutto il tempo che vuoi" concluse lui, mostrando i polsi e le caviglie.
Degli uomini che ho incontrato lui è stato il migliore. Colui che più di tutti ha cambiato la mia vita. Non gliel'ho mai detto ma per certe cose non c'è bisogno. Anzi, se lo facessi rischieresti di svilirle. E tra noi funzionava così. Non lo vedo e non lo sento da quasi quindic'anni. Ma non esito a dire che lui, ancora adesso, è senza dubbio alcuno il mio migliore amico.
Il tempo si fermò. La truppa che procedeva a rilento, in un limbo di attesa. L'idea di caso e fato al centro dei pensieri di quegli uomini lanciatisi in quell'impresa sconsiderata. Un esercito veniva verso di loro. Anche un mediocre sensitivo avrebbe potuto avvertirlo. La loro pista confluiva in una foresta che li avrebbe dovuti separare dalla loro meta, stando alle parole di Rokuda. Un lungo cunicolo roccioso e alberato, simile a un labirinto, simile alla prigione da cui erano fuggiti, e molti si chiesero, con queste parole o meno, se nella convergenza di percorsi in quella terra ostile, dove i cuori e l'intraprendenza di una piccola nazione volevano essere divorati e distrutti senza lasciare traccia, non fosse possibile scorgere la mano di un sadico dio che aveva tracciato con severità e beffarda sorpresa una così micidiale coincidenza.
Si guardarono per un po' l'un l'altro, proseguendo senza capire verso dove stessero andando, senza avere idea sul da farsi. Rokuda ne aveva già un'idea. Diede una rapida ispezione al carico che portava nel posteriore del suo mezzo. Era tutto pronto e a posto. Poteva procedere.
"
Muoviamoci!" e urlando seguì uno scalpiccio confuso e allucinato di zoccoli e il mezzo di Rokuda li seguì a tutta velocità, inoltrandosi in quel confuso reticolo di alberi e rocce e cunicoli.
"
Forza miei uomini!" urlava Ryuzaki, aggrappato a Fuyuki come una cozza allo scoglio: "
Verso la rivoluzione! Verso la libertà!"
Cavalcavano senza sosta in un mare di polvere col nemico di cui potevano avvertire il respiro omicida, lasciandosi ormai definitivamente alle spalle quella landa straziata da un caos fatto di sangue e sale e ceneri, e spingevano davanti a sé quelle decine e decine, forse quasi un centinaio di cavalli. Fuyuki guidava il gruppo con sé insieme a Chiaki, e Naum li raggiunse per dar man forte quando videro i primi esploratori sbucare fuori dai promontori, e delle frecce li colpirono precisi e i bunshin si piazzarono come faine per far sì che piombassero su di loro come assassini a guardia di un segreto da custodire. Gli inseguitori erano vicini, e Rokuda posto in coda al gruppo lasciò cadere delle trappole in cui sperava sarebbero caduti, e forse anche il clone di Fuyuki che portava Ryuzaki avrebbe usato le sue carte bombe o chissà quale altra strategia per far guadagnare tempo alla torma in rotta. Il terreno brullo sotto di loro sforzava i cavalli, quasi tutti costretti a trasportare due passeggeri, e i continui cambi di direzione tra alberi e altri ostacoli rocciosi e salite e discese provava loro, quanto il mezzo del vecchio. Il gruppo imboccò una stretta curva a sinistra, oltre la quale si apriva un enorme pianura da cui si intravvedevano i chiarori del cielo del mattino. La foresta pareva diradarsi, gli alberi più sporadici, ma le radici di uno di queste ingannarono Rokuda e il mezzo gli si schiantò addosso a tutta velocità. La ruota anteriore saltò, il mezzo restò piantato al suolo e fece leva e così mezzo e guidatore furono sbalzati via per qualche metro. Gli ci volle un po' di tempo per riprendersi, qualche secondo - almeno sperava. La vista un po' annebbiata. Non c'era speranza per il mezzo, era bello che andato. La spalla sinistra non sembrava in ottime condizioni, ma poteva ancora fare il suo dovere.
"
Forza, andate!" urlò a coloro che si fossero fermati.
"
Vai shinobi, e non voltarti!" urlò a Fuyuki, con quel suo sorriso sardonico: "
Spero che almeno tu troverai quello che cerchi."
Così li vide correre via. Sfoderò la sua spada col pomello a forma di drago. La spada di Takeshi. Aveva risparmiato quante più forze possibile non a caso. Immaginava che sarebbe finita così. Per grosse linee. E gli andava bene così, davvero. Non immaginava miglior modo di concludere una vita miserabile. Non appena voltò l'angolo, vide subito una schiera di uomini che correva verso di lui, talmente fitta da impedirgli di vedere nient'altro oltre l'insenatura. Un colpo di fortuna, tutto sommato.
Finalmente oggi riscatto il mio onore, pensò, quindi sciolse i sigilli generando un'enorme nuvola di fumo e da questa presto sbucarono fuori sei cloni al suo fianco e iniziarono a roteare le spade come macellai e crearono un fronte invalicabile di acciaio e sangue. Altre spade erano già in azione e provavano a creare una breccia senza riuscirci, e così quando iniziarono a martellare a colpi di jutsu, ma il chakracciaio della spada unito alle esperienza e alle tecniche del vecchio riuscivano a tenere colpo su colpo alla marea che si abbatteva su di loro. Il primo clone fu colpito e svanì in una nuvola di fumo, creando una prima breccia, e dopo poco il secondo. Qualcuno stava riuscendo a passare alle spalle di Rokuda, ma questi, ferito e sanguinante e coi pochi cloni rimasti cercava di frenare ancora l'avanzata, di ritardarne quanto più possibile il cammino, in una difesa in cui ogni secondo era prezioso. Poi vide un ombra oscurare il campo di battaglia, per un solo istante. Come fosse passata un'enorme aquila sopra le loro teste. Dopo pochi secondi qualcosa fece tremare il terreno sopra di loro. Un'ombra alle sue spalle che schermava i raggi provenienti da est. I soldati intorno a lui pietrificati, ammutoliti. I cloni ormai dissoltisi da un po' di tempo. Così bastava, avevano svolto il loro compito.
"
Ti ordino di far passare le truppe del Cielo" gli disse lui con calma. Rokuda si girò lentamente, in un turbinio di sensazioni che avvertiva inspiegabili.
"
- Dunque è vero quello che dicevano" rispose Rokuda dopo un po': "
Sento le mi ossa tremare solo guardandoti."
Silenzio.
"
Forse perché sei davvero brutto."
"
Non è mio interesse combattere con te, Yoshi Rokuda. Ma se non mi ascolterai, io ti schiaccerò."
"
Mi spiace per te, ma sarai costretto a farlo. Vedrò di sperimentare qualcosa di nuovo prima di andarmene."
Silenzio.
"
- Se è questo che vuoi, sarai accontentato."
Stavano iniziando a catapultarsi nel vuoto quando sentirono nuovamente un'esplosione terrificante. Fu come se il mondo si fosse fermato, poi una secondo e quindi una terza, quindi videro in lontananza un fascio di lapilli saltare in aria per poi disperdersi in ogni direzione. Videro una piccola massa fumante, a malapena distinguibile, roteare lontana nel vuoto sotto di loro, fino a perdersi nei meandri della foresta sottostante.
"
Un momento e arrivo!"
Eizan si asciugò la fronte con la manica della camicia e si strinse ancor più nel giaccone. Faceva freddo, e soffiava un vento tagliente. Non c'era sole nel cielo. L'altopiano in cui si era rifugiato era pieno di cervi che ogni tanto saltavano fuori e al minimo rumore si sparpagliavano e fuggivano in lontananza. Si era fermato a osservarli per un po', quindi impugnò di nuovo la zappa e riprese a picchettare il terreno per piantare i carciofi. Poi il vento soffiò più forte, quindi si fermò e richiuse ancora il giaccone. Si fermò lì, appoggiato sulla zappa, guardando l'orizzonte.
Una sola cosa è certa. Io lo so. Ogni tanto, in mezzo a una distesa sconfinata, dura e secca. Sfidando un vento gelido e tagliente. Eizan Touma si ferma. La malinconia lo aggredisce. E allora si mette a pensare. E pensa che io, Yoshi Rokuda, sono il suo migliore amico.